Trattamento riabilitativo dopo intervento chirurgico al seno

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Trattamento riabilitativo dopo intervento chirurgico al seno
Azienda Ospedaliero Universitaria
OSPEDALI
RIUNITI
Umberto I - G.M.Lancisi - G.Salesi
Ancona
Gruppo Multidisciplinare
di Diagnosi e Cura dei Tumori
della Mammella
Trattamento riabilitativo
dopo intervento
chirurgico al seno
Tutto quello che è utile sapere
per i percorsi di cura in ospedale
Gruppo Multidisciplinare di Diagnosi e Cura dei Tumori della Mammella
L’intervento chirurgico al seno rappresenta un evento rilevante nella donna
che lo subisce.
Questo opuscolo “dedicato” ha lo scopo di favorire un’informazione e una gestione corretta di tutte le procedure e problematiche che possono insorgere
al’interno di un percorso di cura dopo un intervento di chirurgia per patologia
al seno.
Una particolare attenzione viene riservata al trattamento riabilitativo, come momento di ripresa e di opportunità nel condividere le difficoltà che emergono
in questo percorso, attraverso il quale è possibile ricreare quel meraviglioso
legame di sostegno tanto antico e tanto nuovo “da donna a donna”.
Oggi le tecniche di prevenzione e la molteplicità di trattamenti a disposizione
rendono la prognosi di queste patologie favorevole consentendo di vivere un
evento possibile in maniera più serena.
Tuttavia, le problematiche emergenti dopo l’intervento sono molteplici: il dolore, le limitazioni funzionali dell’arto superiore ed il rischio di linfedema
devono essere fonte di attenzione sin dal primo giorno dopo la chirurgia sia da
parte dei medici che della Paziente, al fine di ridurne l’impatto e la ricorrenza
a medio e lungo termine.
Pertanto, sono necessari:
- l’intervento di un gruppo multidisciplinare di specialisti dedicati (chirurghi,
oncologi, fisiatri, fisioterapisti, radioterapisti, psicologi ed infermieri) che
forniscano le cure ed i consigli adeguati;
- l’impegno della donna sottoposta a chirurgia nell’eseguire gli esercizi a domicilio e ad osservare le norme comportamentali e d’igiene, mirate alla
prevenzione anche quando un trattamento riabilitativo ambulatoriale non
fosse previsto.
Trattamento riabilitativo dopo intervento chirurgico al seno
Indice
1. TRATTAMENTO CHIRURGICO
pag. 4
2. TRATTAMENTO RIABILITATIVO
pag. 5
3. ESERCIZI RIABILITATIVI A DOMICILIO
pag. 9
4. MANOVRE PER LA MOBILITAZIONE DELLA PROTESI
pag. 21
5. STILE DI VITA
pag. 24
6. IL LINFEDEMA DELL’ARTO SUPERIORE
POST-MASTECTOMIA
pag. 24
7. COMPATIBILITÀ E INTERAZIONE DEL TRATTAMENTO
RIABILITATIVO DURANTE LA RADIOTERAPIA
pag. 28
8. INFORMAZIONI UTILI
pag. 29
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1. TRATTAMENTO CHIRURGICO
Le conoscenze della storia naturale della malattia, la diffusione dei programmi
di screening e la sensibilizzazione delle donne al problema mammario con il
conseguente riscontro di lesioni neoplastiche in fase sempre più iniziale, l’evoluzione delle tecniche chirurgiche, l’adozione di protocolli terapeutici sempre
più efficaci e l’impiego sistematico della radioterapia hanno permesso, nel
corso degli ultimi 30 anni, di abbinare alla necessaria radicalità oncologica
chirurgica, un risultato estetico e funzionale eccellente.
I principali interventi chirurgici senologici sono riportati a seguire; vengono
eseguiti sulla base della indicazione clinica (età della paziente, dimensione e
sede della neoplasia, ecc.) secondo i protocolli di trattamento più aggiornati.
RESEZIONE MAMMARIA LIMITATA (TUMORECTOMIA O NODULECTOMIA): asportazione del tumore con una porzione di tessuto sano attorno a questo.
QUADRANTECTOMIA: asportazione di un “quadrante” mammario con la
cute soprastante , comprendente il lobo mammario contenente il tumore.
MASTECTOMIA RADICALE (secondo Halsted): intervento storico, che
non viene più eseguito,consistente nell’asportazione della ghiandola mammaria, dei linfonodi ascellari e dei muscoli grande e piccolo pettorale.
MASTECTOMIA RADICALE MODIFICATA: mastectomia semplice con asportazione dei linfonodi del cavo ascellare e conservazione dei muscoli pettorali.
MASTECTOMIA SEMPLICE: asportazione completa della mammella con
tutta la cute ed il complesso areola-capezzolo.
MASTECTOMIA SKIN-SPARING E NIPPLE-SPARING: nuove mastectomie “conservative”, che asportano la ghiandola mammaria radicalmente ma
preservano la cute o il complesso areola capezzolo e che si completano con
una ricostruzione protesica immediata.
LINFOADENECTOMIA ASCELLARE: asportazione dei linfonodi contenuti
nel cavo ascellare.
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BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA: nuova metodica ormai entrata
nella routine chirurgica, che permette di evitare la linfoadenectomia ascellare
ed i suoi esiti funzionali nella maggior parte dei casi; la metodica si basa sul
principio di asportare solamente il primo linfonodo cui arriva la linfa proveniente dalla neoplasia mammaria; per individuare tale linfonodo si utilizzano i
radioisotopi ed una sonda particolare per chirurgia radioguidata.
Gli interventi chirurgici sulla mammella non comportano solo un esito chirurgico più o meno rilevante, un risultato estetico più o meno soddisfacente, ma
l’alterazione di alcuni stati funzionali, tra questi i più importanti sono le modificazioni posturali ed i risentimenti psicologici.
2. TRATTAMENTO RIABILITATIVO
Indicazioni al trattamento riabilitativo
Dopo la diagnosi, la riabilitazione rappresenta una componente dell’iter assistenziale nella patologia del seno. La presa in carico avviene durante la degenza, e si completa a domicilio con un “auto-trattamento”, che migliorerà
progressivamente l’autonomia funzionale.
La riabilitazione interviene per recuperare, nel minor tempo possibile, il
benessere psico-fisico, funzionale e sociale dopo l’intervento chirurgico.
Le donne operate al seno possono essere esposte maggiormente a tutta una
serie di complicanze che possono beneficiare di trattamenti riabilitativi ambulatoriali o domiciliari a seconda del caso.
Queste possono essere riassunte in:
• problemi di cicatrizzazione;
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•
•
•
•
limitazioni articolari e alterazioni posturali;
lesioni neurologiche periferiche iatrogene ed evolutive;
turbe circolatorie venose e linfatiche con linfangiti e linfedemi;
complicanze legate alla chirurgia ricostruttiva.
Nel dettaglio seguono le definizioni delle più frequenti complicanze che possono ricorrere nel periodo immediatamente successivo all’intervento chirurgico
(fase acuta: primi tre mesi).
• Dolore: generalmente di facile controllo grazie all’utilizzo di farmaci antalgici ed antiflogistici, talvolta richiede l’intervento di procedure non farmacologiche ma riabilitative per la completa risoluzione.
• Disestesie a livello del cavo ascellare o del braccio omolaterale:
sono riferite spesso come la sensazione del “libro sotto l’ascella”. In genere scompaiono spontaneamente e gradualmente dopo alcuni giorni o
settimane dall’intervento. La risoluzione può essere più veloce mediante
una precoce mobilizzazione del braccio che consenta una buona ripresa
funzionale e permetta una rapida riattivazione neuro-muscolare.
• Linfangite dell’arto superiore (omolaterale alla lesione): è un’infiammazione rara del tessuto linfatico nella regione dell’intervento, e dell’arto superiore dallo stesso lato. Il trattamento è farmacologico. Generalmente si cura
mediante terapia antibiotica ed antinfiammatori non steroidei.
• Ematoma: raccolta di sangue nella regione dell’intervento e limitrofa. Esso
non deve allarmare la paziente in quanto di spontaneo riassorbimento in
tempi brevi.
• Sieroma: consiste in una raccolta di liquido siero-ematico o linfa nella regione dell’intervento o limitrofa. Il trattamento può prevedere l’evacuazione
con ripetute agoaspirazioni o una risoluzione spontanea.
• Dermatosi purpurica della regione mammaria: è una rara (incidenza inferiore all’1% dei casi) e poco nota complicanza degli interventi sulla mammella i quali comportino una linfoadenectomia ascellare completa. Essa è
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caratterizzata dalla comparsa di una grossa macchia purpurica (di colore
rosso scuro), non pruriginosa, non rilevata, non calda, sulla parete toracica
anteriore e in sede ascellare omolaterale.
• Deficit motorio della spalla e dell’arto superiore omolaterale: è un
disturbo assai frequente e va valutato se il deficit è di tipo funzionale antalgico (ovvero legato al dolore nella regione dell’intervento che inibisce il movimento) oppure dovuto a perdita di forza in alcuni gruppi muscolari a causa di
una compressione o una lesione parziale/totale di un nervo. Nel primo caso
la risoluzione è completa ed i tempi dipendono dalla risoluzione del dolore, ma sono generalmente brevi. Nel secondo caso si prevede un recupero
completo o parziale a seconda della gravità della lesione neurologica.
• Scapola alata: è determinata da un deficit di forza muscolare per lesione
nervosa (nervo toracico lungo), riscontrabile nel 20% delle donne operate
ed è prevedibile il recupero funzionale mediante il trattamento ambulatoriale riabilitativo neuromotorio precoce e dedicato.
Alcune complicanze sono presenti nella fase acuta dopo l’intervento o possono verificarsi anche tardivamente, in fase cronica, ovvero dopo sei mesi
dall’intervento.
• Sindrome della mammella fantasma: sensazione generalmente spiacevole di presenza della mammella. La prognosi è buona ed il trattamento
combinato prevede l’utilizzo di farmaci, terapie fisiche e massaggi.
• Retrazioni muscolari e aderenze cicatriziali: nella maggior parte dei
casi si possono prevenire attraverso la corretta gestione post-chirurgica
della ferita, con automassaggi e mobilizzazione del tessuto cicatriziale.
• Linfedema post-operatorio o tardivo: rappresenta la più comune
sequela post-chirurgica, ed è l’accumulo di liquido ad elevata concentrazione proteica (linfa) nello spazio extracellulare dell’arto omolaterale
alla lesione. L’argomento verrà trattato in maniera più approfondita nelle
prossime pagine.
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Trattamento riabilitativo precoce (mobilizzazione precoce)
La paziente in prima giornata postoperatoria, dopo un intervento al seno, viene istruita dalla fisioterapista al fine di mantenere una posizione corretta dell’arto superiore e della spalla. Una particolare attenzione viene posta anche
nell’evidenziare le posizioni scorrette che, se adottate per tempi più lunghi,
possono favorire l’insorgenza di complicanze muscolo-tendinee.
Nel corso della 1° giornata, dopo l’intervento, durante il riposo a letto, mantenere il braccio in scarico con un cuscino ben allineato lungo il corpo.
Mantenere il gomito il più esteso possibile per evitare retrazioni.
Questa posizione è indicata in qualsiasi momento di riposo, soprattutto quando insorge stanchezza e pesantezza del braccio, anche dopo la dimissione.
Sempre nei primi giorni dopo l’intervento, durante il riposo a letto, col braccio
appoggiato sul cuscino, estendere e flettere l’avambraccio. Durante l’esercizio, la mano si apre e si chiude a pugno, per migliorare la circolazione dell’arto
superiore.
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Quando la paziente è dimessa, dovrà continuare l’autotrattamento fino al momento in cui effettuerà la visita di controllo, la quale potrà prevedere, se necessario, l’inserimento ambulatoriale per un ciclo di trattamenti.
3. ESERCIZI RIABILITATIVI A DOMICILIO
È molto importante che, dalla parte operata, l’arto superiore conservi una
buona articolarità, pertanto quando la paziente è dimessa, dovrà continuare
l’autotrattamento fino al momento in cui effettuerà la visita di controllo.
Vengono di seguito illustrati alcuni esercizi destinati a migliorare le condizioni
articolari e funzionali della spalla e del braccio dalla parte in cui è stato eseguito l’intervento.
Tali esercizi dovrebbero essere eseguiti più volte al giorno (almeno
due) per le prime due settimane dopo l’intervento, ed 1 volta al giorno
per ulteriori 15 giorni.
Gli esercizi dovranno essere eseguiti con lentezza, armonia, ricercando la simmetria del gesto e seguendo un ritmo respiratorio profondo,
e rilassato.
Se raggiungere e/o mantenere la posizione provocasse dolore, si raccomanda di fermarsi appena prima, quando si avverte un po’ di tensione, fastidiosa
ma non dolorosa.
Contemporaneamente è opportuno svolgere le comuni attività motorie della
vita quotidiana.
Lo sport potrà essere ripreso dopo 4 settimane dall’intervento chirurgico (per
quelli che prevedono un’attività intensa dell’arto superiore, come nuoto, acquagym, danza, ecc. sono preferibili 6 settimane).
E’ buona norma l’acquisto di un reggiseno contenitivo con spallina larga, preferibilmente con apertura anteriore, da utilizzare giorno e notte per 2 o 3 mesi
successivi all’intervento.
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Esercizi in posizione supina
Esercizio n.1
Incrociare le dita delle mani sostenendo l’arto operato, elevare verso l’alto le
braccia, fino a superare il capo, è accettabile una sensazione di tensione non
insistere in caso di dolore importante.
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Esercizio n.2
Con la mano appoggiata sulla spalla, aprire lentamente le braccia in direzione
orizzontale mantenendo il gomito piegato; chiudere le braccia tornando alla
posizione di partenza.
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Esercizio n.3
Allungamento di tutto l’arto verso l’alto, per migliorare la massima estensione
di tutte le articolazioni (spalla, gomito e polso).
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Esercizi in posizione seduta
Esercizio n.1
Con le mani appoggiate alle spalle descrivere dei cerchi con i gomiti in senso
orario e antiorario.
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Esercizio n.2
Allungamento massimale di tutta la catena muscolare anteriore.
Portare il braccio il più in alto possibile e allontanarlo dal corpo raggiungendo
la massima estensione.
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Esercizio n.3
Mani incrociate dietro la schiena a braccia distese, allontanare le mani indietro
senza piegarsi in avanti con il busto.
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Esercizio n.4
Flessione anteriore del tronco fino a toccare il pavimento con le mani, in modo
da aumentare l’apertura ascellare e restituire un movimento armonico a tutto
il rachide.
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Esercizi in posizione eretta
Esercizio n.1
Appoggiare le mani su una parete ed innalzare le braccia lentamente facendo
scorrere le dita sulla superficie fino a raggiungere la massima estensione.
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Esercizio n.2
Con i gomiti estesi, battere le mani alternativamente in avanti e indietro mantenendo il busto eretto.
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Esercizio n.3
Appoggiare la mano del lato operato alla parete, allungare il braccio allontanandosi e spingendosi verso il lato opposto.
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Esercizio n.4
Appoggiare il dorso della mano dietro la schiena, facendolo scorrere verso
l’alto e ritornare poi nella posizione di partenza.
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4. MANOVRE PER LA MOBILITAZIONE DELLA PROTESI
Il posizionamento della protesi, indispensabile per il corretto equilibrio psicofisico, può a volte richiedere delle manovre manuali per migliorarne la mobilità.
Tali manovre vengono eseguite, se necessario, solo su richiesta del chirurgo
che ha eseguito l’intervento; esse devono essere effettuate quotidianamente
e con molta delicatezza.
Per apprendere con facilità tali tecniche è preferibile che esse vengano, la
prima volta, eseguite insieme alla fisioterapista. Successivamente si possono
effettuare da sole.
Le foto che seguono sono state selezionate per ricordare tali manovre.
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5. STILE DI VITA
Si raccomanda:
• quotidiana attività fisica (cammino, bicicletta, nuoto, ecc.);
• evitare il sovrappeso;
• ridurre nella dieta l’assunzione di grassi e di proteine animali;
• è raccomandata una dieta iposodica (povera di sale).
6. IL LINFEDEMA DELL’ARTO SUPERIORE
POST-MASTECTOMIA
Il linfedema è una condizione patologica caratterizzata da un accumulo di
liquido nello spazio extracellulare ad elevata concentrazione proteica.
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È una patologia piuttosto frequente, a decorso cronico e progressivo.
I linfedemi dal punto di vista eziopatogenetico vengono distinti in primari (a
manifestazione precoce o tardiva secondo l’epoca di comparsa della malattia)
e secondari (conseguenti per lo più ad interventi chirurgici oncologici, associati o no a radioterapia).
Il linfedema primario è causato da una malformazione dei vasi linfatici (linfoangiodisplasia), con uno sviluppo o una crescita anormale del sistema linfatico e/o dei linfonodi. Interessa prevalentemente il sesso femminile (85%) e
gli arti inferiori. Nell’anamnesi si ritrova frequentemente una causa scatenante
apparente (un trauma fisico o psicologico).
Secondo l’epoca di comparsa si distingue:
1. il linfedema congenito: raro; già presente alla nascita o manifestatosi entro
i primi due anni di vita;
2. il linfedema precoce: è la forma di linfedema primario più comune (circa il
90% dei casi). Compare < 35 anni, solitamente unilaterale, nella maggioranza dei pazienti si limita al piede ed alla gamba;
3. il linfedema tardivo: è relativamente meno comune (circa il 10% dei linfedemi primari). Si manifesta > 35 anni, a seguito di un trauma, un episodio
infettivo, oppure senza causa apparente.
Il linfedema secondario ha sempre una causa determinante: iatrogena come
l’asportazione dei linfonodi dell’ascella nel caso del tumore della mammella,
dell’inguine nei processi tumorali dell’apparato genito-urinario o del retto oppure gli interventi di safenectomia per IVC o come preparazione di un bypass
aorto-coronario; a radioterapia nelle patologie tumorali e non; ad iniezioni locali con prodotti lesivi del sottocute.
Ha un andamento centrifugo: parte dalla radice dell’arto e si propaga verso la
sua estremità distale.
La causa del linfedema post-mastectomia è da ricercare, quindi, nell’asportazione dei linfonodi ascellari che disposti lungo la via di deflusso della linfa
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dall’arto superiore, determina un blocco meccanico (interruzione per lesione e
per cicatrizzazione) alla sua uscita.
Il linfedema può avere una fase prolungata di latenza, corrispondente ad un
momento di equilibrio tra l’aumentato carico linfatico e la ridotta capacità di
trasporto. È normale la comparsa dopo 4-6 mesi dall’intervento o dalla radioterapia. Dopo la sua comparsa la progressione è certa, più o meno lenta ma
costante. Di pari passo evolve la consistenza dell’edema: inizialmente molle
tende a diventare duro, fibrotico.
Il linfedema predispone a ricorrenti episodi infettivi (la ricchezza proteica favorisce la crescita dei batteri) agevolati da una scarsa igiene o da immunodeficienza locale. Queste ricorrenti infezioni, che a loro volta determinano un
progressivo danno dei vasi linfatici ed un incremento dell’edema, possono
presentarsi con modalità diversa: come una linfangite o come erisipela. La
linfangite si manifesta con un arrossamento, uniforme o a chiazze, oppure con
strie rossastre che si dirigono in senso prossimale verso i linfonodi regionali,
classicamente ingrossati e dolenti. Talora, ma non è la norma, sono presenti i
segni di uno stato settico con brivido, febbre, compromissione dello stato generale. Agenti responsabili sono per lo più lo streptococco beta-emolitico, lo
streptococco viridans, lo stafilococchi aureo, che normalmente presenti sulla
cute come saprofiti, penetrano nei vasi linfatici attraverso un’abrasione od una
ferita infettandoli. L’erisipela è determinata dallo streptococco beta-emolitico
di gruppo A, e si manifesta con una chiazza di colore rosso vivo, calda e
dolente, con cute tesa e lucente, a limiti netti, a gradino verso la parte sana.
Lo stato generale è sempre compromesso, con astenia, malessere e febbre
elevata di tipo settico (39-40 °C).
Il linfedema evolve in maniera costante ed a seconda della manifestazione
clinica si distinguono 5 stadi:
• I stadio, pre-clinico, dove il linfedema è assente ma è a rischio di comparsa per la presenza di alterazioni delle vie linfatiche, evidenziabili con
l’esame linfoscintigrafico. È il caso ad esempio della mastectomizzata che
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non presenta linfedema;
• II stadio dove l’edema è lieve e regredisce spontaneamente con la posizione declive ed il riposo notturno;
• III stadio in cui l’edema è presente, non regredisce spontaneamente alle
modificazioni posturali, e anche con i trattamenti regredisce solo parzialmente;
• IV stadio in cui compaiono le deformazioni dell’arto, detto “elefantiaco” o
“a colonna” perché non sono più distinguibili i normali rapporti morfologici
dei suoi segmenti; con scomparsa dei rilievi ossei e tendinei;
• V stadio dove all’elefantiasi si aggiungono le complicanze locali come lesioni cutanee persistenti, deficit funzionale degli apparati artro-muscolotendinei e nervosi;
La terapia del linfedema si basa fondamentalmente sulla Terapia Decongestiva Combinata cioè protocolli terapeutici che prevedono l’associazione di
linfodrenaggio manuale, elastocompressione, cura della pelle, esercizio terapeutico ad arto bendato o provvisto di tutore elastocontenitivo, da mettere in
pratica con protocolli intensivi, seguiti da protocolli di mantenimento; alcuni
AA., ed in particolare Leduc, inseriscono nel protocollo anche la pressoterapia
pneumatica.
Consigli per la prevenzione del linfedema
1. Profilassi continua delle lesioni ed infezioni dell’arto.
2. Non ignorare alcun gonfiore a carico dell’arto superiore.
3. Prestare attenzione a rush cutanei, arrossamenti e febbre.
4. Non effettuare prelievi ematici e iniezioni sull’arto interessato.
5. Non eseguire rilievi pressori sull’arto interessato.
6. Mantenere l’arto pulito, asciutto ed idratato.
7. Evitare sforzi eccessivi ed il trasporto di pesi eccessivi.
8. Evitare anelli e bracciali stretti.
9. Evitare che il reggiseno comprima le spalle con spalline strette.
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10. Utilizzo di protesi mammarie esterne leggere.
11. Evitare bagni molto caldi, sauna e raggi solari diretti.
12. Evitare tagli, bruciature, punture d’insetti, graffi di gatto.
13. Indossare guanti nei lavori domestici e nel giardinaggio.
14. Preservazione della cute intorno al letto ungueale (pelli periungueali).
15. Uso di rasoio elettrico per depilazione.
Buone norme igienico-comportamentali
1. Non praticare ginnastica aerobica e/o nuoto troppo intensi.
2. Utilizzare del talco (anche alla curarina) per facilitare lo scorrimento del
tutore elastocompressivo.
3. Utilizzare costantemente la contenzione elastica dell’arto superiore.
4. Eseguire l’autodrenaggio (posturale) al bisogno.
5. Eseguire l’autobendaggio al bisogno.
6. Sostituire i tutori elastocompressivi ogni 4-6 mesi.
7. Salvaguardare l’igiene della cute.
7. COMPATIBILITÀ E INTERAZIONE DEL TRATTAMENTO
RIABILITATIVO DURANTE LA RADIOTERAPIA
Per quanto riguarda il rapporto tra radioterapia e fisioterapia, quest’ultima
deve avere un ruolo prima, durante e dopo il trattamento radiante.
È importante che la paziente venga valutata PRIMA del trattamento radiante per rilevare la presenza o meno di limitazioni funzionali del braccio
omolaterale all’intervento chirurgico. L’arto superiore deve poter essere posizionato in modo tale da esporre la mammella ai fasci di radiazione e ricercare
eventuali retrazioni delle cicatrici, che dopo la radioterapia potrebbero divenire
più rigide.
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DURANTE la radioterapia si può effettuare solo un trattamento fisioterapico
lontano dalla zona irradiata, ad esempio sugli arti superiori che non effettuano
radioterapia sui linfonodi.
DOPO la radioterapia può manifestarsi un modesto edema della mammella
e della parete laterale del torace. È possibile l’attuazione di un trattamento
drenante da effettuare una volta avvenuta la risoluzione dell’infiammazione.
Stessa attenzione anche nelle pazienti portatrici di protesi dove può essere
maggiore la possibilità di sviluppare una fibrosi. Si ricorda che la fibrosi da RT
in genere inizia dopo 6 mesi dal termine del trattamento radiante, e può essere
progressiva. Da sottolineare la necessità di attuare in ogni caso un trattamento riabilitativo non aggressivo.
8. INFORMAZIONI UTILI
Recapiti
• Clinica di Neuroriabilitazione
Tel. 071 596 4526
[email protected]
• Medicina Riabilitativa
Tel. 071 596 3837
[email protected]
• Chirurgia Senologica
Tel. 071 596 8416
[email protected] - [email protected]
• Radioterapia
Tel. 071 596 4842
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Siti internet utili
www.senologia.it
www.senologia.it/foncam/default.html
www.sirio.info
www.cancerworld.org/cancerworld/home.aspx?id_sito=5&id_stato=1
www.alts.it
www.ondaosservatorio.it
www.airc.it/tumori/tumore-al-seno.asp
www.senosalvo.com/riabilitazione.htm
Bibliografia di riferimento
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of exercise on breast cancer patients and survivors: a systematic review and metaanalysis. CMAJ 2006;175(1):34-41.
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Shamley1 DR, Barker K, Simonite V and Beardshaw A. Delayed versus immediate
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Research and Treatment (2005) 90: 263–271
H.J. Burstein, E.P. Winer: Primary Care for Survivors of Breast Cancer. N Engl J Med
2000; 343: 1086-1094.
Forza Operativa Nazionale sul Carcinoma Mammario: I tumori della mammella. Protocollo di Diagnosi, Trattamento, Riabilitazione. Marzo 1997.
Pluchinotta A.M. et al.: Dermatosi purpurica della regione mammaria. Una complicanza minore degli interventi per carcinoma mammario. Argomenti di Oncologia1993,
vol.14. numero 3, pag. 299-301.
Veronesi U.: Manuale di Senologia Oncologica. Masson 1995.
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Trattamento riabilitativo dopo intervento chirurgico al seno
NOTE
A cura di:
M. Marchegiani, S. De Santis, M. Capecci, M. G. Ceravolo,
Clinica di Neuroriabilitazione
M. Ricci, R. Serrani
Medicina Riabilitativa
C. Mariotti, G. Bianchelli, E. Lenti, F. Braccioni
Chirurgia Senologica
L. Fabietti
Radioterapia
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