11. Accesso ai CPSA e tutela del diritto di difesa e informazione

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11. Accesso ai CPSA e tutela del diritto di difesa e informazione
PROGETTO LAMPEDUSA
Parere del 11 luglio 2014 a cura del Gruppo di studio del Progetto Lampedusa
ACCESSO AI CPSA E TUTELA DEL DIRITTO DI DIFESA E
INFORMAZIONE DELLO STRANIERO
1. Il diritto di difesa dello straniero tra principi costituzionali, legislazione nazionale e
normativa internazionale
Subito dopo essere stati soccorsi in mare i migranti vengono, di norma, trasportati nel più
breve tempo possibile nei Centri di primo soccorso e accoglienza1 (di seguito CPSA) per essere
successivamente trasferiti, a seconda dei casi, presso i CARA o presso i CIE.
Nonostante vi sia un vuoto legislativo in ordine alla loro natura nonché in ordine al periodo
massimo di permanenza e allo status giuridico dei migranti ivi ospitati2, all’interno di dette strutture
deve essere garantita a tutti gli stranieri la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo quali il diritto alla
salute, alla vita, alla libertà intesa nelle sue più ampie accezioni e manifestazioni, al rispetto della
propria vita privata e familiare nonché di tutti gli altri diritti e libertà fondamentali ad essi
riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale.
L’art. 2 della Costituzione, infatti, recita “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
I diritti inviolabili, costituzionalmente garantiti, “rappresentano una vera e propria
manifestazione del ‘principio personalistico’: tale principio invita ad una considerazione del
1
Il CPSA di Lampedusa è stato istituito con Decreto interministeriale del 16.2.2006.
2 Per maggiori approfondimenti in ordine al fondamento giuridico dei CPSA cfr. CPSA di Lampedusa: opportunità di una sua
riapertura, a cura del Gruppo di Studio Progetto Lampedusa.
PRESIDIO AVVOCATURA – LAMPEDUSA
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soggetto non quale monade isolata e avulsa dal ‘mondo’ bensì appunto quale persona, tale proprio
in quei rapporti sociali di relazione che soli la sostanziano”.3
Nella sopra citata relazione4 si legge inoltre che“i diritti fondamentali non solo costituiscono i
principi supremi dell’ordinamento costituzionale, ma qualificano altresì la struttura democratica
dello Stato, la quale verrebbe sovvertita qualora questi fossero diminuiti, decurtati o violati.”
Fatta questa doverosa premessa può affermarsi che, in base al principio personalista del nostro
ordinamento di cui al summenzionato art. 2 Cost., in combinato disposto con gli artt. 3 e 10 comma
25, lo straniero, a qualsiasi titolo presente nel territorio dello Stato, è senza dubbio titolare di diritti
fondamentali, diritti che, in quanto caratterizzati da una dimensione universalistica, prescindono dal
legame di cittadinanza con un determinato ordinamento6.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 104 del 1969, ha infatti affermato che “il principio di
eguaglianza, pur essendo nell'art. 3 della Costituzione riferito ai cittadini, debba ritenersi esteso
agli stranieri allorché si tratti della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, garantiti allo straniero
anche in conformità dell'ordinamento internazionale.”
Tuttavia la Consulta prosegue precisando che “la riconosciuta eguaglianza di situazioni
soggettive nel campo della titolarità dei diritti di libertà non esclude affatto che, nelle situazioni
concrete, non possano presentarsi, fra soggetti uguali, differenze di fatto che il legislatore può
apprezzare e regolare nella sua discrezionalità, la quale non trova altro limite se non nella
razionalità del suo apprezzamento”.7
Tra i diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost. rientra senz’altro quello alla tutela giurisdizionale
e alla difesa sancito dalla nostra Carta Costituzionale agli artt. 24 e 111, come affermato dalla
Consulta già nel 1965.8
3
Cfr “I Diritti fondamentali nella Giurisprudenza della Corte Costituzionale”, Relazione predisposta in occasione dell’incontro della
delegazione della Corte Costituzionale con il Tribunale Costituzionale della Repubblica di Polonia, Varsavia, 31-31 marzo 2006, pg.
3, reperibile sul sito http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU185_principi.pdf.
4
“I Diritti fondamentali nella Giurisprudenza della Corte Costituzionale”,op. già citata, pg. 2.
5
L’art. 10, comma 2, Cost. così recita: “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e
dei trattati internazionali.”
6
La Corte Costituzionale, con sentenza del 18 luglio 1986, n. 199 ha ribadito il principio secondo il quale l’“art. 2
Cost., riconoscendo e garantendo diritti inviolabili dell'uomo, é norma di tutela non solo del cittadino ma anche dello straniero.”
7
Per ulteriori approfondimenti sul principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. cfr. le sentenze nn. 120/1967, 104/1969, 144/1970,
109/1974 e 244/1974
8
Corte Costituzionale, sent. n. 98 del 1965. La Corte Costituzionale, pur dichiarando non fondata la questione, afferma che il diritto
alla tutela giurisdizionale va annoverato “ tra quelli inviolabili dell'uomo, che la Costituzione garantisce all'art. 2, come si arguisce
anche dalla considerazione che se ne é fatta nell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con la legge 4
agosto 1955, n. 848.”
2
E’ opportuno evidenziare, a tal riguardo, che a livello internazionale il diritto alla difesa è
riconosciuto e garantito dall’art. 6 della CEDU (diritto a un equo processo), dall’art. 3 Protocollo n.
7, dall’art. 47 Carta di Nizza nonché dall’art. 14 c. 3 Patto internazionale sui diritti civili e politici di
New York del 16 dicembre 1966.
Per quanto attiene, invece, alla legislazione nazionale, l’art. 2 comma 5 del D.lgs. 286/98 (di
seguito T.U.I.) dispone che allo straniero sia riconosciuta “parità di trattamento con il cittadino
relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la
pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla
legge”.
Sul punto la Consulta, con sentenza n. 198/2000, pur ritenendo non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 8, T.U.I., in riferimento agli artt. 24 e 113 della
Costituzione, ha espresso il principio secondo il quale anche lo straniero, irregolarmente
soggiornante sul territorio dello Stato, è titolare del diritto inviolabile di difesa9, principio già
espresso in passato nella sentenza n. 109/197410.
Merita inoltre di essere ricordata la sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2004 che, ad
avviso di chi scrive, assume importanza ai fini degli argomenti trattati perché in tale occasione la
Consulta non solo ha affermato che la norma sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale –
ovvero l’art. 13 comma 5 bis T.U.I. – violava, insieme alla libertà personale, anche il diritto di
difesa dello straniero nel suo nucleo incomprimibile, ma è andata oltre precisando che il legislatore,
nell’esercizio del suo potere, deve comunque garantire allo stesso la tutela giurisdizionale.”11
9 Cfr. Corte Cost., sent. 198/2000 nella quale la Cosulta afferma che “Il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dello straniero
presuppone, dunque, che qualsiasi atto proveniente dalla pubblica amministrazione, diretto a incidere sulla sua sfera giuridica, sia
concretamente conoscibile. Ciò vuol dire, con specifico riferimento al decreto di espulsione, che questo deve essere redatto anche
nella lingua del destinatario ovvero, se non sia possibile, in una di quelle lingue che - per essere le più diffuse - si possano ritenere
probabilmente più accessibili dal destinatario. A tali principi si è del resto conformato il legislatore, statuendo, all’art. 13, comma 7,
che “il decreto di espulsione [...] nonché ogni altro atto concernente l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati
all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta,
ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.” 3. Lo straniero (anche irregolarmente soggiornante) gode
di tutti i diritti fondamentali della persona umana, fra i quali quello di difesa, il cui esercizio effettivo implica che il destinatario di
un provvedimento, variamente restrittivo della libertà di autodeterminazione, sia messo in grado di comprenderne il contenuto e il
significato.”
10
La Corte Costituzionale, pur ritenendo non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 150 e 151 del r.d. 18 giugno
1931, n. 773 in riferimento all’art. 3 e 24 Cost., riconosce in capo allo straniero espulso dal territorio dello Stato la titolarità del
diritto di difesa precisando, al tempo stesso, che “lo straniero espulso non può vantare una parità sostanziale di posizione col
cittadino italiano imputato, perché non può escludersi in via generale che fra cittadino e straniero, ancorché uguali nella titolarità
di certi diritti, esistano differenze di situazioni che possano giustificare un loro diverso trattamento (sent. n. 104 del 1969)”.Sentenza
Corte Cost. n. 109/1974
11
Corte Cost. sentenza n. 222 del 2004, si legge in sentenza al punto 6): “Il procedimento regolato dall’art. 13, comma 5-bis,
contravviene ai principî affermati da questa Corte nella sentenza sopra ricordata: il provvedimento di accompagnamento alla
frontiera è eseguito prima della convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Lo straniero viene allontanato coattivamente dal
territorio nazionale senza che il giudice abbia potuto pronunciarsi sul provvedimento restrittivo della sua libertà personale. È,
3
Premesso ciò occorre precisare che il diritto di difesa non va qui inteso in maniera restrittiva
ma deve essere considerato nella sua più ampia manifestazione ricomprendendovi, altresì, il diritto
per lo straniero di ricevere un’immediata assistenza legale volta a fornire a quest’ultimo una chiara
e completa informazione circa la propria posizione giuridica, la propria sorte, i diritti fondamentali a
lui spettanti e, in particolare, circa il diritto di essere assistito legalmente da un difensore di fiducia
per la tutela dei diritti che il nostro ordinamento giuridico riconosce agli stranieri.
2. La direttiva del Ministero dell’Interno n. 1305 Prot. 11050/110(4) del 1.4.2011 e l’accesso ai
CPSA
Non vi è alcun dubbio, dunque, che il diritto di difesa, così come appena delineato, debba
essere garantito, unitamente al nucleo di diritti e libertà fondamentali individuato al precedente
punto, agli stranieri che, soccorsi in mare, vengano condotti sulla terraferma e successivamente
trasferiti nei centri di prima accoglienza.
Questo, quanto meno, in via teorica: nella prassi, infatti, si sono riscontrati non pochi casi in
cui sono state poste in essere palesi violazioni di tale diritto, in special modo a seguito
dell’emanazione, nel 2011, di una direttiva del Ministero dell’Interno12 con la quale, in
considerazione del continuo e massiccio afflusso di migranti proveniente dal Nord Africa, “al fine
di non intralciare le attività loro rivolte” si è deciso di consentire l’accesso alle “strutture presenti
sul territorio nazionale di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007” (ovvero gli attuali CIE e
CARA) solamente ai soggetti pubblici ivi indicati, per lo più organismi internazionali13.
Tale direttiva ha di fatto superato la cd. “circolare Amato” del 2007 n. 1305, dalla stessa
richiamata, in base alla quale era previsto un accesso più ampio ai centri summenzionati.
quindi, vanificata la garanzia contenuta nel terzo comma dell’art. 13 Cost., e cioè la perdita di effetti del provvedimento nel caso di
diniego o di mancata convalida ad opera dell’autorità giudiziaria nelle successive quarantotto ore. E insieme alla libertà personale
è violato il diritto di difesa dello straniero nel suo nucleo incomprimibile. La disposizione censurata non prevede, infatti, che questi
debba essere ascoltato dal giudice, con l’assistenza di un difensore. Non è certo in discussione la discrezionalità del legislatore nel
configurare uno schema procedimentale caratterizzato da celerità e articolato sulla sequenza provvedimento di polizia-convalida
del giudice. Vengono qui, d’altronde, in considerazione la sicurezza e l’ordine pubblico suscettibili di esser compromessi da flussi
migratori incontrollati. Tuttavia, quale che sia lo schema prescelto, in esso devono realizzarsi i principî della tutela
giurisdizionale; non può, quindi, essere eliminato l’effettivo controllo sul provvedimento de libertate, né può essere privato
l’interessato di ogni garanzia difensiva.”
12
Circolare del Ministero dell’Interno n. 1305 Prot. 11050/110(4) del 1.4.2011
13
Secondo quanto disposto dalla circolare n. 1305 del 1.4.2011 l’accesso è consentito esclusivamente alle seguenti organizzazioni:
UNHCR, OIM, CRI, Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas nonché a “tutte le Associazioni che
hanno in corso con il Ministero dell’Interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con i fondi
nazionali ed europei”.
4
Da una lettura dell’articolo“Diritti di difesa sotto sequestro”a cura del prof. Fulvio Vassallo
Paleologo14, si apprende che le Prefetture, in ottemperanza alle disposizioni contenute nella
circolare del 1 aprile 2011, hanno iniziato a negare l’accesso a tutti quei soggetti non rientranti tra
quelli espressamente individuati dal Ministero.
Si evince, inoltre, che l’accesso è stato impedito non soltanto per quel che riguarda i CIE ma
anche i CARA.
In particolare, sempre sulla base di detta circolare, nel giugno del 2011 l’accesso al Centro di
accoglienza di Contrada Imbriacola da parte di alcuni avvocati, muniti peraltro di regolare mandato,
sarebbe stato subordinato al rilascio di un’autorizzazione prima del Prefetto di Agrigento e poi del
Ministero dell’Interno e alcuni migranti, che avevano conferito mandato al proprio difensore di
fiducia, sarebbero stati rimpatriati senza aver avuto la possibilità di presentare ricorso15.
Quanto appena riportato dal sopra citato articolo testimonierebbe una gravissima limitazione
all’esercizio del diritto di difesa e di tutela giurisdizionale, diritti inviolabili garantiti, come sopra
esposto, dalla normativa nazionale ed internazionale.
La direttiva del 1.4.2011, come evidente, presenta profili di illegittimità sotto diversi aspetti.
Va innanzitutto rilevato che il presupposto dell'emanazione di detta direttiva è ravvisabile
nella dichiarazione di uno stato di emergenza nel territorio nazionale.
Tale dichiarazione, tuttavia, non appare sorretta da un'adeguata e completa analisi e
ponderazione, da parte della P. A., degli interessi effettivamente coinvolti nel caso concreto; analisi
e ponderazione che, tra l'altro, rappresenta il momento più importante e delicato nell'esercizio del
potere discrezionale della P.A..
Un ulteriore profilo di illegittimità è individuabile anche nell'indeterminatezza temporale del
divieto ivi previsto, in quanto la stessa direttiva dispone che l’accesso alle strutture presenti sul
territorio nazionale sia consentito “fino a nuova disposizione”, ponendosi tale mancanza come
“espressione di arbitrarietà, atteso che – come noto – l’eventuale introduzione di limiti da parte
dell’Amministrazione pubblica deve essere sempre ispirata dal principio del minor sacrificio degli
interessi privati coinvolti e, quindi, non può prescindere dalla ragionevole e corretta attivazione
14
Fulvio
Vassallo
Paleologo,
Diritti
di
difesa
http://www.storiemigranti.org/IMG/pdf/Fulvio_Vassallo_Paleologo_Diritti_sotto_sequestro.pdf
15
Fulvio Vassallo Paleologo, articolo già citato;
5
sotto
sequestro,
in
della stessa Amministrazione in tal senso, la quale si realizza anche attraverso la fissazione di un
preciso termine finale”16.
Anche il riferimento alla finalità di “non intralciare le attività” svolte all’interno delle
strutture in questione e rivolte ai migranti ivi “ospitati” appare manifestazione di ulteriore esercizio
arbitrario della potestà amministrativa in quanto nulla è specificato in merito alle suddette esigenze.
3. La direttiva n. 11050/110(4) del 13.12.2011. Considerazioni finali
La problematica finora analizzata sembrerebbe, in realtà, essere del tutto superata a seguito
della direttiva n. 11050/110(4) emanata dal Ministero dell’Interno in data 13 dicembre 2011 con la
quale, dato il “significativo decremento dei flussi” migratori provenienti dal Nord Africa, sono state
revocate le direttive contenute nella circolare del 2011 e si è proceduto a “ripristinare i contenuti
della direttiva del 24 aprile 2007”.
Quest’ultima, come accennato brevemente nel precedente paragrafo, prevedeva una
possibilità di accesso ai “centri di accoglienza, identificazione e permanenza temporanea” più
ampia rispetto a quanto disposto restrittivamente dalla successiva circolare del 2011 consentendo
detto accesso, previa apposita richiesta, ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie nazionali e
internazionali ivi elencate nonché ai giornalisti, questi ultimi a seguito di autorizzazione rilasciata
dalla Prefettura competente e sentiti gli enti di gestione delle strutture interessate di volta in volta17.
Alla direttiva del 13 dicembre 2011 ha fatto successivamente seguito la risoluzione del Senato
della Repubblica approvata in data 22 ottobre 2013 dalla Commissione Straordinaria per la tutela e
la promozione dei diritti umani (affare assegnato n. 148 doc. XXIV-ter, n.3) con la quale il Governo
si è impegnato a “emanare immediatamente una direttiva che riconosca espressamente il diritto di
accesso ai centri destinati all’accoglienza, trattenimento e assistenza degli immigrati, nonché ai
16
E’ quanto affermato dal TAR Lazio nella parte motiva della sentenza del 15.03.2012 pubblicata il 18.05.2012 (N.07005/2011 REG.
RIC.) con la quale è stato accolto il ricorso avente ad oggetto l’annullamento, per violazione di legge ed eccesso di potere, della
circolare n. 1305 del 1.4.2011 nonché dei provvedimenti prefettizi con cui, sulla scorta di detta circolare, erano state respinte diverse
istanze di accesso ai CARA presentate da parte di alcuni giornalisti.
17
Pur non essendo stato reperito il testo ufficiale della circolare del 24.4.2007, emanata dal Ministero dell’Interno, possiamo
affermare che il contenuto del predetto provvedimento può essere ricostruito nei seguenti termini: è consentito l’accesso ai Centri
per immigrati agli Organismi Internazionali (rappresentanti dell´Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR),
dell´Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) della Croce Rossa Italiana; ai Sindaci, ai Presidenti di Provincia, di
Giunta e del Consiglio Regionale nonché ai soggetti del privato sociale, in relazione alle proprie finalità, per svolgere specifiche
attività di assistenza sulla base di convenzioni con gli enti locali o i Prefetti. I giornalisti, con i fotocineoperatori che li
accompagnano, sulla base di un´autorizzazione che rilasciata dai Prefetti, sentiti gli enti gestori delle strutture interessate
potranno accedere. Nel determinare le modalità e i tempi delle visite, si dovrà tener conto delle esigenze di tutela della privacy di
coloro che sono ospitati nei centri e della necessità di non creare intralcio alle attività svolte all’interno delle strutture.- cfr pg. 15 e
seguenti del “Documento programmatico sui Centri di Identificazione ed espulsione”, Ministero dell’Interno 2013, in
http://www.asgi.it/wp-content/uploads/public/1_013_doc_cie_documenti.pdf
6
centri di accoglienza per richiedenti asilo […] ai garanti dei detenuti o comunque titolari di
competenze in materia di tutela dei diritti nella privazione della libertà”.
Ancora una volta non viene fatta esplicita menzione della categoria degli avvocati che,
indirettamente, appare riconducibile a quella dei soggetti “garanti dei detenuti” o “comunque
titolari di competenze in materia di tutela dei diritti nella privazione della libertà”.
Nell’attesa di un auspicabile quanto più prossimo intervento del Governo di cui alla suddetta
risoluzione, molteplici restano le perplessità in ordine all’intera problematica dell’accesso ai CPSA,
ai CARA e ai CIE.
Va innanzitutto sottolineato che in nessuna delle circolari né, tanto meno, nella risoluzione da
ultimo richiamata, viene esplicitamente individuata, quale categoria di soggetti che possono
presentare istanza di accesso ai diversi centri, quella degli avvocati.
Questo tuttavia non può costituire un elemento sufficiente a escludere o limitare l’accesso a
tale categoria di soggetti, soprattutto in virtù della funzione di natura pubblicistica e rilevanza
costituzionale che gli stessi sono chiamati continuamente a svolgere.
Si consideri inoltre che l’art. 21 comma 7 D.P.R. del 31.08.1999 n. 394 (Regolamento di
attuazione del T.U.I.) consente espressamente l’accesso nei centri di permanenza temporanea e
assistenza da parte degli avvocati disponendo che “oltre al personale addetto alla gestione dei
centri e agli appartenenti alla forza pubblica, al giudice competente e all’autorità di pubblica
sicurezza, ai centri possono accedere i familiari conviventi e il difensore delle persone trattenute o
ospitate”.
Non bisogna infine tralasciare il fatto che la direttiva del 2007 cui adesso deve farsi
riferimento è stata emanata all’interno di un quadro normativo antecedente all’entrata in vigore del
D.Lgs. del 3.10.2008 n. 159, istitutivo dei CARA.
Ai sensi dell’art. 20 comma 5 del summenzionato decreto, infatti, l’accesso a tali strutture “è
comunque consentito ai rappresentanti dell’ACNUR, agli avvocati ed agli organismi ed enti di
tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell’interno”.
Dato l’ormai noto vuoto normativo circa l’attività da svolgersi nei CPSA, la loro natura
giuridica e le modalità di trattamento e tutela dei diritti riconosciuti in capo agli stranieri ivi ospitati,
tale disposizione, sebbene si riferisca ai soli CARA, ad avviso di chi scrive, potrebbe ritenersi
applicabile altresì ai CPSA che, quali strutture di prima accoglienza, maggiormente presentano
caratteristiche analoghe a quelle dei centri di cui all’art. 20 del D. Lgs. del 3.10.2008 n. 159.
7
Va inoltre evidenziato che il Ministro, con direttiva del 13.12.2011, oltre ad aver ripristinato i
contenuti della circolare del 2007 ha previsto due integrazioni.
In primo luogo ha disposto che le istanze volte ad ottenere l’autorizzazione per l’accesso ai
centri (CPSA, CARA, CIE) avanzate alle Prefetture competenti (UTG) dovranno essere da queste
ultime inoltrate, per la preventiva comunicazione, al competente Dipartimento per le Libertà
Civili e l’Immigrazione e, per conoscenza, al Gabinetto del Ministro.
In secondo luogo la direttiva de qua dispone che le Prefetture competenti possano, oltre che
per motivi di ordine pubblico, “differire l’accesso nei centri anche per ragioni di sicurezza nei casi
in cui la struttura sia interessata da interventi di ristrutturazione o, comunque dalla esecuzione di
rilevanti lavori di manutenzione straordinaria”.
Da un attento esame delle integrazioni appena richiamate sembra dunque evincersi che
l’organo competente a rilasciare le autorizzazioni agli istanti sia la Prefettura, posto che le
comunicazioni da effettuarsi al Ministero avrebbero come unico fine la preventiva comunicazione
agli organi gerarchicamente sovraordinati.
Tale assunto sembrerebbe altresì confermato dal potere di differimento conferito alle
Prefetture nei casi sopra indicati.
In particolare per quanto riguarda il CPSA di Lampedusa che, come noto, da mesi è
interessato da lavori di ristrutturazione, un’istanza formulata alla competente Prefettura di
Agrigento, qualora autorizzata, potrebbe essere differita per i sopra menzionati motivi di sicurezza.
Va infine rilevato che l’integrazione prevista dalla direttiva del 13.12.2011 parla di
differimento e non di divieto.
Qualora, dunque, la Prefettura non si limitasse a differire l’accesso nei CPSA richiesto dagli
avvocati ma dovesse negarlo rilevando che gli stessi non sono espressamente individuati nella
direttiva del 2007, ci troveremmo di fronte ad un’aberrante oltre che illegittima violazione dei
principi sanciti dalla nostra Carta Costituzionale nonché dalla normativa nazionale ed internazionale
precedentemente esaminata, dal momento che verrebbe svuotato di qualsiasi contenuto il diritto di
difesa e tutela giurisdizionale che l’ordinamento riconosce ad ogni straniero che si trovi sul
territorio italiano (irregolarmente o meno), sminuendosi altresì il ruolo pubblicistico che caratterizza
da sempre la figura dell’avvocato.
Affinché lo straniero possa godere di una tutela piena ed efficace dei propri diritti, infatti, la
possibilità di accedere all’assistenza legale e, ancor prima, di ricevere una corretta e completa
informazione circa l’accesso alle organizzazioni che offrono assistenza e consulenza legale,
8
costituisce un elemento essenziale dell’accesso alla giustizia, tanto più se si prendono in
considerazione le difficoltà determinate dalle barriere linguistiche che in dette situazioni i migranti
si trovano continuamente a dover affrontare18.
Ci si auspica dunque che, in attesa della direttiva che il Governo si è impegnato ad emanare
con la risoluzione del 22 ottobre 2013, la pubblica amministrazione si adegui a tale quadro
normativo e garantisca il pieno rispetto del diritto di difesa dello straniero in ogni sua
manifestazione onde consentire allo stesso, fin da subito, un’effettiva tutela giuridica e
giurisdizionale.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ESSENZIALE
http://www.giurcost.org/
http://www.altrodiritto.unifi.it/
Fulvio Vassallo Paleologo, Diritti sotto sequestro, in
http://www.storiemigranti.org/IMG/pdf/Fulvio_Vassallo_Paleologo_Diritti_sotto_sequestro.pdf
Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali 2013 e Consiglio d’Europa 2013, Manuale
sul diritto europeo in materia di asilo, frontiere e immigrazione, 2013
Progetto Lampedusa, AA.VV., CPSA di Lampedusa: opportunità di una sua riapertura
Relazione predisposta in occasione dell’incontro della delegazione della Corte Costituzionale con il
Tribunale Costituzionale della Repubblica di Polonia, I Diritti fondamentali nella Giurisprudenza
della Corte Costituzionale, Varsavia, 31-31 marzo 2006, in
http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU185_principi.pdf
Ministero dell’Interno 2013, Documento programmatico sui Centri di Identificazione ed espulsione,
in http://www.asgi.it/wp-content/uploads/public/1_013_doc_cie_documenti.pdf
18
Cfr. Corte Edu, sentenza 21.1.2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia, n. 30696/09, § 319; con tale pronuncia i Giudici di Strasburgo
hanno stabilito che il ricorrente, tra l’altro privo di mezzi necessari per pagare un avvocato, non aveva ricevuto informazioni
sull’accesso alle organizzazioni che offrono assistenza e consulenza legale e, pertanto, hanno concluso per la sussistenza, nel caso di
specie, di una violazione dell’art. 13 CEDU in combinato disposto con l’art. 3.
9