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La religione dei prigionieri a cura di Maria Clara Rossi quaderni di storia religiosa 2013 FONDATORI Giuseppina De Sandre Gasparini, Grado Giovanni Merlo, Antonio Rigon DIREZIONE Donato Gallo, Alfredo Lucioni, Raimondo Michetti, Michele Pellegrini, Maria Clara Rossi, Andrea Tilatti collaboratori scientifici Maria Pia Alberzoni, Giancarlo Andenna, Frances Andrews, Marina Benedetti, Cécile Caby, Franco Dal Pino, Carlo Dolcini, Maria Teresa Dolso, Edoardo Ferrarini, Laura Gaffuri, Amalia Galdi, Blanca Garí, Roberto Paciocco, Letizia Pellegrini, Daniela Rando, Eleonora Rava, Francesca Tinti, Gian Maria Varanini segreteria Maria Clara Rossi, Roberto Alloro, Eleonora Lombardo direttore responsabile Maurizio Zangarini redazione Cierre edizioni via Ciro Ferrari, 5 37066 Caselle di Sommacampagna, Verona tel. 045 8581572, fax 045 8589883 [email protected], www.cierrenet.it © Copyright 2015 Cierre edizioni Questo volume viene pubblicato con il contributo del Dipartimento Tempo, Spazio, Immagine, Società (Tesis) dell’Università degli studi di Verona, del Dipartimento di Scienze storiche e dei Beni culturali dell’Università degli studi di Siena, del Dipartimento di Scienze storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università degli studi di Padova, del Dipartimento di storia, archeologia e storia dell’arte dell’Università cattolica del Sacro Cuore, del Dipartimento di Scienze umane (DISU) dell’Università degli studi di Udine e del Dipartimento di studi umanistici dell’Università degli studi Roma Tre. Gli atti di un recente convegno dedicato all’ampio tema degli Enfermements e dilatato cronologicamente dal VI al XVIII secolo, hanno evidenziato con acribia e raffinatezza che si è verificata lungo i secoli una permeabilità ininterrotta – e non solo semantica – fra gli spazi dell’enfermement: il monastero e la prigione1. Gli uomini e le donne custoditi in tali luoghi – volontariamente o in maniera coatta – vivevano separati dal resto dell’umanità, benché la ricerca su entrambi i contesti, claustrale e carcerario, abbia mostrato che l’isolamento sociale e la sottrazione al mondo non fossero per nulla rigidi. Così come la clausura monastica era vissuta in modi diversi, spesso dipendenti dal genere e dalla condizione sociale delle persone che vi si sottoponevano, anche il carcere era caratterizzato da condizioni esistenziali eterogenee, scandite da ritmi di vita, rituali, presenze esterne ed eventi che cadenzavano la durata e la grande monotonia del tempo di imprigionamento. Questo ventesimo volume dei Quaderni di storia religiosa ha inteso proseguire lungo la strada delle relazioni fra i temi della vita religiosa e quelli della carcerazione, proponendo alcune riflessioni sulla religione dei prigionieri in un lungo arco diacronico. Inevitabile partire dal testo biblico, dal momento che le esperienze di carcerazione sono disseminate pressoché in tutta la narrazione dell’Antico e del Nuovo Testamento e che lo stesso Gesù, nelle fasi processuali che precedettero la crocifissione, subì certamente anche una forma di detenzione in un luogo che non viene mai descritto né precisato. Abbondano invece le descrizioni della prigionia nella letteratura martiriale, che di fronte al mondo esterno disegna i reclusi e le recluse come ‘icone di Cristo’ e trasforma l’imprigionamento in un’esperienza nobile e ammantata di gloria, benché carica di sofferenza fisica e psicologica. Il carcere nei testi cristiani dei primi secoli (che costituiscono le principali fonti anche per le realizzazioni pittoriche medievali delle prigioni) è presentato come il luogo dell’autentica conversione, in cui la relazione con Dio viene messa a dura prova: al suo interno uomini e donne accomunati da un unico reato, il nomen christianum, stabiliscono con Dio una relazione intima e familiare, parlano con lui, ricevendone in cambio rassicuranti visioni e la forza di staccarsi dalle preoccupazioni terrene per compiere con dignitosa fermezza gli ‘ultimi passi’ verso un aldilà luminoso. 3 Assai diversa si presenta la situazione dei prigionieri che agli occhi dei propri concittadini non apparivano certamente irreprensibili e che erano detenuti per aver trasgredito le leggi della comunità a cui appartenevano. Le loro voci, assai più deboli e intermittenti, emergono – per esempio – da una tipologia di fonte interessante per il tema che ci si accinge ad approfondire nel volume, anche se non sempre valorizzata nelle discipline epigrafiche. Si tratta dei graffiti, che a partire dal mondo antico per giungere fino all’età contemporanea, hanno riempito e riempiono i muri di ogni tipo di prigione, permettendo altresì agli studiosi di identificare l’ubicazione di molte carceri del passato, oggi adibite ad altri usi e destinazioni. I richiami alla preghiera, ai santi protettori dei carcerati – come san Leonardo – a Gesù Cristo e all’aldilà non sono rari in tali scritture ‘esposte’, come pure i sentimenti opposti di chi, invece, si rifiuta di rivolgersi a Dio o di chiedere un’intercessione celeste ed esprime, soprattutto in epoca moderna, il suo non conformismo religioso e il risentimento verso le forme coercitive e di disciplinamento imposte dalla Chiesa del tempo. Esiste anche un’altra fonte in grado di far udire l’eco della voce dei reclusi: le suppliche dei prigionieri inviate alle autorità civili per l’ottenimento della grazia. Frammenti di vita quotidiana e un lessico fortemente intriso di richiami scritturistici (vengono spesso ricordate le opere di misericordia del Vangelo di Matteo), costruiscono il tessuto narrativo di tali documenti, che portano a galla le situazioni di endemiche carenze materiali delle prigioni – mancanza di cibo, freddo, inadeguatezza degli abiti – e i sentimenti tutti ‘terreni’ e umanissimi derivanti dal senso di isolamento, dalla mancanza dei propri cari, dall’angoscia per lo stato di abbandono dei figli e dalla noia profondissima. Siffatti sentimenti costituiscono i fondamentali motivi delle ‘scritture prodotte in carcere’, che si riconoscevano in una comune tradizione letteraria (rappresentata, per fare qualche esempio, da Seneca, san Paolo, Boezio) e che conobbero una crescita progressiva a partire dall’epoca tardo-medievale (un’ulteriore prova – se ancora ce ne fosse bisogno dopo la pubblicazione del bel libro di Guy Geltner, fra i più citati anche in questo volume – del fatto che l’imprigionamento non fu un portato della modernità, ma che diversi secoli prima rappresentò un elemento importante del sistema delle pene, sia nella giustizia civile che in quella ecclesia- 4 stica). Gli esempi di scritture dal carcere hanno qui riguardato due autori (Tommaso Campanella e Jean de Roquetaillade, meglio conosciuto come Giovanni di Rupescissa), le cui numerose opere presentano una visione religiosa ampia e universale, che supera e trascende il carattere di soggettività e la dimensione autobiografica della maggior parte delle opere scritte in carcere (rappresentate in questo volume dai sonetti dell’aristocratico Giovanni Marsiglio Pio, rinchiuso nel Castelvecchio di Ferrara). Con il viatico delle molte fonti considerate, si può in definitiva affermare che fosse il presente ad angosciare i prigionieri, assai più del futuro, anche quando questo si presentasse irrimediabilmente compromesso e senza speranza, come nel caso dei prigionieri gravemente malati o condannati a morte. Lo si evince, per esempio, dagli atti medievali di ultima volontà – a cui è dedicata una breve sezione all’interno del volume – che palesano soprattutto le preoccupazioni dei testatori per le sorti di chi resterà in vita – mogli, figli, familiari – e per la sopravvivenza di un patrimonio fortemente a rischio, oggetto di appetiti altrui e non più salvaguardato in maniera oculata. L’apprensione per il destino dell’anima non trapela dal dettato testamentario, ma si riflette semmai nella presenza pressoché costante degli uomini di Chiesa, i quali, dall’antichità fino ai giorni nostri, hanno frequentato e ancora frequentano, gli ambienti carcerari. Le loro modalità di affiancamento al percorso dei ‘prigionieri’ sono state nel lungo periodo assai diverse e non difformi dai valori veicolati nelle società in cui tali personaggi vivevano e operavano. Nel presente l’azione degli uomini e delle donne di Chiesa non mira ad avviare conversioni ma a ‘ricomporre frammenti spezzati’, aprendo nel ‘qui ed ora’ orizzonti e spazi di speranza. Donato Gallo, Alfredo Lucioni, Raimondo Michetti, Michele Pellegrini, Maria Clara Rossi, Andrea Tilatti 1. Enfermements. Le cloître et la prison (VIe-XVIIIe siècle), dirigé par I. Heullant-Donat, J. Claustre et É. Lusset. Actes du colloque international organisé par le Centre d’études et de recherche en histoire culturelle (CERHiC- EA 2616) de l’Université de Reims Champagne-Ardenne et l’association Renaissance de l’abbaye de Clairvaux (Troyes, Bar-sur-Aibe, Clairvaux, 22-24 octobre 2009), Paris 2011. 5 Indice 9L’esperienza della prigione nella Bibbia Romano Penna 21 «Et post paucos dies recipimur in carcere». Il carcere come Kairos nell’era dei martiri Elena Zocca 47Segni di libertà. Graffiti in carcere Nicoletta Giovè Marchioli 75 Voci dalla prigione Maria Clara Rossi, Silvia Carraro, Eleonora Rava 77 «Videns se in periculo mortis». Ultime volontà di prigionieri nel secolo XIII (Verona, Vicenza, Treviso) Maria Clara Rossi 95 Zannino di Vitale di Bergamo. Vita di un carcerato Silvia Carraro 107Testatori e carcerati. Il caso di Pisa Eleonora Rava 141La povertà incarcerata. Frate Jean de Roquetaillade e il Liber ostensor nelle prigioni avignonesi (1356) Maria Pagnanelli 6 173Immagini di religiosità e devozione in prigione nella cultura figurativa dell’Italia Settentrionale nel XIV secolo Fausta Piccoli 211 «Humanum est peccare, evangelicum emendare et diabolicum perseverare». Suppliche di prigionieri nel carcere milanese della Malastalla Marina Gazzini 233Devozioni e sentimento religioso di un aristocratico in carcere. Giovanni Marsiglio Pio nel Castelvecchio di Ferrara (1469-1477) Fabio Forner, Gian Maria Varanini 269Ecrire de prison: le cas de Tommaso Campanella Jean-Louis Fournel 289Il carcere come luogo di riflessione sui problemi religiosi Maurilio Guasco 301Abstract 307Indice dei nomi di persona e di luogo a cura di Maria Clara Rossi 7