Robocop 2014 - Le recensioni di Paolo

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Robocop 2014 - Le recensioni di Paolo
Robocop 2014
- Olà tutti! Sono Josè Padilha, il primo regista brasiliano alla conquista di Hollywood. Il mio film
di supereroi è come Spiderman, ma meglio di Spiderman !
- Ehm… senhor Padilha, a dire il vero non si tratta di supereroi, bensì del remake del film di
Verhoeven del 1987. Una storia piena di violenza gratuita, di corpi sciolti nell’acido, di metallo
innestato a forza dentro la carne, di umanità che lotta per prevalere sugli impianti bionici…
- Cosa? Quella vicenda tristissima, interpretata da quel Piero Angela che conduce documentari
storici per l’Università di Syracuse? Non ci penso nemmeno! Io voglio girare “The dark Ironman begins”, lasciami fare… anzitutto facciamo introdurre la vicenda da un anchorman
televisivo, nero di pelle e fascista come pochi, tutto supremazia USA “meritiamo di dominare il
mondo perché siamo i più forti”.
- E cosa c’entra ?
- Assolutamente nulla, ma lo interpreta Samuel “Nick Fury” Jackson, così il primo character
Marvel l’ho piazzato…
Il fascistazzo in questione ci apre la diretta dell’operazione “Free Teheran”, in cui tutti gli
americani Bushofili possono finalmente godere con le immagini dell’esercito statunitense che
“pacifica” le vie della capitale Iraniana schiacciando sotto un costosissimo tallone
militare/tecnologico decine di straccioni musulmani con le pezze al culo (e pure brutti).
I robot da combattimento di cui dispongono i marines costano evidentemente un fottiliardo di
dollari ciascuno: una stronzata strategica colossale, che si rivela tale quando uno dei pezzenti
si mette una cintura di plastico, salta in groppa al robot e si fa esplodere.
Una fortuna in fumo e un micidiale danno economico per la multinazionale (la Stark
Industries?) che produce gli automi per l’esercito, oltre che un chiaro esempio del perché gli
americani hanno perso nel Vietnam.
Il mercato delle guerre mediorientali è drammaticamente fallimentare per il business
dell’azienda. L’unico posto in cui piazzare gli automi darebbe profitto è dove i dollari ci sono:
ovvero il mercato interno USA. Peccato che una legge impedisca agli automi da combattimento
di circolare in mezzo ai civili USA (mentre sono liberissimi di farlo in mezzo ai civili iraniani, che
per l’americano medio valgono meno delle pantegane).
Il cattivo della vicenda, ovvero l’industriale che produce i robot, è molto contrariato. Il suo
faccione stempiato non ci è nuovo…
-E’ difficile riconoscerlo, vero? Non se lo ricorda nessuno, ma Michael Keaton è stato il primo
Batman sul grande schermo. E ecco che ne ho piazzato un altro!
Ad ogni modo, Keaton commissiona delle indagini di mercato, le quali concludono abbastanza
incoerentemente che:
a) Nonostante decenni di storie con poliziotti corrotti: L.A. Confidential, il caso Rodney
King, ecc. l’americano medio comunque si fida più delle persone che delle macchine.
b) Di un robot con una pistola in mano tutti hanno una paura fottuta.
c) Una mente umana in un corpo robotico potrebbe invece risultare più accettabile. Se si
comportasse anche in modo eroico sarebbe un ottimo mezzo di promozione
pubblicitaria.
Il risultato reale di un sondaggio di questo tipo (magari in Italia) potrebbe invece sorprenderci.
Mentre la Syracuse University e Peter Weller preparano una trasmissione sulla riabilitazione ed
il reinserimento nella società dei mutilati, il film ristagna nell’attesa che uno dei pochissimi
poliziotti onesti (tale Murphy dall’omonima legge) si faccia ammazzare malamente, in modo da
poter utilizzare il suo cervello.
La cosa avviene con una dinamica un po’ differente (e meno efferata) da quella del primo film,
ma il risultato non cambia: il poveraccio viene fatto in 44 piccoli pezzettini. Quello che rimane
del suo corpo viene infilato in una busta della Conad e trasportato gocciolante in una clinica
sperimentale per mutilati mega-miliardari, dove vengono sperimentate delle protesi
fantascientifiche e costosissime (che a confronto l’uomo da sei milioni di dollari è uno sfigato).
Naturalmente il tutto appartiene a Keaton.
Neanche a dirlo, mentre il top management della corporation si trova negli USA, i laboratori e
tutte le strutture produttive che realizzano le protesi, gli impianti bionici e gli automi si trovano
in Cina, in mezzo a risaie sterminate. Plausibilissimo esempio di “delocalizzazione delle attività
produttive”: tutti i colletti blu sono asiatici, brutti, sporchi e sdentati, mentre i supervisori sono
bianchi, biondi e belli.
La responsabilità della clinica, nonché la direzione scientifica della produzione bionica e
robotica, sono affidate a Gary Oldman, che interpretava il commissario Gordon nel Batman di
Nolan (e siamo a tre!).
Oltre ad essere uno scienziato competente, Oldman non è privo di scrupoli, ma per motivi
economici è comunque costretto (suo malgrado) ad eseguire tutti gli ordini del suo boss
Keaton .
Mentre in una saletta della clinica intravediamo Berlusconi che si fa impiantare una protesi
erettile “Siffredi-size”, Oldman procede al risveglio del povero Murphy.
Un colpo al cerchio e uno alla botte: l’esoscheletro del nuovo Robocop all’apparenza è identico
a quello vecchio. Quando Murphy cammina fa esattamente lo stesso rumore: quella via di
mezzo tra un ammortizzatore idraulico e un cigolio, che fa scendere una lacrima di nostalgia
sul viso dei vecchi fan, mentre chi non ha visto il film del 1987 si chiede come mai in mezzo ai
gadget miliardari non abbiano un po’ di lubrificante. Non si può però deludere gli spettatori più
giovani: l’esoscheletro si apre e si chiude con gli stessi effetti CGI dell’armatura di Tony Stark.
Una figata!
- Chiedo scusa, senhor Padilha, ma che fine fa tutto il travaglio dell’uomo Murphy che si sente
prigioniero della macchina? Che sa di essere solo un manufatto, ma è comunque tormentato
dai ricordi della sua vita precedente? Quasi tutto il film del 1987 si basava su questo!
- E che due coglioni! Tony Stark ha un reattore nucleare nel petto e vi sembra scontento?
Basta lamentarsi: è ora di un po’ di azione!
Detto fatto, lo chassis di Robocop viene completamente ridipinto di nero, che è più trendy e lo
rende più vergognosamente scopiazzato dal costume di Batman. Si passa quindi ad illustrare i
suoi nuovi poteri: anzitutto può ricevere dati in tempo reale (via bluetooth?) da qualsiasi
videocamera di sorveglianza, ma anche smartphone, tablet, Android e IOS.
Ha preinstallati Google Maps con Streetview, Wikipedia ed il e il set completo delle App di 610.
Solo pensandoci può postare recensioni su TripAdvisor e commenti su Facebook. Le scorregge
gli vanno direttamente su Twitter.
Soprattutto ha in RAM l’intero database della polizia metropolitana, il che gli permette delle
esilaranti (?) gag del tipo:
- Ti prego, non arrestarmi! Scippavo questa vecchietta perché devo mantenere mia moglie e i
miei tre bambini!
- Dal mio archivio risulta che ti chiami Luke Cage (non era veramente questo il nome, ma nel
contesto ci stava bene), che risiedi in via Bonfanti 12/A, che porti 47 di piede, e soprattutto
che non hai figli, mentre tua moglie ti ha piantato due anni fa, dopo averti denunciato per
maltrattamenti!
Prodigi della “Robocop-WI-FI”: il collegamento gli funziona perfettamente anche mentre va in
moto a 200km/h. Probabilmente il motivo è che gli hanno rimosso Windows 8: prima era
difficilissimo farlo partire perché non si trovava il tasto “Start”, e si bloccava a metà di una
azione dicendo: “aggiornamento in corso 1 di 75 – si prega di non spegnere”.
Murphy si dedica con entusiasmo alla vigilanza sulle strade di Detroit (una via di mezzo tra la
Magliana e il Trullo), dove spadroneggiano spacciatori, ultras, viados e coatti tatuati, con la
connivenza della polizia che rimane al sicuro ben chiusa nei propri uffici.
Tutto ruota intorno alla contestata “legge Dreyfuss”, che chiude il mercato interno USA ai
robot-poliziotti. Rifornendo le gang di armi illegali, le corporation puntano ad accrescere la
violenza per le strade, in modo che siano i cittadini stessi a chiedere l’abrogazione della legge.
Il complotto non è neppure troppo nascosto, in compenso il confronto politico tra i sostenitori e
gli avversari della legge Dreyfuss è leggermente meno serio della campagna elettorale di Cetto
Laqualunque. Anche l’anchorman Samuel Jackson (sfacciatamente di parte) interviene
invitando Keaton al suo show televisivo.
L’intervista vorrebbe essere una puntata di “Porta a Porta”, con Jackson nella parte di Bruno
Vespa, ma in realtà ricalca in maniera imbarazzante le gag tra Fabio Fazio ed Antonio
Albanese: manca solo che l’imprenditore prometta “Cchiù pilu per tutti!”.
Indifferente alla bagarre elettorale, Robocop segue le tracce dei responsabili del suo “quasi
omicidio”. Parte dai poliziotti corrotti del suo dipartimento, e prosegue perseguitando in
maniera inesorabile la banda della Magliana, abbattendo l’uno dopo l’altro tutti i componenti:
er Canaro, Ricky Memphis, Mastrandrea, fino alla “cupola” finale, al cui vertice ovviamente
stanno i capoccia della corporation di Keaton.
A questo punto la vicenda “si butta in caciara”: in pieno delirio da emulazione di Batman,
Murphy decide di attaccare da solo la sede della corporation.
Nessuno si aspetta un gesto così avventato, anche perché dentro e fuori la sede ci sono decine
di mega-robottoni da combattimento. La difesa sembrerebbe impenetrabile, ma in realtà non
vale una cippa.
I robottoni fanno veramente pena: hanno l’agilità e la velocità di un tricheco sulla spiaggia
(anche nella pellicola del 1987 era così). Inoltre ubbidiscono ad un software delirante che gli fa
percepire l’avversario come pericoloso soltanto se è armato, quindi è sufficiente gettare a terra
la pistola per essere ignorati. E’ stupefacente che una corporation stracarica di miliardi si affidi
per la sicurezza a dei rottami del genere.
Robocop si esibisce in qualche acrobazia (in verità neppure troppo spettacolare) in mezzo ai
robottoni, che si sparano allegramente tra di loro: in pochi secondi è tutto finito.
Senhor Padhila, è veramente una tristezza infinita: se proprio voleva fare un film di supereroi
almeno poteva guardarsi prima l’attacco finale di Kickass!
Si salva solo la mitica frase “Vivo o morto, tu verrai con me” all’ascolto della quale un’altra
lacrima scende sulla gota del vecchio fan.
Arriva naturalmente il confronto finale tra Murphy e lo spietato imprenditore. Keaton è gonfio
di tracotante sicurezza, perché sa benissimo che nel software di Robocop ogni 10 righe di
codice c’è una istruzione del tipo:
if (avversario==’Keaton’)
{
bloccati();
subisci();
fai_figura_di_merda();
}
Così gli basta fare un fischio per avere Robocop che gli scodinzola ai piedi come un pechinese.
La cosa è perfettamente plausibile (ed in effetti c’era anche nel film del 1987) ma qui va contro
le intenzioni di Padhila, che non vuole una copia del vecchio Robocop, bensì una copia del
nuovo Iron Man. Così in qualche modo, Murphy riesce a bypassare il suo software e a
riprendere (con titanica fatica) il controllo del suo corpo robotico.
Keaton è ovviamente incazzato come una biscia e chiede spiegazioni al suo capo ingegnere
Oldman:
-Con tutti i soldi che mi è costato, come è possibile che questa ciofeca di ferro non faccia
quello che dico io? Cosa diavolo c’è che non funziona?
- Beh, in effetti abbiamo un sacco di problemi con il software. Non si trova nessuno che rimedi
ai bachi, perché gli specialisti del codice stanno tutto il giorno a fare riunioni. Anche gli altri
clienti si lamentano. Sembra che la “protesi Siffredi” che abbiamo impiantato a quel politico
Italiano inizi a ringhiare non appena in stanza entra il cagnolino Dudù. Forse il mese prossimo
rilasciamo una patch del S.O.
Insomma, grazie al software bacato, Murphy sderena Keaton e tutta la corporation. Oldman si
redime testimoniando in tribunale contro il suo ex-capo.
Tutto bene quel che finisce bene: mentre Jackson rosica come una bestia, la legge Dreyfuss
viene confermata. Murphy torna a casa dal figlioletto e la moglie, la quale (si presuppone)
riceve uno stipendio da Oldman con l’incarico di debbuggare la “protesi Siffredi”.
Berlusconi (e Dudù) ringraziano.
(by Paolo)