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Tecnica
giugno 2013
la termotecnica
Solare
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di G. Angrisani, C. Roselli, M. Sasso, F. Tariello
Simulazione delle prestazioni energetiche, economiche e
d’impatto ambientale di un sistema di solar desiccant cooling
Le unità di trattamento aria con ruota deumidificatrice possono garantire vantaggi tecnici ed energetico/ambientali rispetto ai sistemi tradizionali. Un
impianto sperimentale, in attività presso l’Università degli Studi del Sannio, in cui un rotore in gel di silice è rigenerato a bassa temperatura (65 °C) con
l’energia termica di un microcogeneratore, è in questo lavoro simulato in accoppiamento con tre tipologie di collettori solari, per valutarne le prestazioni
come “solar desiccant cooling”.
Simulation of energy, economic and environmental performance
of a solar desiccant cooling system
Air Handling Units based on desiccant wheel can provide technical and energy/environmental advantages with respect to conventional systems. A
test facility was built at the University of Sannio; the silica-gel rotor is regenerated at low temperature (65 ° C), by means of thermal energy from a
microcogenerator. A commercial simulation software was used in this paper to evaluate the performance of the unit operating as a solar desiccant
cooling system with three types of collectors.
Introduzione
Tradizionalmente la deumidificazione dell’aria negli impianti di
condizionamento viene effettuata tramite un raffreddamento della stessa al
di sotto della temperatura di rugiada, e successivo post-riscaldamento. Tale
processo è fortemente energivoro [1]. In alternativa è possibile utilizzare i
sistemi di “desiccant cooling”, che deumidificano l’aria richiedendo energia
termica di rigenerazione per asportare il vapor d’acqua adsorbito dal
materiale essiccante.
Nella maggior parte delle applicazioni il materiale utilizzato è allo stato
solido e costituisce un rotore avente una struttura porosa a nido d’ape (ruota
deumidificatrice o Desiccant Wheel, DW); essa, in una sezione, è investita
assialmente dall’aria da trattare, mentre in un’altra da aria opportunamente
riscaldata. L’aria deumidificata deve essere successivamente raffreddata (il
processo di adsorbimento, pressoché isoentalpico, comporta un aumento
della temperatura dell’aria), prima di essere immessa nell’ambiente da
condizionare, ad esempio mediante una batteria di raffreddamento
interagente con un chiller.
L’impiego di tecnologie di sfruttamento dell’energia solare al fine di
rigenerare la DW e più in generale per il condizionamento nei mesi
estivi, come ben noto, permette di beneficiare della contemporaneità tra
la disponibilità della fonte e le richieste di raffrescamento, determinando
una riduzione dell’impiego di combustibili fossili e del relativo impatto
ambientale, nonché una differenziazione delle fonti energetiche [2, 3].
I vantaggi sopraelencati integrano quelli caratteristici dei sistemi con DW,
rispetto ai sistemi convenzionali [2]:
-- controllo separato del carico sensibile e latente;
-- il chiller deve bilanciare solo il carico sensibile, quindi ha un COP più
elevato, in quanto è possibile aumentare la temperatura dell’acqua
refrigerata in uscita dall’evaporatore;
-- minori richieste di energia elettrica e primaria;
-- riduzione dell’impatto ambientale.
I dati raccolti presso l’impianto sperimentale installato dall’Università degli
Studi del Sannio hanno consentito di calibrare e validare i modelli dei
principali componenti dell’unità di trattamento aria (UTA) con DW. Si è
quindi utilizzato un software di simulazione commerciale (TRNSYS 17, [4],
integrato con la libreria TESS [5]) per valutare le prestazioni del sistema in
funzionamento come “solar desiccant cooling” con tre diverse tecnologie
di collettori solari.
L’IMPIANTO SPERIMENTALE
L’impianto sperimentale di condizionamento è costituito dai seguenti
componenti fondamentali:
-- un microcogeneratore (MCHP, Micro Combined Heat and Power)
alimentato a gas naturale, AISIN GECC60A2, [6];
-- un chiller elettrico;
-- una caldaia alimentata a gas naturale;
-- un’UTA dotata di ruota deumidificatrice;
-- un serbatoio di accumulo dell’energia termica.
In un prossimo futuro si prevede l’installazione di un campo di collettori solari
così da poter analizzare sperimentalmente l’impianto in funzionamento
come “solar desiccant cooling”.
Di seguito verranno brevemente descritti i componenti dell’impianto
analizzati nel presente lavoro.
Unità di Trattamento Aria
L’UTA interagisce con tre flussi d’aria, ciascuno avente una portata nominale
di 800 m3/h (Figura 1):
-- l’aria di rigenerazione, riscaldata attraverso la batteria di riscaldamento
(1 - 5) interagente con il MCHP, e/o quella (5 - 6) alimentata dal serbatoio
o direttamente dalla caldaia, al fine di rigenerare la DW (6 - 7);
-- l’aria di raffreddamento, raffreddata in un umidificatore a pacco bagnato
(1 - 8), e successivamente utilizzata nello scambiatore a flussi incrociati
(8 - 9) per preraffreddare l’aria di processo;
-- l’aria di processo, deumidificata nella DW, che ne riduce l’umidità
specifica e ne innalza la temperatura (1 - 2); per garantire le condizioni
G. Angrisani, C. Roselli, M. Sasso, F. Tariello, Università degli Studi del Sannio - Dipartimento di Ingegneria
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termoigrometriche di immissione il flusso d’aria è poi raffreddato a
umidità specifica costante nello scambiatore a flussi incrociati (2 - 3) e
nella batteria fredda (3 - 4) alimentata dal chiller.
La DW presenta una matrice costituita da strati alternati, lisci e ondulati,
di fogli di gel di silice e silicati metallici, incorporati chimicamente in un
supporto di fibre inorganiche a formare una struttura a nido d’ape. Le
dimensioni della ruota sono 700 mm per 200 mm (diametro per spessore).
La velocità di rotazione nominale è di 12 giri all’ora. Il 60% della sezione
trasversale della DW è investito da aria di processo mentre il restante 40%
dall’aria di rigenerazione.
Figura 1 - Schema dell’impianto sperimentale
Caldaia
Si tratta di una caldaia a gas naturale con una potenza termica di 24,1 kW
ed un rendimento termico nominale del 90,2%. Il fluido termovettore caldo
(acqua) può alimentare direttamente la batteria di riscaldamento dell’UTA
o cedere energia termica all’acqua contenuta nel serbatoio di accumulo.
Chiller
Si tratta di una macchina frigorifera aria-acqua a compressione di vapore
ad alimentazione elettrica, con funzionamento in solo regime estivo. La
macchina ha una capacità frigorifera nominale di 8,5 kW, e un COP
nominale pari a 3,0. Le temperature di mandata e ritorno nominali
dell’acqua refrigerata sono 7 °C - 12 °C. Il fluido frigorigeno utilizzato
è l’R407C.
Serbatoio
Il serbatoio ha una capacità di 1.000 dm3 (volume netto 855 dm3), è
realizzato in acciaio inossidabile, isolato con uno strato di poliuretano
flessibile avente spessore 100 mm e conducibilità termica 0,038 W/
mK. Esso può interagire con tre sorgenti di energia termica, due delle
quali vengono collegate tramite altrettanti scambiatori fissi, mentre la
terza sorgente può interagire direttamente in circuito aperto con l’acqua
contenuta nel serbatoio. È presente inoltre un terzo scambiatore per la
produzione di acqua calda sanitaria.
MODELLI MATEMATICI
Le simulazioni sono state effettuate considerando tre possibili dispositivi di
captazione solare (A: collettori ad aria, B: piani, C: evacuati), [7], con il
medesimo orientamento e inclinazione (0° e 20°, rispettivamente).
I modelli dei componenti sono stati calibrati e validati mediante dati
sperimentali [8] o ripresi dalla letteratura scientifica [9].
Sono state utilizzate le condizioni climatiche di Napoli generate mediante
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dati Meteonorm, assumendo un’umidità specifica dell’aria di processo in
uscita dalla DW pari a 9 g/kg e un intervallo di funzionamento dell’impianto
dalle 9:00 alle 18:00.
L’analisi dei sistemi è stata condotta su base annuale, individuando due
periodi di funzionamento: stagione estiva (1° Giugno - 15 Settembre),
in cui l’energia termica proveniente dai collettori solari è utilizzata, con
parziale integrazione da una caldaia a gas naturale, per la rigenerazione
della DW; stagione intermedia e invernale (16 Settembre - 31 Maggio)
in cui si suppone per semplicità che tutta l’energia termica resa disponibile
dai collettori solari (Tabella 1) venga utilizzata dall’utenza per esigenze di
riscaldamento ambientale.
tabella 1 - Energia termica prodotta nel periodo invernale
e intermedio
Scenario A: sistema con collettori solari ad aria
I collettori solari ad aria, com’è noto, presentano il vantaggio di evitare
problemi di corrosione, di congelamento e di eventuali perdite di liquido nel
circuito, ma hanno efficienze ridotte per via dei bassi coefficienti di scambio
convettivi aria-piastra assorbente e non consentono l’accumulo termico.
Il riscaldamento dell’aria di rigenerazione è demandato in primo luogo ai
collettori solari ad aria; qualora, in uscita da questi, il livello di temperatura
risulti inferiore a quello necessario per ottenere l’umidità specifica in uscita
di 9 g/kg, l’aria viene ulteriormente riscaldata attraverso il sistema di
integrazione.
Scenario B: sistema con collettori solari piani
La radiazione solare viene captata attraverso dei collettori piani riscaldando
un fluido (acqua e glicole), che a sua volta cede energia termica allo
scambiatore fisso superiore del serbatoio.
In particolare i collettori piani sono modellati mediante dati reperiti dalla
letteratura tecnica [10], invece il serbatoio a stratificazione è stato modellato
mediante dati sperimentali acquisiti presso il laboratorio precedentemente
descritto.
Il serbatoio diviene la sorgente di energia termica per la batteria di
riscaldamento presente nel condotto dell’aria di rigenerazione dell’UTA;
qualora la temperatura raggiunta dall’aria sia inferiore a quella necessaria
per la rigenerazione, la caldaia di integrazione, che interagisce in circuito
aperto con il serbatoio (Figura 1), interviene fornendo ulteriore potenza
termica.
Scenario C: sistema con collettori solari evacuati
Questa soluzione è del tutto analoga alla precedente, l’unica differenza
è riscontrabile nella tipologia di collettore solare utilizzato. I parametri
considerati nella simulazione dei collettori evacuati sono stati reperiti dalla
letteratura tecnica [11].
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RISULTATI
Le tre soluzioni di solar desiccant cooling (SP, Sistema Proposto) sono
state confrontate mediante l’analisi delle 3-E (energetica, economica e di
impatto ambientale) con un opportuno sistema di riferimento (ST, Sistema
Tradizionale). Nel SP (Figura 2) l’energia termica per la rigenerazione (Eth,rig)
è fornita dai collettori solari (Eth,coll,SP), integrati da una caldaia (Eth,cald,SP).
figura 3 - Energia primaria evitata su base annua nei tre scenari
Figura 2 - Schema estivo del sistema proposto scenari B/C
Per il calcolo dell’energia primaria da fonte fossile in ingresso al SP (Ep,SP)
si utilizza l’energia termica della caldaia di integrazione ottenuta per differenza tra quella per la rigenerazione e quella fornita dai collettori solari:
(1)
Il sistema tradizionale (ST) assunto come riferimento è costituito dalla medesima UTA innovativa, in cui l’energia termica per la rigenerazione della
DW è integralmente fornita da una caldaia convenzionale a gas naturale
(Eth,cald,ST). La stessa caldaia fornisce energia termica per riscaldamento nella
stagione invernale ed intermedia.
sunto un fattore specifico di emissione pari a 0,200 kg di CO2 equivalente
per ogni kWh di energia primaria. È possibile effettuare delle considerazioni del tutto analoghe a quelle relative all’analisi energetica, in quanto
le emissioni evitate aumentano con la superficie captante nei tre scenari,
raggiungendo il valore massimo (rispettivamente 3,95, 3,10 e 1,52 tCO2/
anno per gli scenari C, B e A) in corrispondenza di 16 m2.
In un’ipotesi più cautelativa, in cui solo il 50% dell’energia termica proveniente dai collettori sia effettivamente utilizzabile per il fabbisogno termico
dell’utenza nel periodo invernale e intermedio, i benefici energetici e d’impatto ambientale si riducono di circa il 22% nello scenario A e di circa il
29% negli scenari B e C.
Analisi economica
Si è assunto un costo specifico dei collettori ad aria pari a 275 €/m2 [12],
per quelli piani di 360 €/m2 [13] e di 602 €/m2 per i collettori evacuati
[11], a cui bisogna aggiungere negli scenari B e C il costo del serbatoio di
3.000 € [14]. Per quanto riguarda il costo totale unitario del gas naturale,
esso è stato assunto pari a 0,912 o 0,943 €/Nm3 per il ST, a seconda della
fascia di consumo annuo, e pari a 0,912 €/Nm3 per il SP, per clienti non
domestici [15] (ipotizzando, ad esempio, un applicazione a uso ufficio).
Il parametro utilizzato per l’analisi è il Simple Pay Back (SPB) definito come:
(3)
(2)
in cui il rendimento della caldaia (hcald) è pari al 90,2% sia per il SP sia per il ST.
L’energia termica di raffrescamento richiesta dall’utenza per la climatizzazione dei locali (Efr,ut), è soddisfatta, in tutti i sistemi analizzati, da un chiller
elettrico che raffredda (Efr,chil) l’aria deumidificata in uscita dalla DW in uno
scambiatore (BF), portandola alla temperatura di immissione, a fronte di
un fabbisogno di energia elettrica (Eel,chil). Poiché, come detto, sia ST sia SP
utilizzano la stessa UTA, il confronto fa riferimento al volume di controllo che
racchiude la sola “sorgente” di energia termica per la DW (che richiede nel
periodo estivo un’energia di rigenerazione pari a 7,69 MWh).
Analisi energetica
In Figura 3 si riporta l’energia primaria fossile evitata (Ep,EV) nei tre scenari in
funzione della superficie lorda di captazione. Si osserva che con l’aumentare della superficie vi è un aumento del risparmio di energia primaria, in
quanto con l’aumento della superficie aumenta la quantità di energia solare
resa disponibile. Inoltre, le prestazioni energetiche aumentano passando
dai collettori ad aria, a quelli piani, fino a quelli evacuati.
Analisi di impatto ambientale
Per valutare le emissioni di anidride carbonica equivalente evitate, si è as-
in cui SC è il sovraccosto del SP rispetto al ST, CEST e CESP rappresentano il costo di esercizio del sistema tradizionale e di quello proposto, rispettivamente.
In Figura 4 è riportato l’andamento del SPB in funzione della superficie
captante per i tre diversi scenari. All’aumentare della superficie dei collettori solari ad aria si verifica un andamento crescente del SPB, a causa
della scarsa riduzione dei costi d’esercizio, invece il contrario accade per
Figura 4 - SPB nei tre scenari
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i collettori piani e quelli evacuati, che però presentano un SPB più elevato,
in particolare per bassi valori della superficie installata.
Assumendo che solo il 50% dell’energia termica prodotta dai collettori nel
periodo invernale e intermedio sia utilizzata, il SPB aumenta di circa il 29%
nello scenario A e di circa il 41% negli scenari B e C.
Stante la ridotta differenza in termini energetici e di impatto ambientale
tra i collettori piani ed evacuati, si ritiene che la soluzione più opportuna
sia quella con un campo solare costituito da 12 m2 di collettori piani, che
consente di ottenere una frazione solare su base estiva pari al 60% e allo
stesso tempo di ridurre il SPB rispetto allo scenario C. Nell’ipotesi di integrale
utilizzo dell’energia termica da fonte solare, si evita un consumo di energia
primaria da fonte fossile pari a 12 MWh/anno, nonché l’immissione in
atmosfera di 2,5 t/anno di CO2 equivalente, a fronte di un periodo di
recupero semplice pari a circa 6 anni.
Per l’impianto individuato, è possibile analizzare la variazione del SPB in
presenza di incentivi, come previsto dal DM 28/12/12, il cosiddetto decreto “Conto Termico”. Esso prevede un incentivo annuo (Iatot) per collettori
solari termici pari a:
(4)
Iatot = Ci . Si
in cui Ci è un coefficiente di valorizzazione, pari a 255 €/m2 per impianti
solari termici con sistemi di solar cooling, e Si è la superficie solare dell’impianto, espressa in m2. In tal caso, il SPB si riduce da 6 a soli 1,71 anni
(1,87 anni nell’ipotesi cautelativa di utilizzo del 50% del termico disponibile
in inverno e nella stagione intermedia). In presenza di tali incentivi è anche
possibile optare per la tecnologia dei collettori evacuati, lasciando inalterata
la superficie di captazione individuata (12 m2), ottenendo un SPB più che
accettabile (2,48 anni nell’ipotesi cautelativa del 50%), con un conseguente
incremento dei benefici energetici e d’impatto ambientale.
Per accedere agli incentivi, i sistemi di solar desiccant cooling devono
rispettare dei requisiti tecnici; tra questi il rendimento termico dei collettori
solari deve essere superiore a un valore minimo (che dipende dalla tipologia
di collettori, piani o evacuati), e la superficie minima solare lorda installata
dei collettori deve essere di 8 m2 ogni 1.000 m3/h di aria trattata. Tali
requisiti risultano entrambi soddisfatti, installando 12 m2 di collettori, siano
essi piani o evacuati; in particolare si ottiene un rendimento (come definito
dal DM 28/12/12) medio su base stagionale pari a 0,716 e 0,700, per
i collettori piani e per quelli evacuati, a fronte di un valore minimo pari a
0,555 e 0,517, rispettivamente.
CONCLUSIONI
In questo lavoro si sono analizzate, mediante simulazioni con il software
commerciale TRNSYS, tre diverse configurazioni impiantistiche di un sistema di solar desiccant cooling, considerando le condizioni climatiche della
città di Napoli. Si sono utilizzati dati sperimentali o disponibili dalla letteratura tecnica e scientifica per la calibrazione del modello degli impianti.
Le migliori prestazioni dal punto di vista energetico e di impatto ambientale
sono fornite dai collettori solari evacuati, che consentono di evitare il consumo di 20 MWh/anno di energia primaria da fonte fossile e l’immissione
di atmosfera di 4 t/anno di CO2, con una superficie installata pari a 16
m2, rispetto a un sistema in cui l’energia termica per la rigenerazione della
DW è integralmente fornita da una caldaia convenzionale a gas naturale.
Per i collettori piani ed evacuati l’incremento della superficie di captazione
comporta vantaggi dal punto di vista energetico, di impatto ambientale e
di periodo di recupero, a fronte di un incremento del sovraccosto iniziale
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dell’impianto. Una possibile scelta è quella di adottare collettori solari piani
che hanno prestazioni energetiche e ambientali di poco inferiori rispetto
a quelle dei collettori evacuati, ma comportano un minore investimento
iniziale e un più rapido periodo di recupero del capitale. La superficie di
captazione è stata dimensionata considerando una frazione solare nel
periodo estivo del 60%, ottenendo una superficie da installare pari a 12
m2. In tal modo si ottiene un’energia primaria da fonte fossile evitata pari a
12 MWh/anno, una riduzione di 2,5 t/anno di CO2 equivalente immessa
in atmosfera e un periodo di recupero semplice pari a 6 anni.
La possibilità di accedere ai recenti incentivi previsti dal “Conto Termico”
consente di ottenere una notevole riduzione del SPB (1,5 - 2,5 anni),
anche nel caso di collettori evacuati e nell’ipotesi cautelativa che solo il
50% dell’energia termica disponibile nel periodo invernale e intermedio
venga effettivamente richiesta dall’utenza. Tali incentivi risultano quindi
fondamentali affinché il solar desiccant cooling possa risultare competitivo
non solo da un punto di vista energetico/ambientale ma anche economico.
Sono in corso di sviluppo analisi più complesse del sistema di “desiccant
cooling”, che integrino anche la simulazione dell’edificio, al fine di rimuovere alcune delle ipotesi semplificative del presente lavoro.
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