La fascia maculata

Transcript

La fascia maculata
IL
RACCONTO GIALLO
Arthur Conan Doyle
La fascia maculata
Protagonista di questo racconto è Sherlock Holmes, l’investigatore londinese più famoso di tutti i tempi.
Un giorno a Sherlock Holmes si presenta un caso «misterioso e sinistro»:
una giovane donna muore per una causa ignota e prima di morire accenna a una «fascia maculata». Che cosa intendeva dire? Si tratta di un omicidio? Affiancato dal dottor Watson, suo amico e collaboratore, Sherlock
Holmes risolverà brillantemente l’enigma.
GENERI
1. ’83: 1883.
2. Watson: il dottor
John Watson, amico e
collaboratore di Sherlock Holmes, nonché
narratore degli avvenimenti.
3. scorata e disfatta:
impaurita e abbattuta,
distrutta.
4. famiglie sassoni:
1
famiglie discendenti dai
Sassoni, popolazioni germaniche che nel V secolo
d.C. si spinsero.
Erano i primi di aprile dell’831 quando, una mattina, mi svegliai e vidi Sherlock Holmes, vestito di tutto punto, in piedi accanto al mio
letto. «Desolato di svegliarla così presto, Watson2», mi disse.
«Cosa c’è?... Un incendio?»
«No; un cliente. Sembra che una giovane signora sia arrivata qui in
uno stato di estrema agitazione e insista per vedermi. Sta aspettando
in soggiorno. Se il caso dovesse presentarsi interessante, sono certo
che lei vorrà seguirlo dal principio.»
«Amico mio, non lo perderei per nulla al mondo.»
Nulla infatti mi piaceva e mi interessava di più che seguire Holmes
nelle sue indagini professionali, ammirandone le rapide deduzioni,
fulminee come le sue intuizioni eppure sempre fondate su una base
logica, che gli permettevano di risolvere i problemi che gli venivano
sottoposti. Mi vestii rapidamente e, in pochi minuti, ero pronto ad
accompagnare il mio amico nel soggiorno. Una signora vestita di nero, col viso nascosto da un fitto velo, si alzò quando entrammo.
«Buongiorno, signora», la salutò cordialmente Holmes. «Io sono
Sherlock Holmes. Questo è il mio carissimo amico e socio, il dottor
Watson, davanti al quale può parlare liberamente. Ma, la prego, si
sieda vicino al caminetto... vedo che sta tremando.»
«Non è il freddo che mi fa tremare», disse a bassa voce la signora.
«È la paura, signor Holmes, il terrore.» Mentre parlava sollevò il velo e vedemmo che effettivamente era in un pietoso stato di agitazione, il viso grigiastro e tirato, gli occhi inquieti e spaventati. Dal viso
e dalla figura, le si sarebbero dati circa trent’anni, ma i capelli erano
prematuramente spruzzati di grigio e la sua espressione era scorata
e disfatta3.
«Non abbia paura», disse Sherlock Holmes in tono tranquillizzante.
«Sono certo che sistemeremo tutto ben presto. E ora la prego di dirci tutto quanto può aiutarci a farci un’idea di cosa si tratta.»
«Mi chiamo Helen Stoner, e vivo col mio patrigno, ultimo sopravvissuto di una delle più antiche famiglie sassoni4 dell’Inghilterra, i
Roylott di Stoke Moran, alla frontiera occidentale del Surrey. Un
tempo, la famiglia era fra le più ricche dell’Inghilterra; in quest’ulti-
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
GENERI
5. dissoluti e scialacquatori: corrotti e dis-
sipatori scriteriati delle
proprie sostanze.
6. acri: l’acro è un’unità
di misura anglosassone
di superficie, che corrisponde a 4046,87 m2.
7. ipoteca: diritto di garanzia a favore del creditore sui beni di proprietà
del debitore.
8. Calcutta: città dell’India. Alla fine dell’Ottocento, epoca in
cui si svolgono i fatti
narrati, l’India era un
possedimento coloniale
inglese.
9. incupito: intristito,
depresso.
10. clausola: condizione, riserva scritta.
11. babbuino: grossa
scimmia con muso lungo e pelo liscio di colore
giallo-bruno.
2
mo secolo, però, i successivi eredi furono individui dissoluti e scialacquatori5 e, alla fine, la famiglia andò in rovina. Non rimase nulla,
tranne pochi acri6 di terra e la vecchia casa pluricentenaria, anch’essa gravata da una pesante ipoteca7. In essa l’ultimo proprietario trascinò la sua esistenza in miseria; ma il suo unico figlio, il mio patrigno, ottenne da un parente un prestito che gli permise di laurearsi
in medicina e se ne andò a Calcutta8. Purtroppo, però, in un accesso d’ira provocato da alcune rapine subìte nella sua casa, percosse a
morte il suo maggiordomo indigeno e scampò per un filo alla pena
capitale. Rimase a lungo in prigione per poi ritornare, incupito9 e
amareggiato, in Inghilterra.
Durante il suo soggiorno in India, il signor Roylott sposò mia madre,
la signora Stoner. Mia sorella Julia e io siamo gemelle e all’epoca del
secondo matrimonio di mia madre avevamo solo due anni. Mia madre godeva di una cospicua rendita che intestò totalmente al dottor
Roylott con la clausola10 che ciascuna di noi dovesse ricevere una
certa somma annuale in caso ci sposassimo. Poco dopo il nostro
rientro in Inghilterra mia madre morì. Il dottor Roylott allora ci portò a vivere con lui nella vecchia casa di Stoke Moran. Il denaro lasciato da mia madre era sufficiente per le nostre necessità e sembrava che non ci fossero ostacoli alla nostra felicità.
Ma verso quell’epoca, un pauroso cambiamento subentrò nel nostro
patrigno. Invece di stringere amicizia e scambiare visite con i nostri
vicini, si chiuse in casa, uscendone raramente se non per abbandonarsi a furiosi litigi con chiunque. Diventò ben presto lo spauracchio
del villaggio e la gente fuggiva quando lo vedeva, dato che è un uomo di una forza straordinaria e assolutamente incontrollabile quando è in preda all’ira. Non ha amici, tranne gli zingari nomadi ai quali permette di accamparsi sul suo terreno, accettando in cambio
ospitalità nelle loro tende. Ha anche una passione per gli animali indiani e, attualmente, ha un ghepardo e un babbuino11 che scorrazzano liberi nella proprietà terrorizzando il villaggio.
Da quanto le ho detto, può immaginare che vita abbiamo condotto io
e la mia povera sorella Julia. Aveva solo trent’anni quando è morta.»
«Dunque sua sorella è morta?»
«È morta due anni fa ed è proprio di questo che desidero parlarle.
Due anni fa, a Natale, Julia conobbe un maggiore di Marina, con il
quale si fidanzò. Il mio patrigno non fece obiezioni al matrimonio
ma, a due settimane dal giorno fissato per le nozze, accadde l’evento terribile che mi privò della mia unica sorella.»
«La prego di essere precisa nei particolari», disse Holmes.
«Non è difficile, perché ogni attimo di quel terribile momento mi è
rimasto impresso nella memoria. Come le ho detto, la nostra casa è
molto antica e solo un’ala è abitata. In quest’ala, le camere da letto
sono a pianoterra. Di queste camere da letto, la prima è quella del
dottor Roylott, la seconda di mia sorella, la terza la mia. Non sono co-
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
RACCONTO GIALLO
GENERI
IL
12. incombente: pros-
sima, imminente.
13. maculata: a mac-
chie.
3
14. coroner: magistrato britannico addetto
soprattutto a effettuare
inchieste sui casi di
morte sospetta.
municanti fra loro, ma danno tutte sullo stesso corridoio. È chiaro?»
«Chiarissimo.»
«Le finestre delle tre camere danno sul parco. In quella fatale notte
il dottor Roylott si era ritirato presto anche se sapevamo che non era
per dormire, perché mia sorella sentiva il fastidioso odore del sigaro
indiano che era solito fumare. Uscì quindi dalla sua stanza e venne
nella mia, dove rimase per un po’ a chiacchierare del suo imminente matrimonio. Alle undici si alzò per andarsene, ma si fermò alla
porta voltandosi a guardarmi.
«“Helen”, mi disse, “hai mai sentito qualcuno fischiare di notte?”
«“Mai”, risposi, “perché?”
«“Perché in queste ultime notti, ogni notte, verso le tre di mattina,
ho sentito un fischio, sommesso ma chiaro. Non so dire da che parte venisse. Ho pensato di chiederti se anche tu l’avevi sentito.”
«“No, non l’ho sentito. Devono essere gli zingari.”
«“Molto probabile. Be’, comunque, non importa.” Mi sorrise, chiuse la porta e, qualche istante dopo, sentii la chiave della sua camera
che girava nella serratura. Con un ghepardo e un babbuino non ci
sentivamo tranquille se la porta non era chiusa a chiave.»
«Capisco. Prego, continui il suo racconto.»
«Quella notte non riuscivo a dormire. Ero come oppressa da una vaga sensazione di una disgrazia incombente12. Era una notte tempestosa. D’improvviso, si alzò l’urlo lacerante di una donna terrorizzata. Riconobbi la voce di mia sorella. Saltai giù dal letto e mi precipitai nel corridoio. Mentre aprivo la porta, mi parve di sentire un leggero sibilo, come quello che aveva descritto mia sorella, e pochi momenti dopo un rimbombo, come se fosse caduta una massa di metallo. Mentre correvo nel corridoio, la porta di mia sorella si aprì.
Scorsi sulla soglia mia sorella, col volto sbiancato dall’orrore, il corpo vacillante come quello di un ubriaco. Corsi verso di lei e la circondai con le braccia ma, in quel momento, le ginocchia le si piegarono e cadde a terra. Si contorceva come in preda a un terribile dolore, e le sue membra si agitavano convulsamente. In un primo momento pensai che non mi avesse riconosciuta ma, mentre mi chinavo su di lei, all’improvviso urlò, con una voce che non dimenticherò
mai, “Oh mio Dio! Helen! Era la fascia! La fascia maculata13!”.
Avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro e puntò il dito in aria, verso la camera del dottore, ma fu colta da una nuova convulsione che
le soffocò le parole in gola. Perse i sensi e morì. Questa fu l’orribile
fine della mia amata Julia.»
«Un momento», disse Holmes, «è sicura di aver sentito il sibilo e il
suono metallico? Potrebbe giurarlo?»
«È la stessa domanda che mi ha rivolto il coroner14 all’inchiesta. Ho
l’impressione di averlo sentito, ma potrei essermi sbagliata.»
«Sua sorella era vestita?»
«No, era in camicia da notte. Nella mano destra è stato trovato un
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
GENERI
15. plausibile: accettabile sul piano logico,
razionale.
4
16. autopsia: indagine
sul cadavere, volta ad
appurare le cause della
morte, eseguita con una
serie di esami che consentono l’ispezione di
ogni singolo organo.
fiammifero bruciacchiato, e nella sinistra una scatola di fiammiferi.»
«Il che dimostra che aveva acceso una lampada per guardarsi intorno quando qualcosa l’aveva allarmata. Questo è importante. E a
quale conclusione è giunto il coroner?»
«Ha svolto delle indagini molto accurate, ma non è riuscito a scoprire alcuna causa plausibile15 per la morte. La mia testimonianza dimostrava che la porta era chiusa dall’interno, e le finestre erano
bloccate da persiane di vecchio tipo, con grosse sbarre di ferro che
venivano fissate ogni sera. Furono esaminate attentamente le pareti,
che risultarono solide dappertutto; fu accuratamente esaminato anche il pavimento, con gli stessi risultati. Il camino è molto ampio, ma
è sbarrato con quattro grossi ganci. È quindi certo che, quando è
morta, mia sorella era assolutamente sola. Inoltre, il suo corpo non
presentava alcuna traccia di violenza.»
«Hanno pensato a un veleno?»
«È stato cercato durante l’autopsia16 ma senza successo.»
«Perché, secondo lei, sua sorella ha parlato di una fascia maculata?»
«A volte, ho pensato che fossero solo parole senza senso, pronunciate nel delirio; altre volte che potessero riferirsi agli zingari, a questi strani foulard a macchie che tanti di loro portano in testa.»
«Tutto ciò è molto misterioso», disse Holmes, «la prego, continui.»
«Sono passati due anni da allora e, fino a poco tempo fa, la mia vita è
stata più solitaria che mai. Un mese fa, però, un caro amico, che conosco da molti anni, mi ha fatto l’onore di chiedere la mia mano. Il
mio patrigno ha dato il suo consenso alle nozze e ci sposeremo in primavera. Due giorni fa, sono cominciati dei lavori nell’ala ovest del fabbricato, è stato perforato il muro della mia camera da letto, e quindi
mi sono dovuta trasferire nella camera che fu di mia sorella a dormire nel suo stesso letto. Immagini, quindi, il mio brivido di terrore la
notte scorsa, mentre stavo sveglia pensando alla terribile sorte che le
era toccata, nel sentire nel silenzio della notte, all’improvviso, quel
sommesso fischio che aveva preceduto e quasi annunciato la sua morte. Saltai su e accesi la lampada, ma nella stanza non si vedeva niente.
Ero troppo scossa per rimettermi a letto, così mi vestii e, appena spuntò l’alba, uscii di nascosto per venire da lei e chiederle consiglio.»
«È una faccenda molto misteriosa», ripeté il mio amico. «Ma non c’è
un minuto da perdere. Se venissimo oggi a Stoke Moran, potremmo
vedere quelle stanze senza che il suo patrigno lo sappia?»
«Si dà il caso che abbia detto che oggi doveva venire in città per un
affare importante. Probabilmente, sarà assente tutto il giorno e niente vi disturberà.»
«Benissimo. Allora verremo entrambi. Lei che farà?»
«Ci sono un paio di cose che vorrei sbrigare ora che mi trovo in città. Ma tornerò col treno delle dodici così da essere lì per il vostro arrivo.»
Detto questo, Helen Stoner scivolò fuori dalla stanza.
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
17. sinistra: bieca, mi-
nacciosa.
18. Doctors’ Commons:
GENERI
Ordine dei Medici.
5
«Che ne pensa di tutto questo, Watson?», chiese Holmes.
«Mi sembra una faccenda misteriosa e sinistra17.»
«Adesso, Watson, ordiniamo la colazione, dopo di che andrò fino al
Doctors’ Commons18, dove spero di raccogliere qualche informazione utile.»
Era quasi l’una quando Sherlock Holmes tornò.
«Ho visto il testamento della moglie defunta del dottor Roylott»,
disse. «In caso di matrimonio, ciascuna delle due figlie ha diritto a
un reddito di 250 sterline. È evidente, quindi, che anche il matrimonio di una solo di loro gli porterebbe un danno economico assai
rilevante. Non ho sprecato la mattinata; infatti adesso è dimostrato
che quell’individuo aveva il movente più forte per impedire che succedesse una cosa del genere. E ora, Watson, non c’è tempo da perdere; partiamo subito per Stoke Moran.»
Come arrivammo a Stoke Moran, la nostra cliente del mattino ci corse incontro con un’espressione di gioia sul viso. «Vi aspettavo contanta ansia», esclamò stringendoci la mano. «Tutto va per il meglio.
Il dottor Roylott è andato in città e non rientrerà prima di sera.»
«Bene», disse Holmes. «Per favore ci accompagni subito nelle camere che dobbiamo esaminare.»
Una porticina laterale dava accesso sul corridoio dalle pareti imbiancate sul quale si aprivano le tre stanze. Holmes non volle esaminare la terza, quindi passammo subito alla seconda, quella in cui
adesso dormiva la signorina Stoner e in cui sua sorella era morta. Era
una stanza piccola e accogliente. Holmes girò lo sguardo tutt’intorno, notando ogni minimo particolare.
«Dove comunica quel campanello?», chiese alla fine, indicando un
grosso cordone che pendeva a fianco del letto, col fiocco addirittura poggiato sul guanciale.
«Nella stanza della governante.»
«Sembra più nuovo degli altri oggetti.»
«Sì, è stato messo un paio d’anni fa.»
«Immagino lo avesse chiesto sua sorella.»
«No, non mi risulta che l’abbia mai chiesto.»
«Mi scusi un attimo, mentre do un’occhiata al pavimento», disse Holmes. Si gettò bocconi, con la lente in mano, strisciando rapidamente
avanti e indietro, esaminando accuratamente le fessure fra le tavole di
legno. Poi, fece la stessa cosa con i pannelli di rivestimento delle pareti. Alla fine, si accostò al letto e rimase a osservarlo per qualche minuto facendo correre lo sguardo su e giù lungo il muro. Infine, prese
il cordone del campanello e gli diede uno strattone violento.
«Perbacco, è finto», disse, «non è nemmeno collegato a un filo elettrico. Questo è molto interessante. Come può vedere, è fissato a un
gancio proprio sopra alla piccola apertura del ventilatore.»
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
GENERI
IL
RACCONTO GIALLO
19. spartanamente: in
modo semplice, austero.
20. nodo scorsoio: nodo fatto all’estremità di
una corda in modo da
formare un laccio che
si chiude quando la corda viene tesa.
6
«Ma è assurdo! Non me n’ero mai accorta.»
«Molto strano», borbottò Holmes tirando il cordone. «Ci sono un
paio di cose assai strane in questa stanza. Ad esempio, il costruttore
doveva essere molto stupido per aprire un foro di ventilazione che
dà in un’altra stanza quando, con la stessa fatica, poteva benissimo
aprirlo comunicante con l’esterno, per far passare l’aria!»
«Anche quello è stato fatto da poco», disse la giovane.
«Nello stesso periodo in cui è stato messo il cordone da campanello?», osservò Holmes.
«Sì, certo; in quel periodo sono stati fatti molti piccoli cambiamenti.»
«Cambiamenti, a quanto pare, molto interessanti: campanelli che
non suonano e ventilatori che non danno aria. Col suo permesso, signorina Stoner, adesso daremo un’occhiata alle stanze interne.»
La camera del dottor Grimesby Roylott era più grande di quella della figliastra, altrettanto spartanamente19 ammobiliata. Holmes si aggirò lentamente per la stanza, esaminandola con estremo interesse.
«Qui che c’è?», chiese battendo un dito sulla cassaforte.
«Documenti e carte del mio patrigno.»
«Non è che per caso dentro ci sia un gatto?»
«No. Che strana idea!»
«Be’, guardi questo!» Prese un piattino colmo di latte, poggiato sul
coperchio della cassaforte.
«Non abbiamo gatti. Ma ci sono un ghepardo e un babbuino.»
«Ah, già, naturalmente! Be’, un ghepardo in fondo non è che un
grosso gatto, ma direi che un piattino di latte non sia davvero sufficiente a saziarlo. C’è un punto che voglio chiarire.» Si accucciò davanti a una sedia di legno esaminandone il sedile con estrema attenzione. «Su questo non c’è alcun dubbio», disse alzandosi e rimettendosi in tasca la lente. «Guarda, guarda! Questo è davvero interessante!»
L’oggetto che aveva colpito la sua attenzione era un piccolo guinzaglio appeso a un angolo del letto; un guinzaglio però arrotolato e legato così da farne un nodo scorsoio20.
«Adesso credo di aver visto abbastanza, signorina Stoner, e, col suo
permesso, andiamo fuori, sul prato.»
Non avevo mai visto il mio amico con l’espressione così truce.
«Signorina Stoner», continuò Holmes, «è assolutamente essenziale
che lei segua alla lettera i miei consigli. In primo luogo, il mio amico e io dobbiamo passare la notte nella sua stanza.»
La ragazza e io lo guardammo sbalorditi.
«Lasci che le spieghi. Quella laggiù è la locanda del villaggio?»
«Sì, la Corona.»
«Benissimo. Da lì si vedono le sue finestre?»
«Certamente.»
«Quando torna il suo patrigno, deve ritirarsi in camera sua con la
scusa di un mal di testa. Poi, quando lo sentirà andare nella sua stan-
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
GENERI
IL
7
RACCONTO GIALLO
za per la notte, apra le persiane della sua finestra, tolga il gancio e
metta sul davanzale una lampada, come segnale per noi; poi, senza
far rumore, prenda tutto quanto può servirle e vada in quella che era
prima la sua stanza. Il resto lo lasci a noi.»
«Ma cosa intendete fare?»
«Passeremo la notte nella sua stanza per cercar di scoprire la causa
del rumore che l’ha svegliata. E adesso, signorina Stoner, dobbiamo
lasciarla perché se il dottor Roylott dovesse tornare e ci vedesse qui,
il nostro viaggio sarebbe stato inutile. Arrivederci.»
Holmes e io non incontrammo difficoltà a ottenere una camera da
letto nella Locanda della Corona. La camera era al piano superiore
e dalla finestra si vedevano distintamente il viale d’accesso e l’ala
abitata della residenza di Stoke Moran. Al crepuscolo vedemmo arrivare il dottor Roylott. Pochi minuti dopo scorgemmo una luce fra
gli alberi, segno che in uno dei salotti era stata accesa la lampada.
«Sa, Watson», mi disse Holmes mentre stavamo seduti uno accanto
all’altro avvolti nell’ombra della sera che stava calando, «in verità,
esiste un pericolo ben preciso.»
«Lei parla di pericolo. Evidentemente in quelle stanze ha visto più
di quanto abbia visto io.»
«No, ma credo di averne tratto qualche conclusione in più. Penso
che lei abbia visto esattamente le stesse cose.»
«Non ho visto niente di speciale, a eccezione del cordone del campanello e confesso che non riesco a immaginare a cosa possa servire.»
«Ha visto anche il foro di aerazione.»
«Sì, ma non ci vedo nulla di strano in una piccola apertura fra due
stanze. È talmente stretto che non ci passerebbe nemmeno un topo.»
«Ero certo che avremmo trovato quel foro di aerazione ancora prima di venire a Stoke Moran. Ricorderà che la signorina ci disse che
la sorella sentiva l’odore del sigaro del dottor Roylott. E quello suggeriva l’esistenza di una qualche comunicazione fra le due stanze.
Un foro di comunicazione molto piccolo, altrimenti sarebbe stato
notato durante il sopralluogo del coroner. Ho pensato a un minuscolo foro di ventilazione.»
«Ma che male può esserci in questo?»
«Be’, diciamo che quanto meno esiste una strana coincidenza di date. Viene installato un ventilatore, viene appeso un cordone da campanello, e una ragazza che dorme in quella stanza muore. Non le
sembra strano?»
«Non riesco ancora a vedere il collegamento.»
«Non ha notato qualcosa di molto strano circa il letto?»
«No.»
«Era fissato al pavimento. La ragazza pertanto non poteva spostare
il letto. Doveva restare sempre nella stessa posizione rispetto al ventilatore e al cordone del campanello.»
«Holmes», esclamai, «comincio vagamente a capire dove vuole anRosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
GENERI
dare a parare. Siamo arrivati appena in tempo per impedire un astuto e orribile delitto, vero?»
«Dice bene; astuto e orribile.»
21. lanterna cieca: lan-
terna costruita in modo
da permettere di concentrare la luce in un fascio o di nasconderla del
tutto.
22. spasmodicamente: in modo eccessivo,
tanto da provarne dolore.
23. veemenza: impe-
to travolgente.
8
Alle nove circa, la luce fra gli alberi si spense e la residenza fu avvolta dall’oscurità. Passarono lentamente due ore, poi d’improvviso,
alle undici in punto, davanti a noi brillò un’unica, vivida luce.
«Ecco il nostro segnale», disse Holmes balzando in piedi.
Uscimmo dalla locanda, raggiungemmo il prato, lo attraversammo
ed entrammo dalla finestra all’interno della stanza da letto. Il mio
amico chiuse le imposte senza far rumore, mi si accostò poi in punta di piedi e mi disse all’orecchio: «Il minimo rumore sarebbe fatale
per il nostro piano. Non si addormenti; ne va della sua vita. E tenga
pronta la pistola nel caso dovessimo servircene. Io mi siederò sulla
sponda del letto; lei si sieda su quella poltroncina».
Tirai fuori la pistola e la poggiai sull’angolo del tavolo.
Holmes aveva portato una lunga canna sottile che posò sul letto, accanto a sé, insieme con una scatola di fiammiferi e un mozzicone di
candela. Poi abbassò al minimo la lampada e restammo così nell’oscurità. Rintoccò la mezzanotte, l’una, le due, le tre, e ancora eravamo lì seduti in silenzio in attesa che accadesse qualcosa.
D’improvviso, in direzione del foro di aerazione, brillò un raggio di luce che subito scomparve, poi si sentì un forte odore di olio che bruciava
e di metallo riscaldato. Nella stanza accanto qualcuno aveva acceso una
lanterna cieca21. Sentii il rumore di un leggero movimento poi tutto ritornò silenzioso; ma l’odore si faceva più intenso. Per mezz’ora rimasi seduto con l’orecchio spasmodicamente22 teso. A un tratto, si sentì
un suono smorzato, strusciante. Nell’attimo stesso in cui lo sentimmo,
Holmes balzò dal letto, accese un fiammifero e percosse violentemente
e ripetutamente il cordone del campanello con la canna.
«Lo vede, Watson?», gridò. «Lo vede?»
Ma non vedevo nulla. Nell’attimo in cui Holmes fece luce, sentii un
sibilo, basso e distinto, ma l’improvviso chiarore mi abbagliò e non
riuscii a vedere la cosa contro cui il mio amico si era scagliato con
tanta veemenza23. Riuscivo però a vedere il suo viso, mortalmente
pallido e sconvolto dall’orrore e dal disgusto.
Aveva smesso di colpire e stava guardando in alto, verso il ventilatore, quando il silenzio della notte fu rotto dall’urlo più lacerante che
avessi mai sentito. Un ululato rauco di dolore, paura, rabbia.
«Che significa questo?», chiesi con voce rotta.
«Significa che è tutto finito», rispose Holmes. «Prenda la pistola e
andiamo nella stanza del dottor Roylott.»
Uno strano spettacolo si presentò ai nostri occhi. Sul tavolo c’era
una lanterna cieca, con lo schermo semiaperto, che gettava un vivido raggio di luce sulla cassaforte di ferro con lo sportello accostato.
Accanto al tavolo, su una sedia di legno, sedeva il dottor Roylott. In
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
GENERI
grembo, teneva il bastone con il lungo guinzaglio che avevamo notato durante il giorno. Il mento era rivolto verso l’alto e gli occhi fissavano un angolo del soffitto con uno sguardo spaventoso e immobile. Attorno alla fronte era arrotolata una strana fascia gialla con
delle macchie marroni che sembrava cingergli strettamente il capo.
Quando entrammo, non si mosse.
«La fascia! La fascia maculata!», bisbigliò Holmes.
Feci un passo avanti. Improvvisamente quello strano copricapo ebbe un fremito e dai capelli si rizzò la testa piatta e triangolare e il collo dilatato di un orrendo serpente.
«È una vipera di palude!», gridò Holmes. «Il rettile più velenoso di
tutta l’India. Roylott è morto dopo dieci secondi dal morso. È proprio vero che la violenza ricade sul violento, e il cacciatore finisce
nella trappola che ha preparato per la sua preda. Ricacciamo questa
orribile creatura nella sua tana; poi condurremo la signorina Stoner
altrove, in un posto sicuro, e informeremo la polizia dell’accaduto.»
24. patologo: studio-
so di patologia, branca
della medicina che indaga e studia le cause e
l’evoluzione delle malattie.
9
Le poche cose che ancora ignoravo, me le spiegò Sherlock Holmes
il giorno dopo, mentre stavamo facendo ritorno a casa.
«Come le ho già spiegato», mi disse, «la mia attenzione fu subito attirata dal foro di ventilazione e dal cordone del campanello che
pendeva accanto al letto. «Quando scoprii che il cordone era un’inutile finzione e che il letto era fissato al pavimento, mi venne immediatamente il sospetto che quel cordone fosse una specie di ponte per qualcosa che, attraverso il foro di ventilazione, arrivava al letto. Pensai subito a un serpente e, quando seppi che il dottore teneva in casa degli animali provenienti dall’India, sentii che ero probabilmente sulla pista giusta. L’idea di usare un veleno assolutamente
non rintracciabile con un processo chimico era proprio quella che
poteva venire in mente a un uomo astuto e spietato, che aveva trascorso molti anni in Oriente. Inoltre, dal suo punto di vista, la rapidità con cui un veleno del genere avrebbe fatto effetto sarebbe
stata un vantaggio. Ci sarebbe voluto un patologo24 davvero eccezionale per scoprire i due minuscoli forellini lasciati dai denti del
serpente. Pensai poi al fischio. Certo, doveva richiamare il serpente prima che la luce del mattino ne rivelasse la presenza sul corpo
della vittima. Probabilmente l’aveva addestrato a tornare indietro al
suo richiamo, servendosi del piattino di latte che abbiamo visto.
Avrebbe infilato il serpente attraverso il foro di ventilazione nell’ora che riteneva opportuna, sapendo con certezza che sarebbe sceso
lungo il cordone, fino al letto. Il rettile poteva mordere o meno la
persona addormentata; la vittima designata poteva magari sfuggire
alla morte per un’intera settimana ma, prima o poi, era destinata a
morire.
«Ero giunto a queste conclusioni prima di entrare nella stanza del
dottor Roylott. Un esame della sedia mi rivelò che aveva l’abitudine
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
IL
RACCONTO GIALLO
di salirci, ovviamente per raggiungere il foro di aerazione. La cassaforte, il piattino di latte e il guinzaglio a cappio dissiparono ogni mio
eventuale dubbio. Il suono metallico sentito dalla signorina Stoner
era evidentemente provocato dal patrigno che richiudeva in fretta la
cassaforte col suo terribile occupante. Una volta convinto dell’esattezza della mia teoria, lei sa quali misure ho preso per dimostrarla.
Ho sentito, come certo ha sentito anche lei, il sibilo del rettile e immediatamente ho fatto luce e l’ho attaccato.»
«Col risultato di farlo risalire attraverso il foro.»
«E col risultato di scatenarlo contro il suo padrone, nell’altra stanza.
Certo, sono responsabile, sia pure indirettamente, della morte del
dottor Roylott; ma questo non mi peserà troppo sulla coscienza.»
GENERI
(da Le avventure di Sherlock Holmes, Newton & Compton, Roma, rid. e adatt.)
10
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education