Notiziario Accademia Italiana Cucina

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Notiziario Accademia Italiana Cucina
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GIUSEPPE VERDI E IL MAIALE
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a musica di Verdi è come il maiale, non vi è nulla
da buttare via: è la dizione esatta, non quella secondo la quale è il maiale come la musica di Verdi.
Infatti che del maiale si utilizza tutto lo si sapeva ben
prima che Giuseppe Verdi componesse le sue musiche
immortali.
Ma del maiale si utilizza proprio tutto? Gli innumerevoli “Elogi del maiale” composti nei secoli passati lo dimostrano a sufficienza, ma nella “maialata” non bisogna dimenticare le già citate ossa che, una volta spolpate per il
completo ricupero della carne e del grasso, venivano utilizzate per ricavare il midollo e per fare il brodo.
Sul midollo delle ossa, oggi quasi scomparso dalla cucina, vi sarebbe da fare un lungo e dettagliato discorso,
ad iniziare dal fatto che gli uomini primitivi, ma anche
gli animali carnivori, ne erano ghiotti e nei suoi riguardi
avevano probabilmente sviluppato una fame specifica,
alla ricerca delle preziose lecitine. Una peculiarità, quella dell’elevato contenuto in lecitine, che giustifica molte
delle caratteristiche tecnologiche e quindi dell’impiego
nella cucina tradizionale del midollo osseo.
In modo analogo molto vi sarebbe da dire sul brodo e
sull’apporto che viene dato dalle ossa in minerali (non
tanto per il calcio e fosforo, quanto per il cloruro di sodio, di cui le ossa sono il deposito naturale) e soprattutto per la quota proteica e dei composti a questa associati e liberati dalla bollitura: una quota minima, ma importantissima per il sapore e l’aroma. Senza voler fare una
gastronomia del brodo e tanto meno del brodo di ossa,
il suo sapore e soprattutto l’aroma, oltre che dalle carni
e dalle indispensabili verdure, deriva anche dalle ossa,
in rapporto all’età e al sesso dell’animale. Se il maiale è
giovane od è un maschio castrato, le ossa danno al brodo un’inconfondibile e apprezzato aroma delicato, mentre se sono di un maiale adulto, soprattutto se maschio
intero, gli aromi sono intensi e vanno diluiti con una
opportuna riduzione della quantità di ossa nella pentola.
Importanza per l’aroma del brodo hanno anche le diverse ossa e nell’ordine crescente di aromatizzazione, al livello più basso vi sono le ossa piatte senza midollo, poi
quelle tonde con midollo delle parti anteriori e della colonna vertebrale e infine quelle degli arti posteriori, le
più aromatizzanti.
E il colesterolo? Il maiale ancestrale, fino all’inizio del
secolo scorso, per il tipo di vita che conduceva e l’alimentazione, aveva poco colesterolo. D’altra pare la
maggioranza dei parmigiani più che al colesterolo (che
non si sapeva neppure che cosa fosse) aveva da pensa-
re alla fame più o meno persistente e una maialata all’anno non era certamente pericolosa, anzi era altamente
salutare, quindi da benedire.
Oggi il maiale, con la selezione genetica, le tecniche
di allevamento, l’alimentazione (da onnivoro è divenuto
un vegetariano stretto) e le diete alla quali è sottoposto,
ha ridotto il suo colesterolo e i suoi acidi grassi saturi,
tanto da fornirci carni e grassi dietetici. In questi ultimi
anni nutrizionisti della medicina umana hanno dimostrato che il colesterolo nelle carni e grassi del maiale si è
ridotto di un terzo e che gli acidi grassi insaturi, in particolare gli acidi oleico e linoleico, sono aumentati di
due, tre volte.
Si dice che l’olio di mais e la soia siano cibi altamente
salutari e il maiale dimostra di esserne profondamente
convinto, dato che cresce benissimo con questi alimenti.
Anche noi dobbiamo esserne convinti e soprattutto
mangiare mais e soia, ma attraverso il maiale.
GIOVANNI BALLARINI
Accademico di Parma
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MODO DI CUOCERE
LA SPALLA DI SAN SECONDO
(da una lettera di Verdi a Teresa Stolz)
Unitamente a questa mia riceverete dalla Ferrovia
una cassetta contenente due spallette di San Secondo, che noi mandiamo una per voi e una per
la famiglia Ricordi. Scegliete quella che volete. Badate che per cuocer bene la “spalletta” bisogna:
1. Metterla nell’acqua tiepida per circa 12 ore onde levargli il sale.
2. Si mette dopo in altra acqua fredda e si fa bollire a fuoco lento, onde non scoppi, per circa 3 ore e
mezza, e forse 4 per la più grossa. Per sapere se la
cottura è al punto giusto, si fora la “spalletta” con
un curedents e, se entra facilmente, la “spalletta” è
cotta.
3. Si lascia raffreddare nel proprio brodo e si serve. Guardate soprattutto alla cottura: se è dura
non è buona, se è troppo cotta diventa asciutta e
stopposa.
L ’ A C C A D E M I A 2 0 0 1 • N . 1 1 2 • PA G . 1 6
S. Agata, 12 agosto 1890
GIUSEPPE VERDI