Tripaldi Francesco - Associazione Succede solo a Bologna
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Tripaldi Francesco - Associazione Succede solo a Bologna
FATUM NOS IUNGET di Francesco Tripaldi Vieni qui. Ho voglia di scriverti qualcosa sulle mani non so, il titolo di un libro di Michele Mari, il mio gruppo sanguigno (che non ricordo) il mio numero di telefono, magari. Passare l’esistenza a proteggere quella scritta fare attenzione a non cancellarla, preoccuparsi di non sudare per non farla sbiadire per non consumare l’altruità. Il concetto di complicità è stato eccessivamente demonizzato dai penalisti, fino ad assumere un’accezione ingiustamente negativa a totale detrimento della sua eccezionale proprietà legante. Che mi incriminino pure per il mio taglio di capelli allora, non ho bisogno d’altre armi per incutere timore. Vieni qui. Ho voglia di scriverti qualcosa sulle mani non so una frase arguta di Flaiano, un immaturo cuore stilizzato il mio nome per esteso a margine della tua spina dorsale, come in un contratto capestro che mi abboni per sempre al tuo oroscopo settimanale. Vieni qui. Smettila di far finta che la vita non ti terrorizzi, fatum nos iunget. QUAM DIU SE BENE GESSERINT di Francesco Tripaldi Finché ci comporteremo bene avremo acqua tiepida per sciacquarci il viso da quell’espressione di complicità. Finché ci comporteremo bene l’incendio nei tuoi occhi sarà rubricato come fortuito e potremo non “troncare”, perché troncare implica un rapporto. Finché ci comporteremo bene tollereremo gli istinti celati nello sfondo, quelli più importanti, anche se ci mancherà il pane che tanto non possiam mangiare ci accontenteremo di un surrogato di relazione, briciole senza glutine in un valzer di forze di Van der Waals. Finché ci comporteremo bene potremmo stenderci su un prato senza prenderci la mano senza scivolare in una vertigine di rassegnazione di chi non vuol farsi sopraffare dalla meraviglia delle proprie ombre che si baciano. Finché ci comporteremo bene nessuno potrà costringerci a provare un sentimento, né potrà obbligarci a rivelarlo avremo l’aria di chi vuole essere salvato, e gli occhi languidi di un cane abbandonato. Finché ci comporteremo bene non dovremmo intossicarci con la verità vaccinarci contro la gelosia o medicarci contro la vanità, saremo gelo e roccia, la paraffina che fa scivolare l’acqua sul remo i desabuses della finestrella sul Reno, saremo terra e cielo congiunti soltanto in un punto lontano. L’ONTOGENESI RIASSUME LA FILOGENESI di Francesco Tripaldi Siamo due alberi secolari che si amano nel luccichio della polvere d’avorio di un cimitero di elefanti su cui non si stende mai l’ombra. Siamo vita e linfa in un regime in cui non nascono poeti che raccontino di noi, dei collant sul pavimento morti da eroi, una premonizione che non conoscerà profeti nascosta in aride tane di scorpioni, l’anidride mista all’ossigeno nelle spirali degli avvoltoi che inesorabili planano su di noi, legno per bare che non sa sbiadire come la malinconia nella cornice di una polaroid. Siam venuti sù farabutti ed insolenti come l’erba infestante, come radici nodose in impervi versanti, aggrappati alla terra più arida, sedotti con trucchi da 4 soldi in un deserto che disperde i passi, ci rifugiamo, tra corazze di corteccia, nei nostri abbracci migliori di mille posti, di mille viaggi.