la fisica tra settecento ed ottocento

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la fisica tra settecento ed ottocento
Lazare Carnot
FISICA/MENTE
LA FISICA
TRA SETTECENTO
ED OTTOCENTO
PARTE II: LAZARE CARNOT
Roberto Renzetti
PREMESSA
Un momento importante nella storia del pensiero
scientifico è rappresentato da tutti gli eventi che
accompagnarono la Rivoluzione Francese.
Abbiamo visto in ciò che ho raccontato sul Settecento che
in Francia ebbe grandissimo sviluppo la scuola dei fisico
matematici, quella cioè dei fondatori ella meccanica razionale
come sviluppo sofisticato di applicazione dell'analisi
matematica alla fisica di Newton. Risulta però chiaro che molte
delle elaborazioni di tali scienziati ebbero carattere
eminentemente teorico, anche perché ancora non ci si
scontrava, soprattutto in Francia, nei problemi che ponevano le
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Lazare Carnot
macchine
Euler, Lagrange e D'Alembert costruivano delle equazioni
che formalmente sono quelle che oggi conosciamo come
principio di conservazione dell'energia meccanica, ma che
sostanzialmente e concettualmente non avevano grandi
significati.
La tecnologia del calore ampliava invece la sua base
fenomenologica e tra i primi a porsi il problema della
conservazione dell'energia, nell'ambito della costruzione di
macchine a vapore, fu proprio uno degli ideatori di queste
macchine, J. Smeaton (1724-1792) nel 1759. Il lavoro di
Smeaton, unito agli innumerevoli contributi empirici (e non)
che da quella parte provenivano, servì anche esplicitamente
alle definizioni dei concetti di lavoro e di potenza che, proprio
in connessione con uno dei più intensi momenti di sviluppo
delle macchine a vapore, facevano la loro comparsa nella
fisica. Non mi dilungherò ora su questi aspetti, ma voglio
sottolineare come la mole dei problemi posti dalla tecnologia di
queste macchine ricadrà sulla scienza ufficiale come compito
da dover risolvere appena qualche decennio dopo. Ciò che si
trattava di capire era: come mai alcune trasformazioni
energetiche avvengono con un bilancio positivo e altre con un
bilancio negativo? come mai, cioè, alcune trasformazioni
energetiche forniscono energia utilizzabile (bruciare un
combustibile per ottenere vapore) mentre altre, non solo non ne
forniscono, ma ne assorbono (utilizzare del vapore per far
muovere una macchina o un telaio) ?. Certamente alla
soluzione di questi problemi contribuì il diverso contesto
teorico, politico, sociale, dei vari ambienti in cui vi si lavorò e
la Francia, che si avviava a cambiamenti epocali, dette
contributi formidabili, a partire dall'opera di Lazare Carnot i
cui lavori marceranno in parallelo a quelli che abbiamo
studiato di Rumford, il quale aveva indirizzato la propria
attenzione alla natura del calore da problemi pratici.
LAZARE CARNOT
Lazare Nicolas Marguerite Carnot nacque nel 1753 a Nolay,
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in Borgogna, da una famiglia nota nel campo dell'avvocatura.
A nove anni (1762), avendo già manifestato grandi interessi
scientifici, entrò al Collegio degli Oratoriani d’Autun, dove si
familiarizzò con l'opera di Leibniz. Iniziò qui ad apprendere la
concezione economica di Leibniz secondo la quale un Paese
avanzava nel progresso solo se promuoveva scienza e
tecnologia insieme all'educazione di coloro che lavoravano,
concezione che era stata fatta propria da Colbert che raccolse
intorno all'Accademia di Francia i maggiori scienziati europei,
finanziò le loro ricerche per far avanzare la scienza e la
tecnologia francesi. Nel 1771, Carnot s'iscrisse alla Scuola del
Genio militare di Mézière diretta dal grande geometra Gaspard
Monge(0), che era stato allievo degli Oratoriani e quindi
sostenitore degli ideali di Leibniz-Colbert e maestro di ideali
repubblicani per varie generazioni di giovani In questa scuola
Carnot conobbe Benjamin Franklin, in visita nel 1772, con il
quale ebbe assidue frequentazioni a Parigi tra il 1783 ed il
1784, con proficue discussioni sul pensiero di Leibniz (Carnot
ebbe a scrivere che i suoi personaggi ideali erano: Socrate,
Archimede, Catone e Franklin). Nel 1773, Carnot lasciò
Mézière con il grado de luogotenente. Nel 1783 fu promosso
capitano e nel 1784 generale. Nel 1787 fu ammesso come
membro dell’Accademia di Arras. Nel 1784, il capitano Carnot,
si fece conoscere per aver scritto un'opera, l'Éloge de M. le
Maréchal de Vauban, nella quale manifestava i suoi sentimenti
repubblicani ma non tanto avversi al Re quanto a tutti i
parassiti della corte che erano di impedimento all'evoluzione
della Francia. Questo scritto fu premiato dall’Accademia di
Dijon. Ancora nel 1784 Carnot si trovò ad aiutare i fratelli
Mongolfier nelle loro imprese con i palloni aereostatici e
scrisse un articolo nel quale ipotizzò l'importanza dell'aerostato
per fini militari. Ancora in quegli anni vi su una sua importante
collaborazione con Robert Fulton per la realizzazione di
battelli a vapore. Ma già siamo negli anni in cui Carnot
preparava il primo dei suoi lavori scientifici, Essai sur les
machines en général, che vedrà la luce nel 1786 e sul quale
tornerò più oltre, dopo aver delineato la vita civile e politica
dello scienziato.
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Lazare Carnot
Lazare Carnot
Carnot aderì subito alla Rivoluzione con l'ideale di instaurare
repubbliche in tutta Europa poiché per lui la Repubblica è
l'unica possibilità d’élever à la dignité d’homme tous les
individus de l’espèce humaine. Ma egli sapeva che la riuscita
dei suoi ideali di stato repubblicano era inscindibile
dall'elevamento delle condizioni materiali dei cittadini,
condizioni che si sarebbero potute elevare solo con il progresso
tecnico e scientifico della nazione. E tale progresso era legato
al flusso energetico che alimentava l'economia. Se tale flusso
era stabile, fisso, costante, come risultava, non c'era progresso
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possibile. Occorreva quindi pensare a nuove macchine che
aumentassero tale flusso ed a questo dovevano dedicarsi gli
uomini di scienza ed i tecnici. Occorre però dire che egli, più
che a nuove macchine funzionanti con nuovi principi, pensava
a utilizzare al meglio le macchine esistenti. Inoltre, e non è
peregrino oggi, egli credeva che economia, ecologia e
macchine non possono essere separate senza creare uno
squilibrio fatale. Occorre perciò uno studio quantitativo
approfondito degli argomenti in oggetto.
Nel 1791 fu eletto Presidente della Società degli Amici della
Costituzione e, nello stesso anno, deputato alla Nuova
Assemblea Legislativa (fino al 1792), della Convenzione
nazionale (dal 1792 al 1795) essendo incaricato di occuparsi di
problemi militari, di istruzione e diplomazia. Fu
successivamente (1793) membro del Comitato di salute
pubblica (insieme a Robespierre ed altri dieci), fu uno dei
cinque del Direttorio (novembre 1795) e fu uno di coloro che
votarono per ghigliottinare Luigi XVI (1793). Per i due anni
successivi fu uno dei personaggi più influenti del governo
francese fino, appunto, al 1797 quando fu destituito dalle sue
funzioni da un colpo di Stato (quello del 18 fruttidoro o
settembre).
Il motivo principale per cui Carnot è ancora oggi ricordato è
quello di grande stratega ed organizzatore dell'esercito. Il 20
aprile del 1792 Austria e Prussia attaccano la Francia per
restaurare al trono la dinastia di Luigi XVI, prigioniero a
Versailles. La situazione è molto grave e si aggrava quando ilo
comandante in capo dell'Armata del Nord passa al nemico. In
giugno Carnot viene incaricato, nel Comitato di Salute
Pubblica, di occuparsi di questioni militari. Da questo
momento fu Carnot ad occuparsi della difesa della Francia.
Riorganizzò l'esercito immettendo giovani ufficiali, cacciando i
raccomandati ed i promossi per meriti politici. Piuttosto che
affrontare il nemico in battaglie all'aperto, preferì introdurre
tattiche di guerriglia, rapidi movimenti di battaglioni resi più
agili e mobili. Ma, in accordo con Monge ed in definitiva con
l'idea di progresso per l'emancipazione delle nazioni, mise le
conoscenze scientifiche e tecniche al servizio della difesa della
Francia. In ultima analisi ciò volle dire mettersi sulla strada
dell'industrializzazione. Chiamò a collaborare con sé i migliori
ingegni dell'epoca: Berthollet, Chaptal, Monge, Prieur, Guyton,
... Monge scrisse un manuale sulla fusione dei cannoni ed
elaborò mappe fondamentali per lo spostamento sul territorio,
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Chaptal realizzò sistemi di fabbricazione della polvere da
sparo, Carnot medesimo introdusse in ogni processo nuove
tecnologie. In poco tempo Parigi si dotò di 258 fonderie in
grado di produrre migliaia di cannoni al giorno. Nell'agosto
1793, in situazione disperata, Carnot e Prieur de la Côte presero
il comando di un esercito completamente rinnovato per tattiche
ed organizzazione ed in 5 mesi, nonostante i boicottaggi
interni, riuscirono a capovolgere la situazione. Nell'ottobrenovembre di quell'anno, il nemico già si era reso conto dei
cambiamenti radicali nell'esercito francese. Da notare che nel
1794, dopo due anni di preparazione, egli aveva fondato anche
la Scuola nazionale d’aerostazione, che costituirà il primo
esercito dell'aria del mondo. Quei palloni aerostatici che
osservavano i movimenti delle truppe dall'alto ne erano un
segnale che era accompagnato da un fuoco micidiale dei nuovi
cannoni, Carnot lavorò poi soprattutto politicamente e
diplomaticamente, concentrando tutto l'impegno dell'esercito
contro la Gran Bretagna e cercando la pace con la Prussia e
l'Austria e questa fu una delle carte vincenti e fu qui che a
Carnot fu dato l'appellativo di Organizzatore della vittoria. E
fu anche questa la preparazione che ebbe un generale di Carnot,
Napoleone Bonaparte.
Dopo la vittoria, nel 1794 Carnot dedicò i suoi sforzi nella
fondazione della Scuola Politecnica (che ebbe in origine il
nome di École Centrale Des Travaux Publiques) e subito dopo
il Conservatorio Nazionale di Arti e Mestieri, all'Ufficio delle
Longitudini e per l'unificazione dei pesi e misure, istituzioni
che dettero grande prestigio alla Francia negli anni a venire,
fino ad oggi. Nel 1797, un anno dopo la nascita di suo figlio
Sadi e della sua elezione alla presidenza del Direttorio, fu
oggetto di accuse infamanti di tradimento che lo fecero fuggire
dalla Francia. Si recò prima in Svizzera e quindi a Norimberga
(Germania) dove pubblicò Réflexions sur la métaphysique du
calcul infinitesimal e da dove, nel 1799, lo richiamò
Napoleone, asceso al potere, per affidargli il Ministero della
Guerra e la formazione e l'addestramento degli ufficiali. Questa
attività lo occupò per un solo anno. Carnot la abbandonò
poiché non era in grado di lavorare con chi, come Napoleone,
aveva rinunciato alle idee repubblicane. Si mise allora a
scrivere riordinando tutti i suoi studi scientifici. Negli anni che
vanno dal 1800 al 1806 furono pubblicate le sue opere
principali, tra cui la seconda edizione ampliata dei suoi Essais
del 1786, chiamati ora Principes fondamentaux de l’équilibre
et du mouvement (1803). Altre sue opere di quel tempo sono:
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Sur la corrélation des figures géométriques (1801) [dove
mostra che alcuni teoremi di Euclide possono essere ricondotti
ad un unico teorema, il Teorema di Carnot], Géometrie de
position (1803) [opera con la quale si pone, insieme a Monge,
come uno dei creatori della geometria descrittiva], Mémoir sur
la relation qui existe entre les distances respectives de cinq
points quelconques pris dans l'espace; suivi d'un Essai sur la
théorie des transversales (1806).
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Nel 1814, verso la fine dell'Impero napoleonico, dopo un
periodo di vita privata, Carnot fu nominato Governatore di
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Anversa (unica città che non cadde in mani inglesi per la
strenua difesa organizzata da Carnot). Durante i Cento giorni fu
ancora Ministro degli Interni. Caduto Napoleone egli rimase
uomo di grande prestigio, tanto che fu nominato Presidente
dell'Assemblea ed in questa carica riuscì a far approvare una
Costituzione ad imitazione di quella degli Stati Uniti. Tentò
anche di difendere Parigi dai britannici ma un traditore, Joseph
Fouché, rese vano ogni sforzo. Venne quindi esiliato, prima a
Varsavia, quindi a Magdeburgo (Sassonia prussiana). Nel 1818
iniziò a studiare a fondo le macchine a vapore delle quali
discusse con il figlio Sadi che era andato a trovarlo. Morì a
Magdeburgo nel 1823.
CONTRIBUTI SCIENTIFICI DI LAZARE
CARNOT
Ho già accennato agli ideali che muovevano Carnot allo
studio delle macchine. Riporto qui un brano che ho scritto
qualche riga più su:
[Carnot] sapeva che la riuscita dei suoi ideali di
stato repubblicano era inscindibile dall'elevamento
delle condizioni materiali dei cittadini, condizioni
che si sarebbero potute elevare solo con il progresso
tecnico e scientifico della nazione. E tale progresso
era legato al flusso energetico che alimentava
l'economia. Se tale flusso era stabile, fisso, costante,
come risultava, non c'era progresso possibile.
Occorreva quindi pensare a nuove macchine che
aumentassero tale flusso ed a questo dovevano
dedicarsi gli uomini di scienza ed i tecnici. Occorre
però dire che egli, più che a nuove macchine
funzionanti con nuovi principi, pensava a utilizzare
al meglio le macchine esistenti. Inoltre, e non è
peregrino oggi, egli credeva che economia, ecologia
e macchine non possono essere separate senza
creare uno squilibrio fatale. Occorre perciò uno
studio quantitativo approfondito degli argomenti in
oggetto.
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Lazare Carnot
Le sue visioni politiche descrivono un programma scientifico
che accompagnerà la vita di Lazare Carnot. Cerchiamo ora di
vedere quanto egli elaborò nei suoi scritti scientifici.
Egli iniziò il suo lavoro sulle macchine riconoscendo una
primogenitura ad Archimede e quindi a Leonardo. Ma, data
questa premessa, egli non studiò una macchina ma le macchine.
Intendo con ciò dire che egli non si soffermò su una particolare
macchina, anche se si servì si una di esse per elaborare le sue
teorie, ma che il suo fine fu più generale e cioè quello di capire
cosa accomuna le macchine per poi ricavare come operare su di
esse per ottenerne il risultato migliore. Per Carnot una
macchina, in generale, è un sistema che permette la
trasformazione di una energia qualunque in un lavoro utile per
la società. E' una prima schematizzazione estremamente utile
per gli sviluppi che seguiranno. La macchina risulta una sorta
di scatola che prevede una energia qualsivoglia in ingresso ed
un qualcosa in uscita che sia utilizzabile dall'uomo per i fini
che si propone.
Vi era un'altra questione preliminare che stava a cuore a
Carnot, quella della semplicità espositiva che avrebbe
permesso a più perone di leggere quanto scriveva. In un'epoca
di grande formalizzazione, riuscire a uscire da complesse
definizioni teoriche per scendere a livelli esplicativi basati sulle
esperienze risultava una grande novità. Occorre però capire il
cambiamento di contesto. Carnot padre (e vedremo che la cosa
avrà un analogo più accentuato in Carnot figlio) lavora non
facendo riferimento ai grandi fisici matematici del suo tempo
ma, appunto, al popolo dei produttori di beni che avrebbero
dovuto impossessarsi delle cose che venivano messe loro a
disposizione. Inoltre è il primo scienziato ad affermare il
carattere sperimentale dei principi della meccanica, in
contrasto con quanto invece sostenevano Euler e D'Alembert.
LO STATO DELLA TECNICA DELLE
MACCHINE
IDRAULICHE
NELLA
SECONDA META' DEL SETTECENTO
Le elaborazioni tecniche (e non solo di Carnot) iniziate in
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Lazare Carnot
Inghilterra e pian piano estesesi anche in Francia nella seconda
metà del Settecento riguardavano proprio i temi di cui si
occupava Carnot e questi temi erano in stretta connessione con
il mondo della produzione che, in Francia, guardava con
preoccupazione i grandi progressi inglesi nel settore delle
macchine che collocavano l'Inghilterra almeno 20 anni avanti
alla Francia. In Inghilterra invece (ma anche in Francia)
iniziava a manifestarsi un problema non dissimile da quello che
viviamo oggi, la carenza di combustibile per le macchine a
vapore, il carbone. La cosa era particolarmente sentita in
Inghilterra tanto che, da quelle parti, si studiavano macchine
che consumassero meno combustibile di quanto non ne
consumassero le macchine a vapore di Watt. Come si può
capire da questo approccio naif, si era ancora in alto mare dal
punto di vista della comprensione degli elementi che
producono il miglior rendimento in una macchina. In Francia,
prima che si manifestasse il problema della carenza di
combustibile, per il ritardo nell'introduzione del vapore rispetto
all'Inghilterra, si presentava il problema della saturazione dei
luoghi utilizzabili per installare ruote idrauliche. Tali ruote, per
produrre beni, dovevano essere installate in centri urbani e nel
corso d'acqua che attraversa una città non sono molti i siti in
cui sistemare ruote idrauliche. A tale proposito scrive
Cardwell, citando Hills, che nel 1788 c'era una ventina di
opifici nel distretto rurale di Oldham, di cui ben undici
sorgevano proprio ad Oldham, ma il loro numero era salito a
18 nel 1791. E poiché i migliori punti per lo sfruttamento
dell'acqua erano già stati occupati, la maggior parte di questi
opifici veniva azionata da cavalli. Oltre a questo aspetto, tali
ruote producevano potenze che di rado arrivavano ai 10
cavalli-vapore.
Fu l'ingegnere inglese John Smeaton (1724 - 1792) il primo
che sottopose a studio sperimentale le macchine per iniziare un
cammino che piano piano portò
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Lazare Carnot
John Smeaton
alla comprensione dei molti problemi che vi sono. Nel 1759
sottopose alla Royal Society di Londra un suo lavoro (in due
parti), per il quale fu premiato con la Copley Medal, An
Experimental Enquiry Concerning the Natural Powers of
Water and Wind to Turn Mills and Other Machines Depending
on Circular Motion (Una ricerca sperimentale sulla naturale
potenza dell’acqua e del vento
per muovere i mulini ed altre macchine, dipendenti dal moto
circolare), in cui erano riportati i risultati dei suoi studi
sperimentali su come ottenere il massimo rendimento (parola,
come varie altre che incontreremo, ancora priva del significato
tecnico che oggi noi le diamo) da una ruota alimentata da acqua
corrente. I suoi studi continuarono per molti anni, con due altri
articoli del 1776 e 1782.
Egli prese in considerazione una ruota idraulica con pale
piatte, della quale si costruì dei modelli di legno da laboratorio
di circa 60 cm di diametro, che poteva essere alimentata sia da
sotto e da sopra, al fine di capire quale fosse
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Lazare Carnot
l'arrangiamento più conveniente e quali parametri entrassero in
gioco perché la ruota potesse essere sfruttata al meglio. La
ruota veniva azionata da un circuito chiuso di acqua messa in
moto mediante una pompa a stantuffo azionata a mano. Con
tale sistema era possibile misurare sia la quantità d’acqua
somministrata (contando il numero di corse al minuto dello
stantuffo necessario per mantenere costante il livello dell'acqua
nel serbatoio di alimentazione) sia l’effetto o potenza
sviluppata dalla ruota (misurando l'altezza raggiunta in un
minuto dal piatto di una bilancia caricata da un numero
variabile di pesi e collegata mediante una puleggia all'asse
della ruota). Il suo procedimento era rigorosamente
sperimentale perché egli fece una lunga e sistematica serie di
esperimenti condotti facendo di volta in volta variare un solo
parametro mantenendo costanti tutti gli altri.
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Lazare Carnot
Modello di Smeaton per misurare la potenza delle
ruote idrauliche azionate da sotto. ABCD serbatorio;
DE serbatoio per ricevere l'acqua sollevata dalla
pompa; FG galleggiante graduato; HI asta per
l'apertura della saracinesca; K spina di fissaggio per
l'asta HI; GL parte superiore e pompa; MM leva della
pompa; N dente di arresto di MM; O cilindro su cui si
avvolge la fune che passa attorno alle pulegge P e Q e
solleva R, piattello con pesi; W trave; S e T congegni
per regolare il livello della ruota. Da Singer.
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Sezione trasversale del modello precedente di Smeaton
per misurare la potenza delle ruote idrauliche azionate
da sotto (si metta a confronto con la figura precedente).
XX cilindro della pompa di circa 13 centimetri di
diametro e 28 di lunghezza; V pistone; Z valvola.
Modificando opportunamente questo modello con un
canale di alimentazione che portava l'acqua al di sopra
della ruota a differenti quote fino ad un massimo di 90
cm, si poteva calcolare la potenza sviluppata da una
ruota idraulica alimentata da sopra. Da Singer.
La questione che voleva risolvere Smeaton e che oggi può
sembrare semplice nei suoi propositi non lo era per nulla nei
fatti. Ci si doveva infatti scontrare con il nazionalismo inglese
perché, affrontare tali temi, significava mettere in discussione
l'autorità nientemeno che di Newton. Detto in linguaggio
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Lazare Carnot
moderno, poiché per Newton il mondo (ma quello
planetario) è perfetto con spazi assoluti, vuoti ed
assolutamente privi da resistenze, se si fornisce un impulso
ad un oggetto esso si mette in moto e continua tale moto
all'infinito [Prima Legge del Moto o Principio d’Inerzia].
Per studiare le ruote reali occorreva quindi trattare di moti
reali e tener conto di tutti quegli impedimenti che non
compaiono nella fisica newtoniana ma compaiono, ad
esempio, nella fisica di Huygens e Leibniz(1). Il problema
diventa quindi delicato tanto è vero che Smeaton per sostenere
le sue idee si fece molti nemici in Inghilterra.
I suoi studi lo portarono dapprima a concludere che:
- il rendimento di una ruota idraulica alimentata da
sotto poteva variare dal 33% al 50% poiché molta
forza viva era consumata dall'attrito e la velocità
ideale di tale ruota era pari ai 2/5 della velocità del
getto d’acqua, ma poteva aumentare sino ad 1/2 nel
caso di ruote immerse in corsi d’acqua di grande
portata;
- il rendimento di una ruota idraulica alimentata da
sopra era invece compreso tra il 52% ed il 76%, ma
in grado di crescere ancora in caso di aumento del
raggio della ruota e di diminuzione della velocità di
rotazione.
Egli scriveva:
Nelle stesse condizioni di quantità e di caduta
d'acqua, l'effetto delle ruote azionate da sopra è in
media doppio di quello delle ruote azionate da
sotto. Più alta è la ruota in rapporto alla caduta
totale, più grandi saranno i suoi effetti.
Si trattava poi di andare a studiare i parametri d'uso di una
ruota reale che ha tutti i difetti di un oggetto reale, che subisce
urti, è soggetta ad attriti ed a resistenze varie. Quanto trovato
più su gli fece capire che nell'azione da sotto su una ruota vi era
molta dispersione negli attriti, particolarmente delle pale piatte
della ruota. Nel caso invece dell'alimentazione da sopra stabilì
che era più conveniente avere delle pale che avessero forma di
cassetti in cui trattenere l'acqua perché si aveva un maggior
rendimento sfruttando il peso dell'acqua piuttosto che la sua
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Lazare Carnot
forza viva. In questo ultimo tipo di ruota stabilì non esservi
Ruota alimentata da sopra con i cassetti ben evidenziati
vantaggio alcuno ad aumentare oltre un certo livello la caduta
dell'acqua perché non c'è alcun vantaggio negli urti violenti
dell'acqua veloce sui cassetti delle pale(2). Così scriveva
Smeaton:
Più grande sarà il diametro della ruota in rapporto
alla caduta, più grande sarà la produzione di
energia, poiché questa non dipende solo dalla forza
viva del salto, ma soprattutto dal peso dell'acua nei
cassetti [...]. E' consigliabile che l'acqua abbia una
velocità un poco maggiore della velocità periferica
della ruota, onde evitare che la ruota venga
rallentata quando i cassetti colpiscono l'acqua e
che si abbia una diminuzione della potenza
prodotta a causa dell'acqua che viene versata
nell'urto [citato da Singer].
Dai suoi studi studi e soprattutto esperimenti, Smeaton trovò
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le dimensioni ottimali, le condizioni operative più convenienti
perché una ruota idraulica desse la massima resa e trasse
indicazioni progettuali utili quali riferimenti per quanti, da
allora, si cimentarono nella costruzione di mulini; la più
importante era l’indicazione di preferire, quando possibile, la
ruota alimentata da sopra a quella alimentata da sotto. Osservo
a parte che Smeaton, per primo definì la potenza come una
forza in grado di produrre moto in un dato tempo (scriveva
Smeaton nel 1759: Se si moltiplica il peso sollevato per
l'altezza a cui esso può essere sollevato in un dato tempo, il
prodotto è la misura della potenza che lo solleva).
Le ricerche sperimentali di Smeaton si estesero poi anche
alle macchine a vapore. Egli riuscì, sempre con metodo
scientifico, a raddoppiare quello che oggi chiamiamo il
rendimento delle macchine a vapore, usando uno speciale
impianto per l'alesatura dei cilindri e quindi per la tenuta.
Riuscì poi a stabilire qual era la migliore combinazione tra
diametro del cilindro, corsa dello stantuffo, velocità di
funzionamento, superficie della caldaia, alimentazione d'acqua
e consumo di carbone per una determinata resa di potenza. Nel
realizzare i suoi esperimenti si accorse, non senza stupore, che
il vapore presente nel cilindro non doveva essere condensato
completamente se si voleva il massimo di potenza della
macchina (la completa condensazione avrebbe dato il massimo
impulso allo stantuffo ma avrebbe rallentato la macchina
poiché, così raffreddato il cilindro, avrebbe poi avuto necessità
di una maggiore quantità di vapore per essere riscaldato
partendo dal completo raffreddamento. Con un residuo di
vapore si perdeva nell'impulso dello stantuffo ma si
guadagnava di più nella velocità della macchina). Inoltre
Smeaton capì che era più efficiente un miscuglio di vapore ed
aria in quanto quest'ultima, non condensando, si sarebbe
naturalmente disposta a guisa di camicia isolante tra il vapore
operativo e la fredda parete del cilindro (naturalmente
occorreva disporre di una opportuna valvola di sfogo per
eliminare l'aria che avrebbe altrimenti ingolfato la macchina
stessa).
Gli studi di Smeaton furono alla base dei lavori
dell’ingegnere militare Jean-Charles de Borda (1733 – 1799).
Egli dette un importante contributo teorico unito a osservazioni
sperimentali riuscendo a dare la formulazione delle equazioni
che regolano la potenza erogata da una ruota, e quindi di un
criterio per ottimizzare il suo rendimento. Borda, che già aveva
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Lazare Carnot
iniziato a porsi problemi idraulici nella sua Mémoire sur
l’écoulement des fluides par les orifices des vases pubblicata
nelle Mémoires de l’Académie Royale des sciences di Parigi
nel 1769, riprese i suoi studi più tardi e nella sua opera
Memoire sur les roues hydrauliques (1797) fornì uno studio
delle ruote idrauliche che completava la parte empirica fino ad
allora sviluppata con una importante elaborazione teorica e
studio sperimentale. Mentre il lavoro di Smeaton si era limitato
alla raccolta accurata di dati empirici relativi a grandezze
tecniche misurabili, Borda seguiva la tipica metodologia della
fisica matematica, che prevede, per lo studio dei fenomeni,
differenti momenti Occorre innanzitutto formulare il problema
in termini di grandezze tecniche quantificabili o variabili; si
può allora passare alla sua soluzione mediante l’analisi
matematica; e quindi verificare empiricamente i risultati trovati
attraverso la realizzazione di modelli sperimentali (prima di
passare alla più impegnativa realizzazione del vero e proprio
oggetto d'uso).
Jean-Charles de Borda
Borda riferì le sue ricerche ai soli corsi d’acqua di grande
ampiezza rispetto alla larghezza della ruota, ovviamente in tal
caso del solo tipo alimentata da sotto. Quando la ruota era
alimentata da un canale della stessa larghezza, cioè alimentata
ad alveo chiuso, Borda si rese conto che la forza dell’acqua era
proporzionale alla velocità e non al suo valore al quadrato.
Nella sua opera Memoire sur les roues hydrauliques, edita nel
1797, egli dimostrò che si poteva, ottenendo gli stessi risultati,
misurare la potenza esprimibile dalla corrente non più con il
prodotto della massa per la velocità (mv) della tradizione
cartesiana ma con la vis viva di tradizione leibniziana, pari al
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Lazare Carnot
prodotto della massa per la metà [il coefficiente ½ sarà
introdotto successivamente da Gaspard-Gustave de Coriolis
(1792-1843) nel suo Du calcul de l'effet des machines, ou
Considérations sur l'emploi des moteurs et sur leur évaluation:
pour servir d'introduction à l'étude spéciale des machines,
Carilian-Goeury, Paris 1829 e soprattutto nella sua Mémoire
sur le principe des forces vives dans les mouvements relatifs
des machines, Journal de l'École Polytechnique, Vol 13, 268–
302, 1832] del quadrato della velocità (½ mv2). La sua
dimostrazione era una chiara falsificazione della teoria della
resistenza dei fluidi di Newton e del fatto che la forza si
sarebbe dovuta conservare. Inoltre i dati di Borda falsificavano
anche quanto ipotizzato da Daniel Bernouilli e cioè che la vis
viva si conserva. Risultava infatti che nel moto dei fluidi la vis
viva non sempre si conserva. Se si considera, ad esempio, una
corrente che percorre una tubazione che, ad un tratto, subisce
un allargamento della sezione, si troverà che la velocità iniziale
v del liquido si riduce a v'. Ciò vuol dire che la vis viva, in
corrispondenza di quell'allargamento di sezione del tubo,
diminuisce della quantità ½ m (v - v')2. Questo risultato fu di
enorme importanza perché permetteva di avere finalmente un
bilancio in grado di tornare. Se si teneva conto di quanto
entrava e di quanto andava perso si era in grado di stabilire
quanto era utilizzato proficuamente, di poter confrontare teoria
con fatti sperimentali e di capire meglio quanto aveva ricavato
Mariotte a proposito della perdita di forza nell'urto dell'acqua
contro le pale della ruota idraulica. Insomma si era sulla strada
di una più matura comprensione dei fenomeni e si cominciava
ad ammettere una fisica che si confrontava con la realtà
piuttosto che con entità metafisiche.
Le perdite di forza, le dissipazioni, i vincoli, le resistenze
entrano con prepotenza nella fisica. In corrispondenza dei
vincoli studiati dai fisici matematici con apparati formali
impressionanti, anche la sperimentazione con la relativa
formalizzazione fa la sua strada. Sempre sul finire del
Settecento anche Charles Augustin Coulomb (1736 - 1806)
aveva fatto degli studi importanti (iniziati nel
Pagina 20
Lazare Carnot
Charles Augustin Coulomb
1779) sull'attrito riguardanti la meccanica delle macchine e
l'effetto che in esse provocherebbe l'assenza di urti ed attrito.
La sua memoria, Théorie des machines simples, en ayant égard
au frottement de leurs parties et à la roideur des cordages, era
stata presentata nel 1781 all'Académie des Sciences di Parigi e
premiata.
Una delle tavole che illustrano il lavoro di Coulomb sull'attrito nelle
macchine semplici
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Lazare Carnot
Infine, non si può sottacere il fatto che nel 1775 l'Académie
des Sciences di Parigi dichiarò che non sarebbe stato più preso
in considerazione alcun progetto relativo al moto perpetuo.
Chiunque lavorasse su questioni del genere mostrava ignoranza
dei principi fondamentali della fisica.
Si può quindi dire che, quando i problemi si pongono e
diventano pressanti, iniziano ad addensarsi una grande quantità
di lavori che tentano di affrontarli e risolverli. E quanto visto è
relativo a sistemi meccanici in uso nello sfruttamento
dell'energia dell'acqua fluente. Ma, ancora nel Settecento,
problemi analoghi di massimo rendimento si ponevano nello
studio delle macchine a vapore.
Le miniere inglesi della Cornovaglia non erano in grado di
soddisfare le richieste di carbone ed il suo prezzo aumentava
tanto che la realizzazione di una nuova macchina che
consumasse meno avrebbe fatto felici sia gli industriali che i
proprietari di miniere. Fu Arthur Woolf (1766 - 1837) che nel
1803 realizzò una macchina ad espansione composta (cioè a
due cilindri) che sembrava rispondere alle esigenze suddette e
che suscitò grande ammirazione in Francia. Infatti su una
macchina a bilanciere con due cilindri funzionanti affiancati, il
risparmio di combustibile era dell’ordine del 50% rispetto ad
una macchina di Watt(3). Sua originale invenzione fu l'uso di
pressioni di vapore superiori a quelle fino ad allora utilizzate
(poco superiori a quella atmosferica) e che potevano arrivare
alle 4 atmosfere.
Pagina 22
Lazare Carnot
Macchina a doppio effetto di
Hornblowers
entrata
in
funzione nel 1782. Essendo più
complessa era più costosa di
una macchina di Watt ed il
fatto che veniva alimentata con
la stessa bassa pressione del
vapore di una macchina di
Watt non la rendeva più
economica. Fu su questa
macchina che lavorò Woolf,
dopo che era scaduto il
brevetto
di
Watt,
aggiungendole il condensatore
separato, applicandole l'effetto
a duplice espansione ed
alimentandola con vapore a
pressioni
più
elevate
rendendola più economica di
una macchina di Watt. La resa
di tale macchina era circa il
doppio di una macchina di
Watt di uguale potenza. Ciò
vuol dire che si consumava
circa la metà di carbone.
Macchina a vapore di Woolf(4)
Pagina 23
Lazare Carnot
I due cilindri della macchina di Woolf
Il confronto di questa macchina con quella di Watt in termini
di resa, iniziò un confronto tra tutti i vari tipi di macchine e la
ricerca di quale avesse resa maggiore e cosa si potesse fare per
ottenerla. Il confronto tra tutte le macchine operanti in
Cornovaglia convinse tutti che la migliore resa era della
macchina di Woolf e quindi di una macchina operante ad alta
pressione e ad espansione multipla (inizialmente l'espansione
era doppia: dopo che il vapore ad alta pressione aveva fatto
abbassare lo stantuffo dentro un piccolo cilindro, veniva fatto
entrare in un cilindro di diametro molto maggiore mantenuto a
bassa pressione; in tal modo il vapore veniva fatto agire in due
fasi successive, prima ad alta e poi a bassa pressione).
RIPRENDIAMO
A
CONSIDERARE
Pagina 24
I
Lazare Carnot
CONTRIBUTI SCIENTIFICI DI LAZARE
CARNOT
Quanto ho detto nel paragrafo precedente a proposito delle
macchine a vapore non è immediatamente legato ai lavori di
Lazare Carnot ma rende conto del grande interesse che, sul
finire del Settecento ed agli inizi dell'Ottocento, si aveva per le
macchine idrauliche e non ed in definitiva per quello che oggi
chiameremmo il loro massimo rendimento. Infatti, trovata una
macchina di Woolf che consumava meno combustibile a parità
di lavoro fatto rispetto ad una macchina di Watt, ci si chiedeva
fino a che punto poteva aumentare il rendimento di una
macchina, poteva cioè aversi un apparato in grado di fare lo
stesso lavoro consumando ancora meno.
Il programma di Carnot è ben espresso in queste sue
domande:
«Quale è il modo migliore di impiegare una data
potenza motrice, il cui effetto naturale è noto,
applicandola a una macchina in movimento? Cioè
quale è il sistema per farle produrre il maggior
effetto possibile?»
Per rispondere a tali quesiti Carnot proseguì l’analisi teorica
del moto delle macchine idrauliche e si propose di dimostrare
le condizioni ottimali di funzionamento di una qualsiasi
macchina. Egli determinò che la massima efficienza di una
macchina idraulica si ottiene quando l'azione di una forza
continua (come la gravità) viene trasmessa senza urti o
turbolenze, ma per gradi insensibili (allo stesso modo di una
serie di piccoli urti), definendo i criteri per trovare il massimo
rendimento di qualsiasi ruota idraulica conosciuta. Infatti
Lazare Carnot, come farà poi suo figlio Sadi, non si riferisce ad
una macchina particolare, non sta progettando un determinato
apparato, ma si sta riferendo ad una intera classe di macchine.
Dice Carnot:
«Le macchine sono utilissime, non aumentando
l'effetto di cui le potenze sono naturalmente capaci,
ma nel modificare tale effetto [...] in modo
conveniente al fine che uno si propone [...] nel
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Lazare Carnot
modo più vantaggioso».
E ciò vuol dire che occorre superare il concetto astratto di
forza introdotto dalla meccanica newtoniana per avvicinarsi
all'uso pratico di essa nel senso di Leibniz e Bernouilli. Segue
ancora Carnot:
«La scienza delle macchine in generale, così come
l'intera meccanica, si riduce alla questione
seguente: conoscendo il moto di un sistema virtuale
qualunque di corpi - cioè quello che assumerebbe
ciascuno di tali corpi se fosse libero - trovare il
moto reale che si avrà [...] considerando tale quello
che esiste in natura»
Se si pensa a ciò che accadrebbe in un universo newtoniano
si trovano risultati che non hanno nulla a che vedere con la
realtà. Infatti, applicando una forza per un dato tempo (un
impulso) ad un corpo, esso si muoverebbe all'infinito in uno
spazio vuoto. In realtà noi dobbiamo tener conto degli attriti e
di ogni altra resistenza al moto che, in un mondo reale, sono
delle vere e proprie forze attive (dice Carnot: L'attrito e le altre
resistenze ... possono essere considerate come delle forze
attive). E qui Carnot si riallaccia direttamente agli studi cui ho
accennato nel paragrafo precedente e quindi alla concezione di
Huygens e Leibniz di vis viva in opposizione a quella di forza
che si conserva di Newton (Carnot dice esplicitamente nella
Prefazione ai suoi Principes del 1803 che la forza è una
nozione metafisica ed oscura perché non si capisce bene cosa
vuol dire univocamente causa poiché di cause ve ne sono
moltissime. Infatti mentre siamo in grado di capire cosa vuol
dire il rapporto tra due quantità di moto non siamo in grado di
intendere cosa vuol dire il rapporto tra due cause).(5)
L'attenzione di Carnot non è quindi puntata sull'inizio del
moto ma nel suo svolgersi. Su una intuizione che era già stata
di D'Alembert (1743), Carnot separò lo studio delle cause del
moto dal moto medesimo. L'inizio del moto dice poco, anche
perché è proprio il concetto di forza che Carnot non riesce a
digerire mentre accetta in modo intuitivo il concetto di massa
così che è possibile per lui trattare, con una certa tranquillità, la
quantità di movimento mv o, come la chiama anche Carnot,
forza di percussione. Anzi, sono proprio le masse le entità in
cui risiederebbero le forze (dice Carnot: Le forze risiedono in
masse determinate), di modo che sono le variazioni di quantità
Pagina 26
Lazare Carnot
di moto (sottinteso: nel tempo) che definiscono le forze (dice
Carnot: Sotto il semplice nome di forze o potenze o forze
propriamente dette comprendiamo le quantità di moto e le
forze motrici o, se si vuole le forze di percussione e di
pressione quando invece vogliamo parlare di forza viva
dobbiamo dire chiaramente il viva(6)). E la meccanica non è
altro che la teoria delle leggi dello scambio di movimenti,
essendo comunque coscienti che, cambiando modo di vedere
nel senso detto, occorrerà cambiare varie cose nella meccanica
assiomatizzata di Newton (occorrerà, ad esempio, partire con lo
studio della dinamica lasciando la statica come caso particolare
in cui tutti i movimenti si annullano). Sarà anche necessario
ricorrere all'esperienza ed ai ragionamenti che possono
confermarla o confutarla o che ci possono aiutare nel metodo
induttivo. Ma vediamo in dettaglio le successive definizioni di
Carnot e le relative elaborazioni e conclusioni.
Il moto viene chiamato da Carnot movimento geometrico(7)
(dice Carnot: una specie di scienza intermedia tra la geometria
ordinaria e la meccanica) perché il moto reale rappresenta
l'insieme del movimento descritto dalla sua geometria che è
indispensabile conoscere per poter meglio utilizzare una
macchina.
La forza deve essere considerata in due accezioni: forza
sollecitante e forza resistente. Essa deve essere intesa come
una successione di impulsi infinitesimi.
Il momento d'attività di un mobile, istante per istante, è il
prodotto della sua quantità di moto in quell'istante per la
velocità che esso deve avere l'istante successivo stimata a
partire dalla sua velocità attuale. Si può osservare che ha le
dimensioni di una forza viva. Esso è in pratica la forza che si
utilizzerebbe effettivamente per produrre un lavoro utile o la
forza sollecitante a cui deve essere sottratta la forza resistente
(8).
Mediante queste definizioni, Carnot ridefinisce il
funzionamento delle macchine in modo estremamente
semplificato al fine di riuscire a dare lo stato di un sistema in
un istante dato.
Nella Prefazione al suo lavoro sulle macchine del 1803,
Principes fondamentaux de l’équilibre et du mouvement (dal
quale sono tratte tutte le citazioni di questo paragrafo), dice:
Pagina 27
Lazare Carnot
«Con l'aiuto di queste definizioni arrivo a delle
proposizioni molto semplici; e le deduco da una
medesima equazione fondamentale [...] Da tale
equazione ricavo poi un principio generale di
quiete e di movimento nelle macchine propriamente
dette».
E, con queste premesse, Carnot stabilisce che l'equilibrio
generale dei processi si ottiene quando il lavoro per unità di
tempo consumato è uguale alla somma del lavoro utile prodotto
per unità di tempo più il lavoro perso a causa dell'attrito ed
altri fattori. Le sue parole a questo proposito sono:
«Qualunque sia il cambiamento ottenuto (...) il
momento d'attività consumato per unità di tempo
(...) sarà sempre uguale alla metà della quantità la
cui somma delle forze vive sarà aumentata durante
questo tempo (...) meno la metà della quantità di cui
sarebbe aumentata questa stessa somma di forze
vive, se ciascuno dei corpi fosse mosso liberamente
sulla curva che descrive (...) e la somma delle forze
vive dopo l'urto è sempre minore di quanto era
prima. C'è dunque sempre perdita di forze vive (...)
uguale alla somma delle forze vive che si avrebbe se
ciascun corpo si muovesse liberamente con una
velocità uguale a quella che ha perso per l'urto».
E ciò vuol dire che, per l'urto di corpi rigidi, la perdita totale
di forza viva è uguale alla somma delle forze vive dovute alle
velocità perdute. E questo teorema, stabilito da Carnot, è
raccontato da Mach nel modo seguente:
La somma delle forze vive di un sistema di masse
varia nell'urto se si tratta di masse anelastiche
invece si conserva per le masse perfettamente
elastiche. È possibile misurare la diminuzione delle
forze vive che si determina nell'urto di masse
anelastiche, o, in generale, quando i corpi si
muovono dopo l'urto con velocità comune. Siano M,
m le masse, C, c le loro rispettive velocità prima
dell'urto, u la loro velocità comune dopo l'urto. La
perdita di forza viva è
[1]
½ MC2 + ½ mc2 - ½ (M + m)u2.
Pagina 28
Lazare Carnot
Poiché
la [1] può essere sostituita da
Carnot ha espresso questa perdita con
[2]
½ M(C - u)2 + ½ m(u - c)2.
Le espressioni
½ M(C - u)2,
½ m(u - c)2
designano le forze vive prodotte dal lavoro delle
forze interne. Quindi la perdita di forza viva
nell'urto è equivalente al lavoro prodotto dalle forze
interne, cioè dalle cosiddette forze molecolari. Se
confrontiamo le espressioni [1] e [2], ricordando
che (M + m) u= MC + mc, otteniamo
un'uguaglianza. La formula di Carnot è importante
per la valutazione delle perdite dovute all'urto di
parti di macchine.
Con questi sviluppi Carnot fornisce le prime definizioni di
energia potenziale, energia cinetica, lavoro, potenza, ingresso
ed uscita, ... E' il primo ad utilizzare il bilancio del lavoro per
misurare ciò che le forze e le potenze possono o non possono
fare ed anche a fornire una formulazione della conservazione
dell'energia meccanica che esiste se si mettono in conto le
perdite.
In definitiva Carnot arriva a due condizioni per ottenere dalle
macchine idrauliche i migliori rendimenti possibili:
- La potenza deve sempre trasmettersi senza percussioni e tutti
gli urti devono essere evitati (dice Carnot: «Per ottenere
l'effetto più grande possibile, si deve evitare ogni urto o
Pagina 29
Lazare Carnot
cambiamento brusco di ogni genere (...) o perdita di
movimento d'attività [lavoro, ndr] inutilmente assorbito.
Bisogna diminuire (...) gli attriti (...) e la resistenza»). L'acqua
entra quindi nel motore ideale con la stessa esatta velocità degli
elementi mobili che lo compongono: per esempio, nel caso
della ruota idraulica, con la velocità di movimento delle pale.
- L'energia cinetica sottratta dal getto d'acqua che fuoriesce
dalla macchina deve essere minima: almeno in situazione
ideale l'acqua uscente dovrebbe avere velocità nulla.
Sembra evidente che tutto il lavoro di Carnot, risulti come
negazione della possibilità di moto perpetuo. Ma Carnot vi
dedica esplicitamente delle pagine (essendo completamente in
linea con quanto dichiarato dall'Accademia delle Scienze di
Parigi nel 1775)(9). Egli è un galileiano che sa che la natura non
si fa prendere in giro dalle macchine e che quindi è illusorio
mettersi empiricamente a costruire macchine che amplifichino
sempre di più gli effetti conseguenti a sollecitazioni, senza
tenere bene a mente i dati dell'osservazione scientifica e la
sperimentazione tecnica. Il problema è rovesciato: vi sono
prima le leggi della fisica e poi le macchine che devono tendere
ad avvicinarsi sempre più al limite ideale che la scienza
fornisce. E Carnot esemplifica con la leva quanto dice. Proprio
con questa macchina semplice si può facilmente osservare che
una macchina perde sempre in tempo o in velocità quanto ci fa
guadagnare in forza e tale principio fondamentale è valido per
tutte le macchine(10). Dice Carnot:
«Quando un corpo agisce su un altro, o
direttamente o attraverso un qualche corpo
intermedio, questo corpo intermedio, in generale è
ciò che si chiama macchina: il movimento che
perde ad ogni istante ciascuno dei corpi applicati a
questa macchina, è in parte assorbito dalla
macchina stessa ed in parte ricevuto dagli altri
corpi del sistema»
è perciò illusorio pensare di avere come risultato di un'azione
qualcosa che sia più grande dell'azione stessa, visto che parte
dell'azione se n'è andata dentro la macchina che mi ha
permesso l'operazione che chiedevo. Ed il mezzo per radicare
quest'errore
«è senza dubbio quello di attaccarlo all'origine,
Pagina 30
Lazare Carnot
mostrando che non solo in tute le macchine
conosciute ma anche in tutte le macchine possibili
c'è una legge inevitabile (...) e le riflessioni che io
propongo su questa legge mi conducono a dire una
cosa sul moto perpetuo e faccio vedere non solo che
ogni macchina a se stessa deve arrestarsi, ma sono
in grado di dire qual è l'istante in cui si ferma».
Lazare Carnot nell'ultima parte della sua vita, a partire dal
1818, si occupò di macchine a vapore e non vi è dubbio che di
tale macchine discusse con suo figlio Sadi, come vedremo. Il
suo interesse era lo stesso di ciò che ho qui riportato ma legato
alle macchine idrauliche o meglio esemplificato con macchine
idrauliche.
Il lavoro di Carnot troverà continuatori importanti. In
meccanica Jean Victor Poncelet e Gustave Gaspard Coriolis
che circa 25 anni più tardi pubblicheranno, rispettivamente
Cours de mécanique appliquée (1827) e Du calcul de l'effet des
machines (1829). A questi lavori seguiranno: la Mécanique
industrielle (1839) di Poncelet, che elaborerà e riformulerà
molte idee introdotte da Coriolis; ed una seconda edizione del
precedente lavoro di Coriolis, Traité de la mécanique des corps
solides et du calcul de l'effet des machines (1844) in cui
vennero sviluppate e precisate le considerazioni sulla
conservazione della forza viva e sulla trasmissione del lavoro.
Altri scienziati che elaborarono la meccanica delle macchine
furono: Jean Nicolas Pierre Hachette (1769 - 1834) con Traité
élementaire des machines (1811), Claude-Louis Navier (1785
- 1836) con Résumé des lecons sur l'application de la
mécanique (1826), Pierre Charles François Dupin (1784 1873) con Géometrie et mécanique des arts et métiers (1826).
Sul fronte invece della macchine a vapore si muoverà il
figlio di Lazare, Sadi Carnot che darà un fondamentale
contributo alla nascita della scienza del calore, la
termodinamica. Di Sadi Carnot mi occuperò nel seguente
articolo mentre non entrerò nei dettagli degli sviluppi della
meccanica perché esulano dai miei scopi.
Roberto Renzetti
NOTE
Pagina 31
Lazare Carnot
(0) Gaspard Monge (1746 – 1818) proveniva da una modesta
famiglia famiglia (suo padre era un venditore ambulante).
Studiò dagli Oratoriani e, notato per la sua abilità nel fare
mappe, fu ammesso alla scuola di formazione di Mézière (i
suoi natali furono d'ostacolo per l'ammissione alla scuola
militare). Poiché era di umili origini non era considerato adatto
a comprendere il calcolo ma dette prove strabilianti di sé
inventando metodi proiettivi straordinari (geometria
descrittiva) tanto da convincere i militari a nominarlo
professore (1768) a patto che le scoperte di Monge restassero
un segreto militare. Nel 1780 fu nominato professore
all'Università di Parigi e nel 1781 pubblicò il suo primo lavoro
che trattava delle line di curvatura di superfici. Aderì da subito
alla Rivoluzione e nel 1792 divenne Ministro della Marina
della Repubblica Rivoluzionaria, mettendo a completa
disposizione la scienza per la difesa della medesima.
Pagina 32
Lazare Carnot
Caricatura di Monge realizzata da un suo
studente dell’École Polytechnique intorno
ai primi dell'Ottocento
Cadde in disgrazia durante il periodo del Terrore. Passato
quel tempo tornò in Francia e gli fu permesso l'insegnamento
inferiore. Fu poi mandato in Italia e quindi andò al seguito di
Napoleone fino alla sua definitiva sconfitta. Tornato in Francia
insegnò alla prestigiosa Scuola Politecnica e pubblicò le sue
due opere fondamentali: Applicazione dell'algebra alla
geometria (1805) e Applicazione dell'analisi alla geometria
Pagina 33
Lazare Carnot
che ebbe 4 edizioni, l'ultima del 1819, che riuscì ad essere
rivista da Monge prima della pubblicazione e che contiene
soluzioni di alcune equazioni differenziali del secondo ordine
alle derivate parziali.
Morì a Parigi nel 1818.
(1) Molto opportunamente mi ha segnalato Angelo Baracca che
potrebbero nascere degli equivoci. Egli mi ha scritto:
Newton parla di "moto" non di energia. E afferma
decisamente che "il moto non si conserva". Ne parla
più propriamente nell'Ottica, dove si trova
l'affermazione esplicita che segue:
Isaac Newton, Opticks, Dover Publications, Inc.,
1952, pp. 397-99:
"For from the various Compositions of two
Motions, ´tis very certain that there is not always the
same quantity of Motion in the World. … Motion
may be got or lost. But by reason of the Tenacity of
Fluids, and Attrition of their Parts, and the
Weakness of Elasticity in Solids, Motion is much
more apt to be lost than got, and is always upon the
Decay. For Bodies which are either absolutely hard,
or so soft as to be void of Elasticity, will not
rebound from one another. Impenetrability makes
them only stop. … Seeing therefore the variety of
Motion which we find in the World is always
decreasing, there is a necessity of conserving and
recruiting it by active Principles …"
L'ultima affermazione è legata anche alla
concezione teologica di Newton, sulla quale pure si
scontra con Leibniz. La religione protestante
valorizza l'attività, Dio non ha i connotati che gli
attribuisce la religione cattolica, essere perfetto che
ha creato l'universo perfetto ed eterno, e osserva
dall'alto la sua perfezione. Poiché appunto "the
variety of Motion which we find in the World is
always decreasing", Dio (e qui sta la sua perfezione)
interviene di continuo a mantenere in moto i
pianeti!
Pagina 34
Lazare Carnot
Di questo avevo parlato nell'articolo Newton
www.fisicamente.net/FISICA/index-1600.pdf
)
ma
opportuno ricordarlo.
(
è
Angelo Baracca mi ha anche indicato due suoi lavori (il
primo sugli argomenti qui trattati ed il secondo su quanto
tratterò nel seguito) che meritano ogni attenzione:
www.fisicamente.net/FISICA/nascita_concetti_lavoro_energia.pdf
www.fisicamente.net/FISICA/Carnot_entropia.pdf
(2) Fu il fisico francese Edme Mariotte (1620 - 1684) il primo
ad aver intuito che una parte rilevante della forza di un getto
d'acqua contro una superficie (le pale della ruota idraulica) si
perdeva a causa dell'urto e quindi non era utilmente
trasformata. Egli studiò in modo approfondito e per la prima
volta il fenomeno e nel suo lavoro Traité du mouvement des
eaux (1686), che vide la luce due anni dopo la sua morte,
determinò due proprietà fondamentali del fenomeno:
- quando un getto d’acqua urta su una superficie,
una parte rilevante dell’energia che il getto stesso
contiene di disperde, quindi non partécipa alla forza
che la superficie riceve;
- la forza che un getto d’acqua produce quando urta
contro una superficie è proporzionale al quadrato
della velocità dell’acqua.
Oltre non riuscì ad andare in termini di formalizzazione.
Altri suoi contributi erano stati descritti nel suo Trattato
della percussione o dell'urto tra corpi (1670). Mariotte si
mosse sulla strada aperta dagli scienziati italiani ed in
particolare da Torricelli. Egli è considerato il padre del metodo
sperimentale in Francia (così lo definì Condorcet) e
l'accuratezza delle sue osservazioni relative al moto dei fluidi,
lo rendono anche il fondatore dell'idraulica francese.
(3) In realtà Woolf, allo scadere del brevetto, aveva applicato
una delle scoperte dello stesso Watt del 1782 che proponeva
utilizzazioni diverse del vapore immettendone nel cilindro in
quantità necessaria solo ad una parte della sua espansione,
lasciando la successiva espansione all'inerzia. Così operando
scendeva la potenza motrice ma diminuiva la quantità di
Pagina 35
Lazare Carnot
combustibile necessario al suo funzionamento. Il risparmio
citato nel testo riguarda macchine di Woolf sviluppate
successivamente e nel continente da Humphrey Edwards, un ex
socio di Woolf.
(4) Riporto la descrizione del funzionamento della macchina di
Woolf con le parole di Robert Fox:
La macchina di Woolf era costituita da due cilindri,
di cui il più grande aveva generalmente un diametro
di circa un metro. Nello schema seguente i pistoni
sono rappresentati nella fase in cui hanno raggiunto
il massimo di espansione.
Pagina 36
Lazare Carnot
Disegno schematico di una macchina a vapore di Woolf. Da Fox.
A questo punto le valvole A (aperte per tutto
l'intervallo di tempo in cui il pistone sale) sono
chiuse e le valvole B (chiuse durante 1'espansione
del pistone) sono aperte. Il vapore proveniente dalla
caldaia, con una pressione di circa tre atmosfere,
viene così introdotto nella parte superiore (I) del
cilindro più piccolo e comincia a spingere il pistone
verso il basso. In tal modo il vapore che si trova
nella regione (II) sotto il pistone, la cui pressione
era inizialmente di tre atmosfere, si diffonde nella
parte superiore (III) del cilindro più grande,
spingendo il pistone di questo cilindro verso il
basso, contro il vuoto parziale creato dal fatto che la
regione (IV) sotto il pistone è collegata al
condensatore. Nella sua diffusione dalla zona II alla
zona III la pressione del vapore diminuisce
progressivamente fino a un valore di poco inferiore
alla pressione atmosferica. Quando i pistoni hanno
raggiunto la massima compressione (questo avviene
nello stesso istante poiché i due pistoni operano
rigorosamente in fase), le valvole A vengono aperte
e le valvole B vengono chiuse. Il vapore della
caldaia spinge allora il pistone più piccolo verso
1'alto, contro la pressione che diminuisce
progressivamente nella zona I, e il vapore nella zona
IV spinge il pistone più grande verso 1'alto, contro il
vuoto parziale della zona III. Grazie alla pompa P a
basso consumo, 1'acqua condensata, che giunge al
condensatore dal pistone più grande, torna ad
alimentare la caldaia.
(5) Le idee di Carnot e particolarmente quella di forza, hanno
avuto grande influenza nella storia della fisica. Basti ricordare i
nomi di Laplace, Barré de Saint-Venant, Coriolis, Kirchhoff,
Hertz, Mach, Perrin.
(6) E' di grande interesse leggere il paragrafo (paragrafo 59 di
pag. 37) dei Principes che segue questa considerazione sulla
forza viva vi sono praticamente definite le energie potenziali e
cinetiche. Leggiamo:
59. Possiamo osservare che la forza viva può
presentarsi o sotto la forma mv2 di una massa per il
Pagina 37
Lazare Carnot
quadrato di una velocità, o sotto la forma P.h di una
forza motrice [il peso] moltiplicata per una
distanza [quella a cui si trova il peso]. Nel primo
caso abbiamo la forza viva propriamente detta; nel
secondo si potrebbe si potrebbe dare ad essa la
denominazione particolare di forza viva latente.
(7) Il movimento geometrico è senza alcun effetto sulle azioni
reciproche che si esercitano o potrebbero esercitarsi tra i
corpi del sistema; dipende soltanto dalle condizioni di vincolo
tra i corpi del sistema (da Dugas e Costabel in bibliografia 14).
Il movimento geometrico viene così descritto dal medesimo
Carnot:
«Il est évident que cette propriété appartient
successivement aux mouvements que j’appelle ici
géométrique, et que ce serait par conséquent en
avoir une idée très fausse, que de les regarder
comme des mouvements simplement possibles,
c’est-à-dire, compatibles avec l’impénétrabilité de
la matière : car, supposons, par exemple, que tout le
système se réduise à deux globes adjacents, et se
poussant l’un l’autre, il est clair que si l’on force
ces corps à se séparer, ou à se mouvoir en sens
contraire l’un de l’autre, ce mvt ne sera pas
impossible, mais qu’en même temps les corps ne
peuvent le prendre sans cesser d’agir l’un sur
l’autre : ce mvt n’est donc pas propre à remplir le
but qu’on se propose, qui est de ne rien changer à
l’action réciproque des corps». page 46 dei
Principes.
Pagina 38
Lazare Carnot
Il modo con cui è esemplificato il momento geometrico
distinto
da
quello
non
geometrico
da:
http://fr.wikipedia.org/wiki/Image:Mvtgeo.JPG
(8) Dice Carnot:
«Parmi les forces appliquées à une machine en
mouvement, les unes sont telles, que chacune
d’entre elles fait un angle aigu avec la vitesse du
point où elle est appliquée; (…) j’appellerai les
premières forces mouvantes ou sollicitantes; et les
autres, forces résistantes (...). On observera que les
forces sollicitantes peuvent être dirigées dans le
sens même de leurs vitesses, puisque alors l’angle
formé par leurs concours est nul, et par conséquent
aigu ; et que les forces résistantes peuvent agir dans
le sens directement opposé à celui de leurs vitesses
(…). On voit par-là, que si on fait prendre un
mouvement géométrique à un système quelconque
de puissance, chacune d’elles sera sollicitante ou
Pagina 39
Lazare Carnot
résistante à l’égard de ce mouvement géométrique,
suivant que l’angle formé par cette force et sa
vitesse géométrique, sera aigu ou obtus. Si une
force P se meut avec la vitesse u, et que l’angle
formé par le concours de u et P soit z, la quantité P
cos(z) u dt dans laquelle dt exprime l’élément de
temps, sera nommée moment d’activité, consommé
par la force P pendant dt(...). Lorsqu’il s’agira d’un
système de forces appliquées à une machine en
mouvement,(…) le moment d’activité (total),…, est
la même chose que la différence entre le moment
d’activité consommé par les forces sollicitantes, et
le moment d’activité, consommé en même temps
par les forces résistantes, considéré comme une
quantité positive».
Da: http://fr.wikipedia.org/wiki/Image:Carnotmoment.JPG
(9) Riporto il documento approvato dall'Accademia delle
Pagina 40
Lazare Carnot
Scienze di Parigi del 1775:
L'Accademia ha approvato quest'anno la risoluzione
di non esaminare alcuna soluzione di problemi sui
seguenti argomenti:
La duplicazione del cubo, la trisezione dell'angolo,
la quadratura del cerchio o alcuna macchina per
dimostrare il moto perpetuo.
Consideriamo doveroso da parte nostra spiegare i
motivi che ci hanno condotto a questa
determinazione.
"La costruzione di una macchina del moto perpetuo
è assolutamente impossibile. Anche ammesso che
l'attrito e la resistenza del mezzo non distruggessero
infine l'effetto della potenza motrice primaria, tale
potenza non potrebbe produrre un effetto uguale
alla sua causa; se, poi, si desidera che l'effetto di una
potenza sia quello di agire continuamente, l'effetto
dev'essere infinitamente piccolo in un tempo dato.
Se si riuscissero a eliminare l'attrito e la resistenza,
il primo moto impartito a un corpo continuerebbe
sempre; esso non agirebbe però in relazione ad altri
corpi e l'unico moto perpetuo possibile in
quest'ipotesi (che non potrebbe esistere in natura)
sarebbe assolutamente inutile e non potrebbe quindi
realizzare l'obiettivo che i costruttori di queste
macchine del moto perpetuo si propongono.
L'inconveniente di queste ricerche è di essere
enormemente dispendiose, tanto che esse hanno
rovinato più di una famiglia; spesso la meccanica,
che avrebbe potuto rendere grandi servigi al
pubblico, ne ha sperperato i mezzi, il tempo e la
genialità.
Sono questi i motivi principali che hanno dettato la
determinazione dell' Accademia. Affermando di
non volersi più occupare di questi argomenti, i
membri dell'Accademia non fanno altro che
dichiarare la loro opinione circa la completa
inutilità delle fatiche profuse da coloro che se ne
occupano. È stato detto spesso che, nel tentativo di
risolvere problemi chimerici, sono state trovate
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Lazare Carnot
molte verità utili; è questa un'opinione che ha avuto
origine in un'epoca in cui era ignoto il metodo
appropriato per scoprire la verità, metodo che oggi è
invece ben noto. È più che probabile che il giusto
modo per scoprire le verità sia quello di cercarle.
Ma la quadratura del cerchio è l'unico, fra i
problemi ripudiati dall'Accademia, suscettibile di
dare origine a qualche ricerca utile; e, se un
geometra dovesse risolvere tale problema, la
determinazione dell'Accademia non farebbe che
accrescerne il merito, in quanto dimostrerebbe
l'opinione che i geometri hanno della difficoltà, per
non dire insolubilità, del problema."
(10) Dice Carnot:
«(…) tout le monde répète que dans les machines en
mouvement on perd toujours en temps ou en vitesse
ce qu’on gagne en force ; mais après la lecture des
meilleurs éléments de mécanique, qui semble être la
vraie place où doivent se trouver la preuve et
l’explication de ce principe, son étendue et même sa
vraie signification sont-elles faciles à saisir? Sa
généralité a-t-elle, pour la plupart des lecteurs,
cette évidence irrésistible qui doit caractériser les
vérités mathématiques ? S’ils éprouvaient cette
conviction frappante, ne verrait-on pas des
mécaniciens instruits de ces ouvrages, renoncer
incessamment à leurs projets chimériques ? Ne
cesseraient-ils pas de croire ou de soupçonner de
moins, malgré tout ce qu’on leur dit, qu’il y a dans
les machines quelque chose de magique ? Les
preuves qu’on leur donne du contraire ne
s’étendent qu’aux machines simples ; ne croient-ils
pas celles-ci capables d’un grand effet; mais on ne
leur fait pas voir qu’il doit en être de même dans
tous les cas imaginables, et l’on se contente d’une
analogie : voilà pourquoi ces mécaniciens espèrent
toujours que leur sagacité leur fera découvrir
quelque ressource inconnue, quelque machines qui
ne soit pas comprise dans les règles ordinaires ; ils
se croient d’autant plus surs de la rencontrer, qu’ils
s’éloignent davantage de tout ce qui paraît avoir de
la relation avec les machines usitées, parce qu’ils
s’imaginent que la théorie établie pour celles-ci, ne
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Lazare Carnot
peut s’étendre à des constructions qui leur semblent
n’y avoir aucun rapport ; c’est en vain qu’on leur
dit que toute machine se réduit au levier : cette
assertion est trop vague et trop tirée, pour qu’on s’y
rende sans un examen profond ; ils ne peuvent se
persuader que des machines qui paraissent n’avoir
rien de commun avec celles qu’on nomme simples,
soient sujettes à la même loi, ni qu’on puissent
prononcer sur l’inutilité d’un secret dont ils n’ont
pas fait de confidence à personne : de là vient que
les idées les plus bizarres, les plus éloignées de la
simplicité si avantageuse aux machines, sont celles
qui leur fournissent le plus d’espoir. Le moyen de
déraciner cette erreur, est sans doute de l’attaquer
dans sa source même, en montrant que non
seulement dans toutes les machines connues, mais
encore dans toutes les machines possibles, c’est
une loi inévitable (...). Les réflexions que je propose
sur cette loi, me conduisent à dire un mot du
mouvement perpétuel, et je fais voir non seulement
que toute machine abandonnée, à elle-même doit
s’arrêter, mais j’assigne l’instant même où cela doit
arriver».
Da: http://fr.wikipedia.org/wiki/Image:Levier.JPG
BIBLIOGRAFIA
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Lazare Carnot
(1)
http://fr.wikipedia.org/wiki/Lazare_Nicolas_Marguerite_Carnot
http://fr.wikipedia.org/wiki/%C5%
(2)
92uvre_scientifique_de_Lazare_Carnot
(3)
http://www.solidariteetprogres.org/sp_article.php3?
id_article=508
(4)
http://ppp.unipv.it/Collana/Pages/Libri/Saggi/haas/HassCap8.htm
(5) http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/1996/lasala.html
http://imgbase-scd-ulp.u-strasbg.fr/displayimage.php?
(6)
album=762&pos=3
(7) Sadi Carnot - La potenza del fuoco - Bollati Boringhieri
1992.
(8) Robert Fox - Introduzione a La potenza del fuoco di Sadi
Carnot - Bollati Boringhieri 1992.
(9) Ernst Mach - La meccanica nel suo sviluppo stotico-critico
- Boringhieri 1968.
(10) Donald S. L. Cardwell - Tecnologia, scienza e storia - il
Mulino 1976.
(11) Charles Singer (a cura di) - Storia della tecnologia Boringhieri 1964.
(12) AA. VV. - Scienziati e tecnologi (dalle origini al 1875) Mondadori 1975.
(13)
http://www.consorzioirrigazioni.it/cic/documenti/pdf/idro/PiccolaSICap10.pdf
(14) René Taton (diretta da) - Storia generale delle scienze Casini 1965.
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