L`UOMO DI PILTDOWN – l` ”Anello Mancante” tra

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L`UOMO DI PILTDOWN – l` ”Anello Mancante” tra
L'UOMO DI PILTDOWN – l' ”Anello Mancante” tra
scimmia e uomo, ovvero la truffa più
longeva della scienza
PREMESSA - le bugie degli scienziati
Imbrogliare e ingannare è sempre stata un'arte che la nostra specie
ha elevato a livelli mai visti su questa biosfera, un'arte che è diventata anche scienza. Una
disciplina che ormai fa parte integrante del bagaglio non solo dei politici ma anche degli
scienziati: consiste nel rendere credibile quello che è poco credibile (o impossibile) verso
la gente comune ma sopratutto verso i propri colleghi scienziati. Imbrogliare gli scienziati è
però ben più difficile perché occorre conoscere bene la materia e le tecniche di
sperimentazione con l'obiettivo di convincere gli altri scienziati, i politici e sopratutto i
finanziatori che hanno il potere di decidere quali progetti e ricercatori debbano essere
sostenuti economicamente.
Il furto dell'idea, la pubblicazione di troppi articoli tutti ripetitivi, la manomissione dei dati di
registrazione piuttosto che la rivendicazione del primato delle scoperte servono a fare
quadrare i conti per sostenere con rigore apparente e credibilità le proprie scoperte o
teorie (ad esempio la fusione fredda..) Ormai è diventato drammatico anche nella scienza
distinguere il falso dal vero.
Questa tendenza, iniziata dalla fine della 2 a Guerra Mondiale, è legata al sistema di
finanziamento adottato nei paesi occidentali e al fatto che la scienza è diventata una
professione praticata da milioni di ricercatori e non più soltanto una vocazione.
Bisogna comunque aggiungere che ormai i Grandi Progetti (come il Large Hadron Collider
al CERN, il reattore a fusione nucleare ITER o i grandi telescopi) coinvolgono migliaia di
ricercatori di diverse Nazioni i cui risultati sono diffusi nella rete mondiale per cui c'è
sempre meno spazio per millantatori e bugiardi.
L'unico strumento di verifica è ancora il criterio della ripetibilità degli esperimenti, il solo
mezzo per distinguere le bugie da quello che ci sembra inoppugnabile - almeno entro certi
limiti; infatti più approfondiamo le nostre conoscenze e abilità più ci rendiamo conto della
complessità che regola i fenomeni dei quali tentiamo una semplificazione comprensibile,
sia per la grande massa che per i pochi addetti.
In questo articolo, nel suo Primo Capitolo, vedremo la curiosa e bizzarra truffa dei falsi
fossili probabilmente operata un secolo fa da Charles Dawson o da altri scienziati sulla
ricerca allora molto dibattuta dell' “anello mancante” tra scimmia e uomo, svolta al
centro della violenta lotta tra evoluzionisti e creazionisti (che non si è ancora placata
oggi..nonostante tutto).
Come necessario compendio seguono due Capitoli dedicati alle grandi estinzioni di
massa e alla storia della nostra specie, cioè l'uomo contemporaneo, l' ultima della lunga
serie umana che si è affacciata su questo pianeta.
CAPITOLO PRIMO
Le spiegazioni della Chiesa, i creazionisti e il vescovo James Ussher
Ordinato sacerdote nel 1601 poi professore a Dublino, James Ussher diventa famoso per
aver calcolato la data della creazione del mondo; secondo i suoi calcoli Dio creò l'universo
domenica 23 ottobre del 4004 a.C. a mezzogiorno in punto e l'uomo alle 9.00 del mattino
del 28 ottobre.. Questo calcolo, dedotto dagli annali delle Sacre Scritture – anche se ormai
smentito dai teologi – è ancora utilizzato dai creazionisti che sostengono la correttezza
della cronologia biblica e che i fossili e l' espansione dell'Universo siano strumenti per
mettere alla prova la fede dei cristiani. Grazie alle sue pubblicazioni del 1644 Ussher fu
poi incaricato vescovo e in seguito arcivescovo nell'ambito della chiesa anglicana.
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Oggi solo i creazionisti non si sono rassegnati ad accettare queste lampanti evidenze:
- la Terra non è al centro dell'universo ma è un pianeta posto ai margini del braccio
estremo di una galassia a spirale (che noi vediamo di taglio e che chiamiamo Via Lattea)
una dei miliardi di galassie che compongono questo Universo;
- questo Universo ha più di 14 miliardi di anni ed è stato generato dall'espansione di una
singolarità (forse a sua volta generata dai cosiddetti multiversi);
- con gli strumenti di oggi possiamo compiere un vero viaggio nel tempo osservando
galassie, stelle e protostelle distanti 13 miliardi di anni, agli albori della formazione di
questo universo, calcolando il tempo che la luce (la costante universale) ha impiegato ad
arrivare fino ai nostri occhi;
- ci sono prove inconfutabili che l'uomo moderno si è affacciato su questa biosfera circa
150.000 anni fa preceduto da molte altre specie umane con le quali
siamo stretti parenti, grazie anche all'esame biomolecolare dei referti e
che abbiamo a lungo convissuto con alcune di esse. Bisogna comunque
ammettere che la nostra specie, nel battito di ciglia di 4,5 milioni di anni
trascorsi dall'avvento dei primi ominidi come l'australopithecus afarensis
(Lucy-foto del fossile quasi completo), ha superato in talento evolutivo
gli insetti e i microbi.
Per finire, bisogna prendere atto senza sorriderne del lungo lavoro di
studioso di questo prelato, e che le conclusioni di Ussher erano legate
alle scarsissime conoscenze del suo periodo e ai vincoli del dogma stretto della fede.
Ciò non toglie che Ussher abbia influenzato negativamente per molto tempo la
percezione della nostra esistenza, per secoli ed ancora adesso, purtroppo, l'Uomo
moderno viene considerato da molti come un inserto estraneo a tutta la biosfera, una
comparsa improvvisa simile agli Dei generata a loro somiglianza (qualcuno ipotizza anche
l'intervento di alieni..in fase creativa, senza uno straccio di prove) invece che il prodotto
del Caso e della Necessità nell'assenza completa di un qualsiasi Progetto maturato da
Chicchessia.
Falsi fossili e anelli mancanti
Dopo il fiasco in cui ha cercato di dimostrare che l'embrione di uomo,
scimmia e cane sono uguali il professor Ernst Haeckel (1834-1919) nel
1874 pubblica la “Storia della evoluzione umana” in cui elenca gli anelli
che portano dalla “monera” (nome dato a essere umani primitivi mai
esistiti) fino all'uomo moderno, che emerge al 30° stadio dell'evoluzione di
una catena tra uomo e scimmia (tra cui l'improbabile “Homo stupidus”).
Lo stesso Darwin è molto cauto nel suo “Origine dell'uomo” del 1871 in cui
sottolinea l'enorme distanza che separa l'uomo dalle scimmie attuali.
Convinto assertore dell'evoluzionismo Haeckel pubblica una lunga serie di tavole di belle
illustrazioni con le quali, grazie a numerosi trucchi e ritocchi, cerca di dimostrare che lo
sviluppo dell'embrione umano corrisponde agli anelli della catena che congiunge le due
specie. Sotto le incalzanti accuse di falsificazione, Haeckel risponde accusando i gesuiti
che “..vogliono ridurre al silenzio la Lega monistica ..che ha lo scopo di diffondere una
semplice concezione del mondo...che rigetta ogni rivelazione, ogni fede nel miracolo...”
Il professore confuta il dogma dell'immortalità dell'anima e la fede in un dio creatore guida
di tutte le cose.
E' in corso la fase più violenta della lotta tra creazionisti ed evoluzionisti ma il pregio di
Haeckel rimane quello di avere rinnovato l'antropologia e la paleontologia e di avere
accreditato i gradi di parentela tra gli esseri viventi che formano alberi genealogici grazie
agli adattamenti e mutamenti graduali formulati da Darwin. Lo stesso Darwin – più saggio
e metodico – si rende però conto che negli alberi genealogici disegnati mancano ancora i
fossili (cioè le prove) relativi alle forme intermedie, gli anelli mancanti, che oggi nessuno
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cerca più, data l'enorme massa di reperti ormai disponibili, al numero molto più elevato di
ricercatori, alla genetica e alle sofisticate strumentazioni né disponibili e nemmeno
sognate più di di un secolo fa.
Oggi abbiamo una più completa comprensione della datazione della vita su questo
pianeta, della sua evoluzione, dei suoi cambiamenti che difficilmente sono improvvisi ma
sono invece per noi non percepibili, graduali attraverso migliaia e migliaia di generazioni
- con l'eccezione delle estinzioni di massa di cui parleremo in seguito - che si adattano
abilmente alle circostanze con un opportunismo insospettabile ed una encomiabile
gradualità senza stacchi netti (pertanto senza anelli mancanti...).
Nessuna delle specie di ominini fossili trovati rappresenta l'anello di congiunzione tra
l'uomo e le scimmie antropomorfe, che non è mai esistito, esse costituiscono le tappe
della serie di eventi tracciata da una linea evolutiva diversa che ha portato allo
scimpanzé, al gorilla, al gibbone e all'orango.
La nostra percezione del tempo è cambiata, da un lato si è accorciata perché abbiamo
accelerato la nostra velocità di spostamento sul pianeta, dall'altro lato si è allungata
poiché abbiamo gli strumenti per calcolare le centinaia di milioni di anni delle ere
geologiche: è una specie di asimmetria temporale che ci costa fatica metabolizzare
influenzata com'è ancora da preconcetti superati ma comunque presenti (vedasi per
esempio il dogma di Ussher tanto caro ai creazionisti).
Non sarebbe corretto chiudere questo breve capitolo senza fare riferimento a
Alfred Russel Wallace (1823-1913) dimenticato dai più in favore di Darwin.
Contrariamente a Darwin, Wallace (foto) è di umili origini – mentre l'altro è
proprio ricco di famiglia – ed è un naturalista autodidatta: formula la teoria
dell'evoluzione contemporaneamente a Darwin. Nel 1848 e nel 1854
intraprende alcune spedizioni in Amazzonia e in Malesia durante le quali le
sue osservazioni biogeografiche lo portano a formulare il concetto di
evoluzione delle specie arrivando alle medesime conclusioni di Darwin, al quale invia il
suo manoscritto. Turbato ma non ingelosito anzi, rassicurato, dalla notevole somiglianza
con le sue teorie Charles Darwin si affretta a pubblicare nel 1859 il volume che ha
cambiato la Storia “L'origine delle specie”. Il “nostro” nel 1871, ancora riluttante per le
conseguenze delle sue deduzioni, pubblica “L'origine dell'uomo” imponendo la sola e
inconfutabile dimensione biologica a quello che era stato definito per troppi secoli “il
mistero della storia della nostra origine”. Da allora l'uomo non è più il capolavoro della
creazione ma “un bruto perfezionato che condivide i suoi antenati con le scimmie
antropomorfe” (Giancarlo Biondi).
Il fossile dell'uomo di Piltdown
La storia inizia nel dicembre 1912 quando Arthur Smith Woodward e Charles Dowson
annunciano presso la Società Geologica di Londra di aver scoperto l'anello mancante tra
uomo e scimmia. Sono i resti di un antichissimo fossile umano ritrovato in una cava di
ghiaia vicino al villaggio di Piltdown nel Sussex. Consistono in un cranio chiaramente
umano, un pezzo di mandibola con a fianco denti di ippopotamo e corna di mammiferi;
vengono ritrovati inoltre un po' di utensili primitivi e pietre scheggiate rozzamente.
L'annuncio è sensazionale e fa il giro del mondo, sembra chiaro che a Piltdown sia vissuto
un individuo con la calotta cranica quasi umana e una mascella di scimmia:
per giunta abitava in Inghilterra, patria del darwinismo, della paleontologia,
della Royal Society e centro dell'Impero più vasto del mondo !
Si stima sia vissuto 500.000 anni fa segnando l'alba della civiltà (sempre
originaria dell'Inghilterra ?). Tipico orgoglio britannico di quei tempi che non
può vantare altri fossili umani o pre-umani.
Dawson – un avvocato con la passione della geologia (foto) – insieme a
Woodward - eminente paleontologo del British Museum – riprendono gli scavi nello stesso
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punto e trovano una mascella con denti di scimmia adattabile alla calotta cranica di tipo
umano.
Nonostante un certo scetticismo espresso da studiosi inglesi e italiani, che sostengono si
tratti del ritrovamento casuale di una mascella di scimmia vicino a un cranio umano, le
polemiche si placano quando il francese Pierre Teilhard de Chardin – un gesuita teologoscienziato con la passione della paleontologia – scopre ancora a Piltdown ma distante dal
primo referto un canino scimmiesco ma con l'usura tipicamente umana.
Nel 1915 Dawson trova ancora in un campo vicino a Piltdown alcuni frammenti di calotta
cranica che sembrano appartenere a un secondo esemplare dell'uomo di
Piltdown: con un altro ritrovamento sembra rispettato il criterio della verifica
degli eventi confermando le teorie.
I protagonisti della scoperta vengono coperti di gloria e di onori, Woodward
viene nominato baronetto e a Dowson – deceduto per setticemia nel 1916 –
viene dedicata una stele-memoriale eretta nel 1938 proprio a Piltdown.(foto)
Il reperto è una truffa
I dubbi cominciano a sorgere quando nel 1935 Kenneth Oakley – geologo del British
Museum – analizza i resti dell'uomo di Piltdown con il nuovo metodo del contenuto di
fluoro e scopre che le ossa di antichi animali trovati vicino al reperto non contengono la
medesima quantità dei frammenti del cranio, cioè sono molto più antichi, mentre la
mascella appartiene a una femmina di orango vissuta recentemente. I denti, tramite
l'analisi ai raggi X, hanno superfici nette e sono stati limati in modo da farli sembrare
appartenenti ad una specie con caratteristiche umanoidi.
Inoltre alcuni referti animali trovati nella cava sono provenienti del Mediterraneo,
probabilmente da un sito archeologico in Tunisia e gli utensili primitivi di selce sono stati
lavorati recentemente, anch'essi originari di un altro ritrovamento di manufatti tipici di
Gafsa ancora in Tunisia.
La deduzione è molto semplice: l'uomo di Piltdown è soltanto un'abile truffa.
Il “Times” stampa la notizia solo il 21 ottobre 1953 provocando una specie di lutto
nazionale e soltanto il tipico senso dello humor inglese riesce a coprire l'imbarazzo
nazionale.
I principali indiziati
Charles Dowson (1864-1916)
Fino dall'inizio i sospetti convergono su di lui, avvocato di professione ma
attratto dalla mineralogia e dalla archeologia, ha dei precedenti di truffatore:
come studioso dilettante, ma preparato, ha pubblicato due ponderosi volumi
copiati da un manoscritto di William Herbert sulla storia di un antico castello e
ha letteralmente ricopiato in un suo lungo articolo, pubblicato nel 1908, lo scritto di un
archeologo senza naturalmente citarne il merito. Si scopre che Il canino da lui scoperto è
stato importato dalla Francia, infatti trattato con gli acidi dai ricercatori-investigatori perde
la sua falsa patina di antichità e si rivela un dente molto più recente limato accuratamente.
Nella sua carriera di dilettante si sommano numerose frodi e contraffazioni che fanno
sospettare il suo unico movente, l'ambizione di far parte della Royal Society, ma questo
rimane un desiderio inappagato a causa della sua morte prematura per setticemia nel
1916.Nella sua collezione privata di reperti almeno 38 si dimostrano dei falsi, tra cui un
improbabile ibrido di mammifero-rettile contraffatto con la stessa tecnica del fossile di
Piltdown.
Sir Arthur Smith Woodward (1864-1944)
Una brillante e meritata carriera caratterizza Woodward, cui si aggiunge una notevole
capacità lavorativa: paleontologo a Manchester, poi conservatore al British Museum poi
ancora facente parte della Società Geologica e infine membro della prestigiosa Royal
Society. Non si trovano moventi alla sua partecipazione alla truffa se non deboli indizi
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sulla sua eccessiva attenzione verso i reperti stessi e il luogo del loro
ritrovamento, forse giustificabile dal fatto che i fondi necessari non sono a
carico del British Museum ma di Woodward e Dawson medesimi.
In fin dei conti è uno scienziato la cui serietà non è in discussione né sembra
credibile l'unico movente possibile: sommare altro prestigio a quello già
riconosciuto pubblicamente.
Teilhard de Chardin (1881-1955)
Il sospettato principale della truffa rimane Teilhard grazie alle indagini ancora di Kenneth
Oakley: nel 1953 ha una corrispondenza con Teilhard da cui emerge la incoerenza delle
date tra la scoperta del presunto fossile e la presenza del gesuita in Inghilterra (arruolato
come barelliere sul fronte del 1915) e l'esatta collocazione dei siti Piltdown 1 e 2 dove
sono stati ritrovati in momenti successivi i referti. Dopo la scoperta della beffa
naturalmente vengono scritti numerosi libri ed articoli sulla cospirazione da vari autori tra
cui Frank Spencer, Weiner, S.J.Gould e Louis Leakey.
Del resto vi sono alcuni indizi relativi all'origine dei reperti che possono coinvolgere il
gesuita che ha viaggiato in Mediterraneo , ha insegnato al Cairo, è passato per la Tunisia
e Malta prima di ritornare in Francia, luoghi che sono o potrebbero essere la provenienza
di molti fossili poi ritrovati a Piltdown. Gould sostiene che il tutto sia stato uno scherzo nato
da un complotto tra Teilhard e Dowson che poi si trasforma in un affare mediatico più
grosso di quanto si aspettassero e sfuggito dal loro controllo; sempre secondo Gould il
movente sarebbe stato di prendersi gioco dei noiosi e saccenti studiosi inglesi che
ritenevano Dowson un dilettante. Nel frattempo scoppia la Prima Guerra Mondiale,
Dowson muore e Teilhard si trova da solo impossibilitato a confessare lo scherzo
mettendo fine alla vicenda. Del resto è giovane e saprà solo prima di morire negli anni '50
che il cranio è molto più recente. Accusato dalla Chiesa di panteismo viene inviato in Cina
ove vive molti anni assistendo al ritrovamento di molti fossili tra cui il cosiddetto
sinanthropus.
Arthur Conan Doyle (1859-1930)
Un'altra ipotesi che sorprende potrebbe essere la partecipazione alla truffa
del famoso scrittore e medico, Doyle ha sempre viaggiato molto e poteva
avere raccolto i resti fossili in Mediterraneo,in Tunisia, Algeria e Malta forse
ottenendo anche i reperti da amici, come il suo vicino di casa Cecil Wray
collezionista di fossili e membro della Royal Anthropological Society.
Inoltre lo scrittore passa metà della sua vita a Crowborough, una cittadina a
pochi chilometri da Piltdown. Il movente: Doyle è un convinto spiritista e con questo
inganno – ordito come un suo romanzo giallo – intende vendicarsi di Edwin Ray
Lankester, acceso evoluzionista che conduce una vera battaglia contro gli spiritisti. Il tutto
sembra seguire il canovaccio dei suoi romanzi: il fatto, l'indagine, la deduzione e la
scoperta del colpevole
della
truffa nella quale gli entusiasti evoluzionisti sono
ingenuamente caduti, per poi essere pubblicamente beffati.
Degna di un racconto con
Sherlock Holmes.
La distanza tra i referti, cioè i resti e il dente limato avrebbero dovuto insospettire gli
scienziati che invece dimostrano una ostinazione e una presunzione incredibili nel
sostenere la validità della scoperta e della teoria, una credulità che continua ad essere
accettata per i 41 anni seguenti; appare inoltre poco credibile che fossili così antichi
venissero facilmente alla luce in due cave di ghiaia e non inseriti nella stratigrafia. Resta
chiaro che chiunque sia stato l'autore della frode aveva l'intento di fare sia uno brutto tiro
alla teoria dell'evoluzione sia a qualcuno dei suoi sostenitori. Comunque sia questa
scoperta e la teoria conseguente dell'anello mancante tra scimmia-uomo non confutata
per troppi anni, era vantaggiosa, comoda e semplice.
Rimane un esempio del
nazionalismo radicato nella comunità scientifica britannica dell'epoca e ne riflette anche i
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pregiudizi sociali: era maschio o femmina ? L'ipotesi che fosse una femmina diventa subito
l'occasione per la stampa per deridere con delle vignette le suffragette molto attive a quel
tempo.
Come era inevitabile, la beffa una volta svelata, diventa il cavallo di battaglia dei
creazionisti e viene indicata come esempio della scarsa credibilità e faziosità degli
evoluzionisti.
Altri esempi di “granchi scientifici”
Quarantuno anni sono un bel record battuto solo da Tolomeo la cui teoria sulla centralità
della Terra nel sistema solare ha resistito per la bellezza di 1.400 anni.
Forse qualcuno ricorderà la “fusione fredda” che si produrrebbe a temperature molto
inferiori a quelle della fusione nucleare, una teoria che fece molto scalpore nel 1989 a
seguito dei primi esperimenti di Martin Fleischmann e Stanley Pons dando la falsa
speranza di ottenere energia a basso costo, ma quando altri laboratori ripeterono
l'esperimento non ottennero conferme.
Un'altra teoria veramente bizzarra senza uno straccio di prove è quella della “ Terra cava”
costituita da un guscio esterno e da gusci concentrici separati da diverse atmosfere,
proposta inizialmente da Edmund Halley (proprio lui, l'astronomo che ha calcolato l'orbita
della cometa !) nel 1692, accolta in seguito dalla cultura esoterica e dalla letteratura
fantastica (Jules Verne e William Burroughs) secondo la quale noi abiteremmo sulla
superficie interna della crosta del pianeta che avrebbe al centro il Sole e tutto l'Universo
sarebbe un effetto ottico di rifrazione della luce sulle pareti del guscio. Altri
hanno
aggiunto che la Terra cava sarebbe abitata da una razza preistorica molto saggia oppure
ospiterebbe basi aliene... Nonostante la schiacciante falsità queste teorie bislacche non
si sono ancora estinte, probabilmente
perché rendono l'Universo più piccolo e più
rassicurante collocando, anzi, ricollocando l'essere umano sopra un gradino più
significativo e centripeto.
CAPITOLO SECONDO
Le estinzioni di massa
E' sembrato
inevitabile inserire questo breve capitolo per sottolineare l'estrema
adattabilità della vita e l'influenza del Caso nella sua variabilità nonché il lungo, travagliato
cammino trascorso da quando la biosfera ha occupato il pianeta.
L'estinzione di massa – meglio espressa come transizione biotica – è un massiccio
sovvertimento dell'ecosistema e della biosfera di questo pianeta ove un grande numero di
specie scompaiono mentre altre subentrano divenendo dominanti.
Fino ad oggi si calcolano ci siano state cinque grandi estinzioni di massa:
- 450 milioni di anni fa nel Siluriano-Ordoviciano in cui circa l'85% delle specie di
invertebrati e pesci scompaiono a causa di un surriscaldamento e successiva glaciazione
forse dovuto ai lampi di raggi gamma emessi dall'esplosione di una supernova (GRB
Gamma Ray Burst il fenomeno più violento che conosciamo dell'Universo)
- 377 milioni di anni fa durante il Devoniano Superiore che interessa l'82% delle specie;
- 251 milioni di anni fa nel Permiano Triassico che rimane l'estinzione più pesante dovuta a
intenso vulcanesimo (verneshot) oppure all'impatto con un asteroide in
Antartide;
- 203 milioni di anni fa nel Triassico-Giurassico con intense variazioni
climatiche e surriscaldamento del globo;
- 65,69 milioni di anni fa durante il Cretaceo-Terziario con estinzione del
76% delle specie compresi tutti i dinosauri causata dall'impatto di un corpo
di 10 km. di diametro nella penisola dello Yucatan a P. Chicxulub, il cui
cratere è stato rilevato negli ultimi anni grazie alle osservazioni satellitari. Un'altra prova è
la presenza di iridio proprio nella stratigrafia di quella esatta era geologica, (l'iridio si
genera soltanto a causa di enormi pressioni).
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L'asteroide inoltre ha impattato con l'angolo peggiore provocando linee di frattura nella
crosta terrestre fino al nord America.
Quest'ultima estinzione ha favorito la diffusione dei mammiferi che praticamente hanno
sostituito su tutto il pianeta i dinosauri, estinti velocemente a causa di un freddo e buio
periodo causato dalla ricaduta delle ceneri e delle polveri disperse nell'atmosfera dal
tremendo impatto cui si sono aggiunte le piogge acide. (disegno del luogo dell'impatto).
Se non ci fosse stata questa catastrofe, qualche specie di dinosauro si
sarebbe evoluta nel tempo fino a diventare un sapiens rettiliano? La
domanda è comunque interessante e non fantascientifica, il candidato
ideale sembra il velociraptor (dromaeosauride): aveva una stretta vita
sociale, buona visione binoculare, zampe anteriori prensili come mani
larghe ed era bipede. Ribaltando il Fato, i mammiferi, piccole facili prede,
sarebbero rimasti per sempre ai confini della vita sul pianeta. Chissà.
Per quanto riguarda l'evoluzione dei primati recentemente sono stati scoperti numerosi
reperti di quello che viene stimato il capostipite di tutti i primati, il Purgatorius, un piccolo
mammifero (disegno) che viveva sugli alberi circa 65 milioni di anni fa,
l'inizio del ramo evolutivo che ha portato fino all'uomo moderno in un lungo
e insidioso cammino molto fortunato visto che non sono accaduti altri
eventi apocalittici nel frattempo.
Nonostante che la fortuna e il Caso ci abbiano agevolati non dimostriamo
alcuna riconoscenza verso questa biosfera che ha generato i nostri
numerosi predecessori e la nostra specie h.sapiens, considerando che stiamo facendo di
tutto per danneggiarla...(con un tocco di sarcasmo, ascoltando certi personaggi alcune
volte sorgono dei dubbi sul fatto che.. tutti noi siamo proprio veramente sapiens ?).
Dopo il sopravvento dei mammiferi viene l'ora dei primati e poi della lunga serie di ominini,
ominidi e uomini di cui parliamo nel prossimo capitolo a titolo di completezza
sull'argomento.
CAPITOLO TERZO
L'evoluzione dell'evoluzione - uomini per caso
La storia della nostra specie e quella degli antecessori
All'inizio di questo capitolo è inevitabile fare una proposta:
festeggiare il 24 ottobre (data della pubblicazione dell'”Origine
delle specie”) come Festa Dell'Umanità', una data che ha
cancellato il secolare oscurantismo proponendo la nostra storia
come fatta di discendenze e ascendenze di parentele, cancellando un'epoca buia troppo
lunga che ci aveva invece vincolati in un artificioso isolamento dal resto di questa
biosfera. (nella ricostruzione qui sopra sono presenti quasi tutti i nostri antenati
conosciuti).La pubblicazione del libro di Darwin si abbatte come un tornado sulla comunità
scientifica e sull'opinione pubblica – subito viene attaccata dagli ambienti religiosi ! – è
un'idea non tollerabile che l'uomo discenda dalle scimmie !
Poi lentamente viene accettata poiché essa implica solo una stretta parentela con poche
scimmie moderne, e che condividiamo i progenitori con le antropomorfe. Grazie
all'esame dei dati biomolecolari (DNA) l'idea dell'evoluzione tramite il ruolo della selezione
naturale” viene integrata oggi dall' “evoluzione per equilibri punteggiati” per effetti casuali
(immaginate una nave senza timoniere in balia delle correnti e dei venti).L'approccio
molecolare si è dimostrato un fantastico scandaglio sul passato e, ci piaccia o meno, le
differenze a livello del DNA con le antropomorfe africane di oggi sono minime: solo il 2,5
%del nostro DNA differisce da quello del gorilla e l'1,5 % da quello dello scimpanzé.
Di fatto tutte le specie sono inserite in un equilibrio che viene gestito dalla fatalità cioè dal
Caso, con la prerogativa che la biosfera si rimodula continuamente anche a causa dei
cambiamenti climatici e delle catastrofi dovute a terremoti, impatti cometari o altro.
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Gli stessi fringuelli di Darwin delle isole Galàpagos (disegno) sono un esempio della
continua produzione di variazioni e dell'affermazione di quelle varianti che garantiscono
una abbondanza di discendenti invece che una vita più difficile: oggi abbiamo sequenziato
i genomi di 120 esemplari evidenziando i fattori trascrizionali che hanno provocato rapidi
eventi evolutivi e una vivace effervescenza genetica: i fringuelli, dopo la visita
di Darwin, si sono suddivisi velocemente in più specie tra loro diverse per la
ragione che un secolo fa le isole subirono una tremenda siccità con
condizioni ambientali molto difficili. Così i fringuelli tanto cari a Darwin sono
passati due volte alla Storia.
La nostra storia
Occorre considerare che nella paleoantropologia i fatti pur essendo veri non sono mai
verità assolute, arrivati a certe conclusioni ci si accorge che è meglio ricominciare, le
scoperte dovute ai numerosi scavi in tutto il mondo e ai dati biomolecolari (DNA)
determinano incertezze che, contrariamente alle verità presupposte, ci stimolano alla
ricerca. Infatti spesso accade che ogni volta che tiriamo fuori un fossile dalla terra e ne
esaminiamo i dati biomolecolari, diventa quasi inevitabile una riscrittura di quello che
sappiamo. E' questo il vantaggio della scienza sui dogmi. Le mutazioni si accumulano nel
momento in cui il DNA copia se stesso, un maggior numero di duplicazioni implica un
aumento degli errori, esprimendo il concetto che l' “orologio molecolare” esiste ma va
rivisto come “orologio locale” per ogni gruppo di specie collegate tra di loro. Le differenze
molecolari tra l'homo e le antropomorfe africane permettono di fissare il fattore di
dissimilarità intorno ai 5 m.a. mentre risale a circa 8 m.a. la separazione con l'orango.
Finalmente il paradigma dell'isolamento dell'uomo moderno dal resto del mondo, tanto
caro ai creazionisti, è crollato.
La “profezia” di Darwin (foto) e del suo sostenitore e amico Thomas Huxley
viene confermata nel XX secolo: come da loro sostenuto la nostra
sottofamiglia è originaria dell'Africa con una storia che risale fino a 6 milioni
di anni fa. Nel 1924 Raymond Arthur Dart scopre un neurocranio vicino a
Taung e lo battezza Australopithecus africanus, forma intermedia tra le
antropomorfe e l'uomo vissuta 3 ma.fa
L'ultimo antenato condiviso con i gorilla e gli scimpanzé risale a 5-7 ma e la varianza è
imputabile al clima: il clima è la componente primaria dell'ambiente e la sua influenza sul
mondo biologico contribuisce a creare nuove opportunità per le specie che si adattano
accumulando le caratteristiche più vantaggiose fino a divenire specie diverse da quelle
originarie. Intorno a 7 ma il clima dell'Africa virò verso il secco modificando la vegetazione
provocando la separazione della nostra linea evolutiva dalle scimmie, rimaste adattate
alla vita boschiva mentre le antropomorfe e i nostri primi antenati si adattarono alla
savana acquisendo lentamente e faticosamente le caratteristiche più vantaggiose per
sopravvivere, la postura bipede e la presa di precisione – una mutazione che consente di
chiudere le dita toccando tutti i polpastrelli (voi ci riuscite sempre ? Io non tutti i giorni).
I fossili più antichi di primati che possono essere messi in
relazione con la nostra specie si trovano nei paraggi della fossa
tettonica africana, la Great Rift Valley (foto di una frattura) che
comprende Etiopia, Tanzania e Kenya, che ha creato una sorta
di barriera ecologica tagliando la foresta pluviale dal suo
rifornimento di umidità e provocando l'espansione del nuovo
ambiente arido, la savana.
Nel 1974 avviene la grande scoperta, nell'Afar etiopico uno scheletro quasi completo
affiora dal terreno, è una giovane femmina di australopiteco vissuta 3,2 ma fa,
nonostante la statura un po' bassa si tratta di un adulto la cui andatura è bipede. Viene
battezzata “Lucy” passando con questo nome alla
Storia perché in quel momento il
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gruppo di Donald Johanson stava ascoltando la canzone dei Beatles “Lucy in the sky with
diamonds”. Sempre in Etiopia viene scoperto nel 2000 lo scheletro di un infante (chiamato
“Selam”) di ominide risalente 120.000 anni prima di Lucy, attrezzato per la locomozione
eretta ma anche “mista”, adatta all'ambiente di foreste, savane e paludi del nord-est
dell'Etiopia dove ha vissuto 3,35 - 3,31 milioni di anni fa.
Non è nell'intenzione dello scrivente elencare l'intero Almanacco della storia della nostra
specie e dei suoi predecessori, sarebbe troppo lungo e tedioso, ma soltanto accennare
agli scenari e agli eventi principali della evoluzione a mosaico che ha portato fino all'uomo
contemporaneo, uno scenario che non è più composto da rami ma si è esteso a cespugli
comprendenti specie sempre più numerose che stiamo ancora scoprendo e studiando.
Al momento la prima datazione risale a circa 7 m.a. con il sahelanthropus tchadensis, poi
l'orrorin tugenensis e saltando 3 milioni di anni si affaccia finalmente l' australopithecus,
seguono l'homo l'habilis, l'ergaster, l'erectus, l'antecessor fino al neanderthalensis che ha
convissuto con noi fino a 38.000 anni fa prima di estinguersi (con la nostra attiva
partecipazione...). Questi sono soltanto pochi esempi delle circa 25 specie dei nostri
antecessori affacciate sul pianeta in 6 milioni di anni. E' recente la prima stima del tasso
di flusso genico (inteso come ibridazione) tra le diverse specie umane, una stima che ci fa
riflettere, anche nel caso di homo, sul concetto stesso di specie.
Per definizione, una specie è una popolazione chiusa al flusso genico, ma ogni
popolazione riceve un apporto genico attraverso la migrazione di elementi estranei e
ridistribuisce il proprio patrimonio per mezzo di individui che migrano altrove.
A partire da 3 milioni di anni fa l'Australopithecus afarensis scompare (ci
siamo persi “Lucy” !) e appaiono i i gruppi paranthropus e homo seguito
dall' homo rudolfensis poi dall'abilis un nostro vero antenato che inizia
l'emigrazione fuori dall'Africa. L'analisi isotopica del carbonio dei denti del
paranthropus (foto del cranio) mostra una dieta limitata alla vegetazione
della savana dove poi il parantropo si è estinto, mentre quella dell'homo è una dieta
variabile e vantaggiosa derivante da diverse fonti tramandata attraverso i geni fino a noi.
Fuori dall'Africa (out of Africa) – le migrazioni
Quando l'uomo moderno, a seguito di una speciazione biologica puntiforme, migra
dall'Africa in Asia e in Europa, sostituisce le forme locali preesistenti di erectus
e di heidelbergensis (foto a sinistra), i discendenti di ergaster, e sopratutto i
neanderthalensis con i quali vi sono stati episodi di ibridazione
A proposito di questa ultima specie, è interessante aggiungere che la
migrazione degli esseri umani anatomicamente moderni raggiunge il Vecchio
Continente tra 44.000 e 41.000 anni fa dove erano stabiliti da 200.000 anni i
Neanderthal, i nostri parenti più prossimi, il cui nome erroneamente nella cultura
generale è sinonimo di stupido bruto.(foto a destra). Non è proprio così, nuove
prove mostrano che avevano un pensiero simbolico, costruivano reti, trappole e
utensili complessi, decoravano le pareti delle grotte, si adornavano con piume e
conchiglie colorate, cuocevano orzo e frumento. Gli esseri umani moderni sono
stati più abili nello sfruttare in modo più efficiente l'ambiente affinando le proprie tecniche
di sopravvivenza traendone più vantaggi, una volta entrati nei loro territori. L'analisi del
DNA prova che le persone che oggi vivono in Europa e in Asia hanno in media tra l' 1,5 e il
2,1% di DNA neanderthaliano, eredità degli incontri durante la convivenza sul territorio.
Tornando all'uomo anatomicamente moderno, le conclusioni che si possono trarre dalle
ricerche sul DNA mitocondriale segnano una divergenza genetica datata circa 200.000
anni fa ma non la nascita di un gruppo anatomicamente diverso da quelli parentali,
semplicemente una mutazione che è sopravvissuta per molto tempo all'interno di uomini
antichi, poi ricomparsa migliaia di anni dopo in discendenti in linea diretta e quindi
portatori di una copia di quella particolare molecola che faceva parte di un gruppetto di
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individui arcaici che si sono evoluti in uomini moderni.
La differenza nel numero di
mutazioni accumulate trasformata in misura del tempo evolutivo fa risultare che le prime
migrazioni dalla fossa della Rift Valley possono risalire a circa 100.000 anni fa in armonia
con i fossili e i reperti archeologici.
I nuovi uomini presentano modifiche anatomiche che nel tempo contribuiscono a
modellarlo per il miglior equilibrio tra il grande cervello e l' essere un bipede, permettendo
anche un risparmio di energia sul modo di camminare a vantaggio di una scorta
energetica impiegabile per altre attività. La dieta variata e ricca di proteine, gli utensili
meglio lavorati, il buon livello di organizzazione sociale, il modo di concepire le dimore per
immagazzinare il cibo, la preparazione di indumenti portano alla costruzione di abitazioni
in cui vengono separate le varie attività. Le conseguenze della produzione alimentare, la
domesticazione di animali, la dieta non più solo carnacea, le tecniche di cottura, la
coltivazione di cereali (frumento,sorgo,miglio) producono veri cambiamenti in ambito
socioeconomico: gli agricoltori rimangono vincolati ai loro campi che poi diventano villaggi
con strutture stabili. Diventa inevitabile la crescente separazione tra le attività specializzate
con la conseguente stratificazione sociale; nasce il concetto di proprietà che con sé
trascina la sua inevitabile contropartita: saccheggi, caste religiose e militari, le prime cittàstato, guerre.
Qualcuno parla ancora di razze per la nostra specie: un paradigma che ci ha ossessionato
per secoli che inorridisce i genetisti, la nostra specie è suddivisa solo in quattro
raggruppamenti: africani, caucasoidi, australiani e mongolici distinguibili solo per il colore
della pelle e i tratti somatici. Le popolazioni umane sono entità molto instabili e i confini
diventano sempre più meno definibili mano a mano che si affina lo strumento di analisi. La
genetica conferma l'assurdità di una pretesa “superiorità razziale” e le massicce migrazioni
attuali rendono sempre meno definibile le differenziazioni nell'ambito degli stessi
raggruppamenti. L'unità degli uomini moderni è una realtà biologica compatta con radici
molto vicine nel tempo e non è più un pretesto politico da strumentalizzare; di fatto non
abbiamo avuto il tempo di differenziarci geneticamente. Anzi, lo studio di un gene
chiamato SLC24A5 che differenzia la pelle più chiara da quella scura, ci ha svelato
recentissimamente che solo la carenza di vitamina D ha fatto schiarire la pelle a una
parte di noi, divenuti visi pallidi, costringendoci a produrla per mezzo dei raggi solari e non
più assumendola dalla selvaggina.
E qui ci fermiamo.
Un esempio di antico vicolo cieco - l'oreopitheco
Il pollice opponibile e il bipedismo non sono state un'esclusiva di homo, un fossile datato
tra 7 e 9 m.a. aveva il pollice flessibile l'Oreopitheco, un primate alto poco più di un metro
scoperto a Ribolla nei pressi di Grosseto e in seguito in Sardegna: il primate poi sparisce
improvvisamente di scena. Il suo è un esempio di evoluzione a mosaico, il Caso ha
regalato all'Oreopitheco la presa di precisione ma non lo sviluppo culturale, un
abbinamento ricomparso qualche milione di anni dopo. Fortuna imperatrix mundi: non
c'è un Progetto ma solo fortuna, per alcuni porta al nulla per altri consente di cambiare la
vita ai propri discendenti. Meno male che nessun scienziato si è permesso di spacciare
pubblicamente questo ominino come “...il primo uomo era italiano, nato a Grosseto !”
plagiando la truffa di Piltdown !
Il Conto alla rovescia – Doomsday clock
La nostra è una specie di esploratori con radicata la pulsione alla
radiazione adattativa, abbiamo conquistato velocemente tutto il globo
emarginando i concorrenti (come i Neanderthal) siamo curiosi e
intraprendenti ma queste attitudini vanno integrate da dosi massicce
di modestia nonché
dal rispetto per il pianeta che ci ha
generati...forse parole vane visto che il “C onto alla Rovescia” per questa biosfera sta
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accelerando. Oggi il “Doomsday Clock” (L'orologio immaginario dell'apocalisse) segna tre
minuti alla mezzanotte, l'ora fatale della nostra estinzione, non solo a causa di un
olocausto termonucleare ma sopratutto per i mutamenti climatici provocati dalle attività
umane a loro volta cause di conflitti, effetto serra, piogge acide e migrazioni planetarie.
L' orologio è una iniziativa promossa dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists
(tra cui 17 premi Nobel) che dal 1947 aggiornano continuamente il tempo che manca al
momento del disastro planetario e all'estinzione della nostra specie; ad esempio la
distanza minima è stata raggiunta nel 1953 (2 minuti a mezzanotte) con l'inizio dei
numerosi test termonucleari da parte delle due superpotenze contrapposte. I decisori
politici sono continuamente avvisati ma i ripetuti fallimenti dei vertici mondiali per un
accordo sulle emissioni di gas serra e la proliferazione di armi nucleari non lasciano
molte speranze.
Siamo soli ? C'è vita nell'Universo ? Il paradosso di Fermi
Veramente la domanda corretta sarebbe “siamo soli in questo momento nell'Universo?”
Probabilmente il principio di contemporaneità tra civiltà è sbagliato, il tempo che la nostra
specie ha impiegato per arrivare alla rivoluzione industriale è un battito di ciglia rispetto
alle centinaia di milioni di anni in cui la vita è stata presente su questo pianeta ed è
improbabile che altre civiltà ne abbiano seguito puntualmente il corso fino a quello che noi
definiamo il nostro adesso. E' probabile che da qualche parte ci sono dei sapiens in
possesso di tecnologia, altri che si stanno evolvendo, altri che si sono estinti. Miliardi di
stelle per ogni galassia e miliardi di galassie aumentano in modo incalcolabile le
probabilità di biosfere che potrebbero generare specie intelligenti, delle quali,
oggettivamente, non riusciamo nemmeno ad immaginare le forme e le società senza
peccare di antropocentrismo. Perdonino questa cinica considerazione i credenti dei
contatti alieni, ma non c'è uno straccio di prova accettabile in tutta questa moderna
mitologia dove solo i ciarlatani fanno soldi a scapito dei sognatori di creature luciferine.
E' inevitabile citare il “paradosso di Enrico Fermi” che nel 1950, commentando supposti
avvistamenti UFO sulla base nucleare di Los Alamos (in piena guerra fredda..e paranoia)
esclamò “Ma dove sono tutti quanti? Se ci sono tante civiltà extraterrestri perché non
abbiamo ricevuto dei segnali da loro ?” Il paradosso è costituito tra la speranza sostenuta
da molti di incontrare intelligenze aliene e i dati osservativi contrastanti. La considerazione
di Fermi fu espressa durante una conversazione con il dott. Edward Teller, il vero “Dottor
Stranamore”, che proponeva un conflitto termonucleare risolutivo contro i sovietici, tempi
terribili che minacciavano la nostra sopravvivenza.
Dopo l' invenzione della radio i nostri segnali si sono spinti per molti anni luce ma nessuno
ha risposto “ricevuto!” e forse i segnali emessi da altri sono arrivati qui migliaia di anni fa
quando nessuno era in grado di riceverli.
L'unica cosa certa che sappiamo da appena vent'anni è che in
questa galassia vi è un numero enorme di pianeti, le osservazioni
ci dicono che quasi tutte le stelle posseggono un sistema
planetario; il primo esopianeta scoperto è stato 51 Pegasi b
distante 50 anni luce che non è di classe terrestre ma un gigante
gassoso come Giove. In questi anni la caccia agli esopianeti è
diventata una gara entusiasmante, abbiamo rilevato con certezza
almeno 1.900 pianeti, dei quali pochi di tipo terrestre che
orbitano nella cosiddetta “zona abitabile” nella quale l'acqua è allo
stato liquido. I principali metodi usati dagli astrofisici sono il transito del pianeta davanti alla
stella e quello degli “strattoni” che provocano oscillazioni nel moto della stella dovuti
all'attrazione gravitazionale dei pianeti orbitanti intorno.
Stiamo sviluppando tecnologie e strumenti sempre più sofisticati per individuare la “firma”
di attività biologica su mondi lontani – che comunque non comporta necessariamente la
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presenza di intelligenze con tecnologia avanzata – e molto probabilmente la scoperta di
biosfere è solo questione di tempo. Nonostante le sonde inviate con grande successo in
tutto il sistema solare non vi abbiamo ancora trovato tracce di vita, nemmeno di pochi
batteri estinti, ma non disperiamo, se ne trovassimo qui intorno sarebbe la prova del nove
che l'Universo è veramente affollato.
NOTA FINALE
Se fossimo veramente intelligenti e predittivi come ci vantiamo di essere porremmo
rimedio all'effetto serra che minaccia questa biosfera, che non solo ha già bussato alla
porta ma si è già accomodato in anticamera. Il riscaldamento
del globo sta accelerando e nonostante vi sia informazione e
sensibilità non stiamo facendo tutti gli sforzi necessari, vi sono
troppi interessi e avidità in ballo e, del resto, sette miliardi di
persone che aspirano ad una vita migliore pesano sulle
decisioni. E' rassicurante, invece, riflettere sul fatto che stiamo
facendo grandi sforzi e investimenti per capire fino in fondo le nostre origini, quelle di
questo Universo e la composizione della materia. La pulsione all'indagine obiettiva e alla
conoscenza ereditate da Darwin non sono disattese, queste sono le uniche Grandi
Domande sulle quali focalizzare la nostra intelligenza e la nostra cultura e prima o poi
avremo le accettabili Risposte.
Valter Barretta
12
luglio 2015