di Adriano Di Gregorio in un piccolo paese arrampicato tra i monti

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di Adriano Di Gregorio in un piccolo paese arrampicato tra i monti
Un noMe Di tRoPPo
di Adriano Di Gregorio
in un piccolo paese arrampicato tra i monti iblei, uno di quelli
che non vede il mare nemmeno con la fantasia, viveva un’anziana
donna che conosceva ogni segreto e ogni virtù di tutti gli altri
paesani. tale facoltà, però, non le proveniva da una morbosa
curiosità verso la vita degli altri, bensì da una lunga infermità che
da tanto tempo la costringeva a letto.
la donna, che aveva fatto per moltissimi anni la maestra, era
talmente attaccata alla vita che non voleva stare lontano dalla
gente; per soddisfare tale suo desiderio si era fatta sistemare il
letto vicino alla finestra, in modo da poter vedere tutto quello che
accadeva in piazza. Ciò che non riusciva a vedere con i suoi occhi,
glielo raccontavano i paesani che a turno andavano a trovarla per
chiederle dei consigli o solo per parlare con lei. non c’era nessuno
che passasse da quella finestra e non facesse un cenno con la
mano o addirittura non le mandasse da lontano un bacio.
era considerata saggia e buona da tutti, soprattutto da quei
paesani ai quali aveva insegnato a leggere, a scrivere e a far di conto.
Una volta, però, accadde un fatto che le fece perdere del tutto
non solo la fama di donna assennata, ma persino l’affetto degli
altri paesani.
Una mattina di primavera, una vicina di casa, visibilmente arrabbiata, andò da lei e cominciò a urlare.
“Maestra, ma si può sapere se ha sentito Santo o Salvo? Perché
fa una bella differenza”.
“Ancora con questa storia? è oramai da giorni che in paese
non si parla d’altro”.
“e allora?”, insistette la signora ansiosa della risposta.
“ho sentito il nome di salvo. l’ho detto cento volte anche
alla polizia”.
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“Ah… ecco! Brava la mia maestra! – esclamò la donna, ostentando complicità – Allora perché continua a gettare fango sull’onore
delle brave persone?”.
“io non ho mai infangato nessuno”.
“lei no, ma quella vipera della farmacista, sì”.
“la farmacista?”.
“Proprio lei! Ma perché non si preoccupa delle sue cose,
piuttosto che di quelle degli altri?”.
“non capisco”.
“sua figlia giuseppina è sposata con salvo tornitore”.
“questo lo so!”.
“salvo… capisce? e poi si dice che sua figlia sia piuttosto…
diciamo allegra”.
“signora, non mi interessa ciò che dice la gente; io non ho
mica accusato tutti i salvo del paese!”.
“e invece sì! lei se ne sta qui tranquilla e non sa cosa sta
accadendo laggiù”.
“lei è matta!”.
“Ma non è stata lei a dire che sabato notte ha sentito due
uomini prendersi a pugni per una donna?”.
“sì!”.
“e non ha detto pure che un certo salvo ha accusato un uomo
di aver messo le mani addosso a sua moglie?”.
“sì, ho detto anche questo”.
“Ma allora come fa ancora a non capire? in paese c’è un salvo
cornuto”.
“Ma perché, è l’unico che è stato tradito dalla moglie?”.
“no di certo, ma questa volta lo sanno tutti e in paese è
scattata una vera e propria caccia all’uomo. tutti gli scapoli, i
vedovi e tutti quelli che si chiamano in un altro modo se la stanno
ridendo di santa ragione. e tutto questo è accaduto a causa sua”.
“A causa mia? io ho solo denunciato ciò che ho sentito, altrimenti poteva andare a finire male”.
“Ma non poteva farsi i fatti suoi? già… lei non se l’è mai fatti”.
la maestra non fece nemmeno in tempo a rispondere a quelle
cattiverie, perché la donna era già andata via, soddisfatta per ciò
che aveva saputo. Però aveva ragione: in paese da alcuni giorni si
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era scatenata una morbosa ricerca che aveva messo tutti contro
tutti e aveva anche profanato il silenzio della messa.
la domenica precedente, infatti, il prete era stato più volte
messo in allarme da uno strano chiacchiericcio, per colpa del
quale era stato persino costretto ad alzare la voce per richiamare
l’attenzione dei suoi fedeli.
“Appena sentite un piccolo pettegolezzo, siete pronti a puntare
il dito contro i vostri fratelli; ma poi è una colpa? Piuttosto, è una
colpa rubare, mentire, corrompere; di questo, però, non vi importa
proprio nulla”.
“Ma che c’ha un nipote che si chiama salvo?”, disse un vecchietto in prima fila.
“Mi pare di no”, rispose la moglie.
“e adesso andate… e prestate attenzione soltanto alle cose
veramente importanti della vita”, concluse il parroco.
“e che non sono importanti le corna? Ma lui che ne può sapere,
mischino!”, esclamò il vecchietto sull’uscio della chiesa.
la faccenda, però, non si placò con facilità e, anzi, di lì a
qualche giorno, precipitò.
Un pomeriggio, prima del tramonto, dal barbiere della piazza,
mentre alcuni uomini si facevano radere e altri chiacchieravano,
entrò salvo, il genero della farmacista.
il barbiere si bloccò di scatto e tutti si voltarono verso di lui.
salvo rimase fermo sull’uscio; fu quasi tentato di tornare indietro,
ma poi non lo fece.
“vedo che vi divertite tanto! Perché non fate ridere anche me?”.
“e non lo sappiamo se tutti possono ridere”, disse un uomo.
“Mio caro, mi sa tanto che nella tua condizione non hai nessun
motivo per divertirti”.
“e qui ti sbagli!”.
“e perché? non ti chiami salvo anche tu?”.
“si chiama salvo, ma nel rapporto dei carabinieri c’è scritto
che il cornuto parlava perfettamente in italiano e lui, poveretto,
non riesce a dire nemmeno una parola in italiano”, esclamò un
uomo che si inserì nella discussione.
“questa è roba di gente fine, di gente coi soldi”.
“Beata ignoranza”, disse un altro uomo.
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A quel punto, mentre tutti risero a crepapelle, scoppiò un parapiglia e volarono anche alcuni ceffoni. l’indomani, la farmacista,
messa in allarme dai pettegolezzi, andò a casa dell’anziana maestra, credendo che fosse lei la causa dell’isterica reazione dei paesani.
“eccola qui, la matta”, esordì non appena entrò in casa.
“signora, ma che modi sono questi?”.
“Mio genero è stato costretto a reagire alle infamanti accuse
rivolte verso mia figlia e ora si trova in questura”.
“signora, mi dispiace tanto, ma io che colpa ne ho?”.
“e come che colpa ne ha?”.
“io ho solo detto ciò che ho visto”.
“e no! ha detto ciò che ha creduto di vedere. lei è vecchia e
ormai non ragiona più”.
“io ho avuto il merito di evitare che ci fossero conseguenze
peggiori e per questo dovrei essere ringraziata da tutto il paese e
invece…”.
“Comunque… lei ha una certa influenza sul sindaco. voglio
che interceda con lui per tirare fuori dai guai mio genero, altrimenti
non la passerà liscia”.
“sembrano tutti impazziti e ciò che è più folle è che danno la
colpa a me: nessuno si preoccupa che un uomo è stato minacciato
di morte, ciò che gli interessa sono solo le corna”.
Proprio in quell’istante, mentre la farmacista usciva furiosa,
entrò il sindaco, seguito dai vicini di casa dell’anziana signora, per
comunicare il risultato delle indagini a cui era giunto; anche lui si
chiamava salvatore, ma tutti lo avevano sempre chiamato totò;
per questo non era stato sfiorato dalla questione.
“Concittadini carissimi, vi rubo solo un attimo; vengo ad
annunciarvi con somma gioia che finalmente la questione che ha
turbato la serena convivenza del nostre illustre paese, è stata per
sempre risolta. ed è stato merito mio l’aver risolto la controversia:
il Salvo in questione non è un nostro concittadino; da ora in poi,
nessuno ha più da temere, nemmeno voi egregi concittadini”.
“noi? e che c’entriamo noi? e che ci chiamiamo tutti salvo,
come lei?”, disse il marito della vicina di casa il quale, non appena
aveva visto il sindaco, si era premurato di seguirlo.
“signore, questo è un vergognoso attacco pretestuoso e stru56
mentale, che mira a colpire la mia efficace azione politica. le
ricordo che io sono stato eletto dal popolo”.
“totò, smettila. e poi si può sapere perché queste cose vieni
a dirle a me? Cosa importa se gli uomini erano nostri paesani o
no?”, disse la maestra, intervenendo nella discussione che stava
prendendo una brutta piega.
“e come perché? Perché è stata lei, suo malgrado, ad aprire il
morboso caso ed è giusto che qui sia chiuso”.
“Comunque… la cosa che più importa è che tutto sia finito!”,
esclamò l’anziana donna.
“e lei come fa a sapere che non è del nostro paese?”, disse la
vicina di casa.
“Beh… questo non posso rivelarvelo, ma ho i miei buoni
motivi per affermarlo. e poi non dimentichi che io sono stato
eletto dal popolo”.
“Ma che ha acceso il disco?”.
“totò, non credo che vai a gettare scompiglio negli altri paesi,
pur di ripulire il tuo?”.
“Basta! sono spiacente ma non posso trattenermi oltre; legittimi
impedimenti politici-istituzionali non mi permettono di rimanere
con tale gentile compagnia”.
l’anziana donna rimase sola e dopo alcuni secondi entrò la
nipote.
“Che c’è zia? ti vedo pensierosa”.
“Poco fa sono venuti il sindaco e i vicini”.
“sì, li ho visti andare via”.
“quell’asino si è premurato di chiudere la questione dell’aggressione; non che mi importi chi sia il marito geloso, ma non
penso che non ne sentiremo più parlare”.
“e perché?”.
“Conosco quell’uomo da quando aveva cinque anni; è stato il
più stupido di tutti i miei alunni; sin da piccolo era un imbroglione;
era solo bravo a mentire, a negare e, soprattutto, a convincere gli
altri fingendosi ora sorridente, ora angustiato. non faceva mai i
compiti, anche se diceva che li aveva sempre fatti, prima e meglio
degli altri. i suoi compagni lo credevano un genio, ma in realtà è
sempre stato tonto”.
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“Allora era bravo, diciamo… nel suo campo”.
“Bravo? Macché! era considerato bravo solo perché era in una
classe di sciocchi creduloni, altrimenti sarebbe stato subito scoperto
ed emarginato. Figurati che una volta l’ho trovato che spiava sotto
la gonna di una sua compagnetta. Prima ha detto che non c’era
nulla di male e poi ha sostenuto che era tutto un complotto di quelli
della classe accanto”.
“Ma allora perché avrebbe inventato la questione del salvo di
un altro paese?”, chiese la nipote.
“lui non fa nulla senza un motivo. starà coprendo qualcuno
oppure vuole accusare qualcun altro”.
la donna passò la notte insonne. Continuava a guardare la
luna circondata da morbide nuvole che le tenevano compagnia,
ma non riusciva a prender sonno.
Mentre cercava di prendere sonno, all’improvviso sentì alcuni
strani rumori che provenivano da fuori. si spinse per guardare
e vide una cosa mai vista prima. Una luce giallo oro e una tuta
argentea luminosa, con delle grandi orecchie verdi che si muoveva
all’indietro e a piccoli scatti. la donna urlò e la nipote accorse
subito.
“guarda, guarda fuori”, disse spaventata.
nel frattempo, lo strano essere era fuggito.
“io non vedo nulla”.
“nulla? Ma come…? Poco fa ho visto una specie di marziano”.
“Un marziano!”, esclamò la nipote portandosi le mani alla
bocca.
le urla attirarono la vicina di casa che accorse subito.
“signora, che succede?”.
“lei non ha visto nulla?”.
“no! – disse mentre si affacciava alla finestra – Cosa avrei
dovuto vedere?”.
“Mia zia ha visto un marziano!”, esclamò ingenuamente la
nipote.
“Un marziano? Andiamo bene”, continuò la donna mentre
girava l’indice vicino alla tempia.
“signora, come si permette! e poi come ha fatto ad essere in
pochi secondi in casa mia?”.
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“Un marziano? santo cielo!”, disse mentre continuava a ridere.
la mattina seguente in paese, sin dalle prime luci dell’alba, tutti
avevano saputo di quella strana vicenda e in un attimo decenni
di saggezza furono per sempre spazzati via. Da quel momento
nessuno si soffermò più sotto la finestra dell’anziana maestra e
quei pochi che lo facevano, se la ridevano di gusto. ormai la
donna era ritenuta matta, perché aveva osato sfidare il potente e
stupido sindaco.
Una notte, sul finire dell’estate, mentre i paesani si attardavano
nelle campagne tra canti e vino, la maestra si accorse che il sindaco
confabula divertito insieme alla farmacista; mentre la donna rideva,
l’uomo imitava i passi della mostruosa creatura. Adesso il sindaco
pareva raggiante e non vedeva l’ora di andare in giro a gridare che
tutto andava bene e che nessuno aveva fatto più di lui per il paese.
Però, mentre si attardava sui gradini della chiesa, una grande
macchina posteggiò proprio davanti al municipio; scese un omone
con un grande cappello e un vistoso accento palermitano, che
esclamò a voce alta: “Carissimo salvo, che piacere vederti”.
e da lontano si udì: “non urlare! zitto… e poi ti ricordo che
sono stato eletto dal popolo”.
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