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LA VICENDA
L’opera si apre sulla grande terrazza del palazzo del re giudaico Erode Antipa,
tetrarca di Galilea e Perea, illuminata dalla luna. Nelle sale interne si sta
festeggiando; il giovane capitano della guardia reale Narraboth è incantato dalla
bellezza di Salome, la fanciulla nata da un precedente matrimonio di Erodiade,
moglie di Erode. Il paggio di Erodiade cerca di distoglierlo dalla contemplazione
della principessa: “È pericoloso guardare una persona in quel modo. Può accadere
qualcosa di terribile”. Improvvisamente si sente la voce del profeta Jochanaan
provenire dal fondo della cisterna in cui è rinchiuso. Le sue parole annunciano
l’’arrivo di un uomo più potente di lui, “cui lui non è degno neppure di sciogliere
i lacci dei calzari”.
Entra in scena Salome, nauseata dalla lascivia dei partecipanti al banchetto e
dalle insidie di Erode. Ha bisogno di respirare aria fresca e di guardare la luna,
con la quale si identifica. La voce del profeta desta la sua curiosità: vuole vederlo,
ma i soldati hanno ricevuto ordine dal tetrarca di non aprire la cisterna. Salome,
utilizzando il suo ascendente su Narraboth, lo convince a far uscire Jochanaan.
Il profeta copre di infamia Erodiade e respinge le attenzioni di Salome, la quale
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per tre volte si lancia nella sua visionaria opera di seduzione, prima cantandone
il corpo “bianco come la neve sui monti di Giudea”, poi desiderandone i capelli,
“ciocche d’acini d’uva nera nei vigneti di Edom”, e infine soffermandosi sulla sua
bocca, che è “come una melagrana incisa da un coltello d’argento”. Il profeta per
tre volte la allontana, per poi rientrare nella cisterna, mentre il capitano Narraboth,
dopo aver supplicata invano Salome di controllarsi, non resistendo al vederla in
quello stato così alterato, si uccide, senza che lei nemmeno se ne accorga.
Erode, seguito da Erodiade e dalla sua corte, esce in terrazza a cercare la principessa.
Il profeta continua a scagliare le sue maledizioni dal fondo della cisterna, mentre
Erodiade chiede al marito di farlo tacere. Erode, timoroso delle sue profezie, lo
difende. Ma la sua cupidigia lo porta a chiedere a Salome di danzare per lui. Lei
in un primo momento si nega, ma solo per eccitare ulteriormente il desiderio del
patrigno, che arriva a prometterle di esaudire ogni suo desiderio in cambio della
danza. La principessa balla la danza dei sette veli, al termine della quale chiede la
testa di Jochanaan su un vassoio d’argento. Erode inorridito tenta per tre volte di
dissuaderla, offrendole nell’ordine lo smeraldo più bello del mondo, i suoi pavoni
bianchi, e un intero tesoro di pietre preziose, con aggiunta blasfema della veste
del Sommo Sacerdote e del velo del tempio. Tutto inutile: Erodiade sfila l’anello
della morte dal dito del re e lo consegna al carnefice, che torna dalla cisterna con
la testa di Jochanaan. Salome si lancia allora in un lungo e sensuale dialogo con
essa, che culmina nel tanto desiderato bacio necrofilo. Erode la scorge e inorridito
ordina ai suoi soldati di ucciderla.
IL GIUDIZIO DI UN “COLLEGA”
Adrian Leverkün, il compositore protagonista del Doktor Faustus di Thomas Mann,
assiste ben due volte nel corso del romanzo alla rappresentazione della Salome di
Strauss: a Dresda, alla prima assoluta, e a Graz, alla prima austriaca. Il suo giudizio
è un capolavoro di ironia e distacco. Così il narratore del romanzo: “Al ritorno da
Graz Adrian parlò con allegra ammirazione dell’opera efficace che asseriva di aver
udito. Mi par di sentirlo dire a proposito dell’autore: che bocciatore intelligente!
Il rivoluzionario fortunato, audace e conciliante. Mai avanguardismo e sicurezza
di successo si sono uniti in maggiore confidenza. Non mancano gli affronti e le
dissonanze, e poi quella bonaria condiscendenza che fa la pace col timorato di Dio
e gli fa capire che, in fondo, la cosa non è tanto grave… Ma che mira, che mira!”.
E la prima austriaca di Graz, nel 1906, fu davvero un evento storico: ad assistere
all’opera accorsero le migliori menti d’Europa: Mahler, Puccini, Zemlinsky,
Schönberg e Berg. Fra loro anche un giovane pittore, allora ignoto, di nome
Adolf Hitler.
Paolo Cairoli
A TEATRO
PER STARE BENE
Stagione 2010/2011
13 - 16 aprile - ore 20.45 Prosa
PIERI DA BRAZZAVILLE
10 aprile - ore 20.45 Musica
La Petite Bande
Sigiswald Kuijken direttore
Johann Sebastian Bach Johannespassion
(Passione secondo Giovanni) BWV 245
1 - 16 aprile - dalle 17.00 alle 19.00 Mostra
UN ESPLORATORE SENZA ARMI
Pietro Savorgnan di Brazzà in Congo
una mostra del Museo Friulano
di Storia Naturale di Udine
in collaborazione con
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Ingresso libero
da mercoledì a sabato
dalle 17.00 alle 19.00
e in orario di spettacolo per gli spettatori
14 aprile - ore 18.00 Prosa
Incontri con il pubblico
Pietro Savorgnan di Brazzà:
tra storia e palcoscenico
una conversazione condotta
da Mario Brandolin
tra Gigi Dall’Aglio, Francesco Micelli,
Paolo Patui e Fulvio Salimbeni
Ingresso libero
di Paolo Patui
regia di Gigi Dall’Aglio
con Maria Ariis, Gabriele Benedetti,
Manuel Buttus, Sandra Cosatto,
Fabiano Fantini, Alice Hubball,
Rita Maffei, Giorgio Monte,
Claudio Moretti, Daniel Samba
e con Matteo Bevilacqua,
Ruth Astrid Klou Amoa,
Gianni Mbabu Lutumba,
Ambroise N’guia Adon,
Richard Mesu Wa Bana,
Veronique Tohoury Gnali,
Denis Tomasino, Bernard Yao Della
scene e costumi di Emanuela Dall’Aglio
musiche e direzione di Davide Pitis
eseguite dal vivo da Ensemble
del Conservatorio “J. Tomadini”, Udine
luci di Marco Giusti
una produzione Farie Teatrâl Furlane 2011
con il sostegno di Provincia di Udine,
ARLeF, Fondazione Crup
produzione esecutiva CSS Teatro stabile
di innovazione del FVG
Spettacolo in lingua friulana sopratitolato
in italiano
© Studio Patrizia Novajra - immagini di Aubrey Beardsley - stampa: Grafiche Filacorda
Agli antipodi di Salome c’è il profeta Jochanaan, e la contrapposizione tra i
due è realizzata da Strauss soprattutto a livello musicale: cromatismo floreale e
preziosismi strumentali per lei, diatonismo squadrato e sostegno greve degli ottoni
per lui. Il profeta, anche musicalmente, ha una consistenza granitica, persino un
po’ grottesca, e si pone come un baluardo contro la decadenza della corte che
lo circonda. Fu lo stesso Strauss ad ammettere di non volerlo trattare troppo
seriamente: “Jochanaan per me è un imbecille, è esattamente il tipo d’uomo per
il quale non provo nessuna simpatia. Tutto sommato, preferivo che sembrasse un
po’ grottesco”.
Erode è uno psicolabile, che sente freddo quando fa caldo e percepisce un vento
che non esiste affatto. Quest’instabilità è resa da una linea vocale mutevole e da
una voce tenorile un po’ stridula, sempre sull’orlo della crisi di nervi. Sua moglie
Erodiade pare invece una donna pragmatica, ben conscia di ciò che la circonda,
e capace anche di riportare il marito alla realtà, o di utilizzarne le debolezze a suo
calcolato vantaggio. Ma bastano gli anatemi di Jochanaan per far saltare questo
equilibrio precario: la sua voce inizia a sobbalzare inquieta e la musica, al momento
di sottolineare la sua isteria nel perorare la richiesta di morte avanzata dalla figlia,
si fa orrendamente stridente.
Vera protagonista dell’opera però è l’orchestra, che fin dall’apertura, con
quell’arabesco floreale dei clarinetti in puro Jugendstil, che rappresenta
musicalmente la protagonista, si esibisce in una straordinaria gamma di
sfumature e iridescenze. Interessantissime a tal proposito le indicazioni di Strauss
per l’esecuzione, tra le quali spiccano: “Dirigi Salome ed Elektra come fossero
Mendelssohn: musica d’elfi!” e “Non basta che del cantante oda tu stesso ogni
parola, che conosci a memoria, il pubblico deve poter seguire senza fatica”. Perché
davvero questa musica è fatta per lo più di trasparenze lunari e argentee, da rendere
con infinite gamme di piani e pianissimi; ed è musica essenzialmente teatrale, nata
da un testo che deve sempre rimanere comprensibile.
19 aprile - ore 20.45 Danza
Víctor Ullate Ballet Comunidad de Madrid
COPPÉLIA
coreografie di Eduardo Lao
musica di Léo Delibes
costumi di Pedro Moreno
scene di Carles Pujol
luci di Nicolás Fischtel (A.A.I.)
Biglietteria on line:
[email protected]
www.teatroudine.it
www.vivaticket.it
Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Via Trento, 4 - 33100 Udine
Tel. 0432 248411
[email protected] - www.teatroudine.it
Prevendite per gli spettacoli
di aprile dal 21 marzo
06/04/11 12.46
venerdì 8 aprile 2011 - ore 20.00
Il “Verdi” a Udine
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
SALOME
dramma in un atto su libretto di Hedwig Lachmann
tratto dall’omonimo poema di Oscar Wilde
musica di Richard Strauss, op. 54
Edizione Fürstner / Schott, Mainz Sub-editore per l’Italia: Casa Musicale
Sonzogno di Piero Ostali, Milano
Prima rappresentazione: Dresda Königliches Operahaus, 9 dic. 1905
Herodes
Herodias
Salome
Jochanaan
Narraboth
Ein Page der Herodias
Funf Juden Zwei Nazarener Zwei Soldaten Ein Cappadocier Ein Sklave Robert Brubaker
Marta Moretto
Anne Williams-King
Johannes Von Duisburg
Gianluca Sorrentino
Elena Traversi
Federico Lepre
Alessandro De Angelis
Davide Cicchetti
Pablo Karaman
Nicolò Ceriani
Giuliano Pelizon
Francesco Paccorini
Alessandro Svab
Giuliano Pelizon
Federico Benetti
Dax Velenich
maestro concertatore e direttore Stefan Anton Reck
regia di Gabriele Lavia
scene di Alessandro Camera
costumi di Andrea Viotti
coreografia di Luciano Pasini
luci di Daniele Naldi
assistente alla regia Roberto Bonora
Allestimento in coproduzione tra Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
e Teatro Comunale di Bologna
Orchestra e Tecnici del Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
DA SALOMÈ A SALOME
LA DANZA DEI SETTE VELI
Salomè una e trina. Sembrerebbe una provocazione, quasi una bestemmia,
associare la bellissima e perversa figliastra di Erode alla trinità, ma di fatto la sua
figura racchiude almeno tre sostanze individuali diverse. Salomè è la giovanissima
principessa bella come la luna, distante e preziosa, casta, che sfugge infastidita e
pudica gli sguardi lussuriosi del patrigno. È anche una vergine algida e crudele,
viziata e abituata a ogni sorta di lusso, probabilmente frigida oltre che sadica, e
pronta a usare la sua bellezza per ottenere ciò che vuole, fosse anche la testa di
un profeta; una sorta di Turandot mediorientale. Ma è anche ancora una donna
sensuale e mediterranea, che vibra di passione, e che sfoga le sue emozioni in una
danza scatenata e in un bacio tanto macabro quanto desiderato.
La fanciulla appena nominata nel Vangelo di Marco e rimasta essenzialmente
uno strumento della volontà di sua madre Erodiade anche per Flavio Giuseppe
e Gustave Flaubert, diventa tutto questo nelle sapienti mani di Oscar Wilde. La
sua pièce teatrale intitolata Salomè nasce tra il 1891 e il 1892, in lingua francese,
essendo pensata per la sua amica Sarah Bernhardt che, prossima alla cinquantina,
non esita a dirsi pronta anche per la danza dei sette veli, nonostante Wilde speri
in cuor suo di ricorrere a una controfigura. L’opera compare poi a Londra nel
1894, ufficialmente nella traduzione inglese di Lord Alfred Douglas, ossia Bosie,
il celebre amante di Wilde, più probabilmente tradotta da una penna più esperta
ma rimasta anonima. Il volume è illustrato dal disegnatore Aubrey Beardsley, che
a soli ventidue anni si dimostra straordinariamente capace di sintetizzare con tratti
decorativi gli aspetti più conturbanti della vicenda, e tutta la sua portata decadente.
La prima rappresentazione teatrale avviene con grande scandalo l’11 febbraio 1896,
quando Wilde è già in carcere a scontare la sua pena per omosessualità, al termine
del processo intentatogli proprio dal padre di Bosie, il marchese di Queensberry. Il
luogo è il Théâtre de l’Oevre di Parigi, diretto dal giovane Aurélien François Marie
Lugné-Poe, che si è posto come obiettivo quello di far conoscere il capolavoro
proprio nel mezzo dello scandalo che travolge il suo autore. Richard Strauss la
vede invece solo nel 1902, a Berlino, al Kleines Theater di Max Reinhardt, nella
traduzione tedesca della poetessa Hedwig Lachmann. E ne resta letteralmente
folgorato. In un primo tempo si rivolge al poeta viennese Anton Lindner per
ottenere un libretto, ma la collaborazione naufraga e il compositore finisce per
utilizzare direttamente la versione tedesca di Wilde, ottenendo una delle più
riuscite “Literaturoper”, ossia opera composta direttamente su un testo letterario,
senza la mediazione di un librettista.
Il lavoro di composizione è completato nel 1904, ma serve ancora un anno per
l’orchestrazione. La prima assoluta spetta al Teatro di Corte di Dresda, dove Salome
va in scena il 9 dicembre del 1905. Il successo è enorme e costituisce di fatto la
prima vera affermazione di Strauss in campo teatrale. Altrettanto grande è lo
scandalo, tanto che l’opera, rappresentata a Breslavia, Norimberga, Lipsia, Colonia
e Praga, viene proibita a Vienna e Budapest; al Metropolitan di New York, dopo
la prima, viene impedita ogni replica, mentre alla Königliche Oper di Berlino il
sovrintendente, su ordine del Kaiser, chiede di far comparire nel finale una stella,
che alluda ai Re Magi e alla “retta via”.
Per la prima assoluta il ruolo di Salome fu affidato al soprano Marie Wittich, ma
per la danza dei sette veli venne usata una danzatrice. I fianchi della signora Wittich
erano un po’ troppo abbondanti per rendere efficacemente la danza forsennata e
fatale di una sedicenne. Da allora il momento coreutico dell’opera è stato realizzato
in tutti i modi. In tempi recenti, nel 1987, in uno spettacolo del Teatro alla Scala
con la regia di Bob Wilson e i costumi di Gianni Versace, Montserrat Caballè al
momento della danza si sedeva al lato della scena per lasciar spazio ai mimi allievi
della New York University - Tish School of the Arts. Sempre alla Scala, vent’anni
dopo, nella messa in scena di Luc Bondy, la bellissima Nadja Michael, artista
vocalmente molto versatile, grazie a una statura e a un fisico da ex campionessa di
nuoto, ha potuto esibirsi in prima persona nelle impegnative figure richieste dalla
coreografia di Lucinda Childs. Assolutamente indimenticabile poi, la produzione
del 2008 del Teatro Regio di Torino, con la regia di Robert Carsen, nella quale la
coreografia di Philippe Giraudeau prevedeva sulla scena sette anziani uomini che,
trascinati nella danza dalla seducente Nicola Beller Carbone, si spogliavano dei
loro vestiti. La danza dei sette veli diventava la danza dei sette vecchi.
LE ILLUSTRAZIONI DI BEARDSLEY
Quando Oscar Wilde vide per la prima volta le tavole del giovane Beardsley che
avrebbero illustrato la versione inglese della sua Salomé, andò su tutte le furie:
“Il mio dramma è bizantino e i suoi disegni sono giapponesi! Il mio Erode è
come il re di Gustave Moreau, parato dei suoi gioielli e dei suoi lutti; la mia
Salomè è una mistica, una sorella di Salambò, una santa Teresa che adora la luna,
e mi si vengono a mostrare gli scarabocchi d’uno scolaro spudorato. Una reazione
spropositata, che celava forse un pizzico di invidia per lo straordinario talento
di un grande artista, dal quale sarebbe dipeso il successo di vendite dell’edizione
stampata del dramma. Senza contare che la definizione di “scolaro spudorato”
rappresentava perfettamente la figura di questo giovane che, come scrive il più
autorevole studioso del decadentismo Sir William Gaunt, sembrava avere “col male
una sorta di ingenua dimestichezza. Come un bambino che favoleggia di fate, così
egli s’accomunava coi nani beffardi, con le figure gonfie ed efebiche che popolavano
i paesaggi depravati e gli interni grotteschi disegnati dalla sua penna. Inventò una
mitologia spiegabile solo con l’altra mitologia dei tempi moderni, la psicoanalisi”.
In lingua originale con sopratitoli
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