COMPITO DI ITALIANO

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COMPITO DI ITALIANO
Tipologia A- Analisi del testo
COMPITO DI ITALIANO- 16\04\2012
1.Francesco Petrarca, S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento? (Canzoniere, CXXXII)
4
S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?
Ma s’egli è amor, perdio, che cosa e quale?1
Se bona, onde l’effetto aspro mortale?2
Se ria, onde sì dolce ogni tormento?3
8
S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento?4
S’a mal mio grado, il lamentar che vale?5
O viva morte, o dilettoso6 male,
come puoi tanto in me, s’io nol consento?7
11
E s’io ’l consento, a gran torto mi doglio8.
Fra sì contrari vènti in frale9 barca
mi trovo in alto mar senza governo10,
14
sì lieve di saver, d’error sì carca11
ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio12,
e tremo a mezza state13, ardendo il verno14.
1. che cosa et quale?: qual è la sua natura?
2. Se bona … mortale?: se è una cosa buona, da dove (onde; sott. proviene) l’effetto terribile (aspro) e capace di dare la morte?
3. Se ria … tormento?: se è cosa malvagia (ria) per quale causa ogni sofferenza (appare) tanto dolce?
4. S’a mia voglia ardo … lamento?: se per mia scelta (a mia voglia) brucio (d’amore) da dove (derivano) il pianto e il lamento?
5. S’a mal mio grado … vale?: se (ardo d’amore) contro la mia volontà, a che cosa serve (che vale) lamentarsi?
6. dilettoso: piacevole.
7. come puoi … nol consento?: come puoi (avere) su di me tanto (potere), se io non lo consento?
8. a gran torto mi doglio: mi lamento a torto.
9. frale: fragile.
10. senza governo: senza timone.
11. sì lieve … sì carca: (una barca) così leggera quanto a saggezza, così carica di errori.
12. ch’i’ … voglio: che io stesso non so che cosa desidero (mi voglio).
13. a mezza state: in piena estate.
24. il verno: l’inverno.
Comprensione del testo
1. Riassumi in terza persona il contenuto della poesia, precisando anche cosa si domanda il poeta nei primi sei versi, a quale
interlocutore si rivolge ai versi 7-8, che cosa afferma nelle terzine.
Analisi del testo
2. Nel sonetto è visibile una netta distinzione tra le quartine, in cui ogni verso (tranne il v. 7) si conclude con un punto
interrogativo, e le terzine, espresse invece in forma affermativa. Commenta questo aspetto sintattico collegandolo al contenuto
della poesia.
3. Soffermati sulla ripetizione della congiunzione «se», in particolare nelle quartine, e sulla sua collocazione prevalente a inizio
verso. Commenta tale scelta retorica e sintattica con riferimento al contenuto del testo: come si può interpretare la rilevante
presenza della congiunzione ipotetica?
4. Il testo appare ricco di opposizioni binarie. Quali figure retoriche esprimono tale contrasto? Riporta e commenta alcuni
esempi (spiega in particolare il v. 7) e individua i campi semantici a cui appartengono i termini in opposizione.
5. La struttura binaria dominante nel sonetto è visibile anche sul piano ritmico: quasi tutti i versi sono divisi da una cesura,
tranne i versi 10, 11 e 13. In questi ultimi l’assenza di spezzature ritmiche (cui si aggiunge, tra i vv. 10 e 11, la continuità
sintattica) costituisce una sorta di anomalia che li evidenzia rispetto agli altri, attribuendo rilievo al contenuto che essi
esprimono. Commenta tale aspetto. Il ritmo complessivo appare scorrevole o spezzato e discontinuo? Giustifica la tua risposta
con esempi.
6. Considera il registro stilistico della poesia: il testo si sviluppa come un ragionamento pacato sul potere dell’amore o
dominano accenti di turbamento e passione? Giustifica la tua risposta con precisi riferimenti al testo.
7. A quale risultato approda l’indagine del poeta sulla natura dell’amore? Appare un sentimento prevalentemente positivo o
negativo? Rispondi facendo riferimento al testo.
8. A partire dal verso 10 si sviluppa una metafora piuttosto comune in letteratura e anche nell’opera di Petrarca: spiegala e
collegala eventualmente ad altre figure simili a te note.
9. Considera l’inizio dei versi 1 e 2 («S’amor non è…», «Ma s’egli è amor») e il verso 12 («sì lieve di saver, d’error sì carca»).
Quale figura retorica di posizione puoi riconoscere? Individuala e commentala.
Interpretazione complessiva e approfondimenti
10. Tema dominante del sonetto è la conflittualità interiore del poeta: l’io si presenta percorso da profonde contraddizioni,
mentre non è visibile un punto di vista esterno e superiore che costituisca un riferimento e consenta di superare il
dissidio dell’anima. Commenta questi aspetti con riferimento ad altri testi di Petrarca a te noti.
2. Francesco Petrarca, Canzoniere V
Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e'
l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'
incomincia udir di fore
il suon de'primi dolci accenti suoi.
ncontro poi,
Vostro stato REal, che '
raddoppia a l'
alta impresa il mio valore;
ma: TAci, grida il fin, ché farle honore
è d'
altri homeri soma che da'tuoi.
Cosí LAUdare et REverire insegna
la voce stessa, pur ch'
altri vi chiami,
o d'
ogni reverenza et d'
onor degna:
se non che forse Apollo si disdegna
ch'
a parlar de'suoi sempre verdi rami
lingua mortal presumptuosa vegna.
Note
v.1- movo: emetto; v.3-4 il suono delle prima sillaba del nome incomincia a sentirsi fuori [dalle labbra che l'
hanno emesso] nell'
atto stesso
della lode (laudando). (Si tratta in realtà di una falsa etimologia, che fa risalire la parola "lauro" alla radice del verbo latino laudare).
v.5 stato real: la vostra condizione regale [pronunciando la seconda sillaba -RE del nome], raddoppia la mia forza (il mio valore) impegnata
nell'alto compito della lode (a l'
alta impresa); v. 7 il fin: l'
ultima sillaba; v.8 soma d'
altri homeri: impegno adatto a spalle ben più solide
delle tue.
v.9 Così ...la voce stessa: Pertanto il suono stesso del vostro nome; v.10 pur ch'
altri vi chiami: solo che qualcuno vi nomini.
v.12
se non che forse Apollo: a meno che Apollo forse; v.13 de'suoi sempre verdi rami: dell'
alloro; v. 14 presumptuosa: con
presunzione (l'
aggettivo presumptuosa, in funzione predicativa, è retto da vegna, nel significato di «venga a parlare presuntuosa, con
presunzione»)
Comprensione del testo
1. Riassumi in un breve testo il contenuto del sonetto, mettendo in rilievo il gioco linguistico su cui è costruito.
Analisi del testo
2. Frequenti sono le parole che rinviano al campo semantico dell'
ascolto; rintracciale e mettile in relazione con il significato
generale del sonetto.
3. A un'
analisi attenta della tessitura fonica del sonetto si osserva che le sillabe che compongono il nome Laureta compaiono
in molte parole presenti nel testo. Rintracciale e verifica il particolare effetto "a eco" che producono nella lirica.
4. Quali analogie si possono individuare con il sonetto Voi ch'
ascoltate in rime sparse il suono (cfr in particolare i versi 1-3: Voi
ch’ascoltate in rime sparse il suono/di quei sospiri ond’io nudriva ’l core/in sul mio primo giovenile errore
5. La terzina finale rende esplicito il rapporto tra Laura e il mito di Apollo e Dafne. Dice il mito che il dio cercò invano di sedurre
la ninfa, mentre lei gli sfuggì sino a trasformarsi in lauro. L'
albero da quel momento fu sacro ad Apollo, dio della poesia. Quale
significato si deve attribuire a questa '
metamorfosi'rispetto alla poetica petrarchesca?
6. Petrarca interpreta in modo originale il topos, diffuso nella poesia stilnovistica e dantesca, dell'
inadeguatezza della parola
poetica a lodare la donna. In quali altre opere hai già incontrato questo topos?
Interpretazione complessiva e approfondimenti
7. Confronta il significato del nome di Beatrice con quello attribuito da Petrarca a Laura. Rifletti quindi sulla diversa funzione
che queste donne assolvono nel sistema di valori dei rispettivi poeti.
8. Laura è un nome. Spiega questa affermazione alla luce dei testi che conosci.
Tipologia B CONSEGNA:
Sviluppa l'
argomento indicato in forma di "saggio breve", utilizzando i documenti e i dati che lo corredano.
Interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e svolgi su questa base la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue
conoscenze ed esperienze di studio.
Da'al tuo saggio un titolo coerente e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e
documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo.
Non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
Argomento n.1:
Petrarca, poeta cortigiano.
DOSSIER
1. G. Colombo, Letteratura italiana, vol1, 2002, p.753
Nella storia della cultura Petrarca è stato il primo che ha considerato la letteratura come propria esclusiva professione. Ha
potuto realizzare questo ideale perché era in sintonia con le condizioni del suo tempo, con le esigenze di politica culturale delle
corti signorili presso le quali passò gran parte della vita.[...] Petrarca ha insomma inaugurato la figura sociale del poeta
cortigiano.
2. F.Petrarca, Invettiva contro un uomo di alta condizione, in Prose, a c. di G.Martellotti et alii, 1955
“E'tempo ch'
io torni a parlar di me e mi liberi da ciò che tu mi rimproveri: la familiarità e l'
amicizia con i tiranni; quasi che
coloro che vivono insieme debbano avere necessariamente aver tutto in comune, mentre spesso i peggiori stanno tra i buoni e i
buoni tra i peggiori. Socrate non visse con i trenta tiranni d'
Atene? Platone non stette con Dionisio, Callistene con Alessandro,
Catone con Catilina, Seneca con Nerone?”
3. F. Petrarca, Posteritati
Ebbi la fortuna di godere la familiarità dei principi e dei re, e l’amicizia dei nobili, tanto da esserne invidiato. Tuttavia da
parecchi di coloro che più amavo mi tenni lontano: fu sì radicato in me l’amore della libertà, da evitare con ogni attenzione
coloro che sembravano esserle contrari anche nel nome solo. I più grandi re del mio tempo mi vollero bene e mi onorarono – il
perché non lo so; è cosa che riguarda loro – e con certuni ebbi rapporti tali che in certo qual modo erano loro a stare con me; e
dalla loro grandezza non ebbi noie, ma molti vantaggi.
4.
F. Petrarca, Seniles, VI, 2 (in Prose, a c. di G.Martellotti et alii, 1955)
[...] mi avvedo che sei impensierito per la mia libertà. Gratissima e non nuova mi giunge cotesta tua premura per me. Ma sotto
questo rispetto non temere mai nulla sul conto mio, e sta persuaso che finora, anche quando ad altri poteva parere che io stessi
sotto un durissimo giogo, mai uomo al mondo fu più libero di quel ch'
io fossi: e starei per dire che così sempre sarà anche nel
tempo avvenire, se del futuro potesse predirsi qualche cosa di certo. Per quanto starà in me farò di tutto, e spero riuscirvi, per
non imparare da vecchio a servire e per mantenermi libero sempre e dovunque.
5.
U.Dotti, La dialettica cultura politica e l'umanesimo privato di Petrarca (in '
Petrarca e la scoperta della coscienza
moderna'
, Feltrinelli, 1978)
Più difficile era rendere ragione, per una cultura che voleva fondarsi sull'
autonomia e sull'
indipendenza, sulla "libertà",
dell'
essersi posto alle dipendenze, sia pure privilegiate, del signore, e sia pure del signore -mecenate. Ciò significava rinunciare
a proseguire la missione dell'
intellettuale dell'
età comunale quale in gran parte fu ancora rappresentata dal Boccaccio, scrittore
"organico", come è stato autorevolmente detto, della nuova società mercantile. Significava rinunciare ad assumere
responsabilità dirette di politica culturale e volgersi invece all'
elaborazione di un nuovo tipo di studi, quegli studia humanitatis
che si muovevano in una sfera molto più alta ed esclusiva, assai meno impegnati sul piano del politico quotidiano (e non per
nulla Petrarca tenne sempre a ribadire la distinzione tra "arti liberali" e "arti meccaniche", celebrando le prime e spregiando le
seconde); significava, in concreto, realizzare la cerchia dei nuovi intellettuali muovendo da sè, abbandonando le illusioni di un
energico inserimento nella vita politica.
6.
Canzoniere, CXXVIII, Italia mia, benché il parlar sia indarno
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Argomento n.2: La nascita dello spirito umanista
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DOSSIER
1. Petrarca “Epistula Posteritati”
Tra le tante attività, mi dedicai singolarmente a conoscere il mondo antico, giacché questa età presente a me è sempre
dispiaciuta, tanto che se l’affetto per i miei cari non mi indirizzasse diversamente, sempre avrei preferito d’esser nato in
qualunque altra età; e questa mi sono sforzato di dimenticarla, sempre inserendomi spiritualmente in altre. E perciò mi sono
piaciuti gli storici; altrettanto deluso, tuttavia, per la loro discordanza, ho seguito nei casi dubbi la versione a cui mi traeva la
verisimiglianza dei fatti o l’autorità dello scrittore. [...]
2. Petrarca, Familiari VI,4 (indirizzata a Giovanni Colonna)
“Faccio grande uso di esempi, ma illustri, veritieri e, se non m’inganno, tali in cui trovi autorità e piacere. [...] se mi si chiede la
ragione perché talora abbondi d’esempi e sembri sin troppo compiacermene, eccola: giudico il lettore alla mia stessa stregua.
Nulla mi commuove quanto gli esempi degli uomini illustri. È infatti cosa utile levarsi in alto, mettere l’animo alla prova per
vedere se sia forte, generoso, indomabile e costante nei riguardi del destino, o se invece abbia mentito a se stesso. Oltre che con
l’esperienza, che è infallibile maestra d’ogni cosa, ciò si consegue perfettamente con l’accostare il proprio animo a quelli cui
egli ardentemente desidera essere somigliante. […]. C’è poi un altro motivo, ed è che io scrivo per me e che, mentre scrivo,
desidero intrattenermi con i nostri maggiori nell’unico modo che posso; queste persone che un avverso destino mi ha dato
compagne di vita, le dimentico con grandissimo piacere e pongo anzi ogni mia attenzione per fuggire i contemporanei e per
seguire gli antichi. Come infatti la vista di quelli mi irrita profondamente, così la memoria di questi, le loro magnifiche imprese,
i loro nomi illustri mi riempiono di piacere incredibile e inestimabile, e se queste cose fossero note a tutti, molti certo
stupirebbero perché io tanto mi compiaccia dello stare con i morti piuttosto che con i vivi. Ai quali risponderebbe la verità che
vivono coloro che morirono con gloria e virtù; quanto a costoro che se la spassano tra mollezze e falsi piaceri, rammolliti nel
sonno e nella lussuria, pesanti di vino, anche se sembrano vivere, sono soltanto cadaveri che, sì, respirano, ma sono già putrefatti
e deformi.
3. Petrarca, Rerum Memorandarum libri, I,19 (in Prose, a cura di G.Martellotti et alii, 1955)
Ma per quanti autori illustri dell'
antichità io ricordo, altrettanti sono i rossori1 e le infamie di chi venne dopo loro2. Non
contenti della vergogna di non produrre nulla, lasciarono con intollerabile negligenza che andassero perduti i frutti dell'
altrui
ingegno e i libri degli antenati composti a prezzo di studio e di veglie; nulla di proprio dettero alla posterità, e le tolsero
l'
eredità degli avi. [ ...] Le mie lamentele su questo argomento non le ho fatte per sminuire l'
attività culturale delle genti che
verranno dopo, ma piuttosto per sfogare il mio disappunto e per deplorare la sonnolenza e il torpore di un'
epoca3 che
morbosamente s'
interessa a cose inutili, mentre delle nobili affatto non si cura. Negli antichi non riesco a trovare alcuna
deplorazione come questa; e certo perché non v'
era una simile iattura4; mentre presso i nostri discendenti, se le cose vanno
come penso io, non sarebbe arrivato alcun sentore né alcuna notizia5. E così, intatta la cultura per gli uni, del tutto ignorato il
danno per gli altri6, nessuno avrebbe avuto di che lamentarsi. Ma io, che ho di che dolermi e che non ho il beneficio di ignorare
la verità, mi trovo come sul confine di due popoli e posso guardare contemporaneamente innanzi e dietro; ed ai posteri ho
voluto rivolgere questa dcplorazione che nei padri non ho trovata.
1. i rossori: le cose di cui vergognarsi. 2. chi venne dopo di loro: gli uomini del Medioevo. 3. un'
epoca: quella in cui vive. 4. iattura: disgrazia (di aver perduto le opere
dei più antichi). 5. presso ... notizia: continuando così, i nostri discendenti non avranno nemmeno notizia di ciò che è andato perduto. 6. intatta ... altri: per gli antichi il
patrimonio culturale è restato intatto, per i posteri non ci sarebbe nemmeno la notizia di averlo perduto.
4.
M.Marti, Lo Stilnovo, primo' germe di Umanesimo' (in Storia dello Stilnovo,I, Milella, Lecce 1972)
Il laicizzamento della cultura, verificatosi progressivamente nel XIII secolo, incide anche su certi aspetti tipicamente ideologici
dello svolgimento del pensiero filosofico e dell'
atteggiamento dell'
uomo verso il creato. Affiora continuamente una realtà nuova:
quella di una predisposizione naturalistica convogliata magari alla spiegazione e alla conferma di verità religiose, senza l'
ausilio
della rivelazione; di una scienza umana e terrena insomma, che, senza rinnegare i principi della religione e le condizioni della
fede nella trascendenza, esercitava le sue prime acerbe, curiose esplorazioni, affidandosi all'
esperienza e alla ragione. Al centro
della poetica stilnovistica sta un richiamo ai valori dell'
umo in quanto tale, alla sua interiorità, alla sua spiritualità, alla sua
condizione psicologica, alla sua ragione, alla sua terra. [ ...]
L'
appello all'
interiorità che sta al centro della poetica stilnovistica rappresenta, a nostro avviso, nello svolgersi della lirica
italiana inteso come valida componente dello svolgersi della civiltà italiana, il primo segno connotativo dell'
attenzione ai valori
propri dell'
uomo in quanto tale, autorizzata dalla storia, insomma, risplende come lucente stella diana nell'
alba dell'
Umanesimo.
5.
Baldi, Testi e storia della letteratura italiana, 2010
Ma frutto degli studi classici di Boccaccio furono soprattutto varie compilazioni in prosa latina: De casibus virorum illustrium
(Le sventure di uomini illustri, 1373), che narra delle vicende di famosi personaggi di varie epoche, passati da uno stato di
felicità all'
infelicità; De claris mulieribus (Le donne famose, 1362), biografie di donne famose di tutte le età della storia,
animate spesso da una gioia di narrare che le trasforma in vere e proprie novelle; la più importante è però De genealogiis
deorum gentilium (Le genealogie degli dei pagani), a cui Boccaccio lavorò per oltre venti anni, sino alla morte: è un'
immensa
enciclopedia della mitologia classica, che ebbe larga rinomanza tra i dotti europei sino agli inizi del Rinascimento. Queste
opere erudite sono tutte pervase da un culto appassionato della poesia, sentita come la più alta espressione dell'
uomo, quella in
cui più compiutamente si realizza la sua essenza.
Anche se nei suoi studi classici Boccaccio era profondamente influenzato da Petrarca, e vedeva nell'
amico un vero e proprio
maestro, l'
'
'
umanesimo'
'boccacciano è diverso da quello petrarchesco. Innanzitutto quello di Petrarca è un umanesimo cristiano,
che vede nei classici una saggezza che costituisce un avvio alle verità della fede; l'
umanesimo di Boccaccio è invece
essenzialmente laico: egli ammira più che altro la "virtù" degli antichi, visti come modelli di comportamento mondano e come
esempi di dignità dell'
uomo. In secondo luogo l'
umanesimo petrarchesco era rigorosamente limitato ai classici latini, mentre
quello di Boccaccio abbraccia qualunque manifestazione di poesia, antica come moderna. <...>
A Leonzio (suo insegnante di greco antico) affidò anche il compito di tradurre in latino Omero, che dalla cultura medievale non
era mai stato conosciuto direttamente (una traduzione dell'
Iliade e di una parte dell'
Odissea fu mandata a Petrarca nel 1366).
Nonostante questa apertura di interessi, l'
'
'
umanesimo'
'boccacciano conserva però molti tratti tipici della visione medievale, ben
più di quello di Petrarca. Ad esso manca il rigore filologico che caratterizzerà gli umanisti quattrocenteschi, e ciò induce ad
anacronismi, deformazioni, a mescolare i dati con invenzioni romanzesche, ad accettare informazioni senza il dovuto controllo
critico.
6) M.Marti ,Alle origini dell'umanesimo del Boccaccio, in « L'
albero », XVI, 47, 1961, pp. 8-10 e 17-18.
Nelle pieghe di questo impegno (morale e politico) integrale si celano, a nostro avviso, le origini dell'
umanesimo
del Boccaccio, il quale, pur senza rinnegare la cultura libresca, l'
erudizione minuta ed analitica, si volge a decifrare
il complesso assurdo e contraddittorio libro del cuore umano, con un distacco e una obbiettività, con una lucidità,
che proprio quella cultura e quella erudizione avevano contribuito ad affinare e ad arricchire di senso critico.
L'
autonomia e l'
autarchia dell'
uomo: questa, secondo noi, è la grande definitiva presa di coscienza del Boccaccio;
questo il centro ideologico del suo mondo che apparirà cosi vario e complesso, cosi vivo di vita propria e così
concreto nel capolavoro, di lì a poco. E con ciò il grande poeta narratore arricchisce e interpreta l'
avvento dei
tempi nuovi.