Acqua in cassaforte

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Acqua in cassaforte
Tool for Regional-scale assessment of
groUndwater Storage improvement in adaptation
Strumento per la valutazione a scala regionale
di migliori tecniche di stoccaggio delle acque
sotterranee in adattamento con i cambiamenti
climatici
Beneficiario e Coordinatore:
Partners:
www.lifetrust.it
Acqua
Acqua
in
incassaforte
cassaforte
Una sperimentazione sulla
ricarica artificiale della falda
nelsperimentazione
bacino del Piave sulla
Una
ricarica artificiale della falda
nel bacino del Piave
Progetto finanziato
da:
Ministero
dell’Ambiente
e della Tutela
del Territorio
e del Mare
Tool for
Regional-scale
Tool for
assessment
Regional-scale
of groUndwater
assessment
STorage
of groUndwater
improvement
STorage
in adaptation
to climate
improvement
changein adaptation
to climate
change
Sommario
1
INTRODUZIONE E SALUTI
1.1
1.2
1.3
2
IL PROGETTO TRUST
L’AUTORITÀ DI BACINO
IL CONSORZIO DI BONIFICA PIAVE
3
4
5
IL SISTEMA IDROGRAFICO ED IDROGEOLOGICO
2.1
2.2
2.3
3
3
8
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO DEL COMPRENSORIO CONSORZIALE
OPERE IRRIGUE E DI BONIFICA DEL CONSORZIO PIAVE
LE PROBLEMATICHE DELLE ACQUE SOTTERRANEE
8
10
11
IL PROGETTO PILOTA
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
3.10
13
LA PROVA SPERIMENTALE DI ADACQUAMENTO
STAZIONE DI MISURA DELLA PORTATA IN INGRESSO
IL SISTEMA DI TELERILEVAMENTO
DERIVAZIONE IRRIGUA
CAMPO PROVA
SCOLINA DI VALLE E MISURA DELLE PORTATE IN USCITA
LE PROVE ESEGUITE
RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE
PROBLEMATICHE INCONTRATE NELLA SPERIMENTAZIONE
INQUADRAMENTO GESTIONALE DELL’ATTIVITÀ
13
14
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16
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18
19
23
27
29
4
VALUTAZIONE SULLE AREE POTENZIALMENTE UTILIZZABILI PER LA RICARICA 31
5
ESPERIENZE PREGRESSE DEL CONSORZIO RELATIVE ALL’INFILTRAZIONE
ARTIFICIALE
33
5.1 VERIFICA SPERIMENTALE DEL RAPPORTO TRA LIVELLO DI FALDA E PRATICA IRRIGUA
5.2 PROGETTO PILOTA EX CAVA MEROTTO ORA BACINO IRRIGUO COLLE UMBERTO
5.2.1
Opere eseguite
5.2.2
Risultati della sperimentazione
6
33
36
38
39
PROSPEZIONI GEOFISICHE SULL’AREA DI PROVA
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
6.6
6.7
6.8
43
CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELL’AREA
METODO D’INDAGINE
MODALITÀ DI ACQUISIZIONE
PRIMO SCENARIO
SECONDO E TERZO SCENARIO
QUARTO SCENARIO
MISURE DI CONDUCIBILITÀ DELL’ACQUA IRRIGUA
STRUMENTAZIONE UTILIZZATA E METODOLOGIA DI ACQUISIZIONE
43
45
47
47
48
50
51
52
1
6.8.1
Strumentazione
6.9 METODOLOGIA DI ACQUISIZIONE - SCELTA DELLO STENDIMENTO
6.9.1
I protocolli di acquisizione – scelta dei parametri
6.10 ELABORAZIONE DEI DATI
6.11 TOMOGRAFIA ELETTRICA DI CARICABILITÀ
6.12 VALORI INDICATIVI DI RESISTIVITÀ DEI LITOTIPI DELL’AREA TEST
6.13 RISULTATI
6.13.1
Linea BU-01-10-EWS – Profilo L1
6.13.2
Linea BU-06-10-EDD – Profilo L1
6.13.3
Linea BU-02-10-EWS – Profilo L2
6.13.4
Linea BU-03-10-EWS – Profilo L2
6.13.5
Linea BU-04-10-EWS – Profilo L3
6.13.6
Linea BU-05-10-EWS – Profilo L3
6.13.7
Linea BU-07-10-EDD – Profilo L3
6.14 CONCLUSIONI
7
2
BIBLIOGRAFIA
52
55
56
58
60
61
64
64
64
65
66
67
67
68
69
71
1
INTRODUZIONE E SALUTI
1.1 Il Progetto TRUST
La ricchezza del patrimonio idrico sotterraneo storicamente presente nella
pianura veneta e friulana è stata il motore primario dello sviluppo urbano ed
economico dell’area della media e bassa pianura. Tuttavia il
sovrasfruttamento di tale risorsa ha comportato un depauperamento della
stessa, manifestatosi con un abbassamento della falda freatica nella
pianura superiore, stimato in media fino a 10 cm/anno, e una
depressurizzazione delle falde artesiane. Il deficit nel bilancio idrogeologico
attuale è causato sia da fattori naturali sia artificiali. In tale contesto va
altresì tenuto conto, sia per gli aspetti qualitativi che quantitativi,
dell’influenza sul bilancio idrogeologico dei futuri cambiamenti climatici, con
gravi ripercussioni sul piano ambientale e socio-economico, quali ad
esempio i crescenti costi per il pompaggio, la subsidenza e l’intrusione
salina negli acquiferi costieri.
Secondo tali presupposti l’Autorità di Bacino, in collaborazione con la SGI
Studio Galli Ingegneria S.p.a. e con il Centro Euro-Mediterraneo per i
Cambiamenti Climatici, ha ottenuto il finanziamento del progetto TRUST
(Tool fo Regional-scale assestment of groUndwater Storage improvement in
adapTation to climate change) dalla Commissione Europea nell’ambito del
Programma LIFE + e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare,.
Lo scopo principale del progetto consiste nello sviluppo di strategie di
gestione della risorsa idrica sotterranea finalizzata alla tutela qualiquantitativa della falda acquifera di ricarica prevedendone l’incremento
mediante tecniche di ricarica artificiale (Managed Artificial Recharge),
chiamate anche “Water banking”. TRUST pur ponendo l’attenzione sulla
fascia della ricarica affronta il problema a scala di bacino idrografico, come
previsto dalla Direttiva Quadro sulle acque (art. 4 Dir. 2000/60/CE).
Gli obiettivi specifici del progetto sono:
-
pianificare la gestione delle risorse idriche sotterranee nelle fasce di
ricarica della pianura veneta e friulana in previsione degli impatti dei
cambiamenti climatici;
-
fornire uno strumento per la valutazione e la relativa gestione delle
emergenze idriche future a scala regionale;
3
-
supportare l’Autorità di bacino nell’attuazione della Direttiva europea
quadro sulle acque;
-
diffondere a scala nazionale ed europea le conoscenze acquisite
mediante il progetto.
Per ulteriori notizie sul progetto si rimanda al sito www.lifetrust.it
Il progetto prevede il coinvolgimento attivo di soggetti portatori di interesse
qualificati per fornire un contributo tecnico e scientifico alle attività previste.
La presente pubblicazione si inserisce nell’ambito delle attività del progetto
ed illustra in particolare le sperimentazioni di campo effettuate dal
Consorzio di Bonifica Piave in merito a un progetto pilota di ricarica
artificiale della falda con l’obiettivo di una larga diffusione dei risultati sul
territorio.
Buona lettura
IL PROJECT MANAGER
Ing. Francesco Baruffi
1.2 L’Autorità di bacino
L’Autorità di bacino è stata istituita dalla legge n. 183 del 1989 con lo scopo
di pianificare e programmare le azioni e le norme d’uso finalizzate alla
conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta
utilizzazione delle acque.
Nell’ultimo decennio, le direttive europee (2000/60/CE, 2007/60/CE) e le
corrispettive norme nazionali di recepimento e attuazione, hanno
sostanzialmente ribadito la necessità e il ruolo di coordinamento e
pianificazione dell’Autorità di bacino nel campo della gestione qualiquantitativa delle acque e della gestione del rischio alluvioni.
Le competenze attive in tali settori sono esercitate principalmente dalle
Regioni/Province Autonome ma anche a vario titolo da una molteplicità di
enti (Consorzi di Bonifica, Province, ecc) per i quali l’Autorità di bacino si
configura come luogo di intesa e sinergia operativa.
4
In tal senso l’Autorità di Bacino nel suo ruolo di coordinatore nel progetto
TRUST e d’intesa con i partner, ha deciso di coinvolgere una significativa
rappresentanza di soggetti istituzionali (Regioni, Arpa, Province, Consorzi di
Bonifica, Gestori Servizi idrici) competenti nella gestione della risorsa acqua,
per avere un supporto nell’approccio scientifico e per condividere i risultati
rendendoli fruibili direttamente agli attori che operano nel settore.
L’esperienza si è rivelata molto stimolante e proficua e sono ben lieto di
presentare questa pubblicazione come il risultato di una parte di progetto
realizzata grazie alla collaborazione con il Consorzio di Bonifica Piave.
Sicuramente il tema della tutela dell’aspetto quantitativo delle acque
sotterranee è già una sfida per il futuro prossimo; il contesto fortemente
antropizzato ed idrodipendente del territorio in cui operiamo e gli scenari di
cambiamento climatico ipotizzati, richiedono di prepararsi con un’adeguata
pianificazione delle risorse idriche, i cui orientamenti sono già contenuti nel
Piano di Gestione dei bacini idrografici delle Alpi Orientali adottato il 24
febbraio 2010 (www.alpiorientali.it) ai sensi della direttiva 2000/60/CE.
Nel presente lavoro si sono voluti riportare alcuni progetti sperimentali che
potrebbero contribuire a ritrovare un nuovo equilibrio nella gestione della
risorsa idrica.
IL SEGRETARIO DELL’AUTORITA’ DI BACINO
Ing. Roberto Casarin
1.3 Il Consorzio di Bonifica Piave
Il Consorzio Piave è nato formalmente con provvedimento della Giunta
regionale del Veneto n° 1408 del 19 maggio 2009, in attuazione della legge
di riordino dei Consorzi, la n° 12 dell'8 maggio 2009, che ha fatto passare i
Consorzi veneti da 20 a 10.
Il Consorzio Piave è il risultato della fusione dei precedenti Consorzi
“Pedemontano Brentella di Pederobba”, “Destra Piave” e “Pedemontano
Sinistra Piave” e copre praticamente tutta la parte non montana della
Provincia di Treviso (solo marginalmente è interessata la Provincia di
Venezia) per una superficie complessiva di 190.000 ha.
5
Su tale territorio il Consorzio si occupa, con 150 dipendenti, di irrigazione, di
scolo delle acque, di difesa idraulica e di produzione di energia.
Il fiume Piave è il corso d'acqua principale che attraversa il territorio,
notevole importanza, soprattutto per la sicurezza idraulica, rivestono in
sinistra del fiume Piave, il fiume Livenza ed il suo affluente Monticano, in
destra Piave il fiume Sile (fiume prevalentemente di risorgiva) ed il Muson
dei Sassi (affluente del Brenta a Padova) che drena le colline Asolane e
parte del Massiccio del Grappa.
E' il Piave che ha dato origine all'alta pianura alluvionale sulla quale operano
da secoli i sistemi irrigui della Brentella in destra e delle Piaveselle in destra
e in sinistra Piave.
E' il Piave che fin dal XV secolo alimenta i canali irrigui, fornendo
direttamente acqua a 62.000 ha di territorio, per finalità multiple: una volta
di abbeveraggio, irrigazione e forza motrice, ora di irrigazione, produzione di
energia idroelettrica (da fonte rinnovabile) e usi ambientali, anche per il
territorio ed i fiumi a valle.
Della restante area, 38.000 ha sono di collina (colline dell'Asolano, di
Valdobbiadene e del Soligo) ed il resto, 90.000 ha sono di media-bassa
pianura, a sud della fascia delle risorgive.
In quest'ultima area l'attività irrigua è più di tipo occasionale, di soccorso
mentre prevalente è l'attività di bonifica idraulica (manutenzione e gestione
rete idraulica).
Ai fini del progetto TRUST, che tratta di acque sotterranee, rilevante è
l'attività consorziale che si svolge in alta pianura cioè quella irrigua su
62.000 ha che, per 27.000 sono irrigati con il sistema della pluvirrigazione
(parte a gravità e parte per sollevamento) ed i rimanenti 35.000 sono irrigati
con il sistema a scorrimento (per solchi o a spianata). Nell'area a
scorrimento per 10.000 ha l'approvvigionamento alle aziende è ancora con
canali in terra, per 25.000 con canalette prefabbricate.
E' il sistema a scorrimento quello più importante ai fini della ricarica falde,
mentre poco significativo è quello pluvirriguo.
La profondità della falda nella zona irrigata di alta pianura varia da 2 m a
ridosso delle risorgive a 50 m della zona pedecollinare.
All'inizio degli anni '60 la pratica a scorrimento interessava circa 50.000 ha
e l'adduzione avveniva quasi tutta con canali in terra.
6
Nei primi anni '60, ben 32.000 degli ettari irrigati (10.000 in sinistra e
20.000 in destra Piave) sono stati interessati dalla realizzazione di canalette
prefabbricate con riduzione drastica delle perdite di adduzione rendendo
effettiva l'irrigazione su tutta la campagna. Nel comprensorio Brentella
invece si puntò in quegli stessi anni sulla trasformazione dallo scorrimento
alla pluvirrigazione per irrigare, con i risparmi d'acqua, territori asciutti, così
tra gli anni '60 e '80 fu portata l'irrigazione su altri 10.000 a parità di
derivazione.
Oggi nell'area ex Brentella la pluvirrigazione interessa 22.000 ha.
Per irrigare i 62.000 interessati, il Consorzio è titolare di derivazioni dal
Piave (ora tutte in fase di rinnovo) da un massimo estivo teorico di 78 m3/s
(ora in pratica non più di 70 m3/s) ad un minimo invernale di 38 m3/s.
La dotazione per le aree pluvirrigate si attesta su 0,8 l/sxha (comprendendo
le perdite in adduzione), quella per lo scorrimento è grosso modo il doppio.
Tali numeri danno un'idea dell'entità dell'alimentazione alla falda da parte
dell'irrigazione nei tre mesi estivi di punta (almeno 20 m3/s).
La progettazione irrigua del Consorzio Piave è ora indirizzata alla
trasformazione dell'irrigazione dallo scorrimento alla pluvirrigazione, per il
risparmio idrico, per ridurre i prelievi dal Piave, per ottemperare alle
previsioni dei Piani di Bacino e di Tutela delle Acque.
Accanto alle trasformazioni, che riducono fortemente uno dei principali
fattori della ricarica delle falde attive da secoli, il Consorzio propone oltre
alla rinaturalizzazione dei canali irrigui anche l'uso delle grandi cave di
ghiaia dell'alta pianura come bacini idrici di punta e di ricarica della falda
sottostante; questa, come noto, è fondamentale come riserva d'acqua per
gli acquedotti di bassa pianura e per alimentare le risorgive che a loro volta
sostengono il Sile e altri corsi minori di pianura.
E' per l'interesse alle tematiche di cui sopra che il Consorzio ha aderito alla
sperimentazione del TRUST, per conoscere i sistemi più efficaci di ricarica e
anche per apportare al progetto le esperienze, le rilevazioni e le valutazioni
fatte sul campo negli ultimi 20 anni proprio a supporto di una redazione
condivisa dei Piani di Bacino e di Tutela delle acque.
IL PRESIDENTE DEL CONSORZIO DI BONIFICA PIAVE
Giuseppe Romano
7
2
IL SISTEMA IDROGRAFICO ED IDROGEOLOGICO
2.1 Inquadramento geografico del comprensorio consorziale
Sotto il profilo geografico, il comprensorio del Consorzio Piave comprende
l'alta e media pianura veneta centro orientale spingendosi fino alle prealpi
venete a nord, al confine di regione verso est, a ridosso della laguna di
Venezia verso sud. Verso ovest il confine comprensoriale ripercorre
all'incirca la direttrice Treviso-Castelfranco e quindi il confine ovest della
Provincia di Treviso.
La zona settentrionale del comprensorio è per lo più collinare o comunque
contraddistinta da pendenze del terreno elevate che gradatamente vengono
a ridursi al procedere da nord verso sud.
Un tratto fondamentale della morfologia è determinato dalla presenza
dell'alveo del Fiume Piave che interseca l'intero territorio trasversalmente
da nord ovest verso sud est. Un ruolo fondamentale nella genesi della
maggior parte del settore pianeggiante deve essere attribuito all'evoluzione,
fin dalle fasi glaciali del quaternario, del bacino del Piave.
Durante il progressivo arretramento della massa glaciale, le acque derivate
dallo scioglimento si riversarono, con il materiale rimaneggiato, verso la
sottostante pianura depositandolo secondo i classici meccanismi della
dinamica sedimentaria fluviale.
I materiali deposti passano, scendendo verso la zona più meridionale della
pianura, da granulometrie più grossolane (ciottoli, ghiaie e sabbie) a
sedimenti più fini (limi ed argille). Ciò in relazione al diminuire dell'energia
delle correnti di trasporto procedendo verso valle.
Il diverso comportamento idrogeologico dei due tipi di sedimento permette
di individuare una fascia di demarcazione causata dall'affiorare della falda
freatica al passaggio da materiali permeabili ad altri, intersecantisi, a basso
grado di permeabilità.
Tale fascia è generalmente conosciuta come "Fascia delle Risorgive o dei
Fontanili" e demarca il confine tra l'"Alta Pianura Ghiaiosa" e la "Bassa
Pianura". Questa interessa la parte situata a sud-est del Consorzio che va
da Castelfranco, passa a nord di Treviso e si dirige verso nord-est in
direzione di Codognè, e trova la sua massima evidenza nella bassura
sorgentifera del Fiume Sile.
L'area pianeggiante situata a Nord del limite della fascia delle risorgive è
caratterizzata da un potente materasso ghiaioso (conoide del Piave)
8
ricoperto da un sottile strato di terreno agrario (mediamente 40 cm) ricco di
scheletro e ferrettizzato. La pendenza dei terreni è dell'ordine del 4-5 per
mille in senso N-S. La superficie freatica si trova ad una profondità
compresa tra 10 e 50 m dal piano campagna.
La zona, pedologicamente siccitosa, è però caratterizzata da buona
presenza di fossi, alberature e da buona fertilità, grazie al plurisecolare
apporto di acque irrigue tramite i Canali Brentella e Piaveselle.
Figura 1 - Comprensorio del Consorzio di Bonifica Piave
9
2.2 Opere irrigue e di bonifica del Consorzio Piave
Le potenzialità produttive dell'area a nord delle risorgive sono limitate solo
dalla scarsa capacità idrica e dalla siccità estiva in particolare, ma a tale
aspetto ha posto rimedio, a partire dal XV secolo, la realizzazione delle
derivazioni dal fiume Piave a Pederobba (canale derivatore Brentella e suoi
derivati) e a Nervesa (Piavesella di Nervesa e Piavesella di Collalto).
La storia del Canale Brentella” ha avuto inizio il 22 marzo 1436, quando la
Serenissima Repubblica autorizzò la derivazione dal Piave a Pederobba di
un canale (la Brentella) per dissetare l'alta pianura trevigiana in destra del
fiume, circa 30.000 ha, privi di acqua.
Di dieci anni dopo è l'autorizzazione a derivare presso Nervesa. All'inizio del
secolo scorso la derivazione di Nervesa fu rinnovata e potenziata per servire
la pianura compresa tra il Piave ad est, la linea delle risorgive a sud e l'area
già irrigata con il canale Brentella ad ovest.
Analogamente all'inizio del secolo scorso, in connessione con lo sviluppo
delle opere idroelettriche del Fadalto, si è resa disponibile acqua derivata
dal F.Piave anche per la pianura posta ad est dell'alveo, compresa tra
Conegliano, Cimadolmo e Codognè (Canale ”Emanuele Filiberto” e Canale
Enel) .
L'uso dell'acqua è da sempre stato plurimo: per abbeveraggio (oggi uso
ambientale), per irrigazione e per produzione di forza motrice; tali usi
continuano oggi con importanza immutata, ma in un quadro di riferimento
decisamente cambiato. L'irrigazione a scorrimento viene gradualmente
sostituita dalla pluvirrigazione, in parte sfruttando il carico idraulico
determinato dall'altimetria dei terreni, in parte asservendo alle reti di
distribuzione appositi impianti di sollevamento irriguo (ne sono in funzione
18).
Nel complesso l'area irrigata con strutture fisse si estende su 65000 ha, di
cui 26000 mediante pluvirrigazione.
L'area a sud della linea delle risorgive storicamente è stata caratterizzata
dall'attività di bonifica vera e propria di cui sono testimoni 24 impianti
idrovori costruiti a partire dall'inizio del secolo scorso e, rinnovati e
potenziati in seguito, a tutt'oggi in esercizio. Le finalità irrigue sono qui
attuate prevalentemente con modalità di soccorso.
Più recente (a partire dagli anni '60 del secolo scorso) invece è l'attività di
bonifica sui comprensori posti a nord della linea delle risorgive e
tipicamente interessati dall'attività irrigua: essa consiste in prevalenza
10
nell'uso plurimo delle reti irrigue (ai tradizionali compiti si è aggiunto lo
scolo delle acque piovane di un territorio diventato fortemente antropizzato)
e nel recupero delle reti pedemontane, anche mediante la realizzazione
delle casse di espansione e l'uso delle cave a fini idraulici.
Complessivamente la rete irrigua si estende per oltre 3600 km, quella di
scolo per oltre 1800 km, la rete mista per oltre 1000 km.
Da segnalare anche l'attività del Consorzio sotto il profilo della produzione
idroelettrica: nella rete derivata dal Piave a Fener sono attive 20 centrali
consorziate (5.400 kW installati, di cui 100 kW consorziali), due centrali
sono in costruzione (per 1.100 kW) e altre quattro in progetto. Lungo la rete
derivata dal Piave a Nervesa sono in esercizio due centraline idroelettriche
consorziali per complessivi 600 kW mentre è in progetto una nuova
centralina alla presa di Nervesa per circa 1.000 kW.
2.3 Le problematiche delle acque sotterranee
Il sottosuolo dell’alta e media pianura veneta contiene abbondantissime
risorse idriche sotterranee.
La straordinaria ricchezza d’acqua sotterranea deriva da due fattori: da una
parte la presenza di grandi volumi di materiali ghiaiosi alluvionali, ad elevata
permeabilità, che costituiscono i serbatoi sotterranei; dall’altra gli
strettissimi rapporti tra le acque superficiali e le falde, che consentono
efficaci processi di alimentazione e ricarica degli acquiferi.*
La geologia mette a disposizione un imponente serbatoio sotterraneo e le
acque superficiali provvedono ad alimentarlo con portate cospicue
attraverso processi di infiltrazione.
Il territorio che viene esaminato si trova tra Brenta e Piave: in questa parte
dell’alta e media pianura veneta il sottosuolo alloggia un bacino
idrogeologico unitario, nel quale gli spartiacque sotterranei coincidono con i
due alvei fluviali, che con le loro dispersioni determinano due marcati assi di
alimentazione.
Il serbatoio ghiaioso assume caratteri complessivi di omogeneità nell’alta
pianura, dove contiene un’unica falda di tipo freatico, mentre si smembra in
più acquiferi sovrapposti nella media pianura, determinando l’esistenza di
un sistema multifalde in pressione, direttamente collegato verso monte con
l’acquifero unitario settentrionale.
11
Al passaggio tra l’alta e la media pianura, l’affioramento della superficie
della falda determina l’emergenza delle acque freatiche, lungo la “fascia
delle risorgive”.
La risorsa idrica sotterranea di questo territorio riveste notevole importanza
per gli usi che ne vengono fatti. Gli utilizzatori sono: tutti gli acquedotti
pubblici comunali e consorziali dell’alta pianura, che servono in tutto o in
parte anche grandi centri urbani come Treviso, Montebelluna, Castelfranco,
Bassano; i grandi acquedotti che servono la media e la bassa pianura con
prelievi complessivi di circa 3,5 m3/s per circa 1,5 milioni di abitanti;
numerosi allevamenti ittici e industrie; alcuni Consorzi di bonifica che
prelevano per l’irrigazione; gli abitanti di vari Comuni della media pianura,
privi di acquedotto pubblico, che attingono direttamente dalle falde del
sistema artesiano con decine di migliaia di piccoli pozzi privati.
I fattori di ricarica degli acquiferi sotterranei, che consentono l’esistenza e il
rinnovamento continuo di questa importante risorsa, sono le dispersioni in
alveo di Brenta e Piave, le infiltrazioni dirette delle piogge e le infiltrazioni
delle acque irrigue.
Le dispersioni di Brenta e Piave assumono un ruolo fondamentale: la portata
media complessiva che i due corsi d’acqua lasciano infiltrare nel sottosuolo
è di circa 40-45 m3/s, la metà della quale (in sinistra Brenta e in destra
Piave) va ad alimentare il bacino idrogeologico del territorio considerato.
Gli afflussi meteorici contribuiscono con un’infiltrazione diretta stimata in
circa 9-10 m3/s (la piovosità media annua nell’area di ricarica è di circa
1100 mm, 500 dei quali si disperdono nel sottosuolo).
Il contributo delle acque irrigue è il meno noto e il più difficile da valutare
con i dati esistenti, anche se le esperienze finora messe in atto consentono
di affermare che in prima approssimazione è nettamente superiore a quello
dovuto alle precipitazioni. Le acque irrigue consentono infiltrazioni alle falde
attraverso due processi differenti:
•
la dispersione lungo i canali di distribuzione non rivestiti (e quindi non
impermeabili), che sono sottoposti a risagomatura e manutenzione del
fondo e delle sponde mediamente ogni anno;
•
l’infiltrazione diretta delle acque, nelle aree irrigate a scorrimento;
Lo scorrimento era la pratica irrigua tradizionale fino a 40 anni fa quando si
incominciarono le trasformazioni al pluvirriguo con la conseguente forte
riduzione di apporto alle falde.
12
3
IL PROGETTO PILOTA
3.1 La prova sperimentale di adacquamento
La sperimentazione di cui trattasi è volta a studiare le modalità e gli effetti
delle pratiche di adacquamento in aree irrigate con lo specifico obiettivo di
giungere all'incremento delle portate di infiltrazione, ottenuto prolungando
l’adacquamento di un’area prativa irrigua anche in mesi non irrigui.
A tal fine il Consorzio ha individuato ed attrezzato un’area nell’alta pianura
in corrispondenza a terreni favorevoli all'infiltrazione per la grande
permeabilità. L'area prescelta ricade in Comune di Montebelluna, frazione
Busta, in area posta circa 10 km a nord della linea delle risorgive, all'interno
della zona caratterizzata da terreni a matrice nettamente ghiaiosa, molto
permeabile, con quota falda posta a -40 m rispetto al p.c. L'area è oggi
irrigata a scorrimento, con reti di distribuzione artificiali realizzate con
canalette in c.a.
L'estensione dell'appezzamento prescelto è di circa 1 ha, investito a prato
stabile da tempo.
Prima e durante le prove sperimentali di adacquamento, sono state eseguite
una serie di campagne di prospezioni geofisiche (tomografie elettriche),
attraverso idonea struttura tecnica, finalizzati alla conoscenza
dell’andamento litostratigrafico del sottosuolo e delle caratteristiche
idrogeologiche dell’area di indagine.
L'area si presta in particolar modo alla sperimentazione oltre che per le
caratteristiche dei suoli anche per la disposizione particolarmente
favorevole delle infrastrutture irrigue necessarie alla prova: la canaletta
irrigua scorre infatti in fregio all'area lungo l'estremità est e la derivazione,
facilmente accessibile, consente un'agevole installazione dei dispositivi di
misura della portata in transito e di quella immessa nel campo di prova.
L’area è stata quindi approntata con idonei dispositivi permanenti di misura
delle portate di adacquamento e di quelle eventualmente restituite e non
infiltratesi.
Con riferimento allo schema allegato, si possono identificare alcuni punti
significativi dell'area attrezzata per la prova:
13
Figura 2 - Schema campo prova a Busta di Montebelluna
3.2 Stazione di misura della portata in ingresso
La portata in ingresso viene misurata in corrispondenza ad uno stramazzo in
parete sottile. Un apposito sensore di livello a ultrasuoni legge in continuo il
livello dell'acqua riferito alla soglia dello sfioratore. Utilizzando la nota
formula del deflusso da stramazzo
14
riferita alle grandezze indicate nello schema, con g costante di gravità, b
larghezza dello stramazzo e ho carico idraulico sulla soglia dello sfioro, si
può conoscere la portata Q.
Figura 3 - Schema idraulico stramazzo in parete sottile
3.3 Il sistema di telerilevamento
Il sistema di telerilevamento è stato
realizzato montando due sensori di livello
ad ultrasuoni marca Terry-Ferraris
collegati ad una centralina di acquisizione
e data-logger tipo WIT-Twiny, installata a
palo ed alimentata da pannello
fotovoltaico.
La centralina di acquisizione provvede alla
registrazione dei valori letti ogni minuto e
monta un modem GSM con il quale le
tracce delle registrazioni vengono
regolarmente scaricate dal supervisore
consorziale installato presso la sede di
Montebelluna.
Figura 4. Centralina di acquisizione dei dati
montata a palo con pannello di alimentazione
fotovoltaico, installata in prossimità del punto 1.
15
Figura 5 - Stazione di misura della portata con stramazzo in parete sottile (punto 1)
3.4 Derivazione irrigua
Una paratoia laterale al canale consente di deviare, in tutto o in parte,
l'acqua all'interno della tubazione che, sottopassando il piazzale, trasferisce
il corpo d'acqua irriguo all'adacquatrice posta lungo l'estremità nord del
campo prova.
Uno stramazzo a soglia sottile permette di misurare l'eventuale portata in
eccesso che tracima verso valle senza contribuire all'adacquamento.
L'effettiva portata derivata e immessa nel campo prova viene dedotta dalla
differenza tra il valore misurato in ingresso (punto 1) e quello calcolato a
partire dal livello misurato dal sensore a ultrasuoni qui installato.
16
Figura 6 – Il manufatto di derivazione nel campo prova, con stramazzo di misura dell’acqua non derivata (punto
2).
3.5 Campo prova
Il campo prova ha superficie di circa 1 ha completamente coltivata a prato
stabile. Il terreno possiede pendenza uniforme da nord verso sud.
L'adacquatrice da cui viene immessa l'acqua di irrigazione percorre il lato
nord in direzione est-ovest.
Lungo il lato est del campo prova sono stati infissi dei picchetti a distanza di
25 m uno dall'altro, con lo scopo di poter riferire la posizione del fronte
d'acqua durante l'adacquamento agli intervalli temporali prescelti.
17
Figura 7 - L'area prativa oggetto di sperimentazione (vista da nord-ovest)
3.6 Scolina di valle e misura delle portate in uscita
La scolina posta lungo il lato sud del campo prova raccoglie gli eventuali
reflui dell'adacquamento .
Lo sbarramento posto all'estremità sud-ovest permette di misurare
l'eventuale residua portata uscente, misurando l'altezza della lama d'acqua
che tracima da uno stramazzo di tipo triangolare. Tale tipologia di stramazzo
consente di misurare agevolmente anche portate molto contenute.
Variando il livello molto lentamente, non si è ritenuto di installare anche
presso lo scarico un sensore di livello a ultrasuoni , ma si è affidato al
personale di sorveglianza delle operazioni di prova il rilevo a vista delle
variazioni di livello mediante lettura su asta graduata in cm posta
immediatamente a lato dello stramazzo triangolare.
18
Figura 8 – Lo stramazzo triangolare posto in corrispondenza allo scarico della scolina terminale del campo prova
(punto 4)
3.7 Le prove eseguite
Le prove sono iniziate nel mese di maggio e si sono concluse ad ottobre. Si
sono tenute 4 sessioni di prova, ciascuna con durata diversa, legata alla
disponibilità d’acqua. Essendo infatti la zona irrigata con modalità a
scorrimento a consegna turnata, l’acqua presso l’area di prova durante il
periodo irriguo (15 maggio-15 settembre) era disponibile esclusivamente
nell’orario di competenza. Per questo motivo le prime prove, avvenute il 21
maggio, il 9 e 29 luglio, hanno avuto durata di 3-4 ore. La prova del 23
settembre, ricadente fuori del periodo irriguo, si è potuta estendere per
un’intera giornata, disponendo della portata irrigua senza limiti d’orario.
Le prove sono state seguite costantemente dal personale consorziale, il
quale provvedeva a rilevare l’ora delle principali manovre idrauliche, lo stato
e l’evoluzione dell’allagamento, le variazioni della portata misurata allo
scarico.
La portata in ingresso è stata calcolata, come detto, dalla differenza tra la
portata misurata in continuo dallo stramazzo posto al punto 1 e la portata
19
che, non immessa nel campo prova, prosegue lungo la canaletta
consorziale dopo essere transitata sullo stramazzo di misura installato al
punto 2. Su entrambi gli stramazzi un sensore di livello a ultrasuoni registra
in continuo il carico idraulico al di sopra del petto dello sfioratore.
Figura 9 – L’adacquatrice principale del campo prova durante le prime fasi dell’adacquamento.
Le prime prove sono servite anche a posizionare correttamente tutti i punti
di fuoriuscita d’acqua dalle affossature che percorrevano l’area lungo il lato
nord ed in mezzeria in direzione nord sud, con il preciso scopo di allagare il
più uniformemente possibile il campo prova. Per favorire la fuoriuscita nei
punti più opportuni si sono utilizzati sbarramenti realizzati con metodi usuali
nella pratica irrigua, in modo da rendere molto semplice e ripetibile l’attività.
I tempi e le modalità con cui la lama d’acqua immessa in testa al campo
prova si estendeva sull’intera superficie sono stati registrati e sono riassunti
nella Figura 8.
Dopo circa un’ora dall’apertura della derivazione al punto 2, l’acqua si
estendeva sull’intero appezzamento, iniziando a riempire anche la scolina di
valle alla cui estremità è posto lo stramazzo triangolare per la misura della
portata uscente dall’area.
20
Dopo un’ora e un quarto circa aveva inizio la tracimazione dello stramazzo
di scarico posto al punto 4.
Controllando la portata in ingresso al campo prova era possibile variare la
portata in uscita presso lo scarico.
Si è provveduto a monitorare costantemente l’altezza dell’acqua sullo
stramazzo triangolare allo scarico in modo che il valore della portata
uscente fosse il più possibile contenuto e costante, consentendo così di
riprodurre il più possibile condizioni stazionarie del moto.
Figura 10 – L’allagamento del campo prova durante le prime fasi della prova, visto in direzione nord.
21
Figura 11 – Il campo prova e la progressiva distribuzione dell’acqua durante le prime fasi dell’adacquamento.
22
3.8 Risultati della sperimentazione
Nel grafico che segue sono riportate le portate misurate durante la prova più
estesa svoltasi il 23 settembre 2010,
Figura 12 – Andamento delle portate di monte, di valle, di scarico e in ingresso al campo prova registrato
durante la prova del 23 settembre 2010.
La linea rossa indica la portata misurata al punto 1 nella canaletta che
affianca il campo prova. La linea verde riporta l’andamento della portata che
prosegue nella canaletta (punto 2) senza interessare il campo prova.
Dalla differenza tra le due portate è possibile calcolare la portata introdotto
nel campo prova e indicata nel grafico con linea blu.
La portata non infiltrata che esce dal campo prova, misurata presso lo
stramazzo triangolare posto al punto 4, è rappresentata con linea nera.
Dal grafico si nota che inizialmente la portata immessa assume valori
maggiori, dell’ordine dei 120 l/s, in quanto parte del volume è necessario
per formare una lama d’acqua di circa 2-3 cm su tutta la superficie.
Successivamente, non appena l’intero appezzamento è interessato
dall’allagamento ed ha inizio la tracimazione dallo stramazzo di scarico al
23
punto 4, la portata immessa viene ridotta progressivamente tendendo al
valore che mantiene costante l’efflusso presso lo scarico.
Durante le varie prove fatte, ed in particolare nell’ultima e più estesa, le
condizioni di stazionarietà di volume immesso, volume infiltrato e volume
scaricato si sono ottenute con 60-65 l/s circa in ingresso, 4-5 l/s in uscita.
Figura 13 – L’area di prova durante l’adacquamento, vista da nord-ovest verso sud-est.
24
Il volume totale disperso nel campo prova, desunto dal bilancio delle portate
registrate durante la prova del 23 settembre 2010, ammonta a 2750 m3.
Per stabilire l’effettiva quantità d’acqua infiltratasi è necessario valutare
tutte le grandezze che prendono parte alla seguente equazione di bilancio:
Vtot = VAWC+VET+Vinf-Vprec
dove
Vtot
= volume totale disperso;
VAWC = Volume trattenuto come capacità di campo;
VET
= volume evapotraspirato
Vinf
= Volume infiltrato in profondità
Vprec = Volume derivante da apporti meteorici
Figura 14 – Andamento delle precipitazione presso Montebelluna e date delle prove di adacquamento.
Come indicato in Figura 14 le prove sono state eseguite sempre in periodo
secco, preceduto da almeno 5 giorni completamente asciutti. Tale scelta è
stata operata al fine di poter considerare nullo il volume derivante da apporti
meteorici Vprec.
Figura 15 – Evapotraspirazione giornaliera massima in mm/gg stimata da ARPAV presso stazioni meteorologiche
vicine.
25
La Figura 15 riporta invece il valore di evapotraspirazione giornaliera
valutato da ARPAV per il 23 settembre 2010 pari a 2.5 mm/g. Considerato
che la prova è durata l’intera giornata si può stimare che sull’intera area di
prova il volume VET era pari a 25 m3.
Il suolo interessato dalle prove di adacquamento è classificato secondo la
Carta dei Suoli del Veneto redatta da ARPAV come (SNF1 – TV07) franco,
molto ghiaioso, costituito da sedimenti fluviali, depositi di conoide, sabbiosi
estremamente ghiaiosi, caratterizzato da
Falda: assente
Drenaggio interno: moderatamente rapido
Permeabilità: da alta a moderatamente alta
AWC: bassa, valore modale mm 113
Come noto il valore AWC (Available Water capacity) corrisponde alla
massima quantità d’acqua in un suolo che può essere disponibile alle
piante. E’ data dalla differenza tra la quantità umidità presente nel suolo alla
capacità di campo e il punto di appassimento permanente. Il valore indicato
si riferisce ai primi 150 cm di spessore.
Considerando che nelle condizioni della prova, date le precedenti condizioni
meteorologiche asciutte, il suolo fosse in grado di immagazzinare l’intera
capacità di campo, il volume utilizzato a tale scopo corrisponde sui primi
150 cm di suolo a VAWC=1130 m3.
Ne consegue che il volume disperso per infiltrazione profonda durante la
prova del 23 settembre 2010 ammonta a
Vinf = Vtot – VAWC - VET + Vprec = 1585 m3
Nell’arco della durata della prova, 12 ore, circa 4 ore si sono rese
necessarie per ripristinare la riserva idrica utile del suolo, successivamente
la portata immessa dava luogo ad infiltrazione profonda.
26
A regime, a prescindere dal volume perso per evapotraspirazione, assai
modesto e trascurabile, la capacità disperdente dell’area interessata
dall’adacquamento dell’estensione di circa 1 ha è risultata pari a circa 55
l/s.
3.9 Problematiche incontrate nella sperimentazione
La prima problematica affrontata ha riguardato la scelta del terreno idoneo
alla prova prevista. Le condizioni di accettabilità, dettate dalla necessità di
condurre la prova con la massima efficienza ed il minor costo, sono così
sintetizzabili:
Coltura a prato stabile: le condizioni colturali stabili consentono infatti di
poter eseguire potenzialmente l’adacquamento in tutto il periodo dell’anno,
cosa difficilmente attuabile quando il terreno subisce invece le usuali
lavorazioni agricole (aratura, semina, crescita, mietitura, ecc.), modifiche
alla sistemazione superficiale ed al grado di compattazione dello strato di
terreno superficiale e inaccessibilità completa durante il periodo di crescita
e maturazione della coltura;
Terreni ghiaiosi o comunque molto permeabili, al fine di rendere
potenzialmente massima la capacità di infiltrazione
Disponibilità d’acqua e vicinanza a strutture di distribuzione irrigua a
scorrimento esistenti: necessarie per avere la quantità sufficiente d’acqua
senza costi ulteriori per attrezzare canali o realizzare condotte dal punto di
derivazione;
Superficie di almeno 1 ha, di forma compatta e disposta prevalentemente
con pendenza uniforme in direzione nord-sud, dotata di adacquatrice lungo
il lato più a nord e di canale di raccolta dei reflui lungo il lato sud;
Disponibilità dei proprietari a concedere l’accesso e a favorire le attività di
sperimentazione;
Contenuta probabilità di arrecare danni a terzi durante l’attività di
adacquamento, considerando che avrebbe dovuto avvenire per tempi più
lunghi dell’usuale orario irriguo, senza sorveglianza continuativa da parte di
addetti,
Una volta reperita l’area, i principi generali ai quali ci si è attenuti nel
progettare e svolgere la sperimentazione sono così identificabili:
27
Non modificare l’assetto originario delle infrastrutture esistenti, per ridurre
al minimo i costi, in considerazione che l’obiettivo è quello di estendere il
più possibile la pratica di adacquamento al di fuori del periodo irriguo
proprio con lo scopo di incrementare l’infiltrazione profonda;
Poter riprodurre facilmente la prova e con l’impiego delle stesse tecniche
irrigue a scorrimento usuali nella zona (sbarramenti temporanei “a sacco” o
“a bandiera”);
Utilizzare le prime esperienze per “tarare” il campo prova, al fine di
giungere alla configurazione di portate immesse e punti di tracimazione
d’acqua dalle adacquatrici alla superficie erbosa tale da garantire la
massima estensione dell’allagamento e l’uniformità dello stesso;
Fare in modo che sia ridotta la necessità di sorveglianza continua, al fine di
rendere l’attività meno costosa;
Adeguare l’adacquamento alle pratiche colturali esistenti, facendo in modo
che comunque avvengano senza alterazioni le fienagioni previste, nei tempi
dovuti, senza danno economico per il conduttore dell’appezzamento.
D’altra parte è utile anche dare evidenza alle principali difficoltà riscontrate
durante le prove stesse, in modo da poter convenientemente evitare
situazione potenzialmente dannose.
Di norma, gli appezzamenti irrigati a scorrimento sono dotati di adacquatrici
in testa al campo, ma non prevedono scoline in grado di raccogliere i reflui
ne tanto meno di scaricarli in idonei ricettori: ciò comporta l’evidente
necessità di non introdurre troppa acqua nel prato, in quanto, se non
lentamente infiltrata, si raccoglierebbe in vie preferenziali, determinate
dall’elevata pendenza dei suoli, e giungerebbe nel giro di poche decine di
minuti al bordo inferiore dell’area di destinazione allagando o invadendo
aree che normalmente non sono in grado di raccogliere o smaltire apporti
così ingenti.
Nel campo prova di cui trattasi si è in particolare realizzato una pozzo
disperdente a valle del misuratore a stramazzo triangolare posto alla
sezione terminale della scolina di scarico, in quanto essa era priva di
ricettore in grado di smaltire le potenziali portate che fuoriuscivano
dall’appezzamento.
Se si tiene conto poi dell’elevata urbanizzazione del territorio in cui può
svolgersi l’attività di adacquamento è facile dedurre che la possibilità di
produrre danni a terzi è tutt’altro che remota, sia in superficie che per
28
infiltrazione profonda (possibilità di piccole falde sospese per presenza di
lenti limose).
Si può concludere pertanto che l’attività di adacquamento al di fuori del
periodo irriguo e per prolungati periodi è possibile ma comporta uno sforzo
consistente sia nella fase di ricerca e selezione degli ambiti ottimali sui quali
svolgere la pratica, sia durante l’allagamento stesso, che deve essere
previsto, controllato e moderato secondo le condizioni tipiche di ciascun
luogo.
3.10 Inquadramento gestionale dell’attività
Si sottolinea che per l’intera durata della sperimentazione il personale
consorziale è stato impegnato su vari fronti:
in primis nella scelta e nella progettazione dell’area e delle modalità
esecutive della prova;
quindi nell’allestimento delle stazioni di misura e delle infrastrutture legate
alla divulgazione (attività legata unicamente alla sperimentazione);
all’esecuzione delle prove sperimentali.
Alla luce di quanto sopra esposto, i costi dell’attività di allagamento per
infiltrazione artificiale possono essere così distinti.
Costi di reperimento delle aree idonee: comprendono l’analisi su cartografia
di dettaglio delle aree potenzialmente idonee, i sopralluoghi e la schedatura
delle aree ritenute potenzialmente idonee sulla base dei parametri citati al
paragrafo precedente, i rapporti con i proprietari (durata 6 mesi /uomo)
Costi di progettazione: comprendono l’attività di studio idraulico delle
modalità di adacquamento ottimali di ogni luogo idoneo identificato, di
estensione di almeno 1 ha, l’analisi delle pendenze e delle problematiche di
scarico dell’acqua in eccesso (durata 1 settimana di due persone per /ha);
Costi per l’esecuzione di prove necessarie alla “taratura” del sistema, al fine
di dare precise indicazioni su assetto degli organi idraulici e successione
delle portate da immettere, in modo da rendere facilmente ripetibile
l’operazione di adacquamento, per la durata desiderata anche tramite
personale non specializzato (almeno 2 persone per tre prove di una
giornata ciascuna su un appezzamento circa 1 ha); non si prevedono
modifiche consistenti a superfici o manufatti tali da richiedere l’intervento di
mezzi d’opera.
29
Costi per l’adacquamento vero e proprio, necessari a garantire l’avvio, la
sorveglianza, l’eventuale pronto intervento, la verifica del buon esito, la
conclusione dell’attività di infiltrazione artificiale (3 ore 1 persona per ogni
giorno di adacquamento su un appezzamento di circa 1 ha) .
Le considerazioni sopra esposte portano all’immediata conclusione che
l’attività di adacquamento fuori periodo irriguo ai fini di incrementare
artificialmente l’infiltrazione profonda è molto efficiente sotto il profilo dei
volumi infiltrati nelle aree e con le modalità considerate, tuttavia comporta
oneri in termini di tempo e di personale non compatibili con le attuali risorse
in dotazione al consorzio specie in aree caratterizzate da piccole proprietà e
urbanizzazione diffusa.
30
4
VALUTAZIONE SULLE AREE POTENZIALMENTE UTILIZZABILI PER LA
RICARICA
La valutazione delle aree sulle quali è possibile estendere l’attività di
infiltrazione artificiale è un’operazione lunga, complessa e molto onerosa.
Si è pertanto ricercato un metodo di stima dell’estensione delle aree
potenzialmente idonee utilizzando strumenti di interrogazione geografica in
grado di selezionare le aree che rispondono a determinati requisiti.
Le aree potenzialmente idonee rientrano tra quelle che:
•
sono comprese all’interno di terreni ghiaiosi,ghiaioso-sabbiosi o
comunque ad elevata permeabilità, posti a nord della linea delle
risorgive;
•
sono poste in aree agricole dotate di infrastrutture che consentono
l’approvvigionamento a scorrimento di corpi idrici sufficientemente
consistenti (almeno 70-80 l/s);
•
sono investiti a colture stabili, quali prato o bosco;
•
sono convenientemente lontani da aree urbane o comunque
urbanizzate, al fine di limitare le interferenze;
•
hanno dimensione intorno a 1 ha, per essere compatibili, in base alla
sperimentazione eseguita, con le portate effettivamente disponibile e
infiltrabili.
L’applicazione delle regole sopra riportate ai tematismi uso del suolo, rete
irrigua e promiscua consorziale, aree irrigate a scorrimento, zone
urbanizzate, carta dei suoli mediante tecnologie di intersezione e selezione
in ambiente GIS ha consentito di produrre la cartografia di seguito
riprodotta.
In sintesi l’estensione totale delle aree che sulla base di una semplice
estrazione geografica per attributi potrebbe essere oggetto della prima fase
di reperimento e studio ammonta a 2450 ha.
Considerando che dalla sperimentazione risulta che un ettaro può
disperdere in profondità un volume di circa 5000 m3 in 24 ore, presumendo
che solo il 10% della superficie potenziale possa essere effettivamente
utilizzata allo scopo di ricarica della falda e che su questa si possa svolgere
l’infiltrazione anche per solo dieci giornate all’anno, l’apporto in termini di
31
volumi d’acqua infiltrato nel sottosuolo potrebbe nel complesso superare i
12 milioni di m3.
Figura 16 – carta del comprensorio consorziale e delle aree potenzialmente utilizzabili per la ricarica.
Vi sono tuttavia altre aree potenzialmente disponibili, come le cave
ripristinate all’agricoltura nella quali non sono ammessi i seminativi. Anche
per tali aree si è fatta una stima della superficie potenzialmente disponibile:
nell’alta pianura trevigiana l’estensione di tali aree, a fine coltivazione,
ammonta nel complesso a circa 500 ha.
32
5
ESPERIENZE
PREGRESSE
DEL
ALL’INFILTRAZIONE ARTIFICIALE
CONSORZIO
RELATIVE
5.1 Verifica sperimentale del rapporto tra livello di falda e pratica
irrigua
Una sperimentazione svolta nel corso degli anni ’90 ha riguardato il rapporto
tra livello di falda e pratica irrigua.
Nei paragrafi introduttivi su è descritta l’alta pianura trevigiana come
costituita da un potente materasso ghiaioso (anche più di 100 m)
permeabile, sede di acquifero indifferenziato.
La grande presenza di ghiaia ha comportato un’attività di escavazione
poderosa soprattutto nella zona a monte della linea delle risorgive sulla
direttrice Castelfranco-Vedelago-Paese, dove le ghiaie sono più fini e la
superficie di falda è da 5 a 10 m sotto il piano campagna; le escavazioni si
sono spinte notevolmente sotto il livello di falda.
Per la verifica della relazione tra questo livello e la pratica irrigua, è stata
scelta una cava ancora in attività in Comune di Vedelago (TV), con falda a
giorno su una superficie intorno ai 10 ha e livello medio di falda a circa 10
m sotto al piano campagna, situata circa 3 km a monte della linea delle
risorgive, centrale in senso Est-Ovest e quasi al limite inferiore, in senso
Nord-Sud (massima pendenza) rispetto alla zona irrigata. Il controllo del
livello è avvenuto ad intervalli di circa una settimana, con lettura diretta di
un’asta idrometrica fissa, da parte del personale consorziale incaricato.
Per quanto riguarda l’andamento della pratica irrigua, i dati assunti a
riferimento sono quelli (misuratore a stramazzi Bazin) del canale Brentella.
Per la piovosità, i dati assunti a riferimento sono quelli della stazione
pluviometrica del Magistrato alle Acque di Montebelluna.
La scelta della cava in cui effettuare la misura di livello è apparsa
indifferente in quanto i controlli a vista sulle altre cave confermano lo stesso
ordine di grandezza di variazioni.
Nei grafici riportati in Figura 17, sono raffigurati e raffrontati dati e rilievi
degli anni 1995, 1996, 1997, 1998, 1999.
Il grafico non lascia alcun dubbio sulla correlazione esistente tra ricarica
della falda e pratica irrigua a scorrimento.
Nel periodo irriguo infatti il livello di falda interrompe la discesa e si alza di
circa 1,5 m; l’escursione è tanto più alta quanto più è lunga la stagione
33
irrigua. Il grafico evidenzia inoltre come solo piogge molto rilevanti riescono
ad indurre sulla falda effetti simili, anche se inferiori, all’irrigazione.
Lo sfasamento temporale tra l’inizio della crescita del livello di falda e
l’inizio della pratica irrigua è dell’ordine di pochi giorni. La conseguenza più
immediata è che con l’aumentare della pratica irrigua a monte, cresce
anche l’erogazione delle risorgive; tale effetto è particolarmente importante.
Nello stesso tempo infatti la portata dei fiumi di risorgiva cala per il venir
meno degli apporti di superficie da parte dei canali utilizzati a monte per
l’irrigazione e cala anche per l’aumentare del prelievo irriguo lungo il loro
percorso.
34
Figura 17 – Andamento derivazione-irrigazione, livello falda e pioggia, anni dal 1995 al 1999
35
5.2 Progetto Pilota ex cava Merotto ora Bacino Irriguo Colle Umberto
Il progetto di riutilizzo di una cava di ghiaia dimessa affronta il tema della
riqualificazione di una parte del territorio veneto, diffuso, frammentato,
inquinato, a partire dal sistema complesso delle acque.
Le soluzioni proposte mirano a ridare una funzione socio-economicapaesaggistica ai siti estrattivi -oggi spesso abbandonati e/o trasformati in
discariche- collegandoli in rete alla fitta trama di canali alimentati dalle
acque del fiume Piave, sì da riequilibrare e ridare vita ad un corso d’acqua
che, a causa dell’eccessivo sfruttamento, è fonte di forti conflittualità.
La cava suddivisa in due porzioni, una impermeabile e una disperdente, e
collegata sia alla rete di scolo, sia alla rete irrigua, trasformate in corridoi
ecologici, svolge le seguenti funzioni:
1)
difesa idraulica – in condizione di piena del fiume Meschio le acque,
che avrebbero causato esondazioni e danni agli abitati, sono immesse in
cava mediante canali scolmatori;
2)
serbatoio irriguo di punta – quando è dichiarato lo stato di siccità del
fiume Piave si riducono le derivazioni irrigue dai serbatoi montani
prelevando le acque invasate nel bacino irriguo ex cava;
3)
ricarica artificiale della falda – parte delle acque di piena sono
immesse in falda al fine di riequilibrare il rapporto fra emungimenti e
apporti.
Figura 18. Panorama invernale della cava Merotto così come oggi recuperata
Il progetto comunitario denominato “Rekula” -Restructuring Cultural
Landscapes- iniziativa comunitaria INTERREG IIIB (CADSES), ultimato nel
2006, ha proposto nuovi scenari e metodologie al fine di ridare funzione
socioeconomica e valenza paesaggistica ai siti industriali degradati.
36
La Regione del Veneto, quale partner italiano, ha partecipato al programma
“Rekula” con un progetto pilota di riuso di una cava di ghiaia dismessa
dell’alta pianura Trevigiana, indicata comunemente come “cava Merotto”.
Premessa necessaria alla comprensione di questo progetto pilota è la
contestualizzazione paesaggistico-ambientale-culturale del problema cave
nel Veneto.
Il Veneto non è caratterizzato da un paesaggio specifico, ma da molti
ambienti, e da trasformazioni socio-economiche che hanno dato vita alla
cosiddetta urbanizzazione diffusa o nebulosa insediativa.
In tale contesto di strette interrelazioni che vive un equilibrio precario, ogni
trasformazione e modificazione paesaggistica comporta profonde ricadute.
Un ripensamento della funzione socio economica dei cavi estrattivi e la
volontà di restituire alla comunità un mosaico di territorio che, durante la
coltivazione delle cave è di fatto nascosto, celato e successivamente
riutilizzato per fini non propriamente eco-compatibili, è affrontato
nell’ambito del progetto denominato Rekula.
Nel Veneto le cave di ghiaia sono un buco nero nella percezione visiva della
popolazione locale; spesso non c’è, quindi, neppure la consapevolezza della
loro presenza.
L’alta pianura trevigiana, grazie ad imponenti opere di regolazione delle
acque del fiume Piave, è stata trasformata da sterile magredo a produttiva
area agricola, costituendo così il volano per attività molto più redditizie, ma
invasive per il territorio.
Le cave di materiale inerte da costruzione, una delle conseguenze del
febbricitante sviluppo economico, costituiscono spesso profonde cicatrici in
un paesaggio caratterizzato da una rete di minute tracce socio-culturali che,
nonostante tutto, riescono a persistere.
La fascia dell’alta pianura trevigiana, ai piedi dei rilevati Dolomitici, è
caratterizzata da un potente materasso alluvionale determinatosi a seguito
dal libero spagliare del fiume Piave.
La cava in oggetto è un piccolo sito estrattivo, di 1 milione di mc, in comune
di Colle Umberto che, grazie alla sua ubicazione a monte della fascia delle
risorgive, al paesaggio circostante che conserva interessanti caratteri
peculiari delle sistemazioni agrarie di inizio secolo e alla fragilità della rete
idraulica dovuta alla forte pressione antropica, ha permesso di intervenire
sul tema in argomento agendo su tre livelli specifici:
37
-
progettuale realizzativi, per collegare la cava alla rete idrografica
superficiale;
-
sperimentale, quale uso come serbatoio idrico mediante
impermeabilizzazione naturale del fondo, con particolare attenzione
alle questioni formali-paesaggistiche;
-
conoscitivo, informativo, divulgativo.
5.2.1 Opere eseguite
La Regione del Veneto con DGR N. 1105 del 18/04/2006 ha approvato il
progetto di “REALIZZAZIONE SPERIMENTALE DI UN SERBATOIO DI PIANURA
UTILIZZANDO CAVE DI GHIAIA DISMESSE NELL’ALTA PIANURA TREVIGIANA”
al fine di incrementare gli invasi irrigui e ridurre i prelievi dal sistema Piave.
Le opere idrauliche previste nel progetto di utilizzo della cava in oggetto
quale cassa espansione del fiume Meschio e quale serbatoio idrico, sono
state ultimate a fine del 2008, e consistono in tre tipologie di intervento:
-
un canale di collegamento al fiume Meschio per sfiorare in cava (≈ 10
m3/s) le portate di piena;
-
l’adeguamento della rete irrigua esistente e dei relativi manufatti di
regolazione, sì da utilizzare le strutture per un duplice scopo -scolo (≈
5 m3/s in aggiunta allo sfioratore) e irrigazione -;
-
le opere di regimazione, scarico e ricomposizione interne all’area di
cava – area interessata ≈ 12 ha -.
Figura 19. Panorama estivo della cava Merotto
38
Nel mese di marzo del 2009 è iniziata la fase sperimentale di invaso, al fine
da verificare le ipotesi progettuali e definire una procedura di gestione.
5.2.2 Risultati della sperimentazione
La fase di invaso è stata
monitorata misurando: il
livello dell’acqua nel bacino
irriguo; i livelli di falda in n° 6
pozzi freatici; la portata
immessa.
Dopo oltre un anno di
sperimentazione
si
è
riscontrato che la naturale
deposizione di limi trasportati
dalle acque di piena ha
determinato un grado di
impermeabilizzazione tale da
mantenere tiranti d’acqua
pari a 5,0 m con dispersione
pari a circa 100 l/s, nella
porzione di cava destinata ad
invaso, con riduzione del
coefficiente di permeabilità
verticale da valori misurati
ex-ante pari a circa 5x10-3
m/s a valori attuali stimati in
10-8 m/s per il fondo cava.
I volumi immessi in falda, in
un anno, nella porzione di
cava destinata a ricarica
artificiale della falda, sono
stati pari a circa 20 Mm3.
Figura 20. Vista della cava Merotto da sud
La portata immessa è stata
regolata sì da non determinare innalzamenti dell’acqua di falda, nei pozzi
monitorati, superiori a 4,0 m; oltre tale valore si determinano fenomeni di
allagamento nelle cave limitrofe. Gli effetti positivi sono stati riscontrati non
solo in termini di maggiori livelli freatimetrici, ma anche di rivivificazione
delle risorgive di valle.
39
I pozzi terebrati per monitorare l’andamento della falda freatica in relazione
con l’acqua ivi immessa, attraverso la porzione sud del bacino irriguo Colle
Umberto, sono ubicati in modo tale da verificare i livelli:
-
non perturbati a monte del bacino irriguo – pozzo S5;
-
immediatamente a monte per verificare le interferenze con una ex
discarica (in viola nella mappa) – pozzo S1;
-
a valle del bacino ove si riscontrano le perturbazioni maggiori – pozzi
S2, S3 e S4;
-
a valle del bacino –pozzo S6.
Figura 21– Planimetria con l’ubicazioni dei pozzi monitorati
40
L’analisi dell’andamento dei livelli di falda permette di evidenziare, non solo
l’effetto della ricarica artificiale, ma anche l’influsso della irrigazione a
scorrimento che va a sommarsi nel periodo estivo.
Si nota, infatti, che nel periodo estivo è predominante l’effetto di ricarica da
pratica irrigua a scorrimento mentre nel periodo primaverile e autunnoinvernale si hanno repentini apporti di piena dal fiume Meschio.
Figura 22. Diagramma livelli di falda in relazione alle portate in ingresso
Non meno importante risulta l’effetto del bacino in termini di difesa
idraulica. Gli eventi di piena del fiume Meschio immessi nell’ex cava sono
stati, nel periodo esaminato, n° 5 nel 2009 e n° 6 nel 2010 dei quali degni
di nota quelli occorsi il 23-24/12/2009 e l’ 1-2/11/2010.
L’effetto di laminazione dell’onda di piena del fiume Meschio è stato
particolarmente evidente per l’evento di novembre 2010 in quanto lo sfioro
nel bacino, delle acque di piena, è avvenuto non solo per mezzo del canale
scolmatore ma anche attraverso la rete irrigua.
41
Figura 23 – Idrografia ed edificato
42
6
PROSPEZIONI GEOFISICHE SULL’AREA DI PROVA
Nell’ambito del progetto europeo Life+ TRUST - Tools for Regional Scale
assessment of groUndwater storage improvement in adaptation to climate
change per l’individuazione di misure di adattamento ai cambiamenti
climatici mediante tecniche di ricarica artificiale degli acquiferi dell’Alta
Pianura Veneto Friulana, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica
Sperimentale (OGS) ha eseguito in collaborazione con l’Autorità di Bacino
dei Fiumi dell’Alto Adriatico (AdBVE) e il Consorzio di Bonifica Piave, quattro
campagne geofisiche per l’acquisizione di profili geoelettrici.
Lo scopo era quello di definire dei criteri validi all’individuazione di siti adatti
alla ricarica degli acquiferi, a partire dal riconoscimento e dalla
caratterizzazione -in termini geofisici- dei livelli idrici e degli elettrostrati
presenti nel sottosuolo.
A tal fine, il consorzio di Bonifica Piave ha individuato ed attrezzato un sitopilota nella località di Busta di Montebelluna (TV), situata nell’Alta Pianura e
caratterizzata da terreni molto permeabili favorevoli all’infiltrazione, nella
quale effettuare test di ricarica artificiale.
6.1 Caratterizzazione idrogeologica dell’area
L’Alta Pianura Veneta-Trevigiana è caratterizzata dalla presenza di un
potente materasso alluvionale ghiaioso e omogeneo molto permeabile,
localmente cementato o debolmente sabbioso, privo di matrice fine limosoargillosa. L’area in esame si colloca, in particolare, in corrispondenza dei
depositi grossolani che costituiscono il sistema deposizionale del “Megafan
del Piave di Montebelluna” (Fontana et al., 2008) originatosi dall’azione
fluviale e fluvioglaciale del paleo-corso del F. Piave.
Questi sedimenti costituiscono complessivamente un unico sistema
acquifero indifferenziato (falda con superficie freatica libera) che ospita
ingenti riserve d’acqua che alimentano il sistema multi acquifero posto più a
meridione; la falda e il suo regime vengono principalmente alimentati e
regolati dalle acque di dispersione dell’alveo del fiume Piave,
dall’infiltrazione efficace delle precipitazioni e delle acque di irrigazione.
43
Figura 24. Schema dei sistemi deposizionali tardo quaternari della pianura veneto-friulana (modificato da
Fontana et al., 2008). L’area d’indagine è situata sul Megafan di Montebelluna (D). Unità Geologiche della
provincia di Venezia – Provincia di Venezia e UNIPD.
Verso meridione i sedimenti che costituiscono il sistema freatico
indifferenziato si assottigliano eteropicamente per granulometria e spessore
ed originano una serie di livelli sabbioso-ghiaiosi permeabili alternati a lenti
di limi sabbioso-argillosi progressivamente più potenti e continui,
caratterizzati da un complesso sistema di acquiferi in pressione sovrimposti,
alimentati dalle acque circolanti nel sistema freatico posto più a monte. La
linea delle risorgive, che si origina per affioramento della superficie
piezometrica all’intersezione con la superficie topografica, segnala il
passaggio ai sistemi artesiani sovrapposti.
Poiché nelle aree limitrofe all’area test non sono presenti piezometri o pozzi
di monitoraggio freatimetrico, la quota della superficie freatica della falda
ospitata nei depositi permeabili ed il suo regime annuo non risultava nota
con precisione; tuttavia, partendo da un inquadramento idrogeologico a
scala regionale e da alcune evidenze di campagna (cave di ghiaia, con
fronte di scavo superiore a 40 m di altezza, prive di affioramenti
freatimetrici), la tavola d’acqua si ipotizzava posta circa 50 m al di sotto del
piano campagna e caratterizzata da una massima escursione stagionale di
falda mantenuto nell’arco di pochi metri.
44
6.2 Metodo d’indagine
Per la caratterizzazione geofisica del sito-pilota per la ricarica degli acquiferi
sono state eseguite quattro campagne di prospezione geoelettrica.
Le tecniche geofisiche non invasive, quali la geoelettrica, possono fornire in
campo ambientale un valido aiuto poiché consentono l’ottenimento di ottimi
risultati, in particolare nell’ambito dello studio e della salvaguardia delle
risorse idriche sotterranee. Le prospezioni geoelettriche si basano
sull’immissione nel terreno di corrente continua da una sorgente artificiale e
consentono di rivelare anomalie nelle proprietà elettriche del sottosuolo: la
distribuzione di un campo di potenziale elettrico rilevata sulla superficie del
terreno, dipende infatti, oltre che dalle caratteristiche geometriche della
sorgente, anche dalla distribuzione della resistività elettrica ( ) nel sottosuolo
indagato.
La Tomografia elettrica (Earth Resistività Tomography) rappresenta
un’evoluzione delle prospezioni geoelettriche tradizionali (quali ad esempio
S.E.V., S.E.O., dipolo-dipolo): questa tecnica fornisce un’immagine del
sottosuolo in termini di distribuzione della resistività elettrica intrinseca nel
sottosuolo, attraverso l’analisi del comportamento della resistività apparente
anche al variare della disposizione reciproca degli elettrodi, permettendo
quindi una più complessa definizione delle proprietà fisiche e geometriche
dei volumi investigati.
Presso il sito-test di Busta sono state acquisite misure di resistività elettrica
del sottosuolo mediante Tomografia elettrica; questa ha permesso di:
-
Ricostruire il profilo stratigrafico ed, in particolare, la posizione di
corpi litologici nel sottosuolo;
-
Stabilire la posizione della superficie della falda freatica in funzione
dei diversi periodi di acquisizione;
-
Definire le proprietà fisiche del litotipi anche in termini di parametri
idrogeologici (porosità efficacie, conducibilità elettrica etc..).
45
Figura 25. Ubicazione dei tre tracciati L1, L2 ed L3 lungo i quali sono stati acquisiti sette profili tomografici
geoelettrici.
Nel sito specifico, le indagini geofisiche sono state acquisite lungo tre profili
lineari (Figura 25) denominati L1, L2, L3, previo picchettamento. In accordo
alle normali procedure di acquisizione, nel corso delle preventive attività di
rilievo e delle necessarie operazioni topografiche, sono stati inizialmente
disposti sul terreno picchetti di legno in corrispondenza dei punti previsti per
la successiva infissione degli elettrodi di corrente, quindi mantenendo
stessa posizione assoluta e spaziatura.
I profili di acquisizione sono stati disposti parallelamente al sistema di
canalizzazione irrigua principale in cemento armato (c.a.) presente nell’area
e avente un orientamento circa SE-NO e quindi, in prima approssimazione,
perpendicolarmente alla canaletta di adacquamento a fondo naturale avente
orientamento NE-SO. Il primo profilo L1 è stato posto a circa 20 m dal
canale principale in c.a., quindi sono stati tracciati i profili L2 ed L3 a
distanze progressive di circa 20 m.
46
6.3 Modalità di acquisizione
Per la messa a punto delle procedure di indagine geofisiche programmate,
finalizzate alla definizione dei criteri validi all’individuazione di siti di ricarica
a partire da evidenze geofisiche, sono state organizzate quattro campagne
di acquisizione; queste risultano contraddistinte da scenari opportunamente
diversificati, in relazione:
alle condizioni di umidità del terreno, variate in funzione delle diverse fasi di
adacquamento e delle diverse condizioni metereologiche,
alle diverse modalità e strumentazioni di acquisizione ETR adottate (vedasi
paragrafo Strumentazione)
Nella tabella sottostante il prospetto riepilogativo di tutte le linee acquisite
da OGS nel sito test di Busta nel corso dei diversi scenari e di seguito
descritte.
Linea
Profilo
Terreno
Data
Acquisizione
BU-01-10-EWS
L1
c. Sature
08/05/2010
Scenario 1
BU-02-10-EWS
L2
c. Asciutte
13/05/2010
Scenario 2
BU-03-10-EWS
L2
c. Sature
13/05/2010
Scenario 2
BU-04-10-EWS
L3
c. Asciutte
14/06/2010
Scenario 3
BU-05-10-EWS
L3
c. Sature
14/06/2010
Scenario 3
BU-06-10-EDD
L1
c. Asciutte
16/10/2010
Scenario 4
BU-07-10-EDD
L3
c. Asciutte
16/10/2010
Scenario 4
Figura 26. Sinossi delle linee acquisite e indicazioni delle condizioni di terreno (sature, asciutte).
6.4 Primo scenario
La prima campagna di acquisizione – Scenario 1 (“test-preliminare”) è stata
realizzata il 8 maggio 2010 (Figura 27 - Figura 28): questa campagna ha
permesso di valutare la risposta del terreno in termini geofisici (resistività)
e, a seguito della registrazione dei valori di resistività ed alla verifica degli
stessi già in campagna, di ottimizzare i successivi parametri di acquisizione
47
in funzione del target atteso; i dati sono stati successivamente invertiti ed
interpretati in OGS.
Il primo profilo è stato acquisito lungo la linea L1 (profilo BU-01-10-EWS).
Le condizioni atmosferiche nella giornata lavoro sono state piuttosto
nuvolose e ventose, ma nel corso dei giorni precedenti aveva ripetutamente
piovuto: i dati sono stati quindi acquisiti in condizioni di terreno superficiale
umido.
Figura 27 . Tracciamento del profilo L1 per la
linea BU-01-10-EWS.
Figura 28. Posizionamento dei cavi e picchetti nel
campo di mais e in quello a cultura prativa.
6.5 Secondo e terzo scenario
La seconda (Figura 29) e la terza campagna di acquisizione (Figura 30),
rispettivamente scenari 2 e 3, sono state completate anche in funzione di
mirate prove sperimentali di adacquamento.
Nel sito-test le acque immesse superficialmente sul terreno durante le
prove di adacquamento sono derivate dalla canaletta di irrigazione in c.a.,
posta ad oriente degli stendimenti, secondo portate variabili in funzione dei
turni ed degli orari di fornitura previsti dal Consorzio.
La prima campagna (Scenario 2) è stata portata a termine il 13 maggio
2010 in concomitanza del “Workshop itinerante - Cambiamenti Climatici e
le Acque Sotterranee dell’Alta Pianura Veneto-Friulana”; lungo il profilo L2
sono state acquisite:
-
nella prima mattinata, la linea BU-02-10-EWS in condizioni di terreno
asciutto;
-
nel primo pomeriggio, la linea BU-03-10-EWS a seguito di
adacquamento (Figura 33) con sversamento dell’acqua irrigua sul
campo a coltura prativa e quindi in condizioni di terreno saturo.
48
La seconda campagna (Scenario 3) è stata completata il 14 giugno 2010, in
concomitanza del “Workshop con delegazione cinese” (Figura 30)
organizzato da AdBVE; sono state acquisite le due linee BU-04-10-EWS e
BU-05-10-EWS (Fig. 8) lungo il profilo L3 ma in modalità operative e
condizioni di terreno analoghe al secondo scenario (terreno sia asciutto che
umido).
Nel corso delle due giornate di acquisizione, OGS ha quindi registrato un
totale di 4 linee e nel complesso è stato possibile definire:
-
le condizioni statiche e naturali del sottosuolo evidenziando la
successione e le reciproche geometrie degli elettrostrati presenti nel
sottosuolo lungo i profili stabiliti
-
determinare e fissare, a seguito dell’adacquamento, le modalità di
infiltrazione nel sottosuolo delle acque stesse, evidenziando variazioni
di distribuzione di resistività tra le diverse condizioni asciutte e
bagnate.
Figura 29. Workshop del 13 maggio 2010
Figura 31. Particolare del profilo L2, verso Nord.
Figura 30.: acquisizione lungo profilo L2 e
sessione orale.
Figura 32. Particolare del profilo L3 verso Nord.
49
Nella giornata del 14 giugno 2010 (Figura 30) si è proceduto con
l’acquisizione lungo il profilo L3. Durante la sessione orale sono stati
presentati i primi risultati geofisici ottenuti nel sito di Busta durante la prima
campagna di acquisizione ed è intervenuto anche il prof. G. Santarato
dell’Università di Ferrara.
Figura 33 - Figura 34. Versamento dell’acqua irrigua sul nel terreno prativo durante le operazioni di
adacquamento per le misure in condizioni di terreno “bagnate”.
6.6 Quarto scenario
La quarta campagna di acquisizione - Scenario 4 (Figura 35 - Figura 36) è
stata realizzata il 16 ottobre 2010 lungo il profilo L1 (BU-06-10-EDD) ed L3
(BU-07-10-EDD); effettuata a distanza di quattro mesi dall’ultima
acquisizione, questa campagna ha voluto:
indagare la quota della superficie freatica della falda a seguito di un periodo
di scarse precipitazioni al fine di caratterizzarne l’escursione di livello,
correlare le variazioni di resistività con i rispettivi profili L1 ed L3
precedentemente acquisiti.
Figura 35. Vista a Sud della linea BU-06-10-EDD profilo L1 - durante la quarta campagna di
acquisizione.
50
Figura 36. Tratto di linea BU-07-10-EDD - profilo
L3 - con vista a Nord .
6.7 Misure di conducibilità dell’acqua irrigua
Nel corso del primo scenario si è provveduto anche ad effettuare alcune
misure di temperatura e conducibilità elettrica delle acque irrigue utilizzate
durante le prove di adacquamento superficiale, sia previo prelievo di
campioni d’acqua che in continuo, direttamente sulle acque defluenti nel
canale irriguo in c.a..
La conducibilità elettrica è stata misurata mediante un conduttivimetro
portatile della Philip Harris, in grado di misurare in un range compreso tra
10-1 e 10-6 Ohms-1. La conducibilità (conduttività) dell’acqua irrigua è
stata ottenuta moltiplicando insieme alla lettura del contatore, la potenza di
10 (in questo caso 10-4) dallo switch e la costante di cella utilizzata (117);
al fine di verificare l’assenza di immissioni idriche nel canale irriguo, sono
state eseguite diverse misure lungo il canale consortile stesso.
Figura 37. Misura di conducibilità dell’acqua dalla canaletta irrigua a bordo campo test. Particolare dello
strumento portatile Philip Harris. Nella figura a destra misura di temperatura dell’acqua irrigua.
Poiché la temperatura è una delle variabili che influenzano i valori di
conducibilità, per ottenere valori affidabili è necessario considerare anche la
temperatura di misura della conducibilità al fine di applicare correttamente
le formule di conversione, riferite solitamente ad una temperatura standard
di 20°C. Mediante un termometro di vetro (intervallo di misura: da - 10° a
110° C; divisione scala: 1° C), è stata misurata quindi anche la
temperatura, risultata pari a 13°C (Figura 37).
51
Considerando opportunamente la sensibilità dello strumento adottato e la
temperatura di misura, è stata valutata una conduttività media dell’acqua
pari a 0.02106 Siemens/m. Questa è stata convertita in resistività (mediata)
dell’acqua risultata pari a 47.4834 Ohm*m; il valore finale della resistività
dell’acqua irrigua ( w), corretto e calcolato, è stata di 40.4534 Ohm*m.
6.8 Strumentazione utilizzata e metodologia di acquisizione
6.8.1 Strumentazione
L’impiego del sistema ERT ha permesso di fornire un’immagine completa
del sottosuolo indagato in termini di distribuzione della resistività elettrica
reale a partire dalla resistività apparente.
L’acquisizione automatizzata della resistività apparente è avvenuta con
l’impiego di un sistema multi-elettrodo (Figura 38) che attraverso un
opportuno software, governa l’immissione della corrente nel sottosuolo
misurando la differenza di potenziale su un elevato numero di elettrodi nel
terreno e selezionando automaticamente una serie di quaterne di elettrodi
(quadripoli) secondo opportune tempistiche determinate secondo un
protocollo pre-definito.
Per lo scenario 1, 2 e 3 i profili geoelettrici sono stati acquisiti con il
resistivimetro Syscal R2 della Iris Instruments (Figura 38-Figura 39-Figura
40-Figura 41), che costituisce sia l’unità di controllo e di gestione dell’intero
sistema di acquisizione multielettrodo che l’unità salvataggio automatico e
immagazzinamento delle misure acquisite. Il sistema multi-elettrodo è
dotato inoltre di una unità RCM (Remote Control Multiplexer) che comanda i
4 box del sistema Multinode (ogni box gestisce 16 elettrodi) per la gestione
dei singoli nodi intelligenti; questa unità costituisce anche l’interfaccia di
collegamento tra i box multinode e il resistivimetro. Ogni box del sistema
Multinode a sua volta è collegato ad un cavo multipolare avente 16
conduttori, lungo circa 85 m e caratterizzato da take out di 5 metri.
52
Particolari della strumentazione (prodotta da Iris Instruments) adottata per l’esecuzione della tomografia
geoelettrica nel corso delle prime 3 campagne:
Figura 38. regolatore di tensione AC/DC per il controllo dell’immissione di corrente.
Figura 39. resistivimetro Syscal R2.
Figura 40. box del sistema Multinode.
Figura 41. particolare del picchetto e dell’elettrodo in acciaio collegato al cavo multipolare a 16 conduttori.
Per lo scenario 4, la linea BU-06-10-EDD e la linea BU-07-10-EDD sono
state acquisite con una diversa strumentazione tomografica, detta “4point
light hp” (Figura 43), prodotta da L-Gm Lippmann Geophysikalische
Messgeräte (Germany). Il “4point” è uno strumento in grado di determinare
la resistività del suolo ad alta precisione; esso produce costanti emissioni di
corrente elettrica che risultano indipendenti dalle resistenze di contatto tra
gli elettrodi, diversamente da quanto riscontrato, ad esempio, per la
strumentazione tomografica Syscal R2 utilizzata.
53
Parametri strumentali caratteristici
Syscal R2
• Up to 1900 W Power
• Output Current = 2.5A
• Output Voltage = 1600V peak to peak
• 20 Bit A/D Converter
AC/DC Converter
• Input Voltage: 10 to 20V
• Output Voltage: 100V, 200V, 400V, 800V +/- 1.5%
• Max. Output Power: 250V
• Max. Output Current (resp) 2500mA, 625mA, 312mA
Weight: 5.0 kg
4point light hp
• Capacità di memoria > 16.000 misurazioni;
• Polarizzazione indotta spettrale;
• Risoluzione di fase fino a 50mrad;
• Possibilità di calibratura in base alla variazione di resistenza;
• Interfaccia per catena elettrodi attivi;
• Determinazione dell’errore di misura statistico;
• Calcolo diretto della resistività apparente per misurazioni Wenner,
Schlumberger, Schlumberger/2 polo-polo, dipolo-dipolo
ActEle – Active Electrode
• Interfaccia semplice RS232, possibilità di collegamento a sistemi
geoelettrici esistenti;
• Numero di elettrodi max. 255;
• Resistenza in ingresso circa 1GOhm@1Hz
Figura 42. Parametri strumentali di acquisizione.
Le caratteristiche fondamentali della strumentazione “4point” sono quelle di
avere i dispositivi elettronici direttamente in corrispondenza degli elettrodi
(detti “elettrodi attivi”) e di consentire di operare su frequenze
caratteristiche mediante lo specifico software “GeoTest” in grado di
controllare la strumentazione e la combinazione degli elettrodi; questo
sistema di acquisizione risulta estremamente versatile e permette la diretta
visualizzazione della pseudosezione dei dati di resistività e di polarizzazione
indotta (IP).
L’unità centrale, comandata da un computer portatile, presenta le
caratteristiche indicate in Tab. 2. Lo strumento misuratore è uno strumento
in cui la corrente è emessa dal polo positivo al polo negativo con frequenze
selezionabili comprese tra 0.26 e 30 Hz. Il segnale viene quindi trasmesso,
54
ricevuto e modificato attraverso delle centraline, dette “ActEle” – Active
Electrode (Figura 45), disposte con intertraccia di 5 metri e fissate al cavo
trasferimento dati, aventi le caratteristiche riportate in Figura 42.
Figura 43 - Figura 44. Configurazione di campagna del sistema di acquisizione dei dati: a sx, l’unità centrale
4point light hp; a dx, particolare del monitor.
Figura 45 - Figura 46. A sx, scheda elettronica di controllo di ognuno degli elettrodi attivi “ActEle”. A dx,
elettrodo attivo inserito sul picchetto/elettrodo in acciaio inox.
6.9 Metodologia di acquisizione - scelta dello stendimento
La metodologia di misura geoelettrica multielettrodo (valido per entrambi i
georesistivimetri impiegati) consiste nel disporre sul terreno un numero di
elettrodi/canali (64 con il georesistivimetro multielettrodo prodotto da Iris
Instruments, 60 o 80 con il georesistivimetro LGM4) allineati lungo un
profilo ad una distanza interelettrodica costante (5 m nel sito in studio) e
con un passo legato alla risoluzione e alla profondità d’indagine richiesta
(target).
55
Le configurazioni elettrodiche utilizzate per l’acquisizione dei profili
geoelettrici sono state il Wenner-Schlumberger e Dipolo-Dipolo; queste
tipologie di stendimento differiscono principalmente in relazione a potere
risolutivo, profondità di investigazione, copertura orizzontale e stabilità del
segnale prodotto.
II dispositivo Wenner - Schlumberger, utilizzato nel corso delle prime tre
campagne, rappresenta una soluzione ibrida tra le due classiche Wenner e
Schlumberger e, pertanto, è quello maggiormente utilizzato in geofisica
ambientale in quanto costituisce un buon compromesso tra grado di
risoluzione (sia orizzontale che verticale) e profondità di indagine raggiunta
(mediamente pari a 1/6 della lunghezza dello stendimento). La necessità di
ottenere una buona risoluzione, sia verticale che orizzontale, in un contesto
geologico di cui non si conosceva l’assetto litostratigrafico del sottosuolo,
ha escluso l’utilizzo di altri tipi di array, preferendo il dispositivo WennerSchlumberger.
Figura 47. Sinossi delle configurazioni di acquisizione.
Il dispositivo Dipolo–Dipolo, utilizzato nel corso della quarta campagna di
misure, risulta efficace nel distinguere cambiamenti di resistività orizzontali
(quali ad es. faglie), piuttosto che verticali (quali ad es. strati); nel
complesso, questo array consente una maggiore profondità di
investigazione rispetto all’array di tipo Wenner, tuttavia, a causa della bassa
potenza del segnale emesso, risente del rumore di fondo più di ogni altro
dispositivo. Si precisa che presso il sito test di Busta il rumore di fondo è
risultato pressoché assente.
6.9.1 I protocolli di acquisizione – scelta dei parametri
La sequenza di lavoro segue un protocollo di acquisizione preprogrammato, organizzato mediante il software Electre II (prodotto dalla Iris
Instruments) e contraddistinto da una serie di parametri caratteristici; per
l’indagine vengono definiti parametri geometrici, quali il tipo di array
56
elettrodico, ls spaziatura degli elettrodi ecc., e di parametri di
configurazione dell’acquisizione, quali il fattore di qualità della misura (Q
max %), lo Stack min/max, il tempo di iniezione di corrente per ciclo (Time
ms).
Figura 48 - Figura 49. Interfaccia grafica del programma Electre II che mette in evidenza i parametri di
acquisizione impiegati nel corso dei profili rilevati presso il sito-test.
Il software GeoTest adottato con il sistema 4point regola, oltre alla scelta dei
parametri strumentali necessari per l’acquisizione e la gestione del
resistivimetro durante l’acquisizione, anche il protocollo dei parametri
geometrici e di configurazione intervenendo direttamente dal computer.
57
Figura 50 - Figura 51. Visualizzazione dei parametri geometrici e dei parametri di configurazione durante la fase
di acquisizione con il software Geotest.
6.10 Elaborazione dei dati
Per l’inversione tomografica del dato di resistività e di caricabilità, è stato
utilizzato il software RES2DINV (ver. 3.59.38) prodotto dalla Geotomo
Software, che determina automaticamente un modello bidimensionale della
resistività e della caricabilità partendo dai dati ottenuti dalla prospezione
geoelettrica.
58
I dati immagazzinati nel Syscal R2 sono stati esportati con apposito
software Prosys II.
Mediante lo stesso programma è stata effettuata una fase di pre-processing
dei dati volta a valutare preliminarmente la qualità degli stessi e
all’eliminazione dei dati considerati inaffidabili (filtraggio automatico e
manuale dei dati). Prima di eseguire l’inversione sono stati eliminati i rumori
sistematici e selezionati i set di dati verificati e corretti; i dati inaffidabili
causati da errori di misura di tipo strumentale (legati al cattiva lettura delle
misure del resistivimetro durante l’acquisizione) sono stati eliminati
direttamente tramite funzione di editing con il RES2DINV.
La modellizzazione bidimensionale usata dal programma d’inversione per la
schematizzazione del sottosuolo è basata su un insieme di celle rettangolari
(Figura 52), la cui disposizione è legata strettamente alla distribuzione dei
punti di misura nelle pseudosezioni.Durante una sequenza di acquisizione
standard, la distribuzione e la dimensione dei blocchi vengono determinate
automaticamente dal programma, mediante opportuno algoritmo
preselezionato.
Figura 52. Disposizione dei blocchi e dei punti di misura.
Per determinare la resistività reale in corrispondenza delle celle
modellizzate, a partire dai valori misurati di resistività apparente, viene stato
utilizzato un algoritmo di inversione standard basato sui minimi quadrati
(“smoothness-constrained least-squares”, deGroot-Hedlin and Constable,
1990; Sasaki, 1992) implementato secondo specifici criteri di ottimizzazione
(“ottimizzazione quasi-newtoniana”, Loke and Barker, 1996).
59
Il metodo d’ottimizzazione mira sostanzialmente a ridurre le differenze tra la
resistività misurata e quella calcolata, affinando le resistività delle singole
celle; la misura delle differenze è espressa dal valore RMS - Root-meansquare (Loke, 2000).
Mediante il programma di elaborazione finale dei dati (RES2DINV) è stato
calcolato e determinato automaticamente per ogni profilo acquisito, un
modello bidimensionale di distribuzione della resistività elettrica nel
sottosuolo.
6.11 Tomografia elettrica di caricabilità
Durante l’acquisizione delle linee BU-06-10-EDD e BU-07-10-EDD con il
georesistivimetro 4point sono state rilevate simultaneamente sia la misura
di resistività che di caricabilità (anche dette di “Polarizzazione Indotta –
I.P.”). Tale misura è stata eseguita al fine di determinare con buon dettaglio
le proprietà intrinseche del corpo alto resistivo individuato per mezzo dei
precedenti profili acquisiti: questo corpo è caratterizzato da una forte
anomalia che spicca notevolmente rispecchio alle restanti porzioni delle
sezioni di indagine e che è stata evidenziata, dopo le opportune operazioni
di inversione dei dati di campagna, fin dal primo scenario di acquisizione.
Il metodo della Polarizzazione Indotta si basa sull’osservazione della
corrente elettrica a seguito dell’applicazione di una tensione elettrica nel
terreno. In particolare, viene esaminata la curva di decadimento del
potenziale in funzione del tempo susseguente all’immissione di una data
intensità di corrente: viene dunque misurata la “caricabilità” residua, che
costituisce una proprietà elettrica di tipo capacitivo, ottenuta dal mezzo
d’indagine quando sottoposto a corrente.
Questo decadimento può accentuarsi, ad esempio, allorché nel terreno sia
incluso un corpo altamente resistivo, come un oggetto metallico o fluidi
poco conduttivi non riconducibili ad acqua, che nel tempo può originare forti
anomalie di decadimento elettrico.
Nel sito-test in esame, il profilo di caricabilità ottenuto (Figura 53, in basso)
ha permesso di scartare entrambe queste ipotesi poiché i valori di I.P.
misurati sono risultati molto contenuti: nella sezione, infatti, non si
evidenziano particolari anomalie di resistività relazionabili alla presenza nel
sottosuolo di corpi metallici o fluidi poco conduttivi.
60
Figura 53 - Figura 54. Linea BU-06-10-EDD: in alto, modello di resistività del terreno ottenuto dopo l’inversione
dei dati; in basso, modello di caricabilità.
6.12 Valori indicativi di resistività dei litotipi dell’area test
Per ogni elaborazione, il programma di inversione dati RES2DINV adottato
fornisce: una pseudosezione misurata, che riporta la distribuzione laterale e
verticale della resistività apparente in funzione della profondità teorica
(definita pseudoprofondità), una pseudosezione calcolata, derivata dal
modello bidimensionale, e una sezione 2D nella quale è possibile verificare
la distribuzione verticale ed orizzontale della resistività assoluta.
L’errore percentuale (espresso come RMS Error) nel modello finale mostra
lo scarto esistente tra la pseudosezione misurata e quella calcolata: nei casi
in esame sono stati riscontrati valori medi molto bassi e decisamente
accettabili.
Con i modelli tomografici 2D è stato possibile definire la geometria dei
depositi, il loro assetto nel contesto geologico dell’area d’indagine e sulla
base dei valori di resistività assoluta riscontrati assegnarne la litologia.
La resistività è un parametro estremamente variabile, sia da una formazione
all’altra formazione, che all’interno delle stesse; esiste, infatti, una
correlazione precisa tra litologia, fluidi eventualmente presenti e resistività
elettrica.
61
In linea di massima, la resistività aumenta passando da argille e scisti a
sabbie e ghiaia, ad esempio, e solitamente presenta i valori massimi per i
calcari e alle rocce cristalline. In bibliografia (Figura 55) è possibile trovare
diverse tabelle sinottiche di resistività che forniscono valori indicativi per
diversi litotipi e/o condizioni idriche: questi necessitano tuttavia di ulteriore
interpretazione in funzione delle specifiche caratteristiche della geologia e
dell’idrogeologia dei casi in esame.
Litotipo
Ar gille
Ar gille sabbiose, silt
Sabbie con argille
Sabbia, ghiaia in falda
Sabbia, ghiaia asciutta
Calcari
Dolomie
Resistività (O hm *m)
15 - 40
25 - 105
50 - 300
200- 400
800 - 5000
500 - 2000
1000 - 5000
Figura 55. Valori medi indicativi della resistività elettrica per alcuni litotipi comuni.
Sulla base delle misure eseguite nel sito in questione è stata adottata una
scala colorimetrica unica (Figura 56) caratterizzata da varie classi di
resistività riscontrate (valori minimi in blu, valori massimi rosso porpora),
espresse in [Ohm*m], al fine di facilitare il confronto diretto tra i profili
acquisiti e ottenuti mediante inversione dei dati.
Figura 56. Scala colorimetrica di resistività del modello 2D di Busta di Montebelluna.
I valori di resistività assoluti della scala colorimetrica sono stati classificati
in funzione dei litotipi tipo presenti nell’area indagata in accordo con le
diverse fonti bibliografiche consultate (ghiaie sature e non sature, sabbie
sature e non sature, etc…). Questi valori sono stati validati con l’ausilio di
dati pregressi quali litostratigrafie di sondaggi perforati nelle aree limitrofe
e/o cartografia geologica (a sud di Busta nella zona di Trevignano), per
62
mezzo dei quali era stata evidenziata la presenza di livelli ghiaiosi, ghiaioso
sabbiosi e conglomeratici con potenze variabili, fino all’ordine delle decine
di metri.
I risultati ottenuti dalla geoelettrica hanno infatti evidenziato valori di
resistività medi tipici dei terreni alluvionali grossolani (50-800 ohm*m) in
accordo con il quadro geologico generale dell’area.
Litotipo
Resistività
[Ohm*m]
Conglomerati Cementati
1500
Ghiaia non satura
1000
Sabbia non satura
1000
Ghiaia cementata (simil dolomia)
900
Ghiaia sporca
700
Ghiaia satura
500-600
Sabbia e ghiaia
250-300
Sabbia satura
100-200
Figura 57. Resistività dei “litotipi-tipo” per l’area di Busta sottoposta a misure di
resistività elettrica.
Sulla base dei contrasti di resistività individuati nei modelli ottenuti per
inversione dei dati, è stata definita una “scala litologica” caratterizzata da
specifici intervalli di resistività validi per l’area test indagata (Figura 57). Alla
luce di questo, la definizione spaziale dei sedimenti permeabili e i valori di
resistività ad essi associati hanno permesso di definire in termini geofisici
l’assetto litostratigrafico del terreno in funzione della caratterizzazione
sedimentologica e idrogeologica del sistema acquifero. Nella tabella, in
grassetto sono indicati i principali litotipi che potrebbero contenere acqua,
rinvenuti nel sito test, e le rispettive proprietà geoelettriche.
63
6.13 Risultati
6.13.1 Linea BU-01-10-EWS – Profilo L1
La linea del profilo L1 mette in luce una forte anomalia alto resistiva
riconducibile alla presenza di un corpo ghiaiosi e/o cementato; il resto del
profilo evidenzia nell’intervallo compreso tra 5-14 m di profondità dal p.c.
una serie di corpi pressoché isolati e di aspetto presumibilmente lentiforme,
assimilabili a depositi sabbiosi o ghiaiosi asciutti. Nel settore a Nord, lungo il
campo coltivato a mais, si evidenzia un elettrostrato (220-330 Ohm*m)
caratterizzato da una buona continuità laterale e potente circa 10 m,
attribuibile a litologie prevalentemente miste ghiaioso-sabbiose. Al di sotto
di questo elettrostrato, si evidenzia il passaggio a corpi più resistivi (circa
600 Ohm*m) probabilmente riconducibili a intervalli ghiaiosi saturi.
Figura 58. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
6.13.2 Linea BU-06-10-EDD – Profilo L1
Nel modello 2D ottenuto acquisendo lo stesso profilo a distanza di 5 mesi
dal primo, si segnala una sensibile diminuzione di variazione dei valori di
resistività generalizzata nell’intera sezione; risulta ancora evidente
l’anomalia alto resistiva individuata nel corso della prima acquisizione
(maggio 2010).
64
Figura 59. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
6.13.3 Linea BU-02-10-EWS – Profilo L2
Questa linea, acquisita in condizioni pressoché asciutte, è caratterizzata da
una distribuzione di anomalie alto resistive che confermano l’esistenza di un
elettrostrato (660-770 Ohm*m) riconducibile a lenti ghiaiose localmente
sature; nella parte iniziale del profilo è, inoltre, presente un corpo non saturo
(ghiaie o sabbie), associabile in prima approssimazione al deposito
riconosciuto nel profilo L1 ma caratterizzato, da Est verso Ovest, da valori
più resistivi e pertanto assimilabili a ghiaie più pulite.
Il resto della sezione risulta nel complesso piuttosto omogenea ed è
caratterizzata da una distribuzione di resistività di compresa tra circa 440550 Ohm*m: questi valori possono indicare la presenza di deposito
permeabili riconducibili a sabbie con ghiaie. Ad un profondità di circa 63
metri dal p.c., è possibile riconoscere un graduale passaggio a valori più
bassi, segnata da resistività di circa 150 Ohm*m, riconducibili a sabbie
satura che, presumibilmente, permettono di localizzare la superficie
freatica.
65
Figura 60. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
6.13.4 Linea BU-03-10-EWS – Profilo L2
Questo profilo, acquisito in condizioni bagnate, non è contraddistinto da
particolari variazioni di distribuzione di resistività rispetto alla precedente
acquisizione. L’unico aspetto rilevante è dato da una riduzione di resistività
al di sotto dell’elettrostrato caratterizzato da lenti ghiaiose sature: questo
fenomeno sembrerebbe evidenziare una relativa riduzione di permeabilità
nei depositi presenti ad una profondità media di circa 23 m dal p.c. su uno
spessore complessivo di circa 10 metri; questi sedimenti presentano una
continuità laterale piuttosto pronunciata verso Nord (al di sotto del campo
coltivato a mais) in prossimità di valori di resistività attribuibili ad un livello
di sabbie e ghiaie “sporche”.
Figura 61. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
66
6.13.5 Linea BU-04-10-EWS – Profilo L3
Il profilo L3 ha evidenziato la presenza di anomalie alto resistive, nella parte
della meridionale della linea, assimilabili a lenti di ghiaia cementate
localizzate (900 Ohm*m); in corrispondenza della parte centrale del profilo e
con una buona continuità verticale, si presentano valori di resistività bassi
(circa 450 Ohm*m) ed in graduale diminuzione resistività fino ad un
elettrostrato posto a una profondità di circa 57 metri dal p.c. segnata da
resistività di circa 150 Ohm*m e riconducibile ad una sabbia satura: questi
valori consentono di localizzazione con buona risoluzione la superficie
freatica.
Figura 62. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
6.13.6 Linea BU-05-10-EWS – Profilo L3
Il profilo L3 è stato acquisito in relazione alle diverse attività di
adacquamento implementate sul sito test; queste operazioni di irrigazione
diffusa e superficiale del terreno non sembrano aver indotto rilevanti
cambiamenti nella distribuzione di resistività eventualmente riscontrabili
sull’intero profilo: dal confronto con la prima acquisizione, infatti, non si
evidenziano particolari cambiamenti negli elettrostrati presenti.
67
Figura 63. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
6.13.7 Linea BU-07-10-EDD – Profilo L3
Il modello di resistività della linea acquisita, in condizioni pressoché
asciutte, nel mese di ottobre 2010, ha evidenziato la presenza di depositi
alto resistivi associabili a lenti sabbiose o ghiaiose non sature. Risulta
ancora ben evidente l’anomalia basso resistiva ma i valori di resistività
risultano nel complesso più elevati (220-330 Ohm*m) e risultano attribuibili
a sabbie e ghiaie. La presenza della falda (caratterizzata da valori di
resistività molto bassi) non risulta evidente nella sezione, dovuto
probabilmente ad un abbassamento del livello di falda a seguito del periodo
estivo.
Figura 64. Le tre sezioni bidimensionali rappresentano la pseudosezione misurata (in alto), quella calcolata (in
centro) e il modello finale 2D (in basso), dal quale è possibile verificare la distribuzione verticale ed orizzontale
della resistività assoluta lungo il profilo.
68
6.14 Conclusioni
Le tecniche tomografiche geoelettriche adottate il sito-test di Busta hanno
consentito, partendo da un modello 2D di resistività elettrica interpretata, di
mappare in profondità i depositi alluvionali ed i corpi sedimentari presenti,
ricostruendone anche l’assetto geometrico.
In particolare, dall’esame delle diverse sezioni acquisite in condizioni
variabili di saturazione del terreno, il sito-test di Busta è risultato del tutto
idoneo alle attività di ricarica artificiale della falda freatica: la distribuzione
di resistività attribuita alle diverse fasi di acquisizione, infatti, non risente di
variazioni significative di resistività assoluta associabili ad una eventuale
presenza di corpi poco permeabili potenzialmente in grado di influenzare (o
compromettere) la velocità di infiltrazione verticale. Si ribadisce, tuttavia,
che alcune anomalie di resistività -sia positive che negative (rispettivamente
caratterizzate da un aumento o un calo di resistività)- riscontrate nei sette
profili 2D, hanno permesso di caratterizzare localmente diversi litotipi.
Inoltre, dai dati di resistività acquisiti è stato possibile fornire una stima
della porosità efficace dei litotipi indagati, parametro fondamentale in
campo idrogeologico per lo studio degli acquiferi che rappresenta il volume
effettivamente utilizzabile dal fluido in movimento, a partire dall’equazione
di Archie = w*a* –m, dove:
è la resistività calcolata mediante inversione dei dati acquisiti
w è la resistività dell’acqua nella formazione porosa
a è un coefficiente empirico
m è il fattore di cementazione legato al diametro medio e alla tortuosità dei
pori.
Questa equazione è valida ipotizzando che il sottosuolo in esame sia
formato da litotipi con percentuali trascurabili d’argilla; per formazioni
ghiaiose-sabbiose non o parzialmente consolidate quali quelle presenti sul
sito in esame, la letteratura (es. Schoen 1996) fornisce valori medi per la
costante a pari a 1 e per il fattore di cementazione m pari a 1,3. La w
resistività dell’acqua circolanti nell’acquifero freatico indagato è stata
assunta pari a 40.4534 Ohm*m. (vedasi 6.7 Misure di conducibilità
dell’acqua irrigua) e pertanto direttamente confrontabile con la resistività
delle acque di irrigazione presenti nell’area e utilizzate nelle fasi di
adacquamento, che sono a loro volta captate, attraverso l’estesa rete
consortile, dal bacino del fiume Piave. Questa ipotesi risulta del tutto
69
plausibile anche considerando la provenienza e la direzione di deflusso delle
acque in falda, condizionate ed alimentate principalmente dalle dispersioni
in alveo dello stesso fiume Piave.
Dai valori riconosciuti dei litotipi monitorati dall’indagine geoelettrica,
disponendo di tutti i dati atti a risolvere l’equazione di Archie è stato
possibile valutare una porosità efficace media dei corpi saturi d’acqua che
caratterizzano il sito di test Busta (Figura 65).
min.-max. – litotipi
w
Porosità
[Ohm*m]
[Ohm*m]
min.-max. (%)
Ghiaia satura
500 – 600
40.4534
15 - 13
Sabbia e Ghiaia
250 – 300
40.4534
25 - 21
Sabbia Satura
100 – 200
40.4534
50 - 29
Corpi saturi (litotipi)
efficace
Figura 65. Valori di resistività e di porosità efficace dei corpi saturi assunti sulla base delle indagini eseguite nel
sito di Busta.
A fini idrogeologici, la porosità efficace è uno dei parametri fondamentali
che consentono di studiare la distribuzione e movimento dell’acqua nel
sottosuolo.
Per porosità efficace si intende quella utilizzabile dal fluido in movimento,
espressa in termini percentuali, viene definita pertanto come il rapporto tra
volume dei vuoti comunicanti e volume totale del mezzo poroso. Il dato
percentuale della porosità efficace , di norma calcolato sul terreno
principalmente con prove di pompaggio, per questo studio definisce la stima
di un parametro quantitativo (Figura 65) che individua la caratteristica della
“funzione capacitativi dell’acquifero/i” in funzione di studi idrogeologici
applicati nell’area test-indagata.
70
7
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