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Osservazioni su una carta topografica di due secoli fa
Anno 1793. E' l'anno in cui salgono sul patibolo Luigi XVI (21 gennaio) e Maria
Antonietta (16 ottobre). E' il fatale anno quarto della Rivoluzione Francese che vede
perire Marat per mano di Carlotta Corday (13 luglio) e l'instaurarsi del periodo del
Terrore (dal 5 settembre). E' pure l'anno in cui in Francia è adottato il sistema metrico
decimale e decretata l'istruzione elementare gratuita ed obbligatoria. Napoleone è ancora
solo un tenente colonnello d'artiglieria di fresca nomina (17 dicembre) che ha un primo
momento di gloria domando il 19 dicembre un moto controrivoluzionario a Tolone.
Mancano ancora sei anni alla proclamazione della Repubblica Partenopea che, piegata
dalle armi delle truppe inglesi, russe e turche, crollerà dopo pochi mesi con il successivo
sacrificio sul patibolo, in violazione dei patti di resa, di Domenico Cirillo, Mario
Pagano, Eleonora Fonseca Pimentel e Francesco Caracciolo.
In questo stesso anno, gravido di avvenimenti, veniva stampato a Napoli una carta
illustrante la 'TOPOGRAFIA dell'agro NAPOLETANO con le sue adjacenze Delineata
dal R.o Geografo G. A. Rizzi Zannoni MDCCXCIII', come si vede scritto sull'immagine
di una lapide marmorea in un disegno ricco di elementi mitologici, simbolici e
paesaggistici e collocato nello spazio vuoto del mare antistante Napoli. La carta, di
eccellente qualità grafica - se si tiene conto dei tempi - e di sensibile pregio artistico,
mostra la situazione all'epoca di quella parte della Campania che va dalla 'Taverna Penta
o sia Poggio Marino' (Poggiomarino) al lago di Patria, in direzione est-ovest, e da 'Casa
Pesella' (Casapesenna) a 'Torre dell'Annunziata' (Torre Annunziata) in direzione nordsud. Le distanze sono in miglia, ciascuno pari a 7000 palmi napoletani. I punti cardinali
sono indicati come Levante, Ponente, Mezzodì e Tramontana.
Guardare questa carta è un vero tuffo nel passato.
Lo sguardo corre immediatamente alla ricerca delle zone a noi più vicine e familiari.
Caivano, Cardito, Crispano, Pascarola, Casolla Valenzano, Carditello ci sono tutti, ma
le differenze rispetto ad oggi sono evidenti ad un osservatore attento.
Casolla Valenzano come superficie abitata appare addirittura più grande di Pascarola e
circa il doppio di Carditello. Caivano appare piccolo, con il Santuario di Campiglione in
periferia, tratti non edificati anche sulla via Atellana e con il quartiere delle 'Fabbriche
Nuove' ancora inesistente (verrà edificato 130 anni dopo). Il Convento dei Cappuccini
appare circondato su ogni lato da campagna. Al posto della SS 87 vi è la 'Strada di
Caserta' ma, incredibile a distanza di quasi 200 anni, è possibile riconoscere tutte le
curve che ben sappiamo (curva di Pascarola, non ancora 'curva della morte', prima e
seconda curva di Cardito, etc.). Ancora più incredibile, è possibile identificare nello
stesso tracciato attuale molte di quelle che ora sono strade provinciali o intercomunali o
anche solo campestri. Ad esempio, è ben facilmente identificabile una strada che corre
fra Cardito ed Afragola e che un secolo dopo ospiterà un tratto della linea tranviaria
Caivano-Napoli, per poi diventare settant'anni dopo una strada provinciale.
Dopo uno sguardo fugace al 'Regio Casino' ed al 'Bosco di S. Arcangelo', purtroppo ora
solo l'idea di un ricordo, ed ai Regi Lagni, da poco degradati ad orrenda Fogna a cielo
aperto, col rimpianto strano ed impossibile per luoghi mai vissuti, la visione corre verso
Ponente. Là, circondata dai centri abitati di 'S. Elpidio' (S. Arpino), 'Socivo' (Succivo),
'Casa Puzzano' (Casapuzzano), 'Orta' (Orta d'Atella), 'Fratta Piccola' e 'Pomigliano
d'Atella' (insieme ora Frattaminore), è segnalata la posizione di 'Atella diruta',
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l'antichissima città, patria delle fabulae atellanae e madre di tanti centri.
(Metaforicamente è come se questa città sia un tempo esplosa e che dai frammenti,
sparsi su due centri concentrici, siano nate due serie di centri abitati. Il primo cerchio è
costituito da quelli appena elencati, che giacciono tutti entro un raggio di 1-2 km. Il
secondo cerchio, ad una distanza di 4-7 km, è costituito da un semiarco di comuni che
va da Caivano ad Aversa. A settentrione il secondo cerchio è interrotto perché lì il
Clanio prima dell'intervento regio del XVI secolo, che lo avrebbe trasformato in Regi
Lagni, si impaludava, rendendo poco salubre il territorio circostante.)
Scendendo con lo sguardo verso il basso, balzano agli occhi 'Fratta Maggiore'
(Frattamaggiore), Nevano e Grumo (Grumo Nevano), già fusi fra loro, Casandrino e S.
Antimo. Verso ponente si notano poi i cerchi concentrici della città di Aversa, nata
nell'XI secolo dalla estrema rovina di Atella e primo importante feudo normanno
nell'Italia Meridionale, affiancata dal 'Borgo Savignano' e dal 'Borgo' propriamente
detto, anch'essi con origine di pari antichità.
I paesi intorno ad Aversa - Cesa, Gricignano, Carinaro, S. Marcellino, 'Isola' (Villa di
Briano), Trentola, Ducenta, Lusciano, Parete - sono tutti ben evidenti.
Scendendo verso Giugliano una sorpresa: dov'è finita Villaricca? Al suo posto c'è invece
'Panecocolo', evidente italianizzazione di 'Panacuocolo', che vorrebbe significare
etimologicamente forno. Chissà quanti abitanti di questo fertile paese saranno stati
tormentati dai vicini per il nome a dir il vero musicale ma un po’ buffo, tanto da essere
indotti, nel 1871, a cambiare il nome in uno più accettabile! Eppure nei detti popolari il
nome è rimasto, in alternativa a quello altrettanto strano e musicale di Pollena Trocchia,
quale esempio di località improbabili dove andare o da dove venire. Ma continuiamo,
con l'ausilio della carta, il nostro cammino su questa terra che è la nostra terra ma che
pure ci appare nello stesso tempo vicina e conosciuta e straniera e fantastica.
Uno sguardo fugace su 'Guagliano' (Qualiano), Calvizzano, Marano, Mugnano,
'Chiajano' (Chiaiano), 'Marianello' (Marianella), Piscinola, Miano, Secondigliano, S.
Pietro a Patierno (tutti centri distinti e separati da campagne), Arzano, Casavatore,
Casoria, Afragola, che giganteggia per la sua estensione (insieme con Giugliano) su tutti
i centri a nord di Napoli.
Sull'altro lato della carta sorprende per la relativa piccolezza Nola, ancora tutta
racchiusa fra le antica mura, e, ancor di più, Acerra, piccola quanto Cardito. Ma lo
sguardo è ormai attratto irresistibilmente verso Napoli, la Capitale del Regno delle Due
Sicilie!
Superato 'Capo di Chino' (Capodichino), ove si congiungono la 'Strada di Capua' e
quella di Caserta, dopo un ulteriore cammino fra alberi e campi, si giunge alla vista del
gigantesco Albergo dei Poveri, che rappresentava allora quasi l'estremo nord
dell'abitato. Nella carta la città appare estesa ad est fino al 'Borgo di Loreto', un villaggio
a ridosso del quartiere Mercato, e ad ovest fino a 'Chiaja' (Chiaia), allora un borgo di
pescatori prospiciente un litorale scoglioso, dove in futuro sarà ricavata la Villa
Comunale.
Il Vomero, l'Arenella, 'Capo di monte' (Capodimonte), Poggioreale appaiono nella carta
come zone verdi con abitazioni sparse. Ad est, invece che la stazione centrale si notano
due ampie zone disabitate, il 'Pascone' e 'le Paludi', cui fanno seguito: un filare doppio di
case, 'la Barra' (Barra), un piccolo centro abitato, Portici (con vicino una zona detta
Resina), e poi, dopo un altro spazio aperto, Torre del Greco. Su un filare di case lungo il
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mare, in corrispondenza di 'la Barra', è annotato con caratteri minuscoli, a malapena
leggibili, 'S. Giov. a Teduccio'.
Tutta la popolazione della Capitale era allora addensata nelle due Napoli greche
(Palepolis, zona di Pizzofalcone e Castel dell'Ovo; Neapolis, zona di Spaccanapoli), nei
Quartieri Spagnoli ed in quelli di Vasto, Sanità e Mercato. Nella carta balza agli occhi la
regolarità dell'impianto urbano di Neapolis, risalente a ben 25 secoli orsono, in contrasto
con il disordine degli altri quartieri e con il reticolo eccessivamente frammentato dei
Quartieri Spagnoli.
Napoli aveva allora quattrocentomila abitanti e, prima in Italia, era stata superata in
Europa per numero d'abitanti solo da Parigi e Londra.
Ciò spiega perché il centro storico di Napoli è il più grande d'Europa per superficie. La
seconda, terza e quarta città d'Italia, messe insieme, erano inferiori per numero
d'abitanti. Napoli era la prima città per manifestazioni d'arte e mondane. I giovani nobili
stranieri in giro in Europa per il Grand Tour, il rito iniziatico alla maturità per i ricchi
dell'epoca, dopo la dovuta sosta a Roma, ove rendevano omaggio al Papa e ammiravano
le antichità imperiali, fuggivano da quello che in sostanza era un noioso paesone di
settantamila abitanti e correvano a Napoli, ove c'era vita, animazione, divertimenti e
compagnia di qualsiasi genere.
Ma già la mente fugge da queste considerazioni e lo sguardo è attirato dalla mole
massiccia del Vesuvio, disegnato con tecnica ombreggiata che ne evidenzia l'elevazione.
Si notano la 'Reale Caccia delle Mortelle', fra Torre del Greco e 'Torre dell'Annunziata'
(Torre Annunziata), la grossa 'Reale Caccia del Mauro', appena sopra 'Bosco Reale'
(Boscoreale), colate laviche, un gran numero di valloni e di spazi aperti ed i centri
abitati di 'Bosco Tre Case' (Boscotrecase), 'Torcigno' (Terzigno), S. Giuseppe e S.
Gennaro (entrambi poche case sparse), 'Ottajano' (Ottaviano), 'Prigirano' e 'Somma'
(entrambi ora Somma Vesuviana), S. Anastasia, Trocchia, Pollena, Massa e S.
Sebastiano. A nord del Vesuvio si notano 'l'Acquedotto Reale di Portici' e più sopra il
'Condotto dell'Acqua di Carmignano', 'la Strada di Puglia' con la diramazione della
'Strada di Benevento' e con i centri di Casalnuovo, Licignano, Pomigliano d'Arco,
'Cisterna' (Castello di Cisterna), Brusciano, Mariglianella, Laus Domini, Marigliano,
Scisciano, Saviano, Cimitile, Camposano e la già ricordata Nola.
Ad ovest di Napoli colpisce il vagare avventuroso dei nostri occhi il panorama insolito e
fascinoso dei Campi Flegrei, un tempo dominati da Cuma, fondatrice insieme con
Siracusa di Neapolis nel 476 a. C. ed ora ridotta a poche rovine.
Un panorama affollato di crateri vulcanici, di anfratti, di laghi di tipo sia vulcanico che
lacustre, di boschi, campi e case di campagna, e povero altresì di paesi. A ponente delle
poche abitazioni di 'Fuori Grotta' (Fuorigrotta) si possono notare solo i piccolissimi
centri di Pianura e Quarto. Pozzuoli, l'antichissima greca Dicearchia, è solo un gruppo di
case su un promontorio, l'attuale Rione Terra, e sono del tutto fuori dell'abitato il
famosissimo cosiddetto Tempio di Serapide, con i suoi millennari fenomeni
bradisismici, e l'anfiteatro ('Colosseo'), il terzo in Italia per dimensioni dopo quelli di
Roma e di Capua. 'Baja' (Baia) e Miseno sono solo località e forse qualche casa di
pescatori. Monte di Procida è solo una collina e non un paese. 'Bacolo' (Bacoli) è un
nome a caratteri minuscoli che designa una piccolissima zona, non contigua al mare, nei
pressi della Piscina Mirabile (l'antico serbatoio d'acqua che serviva i marinai romani di
stanza a Baia). 'Li Bagnoli' (Bagnoli) è una piana verde che si affaccia leggiadra sul
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Tirreno. Al contrario, nella carta si notano molte cose che ora più non esistono: il 'Lago
d'Agnano', dov'è oggi l'ippodromo, il 'Lago di Licola' ed i vicini 'Bosco del Varcaturo' e
'Reale Caccia del Fusaro', il 'Mare Morto', prolungamento del 'Porto di Miseno' ed ora
interrato, la 'Strada della Staffetta', dove oggi corre la Tangenziale nel suo tratto
terminale, la 'Reale Caccia degli Astroni', ridotta oggi ad un piccolo cerchio di verde
assediato dall'abusivismo edilizio.
La carta ci mostra una terra, ben familiare per gli innumerevoli riscontri con luoghi ben
noti a noi tutti, ma pure tanto insolita ed aliena per la sua mancanza di ferrovie,
aeroporti, autostrade, industrie, campi di calcio, etc., per l'assenza di tante strade, per la
relativa piccolezza dei centri abitati, con nomi spesso diversamente scritti, per la
ricchezza di boschi, tenute, spazi verdi e campi coltivati. Traspare palese la povertà di
mezzi dei tempi e la semplicità spartana della vita, forse insopportabile per un uomo del
presente, ma un senso strano di nostalgia per un tempo ed un luogo mai conosciuti ci
pervade.
Forse è solo l'aspirazione per una terra meno affollata, meno inquinata e stressante e
senza gli assilli della droga e della criminalità incalzante. O forse il rimpianto per
un'epoca, durata secoli, in cui Napoli era di gran lunga la prima città d'Italia e fra le
primissime d'Europa. Eppure, al di là di queste spiegazioni razionali, la nostalgia
rimane.
Giacinto Libertini
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