tesi ufficiale - WordPress.com

Transcript

tesi ufficiale - WordPress.com
SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI
(Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)
Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi
afferenti alla classe delle
LAUREE UNIVERSITARIE
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA
I BENI CONFISCATI SONO COSA NOSTRA: LIBERA. ASSOCIAZIONI,
NOMI E NUMERI CONTRO LE MAFIE E IL RILANCIO DEI PRODOTTI
MADE IN ITALY ATTRAVERSO I BENI CONFISCATI ALLE MAFIE
RELATORI:
CORRELATORI:
prof.ssa Adriana Bisirri
prof.ssa Marilyn Scopes
prof.ssa Tamara Centurioni
CANDIDATA
Ranucci Marta
Matricola 1915
ANNO ACCADEMICO 2014/2015
INDICE
Introduzione ........................................................................................................................ 1
Capitolo 1 ............................................................................................................................ 2
1.1 Mafia: origini ed evoluzione storica ........................................................................ 2
1.2 Analisi del fenomeno mafioso ................................................................................. 6
1.3 La mafia oggi ............................................................................................................ 9
Capitolo 2 .......................................................................................................................... 15
2.1 Definire giuridicamente la mafia: legge Rognoni – La Torre ................................. 15
2.2 Sequestro e confisca dei beni alla criminalità organizzata ...................................... 23
Capitolo 3 .......................................................................................................................... 34
3.1 Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ............................................. 34
3.1.1 Libera: associazioni.......................................................................................... 41
3.1.2 Libera: nomi ..................................................................................................... 45
3.1.3 Libera: numeri. ................................................................................................. 49
3.2 La mafia restituisce il maltolto: i beni confiscati .................................................... 51
3.2.1 Libera il g(i)usto di viaggiare ........................................................................... 59
Capitolo 4 .......................................................................................................................... 61
4.1 L’importanza del Made in Italy............................................................................... 61
4.2 Libera il Made in Italy ............................................................................................ 65
Conclusioni ....................................................................................................................... 68
ENGLISH SECTION ........................................................................................................ 72
Introduction ....................................................................................................................... 73
Chapter 1 ........................................................................................................................... 74
1.1
Origins and historical evolution of the Mafia ................................................... 74
1.2
Analysis of the Mafia phenomenon .................................................................. 78
1.3
The Mafia today ................................................................................................ 81
1.4
The anti-Mafia law ............................................................................................ 86
Chapter 2 ........................................................................................................................... 88
2.1 Mafia connections in Great Britain ......................................................................... 89
2.2 Associations against the Mafia in Great Britain...................................................... 91
Conclusions ....................................................................................................................... 95
SECCIÓN ESPAÑOLA .................................................................................................... 99
Introducción .................................................................................................................... 100
Capítulo 1 ........................................................................................................................ 101
1.1 Orígenes y análisis de la mafia.............................................................................. 101
1.2 La mafia de hoy..................................................................................................... 104
Capitulo 2 ........................................................................................................................ 108
2.1 Definir juridicamente la mafia: caso italiano y español ........................................ 108
2.2 Asociaciones contra las mafias ............................................................................. 113
Conclusiones ................................................................................................................... 116
Bibliografia ..................................................................................................................... 120
Sitografia ......................................................................................................................... 122
Introduzione
Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però
parlatene.
Paolo Borsellino
Partendo dalla definizione della parola mafia, ripercorrendo le sue origini e
la sua evoluzione in Italia, ma anche al di fuori, la seguente tesi si prefigge lo
scopo di analizzare il lavoro di una particolare associazione fondata nel 1995 da
Don Luigi Ciotti. L’associazione a cui si fa riferimento è Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie. Un’associazione di associazioni, che svolge una
considerevole attività offrendo prima di tutto conforto alle famiglie delle vittime
innocenti di mafia, coinvolgendo centinaia di migliaia di altre associazioni, gruppi
e persone in un’opera culturale, di eduzione sociale e politica alla legalità,
terminando con l’applicazione della legge n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni
confiscati alle mafie, che prevede l'assegnazione dei patrimoni e delle ricchezze di
provenienza illecita a quei soggetti - Associazioni, Cooperative, Comuni,
Province e Regioni - in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi, attività
di promozione sociale e risorse di lavoro. Pur non gestendo direttamente i beni
confiscati, Libera ricopre un ruolo fondamentale nella realizzazione di progetti
che rivalorizzino quei territori un tempo appartenuti ai più noti boss mafiosi,
attraverso la produzione di prodotti che, oltre a valorizzare le ricchezze e le
qualità della nostra preziosa Italia, si possono definire prodotti dell’antimafia, i
quali hanno il gusto dell’impegno, della giustizia e della legalità.
1
Capitolo 1
1.1 Mafia: origini ed evoluzione storica
Partiamo dal principio. Con il termine mafia si indica un particolare tipo di
associazioni criminose basate su un’organizzazione gerarchica con fini e obiettivi
comuni. Queste associazioni, comunemente dette anche cosche, sono segrete, a
carattere iniziatico, rette dalla legge dell’omertà e regolate da complessi riti che
restano stabili nel tempo in determinati territori. A partire dal 19° secolo, questo
fenomeno si sviluppa nella Sicilia occidentale, in particolare in seguito alla caduta
del regno borbonico, diffondendosi fino ad oggi in diversi settori della vita
nazionale ed internazionale. “Il fenomeno mafioso non consiste in una grande
associazione a delinquere con ramificazioni internazionali, ma piuttosto in diversi
gruppi, operanti in aree differenti, accomunati da modelli culturali, strutture
organizzative e strategie di azioni simili. La natura della mafia è da individuarsi in
precise cause sociali, mentre del tutto insufficiente appare la spiegazione che
riconduce il fenomeno a cause psicologiche e delinquenziali individuali. Neppure
può essere considerata come fenomeno di ribellione alle molteplici dominazioni
straniere succedutesi in Sicilia, di cui quella dello stato italiano sarebbe l’ultima;
la mafia non è assimilabile al brigantaggio, la cui attività criminosa è
estemporanea e frammentata, mentre quella della mafia è organizzata e
istituzionalizzata. Il potere mafioso non potrebbe esistere in conflitto contro lo
stato; necessita invece della mediazione di alcuni suoi organi. Il fatto che essa
abbia permeato molti settori della società non significa completa accettazione, né
integrazione in questo sistema, anche se il potere mafioso sorretto dalle protezioni
2
istituzionali e dalla paura favorisce il sistema dell’omertà, sia passiva che attiva,
dettata da interesse economico”.1
Il termine mafia appare per la prima volta in Sicilia nel 1863, nell'opera teatrale I
mafiusi de la Vicaria2, ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo.
L’appellativo mafioso indicava una persona, un oggetto o un ambiente "di spicco".
Tale parola viene spesso accostata a qualche vocabolo di origine araba a causa
della sua radice non facilmente associabile a termini di origine invece latina o
greca. Tale accostamento alla lingua araba sarebbe giustificato con la presenza in
Sicilia nel corso del X secolo della componente islamica. Questo ovviamente
presupponendo un'ipotetica origine siciliana delle principali organizzazioni di
questo tipo.
La mafia è sorta e si è sviluppata nella zona tra Palermo, Trapani e
Agrigento, contrassegnata da proprietà di origine latifondistica e da rapporti
sociali di tipo feudale. Il dominio del latifondo opprimeva una grande una massa
di contadini miserabili. Fra nobiltà terriera e contadini era presente un ceto di
spregiudicati e violenti massari3: al gabellotto (affittuario dei campi, la cui
coltivazione spettava ai contadini), veniva offerta la protezione del barone, che in
cambio di un reddito garantito, assicurava la possibilità di mantenere il controllo e
di imporre le condizioni volute. Il metodo della violenza era basato sulla
soggezione economica dei contadini, i quali non avevano altre possibilità di
1
Enciclopedia de La biblioteca di Repubblica. Volume 12: Mafia.
I mafiusi de la Vicaria è un'opera di teatro popolare scritto nel 1863 da Giuseppe Rizzotto e
Gaspare Mosca. Si tratta di un'opera teatrale dialettale ambientata nelle Grandi Prigioni di
Palermo.
3
Coltivatore di un manso (v. massaro). Nome dato anticamente, a seconda delle zone, a tesorieri,
esattori e amministratori delle pubbliche entrate, agli ufficiali preposti alla custodia delle merci
nelle dogane o alla conservazione dei pegni, a economi, fabbricieri, stimatori, contabili, esattori,
lavoratori della terra nel rapporto di colonìa parziaria, ecc. Fonte: dizionario Treccani.
2
3
lavoro se non quella del feudo. Inoltre, era sempre più diffuso e perfezionato il
sistema di intrighi e complicità per garantire dall’alto questo tipo di ordine
economico e sociale. I campieri ("guardie armate" del latifondo) erano in stretta
collaborazione con i gabellotti, e insieme terrorizzavano i contadini e i proprietari
con i loro sgherri4, venendo a patti con i briganti, amministrando una rozza
giustizia che però non ammetteva alcuna forma di opposizione. I briganti, i ladri, i
ribelli avevano un ambiguo rapporto con i massari. I contadini servivano i
massari e vedevano talvolta in loro degli alleati possibili contro i latifondisti che a
loro volta si servivano dei massari e dei campieri, pur disprezzandoli e temendoli,
come forza contro il latente pericolo costituito da possibili rivolte delle masse
contadine. Massari e campieri si servivano dei briganti contro nobili e contadini
ma sapevano anche spazzarli via con violenza quando dovevano dimostrare a tutti
gli abitanti del feudo chi comandava effettivamente. La mafia, per giungere al
dominio del territorio, controllava non solo il mondo rurale, i trasporti, l'attività
mineraria, gli allevamenti, ma anche la delinquenza urbana, i tribunali, le centrali
di polizia, i centri del potere. I mafiosi erano nel contempo imprenditori,
organizzatori della produzione, giudici, gendarmi, esattori delle tasse, poiché
prelevavano quote di ricchezza dal lavoro e dalla rendita dei ceti sociali in mezzo
ai quali vivevano ed operavano.
“Alla vigilia dell’Unità d’Italia esisteva un sistema di potere relativamente
organizzato tale che poteva allargare la sua sfera di influenza e azione,
sostituendosi al potere legittimo nella risoluzione dei conflitti, e dedicandosi ad
altre attività che permettessero,tramite l’imposizione di taglie, come la tutela del
4
Nei tempi antichi, guardia armata al servizio di un privato, e, con significato più generico, uomo
d’armi senza scrupoli, violento e prepotente. Fonte: dizionario Treccani.
4
raccolto, di accrescere il potere economico. I metodi di annessione della Sicilia
all’Italia favorirono poi il rafforzamento di questo sistema di potere; nulla fu fatto
per eliminare la persistente struttura feudale, anzi, l’accordo tra nobiltà terriera e
borghesia settentrionale impedì qualsiasi sviluppo economico in senso moderno
dell’isola. La presenza dello stato limitata agli interventi repressivi, mentre
garantiva i proprietari contro le rivendicazioni contadine, contribuì a creare
l’ostilità di questi contro lo stato stesso, favorendo il mantenimento del potere
mafioso”5. Anche il gabellotto cambiò le sue funzioni, convertendosi in un
fornitore di voti: in cambio dell’elezione, il deputato assicurava l’impunità di
gambellotti e campieri, demoralizzando l’intervento di polizia e magistratura.
Negli anni seguenti l’evoluzione della mafia continua. Si riscontra la
presenza di molteplici mafie, specializzate in attività e zone di intervento
differenti. Durante il 20° secolo, il rapporto tra mafia e fascismo risultò
contrastante. Sebbene ci fossero interessi comuni, che portarono dapprima ad
aderire alla dittatura conservatrice, l’influenza della mafia diminuì a causa
dell’abolizione di strumenti di controllo, quali erano le elezioni. Dopo aver
conseguitone il consenso e rafforzatosi, il fascismo poté poi reprimerne i resti,
grazie all’intervento del prefetto Cesare Mori6. Con il fascismo la mafia
scomparse quasi del tutto, tuttavia essa fece il suo ritorno con la liberazione: dopo
la guerra, negli Stati Uniti si era sviluppato il fenomeno del gangsterismo, basato
sull’esempio della mafia siciliana, ma messo in pratica dagli immigrati siciliani
5
Enciclopedia de La biblioteca di Repubblica. Volume 12: Evoluzione storica della Mafia.
Cesare Primo Mori (Pavia, 22 dicembre 1871 – Udine, 5 luglio 1942) è stato un prefetto e
politico italiano. Senatore del Regno d'Italia, è passato alla storia col soprannome di prefetto di
ferro, assegnatogli in seguito alle sue attività di contrasto al fenomeno mafioso durante il suo
periodo di attività in Sicilia.
6
5
che entrarono in contatto con i mafiosi del luogo, garantendosi in seguito il
controllo sia dei nuovi organi amministrativi sia della struttura economica, anche
e soprattutto grazie al mercato nero7.
La mafia ebbe un ruolo da protagonista durante la repressione dei moti
contadini tra il 1945 e il 1950, in cui l’episodio più incredibile è costituito dalla
strage di Portella delle Ginestre per mano del bandito S. Giuliano; lo stato si servì
della mafia stessa per eliminare Giuliano, rilasciando una versione inverosimile
della sua morte.
Grazie ad un ulteriore intreccio con il potere politico e al massiccio ingresso
nel traffico della droga, negli anni seguenti il potere mafioso è diventato sempre
più forte ed esteso, diffondendosi particolarmente in America, i cui
narcotrafficanti hanno monopolizzato la produzione e lo smercio di stupefacenti
arrivando ad influenzare intere economie regionali.
1.2 Analisi del fenomeno mafioso
Alla base delle interpretazione del fenomeno mafioso vi è l’evoluzione delle
condizioni sociali. Uomini fragili, umili e poveri, lavoratori: tutti loro si rivolgono
alla mafia per essere temuti e rispettati. Ribelli, offesi e vittime si avvicinano alla
mafia sia in modo attivo, sia in modo passivo, tacendo le gesta criminose e
proteggendone gli autori. Il potere politico e giuridico e il rapporto con le
istituzioni giocano anch’essi un ruolo fondamentale per spiegare la persistenza
storica e la diffusione territoriale di questo fenomeno. Il complesso di squilibri
7
Con mercato nero o borsa nera si definisce il commercio clandestino di beni di prima necessità,
spesso collegato a contingenze belliche o di prodotti di altro tipo per cui lo scambio sia
regolamentato o vietato da politiche di limitazione e controllo.
6
sociali, la mancata integrazione della società meridionale con quella nazionale, la
carenza dei pubblici poteri e l’anomala intesa segreta tra potere politico e mafioso
sono le maggiori cause che ne hanno permesso lo sviluppo nel tempo e nello
spazio. L’indice di influenza è molto alto: presente a tutti i livelli della società, la
mafia può sostituirsi al potere esecutivo, influenzare l’amministrazione della
giustizia e interferire nelle decisioni legislative, grazie ai legami, a volte profondi,
con il mondo politico.
Tutto ciò è sostenuto dalla legge dell’omertà, secondo la quale è atto
disonorevole dare informazioni alla giustizia in quei reati che l’opinione mafiosa
ritiene che debbano essere risolti tra la parte che offende e quella che riceve
l’offesa.
“La vita si svolge indisturbatamente nel paese, infatti tutti sanno ma mostrano
di non sapere: è questo il male peggiore che permette alla Mafia di dominare
ancora con grande forza… la giustizia per fare il suo corso, per affermarsi e
mettere in pratica le leggi (che qui come in altri luoghi dell’Italia sono le stesse)
ha bisogno della collaborazione della popolazione, delle denunce, delle
testimonianze”8.
Secondo Gaetano Mosca9 quello mafioso è un vero e proprio sentimento, o
meglio uno spirito che è maggiormente evidente nei piccoli paesini dell’isola
8
Leopoldo Franchetti, La Sicilia nel 1876
Gaetano Mosca (Palermo, 1º aprile 1858 – Roma, 8 novembre 1941) è stato un giurista,
politologo, politico e storico delle dottrine politiche italiano. Fu libero docente di diritto
costituzionale nell'università di Palermo nel 1885 e di Roma nel 1888, dove era arrivato nel 1887
come funzionario della Camera dei deputati. Nel 1909 fu eletto deputato al Parlamento con la
Destra nel collegio di Caccamo che era stato del Di Rudinì, e riconfermato alla Camera nel 1913,
fino al 1919. Nel 1914 fu sottosegretario di stato per le Colonie fino al giugno 1916 nei governi
Salandra, e nel 1919 fu nominato senatore del Regno. Dopo il delitto Matteotti nel 1924, fu
avverso al fascismo, e nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di
9
7
siciliana, piuttosto che nelle grandi città. Mosca rivela un cambiamento della
cultura mafiosa nell’atteggiamento delle persone a seconda delle zone in cui si
trovano a vivere: se un siciliano che abita in una grande città viene portato a
vivere in un paesino dove questi modi di fare sono fortemente imposti, allora si
adatterà alla situazione, viceversa se un cittadino di un piccolo centro viene
trasferito in una grande città, abbandonerà i modi di fare tipici della cultura
mafiosa. Le ragioni di questi cambiamenti sono da ricollegarsi al fatto che è
estremamente difficile tenersi lontano da simili ideali se si vive in luoghi dove la
mafia è fortemente radicata e suoi modi di agire influenzano quelli dell’intera
popolazione.
Come spiega la definizione del termine mafia, essa agisce attraverso delle
associazioni, chiamate cosche, le quali sono sparse in varie zone del territorio.
Esse solitamente convivono pacificamente, ma non sono escluse guerre tra
famiglie. Nonostante ciò, gli scopi che si prefissano sono pressoché gli stessi, vale
a dire l’ottenimento del prestigio e il massimo guadagno illecito. Purtroppo la
mafia gode di un principio di legittimità, poiché aiuta la popolazione offrendo
lavoro, protezione, giustizia lì dove lo Stato non arriva, e questo le consente di
agire indisturbata nel territorio sotto l’etichetta di mafia buona. È da sempre noto
che i mafiosi, che in alcuni contesti vengono definiti come persone di rispetto o
uomini d'onore, svolgono anche la funzione e il ruolo di benefattori: è proprio
questo che legittima il loro potere e la loro organizzazione. Essi fanno leva sulle
debolezze dello Stato, come la crisi economica, la mancanza d’impiego, la
Benedetto Croce. Tra i senatori del Regno fu uno dei pochi a opporsi negli anni Venti alla
fascistizzazione dello Stato. Collaborò al Corriere della Sera fino al 1924. Mosca è classificato tra
i più importanti esponenti della corrente di pensiero elitistica (teoria politica basata sul principio
minoritario, secondo il quale il potere è sempre in mano ad una minoranza).
8
corruzione creando un sentimento di sfiducia da parte del popolo verso la
giustizia, accrescendo quello di ammirazione nei confronti di queste associazioni
criminose. Pertanto, la mafia non si presenta come un antistato, piuttosto come
uno "Stato" parallelo allo Stato di diritto, che concede servizi, esige e gestisce le
tasse (pizzo, usura ecc.), e amministra il suo territorio.
1.3 La mafia oggi
Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia
svanirà come un incubo. (Paolo Borsellino)
Che la mafia non sia un fenomeno collegato alle condizioni di arretratezza
sociale della Sicilia è un fatto chiaro e la sua diffusione anche in una società
sviluppata e all’avanguardia come quella americana ne è una prova lampante. Lo
stesso spirito di mafia di cui parlava Gaetano Mosca, sembra essere diventato
abitudine di vita di una rilevante parte della classe dirigente di molti paesi,
accompagnato dalla solidarietà tra persone decise ad utilizzare metodi illeciti, con
la consapevolezza di non dover rendere conto alla giustizia. La mafia ha
dimostrato una grande capacità di adattamento e una notevole flessibilità a nuove
situazioni ed ambienti, sviluppando anche nuove forme di crimine. Pertanto si può
affermare che essa non è rimasta un’associazione criminosa circoscritta, bensì si è
trasformata in un’organizzazione di immani proporzioni diramata sul piano
internazionale alla conquista del potere economico. Col passare degli anni il
fenomeno mafioso si è diffuso in tutto il territorio italiano, con un’organizzazione
operativa e finanziaria a livello internazionale. Numerose sono state le iniziative,
sia legislative sia esecutive, per contrastare la situazione.
9
La prima proposta di una commissione parlamentare antimafia risale al 14
settembre 1948 come commissione d'inchiesta sull'ordine pubblico in Sicilia. Tale
proposta venne ripresentata nel 1958 su iniziativa di Ferruccio Parri 10, ma ancora
una volta si trovò di fronte a degli ostacoli da più parti. Solo il 20 dicembre 1962
fu approvata la legge proposta dai senatori Ferruccio Parri e Simone Gatto11. La
prima commissione, presieduta da Paolo Rossi12, entrò in carica il 14 febbraio
1963, ma non tenne altre sedute, perché il 18 febbraio dello stesso anno si ebbe lo
scioglimento anticipato delle Camere. Nelle seguenti legislature, eccetto che nella
VII, l'istituzione di una commissione parlamentare antimafia fu sempre
riconfermata. La Commissione parlamentare antimafia (nominata ufficialmente
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre
associazioni criminali, anche straniere) è una commissione d'inchiesta bicamerale
10
Ferruccio Parri (Pinerolo, 19 gennaio 1890 – Roma, 8 dicembre 1981) è stato un politico e
antifascista italiano. Con il nome di battaglia Maurizio fu un capo partigiano durante la guerra di
liberazione dal regime fascista in Italia, decorato dagli USA con la Bronze Star Medal. Fu il primo
presidente del Consiglio a capo di un governo di unità nazionale istituito alla fine della seconda
guerra mondiale. Lo pseudonimo "Maurizio" proveniva dal nome della chiesa di San Maurizio
posta sulla cima della omonima collina, nella città natale di Pinerolo.
11
Simone Gatto (Montemaggiore Belsito, 8 gennaio 1911 – Trapani, 6 maggio 1976) è stato un
politico italiano. Tra la fine degli anni quaranta e primi anni cinquanta è segretario provinciale del
Partito Socialista trapanese. Nel 1958 è eletto senatore nel collegio di Trapani per il PSI. Insieme a
Ferruccio Parri in quella legislatura propose il disegno di legge che istituiva la Commissione
parlamentare Antimafia (legge 1720 del 20 dicembre 1962) di cui diviene membro dalla sua
costituzione, con la parentesi della sua esperienza governativa. Riconfermato nel 1963 sempre nel
PSI, è stato sottosegretario di Stato al Lavoro nel primo Governo Moro, dal dicembre 1963 al
luglio 1964; successivamente diviene presidente della commissione Lavoro del Senato. Nel 1968 è
eletto vice presidente del Senato. Nel 1970 fu coinvolto in alcune intercettazioni telefoniche con
un mafioso trapanese, Giuseppe Mangiapane, che furono inserite agli atti della commissione
Antimafia, e che furono denunciate nella relazione di minoranza presentata dal parlamentare del
Movimento Sociale Italiano Beppe Niccolai. Mangiapane, in rapporti con Frank Coppola sarebbe
anche stato ricevuto a Palazzo Madama. In conseguenza a queste accuse, nel 1972 il PCI decise di
non ricandidarlo.
12
Paolo Rossi (Bordighera, 15 settembre 1900 – Lucca, 24 maggio 1985) è stato un giurista e
politico italiano. Esponente di primo piano del Partito Socialista Democratico Italiano, fu eletto
alla Costituente e fece parte della seconda Sottocommissione della Commissione per la
Costituzione. Eletto deputato nelle prime quattro legislature, assunse, in due di esse, la
vicepresidenza della Camera oltre alla presidenza di alcune Commissioni d'indagine. Fu anche
Ministro della Pubblica Istruzione fino al 1957. Fu il primo presidente della Commissione
parlamentare Antimafia (nella III legislatura dal 14 febbraio al 15 maggio 1963) che allora si
chiamava Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia.
10
del Parlamento italiano, composta da 25 deputati e da 25 senatori, con sede a
palazzo San Macuto a Roma. Venne istituita per la prima volta con la legge del 20
dicembre 1962 e da allora viene sempre riproposta e promossa con legge nelle
successive legislature.
Successivamente, nel 1982 fu adottata la legge Rognoni-La Torre, la quale
colpisce soprattutto i patrimoni e le altre attività economiche della mafia.
Nel 1991 l’istituzione di due direzioni anticrimine la D.I.A. (Direzione
Investigativa Anticrimine) e la Direzione Nazionale Antimafia hanno reso
possibile il coordinamento delle indagini e le iniziative giudiziarie contro la mafia.
Creata dopo l’eliminazione dell’Alto Commissariato per la lotta alla mafia13, la
prima è un organismo investigativo interforze, con il compito di contrastare la
criminalità organizzata in Italia. È collocata nel Dipartimento della Pubblica
Sicurezza del Ministero dell'interno della Repubblica Italiana. A seguito
dell'intensificarsi della lotta alla mafia in Italia, che condurrà alla morte del
magistrato Giovanni Falcone, suo principale ispiratore e promotore, la D.I.A.
venne istituita con legge 30 dicembre 1991 n. 410 ed è stata creata con la
decretazione d'urgenza durante il governo Andreotti VII, ed al suo ministro della
giustizia Claudio Martelli. La D.I.A. ha la funzione di effettuare indagini di
polizia giudiziaria relative a delitti di associazione di tipo mafioso e di assicurare
lo svolgimento delle attività di investigazione preventiva riguardanti la criminalità
13
L'Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa (a cui ci si
riferisce più spesso come Alto Commissario per la lotta alla mafia) fu un organo istituito su delega
del Ministro dell'Interno, al fine di garantire un più efficace contrasto alla mafia, in particolare a
Cosa Nostra. La decisione di istituire tale figura fu presa in seguito alla Strage di via Carini,
avvenuta 3 giorni prima a Palermo, in cui erano stati uccisi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,
sua moglie ed un agente di scorta. Venne istituito con il decreto legge 6 settembre 1982 n. 629 convertito nella legge 726 del 12 ottobre 1982 - emanato durante il Governo Spadolini II. Questa
figura istituzionale fu soppressa il 1º gennaio 1993, quando le sue competenze furono rimesse al
ministro dell'Interno, che poteva delegarli ai prefetti e alla Direzione investigativa antimafia (allora
appena istituita).
11
organizzata di tipo mafioso. Particolare importanza riveste la prerogativa che ha il
Direttore della D.I.A. nel proporre ai Tribunali competenti per territorio lo
sviluppo di misure di prevenzione, sia a carattere personale (sorveglianza
speciale...) e sia a carattere patrimoniale (sequestro dei beni). Il direttore si trova
al vertice della struttura e viene scelto a rotazione tra gli ufficiali del corpo della
Guardia di Finanza, ufficiali dell'Arma dei Carabinieri e dirigenti della Polizia di
Stato, che abbiano maturato una specifica competenza nel settore della lotta al
crimine organizzato. I membri vengono scelti tra gli appartenenti alle forze di
polizia italiane e dal personale civile dell'amministrazione dell'interno (purché
appartenente alla pubblica sicurezza).
Nello stesso anno venne istituita anche un’altra direzione, ovvero la
Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Essa è diretta dal Procuratore
nazionale antimafia (PNA), nominato direttamente dal Consiglio Superiore della
Magistratura in seguito ad un accordo col ministro della Giustizia e ne fanno
parte, quali sostituti procuratori, venti magistrati esperti nella trattazione di
procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Il PNA è sottoposto alla
vigilanza del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che riferisce al
Consiglio Superiore della Magistratura circa l'attività svolta e i risultati conseguiti
dalla DNA e dalle direzioni distrettuali antimafia (DDA), istituite presso le
Procure della Repubblica presso i tribunali dei 26 capoluoghi di distretto di Corte
d'Appello. Ha funzioni di coordinamento delle procure distrettuali ed ha poteri di
sorveglianza, controllo e avocazione. Non può compiere direttamente le indagini e
non può dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali, ma può
attribuirsi le indagini condotte da una procura distrettuale che abbia dimostrato
12
grave inerzia o che non si sia coordinata con le altre. L’organo è regolato in due
gruppi: il Servizio di Studi e Documentazione e il Servizio di Cooperazione
Internazionale. Le principali materie di interesse sono: mafia, camorra,
’ndrangheta, narcotraffico, tratta di esseri umani, riciclaggio, appalti pubblici,
misure di prevenzione patrimoniali, ecomafie, contraffazione di marchi,
operazioni finanziarie sospette, organizzazioni criminali straniere.
Nel 1992, in risposta alle indagini e agli arresti, le cosche mafiose
reagirono con attentati dinamitardi in due dei quali persero la vita i giudici
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Anche il 1993 è da considerarsi un anno critico, poiché in quel periodo la
mafia decise di ferire lo Stato colpendo il suo patrimonio artistico, provocando
enormi danni e numerosi morti e feriti. Tuttavia questo tipo di strategia, per
quanto efficiente, si dimostrò controproducente, in quanto lo scalpore suscitato da
questi attentati velocizzò il processo di riorganizzazione degli apparati dello Stato
preposti alla lotta alle cosche.
Pian piano le cose iniziano a cambiare. Infatti cominciano ad uscire fuori
alcuni pentiti che decidono di non partecipare alle guerre che in quel periodo
stavano prendendo piede tra le principali famiglie mafiose. La nuova legislazione
in materia di pentitismo permise alle forze dell’ordine di raggiungere alcuni
importanti risultati come la cattura del superlatitante Salvatore Riina, sospettato di
essere il più importante dei capi dell’organizzazione mafiosa, e dopo oltre due
anni, del cognato Leoluca Bagarella, il suo braccio destro, anche lui ai vertici
dell’associazione.
13
La figura del pentito inizia a diffondersi in seguito a queste guerre tra
famiglie, creando scompiglio tra i mafiosi poiché vengono rivelate informazioni
segrete, relative ad omicidi, organizzazione delle famiglie, traffici illegali e via
dicendo. I collaboratori di giustizia mettono in crisi uno dei fondamentali pilastri
della mafia: l’omertà. Poiché i pentiti godono della protezione dello Stato, i
mafiosi non uccidono loro, bensì iniziano un vero e proprio bagno di sangue,
uccidendo le persone care e vicine a chi ha parlato, o meglio cantato, per usare il
gergo della malavita. È il caso di Tommaso Buscetta, detto il boss dei due mondi
o don masino, membro di Cosa Nostra poi divenuto collaboratore di giustizia
successivamente all’ascesa dei corleonesi, i quali percepivano gli affari di Cosa
Nostra come una guerra, da vincersi a tutti i costi e contro tutti. Pur di vincere, la
cosca di Totò Riina, la più forte dal punto di vista militare e anche la più feroce,
elimina tutti i suoi avversari fino ad impadronirsi del comando di Cosa Nostra.
Vengono uccisi molti boss e soldati di mafia: alcuni di quelli che restano vivi
decidono di unirsi alla cosca vincente, altri si pentono e iniziano a collaborare con
la giustizia. Proprio tra questi vi è il più importante, ovvero Tommaso Buscetta.
Venne arrestato a San Paolo del Brasile il 24 ottobre 1983 ed estradato in Italia il
16 luglio comincia a parlare. Le sue rivelazioni, specialmente quelle a Giovanni
Falcone, sono fondamentali per conoscere tantissimi dettagli segreti delle
principali organizzazioni mafiose: Il fenomeno mafioso è qualcosa di più
importante della criminalità: è la criminalità, più l’intelligenza, più l’omertà. È
una cosa ben diversa14. Buscetta racconta tutto di una mafia di cui fino al quel
momento non si era saputo niente. Spiega la distribuzione delle famiglie sul
14
Parte di un discorso del pentito Tommaso Buscetta riferito durante l’interrogatorio con Giovanni
Falcone.
14
territorio, racconta i capo mandamento che riuniscono alcune famiglie, la
commissione provinciale che riunisce i boss delle principali famiglie di ogni
provincia, e la commissione regionale (la cosiddetta cupola) che riunisce gli
emissari delle varie province. Accanto a Buscetta, parlano anche altri boss, e le
rivelazioni danno modo di avviare quello che è stato il processo più importante: il
maxiprocesso ai vertici di Cosa Nostra. La sentenza che ne risulta è: 19 ergastoli e
2665 anni di carcere ai vertici di Cosa Nostra. Il 30 gennaio 1992 viene
considerato il giorno della rivoluzione, in quanto la Corte di Cassazione conferma
gli ergastoli del maxiprocesso. Con l’ergastolo viene messo in crisi uno dei
principali concetti su cui si basa Cosa Nostra: l’impunità. Infatti è inconcepibile
per un mafioso vedere i boss dietro le sbarre, e addirittura per sempre.
Capitolo 2
2.1 Definire giuridicamente la mafia: legge Rognoni – La Torre
"Art. 416-bis - Associazione di tipo mafioso. - Chiunque
fa
parte di
un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, e' punito con la
reclusione da tre a sei anni. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano
l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.
L'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono
della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire
in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività
economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per
realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri. Se l'associazione e'
15
armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi
previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal
secondo comma. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno
la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o
materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività
economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono
finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le
pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà. Nei
confronti del condannato e' sempre obbligatoria la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il
prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. Decadono inoltre
di diritto le licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso
i mercati annonari all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad
esse inerenti nonché le iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture
pubbliche di cui il condannato fosse titolare. Le disposizioni del
presente
articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque
localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo
associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo
mafioso"15.
Il 1982 è da considerarsi un anno fondamentale per quanto riguarda gli
sviluppi politici e giudiziari nei confronti del fenomeno mafioso. In quell’anno il
15
LEGGE 13 settembre 1982, n. 646 Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere
patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31
maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.
16
Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa16 venne mandato in Sicilia, più precisamente
a Palermo, col fine di combattere Cosa Nostra. Qui venne nominato dal Consiglio
dei Ministri prefetto di Palermo e posto contemporaneamente in congedo
dall'Arma. Tuttavia, il Generale lamentò più volte la carenza di sostegno e di
mezzi, necessari per la lotta alla mafia, che secondo lui doveva essere combattuta
passo per passo, dimostrando alla criminalità organizzata la potente presenza delle
forze dell'ordine. Successivamente, il 3 settembre 1982, in seguito a varie
dichiarazioni da parte del Generale che provocarono il risentimento di alcuni
membri dei Cavalieri del Lavoro17 catanesi e del Presidente della Regione Mario
D’Acquisto, avvenne quella che secondo tanti è stata “la morte della speranza dei
palermitani onesti”18, ovvero l’attentato al Generale Dalla Chiesa.
Il 1982 è anche l’anno in cui perse la vita Pio La Torre19, uno dei due
protagonisti che contribuirono alla creazione della legge che sancisce il reato di
associazione mafiosa, decretato due settimane dopo la morte del Generale Dalla
Chiesa. Virginio Rognoni20 è il secondo promotore che collaborò alla
realizzazione di questa legge.
16
Carlo Alberto dalla Chiesa (Saluzzo, 27 settembre 1920 – Palermo, 3 settembre 1982) è stato un
generale e prefetto italiano. Fondatore del Nucleo Speciale Antiterrorismo, fu vicecomandante
generale dell'Arma dei carabinieri e prefetto di Palermo. Noto per il suo impegno nella lotta contro
il terrorismo delle brigate rosse prima e alla mafia poi, di cui sarà vittima.
17
L'Ordine al merito del lavoro è un'istituzione della Repubblica Italiana ereditata dal Regno
d'Italia. Il presidente della Repubblica è a capo dell'Ordine, retto da un apposito consiglio
presieduto dal ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
18
Scritta affissa il giorno seguente in prossimità del luogo dell'attentato.
19
Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico e
sindacalista italiano. Anche La Torre venne ucciso dalla mafia perché, per la prima volta aveva
proposto un disegno di legge che prevedeva il reato di associazione mafiosa e la confisca dei
patrimoni mafiosi.
20
Virginio Rognoni (Corsico, 5 agosto 1924) è un politico italiano. Esponente storico della
Democrazia Cristiana, ricoprì varie cariche tra le quali ministro dell’Interno, ministro di Grazia e
Giustizia, ministro della Difesa, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Insieme a Pio La Torre fu promotore della legge che introduceva il reato di associazione mafiosa e
della norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi.
17
Se abbiamo una legge antimafia lo dobbiamo al fatto che abbiano ucciso
Pio La Torre e abbiano ucciso Carlo Alberto Dalla Chiesa, queste sono le parole
di Franco La Torre, figlio di Pio La Torre in un’intervista contenuta nel film
documentario Uomini soli21, che racconta il viaggio in Sicilia del giornalista
Attilio Bolzoni, inviato di Repubblica, dopo 30 anni dalle morti di tutti quei
personaggi ritenuti scomodi dalla mafia. In questo film intervengono parecchi
amici, familiari, colleghi, ma anche sopravvissuti alle stragi, offrendo
testimonianze di quelli che hanno pagato con loro vita la lotta per combattere la
mafia. Bolzoni non parla di date, di sentenze o di processi nei tribunali, bensì
riporta le vicende di quei protagonisti con il dolore di chi era al loro fianco. Ne è
un esempio la testimonianza di Tina Montinaro, vedova di Antonio Montinaro,
agente di scorta di Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci. Spesso gli
agenti di scorta non vengono menzionati insieme ai giudici, veri bersagli dei clan
mafiosi, ma è opportuno tenerli in considerazione in quanto sono loro che operano
per garantire la sicurezza di coloro che lottano per sconfiggere la mafia. Chi ha
paura sogna, chi ha paura ama, chi ha paura piange. Io come tutti ho paura. Ma
non sono vigliacco, altrimenti me ne sarei già andato. Sono proprio queste le
parole dell’agente di scorta Antonio Montinaro, il quale era a conoscenza del
rischio che comportava lo scortare il giudice Giovanni Falcone, ma decise
comunque di non tirarsi indietro.
21
Uomini soli: film documentario diretto da Paolo Santolini, in cui Attilio Bolzoni, giornalista e
inviato de La Repubblica, racconta il suo viaggio in Sicilia dopo 30 anni dalle morti di tutti quei
personaggi ritenuti scomodi dalla mafia. I protagonisti delle storie principali sono Pio La Torre,
Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il film, basato sull’omonimo
libro, è stato realizzato in collaborazione con l’associazione Libera. Nomi e numeri contro la
mafia.
18
Una vera e propria carneficina avvenuta in un paese spesso paragonato a
Beirut, ma che secondo alcuni era peggio di Beirut. Pio La Torre era diventato un
personaggio scomodo, poiché si era impuntato sul fatto che i mafiosi dovevano
essere puniti per i loro reati e parlava di Palermo come di una città nella quale si
faceva politica con la pistola. Non tanto ossessionato dalla mafia in sé, ma dal
riscatto del popolo siciliano, pertanto la mafia rappresentava l’ostacolo maggiore
da affrontare. Una strage quella mafiosa, che nemmeno i giornali riuscirono più a
documentare: arrivati ad un certo punto i giornalisti de L’ora22 iniziarono a
mettere i numeri anziché i nomi delle persone uccise, come titolo dei loro articoli.
Francesco Accordino, ex capo della sezione omicidi della Squadra mobile di
Palermo, definisce la lotta alla mafia come una lotta personalizzata ed ha ragione:
Accordino, Cassarà23, Borsellino, contro Cosa Nostra, non la polizia, l’istituzione:
erano solo le persone. Persone che lavoravano duramente, nonostante i loro
sacrifici venissero riconosciuti ben poco, l’importante per loro era trovare una
soluzione a questa guerra tutti insieme. Tutte queste persone erano diventate una
famiglia con lo stesso obiettivo. In un’intervista con un mafioso, al giornalista
Francesco La Licata, venne detto: “Con lei non si può discutere, perché lei non è
22
L'Ora è un quotidiano palermitano nato intorno agli inizi del XX secolo per iniziativa della
famiglia Florio. Fin dalla sua fondazione fu di orientamento progressista, a parte la parentesi del
Ventennio, durante la quale divenne un organo della federazione fascista palermitana. Le sue
inchieste si focalizzarono spesso sulla mafia, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro e Giovanni
Spampinato furono alcuni dei collaboratori del giornale, caduti sotto il piombo mafioso.
23
Antonino Cassarà, detto Ninni (Palermo, 7 maggio 1947 – Palermo, 6 agosto 1985), è stato un
poliziotto italiano, assassinato da Cosa Nostra. Commissario della Polizia di Stato nella questura di
Reggio Calabria e poi a Trapani, dove ebbe modo di conoscere Giovanni Falcone. Fu poi vice
questore aggiunto in forza presso la questura di Palermo e il vice dirigente della squadra mobile.
Nel 1982 lavorava per le strade di Palermo insieme all'agente Calogero Zucchetto, nell'ambito
delle indagini sui clan di Cosa nostra. In una di queste occasioni Cassarà e Zucchetto riconobbero i
due killer latitanti Pino Greco e Mario Prestifilippo, ma non riuscirono ad arrestarli perché questi
fuggirono. Cassarà fu uno stretto collaboratore di Giovanni Falcone e del cosiddetto "pool
antimafia" della Procura di Palermo e le sue indagini contribuirono all'istruzione del primo
maxiprocesso alle cosche mafiose. Fu ucciso dalla mafia nel 1985, all'età di 38 anni.
19
un cronista, lei è parte lesa”. La Licata rispose al mafioso che aveva ragione,
poiché uccidendo Falcone, Borsellino e tanti altri, era come se avessero ucciso dei
parenti suoi e di altri collaboratori.
Dopo la morte di Falcone, Borsellino sapeva che prima o poi sarebbe
toccato anche a lui, e nei suoi ultimi giorni, durante una chiacchierata con l’attuale
presidente del Senato Pietro Grasso, disse di non poter deludere le speranze dei
cittadini che credevano in lui, nonostante alcuni amici, o almeno presunti tali, gli
avessero consigliato di abbandonare e lasciare tutto.
Falcone, Borsellino, Chinnici, Cassarà e tanti altri come loro non erano alla
ricerca di una promozione, non erano alla ricerca della gloria, ma volevano capire
ed interpretare tutti quei meccanismi all’interno delle associazioni mafiose,
attraverso occhi diversi. Fortunatamente il loro lavoro è servito alla magistratura
per andare avanti nelle indagini e scoprire sempre più cose in merito, ma
purtroppo la mafia è ovunque e si sta diffondendo sempre di più, tanto da non farti
sentire al sicuro nemmeno quando sei protetto da una nuova scorta. Paolo
Procaccianti, direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo,
venne minacciato di morte e affermò di non sentirsi al sicuro nemmeno quando
veniva accompagnato da uomini della sua scorta appena conosciuti. Disse che si
sentiva dentro un recinto, con il mondo all’esterno che cerca di farti fuori.
Mamme e mogli costrette ad affrontare il dolore e spiegare ai propri figli il
motivo della morte dei loro papà, i quali si rifiutarono di abbandonare il lavoro
pur essendo consapevoli dell’alto rischio che correvano. Le stesse mamme e
mogli però sono costrette a scontrarsi con un altro sentimento, forse ancora più
20
straziante del dolore stesso: la delusione per le istituzioni, scaturita dal
patteggiamento tra mafiosi e Stato. A quel punto scatta il sentimento di riscatto e
le mamme e le mogli cominciano ad augurare a chi stabilisce i patteggiamenti la
stessa fine dei loro mariti. Il mafioso si sa che cos’è, ma lo Stato dovrebbe
combatterla la mafia anziché andarci a braccetto. Alessandra Camassa, magistrato
e amica di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dichiarò che già ai tempi del
famoso maxiprocesso vi erano dei chiari segnali di qualcosa che andava avanti
insieme alla mafia e non senza.
Tutte le leggi antimafia, almeno le più rilevanti, hanno alle spalle delle
stragi o degli omicidi. Così è stato per il 41 bis, comunemente chiamato carcere
duro, un decreto convertito in legge subito dopo la morte del giudice Falcone, che
era ispirato anche alle sue idee. Un decreto che in casi di straordinaria gravità,
come per esempio la lotta alla mafia, sospende le normali condizioni di
trattamento dei detenuti e stabilisce il carcere duro per i mafiosi. Il nuovo progetto
della lotta contro Cosa Nostra inizia quando Giovanni Falcone viene trasferito a
Roma il 13 marzo 1991 per assumere la direzione dell’Ufficio Affari Penali, dove
sarà ancora più utile per la lotta contro la mafia. Falcone porta in quel campo i
suoi metodi di lavoro e le sue intuizioni: per esempio è sua l’idea di far
monitorare tutte le sentenze di mafia della Corte di Cassazione. Si accorge che
sono state tutte emesse dalla stessa sezione, così suggerisce di inserire la
turnazione: una sorta di rotazione per cui queste sentenze sono affidate a sezioni
diverse, come accade per la sentenza che conferma tutti gli ergastoli del
maxiprocesso. Il risultato di questi sforzi però, si traduce nell’omicidio del giudice
Falcone nella strage di Capaci. Dopo questo attentato, Paolo Borsellino, amico e
21
collega di Giovanni Falcone, viene proposto come capo della Procura Nazionale
Antimafia. La particolarità del lavoro svolto da Borsellino è solo una: la fretta.
Infatti egli sapeva che prima o poi sarebbe arrivato anche il suo turno, perciò
cercò di operare nel modo più veloce possibile. Ma come sappiamo, anche lui non
fece in tempo perché la domenica del 19 luglio 1992, nel primo giorno di vacanza
dopo mesi di duro lavoro, mentre il magistrato stava citofonando a casa di sua
madre in via D’Amelio a Palermo, un’autobomba esplode uccidendo Borsellino e
cinque dei sei membri della sua scorta. Con la morte di Paolo Borsellino, il
cosiddetto decreto Falcone viene attuato immediatamente. L’istituzione del 41 bis
colpisce pesantemente le organizzazioni mafiose che si trovano isolate, non
riuscendo a controllare gli affari come poteva succedere nelle normali carceri. Le
reazioni da parte dei mafiosi furono ovviamente feroci e crudeli, ma non è tutto.
In quel periodo iniziarono a succedere fatti strani: tra gli inizi di giugno e la fine
di agosto del '92 ci furono diversi incontri tra uomini dello Stato, alti ufficiali del
Ros, il Reparto Operativo Speciale dei carabinieri, e uomini vicini alla mafia,
come don Vito Ciancimino; i carabinieri dicono di voler tendere una trappola per
giungere alla cattura di latitanti, Totò Riina, invece, vuole “negoziare”. E per
portare avanti quella che ritiene una trattativa Riina ha il suo metodo. Il metodo
corleonese di trattare gli affari. Tutto ciò trova riscontro nel papello, dodici punti
in cui furono riportati i termini della trattativa e le richieste dei boss mafiosi su un
foglio, che Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco Vito, consegnò ai Pm di
Palermo. Mostrare ai giudici l’esistenza di questo documento rappresenta per i Pm
una prova tangibile che la trattativa Stato-Mafia non solo è esistita, ma è anche
iniziata nel periodo fra l’attentato di Capaci e la strage di via D’Amelio.
22
2.2 Sequestro e confisca dei beni alla criminalità organizzata
Dopo tutto quello che la mafia ci ha tolto, arriva il momento di togliere tutto alla
mafia. Anche se non è facile, per non dire impossibile, togliere le stesse cose che
la mafia ci ha portato via: affetti, amici, parenti, familiari, in poche parole tutto ciò
che di più caro avevamo, inclusi quei personaggi che, sebbene non avessero con
noi nessun legame di parentela, ci erano comunque care per il lavoro da loro
svolto. Mi riferisco ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, al giovane
Giuseppe Impastato24, assassinato perché si era ribellato alla mafia, e a tutte quelle
24
Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio
1978), è stato un giornalista, attivista e poeta, noto per le sue denunce contro le attività di Cosa
Nostra a seguito delle quali fu assassinato, vittima di un attentato il 9 maggio 1978. Ancora
ragazzo rompe con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia un'attività politico-culturale
antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L'idea socialista e aderisce al PSIUP (Partito Socialista
Italiano Unione Proletari). Dal 1968 in poi, partecipa, con ruolo di dirigente, alle attività dei gruppi
comunisti. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista
dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1976 costituisce il
gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.);
nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei
mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un
ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Nel
1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fa in tempo a
sapere l'esito delle votazioni perché viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel
corso della campagna elettorale; col suo cadavere venne inscenato un attentato, atto a distruggerne
23
persone che hanno perso la vita per essersi rifiutate di accettare la mafia come
istituzione.
Una cosa però la possiamo fare. Possiamo togliere alla mafia tutto ciò che ha di
più caro, e come sappiamo non sono gli affetti: il patrimonio. Come dice la parola
stessa, la mafia è sì un’organizzazione composta da persone con fini e obiettivi
comuni, ma è un’organizzazione criminale, vale a dire che utilizza metodi illeciti
e delinquenziali per ottenere quello a cui ambisce: il controllo della società in tutte
le sue forme, dalla gestione del mercato nero e del traffico di stupefacenti alla
corruzione di uomini politici, giudici o magistrati per conseguire favori o
abbreviamenti delle pene alle quali i mafiosi vengono condannati.
Il sequestro e la confisca dei patrimoni rappresentano un duro colpo per la mafia
in quanto prevengono la commissione di ulteriori reati per mano delle
organizzazioni, bloccando inoltre il continuarsi delle attività criminali.
L'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata è un’agenzia del governo italiano istituita
con il decreto legge 4 febbraio 2010, n. 4 - convertito in legge 31 marzo 2010, n.
50. La disciplina si è poi convertita nel decreto legislativo 6 settembre 201 n. 159
(cosiddetto Codice delle leggi antimafia). Il fine di questa agenzia è quello di
provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alle mafie, nonché assistere l'amministratore giudiziario sotto la direzione
dell'Autorità Giudiziaria in fase di sequestro fino alla confisca di primo grado,
anche l'immagine, in cui la stessa vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo
sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votano
ancora il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale. Stampa, forze
dell'ordine e magistratura parlarono di un atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto
vittima di suicidio dopo la scoperta di una lettera che, però, era stata scritta molti mesi prima.
L'uccisione, avvenuta in piena notte, riuscì a passare, la mattina seguente, quasi inosservata,
poiché proprio in quelle ore veniva ritrovato il corpo senza vita del presidente della DC Aldo Moro
in via M. Caetani a Roma.
24
dopo la quale assume la gestione diretta degli stessi beni. L'agenzia ha personalità
giuridica di diritto pubblico ed è sottoposta al controllo del Ministero dell'Interno.
La sua sede principale si trova a Reggio Calabria, ma sono presenti delle sedi
secondarie a Roma, Palermo e Milano. L’Agenzia è composta da tre organi
principali: il Direttore, il Consiglio direttivo e il Collegio dei revisori. Restano in
carica per quattro anni e sono rinnovabili per una sola volta. Il direttore è scelto
tra i prefetti, viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell'Interno previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
L’elemento fondamentale che contraddistingue la creazione dell'Agenzia è il
tentativo di introdurre una dinamica amministrazione dei patrimoni confiscati in
grado di alleggerire e velocizzare la fase di destinazione degli stessi.
Nel diritto penale, la confisca consiste in un misura di sicurezza
patrimoniale che permette l’espropriazione, da parte dello stato, di una cosa che è
servita per commettere un reato o che ne costituisce il profitto; o anche di una
cosa pericolosa, obiettivamente o soggettivamente, prevenendo la commissione di
nuovi reati. Questa norma, prevista dalla legge Rognoni-La Torre, fu applicata per
la prima volta al maxiprocesso che coinvolse i più potenti mafiosi responsabili
delle morti dei magistrati italiani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Secondo il
comma 7 dell’articolo 416 bis infatti è sempre obbligatoria la confisca delle cose
che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il
prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego25. La strategia del
legislatore non lascia dubbi: colpire la mafia non soltanto perseguendo i singoli
reati, ma raccogliendo tutti quegli indigenti capitali che sono il valore aggiunto
25
Comma 7, articolo 416 bis Legge Rognoni-La Torre.
25
dell’organizzazione. È opportuno ricordare la modifica sostanziale di quanto
disposto dalla L. n. 575/1965, con l’introduzione delle misure di carattere
patrimoniale nel procedimento di prevenzione tradizionale, ovvero il sequestro e
l’eventuale confisca dei beni disposti a carico delle persone nei cui confronti
possa essere proposta una misura di prevenzione perché indiziate di appartenere
ad associazioni di tipo mafioso26. Dopo aver parlato di sequestro, si può passare
alla confisca, risultato delle indagini sul tenore di vita, sul patrimonio e sulle
disponibilità finanziarie non solo di quelle persone indiziate di far parte di
associazioni di natura mafiosa, ma anche in relazione a perenti, familiari e
conviventi, persone fisiche o giuridiche, enti o associazioni che dispongono di
patrimoni. La confisca in maniera definitiva scatta, invece, quando la persona
indiziata non riesce a dimostrare la provenienza dei beni posti sotto sequestro, i
quali finiscono nella disponibilità dello Stato, e rappresenta l’ultimo elemento del
processo giudiziario, determinato dopo aver eventualmente superato tutti i gradi di
giudizio (Corte d’Appello e Corte di Cassazione).
Secondo quanto afferma la legge n. 109 del 7 marzo 1996, che venne
approvata in sede deliberante dalla Commissione Giustizia, in tempi da record e a
legislatura finita, esistono tre diverse categorie di beni confiscati, ognuna con una
precisa disciplina.

Beni mobili: denaro contante e assegni, liquidità e titoli, crediti personali
(cambiali, libretti al portatore, altre obbligazioni), oppure autoveicoli,
imbarcazioni e beni mobili non facenti parte di patrimoni aziendali. Di
26
Articolo 14.
26
norma, le somme di denaro confiscate o quelle ottenute dalla vendita di altri
beni mobili sono finalizzate alla gestione attiva di altri beni confiscati.

Beni immobili: appartamenti, ville, terreni edificabili o agricoli. Hanno un
alto valore simbolico, perché rappresentano in modo concreto il potere che
il boss può esercitare sul territorio che lo circonda, e sono spesso i luoghi
prescelti per gli incontri tra le diverse famiglie mafiose. Lo Stato può
decidere di utilizzarli per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di
protezione civile come recita la normativa, ovvero trasferirli al patrimonio
del comune nel quale insistono. L'ente locale potrà poi amministrarli
direttamente o assegnarli a titolo gratuito ad associazioni, comunità e
organizzazioni di volontariato. Un caso particolare è rappresentato da quei
luoghi confiscati per il reato di agevolazione dell'uso di sostanze
stupefacenti: il bene sarà assegnato preferibilmente ad associazioni e centri
di recupero per persone tossicodipendenti.

Beni aziendali: fonti principali di riciclaggio del denaro proveniente da
affari illeciti. I sequestri e le confische coprono una vasta gamma di settori
di investimento: industrie attive nel settore edilizio; aziende agroalimentari
(come l'immenso allevamento bufalino con annesso caseificio sequestrato e
confiscato alla camorra nella zona di Castel Volturno); ristoranti e pizzerie
praticamente ovunque, dalla Calabria fino a Lecco, e noti locali della vita
notturna come lo storico Cafè de Paris, punto nevralgico della Dolce Vita
27
romana, finito nelle mani di un prestanome della 'ndrangheta calabrese;
interi centri commerciali, sorti dal nulla come cattedrali nel deserto27.
I beni confiscati (siano essi immobili o aziende) non vengono riutilizzati
subito dopo l’entrata in vigore della sentenza della confisca definitiva, ma devono
seguire l’iter coordinato dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, alla fine
del quale i beni vengono classificati in:
• Beni in gestione: non è ancora stata definita una destinazione finale;
spesso sono bloccati da criticità, come possono essere i gravami ipotecari.
• Beni destinati consegnati: questa categoria di beni confiscati è giunta al
termine dell’iter legislativo, dalla confisca alla riassegnazione.
• Beni destinati non consegnati: è stata definita la destinazione, ma per
motivi svariati ancora non è stato possibile procedere con la consegna.
• Beni usciti dalla gestione: è stata revocata la confisca o è stato dato
mandato di esecuzione immobiliare; c’è stata una vendita prima della
confisca definitiva o una liquidazione dell’azienda nel cui patrimonio è
compreso il bene, o la demolizione per abusivismo, o l’espropriazione per
pubblica utilità.
Una volta restituiti alla collettività, i beni confiscati acquistano un forte
valore etico e simbolico: il mito della mafia viene abbattuto e lo Stato restituisce il
27
Libera. Associazione nomi e numeri contro le mafie. Beni confiscati alla mafia.
28
maltolto, rendendosi testimone di una rivoluzione culturale, etica ed economica. A
un numero sempre maggiore di beni sottratti alla criminalità di tipo mafioso,
tuttavia, non sempre è collegata un’adeguata gestione dei beni stessi, nonostante
lo sforzo, delle associazioni di volontariato nel recupero dei beni e nella loro
valorizzazione a livello sociale come simbolo di legalità e di rinascita civile. Alla
forza dei poteri mafiosi occorre contrapporre un modello di prevenzione e
contrasto patrimoniale ancor più organizzato ed efficiente. Possiamo considerare
una vittoria la confisca dei beni alle cosche mafiose, ma non è tutto oro quel che
luccica. Difatti quello che viene dopo la confisca non è molto esaltante. La
normativa ha permesso allo Stato di riprendersi migliaia di beni tra palazzi,
appartamenti, terreni e aziende. Tuttavia, riguardo le aziende i risultati hanno
deluso le aspettative, in quanto quasi il 90% delle imprese si è trovata a chiudere.
E indovinate un po’ chi sono le vittime di tutto questo? Migliaia di operai e
lavoratori che sono rimasti senza un lavoro, costretti a fare i conti prima con il
boicottaggio dei vecchi proprietari durante la fase del sequestro, poi con i ritardi e
i lunghi tempi della giustizia e uno scontro di competenze che durano anni e
lasciano andare in malora le strutture e gli impianti. Questo sistema crea sempre
più sfiducia nelle istituzioni, portando addirittura i lavoratori a pensare che
almeno le vecchie gestioni garantivano uno stipendio sicuro a fine mese, in modo
da poter portare avanti una vita dignitosa. Per contrastare l’idea che le aziende
gestite dalla mafia garantivano un lavoro sicuro rispetto a quando sono state
confiscate, è necessario sottolineare l’esigenza di rafforzare in ogni contesto
l’immagine di uno Stato presente che assicura i livelli occupazionali al fine di non
29
incorrere, tra le altre, nell’idea che le mafie sono in grado di dare lavoro al
contrario delle istituzioni.
Nelle terre sopraffatte dalla criminalità organizzata, soprattutto in periodi di
crisi come quello che stiamo vivendo, è ancora più difficile trovare un impiego, e
se non si trova nemmeno l’appoggio delle istituzioni diventa quasi impossibile
mantenere un’esistenza accettabile. I problemi legati alle procedure che
avvengono in seguito alla confisca sono tanti e tra i principali ci sono quelli di
tipo amministrativo-operativo.
Sono state riscontrate rilevanti
difficoltà
nell’assegnazione della tempistica alle varie fasi: i tempi per giungere alla
confisca definitiva dovrebbero compiersi nei pochi mesi in modo che il bene
possa essere poi definito nelle sue caratteristiche e possa essere immaginata una
sua precisa destinazione, per trasformarlo in un’opera di conservazione e
valorizzazione concreta. Se poi ci soffermiamo sulla categoria dei beni immobili,
sono frequenti i casi di occupazioni a vario titolo di familiari o soggetti per i quali
deve essere emesso lo sfratto, o addirittura può succedere che i fabbricati risultino
costruiti abusivamente senza che vi sia stato un condono edilizio. Dal punto di
vista sociale e territoriale, inoltre, le cooperative alle quali vengono assegnati i
beni confiscati devono affrontare diversi ostacoli, soprattutto nella fase iniziale.
Talvolta, i contesti nei quali la cooperativa opera sono caratterizzati dalla
presenza, seppur non manifestata, di varie “strategie d’inabissamento” delle stesse
cosche a cui i beni sono stati strappati. Per queste associazioni, gestire
concretamente il bene presuppone un’attività di repressione e prevenzione
dell’attività criminale e di supporto collettivo alle proprie attività. Complesso è
anche l’inserimento di tali cooperative nel mercato globale: un’impresa che nasce
30
su un bene confiscato opera delle scelte aziendali di investimento rivolte al futuro,
sia in termini di risorse economiche, sia in termini di risorse umane. Questo non
facilita le imprese nell’accesso al credito: la legge, infatti, le indica solo come
affidatarie del bene, tramite comodati d’uso, e per gli istituti bancari tale referenza
non costituisce garanzia economica per la concessione di prestiti o per l’accesso a
mutui, indispensabili per affrontare gli investimenti iniziali.
Numerosi sono gli esempi di aziende confiscate rimaste senza una
destinazione. Il caso più eclatante è quello dell’Azienda Agricola di Suvignano, il
bene confiscato più grande del centro Italia. Sequestrata nel 1996 all’imprenditore
edile Vincenzo Piazza, appartenente a Cosa Nostra, e legato ai boss mafiosi
Bernardo Provenzano e Totò Riina, dal 2007 l’azienda agricola sta ancora
aspettando di trovare un’assegnazione. La tenuta di Suvignano è immensa: 713
ettari, 13 case coloniche, un fabbricato (l’ex magazzino), una vecchia fornace (ora
adibita ad officina aziendale), una villa padronale ed un fabbricato con tanto di
chiesa. L’azienda è gestita, attraverso un commissario, dall’amministrazione
giudiziaria. Il suo valore è stimato a 30 milioni di euro. Immediatamente gli Enti
Locali hanno dato il via a delle concrete proposte per il riutilizzo sociale
dell'azienda. Nel 2009 l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati ha proposto di
vendere la tenuta all’asta per un valore di 22 milioni di euro. Tuttavia, la scelta di
vendere all’asta i beni confiscati alle mafie è da ritenersi assai grave sia per motivi
politici sia culturali, in quanto il riutilizzo dei beni è il più importante strumento
per sottrarre consenso alle organizzazioni criminali, riaffermare la legalità, creare
opportunità di lavoro e sviluppo sociale, perciò con la vendita all’asta si
31
correrebbe il rischio che i beni vengano restituiti di fatto ai mafiosi ai quali sono
stati tolti.
Se per ragioni di onestà intellettuale si è fatto riferimento ad alcune criticità
concretizzatesi nella discutibilità di certe decisioni, si può tuttavia affermare che
l’applicazione della legge n. 109 del 1996 ha trovato anche molti risvolti positivi
rafforzando la presenza dello Stato in quei punti dove le mafie avevano
contaminato il tessuto sociale. Numerosi sono i casi virtuosi di riutilizzo dei beni
confiscati. Secondo le parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e tra i
promotori della raccolta di più di un milione di firme per la legge di iniziativa
popolare poi approvata dal Parlamento nel 1996, si tratta di buone pratiche di
quell’Italia che lavora in modo silenzioso e senza clamori. Perché fresca di
prospettive, di speranze, di responsabilità, fondate su un impegno vero, tenace e
concreto. Sono l'esempio più evidente di un nuovo senso civico, di un senso di
identità, di appartenenza e di orgoglio per il proprio territorio, che diventa “bene
comune” patrimonio collettivo e condiviso. Sono comunità che acquistano una
dimensione innovativa e si trasformano in lavoro vero, servizi e accoglienza.
Il 15 gennaio 1993 Totò Riina venne arrestato nella sua villa a Palermo e dal
quel momento iniziarono le procedure che con la legge Rognoni-La Torre
permisero il sequestro e la confisca nel 2007. Oggi la villa è diventata un caserma
della polizia dedicata al maresciallo Mario Trapassi e all’appuntato Salvatore
Bartolotta, medaglie d’oro al valore civile, crudelmente uccisi nell’attentato in cui
perse la vita il giudice Rocco Chinnici nella strage del 29 luglio 1983. Sempre in
Sicilia, molti dei terreni confiscati ad un altro importante boss mafioso, Bernardo
Provenzano, sono stati destinati a cooperative per la produzione di olio. Le
32
operazioni di confisca hanno avuto successo non solo in Sicilia, ma in tutta Italia,
nei posti dove la criminalità organizzata si è principalmente diramata. In
Campania, a Scafati in provincia di Salerno, la villa di un boss è diventata la sede
della Guardia di Finanza. Nella provincia di Caserta, i terreni di un boss della
camorra, ospitano oggi un'azienda zootecnica e una serie di infrastrutture per
l'integrazione multietnica e l'accoglienza. In Puglia, tra i beni immobili confiscati
alla malavita e già destinati al riutilizzo sociale, vi è una lussuosa villa
interamente adibita a centro di assistenza terapeutica. E molti altri se ne
potrebbero elencare.
Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
(dicembre 2012), in Italia i beni confiscati sono quasi tredicimila, di cui ben 1.708
sono aziende. Sulla base di tali cifre, tutti i soggetti che operano nel mondo
sociale, economico e finanziario sono chiamati a diventare parte integrante di
questo processo, per renderlo il più agevole possibile.
33
Capitolo 3
3.1 Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti
umani, ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è
un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere, non
pretendendo l’eroismo dai nervi cittadini, ma impegnando in questa battaglia
tutte le forze migliori delle istituzioni. Giovanni Falcone.
25 marzo 1995: Don Luigi Ciotti raccoglie un milione di firme per una
proposta di legge che prevedesse il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie,
che portò all’approvazione da parte dello Stato della legge 109/96. Ed ecco
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Lo scopo è quello di
sollecitare, coinvolgere e coordinare la società civile contro ogni tipo di mafia,
sostenendo la creazione e lo sviluppo di una comunità alternativa alle mafie
stesse.
34
Libera tenta in tutti i modi di diffondere l’importanza di due fondamentali
parole: verità e giustizia. La verità e la vicinanza per tutti i familiari delle vittime
innocenti di mafia, le quali nonostante siano passati tanti anni dalle prime stragi,
non sono ancora riuscite a venirne a capo. Il 70% di loro non conosce ancora la
verità, o ne conosce solo una parte. Ogni anno il 21 marzo, primo giorno di
primavera, Libera celebra la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo
delle vittime innocenti delle mafie, affinché in quel giorno di risveglio della
natura si rinnovi la primavera della verità e della giustizia sociale. Dal 1996, ogni
anno in una città diversa, viene letto un elenco di circa novecento nomi di vittime
innocenti. Ci sono vedove, figli senza padri, madri e fratelli. Ci sono i parenti
delle vittime conosciute, quelle il cui nome richiama subito un'emozione forte. E
ci sono i familiari delle vittime il cui nome dice poco o nulla. Per questo motivo è
un dovere civile ricordarli tutti. Per ricordarci sempre che a quei nomi e alle loro
famiglie dobbiamo la dignità dell'Italia intera. Nell’ultima giornata di quest’anno,
avvenuta a Bologna il 21 marzo 2015, emerge tutta la personalità del presidente di
Libera: Don Luigi Ciotti28. Un uomo che fin da giovane si è dedicato ad aiutare
28
Nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (BL), emigra con la famiglia a Torino nel 1950.
Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prenderà in seguito il nome di Gruppo
Abele, costituendosi in Associazione di volontariato e intervenendo su numerose realtà segnate
dall’emarginazione. Nel 1968 comincia un intervento all’interno degli istituti di pena minorili:
l’esperienza si articola in seguito all’esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime
comunità per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli
(TO), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia,
gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l’irruzione improvvisa e diffusa
della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunità. Partecipa
attivamente al dibattito e ai lavori che portano all’entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685
sulle tossicodipendenze. Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero
rispetto alle tossicodipendenze e dell’alcolismo non si è mai interrotta. È invitato in vari Paesi
(Gran Bretagna, USA, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e
condurre seminari sul tema ed è chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi
anni Ottanta segue un progetto promosso dall’Unione internazionale per l’infanzia in Vietnam.
Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per
gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del
Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (CNCA), presiedendolo per dieci anni: al
35
tossicodipendenti e persone con altri tipi di dipendenze costituendo il Gruppo
Abele29, dopodiché è iniziato il suo profondo e tenace impegno contro le mafie e i
suoi soprusi con la fondazione di Libera. Il 21 marzo 2015 sul palco riservato
all’associazione Libera durante la Giornata della Memoria e dell’Impegno, Don
Ciotti ha parlato di tante cose, partendo dal significato principale di questa
giornata dedicata alle vittime innocenti delle mafie e ai loro familiari. Le mafie
possono essere studiate, analizzate e raccontate, tuttavia non possono essere
comprese fino in fondo senza aver conosciuto le vittime, senza aver ascoltato il
loro dolore e le loro fatiche. Ma non basta mettere una targa, intitolare una piazza
o dedicare una manifestazione, questi nomi devono rimanerci dentro, darci la
coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunità e associazioni. Nel 1986 partecipa alla
fondazione della Lega italiana per la lotta all’AIDS (LILA), nata per difendere i diritti delle
persone sieropositive, di cui è il primo presidente. Nel marzo 1991 è nominato Garante alla
Conferenza mondiale sull’AIDS di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le
associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell’aiuto e nel sostegno ai malati. Nel
corso degli anni Novanta intensifica l’opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando
vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui è direttore responsabile. A coronamento di questo
impegno, dalle sinergie tra diverse realtà di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel
1995 "Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie". Luigi Ciotti è stato più volte membro
del Consiglio Presbiteriale ed è attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di
Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e
provincia. Nei primi anni Ottanta è stato docente presso la Scuola superiore di polizia del
ministero dell’Interno. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti è editorialista e collabora con vari
quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, l’Avvenire, l’Unità, il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il
Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant’Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste
specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali.
29
Il Gruppo Abele è una Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) fondata a Torino
nel 1965 da don Luigi Ciotti. Il Gruppo lavora per “dar voce a chi non ha voce”, nel tentativo di
saldare l’accoglienza con la politica e la cultura. Il Gruppo è oggi articolato in circa 40 attività, fra
le quali si trovano alcune comunità per problemi di tossicodipendenza, spazi di ascolto e
orientamento, servizi a bassa soglia, progetti di aiuto alle vittime di tratta e ai migranti. Ci sono
inoltre una casa editrice (Edizioni Gruppo Abele), un centro studi e ricerche, una biblioteca, un
archivio, due riviste (Narcomafie e Animazione Sociale), percorsi educativi rivolti a giovani,
operatori e famiglie. Il Gruppo Abele anima anche progetti di cooperazione in Africa e un
consorzio di cooperative sociali che dà lavoro a persone con storie difficili alle spalle. L'impegno
trasversale delle diverse realtà del Gruppo ha dato vita alla nascita di numerose associazioni e
coordinamenti: nel 1982 ha accompagnato la fondazione del Cnca, Coordinamento nazionale
Comunità di Accoglienza, mentre nel 1986 ha partecipato alla fondazione della Lila, Lega italiana
lotta all’Aids. Sempre dal Gruppo è nata nel 1995 l'esperienza di Libera. Associazioni, nomi e
numeri contro le mafie, un coordinamento formato da circa 1.500 associazioni in tutta Italia che
collaborano nella lotta alle mafie e per la promozione di una cultura della legalità. Orizzonte di un
impegno così complesso e sfaccettato è la volontà di costruire una società capace di promuovere,
attraverso la corresponsabilità, la libertà e la dignità di ogni persona.
36
forza e la motivazione e ricondurci all’impegno in maniera ancora più
determinata, consapevole e convinta perché la mafia può essere sconfitta in modo
che tutto il coraggio delle vittime non sia stato vano. Il dolore delle persone che
restano è uguale per tutti, tutte le vittime vanno ricordate per garantire ai familiari
i legittimi diritti. Il nostro Paese è un paese di stragi, ancora in gran parte impunite
e avvolte in presunti misteri: la verità e la giustizia non possono essere solo dei
bisogni, ma ci devono essere, devono essere garantite. Una comunità non può
essere lasciata nel dubbio che nei più alti livelli ci sia stato un negoziato tra
istituzioni e mafia. Don Ciotti denuncia tutti coloro che cercano di ostacolare il
lavoro di magistrati, forze di polizia, quanti nelle istituzioni si sono impegnati e si
stanno impegnando nella lotta alle mafie; chiede che vengano forniti maggiori
strumenti necessari per continuare a fare il loro mestiere, consegnando giustizia e
verità al nostro Paese. Quello che reclama Don Ciotti è che venga approvata
finalmente un legge radicale contro la corruzione; si domanda perché ci siano
persone che addirittura non la vogliono: c’è l’impressione di assistere a una nuova
trattativa stato-mafia. Coloro che non sentono il bisogno di stare dalla parte di chi
pretende la legge contro la corruzione fa i favori ai mafiosi. Don Ciotti definisce
la corruzione come la più grave minaccia della democrazia: un reato dai costi
sociali enormi, pagato con il taglio dei servizi, con l’aumento della precarietà e
della disoccupazione e con l’espansione delle mafie, perché la corruzione è
l’avamposto delle mafie. Corruzione mafie sono due facce della stessa medaglia.
La parola giusta oggi è: occupazione. Non parliamo più di infiltrazione, le mafie
non hanno bisogno di infiltrarsi, di mascherarsi, di entrare dalla porta di
servizio: trovano porte aperte. Nel suo discorso Don Luigi invita tutti ad avere più
37
coraggio, ma soprattutto lo chiede a chi ha responsabilità politiche e istituzionali.
Don Ciotti sollecita il mondo della politica a fare qualcosa in più per l’Agenzia
Nazionale per i Beni Confiscati, in modo da togliere tutti i beni ai mafiosi, creare
leggi e trovare soluzioni più incisive. Chiede che venga approvata così come è
stata proposta e senza modifiche, la legge che denuncia l’introduzione dei delitti
contro l’ambiente. Si riferisce chiaramente alla Terra dei fuochi e a tutte quelle
persone uccise dalle terre violentate dalla tossicità. Don Ciotti ha proposto di
votare il disegno di legge 1687 del Governo che prevede il 21 marzo come
Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno. Don Ciotti rivolge la sua
attenzione anche ai giovani, Migliaia di ragazzi meravigliosi provenienti dalle
scuole, dalle università di tutta Italia determinati nel sognare un mondo fondato
sulla giustizia e sulla solidarietà, ragazzi portatori di una nostalgia di futuro. Don
Luigi Ciotti conclude affermando che Libera è libera di nome e di fatto, è un
coordinamento composto da migliaia e migliaia di altre associazioni, storie, radici
e percorsi diversi. Libera è un noi, non è un io: sono tanti io messi insieme in 20
vent’anni. Non sentirci mai arrivati, questa deve essere la nostra forza. Non
perdiamo questa forza insieme, non corriamo il rischio di sentirci comodamente
dalla parte giusta: la parte giusta non è un luogo dove stare, ma un orizzonte
sempre da raggiungere. Si parla tanto di riforme, ma la più urgente è
un’autoriforma, la riforma delle coscienze, perché l’egoismo e le indifferenze ci
hanno portato alla corruzione e alle mafie. Il risveglio delle coscienze ce ne può
liberare. Una coscienza inquieta non si rassegnerà mai alla violenza e
38
all’ingiustizia perché guarderà al di fuori di sé, al mondo degli altri, al mondo di
tutti, sarà sempre una spina nel fianco del potere mafioso30.
La Giornata della Memoria e dell’Impegno nasce nel 1996, diventando
immediatamente uno dei più grandi e attesi appuntamenti fissi nell’agenda
dell’Italia. Centinaia di persone, familiari e amici delle vittime innocenti di mafia
hanno sempre chiesto giustizia e solidarietà umana e Libera con questa Giornata
crea l’opportunità per ottenere questi due elementi che non sopperiranno alle
perdite di tutte quelle persone, tuttavia aiuteranno a sostenere il peso e a ricevere
un supporto da parte di associazioni e istituzioni. Le ragioni che hanno spinto
Libera a fondare questa Giornata sono fondamentalmente tre: la prima è che le
vittime delle mafie sono state per troppo tempo lasciate nell’oblio sociale, eccetto
per quelle persone che possiedono di un cognome noto o che provengono
comunque da un rango sociale più elevato, che quindi gli ha permesso di godere
di una maggiore considerazione da parte dell’opinione pubblica. Prima della
nascita di Libera le famiglie delle vittime si erano riunite soltanto una volta, nel
dicembre 1996 ed erano in quattrocento davanti alla Camera dei Deputati attesi
solamente da sei parlamentari. Da qui deriva la seconda ragione, ovvero la
rivendicazione di una giustizia collettiva, poiché la prassi fino ad allora aveva
sempre visto i familiari arrendersi per mancanza di mezzi e perché isolati, o
comunque rinunciare alla costituzione di parte civile o soccombere nelle aule di
giustizia. La terza ragione risiede nel fatto che i sentimenti, quelli colpiti,
diventano la cosa più importante e di maggior valore, che si pongono al centro
dell’associazione nazionale intenzionata a influire in modo determinato nelle
30
Discorso di Don Ciotti pronunciato durante la Giornata della Memoria e dell’Impegno il 21
marzo 2015 a Bologna.
39
decisioni politiche del Paese. La prima Giornata della Memoria e dell’Impegno
viene celebrata a Roma il 21 marzo 1996 alla presenza del Presidente della
Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Da quel momento l’appuntamento si tiene ogni
anno in una città diversa, a seconda delle esigenze indicate dai tempi della lotta
contro le mafie sul territorio nazionale, e dando sempre più importanza alla
necessità di trasformare la memoria delle vittime di mafia in un impegno più altro
da parte di ogni singolo cittadino. La Giornata ha un forte valore simbolico ed
emotivo celebrata attraverso una messa laica, nella quale amici, parenti ed
esponenti delle istituzioni recitare i nomi delle vittime innocenti di mafia. È un
modo per dare il valore di persona ad ogni vittima e per affermare quello che
secondo Don Ciotti è il primo diritto della persona, il diritto al nome.
In questa giornata il popolo di Libera sfila per le vie della città scelta per
l’occasione, in un clima di festa, riportando lo Stato e la società civile nello Stato
e nella società civile31. Quando il corteo giunge al termine vengono letti i quasi
900 nomi di tutte le vittime innocenti di mafia. In questo senso la memoria è il
fulcro della manifestazione. Tanti sono gli elementi che richiamano l’attenzione
dei partecipanti, come per esempio i colori. Possiamo considerare Libera
un’associazione policroma e così anche il suo popolo. La sua stessa bandiera
31
Nando Dalla Chiesa, La scelta Libera. Giovani nel movimento antimafia. Capitolo IV: Un
popolo giovane e ovunque.
40
presenta tre tonalità: giallo, arancione e fucsia. Nel corteo sfilano bandiere,
striscioni portati da studenti, stendardi dei comuni associati, disegni di bambini,
fasce tricolore, bandiere della pace e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è un
corteo coloratissimo che esprime tutto il sostegno possibile a questa giornata
attraverso i colori simbolo di pace e armonia. Durante la manifestazione è
possibile imbattersi in giovani che distribuiscono arance siciliane raccolti dai
terreni confiscati alla mafia, mentre nei pressi del palco si possono trovare dei
banchetti allestiti per offrire cibo ai manifestanti. Di solito in manifestazioni di
questo genere non viene offerto del cibo, se non per fini commerciali o
pubblicitari, ma in questa occasione la manifestazione svolge la funzione di
restituire una dimensione collettiva e comune ai partecipanti, nella quale la cosa
pubblica, lo Stato di cui ci si riappropria è di tutti in egual modo.
3.1.1 Libera: associazioni.
Fin dalla sua nascita Libera non è mai stata solo Libera, ma associazioni,
nomi e numeri contro le mafie. La sua identità si rispecchia nei concetti di
pluralità e collegialità, che fanno di essa un’associazione di secondo livello, vale a
dire una federazione di associazioni già esistenti. Nel corso degli anni il modello
organizzativo di rete su cui si basa l’associazione, per mezzo di un processo di
evoluzione e ridefinizione, ha visto aumentare sempre di più il peso dei numeri,
ossia dei singoli individui, rispetto alla centralità che avevano assunto le
organizzazioni nazionali nei primi anni di vita dell’associazione. Il movimento
antimafia nato nel 1995 rappresenta uno dei principali punti di riferimento della
mobilitazione. All’inizio degli anni Novanta le associazioni venivano distinte in
41
specializzate, le quali avevano al centro il tema della lotta alla criminalità
organizzata, e non specializzate, in cui la lotta alla mafia costituiva solo uno degli
impegni dell’associazione. Queste associazioni prevedevano tre tipi di attività:
educativo-culturale, quindi di prevenzione, informativo-conoscitivo, quindi di
sensibilizzazione, di mobilizzazione della società civile e partecipazione in senso
stretto. Tuttavia, sempre all’inizio degli anni Novanta, il movimento antimafia era
caratterizzato da alcune frammentarietà tra gli elementi di novità e discontinuità,
nella storia del movimento, mentre al giorno d’oggi si è in grado di costruire un
progetto stabile nel tempo e di tessere una rete plurale, sempre più fitta e
organizzata, la quale diventa un punto di riferimento per i soggetti istituzionali e
per quelli sociali e politici sul territorio. Ispirate a Libera sono moltissime le
associazioni che in varie regioni del nostro Paese hanno iniziato a creare percorsi
caratterizzati da un forte spirito antimafia, non solo contro le organizzazioni
criminali, ma per formare una società più giusta e solidale: movimenti
studenteschi e gruppi giovanili, movimenti di sostegno a testimoni di giustizia e
familiari delle vittime di mafia, percorsi di consumo e critico a supporto dei
commercianti che denunciano il racket o delle cooperative che lavorano sui
territori confiscati alle mafie. Una di queste è Addio Pizzo32 a Palermo, o daSud33
32
Addiopizzo è un movimento antimafia italiano, nato e sviluppatosi in Sicilia, impegnato
principalmente sul fronte della lotta al racket delle estorsioni mafiose (il cosiddetto pizzo).
Nato a Palermo nel 2004, Addiopizzo ha segnato, per la città, il risveglio dalla lunga acquiescenza
al racket delle estorsioni. Nella città infatti nessuno, da tempo, parlava più di pizzo, sebbene i dati
della procura confermassero che l'80% dei commercianti lo pagasse. Ha sede a Palermo, in un
appartamento confiscato alla famiglia mafiosa degli Spataro e concesso al Comitato in base alla
legge n. 109/96, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Esso è
intitolato a Mario Bignone, capo della Sezione Catturandi della Squadra Mobile di Palermo,
scomparso prematuramente per cause naturali nel 2010. Addiopizzo è un movimento che, dal
basso, si fa portavoce di una “rivoluzione culturale” contro la mafia. Addiopizzo è anche
un’associazione di volontariato espressamente apartitica ma politica, perché promuove la
partecipazione democratica come modalità migliore per il superamento del sistema di potere
mafioso. Tra le varie prassi sperimentate, la più originale è il Consumo critico Addiopizzo, un
peculiare patto tra cittadini/consumatori e operatori economici per il conseguimento di
42
a Roma, le quali pur presentando una forte identità autonoma, collaborano in
maniera positiva con Libera e rafforzano ulteriormente il movimento antimafia.
Il modello organizzativo di Libera si può considerare una rete aperta, poiché
si rispecchia in una grande e ormai riconosciuta associazione che crea spazi in cui
coloro i quali combattono la mafia, possano farlo in modo agile e soprattutto
visibile, senza il bisogno di imporre la propria identità, ma piuttosto dando un
reale valore alla specificità di qualcuno. Sempre per continuare il discorso di
sviluppo del movimento antimafia, nato già negli anni Ottanta, in Libera è
possibile notare la capacità di instaurare un rapporto dialettico con le istituzioni,
che sia allo stesso tempo di confronto e di rivendicazione. Ministeri, Commissioni
parlamentari, forze di polizia, magistratura, prefettura ed enti locali ormai
riconoscono tutti l’associazione di Libera, considerandola partner fondamentale
per la conoscenza delle organizzazioni criminali e di costruzione di politiche
pubbliche antimafia in grado di lavorare nell’ambito della prevenzione e del
contrasto sociale del fenomeno mafioso. Si riscontra pertanto, una relazione di
condizionamento reciproco tra organizzazione e ambiente, in quanto da un lato
un’economia libera dalla mafia. Addiopizzo è formato da più di 50 persone. Da sempre, organizza
eventi volti al supporto della pratica antimafia del consumo critico con i commercianti della lista
pizzo-free. Il comitato ha anche redatto la cosiddetta Mappa pizzo-free, che raccoglie le centinaia
di imprenditori, commercianti ed artigiani che aderiscono alla campagna di Consumo critico
contro il racket delle estorsioni. Viene proposta con indicazioni in italiano, in inglese e in tedesco,
presso tutti gli operatori economici aderenti al circuito di Addiopizzo e nei centri info del comune
di Palermo. Attualmente 30 aziende produttrici alimentari e manifatturiere aderenti alla lista del
Consumo critico contraddistinguono i loro prodotti con un marchio che reca la dizione “Certificato
Addiopizzo”, con cui sempre più persone potranno sostenere queste imprese con i loro acquisti.
33
daSud è un’associazione di promozione sociale e antimafia che nasce in Calabria nel 2005 per
sperimentare percorsi di giustizia sociale, sviluppare i diritti come strumento di contrasto ai clan e
ricostruire l’antimafia popolare. Ha raccontato i femminicidi di mafie, analizza la trasformazione
del ruolo delle donne nei clan e promuove campagne e politiche per la parità di genere. Dal 2009
l’associazione ha la sua sede nazionale a Roma presso lo Spazio daSud, dove ha aperto la prima
mediateca sulle mafie e l’antimafia della Capitale che è dedicata alla memoria di ‘Giuseppe
Valarioti’. Lo Spazio daSud è anche uno spazio di coworking, un osservatorio sulle mafie, un
laboratorio permanente di creatività e di innovazione sociale dove vengono organizzati dibattiti,
eventi culturali e slow food.
43
Libera ha contribuito e contribuisce tutt’ora a cambiare profondamente la società
italiana , la quale accoglie sempre di più le iniziative di memoria per le vittime di
mafia, impegnandosi anche culturalmente a combattere le organizzazioni
criminali, dall’altro, il contesto sociale produce spinte e cambiamenti che portano
l’associazione a crescere ed evolversi continuamente.
Nel 2005 avviene una svolta importante per l’associazione: parte infatti
l’iniziativa di modificare lo statuto. Grazie alla sua rinnovazione, lo statuto
permette ora di aderire formalmente anche ai singoli, aprendo la strada al loro
tesseramento. Nel 2010 ha luogo un ulteriore cambiamento che consente
l’introduzione di presìdi come gruppi informali di singoli e realtà organizzate che
vogliano proporre le azioni di Libera sul territorio di competenza34. La formula
del presidio nasce in Piemonte con l’esigenza di organizzare i tanti nuovi soci
singoli, diffondendosi progressivamente nel resto delle regioni. La rete aperta di
Libera sembra essere più diffusa al Centro-Nord rispetto alle regioni meridionali:
nelle regini a tradizionale presenza mafiosa si registra una percentuale più bassa di
partecipazione da parte di militanti e volontari alle manifestazioni del 21 marzo, ai
campi estivi di E!state Liberi!35, ai raduni dei giovani di Libera. Proprio in queste
regioni tipicamente caratterizzate dalla presenza mafiosa è possibile rilevare che
34
Statuto di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
E!state Liberi! è un'esperienza di volontariato e di formazione civile per i giovani sui terreni e i
beni confiscati alle mafie ed ora gestiti dalle cooperative sociali e dalle associazioni. L'obiettivo
principale dei campi di volontariato sui beni confiscati alle mafie è quello di diffondere una cultura
fondata sulla legalità e giustizia sociale che possa efficacemente contrapporsi alla cultura della
violenza, del privilegio e del ricatto. Si dimostra così, che è possibile ricostruire una realtà sociale
ed economica fondata sulla pratica della cittadinanza attiva e della solidarietà. Caratteristica
fondamentale di E!State Liberi è l'approfondimento e lo studio del fenomeno mafioso tramite il
confronto con i familiari delle vittime di mafia, con le istituzioni e con gli operatori delle
cooperative sociali. L'esperienza dei campi di volontariato ha tre momenti di attività diversificate:
il lavoro agricolo o attività di risistemazione del bene, la formazione e l'incontro con il territorio
per uno scambio interculturale.
35
44
la nascita di un presidio comporta un periodo più lungo di monitoraggio e
conoscenza, per garantirsi dall’ingresso di nuovi individui o associazioni titolari
di relazioni ambigue o addirittura legate a famiglie mafiose. Inoltre, c’è da dire
che le regioni meridionali sono storicamente caratterizzate, da una minore
tradizione di associazionismo e volontariato rispetto a quelle settentrionali, per
questo motivo rimane più difficile l’inserimento di presidi.
Se Libera costituisce un’associazione che col passare degli anni si sta
sviluppando sempre di più, partorendo continuamente nuove idee e progetti, non
sono da sottovalutare le difficoltà che derivano da questo incremento. Per
esempio, se l’organizzazione fluida e leggera da un lato ha incoraggiato
l’allargamento della rete, dall’altro potrebbe rivelarsi in un periodo di tempo
medio-lungo inadeguata a rispondere alle molteplici sollecitazioni che vengono
sia dal basso, quindi dai singoli cittadini, da movimenti ecc, sia dall’alto, quindi
istituzioni ed enti locali. La mole di lavoro continua ad aumentare, per questo
motivo vi è la necessità di un adeguamento strutturale che corrisponda all’elevato
tasso di innovazione.
3.1.2 Libera: nomi
Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e
continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. Giovanni Falcone.
Secondo Don Ciotti il nome è il primo diritto di una persona. I nomi sono
quelli delle vittime innocenti della criminalità organizzata, raccontanti per la
prima volta in Italia nella dimensione più profonda e vera del dolore in forma
privata per poi essere destinati ad entrare a far parte della dimensione pubblica
45
della memoria. L’obiettivo di Don Ciotti è quello di non lasciare soli i familiari
delle vittime innocenti della mafia, le quali sono per la maggior parte donne –
madri, mogli, sorelle, figlie – che raccontano nelle loro testimonianze di essere
stati presi per mano e di aver trovato una nuova famiglia, la quale ovviamente non
cancella il dolore, ma restituisce la dignità e il significato alla richiesta di verità e
giustizia. I nomi costituiscono una rete di familiari che trovano in Libera un
riferimento importante. In secondo luogo ci sono poi le altre associazioni e gli
altri movimenti territoriali sparsi in tutta Italia, che continuano a sostenere il
progetto di Libera, in più piccole e recenti dimensioni.
Il profilo di Libera si può delineare attraverso i miti e gli esempi che
caratterizzano l’immaginario, le voci e gli animi di chi partecipa alla vita
dell’associazione. Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone,
Paolo Borsellino, Peppino Impastato e tantissimi altri simboli di una guerra
sanguinosa e punti di riferimento che quando morirono, sono diventate ancora più
note. Fortunatamente ci sono anche persone che svolgendo ruoli di responsabilità
nelle istituzioni sono diventante simboli dell’antimafia senza subire la violenza
mafiosa. Una di queste è Antonino Caponnetto, un magistrato italiano, noto
soprattutto per aver guidato il Pool antimafia, ideato da Rocco Chinnici nel 1980,
dal 1984 al 1990. Al suo fianco chiamò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,
Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. La loro attività portò all'arresto di più di
400 criminali legati a Cosa Nostra, culminando nel maxiprocesso di Palermo,
celebrato a partire dal 10 febbraio 1986.
Il popolo di Libera ha creato un panorama di miti ancora più ricco di quello
istituzionale e ufficiale, coniando simboli e linguaggi che possono essere racchiusi
46
in cinque gruppi. Il primo è quello dei familiari delle vittime di mafia, quindi
donne e uomini che in seguito alla morte di un loro caro hanno fatto della
battaglia contro la mafia, una battaglia personale. Il personaggio più noto che ha
scelto di vivere lottando per la legalità e la memoria è Vincenzo Agostino, padre
del giovane poliziotto Antonio Agostino ucciso nel 1989 con la moglie incinta
perché stava indagando sul fallito attentato a Giovanni Falcone dell’Addaura. Da
quel momento Vincenzo non si è mai più tagliato la barba in segno di protesta, in
attesa che venga fuori la verità sulla morte di suo figlio e sua nuora. Vincenzo
Agostino viene considerato il nonno dell’antimafia, dati i suoi capelli e la sua
barba bianchi e lunghi. Saveria Antiochia, invece è la madre di Roberto Antiochia
ucciso nel 1985 mentre scortava il vicequestore di Palermo Ninni Cassarà. Saveria
Antiochia ha denunciato le condizioni di lavoro degli uomini della scorta in una
lettera scritta all’allora ministro degli Interni Luigi Scalfaro e da quel momento si
reca spesso in scuole, biblioteche, circoli e parrocchie, testimoniando la
complicità tra Stato e mafia senza arrendersi mai. Questi sono solo due dei
moltissimi familiari che hanno visto perdere i loro cari per mano delle
organizzazioni criminali, ma che oggi non smettono di combattere per ottenere il
diritto alla verità e alla giustizia.
Il secondo gruppo è costituito dalle giovani vittime di mafia, le quali spesso
sono sconosciute, ma Libera rievoca le loro personalità, facendone dei punti di
riferimento come ha fatto con i più grandi personaggi che hanno combattuto
questa guerra disumana. Il più famoso è sicuramente Peppino Impastato. Grazie al
film I cento passi, diventato un manifesto della lotta contro la mafia, possiamo
ricordare la sua sfida al boss Gaetano Badalamenti nella Cinisi degli anni Settanta:
47
la piccola radio (Radio Aut) da cui conduceva la sua trasmissione che denunciava
l’esistenza della mafia nel suo piccolo paese siciliano, la frase la mafia è una
montagna di merda pronunciata proprio sotto la finestra del boss mafioso
Badalamenti, compare ormai su miriadi di magliette e cartelloni durante le
manifestazioni. Poi c’è la storia di Rita Atria, morta suicida all’età di 17 anni, la
quale, essendo legata ad una famiglia mafiosa, decise di passare dalla parte della
giustizia venendo ripudiata dalla madre. Fu proprio Paolo Borsellino a raccogliere
le sue testimonianze e a farle in un certo senso da padre. Dopo una settimana dalla
strage di via D’Amelio, la ragazza non riuscì a sostenere la pressione e, sentendosi
persa si gettò dal settimo piano.
Il terzo gruppo è composto dai predicatori del Vangelo, ovvero tutti quegli
uomini di chiesa come per esempio Don Pino Puglisi, impegnato nella lotta alla
mafia, ucciso nel 1993 a Palermo; o come Don Peppe Diana, il quale decise di far
incontrare la strada dell’antimafia con quella dello scoutismo e della chiesa
cattolica in un terreno pericoloso come quello di Casal di Principe.
Il quarto gruppo è quello degli innocenti. Sebbene tutte le vittime di mafia
siano da considerarsi innocenti, questo termine si rivolge a quelle persone morte
per errore. È il caso del piccolo Domenico Gabriele, morto a soli 11 anni, colpito
per sbaglio da un proiettile durante un regolamento di conti tra membri di
‘ndrangheta, mentre giocava con suo padre su un campo da calcio di Crotone.
L’ultimo gruppo che finisce di delineare l’identità e la memoria del
movimento antimafia di Libera è quello dei Partigiani, sempre impegnati nella
lotta non solo della mafia, ma dell’illegalità e della guerra, ma dopo il 21 luglio
48
1992, quando fuori dalla chiesa ai funerali di Paolo Borsellino hanno gridato
Resistenza! Resistenza! il loro impegno è diventato ancora più forte.
Queste sono tutte persone che hanno contribuito e contribuiscono ogni
giorno alla creazione della personalità antimafiosa del popolo di Libera. Dei miti
che derivano da storie crudeli, ma che servono da esempio per continuare a
diffondere le idee che ci hanno trasmesso.
3.1.3 Libera: numeri.
Il filone dei numeri è legato a quello delle associazioni. I numeri sono una
rete che cresce in relazione alla quantità e alla qualità della proposta: i singoli
cittadini organizzati in presidi sui territori, le scuole, gli insegnanti, le università, i
professionisti, i progetti, gli sportelli e le borse di lavoro, la raccolta fondi e la
rendicontazione sociale.
Libera istaura fin dalla sua nascita un rapporto privilegiato con la scuola. I
suoi progetti formativi sono sostenuti da migliaia di istituti in tutta Italia. Essi
comprendono attività di promozione alla legalità per le nuove generazioni,
educazione alla Costituzione e diffusione dei valori di solidarietà, onestà,
convivenza civile, giustizia sociale e legalità democratica, fondamentali per una
società responsabile e resistente a mafie, malaffare e corruzione. Sicilia,
Campania e Lombardia sono i luoghi dove è maggiormente diffusa l’attività di
Libera nelle scuole elementari, medie e superiori di ogni ordine. Alimentati anche
dalle testimonianze dei familiari delle vittime - tra cui emergono quelle di Saveria
Antiochia, la quale come già detto in precedenza, dedica gran parte della sua vita
alla comunicazione nelle scuole, e Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo
49
Borsellino, che grazie alla sua forza d’animo guida molti studenti nella battaglia
contro la mafia - i progetti formativi continuano a moltiplicarsi. Questi però non
mirano solamente a promuovere il discorso di lotta alla mafia, ma a migliorare le
condizioni generali della legalità. Tutti i corsi che sostiene e patrocina hanno al
centro i temi della giustizia, della legalità, della pace, della solidarietà, dei diritti
dei deboli e infine della Costituzione. L’attività è rinforzata anche dall’appoggio
di alcuni esponenti delle istituzioni ecclesiastiche, i quali scelgono di affiancare
Don Ciotti nel suo impegno formativo.
Gli insegnanti sono invitati ad offrire nuovi spunti di riflessione per quanto
riguarda la didattica della legalità. Dal 2004 Libera consente alle scuole o alle
singole classi di associarsi, forgiando un rapporto ancora più intenso. Nel 2014
sono quasi 4000 in tutta Italia, le scuole che aderiscono ai progetti educativi di
Libera.
Al contrario delle scuole, fin dal principio aperte alle idee e alle proposte di
Libera, le università hanno cominciato a partecipare alle iniziative di educazione e
di sensibilizzazione antimafiosa di Libera solo alcuni anni dopo, sviluppando ad
ogni modo una forte collaborazione con l’associazione. Sono 47 i protocolli
firmati tra Libera e i singoli atenei: Torni, Palermo, Bologna e Roma sono quelle
che hanno aderito effettivamente ai progetti, vedendo nascere importanti nuclei
studenteschi pronti a partecipare alle iniziative di Libera. Nel 2007 termina
l’alleanza con il mondo accademico in un protocollo con il Ministero
dell’Università e della Ricerca, il quale mira a diffondere, approfondire,
aggiornare e contribuire alla costruzione di una cultura dell'antimafia competente,
50
di una conoscenza sulle mafie in costante aggiornamento, di una formazione
finalizzata allo sviluppo di coscienze responsabili.
3.2 La mafia restituisce il maltolto: i beni confiscati
Il 1996 segna un passaggio fondamentale per la campagna di opinione che
raggiunge il suo secondo traguardo: la confisca dei beni ai mafiosi. Tutto inizia
con la legge Rognoni-La Torre, varata nel 1982 pochi giorni dopo la morte del
generale Dalla Chiesa, una legge di primaria importanza per due motivi: perché
definisce e istituisce l’associazione di stampo mafioso e perché permette la
confisca dei beni alla mafia. Attraverso la raccolta di oltre un milione di firme,
Libera va oltre la legge Rognoni-La Torre, proponendo di restituire alla società
quello che la mafia le ha tolto in termini di ricchezza e opportunità, ciò che è stato
raccolto con la violenza e la diffusione di morte, per mezzo di armi come la droga.
Per questo lo slogan recita La mafia restituisce il maltolto. Così comincia a
prendere forma l’idea di antimafia sociale che caratterizza la nuova fase dei
movimenti. I beni già di proprietà mafiosa serviranno a offrire opportunità di
lavoro e sostegno a giovani e persone sfortunate. Fin da subito si capisce che
questo progetto di iniziativa popolare è di natura fortemente rivoluzionaria (le
prime firme sono di Don Ciotti, Luciano Violante36, Grazia Manni e Gabriella
Stramaccioni37), tuttavia in Parlamento la proposta ottiene livelli di consenso e
partecipazione inimmaginabili. Entra così in vigore la legge 109/96, la quale però
viene subito contrastata nella fase iniziale della sua attuazione, ma sono
36
Luciano Violante (Dire Daua, 25 settembre 1941) è un docente e politico italiano. È stato
presidente della Commissione parlamentare antimafia (1992-1994) e della Camera dei deputati
(1996-2001).
37
Coordinatrice nazionale di Libera.
51
comunque tanti e diversi gli esponenti politici e istituzionali che sostengono con
convinzione la sfida di Libera e di Don Ciotti. Nonostante ciò, vi sono altri
ostacoli che intralciano la riuscita di questa legge, ovvero la lentezza della
burocrazia, inefficienze e ostruzionismi amministravi e come se non bastasse vi è
il fardello più preoccupante e cioè la risposta delle mafie, per niente disposte a
perdere i loro patrimoni, mettendo quindi immediatamente in atto le proprie
strategie di dissuasione nei confronti degli intrusi che osano beneficiare della
legge, danneggiando strutture, incendiando mezzi e raccolti, intimidendo chi
collabora alla produzione del raccolto. In questi anni sono spesso arrivate minacce
da parte di Totò Riina, sebbene si trovi in carcere, poiché la mafia riesce a
riconoscere il pericolo, sentendo che l'insidia, oltre che dalle forze di polizia e da
gran parte della magistratura, proviene dalla ribellione delle coscienze, dalle
comunità che rialzano la testa e non accettano più il fatalismo, la sottomissione, il
silenzio. Le parole di Don Ciotti sono chiare: Queste minacce sono la prova che
questo impegno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi. Siamo al
fianco dei famigliari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di
chi, caduto nelle reti criminali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia,
scegliere la via dell'onestà e della dignità. Molti famigliari vanno nelle carceri
minorili dove sono rinchiusi anche ragazzi affiliati alle cosche. La politica deve
però sostenere di più questo cammino. La mafia non è solo un fatto criminale, ma
l'effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune. Ci sono
provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare senza troppe mediazioni e
compromessi. Ad esempio sulla confisca dei beni, che è un doppio affronto per la
mafia, come anche le parole di Riina confermano. Quei beni restituiti a uso
52
sociale segnano un meno nei bilanci delle mafie e un più in quelli della cultura,
del lavoro, della dignità che non si piega alle prepotenze e alle scorciatoie38.
Nel 2000 viene avviato il progetto Libera Terra, grazie alla collaborazione
tra Libera e la prefettura di Palermo, guidata dal prefetto Renato Profili. A
seguirlo è l’allora vicepresidente di Libera Enrico Fontana, che cura per conto
dell’associazione l’impegnativo iter con cui, attraverso un bando pubblico, nasce
la prima cooperativa: la Placido Rizzotto39, destinata a operare su terreni conferiti
dai cinque comuni di Corleone, San Giuseppe Jato, Piana degli Albanesi e San
Cipirello. Nel 2001 nasce la prima cooperativa Placido Rizzotto che opera a San
Giuseppe Jato. Quando la cooperativa che ha preso in gestione il bene conclude
finalmente il suo primo ciclo di lavoro, superando le difficoltà finanziarie,
logistiche e organizzative di ogni tipo, non si riesce a trovare sul posto tecnici
disposti ad eseguire le operazioni di trebbiatura. È costretto ad intervenire il
prefetto con un procedimento di precettazione, e in ogni caso tutte le operazioni
38
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10295
Placido Rizzotto (Corleone, 2 gennaio 1914 – Corleone, 10 marzo 1948) è stato un sindacalista
italiano, rapito e ucciso da Cosa Nostra. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio nel
Regio Esercito sui monti della Carnia, in Friuli Venezia Giulia, con il grado di caporale prima, di
caporal maggiore poi e infine di sergente. Dopo l'armistizio dell'8 settembre si unì ai partigiani
delle Brigate Garibaldi come socialista. Rientrato a Corleone al termine della guerra, iniziò la sua
attività politica e sindacale. Ricoprì l'incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell'ANPI di
Palermo e quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del
Partito Socialista Italiano e della CGIL. Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948, mentre
andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del
movimento contadino per l'occupazione delle terre. Mentre veniva assassinato, il pastorello
Giuseppe Letizia assistette al suo omicidio di nascosto e vide in faccia gli assassini. Per questo
venne ucciso con un'iniezione letale, fattagli dal boss e dottore Michele Navarra (il mandante del
delitto di Placido Rizzotto). Le indagini sull'omicidio furono condotte dall'allora capitano dei
Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti, vennero
arrestati Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che ammisero di aver preso parte al rapimento di
Rizzotto in concorso con Luciano Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura fu possibile
ritrovare alcune tracce del sindacalista, ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle foibe
di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone. Criscione e Collura, insieme a Liggio che rimase
latitante fino al 1964, furono assolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro
confessione in sede processuale.
39
53
tecniche vengono eseguite sotto la protezione delle forze dell’ordine40. È la prima
vittoria significativa che ha visto coinvolgere intorno al progetto di Libera un
intero pezzo di società: attivisti politici e civili, gruppi parlamentari, magistrati,
cittadini che hanno avuto la buona volontà di contribuire alla raccolta delle firme,
funzionari di Stato che hanno supportato l’attuazione del progetto, le forze
dell’ordine che hanno offerto la loro protezione e soprattutto tantissimi giovani
disposti ad impegnarsi e partecipare alla costruzione di una nuova occupazione e
una nuova imprenditoria sui beni di proprietà delle cosche.
Col passare del tempo la sfida si è allargata e completata, infatti sono nate
cooperative non solo in altre parti della Sicilia, ma anche in Puglia, Calabria,
Campania e anche nelle regioni del Centro e del Nord. Alle cooperative vengono
dati i nomi chi ha contribuito a costruire la storia dell’antimafia, antica e recente:
da Pio La Torre a Placido Rizzotto, da Beppe Montana, commissario di polizia
ucciso a Palermo nel 1985, a Don Peppe Diana, il parroco assassinato a Casal di
Principe nel 1994, e via dicendo. Negli anni seguenti anche i singoli prodotti
vengono intitolati alle vittime dell’antimafia. In Puglia un vino negramaro viene
dedicato a Renata Fonte, assessore alla cultura di Nardò, in provincia di Lecce,
uccisa nel 1984 per essersi opposta alla speculazione edilizia sul parco naturale di
Porto Selvaggio. Nei prodotti che arrivano sul mercato si mescolano così i nomi di
notorietà nazionale e locale, i quali acquistano nuovi significati e più risonanza
grazie alla loro associazione con i prodotti delle cooperative. In questo modo la
corrente della memoria sfocia in quella dell’occupazione e della nuova
imprenditoria che nasce sui beni confiscati.
40
La scelta Libera. Giovani nel mondo antimafia: Nando Dalla Chiesa.
54
Nel 2007 in seguito alla concessione del marchio Libera Terra, avviene un
importante passo per l’associazione: vengono fissati requisiti etici e sociali,
tecnici e qualitativi, che qualificano il senso della sfida e del campo in cui il
marchio intende collocarsi nel promuovere la propria idea di economia sociale. I
prodotti iniziano ad aumentare: carciofini, taralli, pomodori secchi, passate di
pomodoro, olio, miele, melanzane sott’olio, vino, arance, farro, legumi, olive, uva,
melone e addirittura mozzarelle, etichettate come mozzarelle della legalità perché
prodotte a Casal di Principe su un terreno che passa preventivamente per una
bonifica di quasi due anni.
Le cooperative diventano affidatarie dei beni confiscati. Libera le sostiene
e le aiuta a superare tutti quegli ostacoli dettati dalla burocrazia e dalle ostilità
delle cosche mafiose. All’inizio nessuno avrebbe immaginato che sui terreni di
Riina o di Provenzano, sui terreni confiscati alla mafia calabrese, si coltivi oggi la
pasta, l’olio, il vino, come quello intitolato a Placido Rizzotto, il quale già ai suoi
tempi sognava di aprire delle cooperative di lavoro sui terreni confiscati alle
mafie. L’impegno e la concretezza non cambiano il mondo, ma sono segni
importanti che disturbano i mafiosi, che vedono sottrarsi veramente e
55
concretamente i patrimoni, il potere e i controllo che per loro sono fondamentali.
Si verifica l’affermarsi della legalità, la legalità che si fa territorio. Un territorio
che offre possibilità di lavoro, ma soprattutto di riscatto. Molte persone che
lavorano nelle cooperative di Libera pensano che fare un passo indietro, e quindi
non cercarsi un lavoro presso qualche azienda o ufficio, costituisca un’opportunità
per costruirsi un lavoro con le proprie mani, investendo sulle ricchezze e sulle
potenzialità del proprio territorio.
In Sicilia le cooperative sono sei. Dell'elenco fanno parte la Placido
Rizzotto e la Pio La Torre di San Giuseppe Jato, la Lavoro e non solo di Corleone,
la Rosario Livatino di Naro, la castelvetranese Rita Atria e la Beppe Montana di
Lentini, alle quali si aggiungono le calabresi Terre Joniche e Valle del Marro, la
brindisina Terre di Puglia e la campana Le terre di don Peppe Diana: ciascuna è
destinataria di almeno un bene sottratto alla mafia e produce su quei terreni vino,
pasta e altri generi alimentari commercializzati appunto sotto il marchio unico
Libera Terra. Inoltre, al di fuori del mondo agroalimentare, si trova la
Calcestruzzi Ericina, confiscata a Vincenzo Virga e attiva però – col nuovo nome
Calcestruzzi Ericina Libera – nella produzione di materiali da costruzione.
Inaugurata il 9 febbraio 2009, l’azienda è un'attività confiscata alla mafia del
trapanese, dal 2000 gestita in amministrazione giudiziaria e oggi resa ai siciliani:
una cooperativa di sei soci, già lavoratori dell'azienda prima del sequestro, è stata
costituita per ricominciare a produrre calcestruzzi e rappresenta l’unico esempio a
livello nazionale. Come previsto dalla legge 109 del 1996 sull'uso sociale dei beni
confiscati alle mafie, i beni aziendali della Calcestruzzi Ericina vengono affidati
alla cooperativa costituita dai lavoratori dell'azienda: la Calcestruzzi Ericina
56
Libera. Nell'area dello stabilimento di Trapani è stato realizzato, accanto alle
strutture completamente rinnovate per la produzione di calcestruzzo, un impianto
di riciclaggio di inerti tecnologicamente all'avanguardia per il nostro Paese. Nasce
così una vera e propria filiera imprenditoriale, che consente di recuperare
materiali altrimenti destinati a finire in discarica, o peggio ancora abbandonati
nell'ambiente, e di trasformarli in una risorsa. È un importante risultato reso
possibile dall'azione comune della Prefettura di Trapani, di forze dell'ordine e
Procura della Repubblica, dell'Agenzia del Demanio e della Regione siciliana,
dall'impegno costante di Libera, dal contributo di Unipol Banca e Unipol Gruppo
Finanziario, di Anpar e Legacoop. Ma anche dalla passione e dal senso di
responsabilità di chi ha amministrato l'azienda per conto dello Stato e di chi ha
continuato a lavorarci nonostante le difficoltà del cammino. Oggi, la nuova
azienda si candida ad avere un ruolo importante in un mercato, quello delle
costruzioni, reso ancora più difficile dalla presenza invasiva delle organizzazioni
mafiose. I soci della cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera sanno di avere le
carte in regola, per la qualità del loro lavoro e dei loro prodotti: da quelli ottenuti
con il trattamento e il riciclaggio degli inerti, al calcestruzzo. Materiali e prodotti
che hanno un valore in più: quello della legalità41.
41
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/884
57
Alla rete di cooperative si aggiunge la distribuzione diretta. Un network
costituito da quindici punti vendita, anch'essi ospitati per la maggior parte in
immobili confiscati a Cosa nostra, sparpagliati in tutta Italia: a Bolzano,
Castelfranco Veneto, Torino, Reggio Emilia, Bologna, Genova, Firenze, Pisa,
Siena, Roma, Castel Volturno, Napoli, Mesagne, Reggio Calabria e nel cuore di
Palermo, nella centralissima piazza Politeama, dove la bottega ha sede in un
negozio confiscato a Gianni Ienna. Ancora: nel pianeta Libera Terra trovano
posto anche una cantina (la Centopassi), due agriturismi (Portella della Ginestra e
Terre di Corleone), un caseificio (Le Terre di Castel Volturno), un consorzio di
cooperative (Libera Terra Mediterraneo, che dà lavoro a nove dipendenti e cinque
collaboratori) e un'associazione di supporto (Cooperare con Libera Terra, onlus
con 74 cooperative socie). Il risultato è un universo che nel 2013 ha dato uno
stipendio a 126 lavoratori, 38 dei quali svantaggiati, ai quali si sono aggiunti
1.214 volontari. Tutto per produrre circa 70 prodotti – venduti nelle botteghe
Libera Terra, ma anche nei punti vendita Coop, Conad e Auchan – che spaziano
dalla pasta all'olio, dal vino alla zuppa di ceci in busta: ne è venuto fuori, nel
2013, un fatturato di 5.832.297 euro, proveniente per più di un quinto dalla
58
commercializzazione all'estero. Questi numeri fanno delle cooperative il cuore
pulsante dell'economia targata Libera: basti pensare che l'intero bilancio
dell'associazione muove 2,4 milioni di euro, meno della metà del flusso di denaro
che passa dai campi confiscati. Denaro che però non finisce nelle tasche dei 94
soci: se una parte – nel 2013 di 157 mila euro – viene girata a Libera, il resto
viene utilizzato per attività sociali come la promozione della legalità, il recupero
di beni sottratti ai boss e i campi estivi.
3.2.1 Libera il g(i)usto di viaggiare
Per approfittare e godere in pieno dei prodotti realizzati attraverso la
confisca dei beni alla mafia, Libera ha creato una parte chiamata Libera il g(i)usto
di viaggiare. Si stratta di un’esperienza in giro per le regioni d’Italia, che,
attraverso un turismo responsabile nel rispetto dell’ambiente e della cultura, e
della giustizia economica, si pone l’intento di promuovere le cooperative sociali
attraverso la conoscenza di queste cooperative, in particolare con percorsi nel Sud
Italia, in Sicilia e in Puglia, che consentono di entrare in contatto con le persone
dei luoghi, conoscendo veramente l’identità del e del popolo territorio siciliano,
riconoscendo loro il diritto a tornare ad essere protagoniste dello sviluppo
sostenibile e socialmente responsabile del loro territorio. In questo modo si può
contribuire allo sviluppo delle regioni italiane. Tutti coloro che amano viaggiare,
conoscere e scoprire hanno l’opportunità di incontrare persone che rappresentano
la storia e le tradizioni di quei luoghi, quasi sconosciuti, e al tempo stesso
assaporare i migliori prodotti enogastronomici del territorio accompagnati da
momenti di relax.
59
Il progetto Libera il g(i)usto di viaggiare concede la possibilità di
sperimentare gusti, profumi e cibi tipici della Sicilia, per scoprire i sapori genuini
della terra. Attraverso la cucina e l’ospitalità in strutture accoglienti e
confortevoli, il viaggiatore è invitato ad entrare in contatto con gli aspetti più
caratteristici della cultura locale, con la tradizione, gli usi e le ricorrenze. I
prodotti, tra i quali le paste artigianali, i vini provenienti da singole viticulture, gli
oli e i legumi, sono commercializzati dal marchio Libera Terra e si possono
trovare nelle Botteghe dei Sapori e dei Saperi della legalità, oltre che nei ristoranti
che ne sponsorizzano l’iniziativa.
Le terre che fino alla metà del ventesimo secolo erano i patrimoni delle più
importanti famiglie mafiose e che ora sono tornate ad essere il patrimonio del
popolo siciliano, rappresentano un motivo di orgoglio per una terra considerata
terra di riscatto sia nei confronti della criminalità organizzata sia delle bellezze
naturali. Esse saranno scoperte attraverso la chiave del gusto, conoscendo le
produzioni tradizionali e dei più rappresentativi produttori: le storiche vigne del
brindisino coltivate dalla Cooperativa Terre di Puglia, la cantina Centopassi a
Corleone, gli agriturismi di Portella della Ginestra e Terre di Corleone, gli oliveti
della Valle del Marro. Si rivaluta il bene comune come sono i beni confiscati, ma
anche i beni come sono la natura e il paesaggio. I percorsi di questo progetto si
trovano su aree famose non soltanto perché un tempo appartenevano ai più
importanti boss mafiosi, come per esempio il paese di Corleone, bensì perché
questi territori sono stati i luoghi di nascita per persone come Pio La Torre o
Placido Rizzotto, che ogni giorno ispirano e incoraggiano il lavoro delle
cooperative di Libera. Per chi vuole conoscere la vera identità di un territorio, per
60
chi si sente di scoprire una Sicilia diversa, la Sicilia del turismo enogastronomico,
ma anche del turismo sociale che porti i viaggiatori a conoscere il reale valore di
quel territorio, le associazioni che operano nell’antimafia e anche l’eccellenza
enogastronomica che rappresenta il territorio siciliano, Libera il g(i)usto di
viaggiare è l’esperienza che permette ai viaggiatori di entrare in contatto con
questa realtà.
Capitolo 4
4.1 L’importanza del Made in Italy
Dopo aver parlato dei prodotti di Libera realizzati con i beni confiscati alle
mafie, occorre porre l’attenzione su un tema molto caro al nostro Paese: il Made
in Italy. Questa espressione indica che un prodotto è completamente progettato,
realizzato e confezionato in Italia. Già in passato il marchio Made in Italy
rappresentava l’eccellenza della creatività e della maestria italiana e tuttora
ricopre un ruolo fondamentale nell’imprenditoria e nel mercato nazionale e
internazionale, dove i prodotti sotto questo marchio godono di fama e di
ammirazione. Sebbene i prodotti Made in Italy fossero sinonimo di qualità, alta
specializzazione e differenziazione, eleganza, fin dai primi anni della nascita del
marchio, non sono poi mancate le contraffazioni da parte di coloro che, servendosi
vergognosamente del prestigio del marchio, lo hanno adoperato in vari prodotti
che non hanno alcun che di italiano, ma che anzi sono prodotti di scarsa qualità la
cui fabbricazione è costata solo pochi euro al pezzo (spesso attraverso lo
sfruttamento minorile) e che vengono poi venduti nei mercati locali a prezzi molo
inferiori a quelli degli articoli autentici Made in Italy.
61
Secondo quanto regolamentato dall'art.16 della legge 166 del 2009 (Legge
135, 25 settembre 2009 - Parlamento Italiano) solo i prodotti totalmente fatti in
Italia (cioè progettati, fabbricati e confezionati in Italia) possono portare i marchi
Made in Italy, 100% Made in Italy, 100% Italia, tutto italiano, in qualsiasi
linguaggio essi siano espressi, con o senza la bandiera italiana. Ogni abuso è
punito dalla legge. Pertanto, significa che se un articolo viene prodotto per il 70%
all’estero e per il 30% in Italia (nel caso di una borsa, il 30% corrisponderebbe
all’incirca all’assemblaggio dei manici e dell’etichetta con la borsa in sé), quel
medesimo articolo può essere etichettato come Made in Italy. Ancor più
sconvolgente è che un articolo che è stato addirittura completamente prodotto
all’estero potrebbe recare il marchio Made in Italy se commissionato da
un’azienda con sede in Italia. Alcune imprese italiane, tra cui molti prestigiosi
marchi della moda possono esserne l’esempio, scelgono di spostare una gran parte
della loro produzione all’estero, dove il lavoro è sicuramente più economico
poiché lo stesso numero di personale utilizzato per la realizzazione di un articolo
ha un costo di gran lunga inferiore, permettendo alle aziende di aumentare
sostanzialmente il margine di profitto ma, allo stesso tempo, essendo il personale
molto meno qualificato, si abbassa notevolmente anche la qualità dei beni
prodotti. Articoli prodotti per pochi euro, in molti laboratori cinesi dove è
frequente l’uso di clandestini, manodopera a basso costo costretta a lavorare di
notte e in condizioni scandalosamente disumane e non igieniche, senza alcuna
assistenza sociale o una remunerazione adeguata, possono poi essere importati in
Italia, dove viene aggiunto il cartellino per cui sono stati effettuati questi articoli e
venduti poi nelle migliori boutique e negozi a prezzi davvero esorbitanti. Con
62
l’adozione di queste politiche le imprese riescono a ottenere rendimenti annui
eccellenti, le vendite rimangono elevate perché il prodotto continua a risultare
fatto in Italia, ma i costi di produzione sono di molto più bassi. In questo modo è
inoltre possibile abbassare i prezzi di vendita rendendo il prodotto più
commerciale e concorrenziale rispetto ad altri diventando accessibile anche ad una
più ampia parte di mercato. Questa situazione non può far a meno di penalizzare
le piccole e medie imprese che invece producono il puro Made in Italy da
generazioni e che vorrebbero continuare a farlo, offrendo i loro prodotti ad una
clientela che sa apprezzare veramente la qualità italiana, un prodotto di alta
qualità prodotto dal vero artigianato, completamente fatto in Italia con costi di
produzione piuttosto alti, ma con la soddisfazione giornaliera di garantire un
prodotto permeato con la vera essenza dell’Italia: l’arte e la bellezza. Ovviamente
la decisione di mantenere l’intero processo produttivo in Italia comporta costi di
gestione molto più elevati: i lavoratori sono artigiani professionisti e, come è
giusto che sia, è necessario pagarli bene e dare loro tutti i benefici e i vari
contributi previsti dalla legge; le macchine devono garantire un elevato livello di
finitura e devono essere quindi controllate regolarmente ed eventualmente
rimpiazzate; infine i materiali hanno un determinato costo che varia a seconda
dell’andamento economico del paese. Prendendo il settore del pellame come
esempio, è stato calcolato che una borsa di ottima qualità, prodotta interamente in
Italia con l’utilizzo di vera pelle, può benissimo raggiungere i 70-150 euro in costi
di produzione, in opposizione ai 14-20 euro richiesti nel caso in cui la produzione
venisse spostata in un laboratorio cinese o presso qualsiasi altro contraente estero.
Da ciò ne deriva il fatto che questi articoli, che sono prodotti al 100% in Italia,
63
vengono venduti a prezzi più alti risultando così non proprio accessibili a tutti. Le
vendite crollano e così, molte ditte, sopraffatte dalle tasse e completamente
sostenute e facilitate dallo Stato, sono costrette a chiudere in quanto
impossibilitate a competere con i bassi costi del mercato cinese o di tutti coloro
che antepongono il profitto e la ricchezza a discapito della qualità e della
reputazione stessa del marchio Made in Italy. In tal modo, il piuttosto ambiguo
art. 24 del Codice Doganale Europeo, (Reg EEC 2913/1992), spinge i produttori
italiani ad effettuare una scelta tra due ben distinti livelli nella qualità dei loro
prodotti italiani, una scelta che sicuramente non va a favore del prestigio del
marchio, ma, al contrario, crea dubbi e confusione agli occhi degli acquirenti.
Alcuni decidono di spostare la produzione all’estero dove i costi per la stessa sono
inferiori oppure, in altri casi, si commissiona il lavoro ai numerosi laboratori
cinesi, senza che questi garantiscano alti livelli di manifattura, dove gli operai
sono costretti a lavorare per pochi euro al mese senza alcuna forma di assistenza
previdenziale: il tutto allo scopo di ottenere un prodotto che è sicuramente molto
meno prestigioso a livello qualitativo, ovviamente non 100% italiano, ma ad un
prezzo più vantaggioso. Altri imprenditori, dal lato opposto, decidono di
mantenere l’intera produzione in Italia, garantendo così la migliore qualità dei
materiali, una selezionata forza-lavoro altamente qualificata e completamente
italiana, e un prodotto che è 100% Made in Italy ma che si presenta ad un costo
maggiore perché maggiori sono i costi relativi alla gestione dell’affare e
all’utilizzo di manodopera regolarmente assunta.
Tralasciando i tratti che contaddistinguono in maniera negativa un elemento
che per il nostro Paese rappresenta un fattore più che positivo, è bene dire che il
64
Made in Italy connota l’identità culturale dell’Italia come un paese capace di
incorporare nella materia e nel prodotto un’alta dimensione qualitativa, che si
traduce poi nella percezione di gran parte dei cittadini del mondo in una
dimensione armonica che rappresenta un’alta soglia nella qualità della vita. Tutto
questo dobbiamo essere capaci di trasmetterlo più di quanto già non si faccia.
Specialmente in questo periodo di crisi che stiamo vivendo, dobbiamo esaltare ciò
che di meglio abbiamo. Il contesto storico in cui ci troviamo non ci permette di
valorizzare l’enorme potenzialità che il nostro Paese ci offre. L’Italia sta
affondando una crisi di autostima: un paese che ha una coscienza di sé minore di
quello che il paese è ed esprime. Abbiamo bisogno di fare sempre di più questo,
ed è quello che stiamo facendo. Mettere in campo una strategia che esalti le
qualità del Paese, proprio per fare in modo che la proiezione dell’Italia coincida
sempre con l’eccellenza, e si coniughi sempre di più l’immagine-paese con le sue
risorse e la sua forza di competizione e di affermazione.
4.2 Libera il Made in Italy
Tornando al discorso dei prodotti realizzati attraverso la confisca dei beni
alle organizzazioni criminali, soffermiamoci sull’importanza che ricopre il Made
in Italy dei prodotti agroalimentari. In questo periodo non si può non far
riferimento ad un evento che ha fatto tanto parlare di sé: Expo Milano 2015. È il
più grande evento sulla nutrizione e sull’alimentazione mai realizzato prima. Il
tema centrale è Nutrire il pianeta. Energia per la vita. e pone l’attenzione sul
problema della fame nel mondo che affligge quasi 870 milioni di persone, sulla
questione della malnutrizione che ogni anno uccide 2,8 milioni di persone per
problemi legati al sovrappeso e all’obesità. Anche la quantità di cibo sprecato è un
65
dato allarmante che merita di essere considerato: circa 1,3 miliardi di tonnellate di
cibo vengono sprecate ogni anno. Expo Milano 2015 promuove quindi lo stile di
vita sano e sostenibile attraverso un uso responsabile delle tecnologie che
permetta di trovare un equilibrio tra disponibilità e consumo delle risorse. Ma
Expo faceva parlare di sé già prima che venisse inaugurato. Appalti, tangenti,
corruzione, infiltrazioni della criminalità organizzata hanno fatto partire col piede
sbagliato un progetto che doveva rappresentare una vetrina delle novità più
importanti nel campo della tecnologia al fianco dell’alimentazione mondiale. Il 2
maggio, giorno seguente all’apertura di Expo 2015, si è tenuto il primo incontro
per presentare il manifesto Terra viva, un testo creato da Navdanya International,
l’organizzazione fondata dall’attivista indiana e ambassador di Expo 2015
Vandana Shiva, in collaborazione con il gruppo Banca Etica e la Fondazione
Triulza42. Alla conferenza ha partecipato anche Don Ciotti, il quale ha dichiarato:
“Occorre lottare come da vent’anni fa Libera, per imporre il cambiamento senza
sconti alle forze politiche: noi abbiamo ottenuto la legge per la confisca dei beni ai
mafiosi, vogliamo che venga estesa adesso anche ai corrotti”, con esplicito
riferimento ai politici e ai manager indagati per le tangenti su Expo. Il manifesto
mira alla realizzazione di un nuovo patto sociale, economico e agricolo che
preservi il terreno e lo restituisca fertile ai cittadini. Un nuovo rapporto tra il suolo
e la società basato sulla reciprocità, cioè che sia in grado di ridare alla terra ciò
che le viene preso, una nuova agricoltura basata su un modello economico
42
La Fondazione Triulza mette al centro della sua partecipazione ad Expo Milano 2015 la
partecipazione attiva delle persone e delle comunità e il protagonismo delle loro espressioni
organizzate promuove grandi cambiamenti nella società. La fondazione è stata costituita il 23
luglio 2013 e rappresenta il consolidamento di un network di enti e di organizzazioni della Società
Civile, impegnate nella realizzazione di una società equa e di uno sviluppo umano sostenibile,
nella difesa dei diritti umani e del patrimonio naturale, nella diffusione della cultura della pace e
della cooperazione, nella promozione di modelli economici etici e inclusivi.
66
circolare, in grado di rigenerare le risorse che sfrutta. Don Ciotti è stato entusiasta
e volto a spronare la comunità, e ha invitato le persone “a sporcarsi le mani”,
evidenziando come il manifesto sia una iniziativa che va oltre la semplice per un
mondo sempre più squilibrato dove il terreno viene consumato o rubato. Ci vuole
“l’etica della terra” perché “la terra è maestra di vita. Insegna la costanza, la
profondità, la corresponsabilità e indica la via della condivisione e della giustizia
sociale”, ha detto Don Ciotti.
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie può essere considerata
un degno sostenitore di questo progetto, in quanto presenta come obiettivo
principale il riutilizzo sociale e produttivo dei beni confiscati, valorizzando la
crescita dell’economia sociale, che produce beni e servizi d’utilità pubblica e beni
relazionali, che tende alla ricchezza, intesa come beni comuni, della comunità
intera - oltre che occasioni d’occupazione - e nella quale la portata valoriale ed
etica del mondo del volontariato e del no-profit ne diviene l’anima.
Libera mira a dare un valore al lavoro che c’è dietro a ciò che mangiamo tutti i
giorni a tavola, che poi è anche uno dei tanti obiettivi che si pone l’evento Expo
Milano 2015.
I terreni che una volta appartenevano ai boss, che decidevano chi e come
poteva lavorare, a quali condizioni di orario e di paga, spesso a nero, oggi
generano lavoro sano e corretto, pagato secondo le leggi e i regolamenti dello
Stato. In quei posti, dominati dalla criminalità organizzata, la presenza dei
volontari è importantissima, soprattutto per quei ragazzi che hanno deciso di
costituirsi in cooperativa per sfidare i boss locali coltivando i terreni che una volta
67
appartenevano loro e che, in seguito alla confisca, sono stati restituiti alla
collettività. È un segnale fortissimo su quei territori, una presenza, che pian piano
sta cambiando la mentalità delle persone. L’occasione di lavorare sui terreni
confiscati alla criminalità organizzata non è da sottovalutare nemmeno per gli
stessi volontari, i quali oltre ai valori di riscatto e libertà, imparano ad apprezzare i
prodotti della terra come carciofini, taralli, pomodori secchi, passate di pomodoro,
olio, miele, melanzane sott’olio, vino, arance, farro, legumi, olive, uva, meloni e
addirittura mozzarelle, che hanno un sapore diverso da quelli che vengono serviti
solitamente sulle tavole: questi prodotti sanno di resistenza e opposizione. La
resistenza e l’opposizione di chi tutti i giorni si impegna per contrastare la
criminalità organizzata che affligge il nostro Paese.
Conclusioni
Io vi auguro di vestirvi con un vestito che non seguirà mai la moda. Vi
auguro… robuste speranze ai piedi. Pantaloni fatti di impegno, le maglie che
abbiano due colori: quello della libertà e della corresponsabilità. E portate un
bel cappello, quello della conoscenza e dello spirito critico. Dobbiamo vestirci di
tutto questo sempre. Questo il nostro impegno e la nostra speranza. Questo è
Libera. Don Luigi Ciotti
Don Ciotti è la figura alla quale molte persone si ispirano. Il suo impegno è
stato fondamentale e lo è tuttora, per iniziare e portare avanti un progetto mai
intrapreso prima, il progetto di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le
mafie. Fin dal principio Don Ciotti ha raccolto tantissimi consensi, dal milione di
68
firme presentate in Parlamento per ottenere prima l’approvazione della legge
sull’uso sociale dei beni confiscati e poi quella contro la corruzione.
Famiglie, amici, parenti, uomini delle forze dell’ordine, magistrati, politici,
studenti, giovani, anziani, lavoratori, disoccupati: sono queste le persone che
hanno appoggiato la raccolta delle firme di Don Ciotti, ma soprattutto sono queste
le persone che fanno parte di Libera. Questa è un’associazione di associazioni che
viene portata avanti dal lavoro dei volontari e di tutte quelle persone che vogliono
ribellarsi al fenomeno mafioso che caratterizza specialmente le terre del sud Italia.
L’associazione di Libera non è presente solo nella parte meridionale della nostra
penisola, sebbene sia nata a Palermo nel 1995, ma presenta un coordinamento di
oltre 1500 gruppi e presidi in tutta Italia, dati i suoi vent’anni di lavoro e il sempre
maggior numero di persone che entra a far parte dell’organizzazione.
All’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio nasce l’idea di creare
un’associazione prima di tutto per dare conforto ai familiari di tutte le vittime
innocenti delle mafie, e da cui deriva poi l’iniziativa della Giornata della Memoria
e dell’Impegno, ma soprattutto dell’impegno per fare una memoria seria,
altrimenti diventerebbe solo un pretesto per celebrare degli eventi. In secondo
luogo, l’associazione viene costituita per sottolineare e dare più importanza alla
cultura che risveglia le coscienze. La partecipazione delle scuole e delle università
è fondamentale per costruire progetti con gli insegnanti e gli studenti. Il terzo
elemento che consente la realizzazione dell’associazione è, come abbiamo detto
precedentemente, quel milione di firme che permette il coronamento del sogno di
Pio La Torre: il 416 bis, che riconosce il reato di stampo mafioso e la sottrazione
dei patrimoni ai mafiosi. L’attività di Libera è importantissima, ha coinvolto
69
centinaia di migliaia di altre associazioni, gruppi e persone, svolgendo un’opera
culturale, di educazione sociale e politica. I suoi venti anni di attività sono il
simbolo di una continuità che ha saputo trovare i punti giusti sui quali premere,
non cedendo alle minacce della criminalità organizzata che spesso ha tentato di
ostacolare il lavoro dell’associazione.
L’attenzione su cui si pone tutto il mio elaborato è concentrata
sull'applicazione della legge n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle
mafie, che prevede l'assegnazione dei patrimoni e delle ricchezze di provenienza
illecita a quei soggetti - Associazioni, Cooperative, Comuni, Province e Regioni in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi, attività di promozione
sociale e lavoro. Libera non gestisce direttamente i beni confiscati, ma promuove,
in collaborazione con l'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la
Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, le
Prefetture e i Comuni, i percorsi di riutilizzo dei beni, svolgendo un'importante
azione di animazione territoriale, avviando percorsi di conoscenza e
sensibilizzazione relativi alla presenza di beni confiscati sul territorio nazionale,
anche nelle regioni del centro nord Italia. Le iniziative di Libera, come per
esempio Libera Terra, mirano a ridare valore alle terre che prima appartenevano ai
boss mafiosi, simboli della violenza, della corruzione e dell’illegalità, per
trasformarle in risorse e opportunità di lavoro per chi è meno fortunato, facendole
diventare emblemi della solidarietà, dell’impegno e della legalità, attraverso la
produzione di prodotti che hanno il sapore della giustizia e della libertà.
Considero di fondamentale importanza l’attività di Libera, in quanto oltre a
impegnarsi seriamente nella lotta alla mafia, grazie alla gestione dei territori
70
ottenuti attraverso le operazioni di sequestro e confisca, dedica una parte
importante del suo lavoro a diffondere lo spirito antimafioso in tutte quelle
persone che credono che la mafia si possa combattere. Non bisogna essere degli
eroi per sconfiggere la mafia, ognuno nel suo piccolo può fare qualcosa e prima o
poi, sono sicura, che questa guerra verrà vinta da noi che crediamo nella
distruzione di questa oscenità.
71
ENGLISH SECTION
72
Introduction
Talk about the Mafia. Talk about it on the radio, on television, in the newspapers.
But talk about it.
Paolo Borsellino
Starting from the definition of the word Mafia, tracing its origins and its evolution
both inside and outside Italy, the aim of this dissertation is to analyze the work of
a particular association founded in 1995 by Don Luigi Ciotti. The association to
which we refer is Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. This is the
association of all associations, which carries out substantial work by offering,
above all, comfort to the families of the innocent victims of the Mafia. It involves
hundreds of thousands of other associations, groups and people committed to
instilling an anti-Mafia culture by educating people on social and political
legality. Ultimately, it ensures the application of Law no. 109/96 on the social
reuse of goods confiscated from the Mafia and allocated to associations,
cooperatives, municipalities, provinces and regions that can return them to the
citizens through services, activities of social promotion and labor resources. While
not directly managing confiscated land, Libera plays a key role in the creation and
implementation of projects that reclaim the territories once belonging to the most
famous mob bosses. These projects promote agricultural production which, in
addition to generating income and enhancing the quality of life in the
communities in question, can be defined as anti-Mafia as they are characterized
by commitment, justice and legality.
73
Chapter 1
1.1 Origins and historical evolution of the Mafia
Let us start from the beginning. The term Mafia indicates a particular type
of criminal association based on a hierarchical organization with a purpose and
objective. These associations, also commonly called clans, are secret, of an
initiatory nature, governed by the code of silence and regulated by complex rituals
that remain stable over time in certain territories. This phenomenon began to
develop in the 19th century in western Sicily, especially after the fall of the
Bourbon kingdom, and then spread to various sectors of national and international
life. “The Mafia does not consist of a big conspiracy with international
ramifications, but rather of several groups operating in different areas which share
cultural patterns, organizational structures and strategies of similar actions. The
nature of the Mafia can be identified in specific social causes, while the
explanation that reduces this phenomenon to simple psychological causes and
individual delinquency is totally inadequate. Nor can it be regarded as a rebellion
against the various foreign dominations in Sicily, of which the Italian State would
be the last; the Mafia is not comparable to banditry, whose criminal activity is
impromptu and fragmented, as the Mafia is organized and institutionalized. The
Mafia could not exist if it were in conflict with the State because it requires the
mediation of some of its authorities. The fact that it has permeated many areas of
society does not mean it has been completely accepted or integrated into this
74
system, even though the support of institutional protection and fear foster the
Mafia’s code of silence, both passive and active, dictated by economic interest”43.
The word Mafia appeared for the first time in Sicily in 1863 in the play I
mafiusi de la Vicaria44, set in the Vicaria prison of Palermo. The name Mafia
indicated a prominent person, object or environment. This word is often
associated to certain words of Arabic origin, as its roots are not easily associated
with terms coming from Latin or Greek. This link to the Arabic language would
be justified by the Islamic rule over Sicily in the 10th century if, of course, we
assume that the main organizations of this type are of Sicilian origin.
The Mafia arose and developed in the areas of Palermo, Trapani and
Agrigento, marked by latifundium origins and feudal social relations. The
dominance of large estates oppressed a great mass of miserable peasants. Between
the landed gentry and peasants, there was a class of unscrupulous and violent
massari45: the gabellotti (tenants of the land whose plantation was up to the
peasants) were under the protection of the Baron and, in exchange for a
guaranteed income, they assured the possibility of maintaining control and
imposing the desired conditions. The violent methods used were possible due to
the peasants’ economic conditions, as they had no other employment
opportunities other than the fief. Moreover, the system of intrigue and complicity
that ensured this kind of economic and social order was increasingly widespread
43
Enciclopedia de La biblioteca di Repubblica. Volume 12: Mafia
I mafiosi de la Vicaria is a popular play written by Giuseppe Rizzotto and Gaspare Mosca in
1863. It is a dialect play set in the Large Prisons in Palermo.
45
Farmer of a territory. The name was given in ancient times depending on the area, to treasurers,
tax collectors and administrators of public revenue, the officers in charge of the custody of goods
in the customs or the conservation of the pawns, to treasurers, appraisers, accountants, tax
collectors, who work the land in the relationship side wing of several, etc.
44
75
and perfected. The campieri (“armed guards” of the estate) were in close
cooperation with the gabellotti, and terrorized the peasants and the owners
together with their sgherri46. They made pacts with the brigands, administering a
rough justice that did not permit any form of opposition. Brigands, thieves and
rebels had an ambiguous relationship with the massari. The farmers needed the
massari and sometimes they allied with them against the landowners, who used
massari and campieri as a force against the latent threat posed by possible riots of
the peasant masses, although they despised and were afraid of them. Massari and
campieri used brigands against nobles and peasants, but they also knew how to
wipe them out with violence when they had to demonstrate to all the inhabitants
of the estate who actually commanded. The Mafia not only controlled the rural
areas, transport, mining and livestock, but also urban delinquency, courts, police
stations and the centers of power to ensure their control of the territory. Members
of the Mafia were at the same time entrepreneurs, organizers of production,
judges, police and tax collectors, because they took a share of the revenues
generated by work and from the income of the social classes of the society in
which they lived and worked.
“On the eve of Italy’s Unification, there was a relatively organized system
of power that could expand its sphere of influence and action by replacing the
legitimate power in conflict resolution and devoting itself to other activities that,
by imposing rewards such as the protection of the harvest, would allow it to
increase its economic power. The methods of Sicily’s annexation to Italy then
favored the strengthening of this power system; nothing was done to eliminate the
46
An armed guard at the service of an individual, and, more generically, an unscrupulous, violent
and overbearing armed man.
76
persistent feudal structure, indeed, the agreement between the landed aristocracy
and northern bourgeoisie prevented any economic development of the island in
the modern sense. The State limited its involvement to punitive action and, while
safeguarding owners against the farmers’ demands, this fueled the latter’s hostility
against the State thus maintaining the power of the Mafia”47. The gabellotto
changed his functions and became a supplier of votes; in exchange for his
election, the deputy assured the impunity of the gabellotti and campieri,
demoralizing police and judiciary interventions.
In the following years, the evolution of the Mafia continued. There was the
presence of multiple gangs, specializing in different activities and areas of
intervention. During the 20th century, the relationship between the Mafia and
Fascism became conflicting. Although there were common interests, which
initially persuaded the Mafia to join the conservative dictatorship, the influence of
the Mafia then diminished due to the abolition of control instruments such as
elections. When Fascism achieved consent and grew stronger, it repressed the
remnants of the organization thanks to the intervention of the prefect Cesare
Mori48. The Mafia almost disappeared with Fascism, but it soon returned with the
liberation of Italy after the war. The United States had developed the phenomenon
of gangsters, based on the example of the Sicilian Mafia, but put into practice by
Sicilian immigrants who came into contact with the local Mafia members,
47
Enciclopedia de La biblioteca di Repubblica. Volume 12: Evoluzione storica della Mafia.
Cesare Primo Mori (Pavia, 22 December 1871 - Udine, 5 July 1942) was a prefect and Italian
politician. Senator of the Kingdom of Italy, he went down in history with the nickname of The
Iron Prefect due to his fight against the Mafia during his period of activity in Sicily.
48
77
guaranteeing their control of both the new governing bodies as well as the
economic structure, especially thanks to the black market49.
The Mafia had a leading role during the repression of peasant uprisings
between 1945 and 1950, of which the most incredible episode was the massacre of
Portella delle Ginestre carried out by the bandit Salvatore Giuliano; the State used
the Mafia itself to eliminate Giuliano and released an unlikely version of his
death.
Thanks to an additional pact with the political powers and its massive entry
into drug trafficking, the Mafia became increasingly strong and widespread in the
following years, particularly in America where drug traffickers monopolized the
production and marketing of drugs and influenced the economies of entire
regions.
1.2
Analysis of the Mafia phenomenon
The key to interpreting the Mafia is the evolution of social conditions.
Fragile, humble and poor men and workers all turn to the mob so they will be
feared and respected. Rebels, the offended and victims approach the Mafia both in
an active and passive way, covering up criminal deeds and protecting the
perpetrators. The political and legal system and the relationship with institutions
also play a key role in explaining the persistence of the historical and
geographical spread of this phenomenon. The mix of social imbalance, the lack of
integration of society in Southern Italy with the rest of the nation, the absence of a
49
The words black market define the illegal trade of basic necessities, often connected to the
contingencies of war or other products for which the exchange is regulated or banned from
political restriction and control.
78
State authority and the abnormal secret understanding between political and Mafia
powers are the major causes that led to the development in time and space of this
phenomenon. The influence of the Mafia is extremely wide-reaching and is
present at all levels of society; the Mafia can take over the executive power,
influence the administration of justice and interfere in legislative decisions thanks
to sometimes deep ties with the political world. This is all supported by the code
of silence, according to which it is considered dishonorable to give information to
judicial authorities regarding crimes that the Mafia believes should be resolved
between the person who committed the crime and the victim.
“Life goes on undisturbed in the country; everyone knows but pretends not
to. This is the worst damage that allows the Mafia to dominate time and again
with great force... justice needs the cooperation of the population, it needs
complaints and testimonies in order to take its course, to establish and implement
laws (that are the same here as in other places of Italy)”50.
According to Gaetano Mosca51, the Mafia is a real feeling, or rather a spirit, which
is more evident in the small villages on the island of Sicily than in large cities.
Mosca reveals a change in the Mafia culture where the attitude of people depends
on the area in which they live. If a Sicilian from a large city goes to live in a small
town where the Mafia’s ways are strongly imposed, he/she will adapt to the
50
Leopoldo Franchetti, La Sicilia nel 1876.
Gaetano Mosca (Palermo, 1 April 1858 - Rome, Nov. 8, 1941) was a lawyer, political scientist,
politician and historian of Italian politics. He was a lecturer in constitutional law at the University
of Palermo in 1885 and Rome in 1888, where he arrived in 1887 as an official of the Chamber of
Deputies. In 1909, he was elected to Parliament with the Right in the Caccamo constituency. In
1914, he was Secretary of State for the Colonies until June 1916 in the Salandra government, and
in 1919, he was appointed Senator of the Kingdom. After Matteotti's murder in 1924, he was
opposed to fascism, and in 1925 was among the signatories of the Manifesto of the Anti-Fascist
Intellectuals of Benedetto Croce. Among the senators of the Kingdom, he was one of the few to
oppose Fascism in the twenties. He collaborated with Corriere della Sera until 1924. Mosca is
ranked among the most important members of the elitist school of thought (political theory based
on the principle of minority, according to which power is increasingly in the hands of a minority).
51
79
situation; conversely, if a small-town citizen moves to a large city, he/she will
abandon the typical ways of the Mafia culture. The reasons for these changes are
linked to the fact that it is extremely difficult to distance oneself from such ideals
if you live in a place where the Mafia is deeply rooted and its ways affect those of
the entire population.
According to the definition of Mafia, it acts through associations, called
clans, which are scattered in various parts of the territory. They usually coexist
peacefully, but wars between families do occur. Despite this, they have almost the
same goals, namely obtaining prestige and the maximum illicit gain.
Unfortunately, the Mafia has a principle of legitimacy as it helps people by
offering work, protection and justice where the State does not, and this allows it to
operate undisturbed in the territory under the opinion that the Mafia is good. We
have always known that mafiosi, who in some contexts are defined as men of
honor, also perform the function and role of benefactors: this is what legitimizes
their power and their organization. They take advantage of the State’s weaknesses
such as economic crises, lack of employment and corruption, to create a feeling of
distrust among the people towards judicial authorities and increasing their
admiration for these criminal organizations. Therefore, the Mafia is not presented
as an anti-state, but rather as a “State” that is parallel to the rule of law, which
grants services, demands and manages taxes (bribes, usury etc.) and administers
its own territory.
80
1.3
The Mafia today
If youth denies its consent, even the all-powerful and mysterious Mafia will vanish
like a nightmare.
Paolo Borsellino
The Mafia phenomenon is not linked to the social backwardness of Sicily
because it is also widespread in developed societies such as America. The same
Mafia spirit mentioned by Gaetano Mosca seems to have become a way of life for
a significant part of the ruling classes in many countries, accompanied by
solidarity between people intending to use illegal methods who are aware that
they do not have to justify themselves to the authorities. The Mafia has shown
great adaptability and flexibility to new situations and environments, also
developing new forms of crime. Therefore, we can say that it has not remained a
simple criminal organization, but has turned into one of immense proportions that
has branched out internationally and gained economic power. Over the years, the
Mafia has spread all over Italy, with an operational and financial organization at
international level. There have been numerous initiatives, both legislative and
executive, to contrast the situation.
The first proposal for a parliamentary anti-Mafia committee dates back to
September 14th 1948, as a court of inquiry on public order in Sicily. This proposal
was re-submitted in 1958 by Ferruccio Parri52, but again it met with obstacles
from all sides. Only on December 20th 1962, was the law put forward by Senators
52
Ferruccio Parri (Pinerolo, January 19, 1890 - Rome, December 8, 1981) was an Italian antiFascist politician.
81
Ferruccio Parri and Simone Gatto53approved. The first committee, chaired by
Paolo Rossi54, gathered for the first time on February 14th 1963, but it did not hold
any further meetings because on February 18th of that year, Parliament was
dissolved. In all the following legislatures, except the seventh, the establishment
of a parliamentary anti-Mafia committee was reconfirmed. The Parliamentary
Anti-Mafia Committee (formally appointed Parliamentary Court of Inquiry on the
phenomenon of the Mafia and other criminal organizations, including foreign
ones) is a bicameral court of inquiry of the Italian parliament, with 25 deputies
and 25 senators, based in Palazzo San Macuto in Rome. It was established for the
first time by the Law of December 20th 1962 and since then it has always been reproposed and approved in subsequent legislatures.
Subsequently, in 1982 the Rognoni55-La Torre56 Law, which mainly affects
assets and other economic activities of the Mafia, was adopted.
In 1991, the establishment of two crime departments (AID – Anti-Crime
Investigation Department and the National Anti-Mafia Directorate) made the
coordination of investigations and legal action against the Mafia possible. The
AID is an inter-investigation body, created after the elimination of the High
53
Simone Gatto (Montemaggiore Belsito, Jan. 8, 1911 - Trapani, May 6, 1976) was an Italian
politician of the Socialist Party.
54
Paolo Rossi (Bordighera, September 15, 1900 - Lucca, 24 May 1985) was an Italian lawyer,
politician and member of the Italian Democratic Socialist Party.
55
Virginio Rognoni (born August 5, 1924 in Corsico, province of Milan) is an Italian politician
who was a prominent member of Christian Democracy. He was several times Interior Minister,
Minister of Defense and Minister of Justice. From 2002 to 2006, he was vice-president of the
Consiglio Superiore della Magistratura (‘Superior Council of Judiciary’).
56
Pio La Torre (Palermo, December 24, 1927 – Palermo, April 30, 1982) was a leader of the
Italian Communist Party (Partito Comunista Italiano, PCI). He was killed by the Mafia after he
initiated a law that introduced a new crime in the Italian legal system, Mafia conspiracy, and the
possibility for the courts to seize and to confiscate the assets of the persons belonging to the Mafia
conspiracy.
82
Commission for the Fight against the Mafia57 with the task of combatting
organized crime in Italy. It is located in the Public Security Department of the
Ministry of the Interior. Following the intensification of the fight against the
Mafia in Italy, leading to the death of the magistrate Giovanni Falcone58, its main
inspiration and promoter, the AID was established by Law n. 410 of December
30th 1991 and was created with an emergency decree during the 7th Andreotti
government, by the justice minister Claudio Martelli. The AID has the task of
carrying out criminal investigations related to crimes associated with the Mafia
and ensuring the precautionary investigation of organized crime. The Director of
the AID’s prerogative of preventive measures, both personal (special surveillance)
and territory (seizure of property), which he proposes to the competent tribunals
for land development is very important. The director stands at the top of the
structure and is chosen in rotation from officers of the Financial Police,
Carabinieri officers and executives of the State Police, who have gained specific
expertise in the fight against organized crime. The members are chosen from
members of the Italian police and the civil administration personnel of the Interior
Ministry (provided that he/she belongs to the Public Security Department).
In the same year, the National Anti-Mafia and Anti-Terrorism Directorate
was also set up. This is chaired by the National Anti-Mafia Prosecutor (NAP),
appointed by the Council of the Judiciary following approval by the Minister of
Justice and is made up of 20 magistrates with expertise in dealing with cases
57
The High Commissioner for the coordination of the fight against Mafia was a body set up as
delegated by the Minister of the Interior, in order to ensure a more effective contrast the mafia, in
particular to Cosa Nostra.
58
Giovanni Falcone was an Italian prosecuting magistrate. From his office in the Palace of Justice
in Palermo (Sicily), he spent most of his professional life trying to overthrow the power of the
Sicilian Mafia. After a long and distinguished career, culminating in the famous Maxi Trial in
1986-1987, he was killed by the Corleonesi Mafia in May 1992 on the motorway near the town of
Capaci.
83
related to organized crime. The NAP is subject to the supervision of the Attorney
General at the Court of Cassation, who then reports to the Council of the Judiciary
on the activities performed and the results achieved by the NAD and the District
Anti-Mafia Departments (DAD), established by the public prosecutors in the 26
district courts of the Court of Appeal. Its tasks include the coordination of the
district attorney and it has powers of surveillance, control and call back. It cannot
make direct inquiries and cannot give binding directives to the district attorney,
but it can take on investigations conducted by a district attorney who has
demonstrated serious inertia or that has not coordinated with the other authorities.
The agency is divided into two groups: the Studies and Documentation Service
and International Cooperation. The main topics of interest are the Mafia, the
Camorra, 'Ndrangheta, drug trafficking, human trafficking, money laundering,
public procurement, measures to prevent the accumulation of criminal assets, ecoMafias, counterfeit trademarks, suspicious financial transactions and foreign
criminal organizations.
In 1992, following investigations and arrests, the Mafia clans responded
with bomb attacks against two judges, Giovanni Falcone and Paolo Borsellino59.
The year 1993 is also considered critical because at the time, the Mafia decided to
strike the State’s artistic heritage, causing enormous damage and many deaths and
injuries. However, this type of strategy, even if it was efficient, provoked selfdefeating results because the outcry from these attacks accelerated the process of
reorganizing the State apparatus responsible for fighting gangs.
59
Paolo Borsellino was an Italian anti-Mafia magistrate. He was killed by a Mafia car bomb in
Palermo, 57 days after his friend and fellow Antimafia magistrate Giovanni Falcone was
assassinated. He is considered to be one of the most important magistrates killed by the Sicilian
Mafia and he is remembered as one of the main symbols of the battle of the State against the
Mafia.
84
Things began to change slowly. In fact, the first informers began refusing to
participate in the wars that were taking place at that time between the main Mafia
families. New laws regarding those who became informers allowed the police to
achieve some important results such as the capture of the fugitive Salvatore Riina,
suspected of being the most important leader of the Mafia organization, and after
more than two years, his brother-in-law and right-hand man, Leoluca Bagarella,
who was also a high-ranking member of the organization. The figure of the
informer began to spread as a result of these wars between families, creating
havoc among the mobsters as secret information, relating to homicides,
organization of families and trafficking, was revealed. The collaborators of justice
created a crisis in one of the fundamental pillars of the Mafia: silence. Since the
informers benefitted from the protection of the State, the Mafia did not kill them,
but started a real bloodbath, killing the loved ones and friends of those who had
spoken. This was the case of Tommaso Buscetta, a member of Cosa Nostra who
later became an informer after the rise of the Corleone family who perceived the
affairs of Cosa Nostra as a war to be won at all costs. In order to win this war, the
gang of Toto Riina, the strongest in military terms and the fiercest, eliminated all
of its opponents and took over the control of Cosa Nostra. They killed many
Mafia fighters and bosses; some of those who survived decided to join the
winning clan, while others began to cooperate with the authorities. Among the
latter, the most important was Tommaso Buscetta. He was arrested in Sao Paulo
on October 24th 1983 and extradited to Italy on July 16th where he started talking.
His revelations, especially those he made to Giovanni Falcone, were fundamental
to learning many secret details of the main Mafia organizations: “The Mafia is
85
something more than crime. It is crime, plus intelligence, plus silence. It is quite
different60”. Buscetta revealed everything about a Mafia of which nothing was
known up until that time. He explained how the clans were distributed in an area,
he spoke about the capo mandamento (a chosen boss of a 2 or 3-family group, the
provincial commission that gathered the bosses of the main families of each
province, and the regional commission (the so-called cupola) that brought
together the emissaries of the various provinces. After Buscetta, other bosses
began to speak, and their revelations paved the way to start what was the largest
Mafia trial in history: the maxi-trial of the Cosa Nostra bosses. The final verdict
was 19 life sentences and 2,665 years in prison for the leaders of Cosa Nostra.
January 30th 1992 is considered the turning point in the fight against organized
crime as since the Court of Cassation confirmed the life sentences handed out
during the maxi trial. Life imprisonment undermines one of the main concepts on
which Cosa Nostra is based: impunity. Indeed, it is inconceivable for a Mafia
member to see a boss in jail, especially when it is for life.
1.4
The anti-Mafia law
The year of 1982 is considered fundamental in terms of policy and judicial
developments against the Mafia. In that year, General Carlo Alberto Dalla
Chiesa61 was sent to Sicily, more precisely to Palermo, with the aim of fighting
Cosa Nostra. Here, he was appointed Prefect of Palermo by the Cabinet. However,
60
Part of a statement of the repentant Tommaso Buscetta reported during questioning with
Giovanni Falcone.
61
Carlo Alberto Dalla Chiesa (27 September 1920 – 3 September 1982) was an Italian general,
notable for campaigning against terrorism and the Mafia during the 1970s in Italy. He was
assassinated by the Mafia in Palermo.
86
the General complained several times about the lack of support and resources
necessary for the fight against the Mafia, which he said had to be fought
systematically, and by demonstrating an increased law enforcement presence to
the criminal organizations. On 3rd
September 1982, as a result of various
statements by the General that caused resentment among members of the Knights
of Labor and the President of the Catania region Mario D'Acquisto, General Dalla
Chiesa was killed.
The year 1982 is also the year in which Pio La Torre died. He was one of
the two players who contributed to the creation of the law that establishes the
crime of Mafia association, decreed two weeks after the death of General Dalla
Chiesa. Virginio Rognoni was the second promoter of this law.
All anti-Mafia laws, at least the most important ones, are based on
massacres or killings. The 416-bis can be considered the anti-Mafia decree par
excellence, as it was introduced following the death of its creators, Pio La Torre
and Virginio Rognoni. Article 416-bis establishing the crime of Mafia association,
in English reads as follows:
1. Any person participating in a Mafia-type unlawful association including three
or
more persons shall be liable to imprisonment for 5 to 10 years.
2. Those persons promoting, directing or organizing the said association shall be
liable, for this sole offence, to imprisonment for 7 to 12 years.
3. Mafia-type unlawful association is said to exist when the participants take
advantage of the intimidating power of the association and of the resulting
conditions of submission and silence to commit criminal offences, to manage or in
87
any way control, either directly or indirectly, economic activities, concessions,
authorizations, public contracts and services, or to obtain unlawful profits or
advantages for themselves or for any other persons, or with a view to prevent or
limit the freedom to
vote, or to get votes for themselves or for other persons on the occasion of an
election.
4. Should the association be of the armed type, the punishment shall be
imprisonment for 7 to 15 years pursuant to paragraph 1 and imprisonment for 10
to 24 years pursuant to paragraph 2.
5. An association is said to be of the armed type when the participants have
firearms or explosives at their disposal, even if hidden or deposited elsewhere, to
achieve the objectives of the said association
.
6. If the economic activities whose control the participants in the said association
aim at achieving or maintaining are funded, totally or partially, by the price, the
products or the proceeds of criminal offences, the punishments referred to in the
above paragraphs shall be increased by one-third to one-half.
7. The offender shall always be liable to confiscation of the things that were used
or meant to be used to commit the offence and of the things that represent the
price, the product or the proceeds of such offence or the use thereof.
8. The provisions of this article shall also apply to the Camorra and to any other
associations, whatever their local titles, seeking to achieve objectives that
correspond to those of Mafia-type unlawful association by taking advantage of the
intimidating power of the association.
88
Chapter 2
2.1 Mafia connections in Great Britain
In the United Kingdom and Northern Ireland, there do not exist any laws or
articles to cover the crime of criminal association such as the 416 bis, included in
the Italian legal system. The crime of association provided for by the AngloSaxon judicial system is quite generic and poses several problems e.g. the crime
of Conspiracy is defined as an agreement between two or more people to commit
crimes, including both illicit goals and legal purposes pursued by using criminal
means. As provided for in Italian law, it is not necessary for the crimes to have
been committed in order for them to be considered a crime. Even just participating
in a criminal association is a criminal offense and punishable by law. The problem
is that the definition of conspiracy is extremely vague and inappropriate to tackle
a phenomenon with such specific characteristics as the Mafia. Moreover, this
vague definition inevitably leads to a number of interpretation problems, giving
the institutions the opportunity to exploit the application of this crime.
The issue of organized crime legislation is linked to anti-terrorist legislation.
State legislation devotes a lot of time, energy and money to the threat of terrorism
and national security, while it invests little in organized crime. The Police often
mistake Mafia crimes for acts of terrorism, due to a lack of preparation. While it is
true that there has recently been a rapprochement between Mafia organizations
and terrorist groups regarding their methods of action, we must not confuse the
two phenomena, as they differ greatly in terms of origin, characteristics and
89
objectives. The inability to distinguish between the two phenomena comes from a
poor knowledge of the Mafia, especially of its evolution. In fact, many people do
not understand that the Mafia is dynamic and constantly changing and transforms
and adapts continuously depending on the necessities imposed by the place and
the reality in which it operates.
The danger of the Mafia has long been neglected, and it has become so
strong that it has even infiltrated a country like the UK. In Great Britain, the three
major Italian Mafia families have been involved for some time in commercial
activities in the city of London, which act as a hiding place for fugitives fleeing
from Italy and as a cover for drug trafficking and money laundering, as in the case
of Paradise Bet Ltd, a London-based online betting company dismantled in 2009.
Given the inadequacy of national legislation in the field of organized crime, it is
important to note that the introduction of the European arrest warrant in 2004
greatly facilitated the efforts made by the police in tracking down and stopping
Italian Mafia members living abroad. Since its implementation, the European
mandate has enabled the arrest and extradition to Italy of a large number of
fugitives who were convicted but only for crimes committed in Italy so none of
their English properties were subject to seizure or confiscation.
A first step towards the fight against organized crime was accomplished in
2006 with the creation of the Serious Organized Crime Agency (SOCA), a public
law enforcement agency that works both nationally and internationally with
foreign intelligence institutions and agencies. The SOCA was established to
combat the most serious forms of organized crime: drug trafficking, smuggling,
gambling, trafficking, fraud, cyber crime and money laundering. The SOCA is
90
divided into three core sections and each one is specialized in its field of
operations (Strategy and Prevention, Operational Delivery, and Service Delivery
Capability). Thanks to the success of this agency’s work, which has often
cooperated with the Italian police, the British government decided to include the
operations of the SOCA in a wider body: the National Crime Agency. This
operational agency that fights crime came into force in 2013 and it aims primarily
at tackling organized crime, strengthening borders, combating fraud, computer
crime and fostering child protection.
Unfortunately, today the Mafia is still underestimated and perceived as a
factor that characterizes only the social and cultural conditions of southern Italy, a
far cry from the economic and cultural reality of the large advanced European
countries. Given this underestimation, the legal cultures of the European countries
are still unprepared to deal with a phenomenon that is spreading rapidly not only
in Europe, but also in several other parts of the world. Only Italy was forced to
face the problem and to adopt a specific and incisive regulatory system as it was
devastated by the severe emergency of the eighties
2.2 Associations against the Mafia in Great Britain
As we have said previously, there are no provisions in English law for the
felony of criminal association, so it is difficult to find associations that denounce
Mafia crimes and promote an anti-Mafia culture. In Italy, there is an association
named Libera: Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. It deals with
comforting the families of the Mafia’s innocent victims and involves thousands of
other associations, but it also carries out projects to restore value to those
91
territories that once belonged to the most important Mafia bosses. Thanks to Law
109/96 of the Italian Constitution, which allows territories to be seized and
confiscated from members of criminal organizations, Libera produces foodstuffs
that enhance Italian wealth and quality (because the products are Made in Italy).
They are anti-mafia products characterized by a sense of commitment, justice and
legality.
Don Luigi Ciotti founded the Libera association62 in 1995, and after
collecting one million signatures Law 109/96 that provides for the seizure and
confiscation of the Mafia’s assets was approved. The organization was established
on March 25, 1995 and its main purpose is to solicit, engage and coordinate civil
society against every kind of Mafia, supporting the creation and development of a
community alternative to the Mafia itself. The commitment to confiscate the
Mafia’s assets is based on a simple concept: after all the Mafia has taken away, it
is time to take everything away from the Mafia. Even so, at times it is difficult if
not impossible to take back what the Mafia has taken away: friends, relatives,
family members, in other words, all that we care about the most, including those
people who we cared about because of their work even though we did not know
them personally. I am referring to the judges Giovanni Falcone and Paolo
Borsellino, the young journalist and poet Giuseppe Impastato who was murdered
62
Luigi Ciotti, born in Pieve di Cadore (province of Belluno) on September 10, 1945, is an Italian
priest belonging to the Roman Catholic Archdiocese of Turin and is deeply involved in the fight
against illegality and organized crime such as the Mafia. Luigi Ciotti emigrated with his family to
Turin in 1950. He was ordained as a priest in 1972 by Cardinal Michele Pellegrino, who assigned
him to the “parish” of the streets of Turin. Ciotti's involvement with social work started in 1966,
when he organized the Gruppo Abele (Abel's Group), dedicated to following cases inside the
Juvenile Detention Centers, and helping the victims of drug abuse. Sixteen years later, in 1982, he
promoted the foundation of CNCA, the national network of organizations dedicated to charitable
hospitality. In 1987, he was appointed the first president of the Italian League against AIDS
(LILA), founded by Franco Grillini and friends in 1986. On March 25, 1995 he started the
association Libera (Free), in charge of coordinating the effort of various Italian associations
against organized crime.
92
because he had rebelled against the Mafia, and all those people who lost their
lives because they refused to accept the Mafia as an institution. There is one thing
we can do: we can take away everything the Mafia holds dear and, as we know,
this is not their loved ones but their assets. The seizure and confiscation of their
assets is a hard blow to the Mafia as it prevents their organizations from
commissioning further crimes and curbs their criminal activities. In Italy, the
agency that manages seizure and confiscation is the National Agency for the
Administration and Allocation of Seized and Confiscated Assets from Criminal
Organizations.
Libera gets back what the Mafia has taken from the families of innocent
victims through confiscating assets and creating job opportunities for the less
fortunate. In fact, confiscated land is mostly handled by volunteers, but also by
former prisoners, former drug addicts and the unemployed. These people can
recreate a future with their own hands, investing in the wealth and potential of
their territory. The products coming from the land are all foodstuffs such as
artichokes, taralli biscuits, sun -dried tomatoes, tomato sauce, oil, honey,
aubergines in olive oil, wine, oranges, hulled wheat, legumes, olives, grapes,
melons and mozzarella. These products are marketed under the brand name
Libera Terra and managed by cooperatives that look after seized assets. Libera
supports them and helps them to overcome all the obstacles imposed by
bureaucracy and the hostility of the Mafias. Commitment and concreteness alone
are not enough to change the world, but they are important signs that concern the
mobsters who have their best and essential resources taken away from them:
93
assets, power and control. In this way, legality is achieved and legality turns the
territory into an area that not only offers job opportunities, but also redemption.
Libera’s anti-Mafia spirit has also spread to England. The activity of
Libera’s English section arrived in the UK thanks to the efforts of some
compatriots who emigrated to Britain, volunteers of "Friends of Libera". British
people have been very interested in the topic, especially after the arrest of the
Sicilian fugitive Domenico Rancadore63 who had been hiding in London for 19
years.
According to Gabriella Stramaccioni, co-founder of Libera, “where there is
money, there is Mafia, so it is in London as well”. She met with British citizens at
the Italian Cultural Institute to speak about the Libera association founded with
Don Ciotti. The Mafia was born in Italy but it is also developing abroad, so it is
important that the European Parliament take action by adopting the first European
directive on the confiscation of property. In the meeting held in London, Gabriella
Stramaccioni presented the battle for legality carried out by the association that
works with 1600 organizations and 4500 schools. Alongside her was another
leader of international anti-Mafia commitment, Attilio Bolzoni, a journalist for La
Repubblica, whose book "Parole d’onore" (White Shotgun - the Sicilian Mafia in
Their Own Words) has just been published in English by MacMillan.
Describing the Mafia and anti-Mafia to English people is not easy. For this
reason, Marco Gambino, a Sicilian actor and writer living in London, tried to
63
Domenico Rancadore, 64, was one of Italy's most wanted criminals and had been sentenced to
seven years in jail in absentia for Mafia association. He was the head of a criminal family involved
in extortion, racketeering and drug trafficking. During his life in London, he ran a travel agency
with his wife and was said by Italian police to be "living a golden life". He was apparently still
running his criminal activities despite being more than 1,000 miles away from Palermo.
94
explain it in the theater through two monologues recited in English. He had
already played "Word of Honor" ("Parole d’onore") on stage at the Edinburgh
Festival in 2009 and in Paris. The Sicilian Mafia has also been talked about in the
cinema; the London Film Festival organized by the British Film Institute showed
the thriller "Salvo" in the "First Feature" competition.
Conclusions
Unfortunately, these are the only ways to talk about the Mafia and spread
the anti-Mafia spirit of Libera in Britain. The analysis of the anti-Mafia
associations in England is complicated, because the British legal system does not
recognize the felony of criminal association, but only the crime of association.
Therefore, there are no organizations like Libera, which deals with Mafia
association and seeks to fight it by spreading and sharing the words of its founder,
Don Luigi Ciotti, who invites everyone to fight against the Mafia, starting from
the principles of justice and legality.
Since there are no associations that deal with combating this phenomenon in
England, whereas they are common in Italy, we can only talk about Libera and its
operations in Britain.
Don Ciotti has inspired many people. His commitment was, and continues
to be, crucial in launching and carrying out a project never undertaken before:
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. He launched his anti-Mafia
crusade in the mid-nineties when he organized a petition and collected one million
signatures submitted to the Italian Parliament to pass the law on the social use of
95
confiscated property. In 2010, he launched a second national campaign against
corruption.
Families, friends, relatives, law enforcement officers, judges, politicians,
students, the young, the elderly, workers and the unemployed: these are the people
who supported Don Ciotti’s petitions, but mostly these are the people who take
part in Libera. This is the association of associations whose projects are carried
out thanks to the work of volunteers and all those who want to rebel against the
Mafia that especially characterizes southern Italy. However, the Libera
association is not present only in the southern part of the peninsula - although it
was established in Palermo in 1995 - and currently it coordinates more than 1500
groups and departments throughout Italy thanks to its decades of work, and this
number is destined to grow as an increasing number of people continue to join the
organization.
In the aftermath of the massacres of Capaci64 and Via D'Amelio65, the
association was created primarily to give comfort to the families of all the
innocent victims of the Mafia. From this initiative stemmed the Memorial and
Commitment Day, a pledge to ensure wholehearted and long-lasting memories,
and not just an excuse to commemorate certain events. Secondly, the association
was formed to foster a culture that raises awareness. The participation of schools
and universities is fundamental to create projects with teachers and students. The
64
The Capaci massacre was an attack deployed by Cosa Nostra on May 23 1992 in Italy, more
precisely in the region of Sicily, on the A29 highway, near the intersection of Capaci in the town
of Isola delle Femmine, a few kilometers from Palermo. In the attack, the mafia killed the antiMafia magistrate Giovanni Falcone, his wife Francesca Morvillo and three bodyguards Vito
Schifani, Dicillo Rocco, Antonio Montinaro.
65
The Massacre of Via D'Amelio was a targeted bombing that took place in Palermo, Sicily, on 19
July 1992. It claimed the life of anti-mafia magistrate Paolo Borsellino and those of five members
of his police escort: Agostino Catalano, Emanuela Loi (the first Italian female member of a police
escort and the first one to be killed), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina and Claudio Traina.
96
third element that made the establishment of the association possible was, as we
said previously, the one million signatures thanks to which Pio La Torre’s dream
came true: Article 416 bis, which recognizes the crime of Mafia and the
confiscation of assets from Mafia members. Libera’s activity is of the utmost
importance as it involves hundreds of thousands of other associations, groups and
people that carry out work of a cultural, social, educational and political nature. In
twenty years of activity, the association has become the symbol of what can be
done with continuity and unwaveringly using persuasion in the right places, and
not giving in to the threats of organized crime that has often tried to hinder its
work.
My dissertation is focused on the application of Law n. 109/96 on the social
re-utilization of assets confiscated from the Mafia. The assets and wealth obtain
illegally are re-allocated to associations, unions, municipalities, provinces and
regions that put them at the disposal of citizens, through services, activities of
social promotion and work opportunities. Libera does not directly manage the
seized assets, but it promotes their re-use in collaboration with the national agency
for the administration and allocation of seized and confiscated assets from
criminal organization, prefectures and municipalities. It carries out important
activities of territorial regeneration by increasing knowledge and raising
awareness of the presence of seized assets in the country, also in the regions of
central and northern Italy. Libera initiatives, such as Libera Terra, aim at
restoring value to the lands that previously belonged to the Mafia bosses, symbols
of violence, corruption and lawlessness, to turn them into resources and job
opportunities for the less fortunate, making them emblems of solidarity,
97
commitment and legality, through the production of products characterized by
justice and freedom.
Libera has also left its mark on the UK, where the Italian Mafia is spreading
because the country is a great hiding place for fugitives who feel safe because in
the English legal system there is no specific law covering the felony of criminal
association. It is for this reason that Libera is keen on promoting its values of
justice and legality in Britain where the Mafia is beginning to take roots in order
to prevent the spread of this phenomenon that is so difficult to fight.
98
SECCIÓN ESPAÑOLA
99
Introducción
Hablad de la mafia. Habladlo en la radio, en la televisión, en los periódicos,
pero habladlo66.
Paolo Borsellino
A partir de la definición de la palabra mafia, trazando sus orígenes y su
evolución en Italia, sino que fuera, la siguiente tesis tiene como objetivo analizar
el trabajo de una asociación particular fundada en 1995 por Don Luigi Ciotti. La
asociación a la que me refiero es Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le
mafie. Una asociación de asociaciones, que actua una actividad importante,
primero ofreciendo consuelo a las familias de las víctimas inocentes de la mafia,
compromitiendo a cientos de miles de otras asociaciones, grupos y personas en un
trabajo cultural, junto a la legalidad social y política, terminando con la aplicación
de la Ley número 109/96 sobre la reutilización social de los bienes confiscados a
la mafia, que prevé la asignación de patrimonios y riquezas de origen ilícito a esos
subjetos - asociaciones, cooperativas, municipios, provincias y regiones – que
pueden devolverlos a la ciudadanía, a través de servicios, actividades de
promoción de los recursos sociales y laborales. Aunque no se ocupa directamente
de la gestión de los bienes confiscados, Libera juega un papel clave en la
realización de proyectos que revalorizan aquellos territorios que pertenecieron a
los más famosos capos de la mafia, a través de la producción de los productos
que, además de mejorar la riqueza y la calidad de nuestra preciosa Italia, se
66
Ndt
100
pueden definir productos antimafia, porque tienen el sabor del compromiso, de la
justicia y de la legalidad.
Capítulo 1
1.1 Orígenes y análisis de la mafia
El término mafia indica un tipo particular de asociación criminal basado en
una organización jerárquica con finalidades y objetivos comunes. Estas
asociaciones, también llamadas clanes, son secretas, de carácter iniciático, que se
rigen por la ley del silencio y regulada por complejos rituales que se mantienen
estables durante el tiempo en algunos territorios. Desde el siglo XIX, este
fenómeno se desarrolla en el oeste de Sicilia, especialmente después de la caída
del Reino Borbón, extendiéndose hasta ahora en diversos sectores de la vida
nacional e internacional. La mafia no consiste en una gran conspiración con
ramificaciones internacionales, sino en varios grupos, que operan en diferentes
áreas, que comparten patrones culturales, estructuras organizativas y estrategias
de acciones similares. La naturaleza de la mafia debe ser seleccionada en causas
sociales específicas, mientras que aparece totalmente inadecuada la explicación
del fenómeno que lleva a causas psicológicas y delincuentes individuales.
Tampoco puede considerarse como un fenómeno de la rebelión de las muchas
dominaciones extranjeras que tuvieron éxito en Sicilia, de los cuales el Estado
italiano sería el último; la mafia no es comparable con el bandolerismo, cuya
actividad criminal es improvisada y fragmentada, mientras que la mafia está
organizada e institucionalizada. La mafia no podría existir en el conflicto contra el
101
Estado; sin embargo, requiere la mediación de algunos de sus órganos. El hecho
de que haya permeado muchas áreas de la sociedad no significa que sea aceptado
o integrado en este sistema, aunque la mafia con el apoyo de las protecciones
institucionales y del miedo favorece el sistema de silencio, tanto pasivo como
activo, dictado por intereses económicos.
La base de la interpretación de la mafia es la evolución de las condiciones
sociales. Hombres frágiles, humildes y pobres, trabajadores: todos ellos piden
ayuda a la mafia para ser temido y respectado. Rebeldes y víctimas ofendidos se
acercan a la mafia activa y pasivamente, callando las acciones criminales y
protegendo a los autores. El sistema político y jurídico y la relación con las
instituciones también juegan un papel clave en la explicación de la persistencia de
la expansión histórica y geográfica de este fenómeno. La complejidad de los
desequilibrios sociales, la falta de integración de la sociedad sureña con la
nacional, la falta de autoridad del Estado y el entendimiento secreto anormal entre
política y la mafia son las principales causas que llevaron al desarrollo en el
tiempo y el espacio. El índice de influencia es muy alto: este en todos los niveles
de la sociedad, la mafia para usurpar el poder ejecutivo para influir en la
administración de justicia y de interferir en las decisiones legislativas, gracias a
las relaciones, a veces profundas, con el mundo político.
Todo esto con el apoyo de la ley de silencio, según la cual es un acto
deshonroso dar informaciones a la justicia de los crímenes que la mafia cree que
se deben resolver entre la parte que ofende y la que recibe la ofensa.
102
Según Gaetano Mosca, politólogo, historiador y jurista italiano, la mafia es
un sentimiento real, o más bien un espíritu que es más evidente en los pequeños
pueblos en la isla de Sicilia, en lugar que las grandes ciudades. Mosca revela un
cambio en la actitud de la cultura de la mafia de las personas en función de la
zona en la que viven: si un siciliano que vive en una gran ciudad se mueve en un
pequeño pueblo donde estas formas de hacer están fuertemente impuestas,
entonces se adaptará a la situación, viceversa, si un ciudadano de un pequeño
pueblo se mueve en una gran ciudad, abandonará las formas de hacer típicas de la
cultura mafiosa. Las razones de estos cambios se pueden encontrar en el hecho de
que es muy difícil mantenerse lejos de tales ideal si una persona vive en lugares
donde la mafia está profundamente arraigada y su modo de actuar afecta a los de
toda la población.
Como explica la definición del término mafia, ésta actúa a través de las
asociaciones, llamadas clanes, que se encuentran dispersos en diferentes partes del
territorio. Por lo general, coexisten pacíficamente, pero no se excluyen las guerras
entre familias. A pesar de esto, los objetivos que se prefijan son casi los mismos,
es decir, el conseguimento de prestigio y la máxima ganancia ilícita.
Desgraciadamente, la mafia tiene un principio de legitimidad, ya que ayuda a las
personas ofreciendo trabajo, protección, justicia allí donde el Estado no lo hace, y
esto le permite actuar sin problemas en el territorio bajo la etiqueta de mafia
buena. Siempre se ha sabido que los mafiosos, que en algunos contextos se
definen como personas de respeto u hombres de honor, también juegan la función
y el papel de los donantes: esto es lo que legitima su poder y su organización. Se
basan en las debilidades del Estado, como la crisis económica, la falta de empleo,
103
la corrupción, la creación de un sentimiento de desconfianza por parte de la
población en la justicia, lo que aumenta lo de admiración para estas asociaciones
criminales. Por lo tanto, la mafia no se presenta como un anti-Estado, más bien
como un “Estado” paralelo, que otorga servicios, demandas y gestiona los
impuestos (encajes, usura, etc.), y administra su propio territorio.
1.2 La mafia de hoy
Si la joventud le negará el consenso, también la mafia omnipotente y
misteriosa se desvanecerá como una pesadilla67.
Paolo Borsellino
Que la mafia no es sólo un fenómeno vinculado a las condiciones de atraso
social de Sicilia es un hecho claro y su difusión, también en una sociedad
desarrollada como la americana, ya es una prueba clara. El mismo espíritu de la
mafia mencionado por Gaetano Mosca, parece haberse convertido en un hábito de
vida de una parte importante de la clase dominante en muchos países,
acompañado por la solidaridad entre las personas que decidieron utilizar métodos
ilegales, con la conciencia de no tener que responder a la justicia. La mafia ha
demostrado una gran capacidad de adaptación y una gran flexibilidad a nuevas
situaciones y ambientes, también el desarrollo de nuevas formas de delincuencia.
Por lo tanto se puede decir que la mafia no quedó de ser una asociación criminal
finita, sino que se ha convertido en una organización de inmensas proporciones
ramificada a nivel internacional para la conquista del poder económico. Con los
años la mafia se ha extendido por todo el territorio italiano, con la organización
67
Ndt
104
operativa y financiera a nivel internacional. El Estado ha tenido numerosas
iniciativas, tanto legislativa como ejecutiva, para contrarrestar la situación.
La primera propuesta de una comisión parlamentaria antimafia se remonta
al 14 de septiembre 1948 con una comisión de investigación sobre el orden
público en Sicilia. Esta propuesta fue presentada de nuevo en 1958 por iniciativa
de Ferruccio Parri68, pero de nuevo encontró obstáculos en todos los lados. Sólo el
20 de diciembre 1962 se aprobó la propuesta de ley por los senadores Ferruccio
Parri y Simone Gatto69. La primera comisión, presidida por Paolo Rossi70, asumió
el cargo el 14 de febrero de 1963, pero no tuve otras reuniones, ya que el 18 de
febrero del mismo año tuvo la disolución anticipada del Parlamento. En las
siguientes legislaturas, excepto en la séptima, el establecimiento de una comisión
parlamentaria antimafia siempre fue confirmada. La Comisión Parlamentaria
Antimafia (comisión parlamentaria nombrada oficialmente por la investigación
sobre el fenómeno de la mafia y otras organizaciones criminales, incluidas las
extranjeras) es una comisión bicameral de investigación del Parlamento italiano,
con 25 diputados y 25 senadores, con sede en el palacio San Macuto en Roma. Se
estableció por primera vez por la Ley de 20 de diciembre 1962 y desde entonces
siempre se ha repropuesto y abrobado con la ley en las legislaturas posteriores.
Posteriormente, en 1982 se aprobó la ley Rognoni-La Torre, que afecta
principalmente los patrimonios y otras actividades económicas de la mafia. En
1991, la creación de dos direcciones anti-crimen DIA (Departamento Anti-Crimen
68
Ferruccio Parri (Pinerolo 19 de enero, 1890 - Roma, 8 de diciembre de 1981) fue un político y
anti-fascista italiano.
69
Simone Gatto (Montemaggiore Belsito 8 de enero, 1911 - Trapani 6 de mayo de 1976) fue un
político italiano.
70
Paolo Rossi (Bordighera, 15 de Septiembre, 1900 - Lucca, 24 de mayo de 1985) fue un abogado
y político italiano.
105
de Investigación) y la Dirección Nacional Antimafia han hecho posible la
coordinación de las investigaciones y acciones legales contra la mafia. En 1992,
en respuesta a las investigaciones y a los arrestos, la mafia respondió con ataques
con bombas en dos de los cuales murieron los jueces Giovanni Falcone y Paolo
Borsellino.
El 1993 también se considera un año crucial, porque es el momento en el
que la mafia decidió hacer daño al Estado chocando su patrimonio artístico,
causando enormes daños y muchas muertes y lesiones. Sin embargo este tipo de
estrategia, aunque eficiente, resultó contraproducente, porque la protesta de estos
ataques aceleró el proceso de reorganización del aparato estatal responsable de la
lucha contra los clanes.
Poco a poco las cosas empiezan a cambiar. De hecho comenzan a salir
ciertos arrepentidos que deciden no participar en las guerras que se estaban
produciendo en ese momento entre las principales familias de la mafia. La nueva
legislación de pentitismo permitió a la policía de lograr algunos resultados
importantes, como la captura del fugitivo Salvatore Riina, sospechoso de ser el
líder más importantes de la organización mafiosa de Cosa Nostra, y después de
más de dos años, su cuñado Leoluca Bagarella, su brazo derecho, también boss de
la asociación.
La figura del arrepentido comienza a extenderse, como resultado de estas
guerras entre familias, creando desorden entre los mafiosos como revelan
informaciones secretas, relativos de los homicidios, la organización de las
familias, el tráfico y así sucesivamente. Los colaboradores de la justicia crean una
106
crisis en el pilar fundamental de la mafia: el silencio. Como los arrepentidos
disfrutan de la protección del Estado, la mafia no los mata, pero inicia un
verdadero baño de sangre, matando a seres queridos y cercanos a los que han
hablado, o más bien “cantado”, para usar la jerga de la mala vida. Este es el caso
de Tommaso Buscetta, dijo el jefe de ambos mundos o Don Masino, miembro de
Cosa Nostra que se convirtió en colaborador de justicia después de la subida de
los Corleone, quienes perciben los asuntos de la Cosa Nostra como una guerra,
que hay que vencer en absoluto y en contra de todos. A pesar de la victoria, la
pandilla de Toto Riina, la más fuerte en términos de militares e incluso los más
feroces, elimina a todos sus rivales para hacerse cargo del mando de Cosa Nostra.
Muchos soldados y los jefes fueron matado por la mafia: algunos de los que
quedaron vivos decidieron unirse al “clan” ganador, otros se arrepientaron y
comenzaron a cooperar con la justicia. Entre éstos el más importante es Tommaso
Buscetta. Fue detenido en Sao Paulo 24 de octubre 1983 y extraditado a Italia el
16 de julio donde comenzó a hablar. Sus revelaciones, especialmente los a
Giovanni Falcone, fueron fundamentales para conocer muchos detalles de las
principales organizaciones y de los secretos de la mafia: la mafia es algo más
importante que el crimen: es crimen, más inteligencia, más que el silencio. Es algo
muy distinto. Buscetta contó todo de una mafia de los cuales hasta entonces no se
había oído nada. Explicó la distribución de las familias en las zonas, habló del jefe
mandamiento que preside algunas familias, la comisión provincial que se
encuentra con el jefe de las principales familias de cada provincia, y la comisión
regional (llamada cúpula) que reúne a los emisarios de las distintas provincias.
Junto a Buscetta, hablan también otros jefes, y las revelaciones permiten empezar
107
lo que fue el proceso más importante: el maxi-proceso de los vértices de Cosa
Nostra. El juicio que resulta es de 19 cadenas perpetuas y 2.665 años de prisión en
el vértice de Cosa Nostra. El 30 de enero de 1992 se considera el día de la
revolución, ya que el Tribunal de Casación confirmó las condenas a cadena
perpetua del maxi-proceso. Con la cadena perpetua se mina uno de los principales
conceptos de Cosa Nostra: la impunidad. De hecho, es inconcebible para un
mafioso ver a los jefes tras las rejas, y hasta siempre.
Capítulo 2
2.1 Definir juridicamente la mafia: caso italiano y español
El caso italiano comienza tras la muerte de dos personas importantes
comprometidos en la lucha contra el crimen organizado, el General Carlo Alberto
Dalla Chiesa71 y Pio La Torre, ambos murieron en 1982, hubo un cambio radical
en la legislación italiana con la introducción de la ley 416-bis, la ley que reconoce
la asociación de la mafia y que afecta sus bienes a través del secuestro y de la
confiscación. La ley lleva el nombre de Pio La Torre72 y Virginio Ronconi73, que
colaboraron en su realización.
71
Carlo Alberto dalla Chiesa (Saluzzo, provincia de Cuneo, 27 de septiembre de 1920 - Palermo, 3
de septiembre de 1982) fue un militar italiano y oficial de los Carabinieri, conocido por su lucha
contra el terrorismo y la mafia en Italia durante los años 70 y principios de 80. Fue asesinado por
la Mafia en Palermo.
72
Pio La Torre (Palermo, 24 de Diciembre, 1927 - Palermo, 30 de Abril de 1982) fue un político y
sindicalista italiano. La Torre también fue asesinado por la mafia, ya que, por primera vez
proponió un proyecto de ley que preveía el delito de asociación para delinquir y la confiscación de
los bienes de la mafia.
73
Virginio Rognoni (Corsico 5 de agosto de 1924) es un político italiano. Exponente histórico de
la Democracia Cristiana, ocupó diversos cargos, como el ministro del Interior, el Ministro de
Justicia, Ministro de Defensa, el vicepresidente del Consejo Superior de la Magistratura. Junto con
108
Todas las leyes anti-mafia, al menos las más importantes, tienen detrás unos
masacres o homicidios. Así lo fue para la ley 41 bis, comúnmente llamado prisión
dura, un decreto convertido en ley poco después de la muerte del juez Falcone, lo
que puso las bases para establecer el decreto. Un decreto que en casos de
excepcional gravedad, tales como la lucha contra la mafia, suspende las
condiciones normales de tratamiento de los reclusos y establece la pena de prisión
dura para los mafiosos. El establecimiento de la ley 41-bis afecta pesadamente las
organizaciones criminales que se encuentran aislados, incapaces de controlar los
asuntos como podían hacer en las cárceles normales.
Lo de España es un caso diferente con respecto a lo italiano, porque
acentua la discordancia evidente entre el crimen organizado en el territorio y una
legislación adecuada para combatirlo. La presencia de la delincuencia organizada
en España es muy masiva y diversa: con las organizaciones indígenas que operan
principalmente en el país Vasco, Galicia y Andalucía, existen las extranjeras,
entre las que la mafia rusa, los cárteles suramericanos, las tríadas chinas, y las
mafias italianas, particularmente Camorra y la Ndrangheta, se están extendiendo
rápido y pesadamente en todo el país, siendo más sólidas y potentes que las
organizaciones locales. La relativa ausencia de las organizaciones criminales
locales ha conllevado a dos consecuencias principales: por un lado, ha
determinado una profunda inexperiencia y una falta de preparación de la policía
para hacer frente a este tipo de delitos; por otro lado ha permitido que las
organizaciones extranjeras no encontraran ningún obstáculo o resistencia a su
expansión en la zona. Con el final de la dictadura franquista, la nación ha
Pio La Torre fue el promotor de la ley que introdujo el delito de asociación mafiosa y la norma que
prevé la confiscación de la mafia.
109
experimentado una reapertura que permitió a las organizaciones criminales
extranjeras de establecerse en el territorio español con facilidad, colonizandolo en
unos pocos años.
El turismo de masa, una de las principales actividades económicas del
país, es un sector muy atractivo para las organizaciones criminales, ya que se
pueden reciclar fácilmente grandes cantidades de dinero a través de la inversión
en las estructuras turísticas locales. Sin embargo, el denominador común que llevó
a las organizaciones criminales, especialmente extranjeros, para establecerse en
España es sin duda la ubicación: a medio camino entre Europa y África, entre el
Mar Mediterráneo y el Océano Atlántico. Por tanto, España ha representado un
lugar de refugio seguro para los gángsteres en la carrera y un nuevo e inexplorado
mercado para explotar. El factor geográfico juega un papel fundamental,
especialmente para el tráfico ilegal, en particular de drogas. España, de hecho,
además de ser un gran país para los drogadictos, es la puerta de entrada para la
mayoría de las cargas de drogas procedentes de América Latina y del Norte de
África, que una vez despachadas, se envían y se comercializan a todo el
continente hasta Europa oriental.
El tráfico de drogas ilegales y de la reinversión de los productos ilícito en
el mercado inmobiliario y financiero representan las principales actividades de la
mafia italiana en España. Pero la Camorra ha logrado ir más adentro del mundo
político local: en el año 2011 en la localidad de Adeje, una pequeña ciudad
situada al sur de Tenerife. La Camorra habría intentado infiltrarse en el gobierno
de la ciudad a través de la candidatura del abogado Domenico Di Giorgio en el
Partido Popular español. Este episodio demuestra la extraordinaria capacidad de
110
infiltración de las organizaciones mafiosas en entornos alejados de sus orígenes.
El caso del abogado Di Giorgio muestra que tampoco la clase política es inmune a
la penetración extranjera de la mafia italiana, y que a pesar de que la actualidad se
tiende a minimizar el fenómeno, el peligro mafioso es también una amenaza más
que concreta en el extranjero.
Aunque la presencia de organizaciones criminales en España es difusa y
clara, su sistema de justicia penal aún no reconoce el delito de asociación criminal
mafiosa. El ordenamiento jurídico español sólo prevé el "Crimen de Organización
Criminal", introducido por la Ley Orgánica 5/2010 (en vigor desde diciembre de
2010) del Artículo 570 bis del Código Penal, y se define como una asociación de
dos o más personas en el tiempo fijo o indefinido basado en una división del
trabajo coordinado y centrado con el fin de cometer delitos o faltas. Además, la
organización que se define como tal debe tener los siguientes aspectos: busqueda
de beneficios y poder, uso de algún tipo de control interno, a la extensión
internacional, uso de la violencia, reciclaje de dinero, corrupción de las
autoridades públicas o de las empresas, uso de las estructuras económicas o
comerciales.
Otra innovación importante en el ámbito de la delincuencia organizada es
la modifica de la Ley de Enjuiciamento Penal, por la que se crea la Oficina de
Recuperación de Activos, una organización de recupero de los activos ilícitos
creados con el fin de identificar y gestionar los recursos obtenidos por las
organizaciones a través de su comportamiento criminal.
111
Por último, es de gran importancia también la Ley 10/2010, "Ley de
prevención del reciclaje de capitales y de la financiación del terrorismo", con la
que el Parlamento Ibérico ententó fortalecer el cuadro institucional con el objetivo
de impedir la reinversión de las actividades ilícitas de la delincuencia organizada
en la economía legal. Desde el punto de vista legislativo se han hecho progresos
significativos en el aspecto de fortalecer el marco normativo en el ámbito de la
delincuencia organizada. Sin embargo, aún falta predicciones específicas para el
crimen organizado de tipo mafioso: no sólo la asociación de la mafia en España
no es un delito, sino que el hecho de no incluir un régimen especial de cárcel para
prisoneros mafiosos, permitió a los ciminales mafiosos de mantener relaciones
normales con los afiliados aún en libertad y seguir gestionando los asuntos de la
organización, incluso desde detrás de los muros de la prisión. Además, las
investigaciones de la policía están obstaculizados por problema de que está
prohibido hacer registraciones en los lugares públicos y privados por la noche.
Las medidas más importantes de la prevención de la delincuencia
organizada se han introducido en lo judicial y de investigación, antes que en el
ámbito legislativo. La primera y más importante tuvo lugar en 2005 con la
creación de la GRIECO (Grupos de Respuesta Especializada Contra el Crimen
Organizado), una unidad de anticrimen altamente especializada, compuesta por
unos 30 agentes pertenecientes al Cuerpo de la Policía Nacional, que participan en
las investigaciones relativas a la mafia, al narcotráfico y a la delincuencia
organizada en general. La GRIECO comenzó a operar en Costa del Sol, donde la
presencia de la delincuencia mafiosa estaba más pinzada, luego ampliar su radio
de acción, basado en un plan de desarrollo gradual en todas las regiones del país.
112
La GRIECO conduce sus investigaciones en estrecha cooperación con el Centro
de Inteligencia Contra el Crimen Organizado, creado en 2006 con el objetivo de
desarrollar una estrategia de inteligencia y coordinación operativa de los criterios
con los que asisten y dirigen el trabajo de GRIECO. Las medidas adoptadas por
estos dos organismos, han demostrado de ser necesarias y eficaces en la lucha
contra la delincuencia organizada y sus ramificaciones. Es la prueba de que, a
pesar de ser un mercado importante para las mafias, el tamaño de refugio de
España ha sido severamente restringido por las nuevas medidas y no es un lugar
seguro para los forajidos como lo fue en el pasado.
Aunque hay mucho que hacer, como la necesidad de adoptar medidas
legislativas más concretas basadas en el ejemplo del sistema jurídico italiano, la
situación se está desarrollando positivamente, no sólo desde el punto de vista de
las leyes, sino sobre todo en términos de la conciencia y de la voluntad de los
gobiernos Ibéricos de oponer una lucha seria contra el crimen organizado. Se
espera que a través de una sociedad cada vez más fuerte en Europa, el Estado
español remedie a las deficiencias actualmente presentes en su ordenamiento
jurídico y llegue finalmente una clara ruptura con el crimen organizado.
2.2 Asociaciones contra las mafias
Como hemos dicho anteriormente, en España el delito de asociación
mafiosa no se reconoce en el ordenamiento jurídico español, por eso es difícil
encontrar organizaciones que denuncien los crímenes de la mafia y promueven el
conocimiento de antimafia. En Italia existe una asociación llamada Libera.
Associazioni, nomi e numeri contro le mafie se ocupa de confortar a las familias
113
de las víctimas inocentes de la mafia con miles de otras asociaciones, pero
también lleva a cabo proyectos para restaurar el valor de esos territorios que
pertenecieron a los jefes más importantes de la mafia. Gracias a la ley 109/96 de
la Constitución italiana, que permitió el secuestro y la confiscación de los
territorios a los miembros de las organizaciones criminales, Libera produce
productos que, además de aumentar las riquezas y las calidades italianas (porque
los productos se fabrican en Italia), son productos antimafia, y tienen el sabor del
compromiso, de la justicia y de la legalidad.
Libera fue fundada en 1995 por Don Luigi Ciotti, tras la recogida de un
millón de firmas para conseguir la aprobación de la Ley 109/96 que prevé el
secuestro y la confiscación de los asuntos de la mafia. El 25 de marzo de 1995
nació la organización que tiene como objetivo principal solicitar, implicar y
coordinar la sociedad civil contra todo tipo de mafia, apoyando la creación y el
desarrollo de una comunidad alternativa a las mafias.
El compromiso de confiscar los asuntos a la mafia tiene un doble propósito:
después de todo lo que la mafia nos ha quitado, es el momento de quitar todo a la
mafia. Aunque no es fácil eliminar las mismas cosas que la mafia nos ha quitado:
amigos, familiares, en pocas palabras todo lo que más queremos, incluyendo a
aquellas personas que, a pesar de que no tenían relaciones con nosotros, todavía
los queríamos por el trabajo que han hecho. Me refiero a los jueces Giovanni
Falcone y Paolo Borsellino, el joven Peppino Impastato, asesinado porque se
había rebelado contra la mafia, y todas aquellas personas que perdieron la vida
porque se negaron de aceptar la mafia como institución.
114
Pero una cosa podemos hacerla. Podemos quitar a la mafia todo lo que
tienen de querido, y como sabemos no son los afectos sino el patrimonio.
Secuestro y confiscación de activos representan un duro golpe para la mafia ya
que evitan la comisión de nuevos delitos por parte de las organizaciones y
bloquean la continuación de las actividades delictivas. En Italia hay una agencia
que gestiona los procesos de secuestro y confiscación: la Agencia Nacional para la
Administración y el Destino de los Asusntos Secuestrados y Confiscados a la
delincuencia organizada.
A través de la confiscación de los asuntos de la mafia Libera se retoma lo
que la mafia ha quitado a las familias de las víctimas inocentes, también creando
oportunidades de trabajo para los menos afortunados. En las tierras confiscadas
trabajan, en la mayoría, los voluntarios, sino también muchos ex prisoneros, ex
drogadictos y desempleados. Estas personas pueden recrearse un futuro con sus
propias manos, inversiónando en la riqueza y en el potencial de su territorio. Los
productos que provienen de la tierra son todos alimentos como: alcachofas,
taralli, tomates secos, salsa de tomate, aceite, miel, berenjenas en aceite de oliva,
vino, naranjas, cebada, legumbres, aceitunas, uvas, melón y mozzarella. Estos
productos se comercializan bajo la marca Libera Terra y son gestionados por
cooperativas que se convierten en adoptivos de los bienes confiscados. Libera los
sostiene y los ayuda a superar todos los obstáculos impuestos por la burocracia y
la hostilidad de las mafias. El compromiso y la calidad de concreto no cambian el
mundo, pero son signos importantes que perturban a los mafiosos, que se ven
escapar concretamente los activos, el poder y el control que son esenciales para
115
ellos. Ocurre el afirmarse de la ley, la ley que se hace territorio. Un área que
ofrece no sólo oportunidades de empleo, sino también de redención.
La etiqueta Libera Terra que aparece en todos los productos de las
cooperativas, ya ha cruzado la frontera italiana hacia Europa, donde varios países
tienen su punto de venta. En España es la Enoteca d'Italia, de Leonardo
Canappele, que lleva el primato. La bodega se encuentra Barcelona y fue la
primera fuera de Italia en vender el vino blanco y tinto Centopassi, de las
cooperativas de Palermo Placido Rizzotto y Pio La Torre. Las coperativas de
Libera llevan el nombre de los que lucharon contra la mafia. Algunos productos
están ya en la carta de dos restaurantes italianos de la Ciudad Condal. Centopassi
(en español Cien Pasos) coge el nombre de la interesante película de Marco Tullio
Giordana que cuenta la historia de Giuseppe Impastato, un joven político, activista
y fundador de una pequeña radio libre (Radio Aut) que luchó y denunció la
presencia mafiosa en su pueblo, Cinisi, y que por eso fue matado en 1978 con sólo
30 años. Cien pasos era exactamente la distancia entre su propia casa y la del jefe
de la mafia local Gaetano Badalamenti. A él y a muchos héroes que lucharon
contra Cosa Nostra y que murieron por mano de la mafia se dedican a los vinos
que Centopassi produce. Enoteca d'Italia es el primer importador en el extranjero
de los vinos de Centopassi.
116
Conclusiones
Desafortunatamente estas son las únicas maneras de hablar de la mafia en
España y difundir el espíritu de antimafia de Libera, llevado a cabo durante 20
años. El análisis de las asociaciones anti-mafia en España es complicada, debido a
que el ordenamiento jurídico español no prevé el delito de asociación mafiosa,
pero sólo el delito de asociación, por lo tanto, no hay organizaciones como Libera
que se ocupan de la mafia y tratan de lucharla, difundiendo y compartiendo las
palabras de su fundador, Don Luigi Ciotti, que invita a todos a participar en la
lucha contra la mafia, a partir de los principios de justicia y legalidad. Dado que
en España no existen asociaciones que se ocupan de la lucha contra este
fenómeno, particularmente común en Italia, tenemos que hablar sobre Libera y
sus iniciativas. En este momento España está tratando de promover la ley que
reconoce el delito de asociación mafiosa, por eso la esperanza es que pronto se
convertirá en ley y se abatirá el fenómeno mafioso, también mediante la creación
de organizaciones como Libera para contrastar la mafia en España.
Considero de fundamental importancia la actividad de Libera, como además
de comprometerse seriamente en la lucha contra la mafia, gracias a la gestión de
los territorios obtenidos a través del secuestro y de la confiscación, dedica una
parte importante de su trabajo en difundir el espíritu de la lucha contra la mafia en
todas las personas que creen que la mafia se puede combatir. No hay que ser
héroes para derrotar a la mafia, todo el mundo en su pequeño puede hacer algo y,
tarde o temprano, estoy segura, que esta guerra será ganada por nosotros que
creemos en la destrucción de esta obscenidad.
117
118
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della tesi.
Ringrazio tutti i professori e le professoresse, a partire dalla professoressa Adriana
Bisirri, la quale ha immediatamente approvato il mio progetto con entusiasmo
essendo molto legata alla tematica ivi trattata. Ringrazio le professoresse Marilyn
Scopes e Tamara Centurioni, le quali hanno dedicato parte del loro tempo a
correggere le parti in inglese e in spagnolo, fornendomi il sostegno, le motivazioni
ed i consigli necessari per portare avanti il mio lavoro in maniera più affidabile e
corretta possibile. Ringrazio anche la professoressa Claudia Piemonte, la quale ha
impiegato parte del suo tempo a procurarmi i consigli fondamentali per migliorare
gli aspetti informatici della mia tesi.
Ringrazio mia mamma e mio papà che mi hanno sempre supportato e sopportato
in questi tre anni, sostenendomi sia nei momenti belli che in quelli brutti, non
esitando mai a credere in me in qualsiasi momento. Grazie, siete la mia
ispirazione per tutto.
Un ringraziamento speciale va anche ai miei nonni Cleofe, Sergio e Margherita, i
quali mi sono stati affianco in questo percorso. Vi voglio bene.
Ringrazio Francesca, che ha condiviso con me questa esperienza universitaria e
con la quale ho condiviso le gioie degli esami andati bene, i dolori di interminabili
giornate
passate
a
studiare,
risate,
ansie,
imprevisti,
ma
soprattutto
incoraggiamenti. Grazie per aver sempre creduto in me, anche quando le
situazioni sembravano impossibili. Ti voglio bene.
119
Infine mi sento di ringraziare tutti i miei amici a partire da Luciano, il quale anche
da lontano si è sempre interessato e mi ha sempre sostenuto con molto
entusiasmo, regalandomi sempre tante risate; Claudia, la quale rappresenta per me
la sorella che no ho mai avuto; Franca, Francesca e Marta, che fin dal liceo sono
state quelle amiche pazze, ma sulle quali si può sempre contare; Serena, Roberta e
tutta la banda di matti, che hanno riempito le serate di risate e divertimento;
ringrazio Momo, con cui condivido quello spirito di avventura che ci permetterà
di lasciare tutto indietro e andare, partire per ricominciare; infine ringrazio tutti i
miei compagni di classe e non, per aver caratterizzato, chi in un modo, chi in un
altro, questi tre anni e che sono arrivati insieme a me alla fine di questo percorso.
120
121
Bibliografia
Enciclopedia de La Biblioteca di Repubblica, Volume 12, Mafia: origini,
evoluzione storica, interpretazioni del fenomeno, la mafia oggi.
G. Mosca, Che cosa è la mafia. Con un saggio di G. C. Caselli e A. Ingroia,
Laterza, Roma-Bari 2002.
Franchetti L. La Sicilia nel 1876, Firenze, Barbèra, 1877.
Dalla Chiesa N. La scelta Libera. Giovani nel movimento antimafia. Edizioni
Gruppo Abele. 2014.
Follain J. Gli ultimi boss. Ascesa e caduta della più importante famiglia
mafiosa. Mondadori. 2012
122
Sitografia
http://www.treccani.it/enciclopedia/criminalita-organizzata/
https://it.wikipedia.org/wiki/Mafia#Cenni_storici_ed_etimologia
http://archiviopiolatorre.camera.it/l-impegno-parlamentare-nazionale/leggerognoni-la-torre
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982-09-13;646#nav
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Alberto_dalla_Chiesa
https://it.wikipedia.org/wiki/Agenzia_nazionale_per_l%27amministrazione_e_la_
destinazione_dei_beni_sequestrati_e_confiscati_alla_criminalit%C3%A0_organiz
zata
http://www.benisequestraticonfiscati.it/Joomla/index.php?option=com_content&v
iew=article&id=62&Itemid=57
file:///C:/Users/Exalto/Downloads/AS_Legge_109_Frigerio_Gennaio_2009_1_.p
df
https://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_parlamentare_antimafia
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6464
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/05/10/news/uomini_soli34762902/
https://www.youtube.com/watch?v=CvixbF_rxSY
https://www.youtube.com/watch?v=LqrJXUn_GgE
http://www.liberanet.org/beniconfiscati/Pubblicazioni/Pubblicazioni/Riprendiamo
ci%20il%20maltolto.pdf
http://www.liberanet.org/beniconfiscati/Pubblicazioni/Pubblicazioni/DAL%20BE
NE%20CONFISCATO%20SECONDA%20EDIZIONE.pdf
123
http://francomirabelli.it/htm/attivita-senato/proposte-di-legge/396-antimafiaapprovata-la-relazione-sui-beni-confiscati-il-parlamento-esamini-le-proposte
https://www.youtube.com/watch?v=KLoj1VVQzD4
https://www.youtube.com/watch?v=kYSzbE0m4xU
https://www.youtube.com/watch?v=Wb9egLWc0qU
http://livesicilia.it/2015/03/16/beni-confiscati-coop-rapporti-con-la-politicaviaggio-in-libera-un-impero-che-muove-6-milioni_604579/
http://www.addiopizzo.org/index.php/addiopizzo/chi-siamo/
http://www.dasud.it/associazione/
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10172
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11494
https://it.wikipedia.org/wiki/Made_in_Italy
http://www.gleni.it/it/marchio-made-in-italy.html
file:///C:/Users/Exalto/Downloads/04.beni_confiscati.pdf
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9362
http://www.culturaitaliana.it/hm/atti/10_made.html
http://www.nanopress.it/cronaca/2015/04/30/scandalo-expo-2015-riassunto-ditutte-le-inchieste/10089/
http://www.lifegate.it/persone/news/terra-viva-vandana-shiva-expo-2015
http://www.fondazionetriulza.org/it/page/fondazione/60/
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/libera-associazione-anti-mafia-compie20-anni-il-fondatore-don-luigi-ciotti-a-rainews24-video-900597fa-8af7-473b8a6b-083ddd37cb41.html
124
http://www.stampoantimafioso.it/wp-content/uploads/2014/06/Il-reato-di-mafiatra-societ%C3%A0-cultura-e-diritto.-LItalia-e-i-grandi-paesi-europei-in-unaprospettiva-comparata..pdf
http://www.theguardian.com/world/2009/dec/27/mafia-crime-italy-gangs-camorra
http://www.londraitalia.com/cronaca/libera-lantimafia-arriva-a-londra/
http://livesicilia.it/2013/09/10/la-mafia-non-e-solo-italiana-libera-si-presenta-ininghilterra_370435/
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8605
http://internacional.elpais.com/internacional/2014/07/11/actualidad/1405093810_
149581.html
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/72
http://www.elmundo.es/elmundo/2011/10/21/internacional/1319205537.html
http://www.elmundo.es/elmundo/2011/10/21/internacional/1319198108.html
http://www.vidanueva.es/2014/09/11/amenazas-contra-el-padre-ciotti-por-sulucha-contra-la-mafia/
http://www.thepostinternazionale.it/mondo/spagna/cosa-nostra-parla-spagnolo
http://www.repubblica.it/cronaca/2014/02/18/news/spagna_catena_ristoranti_mafi
a-78901712/
125