XXXVII CONGRESSO AIAS
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AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI 45° CONVEGNO NAZIONALE, 7-10 SETTEMBRE 2016 – UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE AIAS 2016 - 750 ANALISI TERMO-MECCANICA DI LEGHE PSEUDOELASTICHE SOGGETTE A CARICHI CICLICI E. Sgambitterraa, F. Furgiuelea, P. Magaròa, C. Malettaa , F. Niccolia a Università della Calabria - Dipartimento di Meccanica, Energetica e Gestionale (DIMEG) Via ponte Pietro Bucci cubo 44C, 87036 Rende (CS), e-mail: [email protected] Sommario Nel presente lavoro è stato investigato il comportamento a fatica di una lega a memoria di forma a base di nickel e titanio (NiTi), con comportamento pseudoelastico. Le indagini sperimentali sono state eseguite in controllo di deformazione su campioni a forma di osso di cane. La prova è stata eseguita in due fasi successive: i) stabilizzazione funzionale del materiale; ii) rottura a fatica. Gli effetti meccanici e termici indotti dalle trasformazioni di fase sono stati analizzati mediante la correlazione digitale delle immagini (DIC, Digital Image Correlation) e la tecnica termografica ad infrarossi (IRT, Infrared Thermography). I risultati ottenuti hanno fornito importanti informazioni sia sul danneggiamento funzionale, ovvero sull’evoluzione della pseudoelasticità, che su quello strutturale, in termini di evoluzione locale delle deformazioni e numero di cicli a rottura. Le informazioni raccolte risultano utili per lo sviluppo di modelli di previsione del comportamento a fatica di componenti in lega NiTi. Abstract The fatigue behavior of a nickel-titanium (NiTi) based pseudoelastic alloy was studied in this work. Experimental strain controlled fatigue tests on dog-bone shaped samples were carried out. Each test was performed in two different stages; i) functional stabilization of the material; ii) fatigue failure. The digital image correlation (DIC) and the infrared thermography technique (IR) were used to evaluate both the mechanical and thermal effect on the phase transformation mechanisms during the load history. The obtained results provided very interesting information on functional damage (i.e. evolution of pseudoelasticity) as well as on structural damage (i.e. local strain evolution and number of cycles to failure). These results are considered useful for the development of models able to predict the fatigue behavior of NiTi-based components. Parole chiave: Leghe a memoria di forma, Fatica oligociclica, Isteresi, Correlazione digitale delle immagini, Termografia. 1. INTRODUZIONE L’interesse per le leghe a memoria di forma (Shape Memory Alloys, SMAs) ed in particolare per quelle a base di nickel-titanio (NiTi) è cresciuto notevolmente negli ultimi anni come conseguenza delle loro peculiari proprietà [1]. L’effetto a memoria di forma, la pseudoelasticità e la buona resistenza alla corrosione rendono le leghe NiTi una valida scelta per la realizzazione di impianti biomedicali e ortodontici, dispositivi aerospaziali e ingegneristici oltre che per attrezzature sportive. Tuttavia, a causa dei meccanismi di trasformazione di fase allo stato solido nelle leghe NiTi, è lecito attendersi un comportamento diverso, sia a fatica che a frattura, rispetto alle tradizionali leghe metalliche. Pertanto, le procedure standard di investigazione e di previsione non possono essere adottate. I carichi affaticanti inducono modifiche significative nella risposta termo-meccanica delle 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 leghe NiTi, a causa di danneggiamenti microstrutturali indotti dalle trasformazioni di fase. Infatti, le trasformazioni di fase influenzano in maniera significativa sia i meccanismi di formazione che di propagazione dei difetti. In particolare, gli elevati gradienti delle tensioni in prossimità dei difetti, causano trasformazioni di fase localizzate che alterano la distribuzione locale delle tensioni, e, pertanto, i valori del fattore di intensificazione delle tensioni (Stress Intensity Factor, SIF) [2]. Tuttavia, molti aspetti microstrutturali legati al danneggiamento funzionale e strutturale nelle leghe NiTi non sono ancora allo stato attuale del tutto conosciuti. A partire da uno dei primi studi sul comportamento a fatica delle leghe NiTi [3], diverse campagne sperimentali sono state condotte mediante l’impiego di provini e metodi di indagine non-standard [4, 5]. L’attività di ricerca ha riguardato soprattutto la caratterizzazione di fili NiTi [6-15] soggetti a flessione rotante. In particolare, nel lavoro di Figueiredo et al. [14] è stato osservato un inaspettato andamento non monotono della curva deformazione-numero di cicli a rottura, definito “Z shaped”. Altre indagini sperimentali [16, 17] sono state effettuate su provini, a forma di osso di cane, in leghe NiTi, per valutarne sia il comportamento strutturale [16] che funzionale [17]. Inoltre, in [16] è stato proposto un modello di stima della vita a fatica in regime oligociclico, basato sulla legge di MansonCoffin opportunamente modificata. A causa della crescente richiesta e produzione di componenti in leghe NiTi per applicazioni biomedicali, ed in particolare di stent coronarici, molte attività di ricerca sono state orientate alla caratterizzazione di componenti più simili, in forma e dimensione, a tali dispositivi. In tale contesto alcuni studi sono stati condotti su provini a forma di diamante (“diamond-shaped”) [18, 19], la cui geometria risulta molto simile a quella delle celle elementari di uno stent coronarico. Altri studi sono stati effettuati su campioni a forma di tubo [20-27]. I tubi costituiscono infatti i semilavorati utilizzati per la realizzazione di stent mediante taglio laser. In questi lavori è stata analizzata la propagazione dei difetti a fatica mediante approcci basati sulla Meccanica della Frattura Elastica e Lineare (MFEL), ovvero mediante le curve da/dN-K. Tuttavia, la MFEL risulta inadeguata a cogliere le trasformazioni di fase locali in prossimità dei difetti e, pertanto, conduce a stime non corrette del SIF. In questo contesto sono state impiegate tecniche di indagine non standard, basate sull’uso della DIC (Digital Image Correlation), per valutare, dal campo di spostamenti, l’effettivo SIF all’apice del difetto [29]. Altre indagini [30, 31] sono stati effettuate su campioni “single crystal”, in differenti orientazioni, al fine di valutarne il comportamento funzionale. In particolare, in [30] è stata investigata la resistenza a fatica e l’evoluzione funzionale delle differenti orientazioni, mentre in [31] è stato studiato l’effetto dei trattamenti termici sulla formazione di precipitati. Tali inclusioni, infatti, generando tensioni locali interne, possono influire in maniera significativa sia sul comportamento funzionale che strutturale delle leghe NiTi. Nonostante l’intensa attività di ricerca degli ultimi anni, il comportamento funzionale e strutturale delle leghe NiTi pseudoelastiche, risulta ancora oggetto di discussione e approfondimenti. In quest’ottica è stata intrapresa una campagna di prove su provini in lega NiTi pseudoelastica, a forma di osso di cane. Ogni prova è stato eseguita in due fasi successive: i) stabilizzazione funzionale del materiale e ii) determinazione dei cicli a rottura. La prima fase della prova è stata eseguita imponendo un rapporto di deformazione variabile al fine di evitare sollecitazioni di compressione sul campione, generate dall’accumulo delle deformazioni residue durante i cicli di carico. In particolare, in seguito alla stabilizzazione funzionale del provino, ovvero in assenza di significativi incrementi della deformazione residua, la prova viene eseguita, a rapporto di deformazione costante (R=min/max), fino alla rottura. Durante le prove sono state utilizzate tecniche di indagine a campo intero, ovvero la correlazione digitale delle immagini (DIC) e la termografia agli infrarossi (Infrared Thermography, IR). In particolare, mediante la DIC è stata monitorata l’evoluzione locale delle deformazioni durante l’applicazione del carico, mentre con la IR è stato valutato l’andamento della temperatura conseguente al rilascio ed all’assorbimento ciclico di calore, che si manifesta per effetto delle entalpie di trasformazione. I dati ottenuti sono stati utilizzati per valutare l’evoluzione del danneggiamento funzionale e, successivamente, per determinare il numero di cicli a rottura in funzione della deformazione applicata. 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 2. MATERIALE E METODOLOGIE UTILIZZATE Le prove di fatica sono state effettuate su lamine commerciali in lega NiTi (50.8 at.% Ni – 49.2 at.% Ti, Type S, Memry, Germania) con spessore t=1.5 mm. I campioni a forma di osso di cane, realizzati per elettroerosione, hanno, come mostrato in Figura 1a), una lunghezza del tratto calibrato di 10 mm. Le superfici dei campioni sono state trattate con tela abrasiva e pasta diamantata, con grana progressivamente più fine (9 m, 5 m e 3 m), al fine di migliorare la finitura superficiale. In Figura 1b) è riportata la curva isoterma (T=298 K) tensione-deformazione del materiale ottenuta da un ciclo di carico-scarico in controllo di deformazione (𝜀̇,= 2.510-2 s-1) fino ad un valore di deformazione del 6.2%, corrispondente ad una trasformazione di fase completa. Le deformazioni sono state misurate mediante estensometro con una base di misura di 10 mm. Nella figura sono mostrati anche i valori dei principali parametri termo-meccanici della lega, in particolare i moduli di Young (EA e EM), le tensioni di trasformazione (𝜎𝑠𝐴𝑀 , 𝜎𝑓𝐴𝑀 , 𝜎𝑠𝑀𝐴 e 𝜎𝑓𝑀𝐴 ) e la deformazione di trasformazione (𝜀𝐿 ). Le prove di fatica sono state effettuate a temperatura ambiente (T=298 K) in controllo di deformazione, mantenendo costante la deformazione massima, e utilizzando una macchina di prova elettrodinamica (Instron Electropuls E10000) equipaggiata con una cella di carico di 10 kN,. Figura 1: a) Geometria dei provini; b) Curva tensione-deformazione della lega NiTi. A causa dell’accumulo delle deformazioni residue (𝛿𝜀𝑟𝑒𝑠 𝑖 ), dopo l’applicazione dei primi cicli di carico (v. Figura 2), le prove sono state effettuate, come descritto in [16, 17], in due fasi successive: i) stabilizzazione del materiale e ii) determinazione dei cicli a rottura. In particolare, nella prima fase è stata incrementata la deformazione minima, per evitare tensioni di compressione durante la fase di scarico. I meccanismi di ratcheting sono stati monitorati fino alla stabilizzazione completa del materiale. Nella seconda fase, i provini sono stati portati a rottura, mantenendo costante il valore della deformazione minima determinato dalla fase di stabilizzazione. I test sono stati eseguiti per diversi valori della deformazione massima, εmax, in un range tra lo 0,7% e l’8%, che comprende il plateau pseudoelastico della lega ed il tratto elastico lineare della struttura martensitica. Per ogni condizione analizzata sono state effettuate almeno due repliche. Durante le prove di fatica sono state condotte contestualmente sia indagini DIC che IR, ovvero osservando, con le due tecniche, le facce opposte dei campioni. L’acquisizione delle immagini, necessarie per applicare la DIC, è stata eseguita con una camera digitale (Sony ICX 625-Prosilica GT 2450 model) avente una risoluzione di 2448x2050 pixels. La focalizzazione è stata eseguita attraverso un sistema ottico costituito da un obiettivo Linos Photonics e da una lente Rodagon f. 80 mm. La correlazione digitale delle immagini è stata effettuata utilizzando il software commerciale dedicato (Vic-2D, Correlated Solutions). Per migliorare la risoluzione delle immagini acquisite la superficie del provino è stata verniciata, come mostrato in Figura 3a), in maniera tale da ottenere un’opportuna distribuzione della scala dei grigi. 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 Figura 2. Evoluzione della curva tensione-deformazione in seguito all’applicazione di cicli a deformazione imposta (deformazione massima costante) [17]. Per le indagini termografiche è stata impiegata una termo-camera (FLIR, A600), caratterizzata da una risoluzione di 640x480 pixels ed equipaggiata con un filtro ottico capace di operare in un range termico compreso tra -40 °C e 150 °C. I risultati sono stati analizzati mediante l’uso di un software commerciale (Flir, ThermaCAM™ Researcher). Al fine di massimizzare l’emissività dei provini, la superficie è stata verniciata, come mostrato in Figura 3a), mediante vernice nera. Il setup sperimentale utilizzato è mostrato in Figura 3b). Figura 3: a) pattern superficiale applicato sui provini per le analisi mediante DIC e IR; b) setup sperimentale impiegato durante i test. 3. FATICA FUNZIONALE In questa sezione vengono riportati e discussi i risultati ottenuti in termini di evoluzione della risposta funzionale del materiale, sia mediante indagini termiche che meccaniche. 3.1. Aspetti meccanici L’applicazione di uno stato di sollecitazione induce in una lega NiTi con comportamento pseudoelastico fenomeni di trasformazione di fase allo stato solido. Da un punto di vista globale, tali meccanismi possono essere osservati dalla curva tensione-deformazione. Da un punto di vista locale per rilevare tali meccanismi è necessario utilizzare tecniche di indagine a pieno campo, quale la tecnica DIC. In Figura 4 sono mostrati i campi di deformazione, ottenuti a diversi livelli di sollecitazione, osservati su un provino testato ad una valore massimo di deformazione del 5%. Le immagini mostrano che, per livelli di deformazione applicata compresi all’interno della risposta 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 elastica dell’austenite (<0.7%, Punto B in Figura 4), le deformazioni locali assumono un andamento pressoché uniforme. Quando la tensione applicata è tale da innescare il processo di trasformazione di fase (Punto C) si generano bande di deformazione riconducibili a meccanismi di degeminazione della martensite. È importante osservare che le suddette bande assumono sempre, come mostrato in Figura 4, un’orientazione di 45° rispetto alla direzione di applicazione del carico, che corrisponde alla giacitura in cui sono massime le tensioni tangenziali. Tale sollecitazione rappresenta, infatti, la principale responsabile del processo di degeminazione martensitica. Figura 4. Andamento locale delle deformazioni in seguito all’applicazione dei carichi. Quando la storia di carico viene ripetuta più volte, alcune varianti martensitiche, orientate in maniera preferenziale alla direzione del carico, possono raggiungere livelli di sollecitazione tali da inibire la loro trasformazione inversa in austenite, inoltre le alte deformazioni tangenziali che si generano all’interfaccia austenite-martensite contribuiscono all’incremento della densità di dislocazioni. Tutti questi fenomeni determinano una perdita delle proprietà funzionali della lega, i.e. la capacità di dissipare energia e di recuperare le deformazioni applicate, con un conseguente aumento delle deformazioni residue ed una riduzione del ciclo di isteresi. Figura 5. Valutazione delle deformazioni stabilizzate mediante la curva tensione-deformazione ed il campo di deformazione ottenuto dalla DIC. La Figura 5 mostra come la perdita di funzionalità nella lega comporta una notevole modifica nella curva tensione-deformazione, Infatti, si rileva una traslazione della risposta meccanica ed una riduzione del ciclo di isteresi a causa della martensite stabilizzata. Tale fenomeno può essere osservato anche attraverso indagini locali mediante l’uso della DIC, come si rileva dal campo di deformazione mostrato in Figura 5, rilevato nei punti A, B e C della curva tensione-deformazione. Infatti, correlando le immagini rilevate all’inizio di un generico ciclo, in condizioni “stress free” (punti A, B e C in Figura 5), con quella rilevata all’inizio del primo ciclo (provino non ciclato) è possibile osservare 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 come parte delle deformazioni misurate durante un generico ciclo di carico si stabilizzano all’interno del provino senza essere più recuperate. È importante osservare, inoltre, che sia la curva tensionedeformazione che il profilo delle deformazioni non subiscono variazioni significative dopo circa 100/150 cicli. E’ da osservare come la DIC risulta efficace nell’evidenziare le regioni della lega dove le irreversibilità sono localizzate. 3.2. Aspetti termici Le indagini termografiche hanno consentito di valutare l’influenza delle entalpie di trasformazione sull’evoluzione della temperatura del campione. In particolare, la trasformazione di fase martensitica (diretta) risulta esotermica, ovvero provoca un rilascio di calore, mentre ma trasformazione austenitica (inversa) è endotermica ed è accompagnata da assorbimento di calore. In Figura 6 è mostrato il profilo della massima temperatura registrata sulla superficie di un provino, al primo ciclo di carico, sottoposto ad un valore massimo di deformazione pari al 6%. I risultati evidenziano che quando la lega opera in campo elastico (tratto A-B) non si hanno significativi incrementi di temperatura, il maggior incremento termico, infatti, viene registrato in corrispondenza del plateau di trasformazione diretta della martensite (tratto B-C-D), per via dell’effetto esotermico. Durante lo scarico, durante la prima fase (tratto D-E) si ha un primo tratto di raffreddamento dovuto principalmente agli scambi convettivi con l’ambiente circostante, successivamente si assiste ad un rapido decremento della temperatura (tratto E-F-G) come conseguenza dell’effetto endotermico della trasformazione inversa della martensite. Figura 6. Evoluzione della massima temperatura registrata sulla superficie del provino durante un ciclo di carico e scarico. È importante osservare che, in analogia alla risposta meccanica, anche la risposta termica della lega presenta un chiaro comportamento isteretico, come mostrato in Figura 7. L’isteresi termica tende a ridursi e a stabilizzarsi dopo circa 100/150 cicli. Tale fenomeno è chiaramente connesso alla stabilizzazione della martensite che, non partecipando più al processo di trasformazione, inibisce gli ulteriori scambi termici determinando, nel tempo, una globale riduzione della temperatura registrata sulla superficie del provino. 4. FATICA STRUTTURALE I cicli a rottura al variare della deformazione applicata, in scala doppia logaritmica, sono riportati in Figura 8. In particolare, in Figura 8a) i risultati sono riportati in funzione della deformazione massima 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 imposta max, mentre in Figura 8b) sono riportati in funzione dell’ampiezza della deformazione εa=/2 (vedi Figura 2). Infine, per tenere conto della deformazione media, in Figura 8c) sono riportati i risultati in termini di ampiezza di deformazione equivalente ar=f(max, min). Tale parametro è definito, in analogia all’ampiezza della tensione equivalente secondo Smith, Watson and Topper [31], come la media geometrica della deformazione massima e dell’ampiezza di deformazione: 𝜀𝑎𝑟 = √𝜀𝑚𝑎𝑥 𝜀𝑎 I risultati in Figura 8a) mostrano un evidente andamento a forma di “Z” già ottenuto da Figueiredo et al. [14] sollecitando dei fili, in NiTi pseudoelastico, a flessione rotante. È importante osservare che nel grafico in Figura 8a), dove, per i più alti valori della deformazione massima, si ha un apparente incremento della resistenza a fatica, non viene considerata l’evoluzione funzionale della lega. Infatti, ciò costituisce un limite delle prove a flessione rotante su fili, poiché risulta impossibile rilevare gli effettivi valori di deformazione e di conseguenza valutare l’evoluzione funzionale fino alla stabilizzazione. Figura 7. Evoluzione dell’isteresi termica in funzione del numero di cicli di carico. Tale comportamento può essere attribuito all’instabilità della struttura austenitica ed alla frazione di martensite indotta e stabilizzata durante la storia di carico. Melton e Mercier [32] hanno dimostrato, infatti, che un materiale con struttura completamente martensitica esibisce una durata maggiore di uno con struttura austenitica. Pertanto, poiché elevati valori di deformazione imposta generano maggiori trasformazioni, è ragionevole attendersi, così come mostrato in Figura 8b) e Figura 8c), una deviazione del comportamento a fatica nella regione di trasformazione. E’ da osservare che, dal confronto fra la Figura 8b) e la Figura 8c), la deformazione media non influenza significativamente l’aspetto delle curva di resistenza, persistendo l’effetto a forma di “Z”. In ogni caso, ulteriori indagini sono necessarie per meglio comprendere tali comportamenti. 45° CONVEGNO NAZIONALE – TRIESTE, 7-10 SETTEMBRE 2016 Figura 8. Numero di cicli a rottura in funzione: a) della deformazione massima; b) della deformazione εa; c) della deformazione εar. 4. CONCLUSIONI In questo lavoro, è stata effettuata una campagna di prove sperimentali, eseguita su provini in NiTi pseudoelastico a forma di osso di cane, con il fine di caratterizzare il comportamento a fatica a basso numero di cicli. Tutti i test sono stati affiancati da tecniche di indagine a campo intero, ovvero la correlazione digitale delle immagini (Digital Image Correlation, DIC) e la termografia agli infrarossi (Infrared Thermography, IR). Ciò ha permesso di monitorare l’evoluzione locale delle deformazioni e della temperatura durante la storia di carico. I dati ottenuti hanno permesso di misurare ed analizzare i meccanismi locali di trasformazione di fase martensitica durante i cicli di carico e di osservare le deformazioni stabilizzate sui provini. Tali fenomeni di stabilizzazione sono attribuiti alla formazione di martensite stabilizzata, ovvero di una frazione di fase martensitica che non partecipa ai meccanismi di trasformazione di fase indotti dallo stato tensionale. Inoltre, è stato possibile osservare che, anche la risposta termica della lega presenta un chiaro comportamento isteretico che tende a stabilizzarsi allo stesso modo della risposta meccanica. Infine, la curva di fatica (deformazione-numero di cicli a rottura) ha manifestato un particolare andamento non monotono simile a quanto riportato in letteratura (“Z shape”). Tale comportamento può essere associato all’instabilità della struttura austenitica ed alla frazione di martensite indotta. Tuttavia, sono in corso ulteriori indagini e approfondimenti per meglio comprendere tale comportamento. BIBLIOGRAFIA [1] K. Otsuka, X. 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