Ogni casa di moda ha un suo agente mimetizzato tra i clienti, e così

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Ogni casa di moda ha un suo agente mimetizzato tra i clienti, e così
ANNO XVII NUMERO 201 - PAG IX
IL FOGLIO QUOTIDIANO
SABATO 25 AGOSTO 2012
escando nella memoria comune alla
voce “agenti sotto copertura”, di solito esce subito James Bond, agente 007,
quest’anno cinquantenne e reduce da una
clamorosa apparizione olimpica accanto
alla regina d’Inghilterra, lei vera e veramente spiritosa, però. Quindi, Osvaldo Valenti, attore di regime pessimo e lucido
come la brillantina che si spalmava in abbondanza sulla chioma rada, ma è un ricordo che si scaccia subito tanto il suo
ruolo di agente e di torturatore a fianco
degli aguzzini della Muti è stato rivoltante; poi, Angelina Jolie in quel thriller all’acqua di rose che è “The tourist” accanto a un Johnny Depp imbolsito. Segue Joe
Pistone, meglio noto come Donnie Brasco,
sia nella sua veste reale di agente dell’Fbi sia nella sua versione cinematografica,
guarda caso sempre interpretata da
Johnny Depp, meno imbolsito però (forse
la regia brillante di Mike Newell o l’assenza di Angelina Jolie contano qualcosa); infine, i romanzi di John le Carré e di
Graham Greene in blocco e quella presa
per i fondelli del genere che è “Scoop” di
Evelyn Waugh, in particolare la scena del
recupero del visto presso il console di
Ishmaelia in una villetta del quartiere
londinese di Maida Vale. Capita che qualcuno citi anche Christopher “Kit” Marlowe pugnalato a morte in una locanda di
Deptford nel 1593, che poi non s’è mai
provato se fosse davvero un agente segreto al soldo di Elisabetta I o solo un eccezionale commediografo affetto da manie
di grandezza e sbronza molesta.
vio, a questo punto, che anche una certa
vis interpretativa conti, nel profilo del
fantasma ideale. Qualcuno di loro, non a
caso, è un dropout delle accademie di recitazione, uno che insomma lo voleva
Strehler ma forse anche no, e che dopo
aver bussato alle porte delle agenzie di
pubblicità e di modelli per spot si ritrova
a dar vita al personaggio della cacciatrice di saldi che fruga fra gli scaffali mettendo ogni capo in disordine e chiedendo
la sostituzione di quanto acquistato tre
volte di fila.
Quasi tutti, ed è in particolare il caso
di una certa signora di cui parlano tutti
con affetto, da cui si presume che non solo sia la stessa persona ma che lavori a
tempo per una lista di aziende pressoché
sconfinata, sono invece dei medioman, o
nello specifico delle mediowoman, assolute. La quintessenza dell’omonimo personaggio della Gialappa’s: cultura media,
statura media, mezza età, abbigliamento
corretto ma sotto tono. Insomma, una donna da tacco medio, che poi dovrebbe essere quello da cinque centimetri che fa bene alla schiena, e che dunque predispone al sorriso tanto che, infatti, la signora
continua a essere richiesta ovunque, una
star del settore che il successo non ha
guastato ma che anzi si dimostra sempre
lietamente disposta a un soggiorno in un
albergo cinque stelle come a una sosta in
una pensione familiare da due fra uno
spostamento e l’altro “perché la pazienza,
cara signora, è una delle caratteristiche
che ci rendono insostituibili”, come mi dice uno di loro con una determinazione
che sembra smentire l’apparentamento a
Giobbe. D’altronde, siamo sinceri: una co-
Achille Maramotti, fondatore
di Max Mara, faceva visite a
sorpresa nei suoi negozi. Oggi
ci sono agenzie specializzate
Cultura media, statura media,
mezza età, abbigliamento corretto
ma sotto tono. Si può arrivare a
duemila euro al mese
Insomma, quando, fra una portata e
l’altra di una cena estiva, all’improvviso
salta fuori la storia di un ghost shopper
dall’aria adolescenziale che ha il compito
di stanare ricevitorie e tabaccherie poco
ligie ai divieti di vendita ai minori, l’unico caso similare che venga in mente, e solo a chi lavora nella moda peraltro, è
quello leggendario di Achille Maramotti,
il fondatore di Max Mara, che aveva l’abitudine di entrare nei suoi negozi, tanti già
negli anni Settanta, fingendosi padre o,
andando avanti negli anni, nonno molto
indeciso sul cappotto da regalare alla nipote, per mettere alla prova la tenuta di
nervi delle sue commesse. L’avesse fatto
oggi, in epoca di social network e di riviste su cui la gente che vorrebbe contare si
fa fotografare in pose spiritose, sarebbe
stato scoperto all’istante nonostante l’avversione per la mondanità che ha trasmesso anche a figli e nipoti. Adesso, infatti, gli imprenditori, della moda o di
qualunque altro settore, evitano con cura
improvvisate e trappole, limitandosi a
una visita di cortesia nel caso si trovino in
zona in vacanza, e sotto mentite spoglie
mandano piuttosto agenti prezzolati a libro paga di una compagine di agenzie
specializzate.
I ghost, i fantasmi come si chiamano in
gergo e sempre accompagnandoli da un
ammiccamento cospiratore, in Italia sono
migliaia: un esercito di agenti degli acquisti, del turismo, dei voli aerei, della stipula di polizze assicurative o di qualunque
altra attività commerciale, tanto da far
apparire come desueto e perfino romantico quel caso di vero sfruttamento intellettuale che è invece il ghost writing, l’attività di scrittura dietro le quinte, l’uso
umile e senza nome della penna per
sgrossare e sbozzare il soggetto narrativo
prima del tocco riconoscibile del maestro
che ai tempi di Alexandre Dumas passava sotto il termine, piuttosto appropriato
ma ovviamente molto poco politicamente
corretto, di négritude, e senza riferirsi affatto al raffinato movimento letterario del
Ventesimo secolo.
Basta fare un paio di telefonate e qualche incontro, incuriositi dalla faccenda
dello 007 col faccino imberbe di Tadzio,
per scoprire che l’Italia (e con ogni probabilità non solo lei, ma pare che il paese
vanti una certa storica predisposizione e
gusto per l’intrigo), pullula di ragazzotti e
di signore di mezza età dall’aria sprovveduta che fra una gaffe e l’altra passano in
rassegna bancarelle e negozi a caccia di
prodotti contraffatti, viaggiano su rotte intercontinentali registrando l’adesione alle procedure di hostess e steward e bazzicano i box della Formula 1 per verificare che le merci degli sponsor siano esposte e proposte come da contratto. Qualcuno ha debuttato nel ruolo dell’Alec Leamas del supermercato in zona-pensione,
ovviamente senza assomigliare in nulla a
me Kim Kardashian, che nel giro di una
stagione ha offuscato persino la memoria
della sua amica di infanzia Paris Hilton
come eroina del nulla fatto successo e che
non a caso si prepara a lanciare una sua
griffe anche in Europa, verrebbe memorizzata anche dal più distratto dei venditori, mentre chi mai ricorderebbe una
nuova Rina Morelli? Il ghost è anonimo
per definizione, e a giudicare dal successo e dagli incassi, non stellari ma significativi che riscuotono, circa 150 euro a visita che in un mese fortunato permettono
di superare i duemila euro senza troppa
fatica, parrebbe il mestiere del riscatto
per i tanti sprovvisti di una personalità o
di un’apparenza sfolgoranti in questi anni di idolatria dell’eccesso, anche personale. Personaggi un po’ alla Gerd Wiesler,
l’agente della Stasi dalla faccia cancellata, vaga, acquatica dello strepitoso “Le vite degli altri” di Florian Henckel von
Donnersmarck, che poi in effetti accettò
anche di dirigere “The tourist” con i risultati che si sono visti, ma Ascari avverte
che “non sempre” l’anonimato paga. Ogni
tanto si rende anzi necessario “il deciso”
o “l’incontentabile” come Adolfo Celi nel
Carosello delle lavatrici Ignis, o quello in
grado di decidere sui due piedi di prendere un aereo per seguire “il controllato”
del caso, perché l’altra voce significativa
nel bilancio di queste agenzie è il pedinamento, o come viene chiamato adesso
con formula elegante il “monitoraggio dinamico”, ma non tanto di mariti o di mogli fedifraghe, benché qualcuno a cui non
bastino gli sms e l’eventuale prova dell’iscrizione a uno dei tanti siti di incontri on
line che voglia portare in tribunale prove
concrete e soprattutto valide ci sia sempre, ma di traditori aziendali. Quelli che
vendono segreti di fabbricazione, notizie
di accordi in vista, magagne di bilancio e,
quasi sempre, anche se stessi. Come la famosa battuta degli anni Settanta sui parrucchieri, l’unica categoria di cui in anni
di coppie dichiaratamente o forzatamente aperte faceva notizia il tradimento, pare siano la sola voce su cui si sia disposti
a investire ancora del denaro e a richiedere prove evidenti e certificate di viaggi, incontri ed eventuali scambi di documenti che, per ovvie ragioni benché non
utilizzabili come prova e ampiamente tutelati, nessuno compie on line o al telefono. Come poi si possa capire se il foglio
che viene passato sopra il bicchiere del
martini sia un segreto aziendale o l’elenco delle scuole a cui candidare il figlio
seienne, lo spiega uno di questi 007: “Al
terzo incontro nel giro di un paio di mesi
con un rappresentante di un’azienda concorrente è ovvio che vi sia più dell’intenzione di nuocere. Ma è raro che queste indagini partano senza che esistano già forti sospetti”. Pare che la moda sia, ancora,
fra i committenti più assidui. E poi dice
che l’orlo delle gonne è una cosa frivola.
di Fabiana Giacomotti
P
Maya Rudolph in una scena del film “Le amiche della sposa” (2011) di Paul Feig
L’INFILTRATO
Ogni casa di moda ha un suo agente mimetizzato tra i clienti, e così
anche assicurazioni e compagnie aeree. Lo chiamano ghost shopper
Richard Burton, trasformandolo in un secondo lavoro, o per meglio dire in una seconda vita, quasi sempre più divertente
della prima. I giovani, che in genere vengono incaricati da rock band anche di primissimo livello come i Red Hot Chili Pep-
Celebri rock band che pagano
ragazzi per stanare i venditori
ambulanti di t-shirt e cd falsi
durante i concerti
pers o i Coldplay di identificare e denunciare i venditori ambulanti di t-shirt e cd
falsi durante i loro concerti, con i soldi
delle missioni sotto copertura si pagano
l’università o si preparano a un futuro di
investigazioni più strutturate, non di rado in proprio.
“I nostri collaboratori sono tutti laureati, spesso in discipline giuridiche ma ormai anche in Scienze dell’investigazione”
esordisce Luca Ascari di Carpinvest, e se
per caso non si fosse informati sull’esistenza di un programma di studi dedicato,
eccolo pronto a indirizzare verso il sito
dell’ateneo dell’Aquila, che sotto la direzione scientifica di Francesco Sidoti mette in fila corsi in “criminologia e crimina-
listica” e “istituzioni di diritto penale” e
ci mancherebbe, ma anche “laboratorio
devianze” e “psicologia fisiologica”, e
chissà perché la prima cosa che viene in
mente sono i volti di cera di criminali
lombrosiani che il museo Fortuny di Venezia mise in mostra lo scorso marzo in
un’esposizione di ceroplastiche storiche,
inquietanti ma davvero splendide, curata
da Andrea Daninos.
Ascari e la squadra di cui si occupa per
la Carpinvest, fondata negli anni Ottanta
da un ex maresciallo dei carabinieri che
aveva evidentemente la vista lunga, considerato il successivo sviluppo della zona
nella moda e nel farmaceutico e la rilevanza della tutela di questo genere di
marchi, pare girino il mondo esattamente come uno si immagina e secondo le
stesse modalità dei giochi in scatola Clementoni della nostra infanzia: con un kit
di occhiali, cappellucci e piccoli dettagli
fisici posticci nel bagagliaio dell’auto, casomai ci fosse da impersonificare il burino arricchito che esige la borsetta in coccodrillo su misura per la fidanzata nell’arco di quarantott’ore, l’indeciso che torna quattro volte in un solo giorno nello
stesso negozio per provare nuovamente
l’oggetto del desiderio mostrandolo a parenti e amici, il fan di Andrea Bocelli in
cerca di cd a basso costo o il pasticcione
incapace di calcolare il pieno della propria auto.
Sia chiaro: nessuno agisce di propria
sponte, cioè nessuno assume le sembianze della pestifera Eloise del Plaza di New
York senza mandato preciso, e i brief arrivano direttamente dall’azienda, soprattutto in periodi promozionali o di saldi: a
quanto sembra, la crisi delle vendite in
tutta Europa ha acuito la determinazione
delle aziende di registrare il massimo risultato possibile nelle settimane più propizie a sentir suonare i registratori di cassa, tanto che proprio a inizio di luglio, le
cinque-sei agenzie specializzate d’Italia
hanno avuto un aumento delle richieste
di ghost shopper adeguatamente preparati a verificare il comportamento dei venditori delle grandi griffe monomarca, che
significa in grado di distinguere fra un capo di questa o delle passate stagioni, il
prezzo di partenza e quello scontato e l’inappuntabilità del servizio anche in presenza di clienti non abituali e, magari, insoliti. Per carità, ci sono certamente incarichi più noiosi, ma anche mandare a memoria centinaia di nomi di borsette e modelli di giacca può essere straniante, a
lungo andare.
In Alitalia, invece, i ghost passenger, i
viaggiatori fantasma, una quindicina a rotazione per un totale di circa settecento
voli all’anno che viaggiano sulle più svariate rotte ma avendo l’accortezza di non
rientrare con lo stesso equipaggio dell’andata, che in alcuni casi significa restare in
Giappone o in Australia diversi giorni, e
insomma farsi un discreto viaggetto, sal-
I “fantasmi” di Alitalia devono
testare la qualità del viaggio,
pronti a impersonare qualunque
tipo di viaggiatore
gono a bordo dopo aver superato un corso di formazione sulle procedure della
compagnia e un test all’apparenza degno
di ben altra causa – una sessantina di domande suddivise in tre fasi più una serie
di altre prove attitudinali – ma la responsabile del servizio di “quality projects
monitoring”, Paola Protani, si dice certa
che, sotto questo grado di verifica, le conoscenze sarebbero insufficienti per redigere un rapporto sufficientemente preciso e soprattutto, par di capire, ex post,
cioè a memoria dopo essere sbarcati. A
undicimila metri è previsto il comportamento del passeggero tipo, o anche, all’opposto e a seconda delle richieste,
quello del misfit, del disadattato. Ed è ov-