PANTHALASSA Sulla liquefazione dei continenti nell`era
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PANTHALASSA Sulla liquefazione dei continenti nell`era
Sociologia della Cultura prof. Guido Cavazzani PANTHALASSA Sulla liquefazione dei continenti nell'era del world wide web di Montini Luca Prefazione “Non è da escludere completamente che nel passato più remoto uno strato di Sial1 ricoprisse ancora tutta la terra. In quel tempo esso poteva avere circa un terzo della sua attuale potenza e deve essere stato ricoperto dal mare, «Panthalassa» (la cui profondità media viene calcolata da A. Penk a 2,64 km) che lasciava libere solo poche parti o anche nessuna parte della terra”2. Nel celebre Die Entstehung der Kontinente und Ozeane, il geologo e meteorologo tedesco Alfred Wegener (1880 - 1930) formulò l'ormai celebre teoria della “deriva dei continenti”, dalla quale si sarebbe poi sviluppata la teoria della “tettonica a zolle”, che ancora aleggia come uno spettro nelle notti insonni dei liceali in vista dell'esame di maturità – e delle terribili domande dei docenti di geologia, tanto da essere citata in entrambi i film cult Notte Prima degli Esami (e sequel, dell'anno successivo)3. Cinematografia e maturità a parte, nel suo scritto Wegener ipotizzò l'esistenza di un supercontinente, chiamato Pangea (dal greco “tutto terra”), tra il Paleozoico ed il Mesozoico, il quale, per effetto dello scivolamento delle placche geologiche (continental drift), avrebbe poi portato alla deriva dei continenti, fino alla loro posizione attuale. Attorno al supercontinente si trovava l'enorme oceano noto come Panthalassa (dal greco “tutto mare”), il quale, a partire dal triassico, in seguito al progressivo allontanamento delle zolle tettoniche, si sarebbe lentamente suddiviso negli svariati mari ed oceani che possiamo osservare oggi. Mi permetto questa breve quanto incompleta premessa geologica in risposta ad un'altra premessa scientifica, presente in un'altra prefazione, sicuramente più autorevole della mia, scritta dal celebre sociologo britannico Zygmunt Bauman – il quale, introducendo il suo Modernità Liquida4, scrive: “La fluidità è lo stato dei liquidi e dei gas. Ciò che distingue entrambi dai corpi solidi, come l'Encyclopaedia Britannica autorevolmente ci informa, è che «in condizione di riposo non possono sostenere una forma tangenziale o di taglio», e quindi producono «un continuo mutamento di forma se soggetti a tale pressione» [...] I liquidi, una varietà dei fluidi, devono queste straordinarie qualità al fatto che le loro «molecole vengono preservate in una serie ordinata estendentesi su pochi diametri molecolari», mentre «l'ampia gamma di comportamenti esibiti dai solidi è conseguenza diretta del tipo di legame che tiene uniti gli atomi del corpo solido, nonché delle composizioni strutturali degli atomi». «Legame» è a sua volta un termine che indica la stabilità dei corpi solidi, la loro resistenza alla «separazione degli atomi». Questo afferma dunque l'Encyclopaedia Britannica in quello che appare quasi un tentativo di elevare la «fluidità» a principale metafora dell'attuale fase dell'epoca moderna”5. 1 In geologia, Sial è un termine utilizzato per indicare la parte di crosta terrestre composta da silicato ed alluminio. 2 Alfred Wegener (1976), La Formazione dei Continenti e degli Oceani, traduzione di Clara Giua, Boringhieri, Torino (opera originale: Die Entstehung der Kontinente und Ozeane, 1929), pag 284. 3 Regia di Fausto Brizzi (2006 e 2007). 4 Zygmunt Bauman (2008), Modernità Liquida, traduzione di Sergio Minucci, Laterza, Bari (opera originale: Liquid Modernity, 2000). 5 Ibidem, prefazione, pag V e VI (1999). PANTHALASSA (1.0) 1 In queste poche righe, estremamente significative, il sociologo illustra la propria teoria della “liquefazione del postmoderno”, quella che potrebbe sembrare quasi una rivelazione, o forse la più grande fobia dell'autore, il quale, dall'anno 2000 in poi, continuerà a pubblicare una svariata gamma di testi incentrati proprio su questo bizzarro fenomeno, quasi onnipresente nei titoli, dal sapore quasi idrofobo, delle recenti pubblicazioni: Liquid Love (2003), Liquid Life (2005), Liquid Fear (2006), Liquid Times (2006). In questo breve saggio, attraverso citazioni ed un linguaggio metaforico, utilizzando categorie tutt'altro che usuali in un'analisi scientifica tout court e limitato da una trattazione estremamente lontana dalla sociologia empirica, analitica e statistica sulla quale uno scientista antipatico come me si sarebbe mosso con maggior agilità, mi immergo comunque nell'affascinante metafora della liquefazione presentata da Bauman, presentandola in questa di chiave di lettura “informatica”, sicuramente incompleta, scarna e semplificata, ma tutt'altro che priva di spunti di riflessione. Nel testo che seguirà, infatti, proporrò semplici suggestioni sulla liquefazione virtuale dei continenti nel mondo postmoderno, in cui i collegamenti (link) tra le molecole (sites) sono rotte di navigazione lunghe centinaia di chilometri e millesimi di secondo, in cui per raggiungere il punto B dal punto A non devo far altro che “navigare” (to surf), in cui ogni molecola è collegata in una grande rete (net) dai rapporti semplificati, istantanei e spersonalizzati, in cui le maree inondano (to flood) i naviganti e ne ostacolano la traversata, in cui individui senza volto impartiscono ordini ai marinai, nei panni di un Ulisse improvvisato e tipicamente postmoderno, viaggiatore coraggioso nel grande mondo liquido/liquefatto della rete. Panthalassa esprime questa liquefazione estrema, in cui persino i legami più complessi si riconducono ad un'analisi difficoltosa quanto nella simulazione fisica 3D la dinamica dei fluidi rapportata a quella dei corpi rigidi (i solidi, appunto), suggerita anche dall'utilizzo – come si è appena accennato – di svariate metafore nautiche nel linguaggio informatico, sia in lingua italiana che in lingua inglese. Il mondo della grande rete è la liquefazione par excellence, l'epilogo della deriva dei continenti illustrata da Wegener, che tornano, finalmente, uniti ed indissolubili, mesciuti dalle correnti di questo grande oceano. I continenti, uniti – non più in una Pangea, un grande blocco solido e compatto, ma in una Panthalassa, un mare aperto e senza limiti. In questo breve saggio presenterò semplici suggestioni, attraverso la prospettiva di Bauman, di questo interessante fenomeno di liquefazione del mondo virtuale, senza pretese di descrizione scientifica ed analitica, partendo dalle origini del fenomeno (la globalizzazione) ai suoi risvolti più attuali, cercando di porre l'accento sulle questioni ancora aperte e degne di riflessione: la storia di Internet, la questione delle identità multiple, il problema della verifica delle informazioni ed i social network. In conclusione, una brevissima trattazione dal titolo “Sull'Idrofobia di Bauman”, in cui, partendo dagli argomenti trattati, riprenderò rapidamente col mio inguaribile ottimismo le fobie e le paure della sociologia nei confronti di una società che si è fatta d'improvviso fluida; più complessa, caotica e priva di legami, senza mai dimenticare braccioli e salvagente di sicurezza. In casi di emergenza, in alto mare, non si sa mai... Buona lettura. PANTHALASSA (1.0) 2 I Sulle origini economiche della liquefazione Dalla caduta del muro di Berlino al Popolo di Seattle. Perché tutto sia di nuovo mare, affinché la società possa liquefarsi nella maniera ampiamente descritta da Bauman, e poi – nel nostro caso – per osservare i primi segni della liquefazione dei continenti nell'affascinante mondo della rete, è necessario partire da una premessa di carattere storico-economico. Facciamo dunque un piccolo passo indietro per comprendere meglio le origini del fenomeno. Sembrerà un'ovvietà al lettore poco accorto; eppure, ritrovare (quasi) tutte le popolazioni del nostro pianeta “a portata di click” a poco più di cinquant'anni dal secondo conflitto mondiale, per non dire a pochissimi anni dal termine della guerra fredda tra blocco Ovest (NATO, l'Alleanza Atlantica costituita nel 1949) e blocco Est (gli alleati sovietici del Patto di Varsavia, stipulato nel 1955 e sciolto a Praga nel 1991), è una situazione bizzarra che ha quasi del miracoloso, viste le premesse. L'architrave di questa situazione di pace è sicuramente la posizione acquisita dalla sfera economica nei rapporti di produzione e degli scambi tra gli stati, sempre più liberi l'uno dalla pressante presenza politica dell'altro, sempre più legati l'un l'altro da coercizioni di carattere economico, capaci di annichilire tutte le ideologie in nome di una produzione industriale continua e duratura, in nome di un benessere che sembra manifestarsi dovunque appaiono marchi, slogan, pubblicità e sorrisi sui cartelloni lungo le strade, promesse di desideri da soddisfare e nuovi desideri per giustificare altre promesse. Naomi Klein apre il primo capitolo del suo celebre manifesto no-global No Logo con queste parole: “La crescita astronomica del potere culturale e patrimoniale delle multinazionali negli ultimi quindici anni può essere sostenibilmente ricondotta a un'idea apparentemente innocua concepita da teorici del management a metà degli anni Ottanta”6. Palese. A cavallo tra gli ultimi due decenni del ventesimo secolo, abbiamo assistito – forse con poca attenzione – all'apertura dei mercati internazionali, all'ascesa di poteri che da forti diventavano fortissimi, alla totale subordinazione delle politiche nazionali, ormai alla mercé dell'economia internazionale. Che il grande commercio tra nazioni e continenti, la delocalizzazione e lo sfruttamento salariale nei paesi più poveri (fino ed oltre i limiti dello schiavismo) e la crescita esponenziale delle industrie fossero in ascesa già dal diciannovesimo secolo, non v'è ombra alcuna di dubbio, il fenomeno era stato preconizzato dallo stesso Marx. Ma è attraverso due date fondamentali che il mondo si è fuso in uno strano monismo economico, in una follia produttiva senza limiti né regole, temuta come un fantasma sia dalle sinistre che dalle destre. Stavolta, infatti, non è una celebre giornalista ed attivista canadese a dare l'allarme, ma un economista italiano particolarmente noto e parimenti antipatico; l'attuale Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Nel suo libro “ Rischi Fatali” (più che altro un manifesto rozzo e poco accademico contro la politica economica cinese), delinea chiaramente la situazione: “1989. 1994. 9 novembre 1989, 15 aprile 1994. Sono le due date che hanno cambiato la struttura e la velocità del mondo in cui viviamo. Sono due date diverse. Ma vanno messe insieme. [...] La prima data è la data-madre. La data del crollo del Muro di Berlino. Il big-bang della storia contemporanea. La seconda data è la data-figlia. La data della stipula a Marrakech, in Marocco, dell'accordo WTO (World Trade Organization) sul libero 6 Naomi Klein (2000), No Logo, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, pag. 25. PANTHALASSA (1.0) 3 commercio mondiale. Dopo, il mondo non sarebbe stato più, e non è più, come prima”7. Dall'accordo sancito nel 1994, Il WTO è entrato poi in funzione il 1 gennaio 1995. Anno fondamentale – teniamolo a mente, ci servirà in seguito. Passano soli quattro anni dalla nascita del WTO, ed ecco già comparire le prime avvisaglie di un sistema in ovvia difficoltà: circa 100.000 persone dal 30 novembre al 4 dicembre del 1999 si ritrovano a Seattle, negli Stati Uniti, per scagliare il primo dardo infuocato contro la globalizzazione. Sarà il primo di una lunga serie; impossibile dimenticare i fatti di Genova del 2001. In questo mondo che sembra farsi sempre più piccolo, condividiamo gli stessi problemi a migliaia di chilometri di distanza; un mondo in cui raggiungersi non è mai stato così facile, in cui i rapporti si sono distesi e semplificati, come un mare calmo e quieto, in cui la corrente ci sposta con grandi rapidità in questo grande, maestoso oceano: Panthalassa. Ed è in questo contesto economico di grande incertezza e confusione, in questo non-luogo virtuale messo in mostra alle vetrine del benessere fasullo in cui viviamo, che quel mondo ormai senza frontiere né dighe si apre all'ormai impetuoso flusso della comunicazione. Per concludere con Tremonti: “Andiamo all'origine. Insieme con il muro di Berlino cadono le barriere politiche che prima, per mezzo secolo, avevano diviso il mondo. [...] Internet ne è il simbolo. La geografia del mondo si apre e si unifica.” 8 Sono d'accordo – e se sei d'accordo con un amico probabilmente è perché ha fatto un bel discorso, ma se sei d'accordo con un nemico può darsi che ti stia avvicinando, socraticamente, alla verità. Internet è l'emblema della società liquido-moderna. II Genesi – 1995. Più o meno. Un PC per tutti... e per fare tutto! Torniamo al 1995. Anno di svolta per l'informatica. Rilasciato il 24 agosto 1995 da Microsoft, con Windows 95 il mercato dei personal computer (PC) impara una lezione fondamentale: come applicare il concetto di user-friendly all'interfaccia del sistema operativo. Dopo aver scagliato la prima pietra con l'intento di portare un calcolatore nelle case di ogni cittadino, la casa di Redmond (Washington, sede di Microsoft), con Windows 95 implementa nelle sue macchine un'interfaccia nuova, semplificata ed intuitiva, in cui l'utente (user) non deve fare altro che spostare il cursore tra le finestre colorate (windows, appunto) ed eseguire semplici azioni dettate a schermo, senza dover studiare, comprendere ed inserire gli improponibili comandi in sequenza del MS-DOS, il sistema operativo precedente. Non servono più le improponibili conoscenze manualistiche di logica e matematica né di programmazione digitale; basta seguire le indicazioni a monitor, e tutti possono imparare ad utilizzare il loro, personalissimo PC. Una rivoluzione: la società di Bill Gates aveva trasformato uno strumento da ufficio, la grande calcolatrice (computer significa calcolatore) ideata da Alan Turing e realizzata dai risultati sull'ENIAC9 e sull'EDVAC10 (quest'ultimo il vero padre degli odierni computer) di John Von Neuman in uno 7 Giulio Tremonti (2005), Rischi fatali – L'Europa vecchia, la Cina, il mercatismo suicida: come reagire. Mondadori, Milano. Pag 3. 8 Ibidem, pag. 30. 9 L'ENIAC (Electronic Numerical Integrator And Computer) è considerato il primo computer elettronico della storia. Venne progettato presso la Moore School of Electrical Engineering dell'Università di Pennsylvania da J. Presper Eckert e John Mauchly e presentato ufficialmente il 16 febbraio del 1946. Il team di sviluppo includeva Bob Shaw (tabelle funzionali), Chuan Chu (divisione/radice quadrata), Kite Sharpless (programmatore principale), Arthur Burks (moltiplicatore), Harry Huskey (lettore/stampante) e Jack Davis (accumulatori). 10 EDVAC (Electronic Discrete Variable Automatic Computer), 1949, fu uno dei primi computer elettronici. A differenza del predecessore ENIAC utilizzava il sistema di numerazione binario invece del sistema decimale PANTHALASSA (1.0) 4 strumento utile a tutti, polifunzionale; qualcosa che potesse andare oltre documenti, calcoli e grafici; uno strumento che fosse adatto anche all'entertainment ed al gioco, che, al freddo schermo “in bianco e nero” per fare calcoli affiancava il solitario e gli scacchi. Dalla solidità della rigida programmazione alla liquefazione di “tutto ciò che è calcolabile da una CPU”: musica, cinema, testi, e – soprattutto – videogiochi. Nel 1995 esce il primo modello di Playstation, di Sony, il cui contributo sarà fondamentale per l'avvio di un nuovo formato: il compact disc (CD), che da oltre quindici anni è il supporto di punta dell'intero mercato musicale. L'enorme successo riscosso dal disco ottico ha permesso lo sviluppo del Digital Versatile Disc (DVD, 1997) come standard casalingo per il mercato cinematografico, oggi superato a sua volta dal Blu-Ray Disc, standard digitale in alta definizione, sempre di Sony (HD, 2002). Nel 1995 nascono anche le prime schede video (o acceleratori video), supporti di memoria e calcolo per il computare immagini tridimensionali complesse. Il 1995 è anche l'anno del primo film in computer grafica: Toy Story11, di Disney Pixar, al quale seguirà Final Fantasy: The Spirits Within, addirittura sei anni dopo, nel 2001. Insomma, è nell'anno di apertura del WTO che possiamo facilmente localizzare la tanto ricercata “ora X”, dalla quale l'imponente tsunami dell'informatica, col suo impeto implacabile, inizia a travolgere un mondo sempre meno solido e sempre più liquefatto, in cui con una calcolatrice molto potente si fa di tutto, quando si chiama personal computer. L'utente medio ha ormai dimenticato che quella macchina può anche fare di conto, mentre la macchina, ignara, non fa altro che conti. 1995 – genesi della Panthalassa. III Tsunami! Che cos'è Internet? “Internet nasce da un progetto visionario concepito alla fine degli anni Sessanta dai ricercatori del Pentagono con l'aiuto di alcuni dei migliori informatici delle università americane. L'idea era di creare un sistema di comunicazioni che, in caso d'invasione di una potenza straniera o di distruzione dei centri di comunicazione del paese, potesse sopravvivere per mezzo di canali di comunicazione alternativi [...]. Per molto tempo, Internet è stata uno strumento di comunicazione tra scienziati. Ma quando il personal computer ha cominciato a diffondersi [...] è arrivato anche il software che ha consentito una facile comunicazione da punto a punto. Ora, negli anni Novanta, Internet raggiunge milioni di utenti in tutto il mondo (venti? Trenta?) il cui numero raddoppia (o triplica, secondo a chi si dà retta) ogni anno”12. A scrivere è Manuel Castells, sociologo spagnolo, per il quotidiano spagnolo di centrosinistra El País. Ci troviamo nel 1996. L'articolo continua: “Internet non è una rete, bensì una rete di reti. È formata da circa 50mila reti di computer collegate fra loro in modo tale che una telefonata locale all'elaboratore della rete passa automaticamente a un'altra rete per contatto fra computer; di conseguenza il costo per utente è minimo. Il fatto di essere una rete di reti è essenziale per la sua capacità di comunicazione e per l'impossibilità di controllarla: se si scollega una delle reti, chi lo fa resta scollegato dalle altre reti. Quindi l'unico modo per non essere invasi da Internet è non starci dentro. Ciò comporta un costo elevato. Perché oggi su Internet circolano gratuitamente ogni genere di informazioni preziose, insieme a comunicazioni personali, offerte commerciali ed anche un bel po' di spazzatura di tutti i tipi. Internet è reale come la vita. E, come la vita stessa, ha dentro pornografia, razzismo, fascismo, sovversione e calunnia. Ma anche scienza, cultura, educazione, utilizzato dall'ENIAC. Il computer era basato sull'architettura di von Neumann. 11 Regia di John Lasseter, 1995, Walt Disney Pictures. 12 Tratto da Le Monografie di Internazionale (1996), Villaggio Globale, Internazionale srl, Roma. Articolo di Manuel Castells, tradotto da Marina Astrologo, da El Paìs del 7 febbraio 1996, “Ciudadanos: ¡al Internet!”, PANTHALASSA (1.0) 5 informazione, appelli alla solidarietà, dibattiti politici, corrispondenza personale, ricette di cucina e fantasie online”. Insomma, là dentro c'è tutto, e c'è oggi come c'era allora, e ce n'è anche di più, ed è ancora più facile accedervi, basta saper utilizzare il motore di ricerca. Diffidare di google zeitgeist13, lo “spirito del tempo” è vittima di censura. Le parole più cercate al mondo sono sex e affini, anche alcuni rumors vogliono che in Italia la parola più cercata sia addirittura viagra – fatto che sembra essere confermato dall'enorme mole di spam (posta indesiderata) di quel genere nelle caselle email. Il sociologo spagnolo chiude l'articolo con un'esortazione: “Cittadini, tutti su Internet! Questa è la nuova arma di un'emancipazione ancora da sognare”. Emancipazione politica, ovviamente, tanto quanto l'esser convinti che attraverso Internet si possa far politica. Cosa sacrosanta, oserei dire, che dunque fu originata fin dal tempo della prima grande onda che avrebbe liquefatto l'intero pianeta. Non c'è bisogno di essere attivisti politici – anzi, in questo caso meglio esser qualunquisti – per conoscere le proposte di Beppe Grillo e del suo blog14, aperto nel gennaio del 2005, quasi dieci anni dopo l'articolo da me citato. Nihil novum sub sole, insomma. Internet è anche un'arma di guerra politica, ma la profezia di Castells tarda ad avverarsi, soprattutto in Italia. Mentre il nostro paese è governato da gente troppo vecchia per il compact disc, il presidente americano Barack Obama invia regolarmente su facebook messaggi ai suoi sostenitori, me compreso. Al lettore le sue (dovute) considerazioni. Il world wide web è solo il simbolo di Internet, benché spesso vengano utilizzati come sinonimi. Il web è soltanto una delle tante possibilità che ci garantisce la rete; il www, infatti, è soltanto un insieme di pagine ipertestuali con elementi video a schermo ed audio, che nasce, guarda caso, proprio negli anni '90.“La rete Internet esiste dalla fine degli anni '60, ma solo una ventina di anni dopo, al principio degli anni '90 un gruppo di ricercatori [...] cercarono di realizzare il progetto e rendere pubblicamente accessibili i documenti di testo interconnessi tra loro e con file di suoni e di immagini [...]. Nasce il world wide web, un insieme di documenti in formato ipertestuale [...]. Nonostante fossero fisici gli inventori del web ebbero un'idra di natura profondamente «umanistica»: scrivere, scambiare, archiviare, organizzare informazioni”15. Trovo davvero difficile comprendere, alla luce di tutto ciò che ho appena esposto, le ragioni per le quali debbano resistere forme parossistiche di idiosincrasia degli umanisti nei confronti della grande rete. Il computer nasce come calcolatore, Internet nasce “da un mix esplosivo tra cultura militare, Big Science e cultura libertaria”16, ma si evolve a metà degli anni novanta in un vero e proprio pandemonio di profondo interesse per la sociologia della cultura, per la politica, ma anche, e soprattutto, per l'epistemologia. Vale dunque la pena fermarsi per qualche istante dinanzi a contemplare quest'enorme e luminosissimo specchio d'acqua, per fare un tuffo, una nuotata in profondità, adeguatamente equipaggiati di maschera e bombole per l'ossigeno – per sondare gli abissi più remoti di questa Panthalassa. IV Immersi nel brodo primordiale Una questione di identità. 13 La versione mondiale (ne esistono anche di regionali, una delle quali tutta italiana): "Zeitgeist" means "the spirit of the times", and Google reveals this spirit through the aggregation of millions of search queries we receive every day. We have several tools that give insight into global, regional, past and present search trends. These tools are available for you to play with, explore, and learn from. Use them for everything from business research to trivia answers. http://www.google.com/intl/en/press/zeitgeist/index.html 14 Il blog è disponibile all'indirizzo: http://www.beppegrillo.it/ 15 Teresa Numerico, Arturo Vespignani (2003), Informatica per le Scienze Umanistiche, Il Mulino, Bologna. Pag. 64, 65. 16 Ibidem, pag 57. PANTHALASSA (1.0) 6 “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”, oltre ad essere un dipinto del 1898 di Paul Gauguin, è persino la domanda che ci poniamo ogni qual volta ci immergiamo nelle acque del world wide web. Rispondere alla prima domanda non dovrebbe essere affatto complesso: l'utente sa benissimo di trovarsi di fronte ad un monitor, nonché di venire da un mondo che non si misura in byte17 (e multipli). Se non sapesse rispondere all'ultima, infatti, con buone probabilità farebbe bene a spegnere il computer e tornare al suo mondo. La domanda tra le due, invece, nasconde qualche insidia. Intesa come: “qual'è la mia identità nel mondo della rete?”, si riduce ad una ben più banale: “qual'è il mio account?”. Il problema nasce dall'improbabile singolare utilizzato nel quesito. La vera domanda è: “quali sono, i miei account?”. “Un account per tutti i gusti. Questa è la tendenza che va lentamente prendendo piede, day by day, nel bizzarro mondo della rete. [...] Alla voce “User” (sia “username” che “account” redirigono a questo lemma), la wikipedia inglese si pronuncia così: “Users in a computing context refers to one who uses a computer system. Users may need to identify themselves for the purposes of accounting, security, logging and resource management. In order to identify oneself, a user has an account (a user account) and a username, and in most cases also a password. Users employ the user interface to access systems”18. Nulla di nuovo, insomma: un utente utilizza un determinato sistema, che può essere un sito o qualsivoglia programma, accede ad un account registrato digitando un nome utente ed in moltissimi casi una password, ed il gioco è fatto. Volendo intenzionalmente dimenticare l'intervento tempestivo dei cookies (tra l'altro ormai impostati di default su gran parte dei computer), porrei ora l'accento sul curioso proliferare di servizi online basati sul sistema di account appena esposto. Ormai la memoria (virtuale, ma anche fisica) del web-cittadino medio è inondata [...] da un cospicuo e rilevante numero di nomi utenti, password ed indirizzi e-mail da inserire per accedere ai servizi più disparati. Esistono, ad esempio, programmi per scaricare legalmente software dalla rete: da iTunes della Apple per il download della musica a Steam della Valve, ognuna munita del suo account. Abbiamo un account per visualizzare online i servizi della banca (dall'estratto conto ai pagamenti del bancomat, fino alle ricariche ai cellulari), uno per monitorare le spese delle chiamate col nostro operatore telefonico, altri ancora per accedere agli acquisti: dall'onnipresente eBay ai vari negozi di merce nuova ed usata, disseminati per la rete, come amazon.com o play.com [...]. Abbiamo innumerevoli account “sociali” [...] per MSN messenger, uno per il nostro blog [...], uno per myspace, uno per facebook, uno per netlog, uno per deviantart, uno per forumfree ed uno per forumcommunity, uno per youtube, uno per ogni forum specifico o per ogni community con contenuti accessibili ai soli utenti registrati. Ci sono account che registrano le nostre collezioni musicali e videoludiche, dal software in casa agli ascolti, da Ign.com a Last.fm. Ovviamente, anche i famigerati mondi virtuali hanno un account per garantire l'integrità e l'inviolabilità dell'avatar19 [...]. A pensarci bene, inseriamo un username ed una password anche per accedere ai nostri indirizzi e-mail privati, da libero.it in poi, e molti account sono spesso associati ad una mail per eventuali recuperi di password dimenticate o smarrite. È chiaro che, in casi come questi, si forma una sorta di dipendenza tra account; perso il primo, scatta il secondo per il recupero. 17 Un byte, simile, a parte la y, alla parola inglese "to bite" (che significa morso, infatti il byte è la quantità di memoria più piccola che il computer riesce a "mordere" con un solo indirizzo) è una sequenza di bit, il cui numero dipende dall'implementazione fisica della macchina sottostante. Per convenzione negli ultimi anni lo si intende formato da 8 bit, ed è pertanto in grado di assumere 28 = 256 possibili valori. 18 http://en.wikipedia.org/wiki/User_(computing) – il lemma è stato nel frattempo semplificato in: In computing, a user is a person who uses a computer or Internet service. A user may have a user account that identifies the user by a username (also user name), screenname (also screen name), or "handle", which is derived from the identical Citizen's Band radio term. To log in to an account, a user is typically required to authenticate himself with a password or other credentials for the purposes of accounting, security, logging, and resource management. 19 Avatar, dal sanscrito “reincarnazione”, altro non è che l'alter-ego (di poligoni e pixel) virtuale nel mondoparallelo online. PANTHALASSA (1.0) 7 Alla base (rigorosamente offline) della piramide, volendo proprio essere pignoli, ogni utente del computer ha un suo username ed una sua password opzionale, oggi sostituita anche da meccanismi di riconoscimento dell'impronta digitale. Potrei proseguire nell'enumerazione, ma credo d'aver citato già abbastanza funzionalità, tutte recentissime, garantite dal brave new world di Internet. A questo punto mi verrebbe da chiedere al grande deus sive computer quale sia il destino dell'individuo in tutto ciò. Appurato che “individuo” non è più tale, poiché non c'è alcun collegamento che riconduca le svariate e divise funzionalità informatiche di ogni servizio all'unico fruitore, ho l'impressione che questa molteplicità di identità presenti problematiche del tutto nuove. La prima è di carattere pratico e mnemonico: tenere a mente una trentina di username e relativa password, o nella migliore delle ipotesi trascriverli e non perderli, occultandoli al contempo da sguardi indiscreti, non è impresa facile. Per nostra fortuna, gran parte degli account a nostra disposizione sono del tutto gratuiti. Non si presenterebbe, infatti, alcun problema nel caso in cui fosse necessaria una seconda iscrizione a facebook o forumfree, oltre alla semplice perdita di qualche contatto. Al contrario, dalla perdita dei dati di Steam al fenomeno del phishing (furto dei dati per accedere ai servizi di banca online), anche da una semplice svista possono seguire pesanti conseguenze economiche. Si prospetta, a questo punto, una nuova ondata di funzionalità a disposizione del globetrotter informatico, la maggior parte delle quali completamente gratuite, di impatto sempre maggiore sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo; ma qual'è il costo che paga la nostra identità, sempre più confinata ad accessi multipli per molteplici servizi in altrettanti ambienti? A quali mutazioni virtuali va incontro la società, se accediamo con un profilo differente per ogni nostra attività? [...]”20 Il testo sopra citato è mio, direttamente dal mio blog. Non credo di avere risposte concrete per le domande che pongo al termine della trattazione: nel mondo della rete ogni individuo è uno, nessuno e centomila account diversi, interpreta parti diverse: da quello che acquista e cataloga musica e videogames a quello che fruisce e condivide ciò che acquista. Non è solo nello shopping, tuttavia, che l'individuo si identifica e si crede libero, come invece sostiene Bauman in “Modernità Liquida”. L'utilizzo di decine e decine di identità nei mari della Panthalassa conferiscono alla liquidità “in sé” il fatto di essere molteplice, senza neppure adattarsi agli status quo della pubblicità e degli acquisti. Dirò di più: lo shopping tanto paventato da Bauman altro non è che l'ultimo baluardo di solidità che resta al postmoderno, l'ultimo disperato appiglio per chi di nichilismo non sa vivere. Nel mondo della rete, infatti, esistono community per chi non acquista, per chi ama quello che gli altri non amano, e pure per chi odia. Tant'è che al celeberrimo facebook si è appena aggiunto hatebook21 (da to hate, odiare). Ma ci sono pure siti (e veri e propri spazi virtuali) per vivere nel mondo degli Elfi, dei Nani e dei Maghi; siti per essere tremendamente fuori moda e siti per odiare il mondo. Altrochè omologazione dell'individuo: Internet ne è la vera antitesi liquido-moderna! Non è un caso che la cultura Emo spopoli oggi tra i nostri adolescenti: ragazzi che odiano il mondo e si odiano, si tagliano le vene come atto di rifiuto alla vita, ascoltando musica che parla di suicidi e depressioni. Per non parlare degli stili tornati, redivivi, proprio grazie ad Internet: dal punk al goth al dark, dal truzzo al gabber al tamarro; stili spesso associati a generi musicali, così vivi proprio grazie alle potenzialità del world wide web, in cui persone tanto diverse possono trovare e discutere coi loro simili a distanza di decine, centinaia, migliaia di chilometri. Senza Internet, probabilmente gli individui, nei loro stili e nei loro modi di fare, di vedere il mondo, tornerebbero tutti uguali, magari lobotomizzati dalla TV – la quale, al contrario di Internet, non è interattiva. Forse siamo tutti uguali tutt'ora, in Internet, nelle nostre community e nei nostri forum – ma fuori da Internet siamo uguali ai nostri simili e mescolati nel mondo. Se nel “Crepuscolo degli idoli”, in un 20 Disponibile sul mio blog, postato in data 01/12/2008: http://lalapide.iobloggo.com/174/l-account-unico 21 Il sito: http://www.hatebook.org/ PANTHALASSA (1.0) 8 celebre passo Nietzsche22 ci ricorda “Come il mondo vero divenne favola”, forse la “favola” del mondo della rete, del nichilismo liquefatto della Panthalassa, sta per cambiare definitivamente il mondo vero – non quello metafisico, ma quello degli uomini, oltre il monitor; quello di chi legge questo testo. Inondazione di identità multicolori: si salvi chi può! V Internet Veritas Est “Certo che è vero, l'ho letto su Internet! Riporto qui alcuni passaggi di un altro articolo scritto qualche tempo fa dal sottoscritto, postato sempre sul mio solito blog, in seguito ad una riflessione fatta coi ragazzi del Liceo Scientifico nel quale ho svolto l'attività di tirocinio didattico. “Riflettevo qualche tempo fa sui pericoli che corrono i giovani nell'avventurarsi in questa selva oscura, confusa ed ingannevole che è Internet, senza prima aver acquisito un metodo di ricerca razionale, critico e mirato; ogni attività di approfondimento supplementare allo studio è ormai strettamente dipendente dalla rete, utilizzata quale unica fonte disponibile, o quasi. Molto interessante, a tal proposito, una breve ricerca svolta da due professori di Wellesley (Graham e Metaxas, 2003)23: “Clearly, students consider the Internet a primary source of information. The results presented here suggest many students have difficulty recognizing trustworthy sources, though perhaps the underlying problem is a lack of understanding of the Internet as an unmonitored source of information. All future educational ventures must focus on teaching users the Internet is an unmonitored method of sharing information. [...] As students continue to view the Internet as a primary source of information, without a significant shift in training methods, this problem will only worsen. It is vital that students better understand the nature of the Internet and develop an instinctive inclination for verifying all information”. Per prima cosa, occorre riconoscere due elementi evidentissimi: lo studio è stato effettuato nel 2003, negli Stati Uniti. Ne deduciamo, quindi, che se da un lato in sei anni la situazione non può che essersi evoluta, in meglio o in peggio, dobbiamo comunque tener conto anche del fatto che in Italia l'offerta di connessioni ad Internet – in particolare per quanto riguarda le connessioni a banda larga, in cui ancora ci distinguiamo tra i paesi più retrogradi d'Europa – è avvenuta molto più di recente di quanto non sia accaduto oltreoceano. Sembra proprio che negli ultimi anni Internet abbia raggiunto una diffusione capillare, ed il suo utilizzo si sta radicando con grande celerità. Solo qualche anno fa mi pareva impensabile uno sviluppo tanto massiccio in un lasso di tempo tanto breve, specialmente alla luce dei feedback negativi che riscontravo nei miei coetanei. Ricordo ai più giovani, o più semplicemente ai più disinformati, che MSN è diventato estremamente popolare solo da qualche anno (Windows Live Messenger è stato rilasciato nel 2005) , e che facebook ancora è nel periodo della scuola dell'infanzia, nato nel 2004. La mancanza di un'educazione all'informazione, al metodo di ricerca e ad un corretto utilizzo di Internet, aggravato dal progressivo peggioramento della situazione è un fatto evidente, soprattutto alla luce della disattenzione di genitori, insegnanti, e, perché no, anche responsabili dell'informazione. Sappiamo bene che giornali e TV preferiscono fare demonologia con tutto ciò che non conoscono, dedicando più spazio alle crociate di Jack Thompson24 che a ben più educativi spazi di approfondimento sul mondo di Internet, quasi che pure i gruppi pro-stupri e pro-mafia sbocciati su facebook siano comparsi a causa del cattivo lavoro educativo dei docenti italiani (fannulloni) e per l'assoluta mancanza di censura, fortemente richiesta da una certa 22 Nietzsche, “Götzen-Dämmerung”. Alludo al passo: “Wie die „wahre Welt” endlich zur Fabel wurde”. 23 Ricerca estremamente interessante, disponibile qui: http://www.wellesley.edu/CS/pmetaxas/CriticalThinking.pdf 24 Un avvocato statunitense che si è spesso guadagnato le prime pagine dei giornali (specialistici e non) con la sua insulsa crociata contro la violenza nei videogames: http://www.jackthompson.org/ PANTHALASSA (1.0) 9 politica. Tra avvocati che si improvvisano psicologi e pedagogisti dell'era di Grand Theft Auto, cretini che si iscrivono al “fan club degli stupratori” e “gli amici dei mafiosi”, e politici che brancolano nel buio della loro senilità, prendendosela ogni volta col Giuda di turno, le vittime sono proprio i ragazzi, che non ci capiscono più un (you)tubo, disinteressandosi completamente delle montature mediatiche – ed ignorando così totalmente il problema. D'altro canto, non posso che meravigliarmi dell'efficienza e della disponibilità di informazioni che Internet ci offre da un punto di vista bonariamente epistemologico: possiamo toccare con mano – per meglio dire, con mouse – attraverso un sistema estremamente user friendly ricerche appena svolte in un'università dall'altra parte del pianeta senza neppure sborsare un centesimo né uscire di casa, leggere le notizie dall'Italia e dall'estero in tempo reale, mentre sui quotidiani dovremmo attendere l'indomani mattina, e sempre che la notizia non sia talmente particolare [...] da non apparire nemmeno sulla carta stampata; si possono trovare testi d'autore trascritti in lingua originale, utilissimi per citazioni e precisazioni filologiche; possiamo attingere ad innumerevoli informazioni secondarie del tipo “in che anno è nato Napoleone?”, o “quanti sono i capoluoghi di provincia della Campania?” con pochi click, senza dover andare a rovistare tra libri di storia, geografia ed enciclopedie tutt'altro che di facile consultazione. Pur non avendo interessi nei confronti di Napoleone, o magari della geografia italiana, potremmo comunque essere indecisi su quale strada prendere per giungere al concerto o all'albergo per la settimana bianca – risposta alla domanda “esiste una strada X dalle parti di A che mi porti all'albergo?”. Anche gli acquisti online danno adito ad una riflessione profonda su quanto sia facile rispondere a semplicissimi quesiti: “dove è reperibile? Di quante copie dispone? Dove e in quale anno è stato prodotto/pubblicato?” et similia. Per non parlare dei servizi bibliotecari online, di youtube e della wikipedia... insomma, anche una semplice enumerazione spassionata delle innumerevoli funzionalità offerte della rete mi richiederebbero una digressione davvero sterminata, ma spero quantomeno di aver reso l'idea della rivoluzione che stiamo vivendo, magari senza rendercene conto, tra un trillo e qualche “lol” di troppo. Un sistema tanto amichevole ed efficiente quanto insidioso: quante volte, nella fretta di trovare un'informazione “al volo”, ci siamo accontentati del primo risultato ottenuto? Predicavo proprio in questi giorni circa la necessità di riflettere sul metodo da utilizzare per svolgere ricerche nel mare magnum della rete, analizzando il mio metodo e cercando di comprendere in che cosa differisse da quello, sicuramente più ingenuo, di uno studente delle scuole superiori. Per prima cosa, lo scacco del metodo di ricerca nasce da quel “lack of understanding of the Internet as an unmonitored source of information”, tipico dei ragazzi che con Internet sono cresciuti (l'atteggiamento degli adulti è ben più critico di quello dei ragazzi non tanto per una maturità acquisita, quanto, più che altro, a causa del loro rapporto conflittuale di estraneità e diffidenza nei confronti delle nuove tecnologie). L'analogia più chiara che possa venirmi in mente è quella di eBay. Come può capitare di acquistare un buon prodotto ad un prezzo risibile (un affare!), si corre spesso il rischio di trovarsi a casa un prodotto difettoso, mal funzionante o magari non originale. Nel peggiore dei casi, potremmo pure pagare un prodotto che non esiste. Un ragionamento analogo può esser fatto con le informazioni che i naviganti della rete adocchiano con google: possiamo trovare informazioni dettagliatissime ed esatte (l'affare), informazioni appena sufficienti per la nostra ricerca, con qualche errore disseminato qua e là (come nella wikipedia) oppure informazioni semplicemente false (attenzione ai blog!). Di fondamentale importanza è la stesura, o più semplicemente la presa visione, di buone informazioni bibliografiche: molto spesso alle scuole superiori non è richiesto un ancoraggio che vada oltre al “link”. In altre parole: “se c'è un link funzionante e conduce ad una pagina il documento è valido” (sic). Ho l'impressione, ma forse sono io ad illudermi, che all'università le cose vadano un tantino meglio. Una buona bibliografia dovrebbe comprendere l'autore e PANTHALASSA (1.0) 10 l'affidabilità dello stesso, nonché un'adeguata dimostrazione che quel testo sia effettivamente suo; l'anno in cui il documento è stato scritto, se pubblicato magari anche il titolo della pubblicazione e le informazioni sulla casa editrice. Se possibile, reiterare la ricerca passando per fonti diverse e con metodi diversi, quasi a cercare di falsificare – e corroborare, per dirla con Popper – i dati a nostra disposizione: se più strade conducono allo stesso risultato, non possiamo che concluderne che la probabilità di trovarci dinanzi ad informazioni valide è più alta!”25 VI Fisica I – Fluidodinamica Dalla cultura alla società dei naviganti: social network et similia! Abbiamo fatto una breve nuotata nel mare di Internet osservandone diverse peculiarità: siamo partiti dall'aspetto storico, abbiamo affrontato la questione delle identità attraverso gli account ed il problema epistemologico della verifica delle informazioni. Tuttavia, abbiamo finora osservato soltanto le goccioline di questo mare magnum, senza neppure volgere lo sguardo ai rapporti di forza tra gli elementi in analisi. Sappiamo di accedere alla rete attraverso un account, con un indirizzo IP e quant'altro, sappiamo che nel cercare informazioni dobbiamo fare molta attenzione, ma non sappiamo ancora con chi interagiamo, quando entriamo in contatto con altri naviganti. Se Internet è luogo d'interazione con i server di tutto il mondo e coi loro preziosissimi dati, la rete acquisisce via via sempre più anche la forma di un luogo di scambio (sharing) tra utenti. L'ultima analisi di questo breve saggio tocca l'aspetto forse più controverso ed attuale del fenomeno: il rapporto tra gli individui nelle community26. Premessa autobiografica – il lettore formale me la perdoni: amministro un forum dall'età di quindici anni. Con gli utenti di questo forum ho organizzato quattro raduni (meetings), ovvero eventi in cui il rapporto tra semplici users diviene solido, in cui i membri del gruppo si incontrano dal vivo, e lì discutono sia del mondo online, il mondo della liquidità assoluta, sia dei loro hobby, delle loro passioni, dei loro desideri per il mondo offline; il wahre welt, il mondo reale. Devo ammettere che si tratta sempre di esperienze particolari: capisci di avere dinanzi a te persone che conosci da anni e che, in un certo senso, non hai mai conosciuto. Affrontare la questione dei rapporti sociali in rete a 360° sarebbe un'impresa ardua; preferisco focalizzare l'attenzione sul più massificato fenomeno dei social network. I forum di discussione ed i blog, infatti, sono ancora appannaggio di un gruppo elitario tra gli utenti della grande rete; sicuramente un gruppo cospicuo ma ancora lontano dalle grandi masse. Ho l'impressione che le capacità dialogiche ed argomentative richieste al fruitore medio dei forum di discussione siano abbondantemente oltre le effettive capacità dimostrate27; pertanto i luoghi di discussione e scambio di informazioni di complessità medio/alta (politica, società, cultura, filosofia, arte; ma anche meta-entertainment e recensioni, dal cinema alla letteratura ai videogames), solitamente 25 Sempre disponibile sul mio blog, all'indirizzo: http://lalapide.iobloggo.com/178/Internet-e-la-verifica-delleinformazioni 26 Una comunità virtuale o comunità online è, nell'accezione comune del termine, un insieme di persone interessate ad un determinato argomento, o con un approccio comune alla vita di relazione, che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica, oggigiorno in prevalenza Internet, e le reti di telefonia, costituendo una rete sociale con caratteristiche peculiari. Infatti tale aggregazione non è necessariamente vincolata al luogo o paese di provenienza; essendo infatti questa una comunità online, chiunque può partecipare ovunque si trovi con un semplice accesso alle reti, lasciando messaggi su forum (Bullettin Board), partecipando a gruppi Usenet (Newsgroups o gruppi di discussione), o attraverso le chat room (Chiacchierate in linea) e programmi di instant messaging (messaggistica istantanea) come ICQ, ebuddy, Pidgin, MSN Messenger, Yahoo! Messenger, e altri. Una comunità virtuale può rimanere unicamente tale, oppure estendersi nel mondo fisico, permettendo l'incontro dei suoi appartenenti (http://it.wikipedia.org/wiki/Comunità_virtuale ). 27 Abbozzo l'argomento in questo post: http://lalapide.iobloggo.com/182/una-lezione-di-stile PANTHALASSA (1.0) 11 forum e blog di informazione (quindi esclusi quelli personali), raggiungeranno molto lentamente, o forse non raggiungeranno mai, il livello di diffusione di servizi come MSN, youtube o facebook, i veri emblemi, almeno in questo 2009, della fruizione ed interazione informatica contemporanea: il web 2.0. Il social network più discusso di quest'ultimo periodo è indubbiamente facebook, con ormai due milioni di utenti all'attivo, come è recentemente stato dichiarato dallo stesso autore, Mark Zuckerberg28 . Secondo quanto sostenuto da Tom Hodgkinson, in un articolo pubblicato sul celebre quotidiano britannico The Guardian, a mio avviso in modo un po' ingenuo: “Questo business americano dall’enorme successo si descrive come "uno strumento sociale che collega tra loro gli amici e le persone che lavorano, studiano o vivono insieme". Ma aspettate. Quale diavolo sarà il motivo che mi costringe ad avere bisogno di un computer per connettermi con la gente intorno a me? Perché i miei rapporti dovrebbero essere mediati attraverso l'immaginazione di un gruppo di supercervelloni originari della California? Che cosa c’era di male in un pub? Ma Facebook connette davvero le persone? O forse non ci disconnette, dal momento che invece di fare qualcosa di divertente, come parlare o mangiare o ballare o bere con gli amici, sto semplicemente inviando loro note sgrammaticate e divertenti foto nel cyberspazio, mentre sto incatenato alla mia scrivania? Un mio amico mi ha detto recentemente che aveva trascorso una Sabato notte a casa da solo su Facebook, a bere alla sua scrivania. Che immagine triste. Lungi dal connetterci, Facebook effettivamente ci isola alle nostre scrivanie. Facebook inoltre lusinga la nostra vanità ed egocentrismo. Se metto una bella immagine di me stesso con un elenco delle mie cose preferite, posso costruire una bella rappresentazione artificiale di me stesso, al fine di ottenere sesso o approvazione. ( "Mi piace Facebook", ha detto un altro amico. "mi è valso una scopata.") Si incoraggia inoltre una preoccupante competitività sull’amicizia: ormai sembra che riguardo agli amici la qualità non conti nulla e la quantità sia sovrana. Più amici hai, migliore sei. Sei "popolare", nel senso molto amato nelle scuole superiori americane. Ne è testimone il titolo del nuovo giornale su Facebook della Dennis Publishing: "Come raddoppiare la tua lista di amici"”. Sembra, tuttavia, che io sia molto solo nella mia ostilità. Mentre scrivo, Facebook afferma di avere 59 milioni 29 di utenti attivi, di cui 7 milioni nel Regno Unito, il terzo più grande cliente di Facebook dopo gli Stati Uniti e il Canada. Vuol dire 59 milioni di babbei, i quali hanno tutti volontariamente fornito informazioni sulla loro identità e sulle loro preferenze nei consumi a un impresa americana di cui non sanno nulla. Proprio ora, 2 milioni di persone si iscrivono ogni settimana. Al ritmo attuale di crescita, Facebook avrà più di 200 milioni di utenti attivi il prossimo anno a quest’epoca. E prevedo che, se non altro, il suo tasso di crescita accelererà nel corso dei prossimi mesi. Come dice il suo portavoce Chris Hughes: "Si è infiltrato in misura tale che sarà difficile liberarsene." Tutto quanto sopra sarebbe stato sufficiente a farmi odiare Facebook per sempre. Ma ci sono altre ragioni per odiarlo. Molte di più.”30 Sorvolando le ipotesi di cospirazioni capitalistiche e la fantapolitica che segue, per la quale rimando il lettore interessato direttamente all'articolo di Tom Hodgkinson, probabilmente uno dei 28 Comunicato disponibile a quest'indirizzo: http://blog.facebook.com/blog.php?post=72353897130 – Growing rapidly to 200 million users is a really good start, but we've always known that in order for Facebook to help people represent everything that is happening in their world, everyone needs to have a voice. This is why we are working hard to build a service that everyone, everywhere can use, whether they are a person, a company, a president or an organization working for change. 29 Ricordo che l'articolo è del 2008. 30 Articolo pubblicato sul The Guardian il 16/01/2008, dal titolo “With friends like these”, di Tom Hodgkinson. Reperibile in lingua inglese sul sito ufficiale del celebre quotidiano: http://www.guardian.co.uk/technology/2008/jan/14/facebook – per praticità (e per non ritradurre il testo) utilizzo la traduzione di Stefania Bisacco, disponibile al seguente indirizzo: http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2008/09/detesto-faceboo.html PANTHALASSA (1.0) 12 più critici e degni d'interesse sull'argomento, stando alle parole del giornalista, mi viene da pensare ad una vignetta che lessi qualche tempo fa in rete, con lo slogan: “facebook is to socializing what masturbation is to sex” (facebook sta alla socializzazione come la masturbazione al sesso). Pesante. Troppo pesante. Cito una fonte più obiettiva, in questo caso, per rendere più chiaro il fenomeno: “Facebook è un’idea di proprietà di Mark Zuckemberg, figlio di una psichiatra e di un dentista di New York ed ex studente ad Harvard in psicologia. Inizialmente nacque nell’ottica di un’evoluzione informatica del classico annuario cartaceo dei colleges [...]. Non ancora venticinquenne, Zuckemberg è adesso il più giovane miliardario del mondo, la sua azienda, non ancora quotata in Borsa, è calcolata dai 16 ai 20 miliardi di dollari e la Microsoft di Bill Gates nel 2007 ha pagato circa 170 milioni di euro per acquisirne l’1,6 per cento. Un successo planetario, a tutti gli effetti [...] Per quei pochi, nostalgici, a questo punto, che non sanno o si rifiutano di prenderne parte, diremo che Facebook è una comunità virtuale su Internet che consente a ognuno di avere una pagina personale all’interno della quale gestire materiale vario [...]”31. Un colosso, insomma, forse una delle più grandi correnti oceaniche mai registrate in tutta la Panthalassa, insieme al fenomeno MSN Messenger di casa Microsoft. Cosa c'è di vero nelle invettive del giornalista inglese Hodgkinson, e quali sono i rapporti reali tra gli individui nel social network? In primis, sarei curioso di sapere se i grandi critici di facebook conoscono la differenza tra un bit ed un byte. Troppo facile, a mio modestissimo avviso, sparare sull'acqua; il colpo non sortisce alcun effetto significativo: crea una serie di cerchi concentrici che si espandono, finché il liquido non torna in stato di quiete. Sono regolarmente iscritto a facebook, lo frequento ogni tanto e così fanno i miei colleghi di lavoro, i miei compagni di corso all'università, i miei amici, ma anche alcuni tra i miei professori. Facebook è un gioco, poco più. Un momento di interazione ludica, ma difficilmente potrebbe capirmi chi non ha idea di cosa sia un MMOG 32. Su oltre trecento contatti nel mio profilo, noto che una percentuale irrisoria (una decina di persone al massimo) inserisce link esterni allo stesso facebook; il social network più cliccato del momento viene più che altro utilizzato come vetrina, giusto per mostrare i risultati di banalissimi test (come quelli che si trovano nelle riviste) o per iscriversi a gruppi di scarso interesse. Una corrente circolare, insomma, facebook è un mondo che parla soprattutto di se stesso, attorno a se stesso, in cui individui provenienti dal mondo reale “giocano” mostrando a tutti gli altri le loro azioni sul profilo – ognuno decide cosa mostrare. “Gli utenti evitano di esprimere: orientamento politico, tristezza, intimità, rabbia, sentimenti, giudizi morali, illegalità; mentre gradiscono esprimere: ilarità, benessere, umori passeggeri. Nelle risposte torna di frequente l’utilizzo di espressioni “liquide”, a definire il tipo di espressione che si può avere su Facebook: gli utenti sanno di potersi muovere in una dimensione di pura immediatezza e fugacità, quando esprimono i loro pensieri, impressioni, commenti, interessi e fatti, nessuno dei quali realmente significativi. Non è un caso che gli utenti non vogliano parlare di questioni morali e politiche: Facebook non è lo spazio né il tempo per certe questioni. Può semmai rappresentare una vetrina di autopromozione, come effettivamente è, e questo appare chiaro a tutti”33. I dati empirici che mi giungono confermano proprio questo: i rapporti all'interno del social network sono talmente semplificati e fugaci che dedicarvi gran parte della giornata, per l'utente medio, rappresenta più che altro un disturbo mentale, piuttosto che un'eventualità possibile. A fronte della possibilità di interagire con decine di amici per qualche tempo, facebook va inteso non come un'alternativa al mondo reale, ma come un breve momento di interazione in un momento in cui questa non è resa possibile dalle contingenze. 31 Cito la tesi: “Le Relazioni Umane e Facebook – Applicazione delle Categorie Liquido-Moderne di Bauman al Social Network”, di Giulia Frattini. 32 Acronimo di: “Massive Multiplayer Online Game”. 33 Ibidem. PANTHALASSA (1.0) 13 Ciò che interessa davvero all'Odisseo navigante nel mare della Panthalassa, è contemplare con attenzione lo stato di décadence della cultura e dell'informazione: il social network, infatti, potrebbe diventare lo strumento privilegiato per condividere i propri pensieri più complessi, le proprie riflessioni, in cui discutere attraverso la scrittura, oltre che la parola (nel mondo reale), come accade attraverso i forum ed i blog. Al contrario, come andavo mostrando all'inizio del capitolo, questo genere di comunicazione resta una via privilegiata per pochi eletti, mentre il social network è il vero non-volto della società di massa, in cui è impossibile distinguere gli individui, in cui “diventare adulti con un click su confermo”34, in cui è “proprio come accade quando sfogliamo le pagine di un catalogo di vendite per corrispondenza con tanto di promessa di «nessun obbligo di acquisto» e garanzia «soddisfatti o rimborsati» in prima pagina. Possibilità di rescissione immediata – senza grane, strascichi o recriminazioni – è il maggiore vantaggio che i siti di appuntamenti su Internet possano offrire”35. È proprio nell'estrema semplificazione di facebook, tuttavia, che il buon navigante deve saper destreggiarsi; non nel rifiuto incondizionato del nuovo mezzo di comunicazione, ma nella sua analisi. Il social network, infatti, è un insospettabile “venire a galla” di alcuni interessanti aspetti primordiali della società, dei pensieri e degli interessi remoti degli individui, semplificati all'estremo solo al fine di esser condivisi con il maggior numero possibile di persone, un manifestarsi pubblicamente ai naviganti più attenti, a chi vuole davvero comprendere i limiti e le contraddizioni del mondo in cui viviamo, ma anche a chi vuole semplicemente passare cinque minuti in un uggioso pomeriggio di dicembre, tra una sessione di studio e l'altra. Sleghiamo quindi l'eroe dai pregiudizi dell'albero maestro e lasciamolo udire il canto delle sirene, e che giunga da loro, poiché non corre alcun rischio. Lungi dalla demonologia che nasce dall'ignoranza, nella Panthalassa l'unico mostro marino, l'unico Leviathan è il cattivo utilizzo dei mezzi a disposizione del navigante – facebook non dispone di catene per legare i fruitori alla scrivania, né costringe nessuno a condividere – e ad essere condiviso. Is that clear, Mr. Hodgkinson? VII Sull'Idrofobia di Bauman Chi ha dimenticato il salvagente? “Idrofobia, s.f. (med) sintomo della rabbia che consiste nella ripugnanza verso l'acqua o verso i liquidi”.36 Ad una prima lettura, è impossibile non restare affascinati dalle conoscenze letterarie, filosofiche e sociologiche che fioccano come neve in montagna dagli scritti di Bauman, che piovono sul volto del lettore con chiarezza e commentate con grande competenza da uno dei più grandi sociologi contemporanei. L'ossessione di cui parlavo nella prefazione, per la quale il termine “liquid” sembra diventato una costante negli scritti baumaniani del XXI secolo, tuttavia, nasconde un'insicurezza recondita e profonda della sociologia contemporanea, sulla quale mi è impossibile tacere, ora che si è aperto davanti ai miei occhi l'oceano della Panthalassa. Fare davvero sociologia oggi è un'impresa ardua. Richiede profonde competenze in ambito economico e statistico, poiché senza numeri non puoi giungere oltre a semplici suggestioni da offrire al lettore per una riflessione. Non che riflettere sia un male, beninteso, ma non è con una chiacchierata che si costruisce una “scienza della società”. La chiacchierata è utile, al contrario, in ambito divulgativo, per stuzzicare le masse, per interessare il lettore e portarlo ad un gradino 34 Da “Le Dimensioni del Mio Caos”, album musicale dell'artista italiano Caparezza. 35 Z. Bauman (2006), Amore Liquido, traduzione di Sergio Minucci, Laterza, Bari, pag. 91. Opera originale: Liquid Modernity, 2003. 36 Dizionario Garzanti della Lingua Italiana (Edizione Minore), 1971. PANTHALASSA (1.0) 14 più alto, ad una sintesi più raffinata sulla scala della coscienza di sé e del mondo. Ecco palesarsi anche il limite di questo mio scritto: anche qualora io sia riuscito nell'intento di fornire informazioni e spunti di riflessione, probabilmente non ho fatto null'altro che citare dati utili per un'ulteriore studio sul fenomeno, attraverso una metafora a mio avviso riuscita: quella della Panthalassa. Niente di più, niente di meno. Contro lo stesso scoglio s'imbatte la navigazione di Bauman: il suo stile affascina infatti il lettore in una rete di meraviglie, tra citazioni di alta cultura e grandi riflessioni filosofiche e sociologiche, ma senza fornire dati quantitativi utili ad uno studio scientifico e razionale del sistema preso in analisi. Ciò che disarma persino il paladino più accanito in difesa del sociologo britannico, è l'assenza assoluta di dati quantitativi e matematici nei suoi scritti: mancano i numeri, manca la misura. Restano le meravigliose metafore, la maestosa cultura e le belle favole. Ma la sociologia vive un periodo pericoloso. Le strutture sociali, anche attraverso Internet, diventano col tempo sempre più sfuggenti, sempre più complesse, sempre più liquide; e questo richiede un'attenzione maggiore. La sociologia che fa politica, soprattutto quella di sinistra, ha già subito gravissimi danni: l'interpretazione marxista della società deve essere rivista, poiché la solidità dell'800 è ormai consegnata ai libri di storia. In Italia, gli operai hanno votato Lega Nord. Per questo va rivisto l'intero metodo di indagine ed interpretazione, poiché gli economisti di oggi riescono a fare quello che ieri facevano i sociologi – e lo fanno meglio. Come questo sia possibile, è cosa evidentissima: la sociologia non bada ai numeri dell'ISTAT, l'economia bada soltanto a quelli. Entrambe le discipline cieche, dogmatiche nelle rispettive prospettive, ma sulle quali il tempo ha pronunziato il verdetto. La sociologia ha perso. Verrà, o almeno lo spero, il tempo in cui i sociologi si avvedranno dell'errore, e tornerà ad esistere la figura poliedrica dell'economista, sociologo ed antropologo che tanti esponenti ha visto incarnare durante l'800, secolo in cui nacquero le tre discipline. Chiedete ad un sociologo che cos'è la caduta tendenziale del saggio di profitto nel Capitale di Marx, e probabilmente risponderà a fatica, limitandosi a biascicare qualcosa sul “D-M-D'”. No, non è la risposta corretta. Il mondo si è liquefatto, e la sociologia ha paura. La lettura critica che dalla Scuola di Francoforte di Adorno ed Horkheimer arriva fino a Bauman ha fatto il suo tempo e perso le sue battaglie, ed il pessimismo che si intravedeva attraverso quegli scritti nasceva sicuramente dalla paura di un mondo che via via rifuggiva quegli schemi interpretativi; bisogna ricominciare dall'analisi matematica, perché solo col numero è possibile spiegare scientificamente la complessità della società liquido-moderna nella quale viviamo. Con la matematica, grande ossessione della filosofia cinque/seicentesca, poiché “la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”, come ci ricorda Galilei ne “Il Saggiatore”. Ed ecco che i modelli interpretativi del marxismo dopo Marx sono un po' come gli oscuri labirinti descritti dal filosofo italiano in ambito fisico. Se da un lato la lettura “metaforica” della liquefazione del post-moderno non coglie appieno la società reale, concreta e materiale (forse Marx avrebbe parlato in questi termini), di sicuro la lettura critica della società da parte di questo marxismo vive davvero un periodo di terrore inimmaginabile. Scrivevo qualche tempo fa, sempre sul mio blog: “Ho l'impressione che un certo tipo di marxismo (oggi dominante), col passare degli anni, sia diventato sempre più soggetto ad insensate crisi di panico. Non posso aspettarmi un atteggiamento scientifico tout court, anche se – vorrei ricordare – il superamento degli idealismi era già stato profetizzato dallo stesso Marx nel “Die deutsche Ideologie” in favore di un approccio più scientifico e “concreto”, che tenesse conto dei rapporti “reali”, e non di quelle PANTHALASSA (1.0) 15 rappresentazioni errate che altro non sono che la definizione stessa attribuita da Marx all'ideologia dei giovani hegeliani (sia di destra che di sinistra). [...] Piuttosto che temere le grandi cospirazioni dei capitalisti cattivi, un bravo scienziato della società dovrebbe prendere in mano numeri e dati più concreti, al fine di combattere e cambiare il mondo “reale”, quello che i marxisti hanno finora solo interpretato ideologicamente e temuto (echeggia la XI tesi su Feuerbach?). Per cambiare veramente le cose senza aver paura degli spettri e delle ombre, è necessario partire da dati matematici e concreti [...]”37. Possiamo quindi parlare di questa crisi di panico come di una vera e propria idrofobia, da parte del sociologo di origini polacche. Che non sappia nuotare nei mari liquefatti della società post-moderna? Laddove ai grandi accusatori di Internet (e dei fenomeni che si stanno verificando al suo interno) mancano nozioni di carattere spiccatamente logico ed informatico per rendere le loro critiche ipocrite quantomeno rispettabili (e non semplicemente: “ho paura perché non lo conosco e lo critico perché non ne faccio uso!”), per realizzare una buona critica della società è necessario il saggio utilizzo di conoscenze economiche, matematiche e statistiche. Il resto sono solo favole e poesie per gli amanti della bellettristica, sicuramente di grande valore umanistico, ma parimenti povere di scienza. Ecco come finalmente abbiamo ritrovato, nella nostra cassetta degli attrezzi (da mare), oltre alla paletta ed al secchiello, anche il salvagente ed i braccioli. Sia per un tuffo nella Panthalassa, sia per fare una buona sociologia. In conclusione... Avrei potuto analizzare più dettagliatamente ogni argomento, ma avrei dovuto scrivere un intero libro. Avrei dovuto parlare di altre, importantissime sfaccettature del prismatico mondo della rete, come, ad esempio, della proliferazione dei “Mondi Virtuali” (MMORPG, testuali e Second Life), già argomento della mia tesina interdisciplinare all'esame di maturità. Avrei dovuto accennare anche al processo storico-culturale che ha trasformato la Internet del senso comune da un mondo riservato a nerd e geek (semplicemente “sfigati” o “cervelloni”, in senso spregiativo, nel nostro linguaggio comune) ad un mondo decisamente cool (alla moda), tutto nell'arco di pochissimi anni, durante il primo decennio del XXI secolo. Avrei potuto parlare di programmazione, di open source, di programmi freeware e di licenze; avrei potuto parlare dell'hardware di oggi e di domani, di memoria e di calcolo, di web 3.0, di ciò che potrebbe riservarci il futuro e di ciò che sicuramente ci riserverà – in quest'istante in cui scrivo si sta svolgendo a Los Angeles l'E338 2009. Avrei potuto, ma lo spazio a mia disposizione termina qui. Come nel rapido volo d'un gabbiano sull'oceano, spero d'aver offerto al lettore uno sguardo, forse fugace, sulle acque in continuo mutamento di Internet. Spero che in questo breve viaggio sia rimasto qualcosa, qualche spunto di riflessione, qualche immagine di questo meraviglioso specchio d'acqua che talvolta ci appare calmo e tranquillo, irradiato dai raggi del sole, e che talvolta appare, a chi cerca, navigante nell'oceano, di comprenderne la struttura, irato, furioso e violento, come un mare in tempesta – E 'l naufragar m'è dolce in questo mare. La Panthalassa. Spero che la lettura sia stata gradevole. Se così non fosse stato, “credete che non s'è fatto apposta”. Montini Luca [email protected] Anno Accademico 2008/2009 37 Postato sul mio blog, all'indirizzo: http://lalapide.iobloggo.com/181/contro-l-argomento-del-telefonino 38 E3 è l'acronimo di Electronic Entertainment Exposition, la fiera di Los Angeles, ormai aperta ai soli “addetti ai lavori”, in cui le maggiori case produttrici (Sony, Microsoft e Nintendo in primis) presentano i nuovi prodotti che verranno commercializzati a breve. PANTHALASSA (1.0) 16 PANTHALASSA Sulla liquefazione dei continenti nell'era del world wide web di Montini Luca - prima stesura (v 1.0) BIBLIOGRAFIA MINIMA • A. Wegener (1976), La Formazione dei Continenti e degli Oceani, traduzione di Clara Giua, Boringhieri, Torino (opera originale: Die Entstehung der Kontinente und Ozeane, 1929). •Z. Bauman (2006), Amore Liquido, traduzione di Sergio Minucci, Laterza, Bari (opera originale: Liquid Modernity, 2003). • Z. Bauman (2008), Modernità Liquida, traduzione di Sergio Minucci, Laterza, Bari (opera originale: Liquid Modernity, 2000). • G. Frattini (2009), “Le Relazioni Umane e Facebook – Applicazione delle Categorie Liquido-Moderne di Bauman al Social Network”, tesi di laurea specialistica. • N. Klein (2000), No Logo, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano. • Le Monografie di Internazionale (1996), Villaggio Globale, Internazionale srl, Roma. • T. Numerico, A. Vespignani (2003), Informatica per le Scienze Umanistiche, Il Mulino, Bologna. • G. Tremonti (2005), Rischi fatali – L'Europa vecchia, la Cina, il mercatismo suicida: come reagire. Mondadori, Milano. • Per quel che riguarda gli articoli citati ed il materiale disponibile pubblicato online, tutte le informazioni (ivi compresi link ed eventuali precisazioni) sono presenti nelle note a piè di pagina. I siti più importanti dai quai ho attinto informazioni: ◦ http://www.guardian.co.uk – Il sito del celebre quotidiano britannico. ◦ http://it.wikipedia.org e http://en.wikipedia.org – Condannata da più parti e considerata “poco scientifica” dagli ambienti accademici, in realtà wikipedia è uno strumento indispensabile per attingere notizie sintetiche su argomenti di carattere generale. Chi ha capito il senso di “Internet Veritas Est, V” non dovrebbe temere la wiki. ◦ http://www.wellesley.edu – Il sito del Wellesley College. PANTHALASSA (1.0) 17