Che cos`è Happy Hour Happy Planet?

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Che cos`è Happy Hour Happy Planet?
Che cos’è Happy Hour Happy Planet?
Milano, ora dell’aperitivo. Dai Navigli all’Isola, da corso Sempione a Città studi, giovani di tutti i tipi si trovano a fare quattro chiacchiere, bere un cocktail, mangiucchiare un salatino, a
volte quasi una cena, con pasta, salumi, insalate. Un momento
di relax con gli amici, dopo una giornata di lavoro o di studio.
Come tante attività umane, anche questa ha un impatto
ambientale: si consumano cibo, acqua, energia, si producono
rifiuti e inquinamento. E l’entità di questo impatto dipende
dalle scelte e dai comportamenti di due gruppi di persone: i
gestori dei locali e gli avventori. Sono loro i destinatari della
campagna di educazione ambientale Happy Hour Happy
Planet, un progetto di Fratelli dell’uomo, realizzato grazie
al contributo della Fondazione Cariplo.
La prima edizione, 2010-2011
I locali coinvolti nella prima edizione sono stati cinque:
Atm Bar, Bar Magenta, RhaBar, Turné, Union club.
Da gennaio a marzo i gestori hanno partecipato a
un percorso di educazione ambientale e hanno cercato di mettere in atto miglioramenti green (con esiti
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diversi a seconda delle possibilità e della disponibilità
di ciascuno).
Tra aprile e luglio Happy Hour Happy Planet ha
coinvolto anche i clienti: a rotazione ogni locale ha
ospitato una mostra fotografica, eventi, incontri, e
ha messo a disposizione degli avventori materiale
informativo sugli aspetti di ecosostenibilità della
propria gestione.
Per fare solo qualche esempio, RhaBar, Turné e
Union club hanno deciso di passare a una fornitura
di energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili;
ogni locale ha dedicato una serata a un aperitivo biologico; chi non li aveva ha applicato dei riduttori di
flusso a tutti i rubinetti dell’acqua. Ogni locale ha anche ospitato un’installazione interattiva che permette
di calcolare i chilometri percorsi dagli ingredienti che
compongono i cocktail e quindi di valutare l’impatto
generato sull’ambiente dalla propria consumazione.
Happy Hour Happy Planet 2: l’unione fa la forza!
A partire da novembre 2011 ha preso il via la seconda
edizione, con qualche aggiustamento pensato in base ai
punti di forza e di debolezza della prima.
Fra i nuovi obiettivi, per esempio, c’è la creazione di
gruppi di acquisto solidale (Gas) fra i locali, sia per le
stoviglie usa e getta in bioplastica, sia per gli alimenti
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biologici. Un’idea nata dalla constatazione che i gestori, pur essendo disposti considerare questi prodotti,
si trovano di fronte a diversi ostacoli: dai prezzi troppo
alti, al fatto che i loro fornitori abituali non mettono a
disposizione merci di questo tipo. La ricerca di nuovi
fornitori e di prezzi competitivi risulta poi troppo onerosa (per tempo e fatica) e i gestori finiscono con l’abbandonare il proposito. Riuniti in Gas, i locali milanesi,
con il volume di acquisto che li caratterizza, avrebbero
la possibilità di influire sia sulla disponibilità di forniture green, sia sui prezzi.
Il maggior numero di locali coinvolti quest’anno ha
proprio lo scopo di creare un bacino di potenziali
clienti che sia interessante per produttori e fornitori,
oltre che di raggiungere più persone e dare più visibilità all’iniziativa.
I locali
–– Circolo Arci Magnolia
Via Circonvallazione Idroscalo 41 - Segrate
–– Frida Café
Via Pollaiuolo 3 - zona Isola
–– Maga Furla
Via Cozzi 48 - zona Bicocca
–– Milano film festival
Punti ristoro
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–– Mono
Via Lecco 6 - zona Porta Venezia
–– Noy
Via Soresina 4 - zona Pagano
–– Santeria
Via Paladini 6 - zona Città studi
–– Twelve
Viale Sabotino 12 - zona Porta Romana
–– Atm Bar
Bastioni di Porta Volta 15 - zona Porta Volta
–– Bar Magenta
Via Carducci 13 - zona Magenta
–– RhaBar
Alzaia Naviglio Grande 150 - zona Navigli
–– Turné
Via Paolo Frisi 3 - zona Porta Venezia
–– Union club
Via Moretto da Brescia 36 - zona Città studi
Per essere aggiornato sulle prossime iniziative visita
il sito: www.happyhourhappyplanet.com.
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Il tuo locale è green?
Suddivisi per temi, ecco i punti principali che un gestore deve considerare per rendere il suo locale più
ecosostenibile, e che per forza di cose vanno al di là
del momento dell’aperitivo.
Una serie di consigli e osservazioni che possono essere
utili anche agli avventori: a chi vuole valutare quanto
è green il locale che frequenta, a chi vuole capire come
ridurre il proprio impatto ambientale di cliente, e anche a chi vuole farlo negli altri momenti della vita
quotidiana. La maggior parte di questi accorgimenti,
infatti, si può adottare anche a casa, nei luoghi di lavoro e nel tempo libero.
Scegliere comportamenti rispettosi dell’ambiente è
più semplice ed economico di quanto si pensi. A volte
basta solo modificare qualche cattiva abitudine.
Energia
Dall’aria condizionata, sparata d’estate a temperature
polari, alle insegne luminose. Dal comune frullatore,
alle grandi celle frigorifere. Fino all’illuminazione,
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soffusa o potente, diversa e distintiva per l’atmosfera di
ciascun bar. Negli ultimi 35 anni i consumi di energia
elettrica direttamente imputabili ad alberghi, locali e
ristorazione sono costantemente cresciuti. Questo è
dovuto a un aumento del numero di queste attività,
ma anche alla crescita del loro fabbisogno di energia. Il
gestore green dovrebbe quindi essere informato sugli
effetti che determinate scelte di gestione possono provocare sul fabbisogno energetico della propria attività.
Senza dimenticare che risparmiare energia, oltre a
far bene all’ambiente, riduce anche la bolletta.
Dritti alla fonte
In Italia più del 70% dell’energia elettrica deriva da
produzione termica tradizionale (dati Terna, 2009),
cioè dalla combustione di gas metano, carbone e derivati del petrolio, che produce emissioni di gas a effetto
serra e di polveri nocive per l’ambiente.
Con la privatizzazione del mercato dell’energia è
possibile scegliere fornitori che garantiscano energia
da fonti rinnovabili, come quella solare o eolica. Una
scelta che non comporta “traumi” nel bilancio del locale (la spesa può essere di poco maggiore o minore
di quella consueta, a seconda dell’andamento del
mercato energetico), e che quindi di fatto richiede
solo di vincere la pigrizia di informarsi e fare un semplice passaggio burocratico.
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Un altro riscaldamento
Gli impianti di riscaldamento costituiscono una delle
principali fonti di emissioni atmosferiche, che in genere sono tanto più alte quanto più l’impianto è antiquato. Nel caso sia necessario rinnovarlo, è opportuno
valutare l’acquisto di apparecchi di ultima generazione, come le pompe di calore (in grado di produrre
caldo in inverno e freddo d’estate, risparmiando fino
al 67% di energia rispetto ai radiatori elettrici tradizionali), o le caldaie a condensazione.
Tappare i buchi
Un altro modo per contenere i consumi è controllare
la dispersione del calore in inverno e dell’aria condizionata in estate, sia con interventi di ristrutturazione
consistenti, sia attraverso piccoli gesti di attenzione.
–– È da prendere in considerazione la sostituzione degli
infissi e dei vetri singoli con vetri doppi, maggiormente isolanti.
–– Si può installare un sistema automatico che spegne
l’impianto di riscaldamento/raffrescamento quando
le finestre e le porte stanno aperte.
–– Si possono sensibilizzare dipendenti e clienti a
chiudere le porte dopo l’ingresso o l’uscita dal locale, quando gli impianti di riscaldamento e condizionamento sono accesi.
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La classe energetica
Anche la scelta degli elettrodomestici ha un peso sulla
bolletta. Senza dover necessariamente correre a cambiarli tutti subito, è opportuno, al momento della sostituzione di quelli più datati, cercare di acquistare apparecchiature appartenenti alle classi energetiche più
alte (da A ad A+++). Si tratta di prodotti che, a fronte
di un contenuto investimento iniziale, garantiscono
risparmi significativi nel medio e lungo periodo. Un
esempio? Un frigorifero di classe B consuma 344-468
kWh all’anno, mentre uno di classe A++ non arriva ai
190 (dati Enea, 2008).
Lampadine e asciugamani
A partire dal 2009 l’Unione europea ha previsto la
messa al bando delle lampadine a incandescenza e
alogene, che usciranno progressivamente dal mercato. Le vecchie lampade potranno essere sostituite
con lampade a basso consumo o con lampade a Led
(Light Emitting Diode - diodo a emissione luminosa),
che non contengono mercurio, permettono fino
all’80% di risparmio di energia rispetto alle lampade
a incandescenza tradizionali, e durano più a lungo.
Col tempo è migliorata anche la tonalità cromatica
della luce emessa, e ciò favorisce il loro uso in qualsiasi ambiente, senza ripercussioni sulle esigenze
estetiche dell’illuminazione.
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Inoltre, le lampade a risparmio energetico di
nuova generazione non richiedono più tempi lunghi per l’accensione: questo le rende adatte anche
nell’abbinamento con fotocellule di spegnimento
automatico. Un locale può infatti scegliere di installare nei luoghi di passaggio dei sensori di movimento, per fare in modo che corridoi o bagni siano
illuminati solo quando ce n’è effettivamente bisogno.
Lo stesso vale per gli asciugamani elettrici: esistono modelli dotati di un sensore di prossimità che interrompe
il flusso di aria calda quando si allontanano le mani.
L’Atm Bar ha installato pannelli fotovoltaici sul tetto, da cui proviene parte dell’energia elettrica utilizzata.
L’Union club, per il riscaldamento invernale e il raffrescamento
estivo, dispone di un condizionatore inverter con pompa di calore
a energia elettrica di ultima generazione: la pompa di calore ottiene
un rendimento energetico del 110% rispetto al 90% di una tradizionale caldaia a gas, e il condizionatore consuma circa il 30% di
energia elettrica in meno.
Turné, RhaBar e Union club hanno cambiato gestore di energia elettrica, optando per una fornitura al 100% da fonti rinnovabili.
Acqua
Diritto fondamentale dell’uomo. Risorsa naturale da
proteggere. Bene comune da gestire con oculatezza.
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Prodotto che richiede imballaggi e trasporti.
L’acqua, elemento indispensabile per la vita nostra
e del pianeta, si può considerare secondo più punti
di vista. Per ciascuno di questi aspetti, noi e i gestori
dei locali abbiamo la possibilità di adottare comportamenti più responsabili, che ne riducano il consumo
gli impatti ambientali.
Acqua del rubinetto
Un avventore entra in un locale e chiede dell’acqua.
Che cosa si sentirà rispondere? Anche una situazione
così banale può essere un’occasione per valutare
l’atteggiamento di un gestore nei confronti dell’ambiente. Quasi sempre all’avventore verrà innanzitutto posta una domanda: “Naturale o gasata?”. La
maggior parte dei bar e dei clienti è infatti abituata a
servirsi di acqua in bottiglia. Un prodotto che contribuisce all’inquinamento sia attraverso la produzione
delle bottiglie e il loro trasporto, sia a causa dei rifiuti che esso genera (l’imballaggio, quasi sempre in
plastica).
Un gestore attento all’ambiente dovrebbe quindi
promuovere il consumo di acqua del rubinetto, priva
di imballaggio e a km zero, sia proponendola lui
stesso ai clienti, sia servendola di buon grado qualora
gli venga chiesta. È infatti un’esperienza comune per
chi beve acqua “del sindaco” quella di incontrare fra
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baristi e ristoratori un po’ di malavoglia a riempire
brocche e bicchieri dal rubinetto.
In realtà, per la normativa nazionale e comunitaria,
ogni esercizio commerciale in cui si somministrano
alimenti deve disporre di acqua potabile, e non può
rifiutare di servirla. Su questi presupposti si basa la
campagna Imbrocchiamola!, che invita gli avventori
a chiedere acqua del rubinetto, e i gestori a offrirla.
L’acqua del rubinetto può anche essere trattata attraverso “pistole” in grado di fornire acqua sia liscia che
gasata.
Oltre a far bene all’ambiente, l’acqua del rubinetto
è anche più economica e più sicura: costa circa mille
volte in meno di quella in bottiglia e viene controllata
con maggiore frequenza. (Per tutte le iniziative sul diritto all’acqua: contrattoacqua.it).
Piccoli accorgimenti per grandi risparmi
L’acqua si rinnova costantemente attraverso un ciclo
naturale, ma la sua disponibilità a livello globale è
sempre più scarsa a causa degli alti consumi idrici dei
Paesi sviluppati, della crescita della popolazione mondiale e dell’inquinamento idrico, che non lasciano
tempo al normale ciclo di rinnovamento.
Le attività che consumano più acqua (e che spesso
ne abusano) sono l’agricoltura e l’industria. (A questo
proposito è importante capire come le proprie scelte
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di acquisto possano determinare un impatto sui consumi idrici, vedi per esempio il paragrafo sul cibo, pag.
15). Ma è importante anche ridurre gli sprechi direttamente connessi alla propria attività, considerando
che la media fra i consumi d’acqua dei locali coinvolti
nella prima edizione di Happy Hour Happy Planet supera i mille metri cubi all’anno.
Ecco alcuni semplici accorgimenti che permettono di
risparmiare acqua senza grandi sforzi:
–– Mettere miscelatori aria-acqua ai rubinetti riduce
fino al 50% la portata in uscita, senza alterare la
sensazione del getto. Ciascun miscelatore costa
circa 2 euro, si compra in un qualsiasi supermercato o grande magazzino di casalinghi ed è facile da
installare.
–– Installare pulsanti differenziati per wc permette
di risparmiare decine di migliaia di litri all’anno.
Le cassette di scarico contengono infatti dai 10 ai
15 litri di acqua, che vengono espulsi interamente
ogni volta che si tira lo sciacquone. Il tasto di stop
o il doppio tasto (da 5 e da 10 litri) consentono
di modulare l’acqua in uscita a seconda delle esigenze. È tuttavia necessario comunicare ai clienti
il funzionamento e l’importanza di un corretto
utilizzo.
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–– Per i bagni che hanno le cassette di scarico di vecchia concezione (quelle esterne, per intenderci), un
sistema semplice ed economico per risparmiare 1
litro di acqua a ogni utilizzo è inserire un “sacchetto
salva acqua” all’interno della cassetta. Il meccanismo di funzionamento è semplice: il sacchetto ingombra lo spazio occupato da 1 litro d’acqua e la
cassetta si ricarica ogni volta con 1 litro in meno.
–– In alternativa, sia per i lavandini sia per lo scarico,
si possono installare sensori di prossimità, che attivano il flusso solo quando ce n’è effettivamente
bisogno.
–– È facile vedere nei bar rubinetti lasciati aperti, per
comodità, anche mentre non si stanno usando. Il
gestore può sensibilizzare i dipendenti sugli sprechi
d’acqua e indirizzare lo stesso messaggio ai clienti,
utilizzando nei bagni una comunicazione ad hoc.
–– È necessario controllare sistematicamente le perdite: una cassetta di scarico che non tiene o un rubinetto che perde determinano lo spreco di centinaia
di litri all’anno!
L’inquinamento idrico
Tutte le sostanze chimiche che immettiamo nella rete
idrica modificano le proprietà delle acque superficiali
e sotterranee del territorio. Anche se Milano è dotata di
un sistema di depurazione delle acque, esso non è co13
munque in grado di rimuovere del tutto gli inquinanti
presenti negli scarichi civili e industriali della città.
Un altro modo di preservare le risorse idriche, è
quindi fare attenzione a inquinarle il meno possibile.
Come?
–– Le sostanze chimiche contenute nei prodotti detergenti, per esempio, danneggiano fortemente fiumi,
mari, falde ecc.; sul mercato sono disponibili prodotti a marchio ecologico per le diverse categorie
di detergenti (per lavastoviglie, per pavimenti, per
le mani ecc. vedi pag. 24), a base di materie prime
biodegradabili.
–– Per evitare problemi agli scarichi e ai sistemi di
depurazione delle acque di fognatura, è necessario
evitare di immettervi sostanze improprie: a questo scopo bisogna comunicare ai dipendenti (e ai
clienti) i materiali che tassativamente non devono
essere buttati nei wc (assorbenti femminili, carta
per le mani, olio esausto ecc.).
–– Il gestore può preoccuparsi che il personale addetto
alle pulizie si serva in maniera oculata di questi
prodotti, commisurando le quantità che se ne utilizzano alle esigenze di pulizia.
Il Turné si impegna a offrire acqua del rubinetto, e l’Union club ha
aderito alla campagna Imbrocchiamola!
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Al Bar Magenta e al RhaBar l’acqua del rubinetto, microfiltrata,
viene servita liscia o gasata attraverso appositi erogatori.
L’Atm Bar ha un sistema di recupero dell’acqua piovana, che, depurata, viene riutilizzata per gli usi meno nobili.
Cibo
Alcuni locali fanno le cose in grande: vassoi di primi,
insalate, fritti di verdure e crocchette. Altri vanno al risparmio, proponendo patatine, olive e qualche tartina.
Il buffet offerto durante l’happy hour e la selezione
di bevande possono variare molto, per qualità e quantità, e rappresentano per il gestore un altro campo in
cui mettere in pratica scelte green.
La produzione alimentare ha infatti, in ciascuna
delle sua fasi, un notevole impatto ambientale: circa
il 70% dell’acqua utilizzata a livello mondiale è impiegata nell’industria zootecnica e agricola e circa il
30% delle emissioni a effetto serra è collegato a come
l’uomo produce, distribuisce e consuma il proprio
cibo. Ecco alcuni criteri utili per fare la spesa in maniera più sostenibile.
Stagionalità
Rispettare la stagionalità di verdura e frutta vuol
dire ridurre il consumo di risorse naturali e l’inquinamento. Gli alimenti fuori stagione, infatti, sono
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generalmente prodotti in serra, attraverso una coltivazione forzata che non rispetta i ritmi della terra e
cerca di riprodurre costantemente condizioni climatiche estive. Per coltivare in serra sono quindi necessari il riscaldamento, la ventilazione, l’irrigazione,
l’illuminazione e l’ombreggiamento: tutte pratiche
che consumano molta acqua ed energia.
In altri casi, i cibi fuori stagione provengono da Paesi lontani e quindi richiedono un trasporto, che genera inquinamento.
Km zero
La produzione industriale è strutturata in modo che
da pochi e grandi stabilimenti sparsi sul territorio il
cibo venga distribuito per migliaia di chilometri.
Questo richiede appropriati imballaggi che proteggano il prodotto, e camion e aerei costantemente
refrigerati per conservare le proprietà nutrizionali degli alimenti. Per di più, in Italia, l’86% dei trasporti avviene su strada e i costi della logistica arrivano a incidere per circa un terzo sul prezzo di frutta e verdura.
La scelta di prodotti a “km zero”, provenienti cioè
da aziende della propria regione, è un ottimo modo
per ridurre l’impatto del trasporto delle merci, per migliorare la qualità degli alimenti stessi (che risultano
meno esposti all’inquinamento da trasporto), e spesso,
anche per spendere meno.
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Per la prima edizione di Happy Hour Happy Planet,
è stata ideata un’installazione interattiva che misura
l’impatto ambientale dei cocktail in base ai chilometri percorsi dai loro ingredienti. Un fattore che l’avventore green dovrebbe tenere in considerazione: alcolici come Campari e spumante, che compongono
per esempio il Negroni sbagliato, percorrono poche
decine di chilometri per raggiungere i bar milanesi;
la Cachaça, ingrediente base della Caipirinha, made
in Brasile, deve attraversare l’oceano Atlantico viaggiando per quasi diecimila chilometri.
Biologico
È vero che i prodotti biologici hanno in genere un
prezzo un po’ più alto di quelli tradizionali. Questo
inconveniente si può in parte risolvere scegliendo
di acquistare direttamente dal produttore, come
fanno i gruppi di acquisto solidale (Gas) o rivolgendosi a piattaforme di rifornimento locali, che raccolgono i prodotti provenienti da diverse aziende
biologiche per poi procedere alla distribuzione.
Inoltre, il costo maggiore si potrebbe anche accettare, se si considera che:
–– l’agricoltura e l’allevamento industriali si basano
sull’uso di fertilizzanti, ormoni della crescita, fitofarmaci di sintesi e pesticidi, che contaminano il
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terreno, le acque, l’aria, riducono il numero di specie animali e vegetali e la loro produttività e soprattutto rendono il cibo che mangiamo meno sano di
quanto noi pensiamo;
–– la produzione biologica evita l’impiego di queste
sostanze, salvaguarda le risorse e i cicli naturali del
terreno, incentiva e rispetta la biodiversità, genera
cibi più buoni e più sani.
Diritti dei lavoratori e commercio equo
Il consumo di prodotti provenienti da Paesi del Sud
del mondo (per esempio caffè, cacao, banane) pone
problemi che vanno al di là dell’impatto ambientale
e che riguardano il tema dell’equità sociale. In questi Paesi le condizioni di lavoro sono spesso critiche
per quanto riguarda compensi, salute, sicurezza e
diritti umani.
Inoltre, lo scambio tra Paesi occidentali importatori
e Paesi produttori è spesso poco vantaggioso per questi
ultimi.
Oggi esiste la possibilità di scegliere prodotti che
offrono garanzie rispetto al trattamento dei lavoratori
e all’equità delle condizioni di commercio.
Marchi di qualità e prodotti locali
Anche per chi sceglie di rifornirsi presso la distribuzione tradizionale, è possibile fare riferimento ad al18
cuni marchi di qualità, che si trovano facilmente fra
gli scaffali dei classici supermercati.
I diversi marchi “no Ogm” assicurano la tutela della
salute dei consumatori, fornendo garanzie sui metodi
di coltivazione e l’origine del prodotto. I marchi europei Dop, Doc, Igp riconoscono la qualità del processo
produttivo e la loro provenienza.
Più in generale, scegliere prodotti locali, che abbiano uno stretto legame con il territorio d’origine,
significa salvaguardare il territorio stesso, le sue tradizioni culturali e gastronomiche, e le piccole economie
che si basano su queste produzioni.
Tutti i vini serviti al Turné sono dotati di marchio Doc. In lista ci
sono anche due vini biologici.
Il RhaBar privilegia i cibi di stagione, prodotti con marchi di qualità
Doc e Dop e alcuni presidi Slowfood. D’estate la gestrice propone un
cocktail in parte a km zero: il basiquito, un mojito preparato con il
basilico del suo giardino!
Rifiuti
Il riciclo, l’inceneritore o in casi estremi la discarica.
Tre sono i destini possibili per i rifiuti, e gli ultimi
due hanno notevoli impatti ambientali. Il gestore
di un locale green dovrebbe quindi impegnarsi a ridurre il più possibile il volume dei rifiuti prodotti, e a
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migliorarne la “qualità”, diminuendo la percentuale
della spazzatura destinata al sacco nero, a favore di
quella riciclabile.
Meno è meglio
Prima di pensare a come gestire i rifiuti, è importante cercare di produrne il meno possibile. Per esempio si può:
–– promuovere il consumo di acqua del rubinetto;
–– acquistare prodotti con la minor quantità di imballaggi possibile;
–– evitare i prodotti monodose (salse e altri condimenti);
–– privilegiare i ricaricabili (detersivi, toner, batterie…);
–– abolire l’“usa e getta” (piatti, bicchieri, posate, tovaglie, asciugamani…).
Il caso più vistoso, per l’happy hour, riguarda quest’ultimo punto, e in particolare le stoviglie di plastica. Sono
migliaia i piatti, le posate e spesso anche i bicchieri, che
un locale consuma ogni settimana: tonnellate di rifiuti
destinati al sacco nero e quindi all’inceneritore [ 1 ].
[ 1 ] Questo succede perché a Milano, nel sacco giallo per la plastica, possono
essere gettati solo i rifiuti che rientrano nella categoria degli imballaggi. La
raccolta differenziata della plastica è infatti finanziata da Co.Re.Pla (Consorzio per il recupero e il riciclaggio degli imballaggi in plastica), di cui fanno
parte i produttori e gli utilizzatori di imballaggi in plastica. Le stoviglie, non
essendo imballaggi, vanno quindi gettati fra i rifiuti indifferenziati.
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La migliore delle soluzioni sarebbe optare per stoviglie
in ceramica, risolvendo il problema una volta per tutte.
Scegliere prodotti ecologici
Se non è possibile abbandonare le stoviglia usa e getta,
sarebbe bene acquistare quelle in plastica biodegradabile: se proprio bisogna produrre rifiuti, è meglio che
siano compostabili, cioè utilizzabili per produrre il
compost, un concime che si ottiene come risultato della
decomposizione di materie organiche. (A Milano, solo
per le cosiddette grandi utenze, come ristoranti, locali,
ospedali ecc., esiste anche la raccolta dell’“umido”, e la
bioplastica rientra in questa categoria.)
Il Mater-Bi per esempio è fatto con l’amido di mais,
e sia la sua produzione che il suo smaltimento hanno
un impatto ambientale decisamente minore rispetto
alla plastica tradizionale.
Il problema è che la bioplastica ha in effetti dei costi
poco competitivi: un ostacolo che Happy Hour Happy
Planet si propone di superare promuovendo la creazione
di gruppi d’acquisto solidale fra i locali (vedi pag. 2).
Una raccolta differenziata di qualità
La presenza di impurità nei sacchi della raccolta differenziata, oltre a poter essere multata dall’Amsa, riduce
la qualità del materiale riciclato prodotto e l’efficienza
della filiera del riciclo.
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Inoltre, incrementare il volume del materiale differenziato riduce il volume del sacco nero indifferenziato e, di conseguenza, la quantità di rifiuti destinati
all’incenerimento. A questo scopo è necessario che il
gestore si preoccupi che anche il personale sia bene
informato sulle regole della raccolta differenziata.
Sensibilizzare i clienti
Per come è strutturato l’happy hour (il cliente si serve
da solo al buffet, e ha ovviamente accesso ai cesti
dell’immondizia), è importante che le abitudini green
siano diffuse anche fra la clientela.
Attraverso cartelli, vetrofanie e adesivi, come
quelli previsti dalla campagna Happy Hour Happy
Planet, il gestore può suggerire ai clienti di riutilizzare più volte lo stesso piatto, o di partecipare alla
raccolta differenziata. Messaggi semplici, comunicati
in maniera “ludica” e poco invadente, che le persone
possono “portare con sé” anche fuori dal locale, contribuendo a loro volta alla riduzione dei rifiuti negli altri
momenti della propria vita quotidiana.
Altri acquisti: beni di consumo e beni durevoli
Come abbiamo visto, sono tante le occasioni in cui
gli acquisti di un gestore possono essere orientati secondo principi di sostenibilità ambientale: dagli elet22
trodomestici ai cibi, dalle stoviglie alle lampadine.
Ecco altri casi in cui le scelte d’acquisto permettono di
ridurre l’inquinamento e lo spreco di risorse.
Carta
Tovaglioli, tovagliette, carta igienica, asciugamani: in
ogni locale pubblico se ne consumano grandi quantità.
Perché non sceglierli di carta riciclata? Un materiale che,
nonostante i pregiudizi ancora in voga, presenta le stesse
caratteristiche estetiche di quella “nuova”, ma comporta
un gran risparmio di risorse (legname, acqua, energia…).
La qualità ambientale della carta è segnalata da
alcuni marchi: Ecolabel garantisce la riduzione dei
principali impatti ambientali legati al ciclo di vita
del prodotto (in genere si tratta di prodotti in carta
riciclata), mentre i marchi Fsc e Pefc garantiscono
percentuali di cellulosa provenienti da foreste certificate e controllate (gestite cioè in modo da garantire
l’equilibrio tra crescita legnosa e tagli di prelievo).
Detergenti
Il marchio Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale) garantisce l’assenza, sia nel prodotto che nell’imballaggio, di materie pericolose per l’ambiente e per la
salute, e prevede l’uso di imballaggi fatti con materiali riciclabili o collegati a un sistema di restituzione dei vuoti.
Anche in questo caso, per rendere la spesa meno onerosa,
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i gestori potrebbero ricorrere all’acquisto di gruppo.
Nel caso dei detersivi venduti “alla spina” invece, il
risparmio è garantito anche per gli acquirenti singoli.
Oltre a ridurre imballaggi e trasporti, spesso è possibile scegliere prodotti ecologici. Si trovano in diversi
supermercati e piccoli negozi.
Arredamento
I mobili e gli oggetti di arredo in materiali ecologici
o di riciclo sono sempre più diffusi. Anche per questi prodotti valgono i marchi Ecolabel o Fsc/Pefc.
Un’altra possibilità green è quella di recuperare
elementi di arredo dismessi da altre attività, ma ancora funzionali (per esempio, sedie, tavoli, divani):
un’alternativa che comporta, oltre al risparmio economico, una riduzione dei rifiuti ingombranti altrimenti destinati alla discarica.
Ristrutturazioni
Sul lungo periodo, in occasione di interventi di rinnovo del locale, è opportuno selezionare materiali
dalle caratteristiche ambientali certificate; ad esempio sono disponibili sul mercato vernici ecologiche
(ad acqua) o dotate del marchio Ecolabel.
Atm Bar è intonacato con vernici fotocatalitiche, in grado di purificare l’aria da smog e batteri. Uno dei materiali della pavimenta-
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zione deriva dai residui della lavorazione industriale di altri prodotti, ed è dotato di marchio Ecolabel.
Tutto l’arredo dell’Union club è di recupero: in parte proviene da
mercati dell’usato, in parte direttamente dalla strada, e in parte
sono gli stessi clienti che portano ai gestori i pezzi a cui sono affezionati, perché trovino una nuova vita fra le pareti del locale.
Mobilità
La ricerca disperata di un parcheggio, la lunga serie di
auto ferme in doppia fila, la multa a fine serata. Sono
disagi che ben conosce chi decide di prendere la macchina per uscire la sera, e che si potrebbero evitare
se più persone decidessero di usare i mezzi pubblici,
condividere l’auto, o andare in bici. Tutte scelte utili
anche per l’ambiente: come è noto, il trasporto automobilistico è una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico delle città.
Un problema su cui il gestore non ha possibilità di
intervento diretto (se non per quanto i riguarda i suoi
spostamenti personali), ma sui cui può cercare di influire promuovendo fra i suoi clienti forme di mobilità alternative e più ecologiche, e richiamando la loro
attenzione sul tema. Per esempio, è possibile:
–– Segnalare chiaramente alla clientela i mezzi pubblici disponibili per raggiungere il locale.
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–– Segnalare se nelle vicinanze ci sono rastrelliere del
bike-sharing, sensibilizzando i clienti rispetto ai vantaggi della bicicletta.
–– Segnalare il servizio di car-sharing e le numerose
agevolazioni per gli utenti (per esempio, riguardo
alle possibilità di parcheggio).
–– Incoraggiare tutto il personale del locale a scegliere
modalità di trasporto sostenibili.
–– Organizzare eventi (dibattiti, presentazioni di libri,
mostre fotografiche…) che informino sul tema e
promuovano l’uso della bicicletta.
Il Bar Magenta è facilissimo da raggiungere con i mezzi pubblici:
nei suoi dintorni passano due linee della metropolitana (MM 1 e
2, fermata Cadorna), tram (1, 16, 27), autobus (58, 94) e tutti i
treni che fermano alla stazione di Cadorna. Proprio fuori dalle sue
vetrine c’è anche una rastrelliera del BikeMi, mentre in piazzale
Cadorna c’è un parcheggio GuidaMi.
Consapevolezza
Le precauzioni e le scelte descritte fin qui acquistano
più efficacia, se sono accompagnate da una conoscenza dettagliata delle conseguenze che i nostri
comportamenti determinano.
Un esempio? Va bene rifornirsi di energia proveniente da fonti rinnovabili, o installare impianti di
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riscaldamento di ultima generazione, ma è importante anche conoscere che peso abbiano i singoli
“settori” di consumo (riscaldamento, illuminazione,
condizionamento estivo ecc.) e come incidano sulla
bolletta, per poter agire di conseguenza. I gestori
dell’Union club, analizzando in modo attento i consumi di tutto l’anno, si sono resi conto che i mesi
estivi incidevano molto sul bilancio complessivo
e così hanno capito di dover migliorare la gestione
dell’aria condizionata, magari alzando un po’ la temperatura programmata o facendo attenzione alle
porte e alle finestre aperte.
Il monitoraggio continuo e puntuale dei consumi di acqua, energia, forniture usa e getta ecc. può
consentire di ridurre non solo gli impatti ambientali,
ma anche i costi dell’attività stessa.
Ma il gestore non è l’unico “abitante” del locale. Per
ottimizzare l’efficacia delle proprie scelte deve coinvolgere e rendere più consapevoli anche i clienti e il
personale, che attraverso alcuni piccoli gesti possono
contribuire in modo significativo a una corretta raccolta differenziata, o al risparmio di acqua, energia, e
altri beni di consumo. Pratiche che vedranno il loro
effetto crescere e moltiplicarsi ulteriormente, nel momento in cui ogni avventore deciderà di “esportarle”
anche a casa propria.
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Il progetto:
educazione ambientale all’ora dell’aperitivo
Il progetto si propone di sensibilizzare i gestori dei
locali e fornire loro gli strumenti per ridurre l’impatto sull’ambiente delle proprie attività. Le scelte
green dei gestori, a loro volta, vengono utilizzate
per “sponsorizzare” comportamenti virtuosi presso
gli avventori.
In altre parole, le scelte di sostenibilità hanno un
doppio effetto: migliorano le prestazioni ambientali
del locale e contribuiscono a diffondere fra i clienti
esempi e spunti di riflessione sul tema. La maggior
parte delle “azioni” messe in atto dai locali è infatti
facilmente replicabile da tutti, anche in altri spazi
della vita quotidiana. Per innescare questo meccanismo la comunicazione è fondamentale, e viene progettata ad hoc per ogni locale.
La campagna ha l’obiettivo di raggiungere fasce
ampie e variegate di persone: oltre alla clientela occasionale, ogni locale ha infatti anche un pubblico fedele specifico, diverso per stili di vita e consumi. Più
in generale, l’happy hour ha il vantaggio di coinvolgere i giovani tra i 20 e i 40 anni, ormai esclusi dalle
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campagne di educazione ambientale riservate alle
scuole, e che spesso non rientrano in quelle destinate
alle famiglie.
Solo coinvolgendo più persone possibili, solo imparando a
conoscere gli effetti delle proprie azioni si può proteggere
l’ambiente anche mentre ci si diverte.
Happy Hour Happy Planet a tutti!
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Happy Hour Happy Planet è un progetto di Fratelli dell’uomo,
realizzato grazie al contributo della Fondazione Cariplo.
Questa pubblicazione è frutto del lavoro svolto durante
la prima edizione, a cui hanno partecipato Città possibili,
Terre di mezzo, Ied - Centro ricerche, Aiab Lombardia, Cooperativa Incontro e il Comune di Monza.
un progetto di:
con il contributo di:
con la partecipazione di:
Realizzazione editoriale
Cart’Armata edizioni Srl
via Calatafimi 10, 20122 Milano
Tel. 02-83.24.24.26
e-mail [email protected]
libri.terre.it
Stampato nel mese di febbraio 2012
Me. Ca Tipografia, Recco (GE)
Happy Hour Happy Planet® è un marchio registrato.