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EFFUGIUM
Entrò e ad accoglierlo vi era il più sacro dei silenzi.
Il rimbombo causato dai suoi timidi passi lo mise a disagio. Decise di limitarsi ad osservare. Il
corridoio che stava attraversando sembrava interminabile: alte mura, intervallate da ampie
finestre ornate in marmo. Tutto conferiva un’atmosfera di quiete. L’uomo che lo aveva accolto
all’entrata non produceva alcun rumore camminando, anche se i suoi passi sembravano decisi
e animati. I capelli gli scendevano compatti lungo la nuca, formando un impeccabile caschetto
nero. Una lunga casacca di tela marrone gli rendeva il corpo compatto, delineato alla vita da
una corda massiccia che scendeva lungo un fianco.
Terminato il corridoio, si trovarono circondati da una schiera di piccole porte in legno. L’uomo
lo invitò con un cenno ad entrare in una di queste. All’interno due letti ed un ampio cassone
lavorato a mano.
Capì che da quel giorno era lì che avrebbe dormito.
Ogni cosa gli appariva del tutto nuova, d’altronde nei suoi primi venti anni non aveva fatto
altro che rincorrere il tempo nel suo piccolo villaggio. Aveva vissuto ai piedi di quel monte,
che dal basso sembrava dominare su ogni cosa. Forse a renderlo così imponente era proprio la
grande abbazia costruita sulla cima. Era conosciuta come l’abbazia di Montecassino. Un luogo
fondato sulla vera fede, colmo di cultura e umiltà, in cui vivevano uomini provenienti terre
lontane, custodendo con essi interessanti conoscenze. Erano tutti legati dallo stesso stile di
vita, basato sull’obbedienza, sul silenzio e sull’umiltà.
Nel villaggio non giravano buone voci a riguardo. Gli abitanti pagani disprezzavano tale
isolamento dalla vita sociale, considerandolo un comportamento fanatico per escludersi dalla
civiltà.
Più tardi fu accompagnato da un altro uomo a visitare il resto degli edifici. Dopo qualche
cenno per ricondurlo all’attenzione, cominciò a spiegare. La sua voce era velata e si abbinava
perfettamente alla tranquilla visione dell’enorme stanza che gli stava mostrando. Vi erano,
uno dietro l’altro e disposti in fila, serie di inginocchiatoi rivolti verso un grande altare in
marmo rosa, un grande crocifisso appeso sulla parete curato nei dettagli e probabilmente
lavorato a mano. Li si pregava, spiegò, e, indicando la colorata vetrata che quasi riempiva
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l’intera parete parallela all’altare, invitò il ragazzo ad esporsi. Gli mostrò le distese di terreno
che avvolgevano il pendio, tutte vistosamente curate e coltivate. Proseguendo, visitarono la
mensa, l’ampio cortile situato nel centro, invaso da angelici stormi di colombe bianche.
Visitarono la cappella principale che offriva aperte balconate affacciate sul verde. Da quella
prospettiva si poteva galoppare con lo sguardo verso ampie vallate, colline, montagne e
ancora vallate offuscate tra le nuvole. Non aveva mai avuto modo di vedere niente di tutto ciò.
Sentiva quasi la necessità di tenersi ben aggrappato a qualcosa: quando provava a gettare giù
lo sguardo, sembrava stesse volando.
Si avvicinarono verso un’altra ala del monastero, la più preziosa, spiegava camminando
pacatamente l’uomo. In quelle stanze venivano custoditi e conservati migliaia di libri, fascicoli,
codici e volumi. Entrare significava respirare tra gli infiniti aneddoti storici, che avevano
costituito lo sviluppo dell’umanità. Si poteva assaporare la raffinata cultura greca, la forza e lo
spirito combattivo dei romani. Si potevano spolverare le fondamenta più antiche della
religione, arrivando quasi a toccare Dio con un dito.
Dopo essersi esposto da quelle balconate e aver scrutato fino ai limiti l’orizzonte, pensava che
non avrebbe mai visto niente di più stupefacente, ma si ritrovò, pochi secondi dopo, a pendere
dalle parole dell’uomo che lo stava guidando. Non riusciva a capire a cosa si riferiva, non
conosceva affatto i greci, non aveva mai sentito parlare di continenti, di terre d’oltremare, e
tutto ciò lo affascinava in un modo inspiegabile.
<<Questi sono gli Scriptoria - proseguì l’uomo - giornalmente ti occuperai di ricopiare e
salvare ogni tipo di scrittura, affinché possano continuare, nel corso dell’umanità, a narrare di
ciò che è stato>>. Fecero ingresso in un’ulteriore stanza, in cui l’uomo mostrò le postazioni
usate per ricopiare le opere. Completamente stupito e affascinato, il ragazzo continuò a
seguirlo, finche non si ritrovarono nel punto di partenza. Qui l’uomo si fermò, si voltò verso di
lui e, stringendogli calorosamente la mano, si presentò - Alfio, chiamami Alfio. Sono un ottimo
punto di riferimento, ti basterà cercarmi per qualsiasi tuo dubbio o bisogno - e con il più
caloroso dei sorrisi lo accolse tra i monaci benedettini. Lo accompagnò davanti alla sua stanza,
essendo ormai calata la sera, e, salutandolo, gli ricordò il programma per il giorno successivo.
Gli risultò davvero difficile svegliarsi a quell’ora dell’alba, ma, pensando alla giornata che lo
aspettava, non ci diede molto peso. Trovò sulla cassa di legno una casacca di tela marrone,
simile a quella che indossavano i due monaci che lo avevano accolto il giorno precedente. Intuì
di doverla indossare e si recò in una delle cappelle principali. Qui incontrò, tutti riuniti nella
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stessa stanza, dozzine e dozzine di monaci che riempivano perfettamente ogni
inginocchiatoio. La stessa cappella che il giorno prima era sembrata così dispersiva e spaziosa,
sembrava adesso estremamente ridotta. Indossavano tutti la sua stessa casacca e avevano,
inoltre, tutti lo stesso taglio di capelli. Vide uno spazio vuoto tra le prime file e si inginocchiò
tra gli altri.
Sembravano tutti molto espansivi nei suoi confronti e lieti di accoglierlo. In pochi giorni si
amalgamò tra gli altri, cercando di adattarsi agli orari e ai diversi programmi giornalieri. Gli
vennero tagliati i capelli e, in seguito ad un solenne giuramento, fu inserito ufficialmente nel
monastero. Lo conobbero tutti attraverso il nome di Enea. Imparò facilmente le preghiere da
recitare al mattino, seguiva nel corso della giornata i punti di riferimento in ogni campo di
attività, imparando così lavori artigianali e tecniche di coltura. La sera negli Scriptoria
affinava gradualmente le sue elementari capacità nel leggere e nello scrivere. Cominciava a
capire il latino e assisteva, puntualmente ogni giorno, al lavoro dei monaci esperti, cercando di
imparare sempre cose nuove e fondamentali. Divenne così in grado di ricopiare i testi più
semplici, fino poi ad arrivare a quelli molto più complessi e la sua insaziabile fame di sapere lo
induceva a non limitarsi a ricopiare, ma a tradurre e ad immagazzinare informazioni. In pochi
anni divenne una delle personalità più colte del monastero e ogni giorno cercava di svolgere
in meno tempo possibile le attività imposte dalla Regola, per recarsi nelle biblioteche
monastiche ad esplorare antichi testi latini. Con i suoi studi venne a conoscenza di tutte le
civiltà, di tutte le popolazioni precedentemente esistite. Ricopiò e tradusse le opere dei grandi
scrittori classici, senza mai appagare del tutto la sua fame di sapere.
Una sera, nel riordinare diversi testi sacri pronti per essere archiviati, Enea trovò un manuale
che sembrava appartenere a Benedetto d Norcia, fondatore del monastero. Scritto in latino, fu
in poco tempo tradotto dal monaco e appariva, sotto forma di diario personale, come una
versione più semplificata della Regola. I monaci già possedevano nel monastero una versione
originale della Regola scritta da Benedetto, la custodivano come l’opera più sacra. Era per loro
un importante punto di riferimento, da cui derivavano tutti quelli che potevano ormai definire
i loro principali valori. Trovare quel diario, scritto direttamente dal fondatore di tutto ciò in
cui avevano creduto e sostenuto in quegli anni era una delle più preziose scoperte che Enea
fece, traducendo e analizzando le opere negli Scriptoria. Dopo aver tradotto il manuale, egli lo
mise a confronto con l’originale e analizzò ogni differenza. Lo fece più volte, sentendo che
c’era qualcosa di più misterioso e importante in quel diario personale. Cominciò ad accedere
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nelle biblioteche anche quando non gli era concesso. Continuava a sfogliarlo anche la notte nel
dormitorio, finché scorse, come si aspettava, degli strani simboli su una pagina rilegata
precisamente al centro del diario. Cercò invano di capire la natura di quei segni, collegandoli a
numeri e date, finché non si accorse che in effetti quel foglio risultava leggermente più doppio
degli altri. Con cura e delicatezza incise sull’estremità della pagina con un taglio netto, dal
quale spuntò una fine pergamena di pelle. Non ne aveva mai viste di così sottili.
Apparentemente si rivelava come un foglio bianco in ambedue i lati, si riusciva a percepire
solo la presenza di lievi incisioni che si interrompevano costantemente. Per capirne si più
avvicinò il foglio alla debole fiamma che ardeva sulla candela della sua stanza e si accorse che,
lasciando attraversare la pergamena dalla fonte di luce, quei tratti si congiungevano, rivelando
la mappa del monastero. In basso a destra si leggeva una data - 529. Risaliva all’anno della
costruzione del monastero. Al centro della pergamena vi era rappresentato un tempio greco,
Enea sapeva benissimo che proprio in quell’anno Benedetto distrusse un tempio pagano
costruito in onore di Giove e Apollo, sostituendolo con una chiesa cristiana, e conosceva
benissimo anche il luogo preciso in cui questo era posizionato. Prese la candela, usci dal
dormitorio e si recò verso la chiesa principale del monastero.
Congiungendo con due linee immaginarie i quattro punti cardinali rappresentati sulle pareti
della chiesa si formava una x immaginaria e nel punto esatto in cui le due linee si
incontravano, si poteva localizzare con estrema precisione il centro della chiesa. Enea si
avvicinò e, abbassando la candela sul pavimento, vide che proprio in quel punto c’era una
pietra incastrata. Le diede dei colpetti, copriva un vuoto. Cercò qualcosa con cui fare leva e
riuscì a rimuovere la mattonella. Appena tolta, la candela si spense. Enea rimase
completamente al buio nella chiesa. In preda al panico, riuscì a calmarsi solo quando intuì che
lì sotto c’era qualcosa di grande, più di quanto in realtà pensasse. Era questo il motivo per cui
la fiamma si era spenta: da quel buco proveniva aria. Corse nel dormitorio, prese il materiale
adatto per riaccendere la candela e tornò nella chiesa. Rimuovendo mattonella dopo
mattonella, si aprì un grosso varco nel pavimento che mostrava una lunga rampa di scale.
Decise di scendere, ma proprio quando afferro la candela per farlo, sentì strani rumori
provenire dall’esterno. Corse verso la grande vetrata che si affacciava sul pendio e vide che
stavano attaccando il monastero. Una parte era completamente in fiamme. Il fuoco avanzava
veloce minacciando di bruciare le biblioteche e gli Scriptoria. Millenni di civiltà stavano per
bruciare. Testi sacri, opere classiche, manuali di leggi. Il monastero stesso, quel luogo che
aveva dato così tanto ad Enea, stava per essere distrutto. Fu una visione straziante. Preso
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dall’istinto, pensò di correre a mettere in salvo le opere maggiori, ma nel voltarsi fece caso alle
mattonelle che aveva rimosso qualche istante prima. Collegò la scoperta che Benedetto da
Norcia lo indusse a fare con ciò che stava accadendo. Sembrava un miracolo. Aveva una via di
fuga. Corse nei dormitori, svegliò tutti i monaci che ancora non si erano accorti di ciò che stava
accadendo, li avvisò di correre in chiesa e di mettersi in salvo attraverso il passaggio che
aveva trovato. Intanto gli invasori raggiunsero il monastero e abbatterono l’ingresso
fortificato. Erano i Longobardi guidati da Zenone, duca di Benevento. Enea, attraversando le
fiamme, riuscì a mettere in salvo solo il manoscritto della Regola prima di raggiungere gli altri
monaci nella chiesa. Il passaggio che egli trovò, in effetti non era solo un nascondiglio, ma una
vera e propria via di fuga, scavata nel terreno, che sboccava sul retro dell’abbazia. Così fu
grazie ad Enea, quel ragazzino che anni prima si era presentato nell’abbazia pieno di
ambizioni, che i monaci riuscirono a fuggire e a rifugiarsi a Roma portando in salvo l’originale
manoscritto della Regola scritto da Benedetto da Norcia.
Federico Di Mambro
Classe III B Linguistico
Istituto Magistrale Statale “Marco Terenzio Varrone” - Cassino
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