Overbooked, il turismo mondiale visto dall`America.

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Overbooked, il turismo mondiale visto dall`America.
Overbooked, il turismo mondiale visto dall’America
Di Federico Rampini per Amadeus Travel Technology Day 29 maggio ’13
A Manhattan il mio guru di yoga, Tom, quando ha un problema ai denti prende il primo volo per il
Costarica. Ha un ottimo dentista là, e con quel che risparmia rispetto alle tariffe dei dentisti
newyorchesi si paga non solo il viaggio andata e ritorno, ma una settimana in un resort sulla
spiaggia. E’ un piccolo aneddoto personale che conferma lo sviluppo di un turismo che voi
conoscete di certo: il turismo sanitario. Per la verità finora è stato un fenomeno per lo più
americano, visti i costi della sanità Usa. Di certo comunque è uno dei filoni più in crescita nel
business dei viaggi. India, Thailandia, Sudafrica, Argentina, Messico e Costarica sono stati tra i
primi ad attrezzarsi per attirare questi flussi di pazienti-clienti.
Qualcuno di voi ha visto sicuramente il film “Marigold Hotel” di cui parlo anche nel mio ultimo
libro, dedicato alla nostra generazione: i baby-boomer. Ecco, un altro filone del turismo che
conoscerà una crescita esponenziale, e che gli americani si apprestano a gestire con lungimiranza, è
la “grande migrazione verso i mari caldi” della più vasta generazione mai esistita nella storia
umana, noi baby-boomer.
Ricordo queste cose solo per sottolineare che il turismo e i viaggi sono settori in costante
evoluzione, non meno soggetti a metamorfosi e innovazioni di quanto lo siano l’industria digitale,
l’informatica, le telecomunicazioni.
Un libro recente, di cui si discute molto in America, aiuta a situare le dimensioni del fenomeno che
ci interessa. Il libro s’intitola “Overbooked. The Exploding Business of Travel and Tourism”, di
Elizabeth Becker. E’ una ricognizione aggiornata e autorevole di questo settore, della sua
importanza economica, dei suoi problemi.
Cominciamo dai numeri, che la Becker attinge a fonti ufficiali come l’organizzazione dell’Onu per
il turismo, o l’ufficio internazionale del lavoro.
25 milioni di turisti internazionali nel 1960.
250 milioni nel 1970.
Oltre mezzo miliardo nel 1995.
E infine la soglia del miliardo sfondata l’anno scorso, 2012.
Cioè un incremento al tasso annuo composto del 6%. Pochissime industrie hanno tenuto un ritmo di
sviluppo così rapido. E quelle che hanno avuto traiettorie paragonabili sono proprio le industrie che
identifichiamo come le più innovative: per esempio le tecnologie dell’informazione che oggi vanno
sotto la categoria dell’economia digitale. Il turismo, insomma, è tutt’altro che “tradizionale”.
Come peso relativo, usando i dati dell’International Labor Organization la Becker colloca il turismo
alla pari con l’energia o la finanza.
Dà lavoro a un essere umano su nove, se si calcola anche l’indotto.
Una curiosità: le miglia accumulate dai frequent flyer, se fossero una moneta, avrebbero la più vasta
base di liquidità del mondo. Valgono più di tutti i dollari in circolazione.
Altra curiosità, che serve a ricordarci che “turismo” è una categoria inclusiva di tante, tante cose
diverse. L’evento turistico più importante dell’anno, da molti anni, è il pellegrinaggio islamico alla
Mecca, detto Hajj (più di tre milioni di viaggiatori all’anno). Forse questo non stupirà gli albergatori
romani che conoscono il potere di un Giubileo. Tantomeno stupirà gli studiosi di storia antica: i
pellegrinaggi religiosi furono tra le prime molle che spinsero gli uomini a viaggiare. Quel che
sorprende, tuttavia, è il fatturato multimiliardario del Hajj islamico, che da molti anni ha smesso di
essere un rito “povero” e si è trasformato in un business modernissimo.
Altra cosa che a volte sorprende i profani: come Las Vegas debba la sua prosperità non più al gioco
d’azzardo nei casinò bensì all’accoppiata congressi+spettacoli. Convention di odontoiatri più
Cirque du Soleil, insomma. Gli americani usano la sigla MICE, ironicamente. Letta così vuol dire
topi. In realtà sta per Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions.
Viaggio e turismo è diventato anche un mezzo-principe per la raccolta di fondi, per opere di utilità
sociale, culturale. Anche qui gli americani sono pioneri: crociere-conferenze organizzate da giornali
prestigiosi, università, musei, per autofinanziarsi.
E l’impatto ambientale? Con l’espansione vengono le responsabilità. Verso il pianeta anzitutto.
Viaggi e turismo sono la causa del 5,3% delle emissioni di CO2 del pianeta. Nonché della
devastazione di tanti paesaggi.
Attenti a NOI.
Del libro della Becker consiglio soprattutto il capitolo su Venezia. Non ci troverete nulla di inedito
per un lettore italiano. Gli articoli del mio amico Gianantonio Stella sul Corriere della Sera,
sull’impatto delle mega-navi da crociera in laguna, dicono cose anche peggiori. Ma leggere il punto
di vista di un’acuta osservatrice americana è importante, perché ci dà uno squarcio su come gli altri
ci vedono. La Becker è costernata dalla visione di una città-gioiello da 60.000 abitanti che soffoca
sotto l’impatto di 20 milioni di turisti l’anno. Si chiede come sia possibile che il Bhutan abbia una
politica più lungimirante di noi, nel “contingentare” i turisti perché non distruggano il suo
ecosistema.
Altri problemi riguardano la “sostenibilità sociale”. I circuiti di produzione e vendita di souvenir per
turisti, sempre più spesso controllati dalle stesse multinazionali che gestiscono crociere e viaggi
organizzati, possono distruggere lentamente il tessuto manifatturiero locale.
Nell’Era della maturità, l’industria turistica è chiamata ad assumere una visione e una responsabilità
a 360 gradi, come altri settori dell’economia.
Allegato, estratto dal mio libro “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo” (Mondadori, 2012)
Capitolo 7 Marigold Hotel
…E’ una di quelle storie che ti attraggono irresistibilmente dopo i cinquanta. Anche se sei più
giovane dei protagonisti – due delle star, Judi Dench e Maggie Smith, ne hanno compiuti 77 – il
film parla di cose che ti riguardano, o cominciano a preoccuparti, entrano in un’orizzonte non più
lontanissimo, un futuro prossimo. Se non lo avete visto, si tratta delle vicissitudini di un gruppo di
pensionati inglesi. Vittime dei tagli al Welfare State che infieriscono in tutto l’Occidente, i
protagonisti si lasciano attirare da una seducente offerta: trascorrere la vecchiaia in una “residenza
di lusso per la terza età” nella bellissima Jaipur, la “città rosa” del Rajasthan. Una di loro, Maggie
Smith, deve pure farsi operare all’anca, e un ospedale indiano è l’alternativa lowcost (senza liste
d’attesa) al servizio sanitario nazionale britannico sempre più depauperato dall’austerity. Per quanto
il film sia leggero e a tratti ingenuo, la sostanza della trama è più realistica di quanto appaia. Il
“turismo sanitario” verso l’India è già una realtà da molti anni. E non sono solo l’India o altri paesi
asiatici a infilarsi in questo business. Vivere con un pensione media a Manhattan può essere
insostenibile, donde il flusso di investimenti in residenze secondarie a Sud del Rio Grande. Neppure
la paura dei narcos può frenare l’esodo dei baby-boomer verso le spiagge tropicali…