RV X, 95 Urvasi e Pururavas Traduzione

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RV X, 95 Urvasi e Pururavas Traduzione
URVAÇÛ E PURÁRAVAS
(1)
(X,95)
1
[Pur¨ravas:]
1 «Orsù, o donna –ma fermati, crudele!– scambiamoci parole con il
cuore! Se questi nostri pensieri restano inespressi non ci porteranno una
grande gioia che possa durare fino a un giorno lontano!»(2).
[Urvaç⁄:]
2 «Perché dovrei scambiare parole con te? Sono andata via, come la
prima fra le aurore! O Pur¨ravas, tornatene a casa: io ormai sono per te
irraggiungibile, come il vento».
[Pur¨ravas:]
3 «Sì, come un dardo, una freccia estratta dalla faretra, per conquistare la
gloria(3), come un destriero che vince vacche a centinaia. Con il
proposito di privarti del marito illuminarono a giorno la notte: i musici
celesti(4) avevano fatto riecheggiare un belato, come se si fosse trattato
di una pecora(5).
1
Urvaç⁄ è una ninfa, un'Apsaras, che ha vissuto sulla terra come sposa del re Pur¨ravas. La storia di questi due
personaggi, arricchita di molteplici particolari narrativi, ci è nota attraverso il racconto dello Çatapathabråhma~a
(XI,5,1): la convivenza di Urvaç⁄ con Pur¨ravas era legata all'osservazione di tre condizioni da parte di quest'ultimo:
doveva giacere con lei tre volte al giorno, non doveva però farlo se lei non lo avesse voluto, infine non doveva mai
farsi vedere nudo dalla ninfa. Trascorrono in questo modo quattro anni. Ecco che però i Gandharva, divinità maschili
delle Acque e compagni delle Apsaras, decidono di porre fine al soggiorno terreno di Urvaç⁄. Durante quella che si
rivelerà come l'ultima notte per i due amanti, i Gandharva rubano due agnelli che stavano presso la casa di Pur¨ravas;
quest'ultimo, udendone il belato, salta fuori dal letto, nudo, per correre dietro ai ladri. Ma proprio in quel momento i
Gandharva provocano un lampo: vi fu luce come in pieno giorno; Urvaç⁄ scorge Pur¨ravas nudo e immediatamente
scompare. Pur¨ravas prende allora a vagare per il Kuruketra in preda allo sconforto. Un giorno giunge presso uno
stagno dove nuotano, sotto forma di cigni, delle Apsaras. Tra loro vi è anche Urvaç⁄, che, riconosciuto lo sposo di un
tempo, dichiara alle compagne di volerglisi rivelare. A questo punto inizia tra i due personaggi il colloquio, che
costituisce l'argomento di questo inno. Lo Çatapathabråhma~a non fornisce una vera e propria conclusione del
racconto che, in quest'opera, si trasforma piuttosto in una serie di indicazioni e giustificazioni rituali: Urvaç⁄ e
Pur¨ravas rappresentano, secondo il testo brahmanico, le due ara~i, i due legnetti dal cui sfregamento si sviluppa il
fuoco, simboleggiato qui dal figlio, frutto dell'amore dei due personaggi.
La narrazione, così come è sviluppata nell'inno risulta la seguente: Pur¨ravas cerca di trattenere Urvaç⁄ che si appresta
a fuggire di nuovo. Ma la ninfa rifiuta di restare perché il suo allontanamento è ormai definitivo. Vengono rammentati
particolari della passata vita in comune e alcune delle condizioni che la regolavano. Si parla quindi del figlio che è
nato dalla coppia. Urvaç⁄ quindi predice e Pur¨ravas che sarà destinato a grandi imprese e cerca di dissuaderlo
dall'uccidersi per lo sconforto: il cuore delle donne è pieno di falsità. Urvaç⁄ è ormai vissuta abbastanza tra gli uomini
e deve tornare al cielo. Ma, in futuro, potranno rincontrarsi e Pur¨ravas godrà in cielo la felicità suprema.
2
L'invito al dialogo che le parole di Pur¨ravas formulano in questa prima stanza è espresso con la terminologia
propria di un invito a intraprendere una composizione poetica amebea. La gioia che deriva dal mettere i pensieri in
forma di parole è infatti la gloria, che è per il poeta il premio che dura fino a un giorno lontano (cfr. R. LAZZERONI,
RV X, 95, 1: invito al dialogo o esortazione alla poesia?, in «Studi e saggi linguistici» XVIII (1978), p. 171 (rist. in
Scritti scelti di Romano Lazzeroni, a cura di T. BOLELLI e S. SANI, Pisa, 1997, p. 129).
3
Ovviamente nelle battaglie.
4
I Gandharva.
5
Pur¨ravas ripercorre all'inverso nella memoria gli avvenimenti che hanno provocato la scomparsa di Urvaç⁄: i
Gandharva, gelosi della ninfa, imitano il belato di una pecora per far credere che un lupo o un ladro sia entrato
4 Essa(6), che recava al suocero ricchezza e vigore dalla casa di fronte,
quando il suo amante lo desiderava(7), era giunta a casa mia dove
godeva, penetrata giorno e notte dal mio membro».
[Urvaç⁄:]
5 «Sì, tre volte al giorno mi penetravi con il tuo membro, ma ora tu fai
offerte a me che non voglio(8). O Pur¨ravas, allora io accontentavo il
tuo desiderio; allora, o maschio, eri il re del mio corpo!».
[Pur¨ravas:]
6 «La schiera delle ninfe dal bello splendore che, amiche tra loro,
recitano inni, che conoscono i legami dei versi, come il poeta che ha
l'occhio rivolto verso il lago dei suoi mondi interiori, e che si muovono
veloci(9), sono corse vie tutte a gara come i rosei belletti dell'Aurora e,
come vacche da latte, hanno fatto risuonare la loro voce».
[Urvaç⁄:]
7 «Ma mentre lui( ) nasceva, gli stavano intorno le divine donne(11) e lo
facevano crescere i fiumi(12) che esultano fra loro, dal momento che gli
dèi ti hanno fatto crescere, o Pur¨ravas, per la grande battaglia, perché
tu uccida i Dasyu».
10
[Pur¨ravas:]
8 «Ma ora che io, essere umano, mi voglio intrattenere con voi, donne
sovrumane, che avete appena abbandonato la vostra veste(13), vi siete
sottratte a me, impaurite come timide gazzelle, come cavalli quando
urtano nel carro».
nell'ovile e fare in modo così che Pur¨ravas balzi fuori nudo dal letto; fanno quindi risplendere la luce del giorno
mostrando a Urvaç⁄ le nudità dello sposo e costringendola a scomparire insieme a tutte le sue compagne che abitavano
con lei nella casa di Pur¨ravas. Il racconto dello Çatapathabråhma~a riporta delle varianti alla narrazione: lì sono i
Gandharva a rubare due agnelli che stavano legati al letto della coppia. Nella versione drammatizzata del Rgveda è
invece tutto finzione e artificio.
6
Cioè Urvaç⁄: il ricordo di Pur¨ravas si sposta ancora più indietro ai momenti della convivenza felice.
7
Pur¨ravas e il padre abitavano in due case vicine e Urvaç⁄ adempiva i suoi doveri di brava sposa portando al suocero
conforto di cibo e sostentamento.
8
Si riferisce alla proposta di scambiare delle parole tra loro, ma contemporaneamente anche a quella, implicita, di
riprendere il rapporto amoroso (cfr. S. SANI, Registri temporali e strutture narrative: esegesi di RV X,95,5, «Studi e
saggi linguistici» XVIII (1978), pp. 179-197).
9
I vari epiteti rivolti alle ninfe sono dalla maggior parte degli autori, sulla scia di Såya~a, considerati dei nomi propri;
si veda tuttavia D. MAGGI, Contributi all'interpretazione di Urvaç⁄ e Pur¨ravas (RV X, 95): una raffigurazione di
donne poetesse nella sesta stanza, in «Studi e saggi linguistici» XIX (1979), p. 67 e R. AMBROSINI, Dal X libro del
Rgveda, Pisa 1981, p. 99.
10
Il figlio di Urvaç⁄ e Pur¨ravas, visto qui come il fuoco celeste, l'embrione delle Acque, di cui, fino a questo
momento, Pur¨ravas ignorava l'esistenza.
11
Cioè le ninfe, le Acque celesti.
12
Allusione alla funzione vivificatrice delle Acque.
13
Quella di cigno. Oppure, più semplicemente, le normali vesti di cui le ninfe si sono spogliate per bagnarsi nel lago
presso il quale avviene l'incontro.
[Urvaç⁄:]
7 «Quando il mortale, accostandosi a queste donne immortali, cerca di
unirsi alla loro compagnia, come seguendo il proprio desiderio, esse
rendono belli i loro corpi come dei cigni, come cavalli che si mordono
per gioco».
[Pur¨ravas:]
10 «Colei che mi è apparsa sfolgorante come un lampo che vola nel cielo,
portandomi le gioie dell'amore, Urvaç⁄, la ninfa che risiede nelle Acque
–e dalle Acque è nato questo figlio eroico e nobile– possa protrarre in
lungo la durata della sua vita!».
[Urvaç⁄:]
11 «Per assicurare protezione: questo era lo scopo per il quale sei nato.
Ma tu, la tua forza l'hai esercitata su di me(14)! Io che lo sapevo ti avevo
avvisato quel giorno; ma tu non mi ascoltasti. Perché vorresti parlare
ora che non serve a niente?»
[Pur¨ravas:]
12 «Quando cercherà suo padre il figlio che ora è nato? Quando lo verrà a
sapere(15), le lacrime gli rotoleranno giù per il volto come a un
disperato. Ma chi ha voluto separare un marito e una moglie che pure
erano concordi, mentre ancora il fuoco splendeva nella casa dei
suoceri(16)?».
[Urvaç⁄:]
13 «Gli parlerò io quando le lacrime gli rotoleranno giù per il volto,
quando griderà come un disperato, pur alle mie amorevoli cure! Allora
ti manderò ciò che di tuo sarà presso di me(17). Ma ora vattene a casa:
me, ormai, o pazzo, non mi raggiungerai più».
[Pur¨ravas:]
14 «Colui che così bene faceva l'amore con te possa oggi partire senza
fare più ritorno, per andare nella più lontana delle lontananze! Giaccia
quindi nel grembo della distruzione e lo divorino i lupi feroci!».
[Urvaç⁄:]
14
Cfr. st. 5.
Di essere senza padre.
16
Cioè solo dopo pochi anni di convivenza, tanto è vero che i suoceri sono ancora vivi.
17
Il figlio.
15
15 «O Pur¨ravas, non morire, non andartene via; non ti divorino i lupi
malvagi! E' proprio vero, non esistono amicizie con le donne: di iena
sono i loro cuori!
16 Quando sotto un'altra forma vivevo tra i mortali, passai le notti con te
per quattro anni. Mi cibavo una volta al giorno di una goccia di burro
fuso. E ora ne sono ancora sazia(18)!».
[Pur¨ravas:]
17 «Ma anche se riempie lo spazio intermedio, anche se percorre
misurandoli gli spazi celesti, io che di tutti sono il migliore, voglio
avere Urvaç⁄ per me(19). Che a te venga gioia per questa tua buona
azione: torna indietro, il cuore mi brucia(20)!».
[Narratore:]
18 Così ti dicono, o figlio di I∂å, oggi gli dèi: “Poiché tu sei parente della
morte(21), possa la tua progenie sacrificare agli dèi con l'oblazione; e
anche tu allora ne godrai in cielo!”(22).
18
Urvaç⁄ è qui descritta come una dea a cui si fanno oblazioni, con la terminologia propria del fuoco domestico sul
quale viene infatti versato ogni giorno il burro fuso a compimento del sacrificio agnihotra. Su un altro piano di lettura
vi si può vedere l'affermazione da parte di Urvaç⁄ di aver sopportato abbastanza la condizione di sposa umana.
19
Anche se Urvaç⁄ è una dea (è infatti qui descritta con le caratteristiche dell'Aurora), Pur¨ravas, pur essendo mortale,
la desidera ugualmente.
20
A questo punto la ninfa scompare definitivamente.
21
E', cioè, un essere mortale.
22
L'ultima stanza, recitata come di consueto negli inni dialogati da un narratore, accende per Pur¨ravas la speranza di
una vita beata in cielo, confortato dai sacrifici dei propri discendenti. E' ovviamente un'aggiunta dovuta alle finalità
liturgiche dell'inno.