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46 CULTURA MARTEDÌ 22 APRILE 2014 GIORNALE DI BRESCIA Quando morì, nel portafoglio la foto di Stalin Renzo Frusca, l’energia creativa di un capo generoso A Adriano Grasso Caprioli: «Visse nel mondo, con umili e potenti». Mostra a Castenedolo Verrà inaugurata dopodomani, giovedì, alle 18.30, nella sala civica dei Disciplini a Castenedolo, in via Matteotti 96, la mostra dedicata a Renzo Frusca dall’artista e amico Adriano Grasso Caprioli; resterà aperta, sino a domenica 27, dalle 10 alle 12 (escluso sabato 26) e dalle 15.30 alle 19. Venerdì 25, conferenza dello stesso Grasso Caprioli sulla figura umana e artistica di Frusca. L’iniziativa è dell’Associazione Carmagnola, con il patrocinio del Comune e la partecipazione della locale sezione Anpi. 400 metri e alle preolimpiadi di Londra, era riserva nella staffetta di Siddi, Filliput, Paterlini e Missoni. Riserve i bresciani, Frusca, Squassina, Falconi». La fisicità di Frusca, dice Adriano Grasso Caprioli, era parte del carisma. La fisicità come energia ed essa come istinto a fare e creare. Grasso Caprioli ripassa la falce e martello di un dipinto scartato proprio a causa della falce e martello. Il pittore illustra il regista nella lettura di un suo dipinto di rosso e di simboli biografici: «Bel comunista, Renzo Frusca, bravo partigiano. E dopo la guerra avanti a l primo tempo costruire cooperative dell’artista, del pitcome quella dei muratoRELAZIONI tore senza riti e ri a Castenedolo che daFu amico senza obbedienrà da mangiare a mezzo di Kennedy, Mao mondo e infine fallirà. ze, si ascolta subito, in mezzo all’aia della caCome quella degli aviae Fidel Castro scina dove vive, vicino tori a Roma». Morì in povertà a Castenedolo, intanto Adriano Grasso Caprioche torna dal caffè e si li parla del mondo di assume tutta l’ironia di Renzo Frusca che fu rebattere i suoi anni su quel pullover almente il mondo: «Ha viaggiato blu pieno, da villeggiatura sulle nouna vita, negli Stati Uniti, a Cuba, stre montagne medie e amabili, di in Cina. Amico di Kennedy, Fidel Collio e Marmentino, quando le feCastro, Mao. Qui, a Roma, amico rie stavano là e questi maglioni apdi Guttuso, Pasolini, Germi. Mi vieparivano irraggiungibili. ne in mente un concorso indetto Inganna l’anagrafe che lo scrive nadalla Columbia Pictures e vinto da to nel 1927 e prende in giro noi che lui davanti a Zeffirelli. Amava la vidovremmo appartenere al battito ta. Amò profondamente una dondi chi compirà un secolo. Scemenna. Lei morì e lui divenne un altro ze. uomo». Adriano Grasso Caprioli lamenta Va bene l’energia, ma per stare sulqualche colpo alla vista e gli viene la porta delle grandi stanze ameriin mente subito il fisico di Renzo cane e cinesi e romane, per conquiFrusca, «lui era una motrice che tistare i teatri di ogni parte del monrava quattro camion... correva i do, devi pure possedere un segre- I driano Grasso Caprioli non ha perso un fotogramma del film vissutovicino e lontano daRenzo Frusca. Gli piace riprendere il passo svelto camminato da Renzo Frusca contro l’ortodossia dei burocrati e controcreativi, personaggio riluttante alle attese, ai progetti lasciatiin disparte, alle azioni promesse e non agite. L’artista pittore bresciano ridisegna quello che chiama «Il clan Frusca», tanti amici dell’arte, della letteratura, della musica e dello sport. «Renzo eccelleva in molti settori culturali -ricordaAdriano Grasso Caprioli -e aveva grande carisma. Al bar di notte gli proponemmo di fare qualcosa per il Teatro Romano. Il giorno dopo, d’accordo con il suo amico sindaco di Brescia, Ciro Boni, e Vittorio Gassman, avevagiàcombinato l’azione. Aveva due marce in più». Ora,Adriano Grasso Caprioli porta lasuamostraaiDisciplinidiCastenedolo. Renzo Frusca ha girato il mondo, quando è tornato ha detto a Renzo Frusca molti amici che il suo paese gli mancava. È seppellito al suo paese. Inun beltesto pubblicatodall’Associazione Carmagnola di Castenedolo, Adriano Grasso Caprioli scrive: «Voleva alla morte essere vestito con la tuta operaia, il fazzoletto rosso e chiodo di scenografo all’occhiello. Nel portafoglio aveva la foto di Stalin e quella di un mio quadro del 1950 in onore dei caduti coreani contro gli statunitensi... Nel 2000, don Fappani fece una mostra per lui e una conferenza. Erano presentipersonalità dello spettacolo nazionali. Aggiungo qui: è stato un frazionistadella staffetta della vita, veloce e grintoso. Che i testimoni da lui messi in mani nuove non caschino e continuino il gioco!». Non gli spiace ripetere che fu lasciato solo e che comunque, lui, sapeva stare solo. zana Fra arte e amicizia ■ In alto: una delle opere di Adriano Grasso Caprioli (a destra nella foto di Strada/Neg) dedicate all’amico scomparso Renzo Frusca (qui sopra) to. Chiediamo quale sia stato il Graal di Renzo Frusca. Lui, il pittore, prepara i suoi quadri per la mostra dedicata all’amico e cerca la somma delle piccole grandi cose che compongono il segreto della personalità persuasiva del regista. E per primo esce la potenza di resistere da solo. Dice Adriano Grasso Caprioli: «Non gli hanno regalato un tesserino per uno spettacolo. Finisce in un ricovero senza soldi. Prende qualche pillola, non ce la fa più. Credo che monsignor Fappani abbia contribuito alla sua salvezza. Lo ritrovo, ci incoraggiamo. D’accordo, ci vediamo presto da me a Gussago. Rinsaldiamo amicizia e umore. Allora d’accordo, a Gussa- go. Ma prima «vo ’n ospedal per chesto mal de có». Altro che mal di testa, Adriano Grasso Caprioli chiama il sabato: «Renzo Frusca è morto per un tumore fulminante al cervello». Non abbiamo chiesto quanti erano al suo funerale. Ci sarebbe piaciuto pensare che fossero arrivati tutti sullo stesso taxi che lui acquistava per coloro a cui chiedeva di partecipare ai funerali degli umili e degli sconosciuti. Adriano Grasso Caprioli non l’ha dimenticato: «Morì la mamma a Milio Luina e Renzo Frusca di tasca sua pagò cinque taxi per caricare tutti gli amici e andare al cimitero. Grande uomo. Grande capo». Tonino Zana Telefonate dal mondo, con la sua Brescia nel cuore La testimonianza d’una lunga amicizia col regista e del suo legame forte con le origini Frusca con Mirella Freni (foto Trouché) a dove venisse l’amicizia di Renzo Frusca con la mia famiglia non lo so, ma fin da piccola lui è stato per me un parente stretto, che capitava quando voleva ed era accolto con gioia. Spesso si annunciava con una lunga scampanellata: «Sono Renzo!», con quella sua inconfondibile voce roca, il sorriso che gli tendeva il volto magrissimo e scuro, gli occhi lucidi d’intelligenza, brillantieall’insù.VenivadaRoma,daCastenedolo, dall’America, dal Brasile, dal Messico... Raccontava del tempo e del cielo, dei colori di cuieranoancorapieniisuoiocchi,poidiprove, attori, e cantanti, e direttori d’orchestra... «Ne sentirai parlare Mario, uno che è magnetico, nonusalabacchetta,quasinonsimuove...dirigecon gliocchi!Èun indiano...sichiamaZubin Metha».«BeverlySills,unabravura,unaprofessionalità;Marylin Horne,o:LaPrice!Una forza. Fantastica». La Scotto tanto gentile, ah la Suliotis!... quella gran signora della Kabaivanska...». Renzo riusciva a farsi voler bene dalle dive e dai divi della lirica, notoriamente capricciosi. Chi- D vbLCIZeMl4SCigz7dbU6732nTick12alntn401GO1HQ= cago, Philadephia, Dallas... Squillava il telefono (una intercontinentale costava tanto) ed era notte: «"Sono a... Sono qui per la Tosca", o per nonimportaqualealtraoperaverdianaopuccinianao"perl’AndréaChénier...Parlaunpo’raccontami, sai qui c’è da diventare matti... alle sei è tutto chiuso, vanno tutti a casa e bevono... I party...uffa.Io quinonriescoadormire.Cosa si faaBrescia?».Efinivaconunquintalediammonimenti: «attenta qui, attenta là, studia!». Con mio padre parlava di tutto: la guerra, lo sport, il teatro, la musica... L’amava tutta, facevailregistad’operaseguendoilsuoistinto,quellodelteatro.«Ricordati:sulpalcoscenicocivuole ritmo, i vuoti non sono concessi. E ci vuole colore,ilcolorechechiedelamusica».Ilsuosensoprofondoquantoimmediatodelteatropiacque tanto, anche in America: si esprimeva a gestisecchi,precisi,studiavamoltissimoedesigeva movimento, azione, anche dalle star. Il suo «Don Carlo» al Grande (e non solo) fece scalpore: rosso e nero, fuoco dappertutto. I pompieri avevanoi capelli rizzati in testa...E lui via con le fiaccole per il rogo dell’auto da fé... Nonhopiùprovatoun’emozionesimile.Ilpubblicoeraentusiastae,perunavolta,Renzosorrise tanto uscendo a ringraziare. Intournéeimieigenitorimitelefonavanoappena potevano. A Rio de Janeiro c’erano Renzo, impegnato in una stagione d’opera, ed Ettore Gracis, il direttore d’orchestra veneziano. Alla fine delle prove si trovavano a conversare, discutereeridere.Commentavanoicoloridelmare e del Corcovado, le scuole di samba, in fermento per il carnevale. Al telefono sentivamo Renzofelicequandoavevaaccantoaséunpezzo di casa, di Brescia. A Roma vedeva spesso Ezio Marano e Kim Gatti. «Ezio è bravissimo ma - pensa Lydia - si è traformato in pistolero». - ??? «Fa i film western! Devi vederlo coi baffi!!! AncheKim...».AbbiamopassatodueCapodanniconlui:unoaBarcellona(viaggioinautocon miopadre cheguidava con lecatenenelfreddo dei Pirenei ghiacciati) per fargli compagnia mentre era alla "generale" del «Pirata» di Bellini, protagonista la Caballé. «Una donna di una bellezza!». Tutte le donne per lui erano bellissime...«Quandocantasitrasfigura,enonc’èbisogno che si muova. Lo fa con gli occhi, con un gesto...». Era vero. L’altro Capodanno, a Roma, dove ci supplicò di andare perché era solo e tristissimo... Lo era triste, sempre, con un dolore dentro,difondo,dicui la miamamma forsesapeva la ragione. Renzo a Castenedolo, oltre agli adorati nipoti, Franco e Milly, alla sorella Lucia esuomarito,avevamoltiamici,fraiqualiilveterinario Bepi Carletti, uomo dolcissimo che era anchepittore, eamicodi veterinari. Andavamo a cena con tutti loro e Renzo teneva banco, ricordandoepisodidellagiovinezzacomelamacchina dei tridui (le catene, la cenere!), o il suo passato di atleta. La vitalità, l’interesse per tutto, la conoscenza, l’avidità del vivere il presente eranofraisuoipuntidiforza.Amavaifiori,iquadri (era un estimatore di Cagli). L’ultima volta tornò a Brescia sentendosi vecchio. «Cosa vuoi Lydia,stoaCastenedolo,mivoglionobene.Leggo, studio, dormo molto». Mise in scena uno dei suoi amori, «Lo zoo di vetro», imponendo «jazz». Aiutò l’archivio delle memorie. Ma telefonava poco, non veniva a casa. Nei cassetti ci sonolettere e cartoline:la grafianitida di Renzo Fruscacheillustraunpaesaggio:«Lasentite?Ve la mando quest’onda del mare!»... Fulvia Conter IL CAVALLO DI BATTAGLIA «Zoo di vetro» negli Usa con Clift e in due edizioni bresciane ■ Era il 1952 quando tre giovani - Renzo Frusca, Ezio Marano e Marisa Germano davano vita alla prima cooperativa teatrale italiana, il Piccolo teatro della Città di Brescia. Il debutto fu con «Zoo di vetro» di Tennessee Williams, al teatro Arici il 4 marzo 1953 (nel cast Renato Borsoni), poi altri spettacoli («Frana allo scalo Nord» di Betti, «Le notti dell’ira» di Salacrou, «Il girasole» di Arnaldo Momo, «Sei personaggi in cerca d’autore» di Pirandello, «La foresta pietrificata» di Sherwood, «Antigone» di Jean Anouilh, «Tre quarti di luna» di Squarzina) finché Frusca lasciò il gruppo, che con Borsoni e Mina Mezzadri divenne prima Compagnia della Loggetta e poi Ctb. Frusca (il cui nome in città è per sempre legato all’«Oreste» al Teatro Romano con Vittorio Gassman) fuori Brescia lavora con nomi importanti, da Visconti a Squarzina, da Pavarotti a Mirella Freni o Montserrat Caballe. «Zoo di vetro» è il suo cavallo di battaglia, dopo il primo esperimento bresciano, ne realizza uno negli Stati Uniti con un giovanissimo e allora sconosciuto Montgomery Clift. È con quel dramma che nel 1996 si ripresenta: prodotto dalla Faber (Federazione associazioni bresciane educative e ricreative), musica e recitazione jazz, e scene dell’amico Grasso Caprioli, ispirate a «Guernica» di Picasso. Il Ctb gli apre il S. Chiara. Nel cast Livia Castellini, Elena Contenti, Fabrizio Guarnieri e Carlo Polloni. Debutto il 28 maggio 1996, con successo. Muore lo stesso anno, il 20 agosto. p. car.