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Università degli studi di
Genova
Fac oltà d i Giur isprud e nza
Corso di Laurea in Scienze Giuridiche
Tesi di Laurea in Diritto Commerciale
Comunitario
Concorrenza fra ordinamenti societari
alla luce della libertà di stabilimento:
- Private limited companies
- Società a responsabilità
limitata
Relatore:Chiar.mo Prof. Guido Sideri
Candidato:Filippo Chiodini
Anno Accademico 2004-2005
1
In memoria del Prof. Marco Cassottana
2
Indice:
Introduzione
1 Il diritto di stabilimento delle persone giuridiche
1.1 Il diritto di stabilimento. In generale
1.2 Il diritto di stabilimento primario. Il caso Daily Mail.
1.3 Il diritto di stabilimento secondario. Il caso Centros
1.4 Verso il superamento di tale distinzione. Il caso Ueberseering.
1.5 Ulteriori sviluppi. Il caso Inspire Art
1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il criterio di
collegamento
1.7 (segue) Il criterio della sede legale e quello della sede effettiva
1.8 Il criterio di collegamento in Italia
2 La private limited company
2.1 Le private companies in generale. Residualità e caratteri
distintivi rispetto alle public companies
2.2 La costituzione della private company. Promozione, formazione
e registrazione
2.3 L’atto costitutivo e lo statuto
2.4 Assemblea e decisioni dei soci
2.5 Amministrazione e controlli
3
2.6 Il capitale sociale
2.7 (segue) Le operazioni della società sul capitale
2.8 I conferimenti e le quote di capitale
2.9 Gli oneri pubblicitari e di bilancio
3 La società a responsabilità limitata
3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi
3.2 La fattispecie costitutiva. Il procedimento
3.3 (segue) L’atto costitutivo. La società unipersonale
3.4 I conferimenti
3.5 (segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito
3.6 Le quote di partecipazione sociale
3.7 Il recesso e l’esclusione del socio
3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società
3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità
3.10 I libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili
3.11 Le decisioni dei soci e l’assemblea
3.12 Le modificazioni dell’atto costitutivo
3.13 (segue) L’aumento e la riduzione del capitale sociale
4 Conclusioni sulla concorrenza fra ordinamenti societari
4.1 Ipotesi di concorrenza fra società a responsabilità limitata e
private company in Italia. Profili internazionalprivatistici.
4.2 (segue) Profili sostanziali. I due modelli a confronto
4.3 Fra armonizzazione e concorrenza dei modelli societari:
entusiasmo e diffidenza
4
Introduzione
Questa tesi vuole essere il tentativo di delineare il quadro di un
fenomeno creato dalle più recenti pronunce della Corte di Giustizia
Europea in tema di libertà di stabilimento delle persone giuridiche: la
concorrenza fra ordinamenti societari. In quest’ottica si procede,
inoltre, ad un confronto fra due modelli di società appartenenti ad
ordinamenti diversi, al fine di studiarne le concrete ipotesi di
concorrenza. Si è scelto di accostare la private limited company, di
diritto inglese, alla società a responsabilità limitata italiana. I due tipi
di società, infatti, appartengono a modelli societari che, seppur
presentano, come si vedrà in seguito, alcune rilevanti caratteristiche
comuni, non sono ancora del tutto armonizzati a livello europeo, con
la conseguenza che si possono scorgere rilevanti aspetti che,
contribuendo
a
differenziare
le
relative
discipline,
rendono
interessante un’ipotesi di concorrenza.
Nel primo capitolo si illustra l’evoluzione che il concetto di libertà di
stabilimento delle persone giuridiche ha subito in questi ultimi anni,
dando conto del percorso segnato dalle pronunce della Corte di
Giustizia Europea.
5
Segue, nel secondo e nel terzo capitolo, l’analisi degli istituti,
rispettivamente di private limited company e s.r.l., al fine di meglio
poter comprendere il confronto, in ottica concorrenziale, che si
propone nel quarto capitolo, ove si coglierà l’occasione per svolgere
qualche breve considerazione conclusiva sulla concorrenza.
6
1.
Il diritto di stabilimento delle persone giuridiche
Sommario: 1.1 Il diritto di stabilimento. In generale - 1.2 Il diritto
di stabilimento primario. Il caso Daily Mail - 1.3 Il diritto di
stabilimento secondario. Il caso Centros - 1.4 Verso il superamento
di tale distinzione. Il caso Ueberseering - 1.5 Ulteriori sviluppi. Il
caso Inspire Art - 1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il
criterio di collegamento - 1.7 (segue) Il criterio della sede legale e
quello della sede effettiva - 1.8 Il criterio di collegamento in Italia
1.1
Il diritto di stabilimento. In generale
Il diritto di stabilimento, di fondamentale importanza nel processo di
integrazione europea e nella creazione di un mercato unico
comunitario, è disciplinato essenzialmente dagli articoli da 43 a 48
del Trattato1. È stato rilevato2 come il Trattato non si preoccupi di dare
una definizione diretta del concetto di diritto di stabilimento. Essa può
1
Si noti come la numerazione degli articoli del Trattato sia cambiata, dal primo gennaio 1999, con
l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Gli articoli riguardanti il diritto di stabilimento
erano, prima di tale modifica, quelli dal numero 52 al 58.
2
Vedi, fra gli altri, LOMBARDO, Libertà di stabilimento e mobilità delle società in Europa, in
NGCC, 2005, II, 353.
7
tuttavia essere desunta dallo stesso articolo 43 che, al primo comma,
stabilisce il divieto per gli stati membri di restringere, sul proprio
territorio, la libertà di stabilimento dei cittadini di un altro stato
membro, con particolare riferimento all’apertura di agenzie, succursali
o filiali. Segue, nel secondo comma, una qualificazione di tale libertà
che comporta l’ “accesso ad attività non salariate e al loro esercizio,
nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di
società ai sensi dell’articolo 48”3. Si può pertanto affermare che il
diritto di stabilimento riguardi qualsiasi attività economica4, purché sia
svolta in regime di non subordinazione, aspetto che distingue la libertà
di stabilimento dalla libera circolazione dei lavoratori, e abbia, a
differenza della libera prestazione di servizi, carattere non episodico e
occasionale5.
L’articolo in questione, nel garantire il diritto di stabilimento, si
riferisce espressamente ai cittadini degli stati membri e risulta pertanto
applicabile alle persone fisiche. Ad estenderne l’efficacia alle persone
3
Così all’articolo 43, secondo comma, del Trattato.
4
Cfr. amplius TESAURO, Diritto comunitario, terza edizione, 2003, Padova, CEDAM, 495, che
precisa come lo stabilimento,
inteso in senso economico non salariato, ne restringa
necessariamente la nozione tradizionale, escludendo la rilevanza, ai fini della libertà comunitaria,
della permanenza del cittadino di uno stato comunitario in un altro stato membro, che non sia
qualificata dal necessario esercizio di attività economica.
5
CASSOTTANA, NUZZO, Lezioni di diritto commerciale comunitario, 2002, Torino,
Giappichelli Editore, 13.
8
giuridiche provvede l’articolo 48, che equipara “le società costituite
conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede
sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale
all’interno della Comunità, [...] alle persone fisiche aventi la
cittadinanza degli stati membri”6. Segue, al secondo comma, una
definizione estensiva di società7, funzionale all’equiparazione con le
persone fisiche. Ai fini della norma si considerano tali “le società di
diritto civile e commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le
altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad
eccezione delle società che non si prefiggono scopo di lucro”8.
Ne deriva quindi che l’ambito soggettivo di applicazione della libertà
di stabilimento, in forza del combinato disposto degli articoli 43 e 48
del Trattato, comprende persone fisiche, che devono avere il requisito
della cittadinanza di uno Stato membro e le persone giuridiche, per le
quali è richiesto uno dei criteri di collegamento con uno stato
comunitario previsti dal primo comma dell’articolo 48.
6
Così all’articolo 48, primo comma, del Trattato.
7
È stato rilevato da TESAURO, (nt. 4), 496, in nota, che la nozione di società fornita dal Trattato,
nella lettura della Corte di Giustizia, coincida sostanzialmente con la stessa nozione di impresa,
per la cui definizione si vedano: TESAURO, (nt. 4), 603 e ss; CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5),
181 e ss.
8
Così al secondo comma dell’articolo 48 del Trattato.
9
Per quanto riguarda il riconoscimento della cittadinanza, vale il
principio secondo il quale la sua attribuzione legittima da parte di uno
Stato membro non può essere disconosciuta da un altro Stato membro
o vanificata con l’imposizione di ulteriori requisiti9, e ne consegue
automaticamente la “Cittadinanza dell’unione”, istituita dall’articolo
17 del Trattato.
Con riferimento alle persone giuridiche la questione del criterio di
collegamento, tuttora aperta, presenta alcuni aspetti di cui occorre dare
conto. Senza anticipare la trattazione del problema che si affronterà,
seppur brevemente, in seguito, basti qui rilevare come esistano,
tradizionalmente, due tipi di criterio di collegamento delle società
all’ordinamento statale di appartenenza: il criterio della sede legale o
incorporation theory, tipicamente anglosassone, che collega la società
all’ordinamento dove è incorporata la sede statutaria, a prescindere da
dove si trovino amministrazione centrale e centro di attività
principale; e criterio della sede effettiva o reale o Sitztheorie, di area
germanica, che subordina la nazionalità all’esistenza nello Stato
membro della sede amministrativa o dell’oggetto dell’attività
societaria principale,10.
9
TESAURO, (nt. 4), 496.
10
Di cui, peraltro, si è dubitata la conformità al combinato disposto degli articoli 43 e 48, in quanto
suscettibile di negare il riconoscimento stesso ad una società che, costituita in uno Stato che adotta
10
A prescindere dai problemi applicativi dovuti al conflitto fra diversi
criteri di collegamento, è fatto salvo il principio secondo il quale dal
divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento, sancito dal primo
comma dell’articolo 43, discenda, in virtù della precisazione di cui al
secondo comma, un obbligo di trattamento non discriminatorio dei
cittadini e delle società di altri Stati membri che esercitino il diritto di
stabilimento.
Questo
principio
del
trattamento
nazionale
(Innlaendergleichbehandlung), che vieta ogni discriminazione fondata
sulla nazionalità (Discriminierungsverbot), riprende quanto previsto
già all’articolo 12 del Trattato, che si configurava inizialmente come
un mero obbligo di standstill, in base al quale era vietato agli Stati
membri di introdurre nuove restrizioni alla libertà di stabilimento
effettivamente raggiunta al momento dell’entrata in vigore del
Trattato11. Dall’obbligo di standstill si passa successivamente al
divieto di discriminazione indiretta12 fino all’affermazione, con la più
la teoria dell’incorporazione, trasferisca la propria sede amministrativa o l’attività principale in
uno Stato che preveda il criterio della sede reale. Una simile conclusione finirebbe per negare di
fatto la libertà di stabilimento. In questo senso, amplius: MUCCIARELLI, Libertà di stabilimento
e concorrenza fra ordinamenti societari, in Giur. Comm. 2000, II, 566; LOMBARDO, (nt. 2),
358. Dello stesso avviso, più succintamente CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 18.
Per un approccio comparatistico all’argomento: WYMEERSCH, Il trasferimento di sede della
società nel diritto societario europeo, in Riv. Soc., 2003, 723 e ss.
11
TESAURO, (nt. 4), 504.
12
Per un maggior approfondimento si veda TESAURO, (nt. 4), 508 e ss.
11
recente giurisprudenza della Corte di Giustizia13, di un vero e proprio
divieto
di
restrizioni
alla
libertà
di
stabilimento
(Beschraenkungsverbot), sia nei confronti dei cittadini degli altri Stati,
sia dei propri cittadini14.
Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del diritto di
stabilimento, fermo restando il carattere economico, non salariato e
non episodico dell’attività esercitata, si usa distinguere, in base al
dettato dell’articolo 43 del Trattato, il trasferimento completo o
principale dell’attività da uno Stato membro ad un altro, denominato
diritto di stabilimento primario, dall’apertura di agenzie, succursali o
filiali , per l’esercizio di attività in un altro Stato comunitario, definita
diritto di stabilimento secondario. Anche su questa distinzione si
tornerà nel corso dei paragrafi seguenti.
Per concludere sul diritto di stabilimento in generale, un ultimo cenno
alle limitazioni ammesse dal Trattato all’esercizio di tale diritto. La
prima rilevante eccezione al beneficio della libertà di stabilimento è
13
Si vedano, in ordine cronologico e secondo un evidente iter argomentativo, le sentenze
Commissione c. Francia, C- 270/83; Segers, C-79/85; Daily Mail, C-81/87; Centros, C-212/97;
Ueberseering, C-208/00; Inspire Art, C-167/01, in http://europa.eu.int.
14
Si vedano, fra gli altri: EIDENMUELLER, REHM, Niederlassungsfreiheit versus Schutz des
inlaendischen Rechtsverkehrs: Konturen des Europaeischen Gesellschafftsrechts, in ZGR, 2004,
162; LOMBARDO, (nt. 2), 357; MECHELLI, Libertà di stabilimento per le società comunitarie e
diritto societario dell’Unione Europea, in Riv. Soc., 2003, 110; nello stesso senso MUNARI –
12
prevista dal Trattato all’articolo 45 con riguardo alle attività che nello
Stato ospite “partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei
pubblici poteri”15. Norma che tuttavia ha avuto un’applicazione molto
prudente da parte della Corte che ha sempre interpretato il requisito
della partecipazione all’esercizio di pubblici poteri in senso
restrittivo16.
Un’ altra ipotesi nella quale è ammessa in via eccezionale
l’applicazione, da parte di Stati membri, di norme che fissino un
regime particolare per gli stranieri, è contenuta nell’articolo 46 che
stabilisce che esse debbano essere giustificate da “motivi di ordine
pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica”17. Proprio per il
carattere di eccezionalità che contraddistingue l’ammissibilità di
queste disposizioni, l’elenco delle cause che la giustificano è da
considerarsi tassativo.
TERRILE, The Centros case and the rise of an EC Market for Corporate Law, in CEDIF,
www.cedif.org, WP, 4-2001, 4.
15
Così all’articolo 45, primo comma, del Trattato.
16
Per un approfondimento e per riferimenti specifici alla giurisprudenza della Corte di Giustizia:
TESAURO, (nt. 4), 498.
17
Articolo 46, primo comma, del Trattato.
13
1.2
Il diritto di stabilimento primario. Il caso “Daily Mail”
Come si è visto nel precedente paragrafo, la libertà di stabilimento,
come disciplinata dall’articolo 43, riguarda l’ “accesso alle attività non
salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione
d’imprese e in particolare di società”18 e “l’apertura di agenzie,
succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro”19. Si
tratta, pertanto di due ipotesi distinte, riguardando la prima l’esercizio
di un’attività economicamente rilevante in uno Stato membro diverso
da quello di origine, e la seconda l’apertura, in un altro Paese
comunitario, di un centro secondario di attività.
Nel primo caso si avrà quello che si definisce diritto di stabilimento
primario, che integra le ipotesi di creazione o trasferimento in uno
Stato membro diverso del centro di attività professionale ed
economica o, in forza dell’articolo 48, della sede di una società.
Se con riferimento alle persone fisiche il diritto in questione è
pacificamente riconosciuto e si può dire assurto ormai a principio
fondamentale del sistema comunitario e in particolare del mercato
18
Articolo 43, primo comma, del Trattato.
19
Articolo 43, secondo comma, del Trattato.
14
comune20, occorre rilevare come le persone giuridiche, sebbene
formalmente equiparate, dall’articolo 48, alle persone fisiche,
subiscano
ancora
oggi,
sostanzialmente deteriore21.
rispetto
a
queste,
un
trattamento
Ciò avviene, in particolare, perché il
diritto di stabilimento degli enti corporativi subisce tuttora forti
condizionamenti dalla legge nazionale applicabile all’ente. Il
legislatore comunitario da un lato non si cura di regolare gli aspetti
internazionalprivatistici dei possibili criteri di collegamento, dall’altro
non sembra, ad oggi, essere giunto a significativi risultati nel processo
di armonizzazione del diritto materiale, di cui all’articolo 44.
Il diritto di stabilimento primario, tuttavia, presupporrebbe la libertà di
una società, ai sensi dell’articolo 48, di trasferire la propria attività in
uno Stato membro diverso da quello di origine mantenendo invariate
personalità giuridica e lex societatis. In proposito lo stesso Trattato,
all’articolo 293, prescrive che fra gli Stati membri intervengano
negoziati e intese volte colmare, “per quanto occorra”22, le apparenti
lacune normative lasciate dal combinato disposto degli articoli 43 e
20
In questo senso si veda per tutti: TESAURO, (nt.4), 500.
21
CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 14.
22
Così all’aricolo 293 (già 220) del Trattato.
15
48. L’assenza di tali intese e accordi23 fu proprio l’argomento che,
nella sentenza Daily Mail24, tradizionalmente considerata leading case
in materia di libertà di stabilimento primario, portò la Corte
sostanzialmente a negarla.
In quel caso la questione pregiudiziale posta all’attenzione della Corte,
ai sensi dell’articolo 234 del Trattato25, riguardava la compatibilità
con gli articoli 43 e 48 del Trattato di una norma inglese che, facendo
dipendere la residenza fiscale delle società commerciali dalla
localizzazione all’interno del Regno Unito della direzione o
amministrazione centrale dell’ente, ne subordinava il trasferimento ad
un’autorizzazione del Tesoro, in quel caso non concessa. La Corte
nell’occasione negava che il Trattato conferisse alle società costituite
in accordo con la legislazione di uno Stato comunitario il diritto di
trasferire la propria sede principale in altro Stato membro,
mantenendo la qualità di società dello Stato secondo la cui
legislazione
erano
state
costituite.
Ciò
argomentando
che,
“diversamente dalle persone fisiche, le società sono enti creati da un
23
L’unica convenzione sul reciproco riconoscimento delle società e persone giuridiche fu firmata a
Bruxelles il 29.02.1968 e non entrò in vigore perchè non fu ratificata dai Paesi Bassi. Per un
approfondimento a riguardo, si veda: BALLARINO, Sulla mobilità delle società nella Comunità
Europea. Da Daily Mail a Ueberseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà
comunitarie, in Riv. Soc., 2003, 670 e ss.
24
Sentenza della Corte del 27.09.88, C-81/87, in Raccolta 1988, 5483.
16
ordinamento giuridico e, allo stato attuale del diritto comunitario, da
un ordinamento giuridico nazionale”26. Infatti, le norme relative al
criterio di connessione con detto ordinamento e l’eventuale
trasferimento (e quindi la modifica di tale connessione) non rientrano
in quelle comunitarie sulla libertà di stabilimento, ma sono lasciate
alle normative interne degli Stati membri o eventualmente ad
iniziative legislative o pattizie, di cui all’articolo 293, per altro mai
entrate i vigore27.
La decisione fu criticata da una parte di dottrina soprattutto perché,
dopo l’affermazione dell’efficacia diretta degli art. 43 e 48 TCE28, la
Corte pare confondere, o almeno separare in maniera poco decisa, gli
aspetti di diritto materiale, e in particolare fiscale, da quelli di diritto
internazionale privato. Da quest’ultimo punto di vista, la controversia
non presentava problemi inerenti al riconoscimento reciproco o ai
criteri di collegamento della società, adottando entrambi gli
ordinamenti in questione, quello inglese come quello olandese, il
criterio della sede legale. Pertanto, anziché perdersi in obiter dicta,
invocando la mancanza dei negoziati e degli accordi interstatali di cui
25
Già articolo 177, nella vecchia numerazione, di cui nella sentenza.
26
Punto 19 della sentenza.
27
Punto 21 della sentenza.
28
Punto 12 della sentenza.
17
all’articolo 293, riguardanti la risoluzione di un conflitto fra norme di
collegamento, che nel caso non aveva alcuna conseguenza29, proprio
in forza dell’efficacia diretta dell’articolo 43 la Corte avrebbe potuto
garantire
il
trasferimento
effettivo
della
sede
sul
piano
internazionalprivatistico, quale manifestazione della libertà di
stabilimento primaria30.
1.3
Il diritto di stabilimento secondario. Il caso Centros
Come si è anticipato la libertà di stabilimento può anche consistere
nell’apertura, in uno Stato membro diverso da quello di provenienza,
di “agenzie, succursali o filiali”, come recita testualmente il secondo
periodo del primo comma dell’articolo 43. Tale esercizio di attività
economica si distingue, pertanto, per essere accessorio rispetto ad un
centro di attività principale che resta situato nello Stato d’origine; il
corrispondente diritto di stabilimento viene per questo motivo
29
In questo senso BALLARINO, (nt. 23), 674.
30
LOMBARDO, (nt. 2), 360. In argomento anche WYMEERSCH, (nt. 10), 743, che fa notare
come, da un lato la proibizione di emigrare non pare poter essere giustificata da motivi fiscali,
potendo i debiti fiscali essere recuperati anche negli altri ordinamenti dell’Unione Europea;
dall’altro, in virtù dalle teoria dell’incorporazione seguita dal Regno Unito, non si trattava di un
18
chiamato “secondario”31. È stato notato, come la lista dell’articolo 43
non debba ritenersi completa, riferendosi essa a titolo esemplificativo
alle “agenzie” e alle “succursali”, come ad ogni altra struttura preposta
all’esercizio organizzato e non occasionale di attività economica32
senza personalità giuridica, quali semplici uffici dotati di potere di
rappresentanza33. Le “filiali”, per contro, sono da considerarsi le
società figlie costituite secondo la legge del Paese ospite e, pertanto,
munite di personalità giuridica34.
In merito al diritto di stabilimento secondario, la Corte di Giustizia si
è sempre pronunciata nel senso di condannare le pratiche
discriminatorie poste in essere dagli Stati membri che avessero lo
scopo di ostacolare il pieno esercizio di tale diritto. In tal senso furono
sanzionati casi di discriminazione diretta, basata immediatamente
caso di trasferimento di sede con cambiamento di regime giuridico applicabile e non coinvolgeva
in quanto tale la liberà di stabilimento.
31
È appena il caso di rilevare come il requisito dell’accessorietà del centro di attività trasferito ad
una sede principale operante nello Stato di origine, che connotava la libertà di stabilimento
secondaria, sia stato largamente superato dalla giurisprudenza della Corte, che non intravede un
ostacolo all’esercizio di tale libertà nel fatto che l’attività principale venga svolta esclusivamente
presso la sede secondaria. Cfr. sentenze Segers, C-79/85; Centros, C-212/97; Inspire Art, C167/01, (nt. 13), per un approfondimento, fra gli altri:LOMBARDO, (nt. 2), 354; TESAURO, (nt.
4), 501.
32
CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 15.
33
Secondo LOMBARDO, (nt. 2), 354, in nota, i concetti di succursale o filiale sarebbero piuttosto
da intendersi con riferimento agli imprenditori individuali.
34
TESAURO, (nt. 4), 502.
19
sulla nazionalità35, e casi di discriminazione indiretta che, pur non
vertendo direttamente su requisiti legati alla nazionalità, impedivano o
rendevano eccessivamente oneroso per le persone giuridiche straniere
lo stabilimento di succursali o filiali. Diverse e molteplici sono state le
occasioni in cui la Corte ha avuto modo di pronunciarsi per sanzionare
casi ritenuti indirettamente discriminatori36. Tuttavia, per unanime
riconoscimento, quello che in particolare segna una svolta nel campo
della libertà di stabilimento è stato il caso Centros37, del quale si
espongono ora gli aspetti salienti.
La società di diritto inglese Centros Ltd, costituita in Regno Unito da
due coniugi danesi, chiedeva la registrazione di una propria succursale
in Danimarca. L’ufficio danese competente rifiutava la registrazione
sostenendo che Centros, non esercitando alcun tipo di attività in
35
Si veda la sentenza Commissione c. Francia, C-270/83, in Raccolta, 285 e ss., in cui la Corte
dichiarò la Francia inadempiente agli obblighi derivanti dal Trattato, per essersi rifiutata di
estendere alle succursali ed agenzie di società straniere i benefici fiscali che il governo riconosceva
alle società costituite in Francia.
Per una pronuncia più recente, nello stesso senso, si veda Commissione c. Regno di Spagna, C114/97, in Raccolta, 1998, I-6717, dove è stata dichiarata incompatibile con il Trattato una legge
spagnola che consentiva la concessione delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività
di impresa solo a società finanziarie costituite in Spagna e con uno staff di nazionalità spagnola.
36
Si veda, fra altri, il caso Segers, C-79/85, in Raccolta, 1984, 2375 e ss., in cui le autorità
olandesi rifiutavano l’accesso al regime di assicurazione-malattia al cittadino olandese,
amministratore di una società limited inglese costituita al solo scopo di essere titolare di tutte le
quote della società figlia costituita nei Paesi Bassi, argomentando che questo dovesse essere
garantito solo agli amministratori di società olandesi.
37
Sentenza C-212/ 97, in Raccolta, 1999, I-01459.
20
Regno Unito, intendesse in realtà costituire in Danimarca non una
sede succursale bensì una sede principale, eludendo in tal modo le
norme nazionali più severe di quelle inglesi in tema di liberazione di
un capitale sociale minimo38. La Corte Suprema danese ha investito la
Corte di Giustizia della questione pregiudiziale circa la compatibilità
di tale rifiuto con il combinato disposto degli articoli 43 e 48 e con
l’articolo 46 del Trattato. La sentenza afferma, in primo luogo, che
una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro nel quale
ha la sua sede formale che desideri creare una succursale in un altro
Stato membro rientra nell’ambito di applicazione delle norme del
trattato, a nulla rilevando che la società sia stata costituita nel primo
stato al solo scopo di svolgere la propria intera attività nel secondo39.
Viene quindi rigettata la tesi del governo danese secondo cui la
fattispecie in esame avrebbe configurato una situazione puramente
interna alla Danimarca. La Corte inoltre stabilisce che il rifiuto di uno
Stato membro di registrare la succursale di una società legittimamente
costituita in altro Stato membro, dove questa risulta registrata,
contrasta con il dettato degli articoli 43 e 48 a prescindere dal fatto
che questa non svolga alcuna attività nello Stato di costituzione e che
38
Punto 7 della sentenza.
39
Punto 17 della sentenza.
21
la creazione della succursale sia finalizzata allo svolgimento
dell’attività esclusivamente nello Stato ospitante, al mero scopo di
svolgere detta attività secondo norme societarie meno restrittive. La
Corte precisa che la scelta di cittadini di uno Stato membro di creare
una società in un altro Stato membro le cui norme di diritto societario
risultino meno severe, e di creare succursali in altri paesi non
costituisce di per sé un abuso del diritto di stabilimento, anche nel
caso in cui nessuna attività sia esercitata nello Stato di costituzione40. I
giudici escludono poi che gli argomenti evocati dall’ufficio danese
(essenzialmente esigenze di tutela dei creditori41) giustifichino ai sensi
dell’art.46 TCE (che menziona motivi di ordine pubblico, pubblica
sicurezza, sanità pubblica come giustificativi di restrizioni alla libertà
di stabilimento), il diniego di registrazione. Secondo la stessa Corte
inoltre, e in linea con una sua consolidata giurisprudenza, le misure
limitative della libertà di stabilimento che gli Stati possono adottare
dovrebbero in ogni caso soddisfare quattro condizioni: 1) devono
applicarsi in modo non discriminatorio; 2) essere giustificate da
motivi imperativi di interesse pubblico; 3) essere idonee a garantire il
conseguimento dello scopo perseguito e, 4) non andare oltre quanto
40
Punto 27 della sentenza.
41
Si vedano in merito i punti 32 e 33 della sentenza.
22
necessario per il raggiungimento di questo42. Nel caso di specie la
misura del diniego della registrazione veniva considerata non
rispondente a questi requisiti, innanzitutto perché il fatto che la
Centros Ltd. esercitasse effettivamente in Gran Bretagna o meno era
del tutto irrilevante per la tutela offerta ai creditori della società dal
capitale minimo43. Qui la Corte sembra decretare l’inammissibilità
dell’obbligo di capitale minimo dal punto di vista comunitario,
aggiungendo che, in virtù dell’adozione in entrambi i Paesi della
teoria
dell’incorporazione,
i
creditori
dovevano
ritenersi
sufficientemente tutelati dalla pubblicità prescritta dalla Quarta44 e
dall’Undicesima Direttiva45. È stato notato a riguardo come con questa
pronuncia, per la prima volta e contrariamente a quanto avvenuto in
Daily Mail, si stabilisca che in caso di conflitto con una legge
nazionale che preveda determinate condizioni (in questo caso il
capitale minimo e il carattere secondario dello stabilimento) debba
comunque prevalere il diritto comunitario di stabilimento a scapito
della supposta imperatività della norma nazionale46.
42
Punto 34 della sentenza.
43
Punto 35 della sentenza.
44
Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1978, 78/660/CEE.
45
Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1989, 89/666/CEE.
23
1.4
Verso il superamento di tale distinzione. Il caso Ueberseering
Il caso Centros viene pacificamente ricondotto alla libertà di
stabilimento secondario. Non si può negare, in effetti, che i coniugi
Bryde avessero aperto in Danimarca una succursale della società
Centros Ltd., legittimamente costituita nel Regno Unito. Abbiamo
visto inoltre che, ai fini della qualificazione del diritto di stabilimento,
poco importa che l’attività economica venga esercitata esclusivamente
presso la succursale. Come anticipato47, già nella sentenza Segers la
Corte fa venire meno il presupposto ulteriore, rispetto allo
stabilimento primario, richiesto per il diritto di stabilimento
secondario, che consiste nell’esistenza del concreto svolgimento di
un’attività economica “primaria ed operativa” in altro Stato membro48.
Così (ri)definito dalla Corte tuttavia, il concetto di diritto di
stabilimento secondario pare avvicinarsi di molto a quello di
stabilimento primario, almeno da un punto di vista sostanziale. Se
formalmente la distinzione risulta ben chiara (lo stabilimento è
secondario in quanto esercitato a mezzo di “agenzie, succursali o
46
In questo senso BALLARINO, (nt. 23), 678-679.
47
Si veda, supra, (nt. 31).
48
Così al punto 16 della sentenza Segers, (nt. 13).
24
filiali”49), nella sostanza l’attività esercitata risulta essere quella
primaria, il cui oggetto principale è situato nello Stato di stabilimento.
Nel caso Centros questo problema non si è posto; adottando sia il
Regno Unito sia la Danimarca la teoria della sede legale o
dell’incorporazione, non si è messa in discussione la valida
costituzione di Centros Ltd. ai sensi della legge dello Stato ospite, né
la natura secondaria del suo stabilimento in Danimarca50.
La questione fu sollevata tuttavia quando il diritto di stabilimento fu
esercitato da una società (costituita in un Paese che segue la teoria
dell’incorporazione) in uno Stato che usa il criterio di collegamento
della Sitztheorie o sede effettiva.
Ciò avvenne nel caso Ueberseering51, di cui si riportano qui i fatti
principali. La società di diritto olandese Ueberseering BV., avendo
acquistato un’area situata in Germania, stipulava un contratto
d’opera con la società tedesca Nordic Construction Company
Baumanagement GmbH (in seguito NCC), per la ristrutturazione di
un’autorimessa e di un motel costruiti su tale area. Rilevando la
49
Così all’articolo 43, primo comma, secondo periodo, del Trattato.
50
Anche se, per i motivi sopra addotti, non manca una parte di dottrina, non a caso di area tedesca,
che ha intravisto in Centros un caso di diritto di stabilimento primario erroneamente qualificato e
trattato dalla Corte come stabilimento secondario. Cfr.: LOMBARDO, (nt. 2), 362.
25
presenza di vizi nell’esecuzione dei lavori e non ottenendone la
riparazione, conveniva l’altra parte innanzi al giudice tedesco per
ottenere la condanna al pagamento delle spese di riparazione. Sia in
primo grado che in appello il ricorso veniva respinto in quanto si
riteneva che la Ueberseering non avesse la capacità giuridica e
processuale in Germania. Questo perchè l’acquisizione della totalità
delle quote della Ueberseering da parte di due cittadini tedeschi ne
aveva causato il trasferimento della sede effettiva dai Paesi Bassi
alla Germania. Solo una ricostituzione ai sensi del diritto tedesco
avrebbe consentito il riconoscimento della capacità giuridica, e
quindi processuale, in Germania. La Ueberseering proponeva
pertanto ricorso al giudice di ultima istanza che sottoponeva alla
Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali52. La Corte, in linea
con la precedente sentenza Centros, ritenne che la Germania,
richiedendo la ricostituzione della società come presupposto per il
51
Sentenza Ueberseering BV c. Nordic Constuction Company Baumanagement GmbH, C-208/00,
in Raccolta, 2002, I-09919; anche in Giur. It., 2003, 4, 703 e ss., con nota di COSCIA, La teoria
della sede effettiva o Sitztheorie e la libertà di stabilimento societario.
52
Ai sensi dell’articolo 234 del Trattato il Bundesgerichtshof chiede alla Corte di Giustizia di
accertare: 1) se gli articoli 43 e 48 TCE ostino a che sia in contrasto con il diritto di stabilimento il
fatto che “la capacità giuridica e la capacità processuale di una società, validamente costituita
secondo il diritto di uno stato membro, vengano valutate in base ai diversi criteri del diritto dello
stato dove la detta società ha trasferito la propria sede amministrativa effettiva”; 2) “se la libertà di
stabilimento implichi che capacità giuridica e processuale debbano essere valutate sulla base del
26
riconoscimento della capacità giuridica e processuale, configurasse
una restrizione della libertà di stabilimento incompatibile con gli
artt. 43 e 48 del Trattato. Il fatto che la sede effettiva sia stata
trasferita e che non sia stata stipulata una convenzione tra gli Stati,
prevista dall’articolo 293, non è considerato rilevante, avendo il
suddetto articolo solo natura sussidiaria53. Appare altrettanto
irrilevante che sia stato scelto di costituire una società in uno Stato
con norme societarie più favorevoli, pur essendo tale società
destinata ad operare prevalentemente od esclusivamente in altri
Stati. Inoltre la Corte, pur astrattamente riconoscendone la
possibilità, nega l’esistenza in concreto di giustificazioni ex art. 46
TCE e respinge gli argomenti portati dalla Germania (esigenza di
garantire la certezza del diritto, tutela dei creditori) come costituenti
ragioni imperative di ordine pubblico capaci di giustificare una
restrizione della libertà di stabilimento.
La Corte sembra interpretare la fattispecie in questione come un
caso di trasferimento di sede effettiva o principale, da ricondurre
diritto dello Stato dove la detta società è stata costituita”. (Il virgolettato si riferisce al punto 21
della sentenza.)
53
La natura sussidiaria dell’articolo 293 TCE viene desunta dall’inciso “per quanto occorra”,
presente nello stesso articolo. In questo senso: LOMBARDO, La libertà comunitaria di
stabilimento della società dopo il “caso Ueberseering”: tra armonizzazione e concorrenza fra
ordinamenti, in CEDIF, www.cedif.org, WP, 1-2003, 5.
27
pertanto allo stabilimento primario54. Rispetto a quanto affermato in
Daily Mail, espande la portata della libertà di stabilimento e supera
la distinzione fra libertà di stabilimento primario, che nella
precedente pronuncia sembrava non essere ancora riconoscibile
“allo stato del diritto comunitario”55, e libertà di stabilimento
secondario in forza dell’effetto diretto agli articoli 43 e 48 del
Trattato.
1.5
Ulteriori sviluppi. Il caso Inspire Art56
Nella sua ultima pronuncia in tema di libertà di stabilimento la Corte
consolida l’orientamento liberale affermato nelle sentenze precedenti.
Il caso riguarda la società inglese Inspire Art, regolarmente costituita
nel 2000 da una persona residente nei Paesi Bassi, al fine di esercitare
ivi la propria attività economica esclusiva a mezzo di una succursale
ad Amsterdam. In questo modo il socio unico intende eludere la
normativa olandese, più severa di quella del Regno Unito in materia
54
Per un approfondimento in questo senso: LOMBARDO, (nt. 2), 364.
55
Punto 24 della sentenza Daily Mail.
56
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003, Kamer van Koophandel en Fabrieken voor
Amsterdam c.Inspire Art Ltd., C-167/01, in Raccolta, 2003, I-10155.
28
societaria. La controversia sorge fra la società e la Camera di
Commercio e dell’Industria di Amsterdam, che pone condizioni per la
registrazione della succursale di società “formalmente straniera”, volte
alla tutela di creditori e terzi. Analogamente a Centros, la fattispecie
riguarda l’iscrizione nel registro delle imprese della succursale di una
società regolarmente costituita un altro Stato membro. La differenza
sta nel fatto che, in questo caso, la registrazione non viene negata dal
Paese ospite, ma solo subordinata all’adempimento ulteriore di taluni
oneri, pubblicitari e di capitale minimo, prescritti dall’ordinamento
interno57. La domanda pregiudiziale riguarda la compatibilità di tali
condizioni per la registrazione con la libertà di stabilimento di cui agli
articoli da 43 a 48 del Trattato, nonché la sanzioni in caso di
inadempimento, consistenti da un lato nel diniego di iscrizione nel
registro di commercio, dall’altro, qualora la violazione intervenga a
registrazione
avvenuta,
nella
responsabilità
illimitata
dell’amministratore.
57
La wet op de formeel buitenlandes vernootschappen – WFBF – (legge sulle società formalmente
straniere) del 17 dicembre 1997, prevede che le società
formalmente straniere debbano
menzionare tale qualità su tutti i documenti, nonché nel registro delle imprese, con in aggiunta
l’indicazione della data di prima iscrizione nel registro di commercio straniero e delle informazioni
relative al socio unico. È richiesto inoltre il deposito obbligatorio di una dichiarazione contabile
che attesta che la società soddisfa le condizioni relative al capitale minimo sottoscritto e versato e
ai fondi propri. Così al punto 65 della sentenza.
29
Per quanto riguarda gli oneri pubblicitari previsti dalla WFBF, la
Corte rileva che l’armonizzazione della pubblicità delle succursali,
come realizzata dall’Undicesima Direttiva, sia da considerare
esaustiva in virtù della tassatività dell’elenco di cui all’articolo 258.
Tali vincoli ulteriori sono pertanto da considerarsi incompatibili con la
libertà di stabilimento.
La stessa Undicesima direttiva avverte, all’articolo 12, che in caso di
mancato rispetto delle misure di pubblicità saranno gli Stati membri a
prescrivere adeguate sanzioni.
In merito alla compatibilità delle
sanzioni previste dall’ordinamento olandese la Corte afferma che
l’articolo 10 del Trattato impone agli Stati di adottare tutte le misure
atte ad assicurare la portata e l’efficacia del diritto comunitario. In tal
senso, solo se espressamente richiamate, le sanzioni previste in caso di
sua violazione dal diritto interno devono avere “carattere effettivo,
proporzionale e dissuasivo”59. Spetta tuttavia al giudice nazionale di
stabilire se la sanzione di cui all’articolo 4 n. 4 della WFBV, soddisfi
tali requisiti, ed in particolare se essa tratti sfavorevolmente le società
58
L’articolo 2 dell’Undicesima Direttiva del Consiglio 89/666/CEE, afferma al n.1 una serie di
adempimenti pubblicitari obbligatori; al n.2 seguono obblighi complementari che possono essere
imposti dagli Stati membri. (Si vedano in merito i punti 17 e 18 della sentenza).
Della previsione espressa degli oneri che gli Stati hanno facoltà di disporre è stato desunto il
carattere tassativo dell’elencazione di cui all’articolo 2. Cft. il punto 70 della sentenza.
59
Punto 62 della sentenza.
30
straniere rispetto a quelle di diritto olandese; se, in definitiva, violi o
meno l’obbligo di pari trattamento (Innlaendergleichbehandlung)
imposto dal Trattato60.
Sostanzialmente superata, come si è detto, la distinzione fra
stabilimento primario e secondario, è stato ipotizzato, alla luce delle
più recenti pronunce della Corte, un altro tipo di differenziazione,
che ha il pregio di ricondurre ad unità e coerenza il filo logico che
porta da Daily Mail a Inspire Art. Pare di doversi distinguere, in tal
senso, fra emigrazione, ossia diritto di stabilimento in uscita
(moving-out o Wegzugsfall) e immigrazione61, ovvero diritto di
stabilimento in entrata ( moving-in o Zuzugsfall). Se la libertà di
stabilimento in uscita (moving-out) può essere limitata o
subordinata a determinate condizioni (Wegzugsbeschraenkungen)
dallo Stato in cui la società è validamente costituita (Wegzugsstaat)
in ossequio a quanto stabilito dalla Corte in Daily Mail62 e
Ueberseering63 - secondo cui le società esistono solo in quanto le
legislazioni nazionali ne disciplinino costituzione e funzionamento , lo Stato (Zuzugstaat) in cui la libertà di stabilimento venisse
60
Punto 63 della sentenza.
61
Per l’uso e la definizione, in questo contesto, dei termini “emigrazione” e “immigrazione” si
veda per tutti, WYMEERSCH, (nt. 10), 732 e ss.
62
Si veda in merito il punto 19 di tale sentenza, (nt. 24).
31
esercitata (questa volta in entrata o moving-in) non potrebbe
frapporre nessun tipo di vincolo, se non quelli stabiliti o ammessi
dal diritto comunitario. In questo senso appare ragionevole
interpretare le pronunce Centros, Ueberseering64 e Inspire Art.65
1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il criterio di
collegamento
Strettamente connesso con la libertà di stabilimento è il problema del
cosiddetto “reciproco o mutuo riconoscimento delle società”, ovvero il
riconoscimento da parte dello Stato ospitante, a tutti gli effetti e senza
limitazioni, delle società validamente costituite in un altro Stato
membro66.
Con riferimento al diritto di stabilimento primario occorre rilevare
come la questione del riconoscimento delle società rivesta un ruolo di
fondamentale importanza. Nel caso Daily Mail, fu proprio sulla scorta
63
Se ne vedano, in particolare, i punti 67 e 81, (nt. 51).
64
Così, in particolare nel secondo periodo del punto 70, nel punto 71 e nel punto 72 della sentenza,
(nt. 51).
65
Per maggiori approfondimenti sull’argomento si veda: EIDENMUELLER, REHM, (nt. 14), 175
e ss; o più succintamente: RIEGGER, Centros – Ueberseering – Inspire Art: Folgen fuer die
Praxis, in ZGR, 2004, 528.
32
dell’argomento della mancata attuazione dell’articolo 293 (secondo la
numerazione di allora 220) nella parte in cui prevedeva che fra gli
Stati membri venissero avviati, per quanto necessario, negoziati intesi
a garantire “il reciproco riconoscimento delle società a mente
dell’articolo 48, comma secondo, il mantenimento della personalità
giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro e la
possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali
diverse”67, che si negò sostanzialmente il diritto di stabilimento alla
Daily Mail and General Trust PLC68.
Nella successiva pronuncia Ueberseering, anch’essa caratterizzata
dalla questione sul (mancato) riconoscimento di una società
regolarmente costituita in uno Stato membro dello Stato in cui essa
esercitava il proprio diritto di stabilimento,
la Corte superava il
problema dell’assenza dei negoziati previsti dall’articolo 293 nel
senso di attribuire diretta efficacia come norme di conflitto agli
articoli 43 e 48.69
66
Così, per tutti, CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 17.
67
Così recita il terzo trattino dell’articolo 293 del Trattato.
68
Si veda in merito il punto primo della massima della sentenza, nonché il punto 21 del
dispositivo.
69
In questo senso, fra gli altri,BALLARINO, (nt. 23), 681; nonchè LOMBARDO, (nt. 53), 8.
Si veda, in oltre, il punto 60 della sentenza Ueberseering, (nt. 51).
33
Se, come già notato, a livello giurisprudenziale, nell’applicazione
pratica la Corte di Giustizia, con la suddetta interpretazione del
combinato disposto degli articoli 43 e 48, ha superato la distinzione
fra diritto di stabilimento primario e diritto di stabilimento
secondario70, anche riguardo all’altra distinzione di cui sopra, ossia fra
moving-in e moving-out, è innanzitutto il riconoscimento reciproco il
presupposto delle più recenti pronunce. Le società infatti devono
essere riconosciute per come sono costituite nello Stato di provenienza
(Wegzugsstaat), in ossequio al principio del Paese d’origine
(Herkunftslandprinzip), che conferma questo come il criterio di
collegamento, consacrando il mutuo riconoscimento delle società
comunitarie.
Inscindibile dal concetto di riconoscimento, di cui è presupposto, è la
questione, di diritto internazionale privato, del criterio di collegamento
della società con l’ordinamento statale. Come si è già rilevato le
principali teorie in merito sono due: quella della sede legale
(Gruendungstheorie o incorporation theory) e quella della sede
70
È appena il caso di rilevare come una differenza fra i due tipi di stabilimento, primario e
secondario, permanga a livello normativo, discendendo quello primario solo dagli articoli 43 e 48,
mentre quello secondario è stato armonizzato dall’Undicesima direttiva sulla pubblicità delle
succursali di società transfrontaliere. Cfr.: LOMBARDO, (nt. 2), 368.
34
effettiva (Sitztheorie o real seat theory)71. Abbiamo già visto anche
come il Trattato, nell’interpretazione che ne dà la Corte, scelga di non
prendere posizione esplicitamente per l’una o per l’altra proponendone
un’applicazione funzionale ai fini della libertà di stabilimento e alla
realizzazione del mercato comune72.
Nel paragrafo che segue si cercherà di dare conto delle singole teorie
di collegamento, con i problemi applicativi che ognuna di esse
comporta.
1.7 (segue) Il criterio della sede legale e quello della sede effettiva.
Il criterio della sede legale è quello che collega la società, ai fini del
diritto ad essa applicabile, all’ordinamento statale nel cui territorio è
incorporata
la
sede
sociale.
In
questo
senso
la
teoria
dell’incorporazione permette, in un regime di libertà di stabilimento
71
Per una letteratura in argomento:WYMEERSCH, (nt. 10), 723 e ss.; MUCCIARELLI, (nt. 10),
562 e ss.; MUNARI, TERRILE, (nt. 13), e ss.; COSCIA, (nt. 51), 703 e ss.; BALLARINO, (nt.
23), 682 e 691 e ss.; LOMBARDO, (nt. 53), 6 e ss.; più succintamente: lo stesso LOMBARDO,
(nt. 2), 357- 358; CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 18.
72
Così: LOMBARDO, (nt. 2), 356.
35
quale è quello stabilito dall’articolo 43 del Trattato73, di scegliere
liberamente il sistema giuridico ritenuto più adatto alla costituzione di
una società, che potrà rimanere assoggettata alle sue regole per tutta la
sua esistenza a prescindere dal fatto che eserciti in quello Stato la
propria attività74. Viceversa, con riferimento all’immigrazione di
società
incorporate
in
ordinamenti
diversi,
in
virtù
della
Gruendungstheorie, gli Stati ospitanti (Zuzugsstaaten) dovranno
accettare nel proprio contesto sociale un ordinamento straniero, senza
imporre adeguamenti al proprio diritto interno che non siano
giustificati da motivi di interesse generale75.
È stato sostenuto che la tecnica dell’incorporazione si presti alla
creazione di mere mail- box companies o società fermoposta, con il
dirottamento di operazioni verso società più o meno fittizie, situate in
ordinamenti meno restrittivi, al fine di esercitare l’attività in Stati
membri diversi da quelli di costituzione.
73
È appena il caso di rilevare come la possibilità di costituire una società in uno Stato membro
diverso dal proprio sia garantita ai cittadini comunitari in modo assoluto ed incondizionato,
riguardando il diritto di stabilimento delle persone fisiche, ormai pacificamente riconosciuto.
74
Ciò avviene tipicamente nel diritto inglese, dove tuttavia una società che trasferisce la propria
sede effettiva, o siège réel, può essere preventivamente costretta a saldare il proprio debito con le
autorità tributarie, come avvenne nel caso Daily mail. Cfr.: WYMEERSCH, (nt. 10), 730.
75
Sempre con riferimento all’ ordinamento del Regno Unito, segnala WYMEERSCH, (nt. 10),
730, in nota, come l’ Insolvency Act 1986, preveda che un tribunale inglese possa dichiarare la
liquidazione di società insolventi che si trovano sul territorio del Regno, anche se non hanno ivi
incorporata la sede legale.
36
Si verrebbe così a creare il fenomeno delle così dette pseudo- foreign
companies o
Scheinauslandgesellschaften costituite negli Stati
membri solo con riguardo di una race for laxity o race to the bottom76.
La libertà di trasferimento delle società costituite in Stati che adottano
la teoria dell’incorporazione77 pare fortemente limitata quando entra in
gioco la seconda teoria internazionalprivatistica di collegamento: la
teoria della sede effettiva (Sitztheorie, real seat theory o teorie du
siége rèel)78. La prospettata soluzione al problema del collegamento
della società con l’ordinamento statale è, in questo tipo di teoria,
diametralmente opposta a quella cui si giungerebbe applicando la
prima. Nel caso di
“società formalmente
straniere”79 l’intera
disciplina è rimessa all’ordinamento del foro, che potrebbe spingersi
fino a non riconoscere la personalità giuridica di un ente non costituito
76
In questo senso fra gli altri BALLARINO, (nt. 23), 680. Per un approccio meno pessimista sugli
effetti della concorrenza: MUNARI, TERRILE, (nt. 13), 18 e ss.
77
Per altro meno immediata ed assoluta di quanto si potrebbe ritenere, in virtù delle limitazioni a
tale indiscriminato esercizio elaborate dagli Stati che applicano il criterio della sede legale con
riferimento alle pseudo –foreign companies. MUCCIARELLI, (nt. 10), 563, in merito segnala, a
titolo esemplificativo, come la giurisprudenza danese, pur adottando la incorporation theory, sia
costante nel rigettare richieste di iscrizione nel registro delle imprese di società estere con sede
effettiva in Danimarca.
78
Questa teoria è adottata, in Europa, da Germania, Francia, Belgio, Austria e Lussemburgo. Così:
MUCCIARELLI, (nt. 10), 563, in nota.
79
Per citare la definizione che ne da la legge WFBF (nt. 57), oggetto del contenzioso Inspire Art
(nt. 56), formeel buitenlandes vernootschappen.
37
secondo le sue norme, ma in conformità di quelle del diverso Stato di
incorporazione80.
Per una migliore comprensione delle conseguenze dell’applicazione
pratica di questa teoria occorre distinguere l’emigrazione (Wegzug)
dall’immigrazione (Zuzug).
Nel primo caso, il trasferimento della sede reale della società
comporta un cambiamento della lex societatis (Statutenwechsel)81, con
effetti che variano a seconda dell’ordinamento di provenienza
(Wegzugsstaat).
In
quest’ottica,
particolarmente
rigido
è
l’ordinamento tedesco, dove l’emigrazione comporta lo scioglimento
della società82. La Corte sembra tuttavia ammettere restrizioni alla
libertà di stabilimento delle società, se sono imposte dal Paese di
origine83.
Per quanto riguarda invece l’immigrazione delle società in Paesi che
adottano la teoria della sede reale, si noti come questa, impedendo
l’intrusione di modelli societari disciplinati da diritto straniero nel
80
In questo modo, è stato osservato da WYMEERSCH, (nt. 10), 731, si fa prevalere la realtà sulla
forma, in particolare evitando il fenomeno delle mail-box companies.
81
Per un chiarimento della definizione di Statutenwechsel in questo contesto, si veda, per la
letteratura italiana, BALLARINO, (nt. 23), 697, che osserva come sia incompatibile con la libertà
di stabilimento che uno Stato imponga il cambiamento di statuto a una società, sostituendosi di
fatto all’assemblea generale, che è il solo organo competente a decidere una simile operazione.
82
Per una succinta panoramica delle imposizioni previste da alcuni Stati europei in caso di
emigrazione societaria, cfr.: WYMEERSCH, (nt. 10), 732 e ss.
38
proprio ordinamento, avesse una funzione sostanzialmente difensiva
della lex fori84. La conseguenza di tale orientamento consisteva
tuttavia nella negazione sostanziale della libertà di stabilimento,
nonché di ogni forma di concorrenza, tanto che la Corte, in
Uberseering, pur non prendendo posizione sulla teoria della sede
effettiva in quanto tale, dichiarò quest’ultima sua applicazione
incompatibile con il Trattato. In virtù degli articoli 43 e 48,
deriverebbe infatti per gli Stati il preciso obbligo di riconoscere le
società validamente costituite secondo le norme di un altro
ordinamento comunitario e di permetterne la libertà di stabilimento
alle condizioni da esse previste.
Per questi motivi la teoria della sede sembra essere, secondo la lettura
che ne offre la Corte, se non negata - risultando ancora applicabile in
caso di emigrazione e comunque nei rapporti con Stati terzi - almeno
ridimensionata in una parte considerevole della sua tradizionale
applicazione85. Si prospetta pertanto una nuova teoria di collegamento
sviluppata dalla stessa Corte nelle sua pronunce, che si presenta come
funzionale alla libertà di stabilimento. Si tratta di quella che viene
83
Si veda in tal senso Ueberseering, (nt. 51).
84
Non a caso, fa notare MUCCIARELLI, (nt. 10), 564, in nota, la Sitztheorie fu definita, da alcuna
dottrina tedesca, vera e propria Schutztheorie (in italiano: teoria della protezione).
85
In questo senso LOMBARDO, (nt. 53), 6; WYMEERSCH, (nt. 10), 764.
39
definita da alcuni autori la “teoria della costituzione comunitaria”
(europarechtliche Gruendungstheorie)86 in virtù della quale, quando
una società si sia validamente costituita in uno Stato membro - quale
che sia il criterio di collegamento da esso seguito e ammesso che esso
permetta il trasferimento (Wegzug) - essa debba essere riconosciuta in
tutti gli altri Stati87. In tal senso vi è un sostanziale superamento
dell’annosa questione del contrasto fra teoria dell’incorporazione e
teoria della sede reale, che perde gran parte della sua rilevanza pratica,
con una soluzione che permette di integrare i tre criteri di
collegamento previsti dall’articolo 4888.
1.8 Il criterio di collegamento in Italia
86
Si veda LIEBLE, Niederlassungsfreiheit und Sitzverlegungsrichtlinie, in ZGR, 532 e ss.;
nonché, più succintamente: WYMEERSCH, (nt. 10)
87
Così: LIEBLE, (nt. 86), 533; si spinge oltre: WYMEERSCH, (nt. 10), 748, che sostiene che una
società dovrebbe essere ammessa e riconosciuta negli ordinamenti comunitari anche qualora
secondo lo Stato di origine non fosse più qualificabile come “società domestica”, per avere
trasferito la propria sede reale. In questa lettura perde di importanza la distinzione fra i casi di
emigrazione (Wegzugsfaelle), che possono essere limitati dagli Stati di provenienza, e i casi di
immigrazione (Zuzugsfaelle), che sarebbero sempre ammissibili. Secondo l’autore, infatti, gli uni
sono così intimamente connessi con gli altri da non giustificarne un trattamento così differente.
88
WYMEERSCH, (nt. 10), 749.
40
In Italia il collegamento delle società con i relativi ordinamenti
giuridici, ai fini della legge applicabile, è disciplinato espressamente
dall’articolo 25 della legge n. 218/95, unica disposizione del Capo III,
dedicato alle “Persone giuridiche”.
L’art 25 stabilisce nel comma 1° che “le società, le associazioni, le
fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di
natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui
territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione”.
Nell’elaborare questa disposizione il legislatore, pare privilegiare la
teoria dell’incorporazione, che vede applicabile la disciplina
dell’ordinamento dello Stato di costituzione89. È stato tuttavia
affermato come ad un’analisi più attenta della norma, che vada oltre il
mero tenore letterale, si colga come in essa non figuri una tradizionale
norma bilaterale di conflitto che utilizzi il luogo di costituzione, inteso
in senso spaziale, quale criterio di collegamento. Essa pare piuttosto
constare di due distinte norme, di natura unilaterale, finalizzate
entrambe
alla
sottoposizione
integrale
dell’ente
alla
legge
dell’ordinamento di costituzione, ma da applicare in due fasi diverse.
La
89
prima
sarebbe
dunque
volta
ad
accertare
l’avvenuto
Così MUCCIARELLI, (nt. 10), 570; Si veda anche LOMBARDO, (nt.53), 14, che definisce
quella dell’articolo 25 una teoria dell’incorporazione “modificata”.
41
perfezionamento della fattispecie costitutiva dell’ente ai sensi
dell’ordinamento in cui avviene tale costituzione, con conseguente
acquisto per le società italiane o riconoscimento per le società estere
della personalità giuridica ai fini dell’ordinamento giuridico italiano.
La seconda, in funzione dell’avverarsi della precedente condizione,
determinerebbe
la
legge
applicabile
all’ente,
facendola
tendenzialmente coincidere con la legge in base alla quale questo fu
originariamente costituito90.
Il secondo periodo del primo comma dell’articolo 25 introduce una
temperazione di tale criterio. Esso stabilisce che “si applica, tuttavia,
la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia,
ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti”. È parso di
dover escludere che la disposizione in questione sia da interpretare nel
senso che determini una completa nazionalizzazione delle società che
abbiano con il territorio italiano uno dei collegamenti previsti91. Tale
90
In questo senso BENEDETTELLI, “Mercato” comunitario delle regole e riforma del diritto
societario italiano, in Riv. Soc., 2003, 710.
91
Di quest’avviso BENEDETTELLI, (nt. 90), 710; e LOMBARDO, (nt. 53), che sostengono che,
alla luce di Centros e Ueberseering, la norma non vada applicata se la società, costituita in uno
Stato membro, eserciti la sua libertà di stabilimento a mezzo di una succursale iscritta in Italia o
trasferisca la propria sede effettiva a titolo primario, ossia senza l’iscrizione di alcuna succursale.
La norma non troverebbe altresì applicazione nemmeno con riferimento ad una mail-box company,
che non eserciti sul territorio di costituzione alcuna attività economica.
Ma in senso contrario MUCCIARELLI, (nt. 10), 571, che propende per una nazionalizzazione “a
tutti gli effetti” delle società che abbiano la sede effettiva o l’oggetto dell’attività principale nel
42
interpretazione del dettato sarebbe contrastante con il diritto
comunitario e va pertanto intesa nel senso che possa rendere
applicabili le norme italiane solo se necessarie all’amministrazione
dell’ente o allo svolgimento delle sue attività sul suolo italiano e
comunque, in caso di una società costituita in uno Stato membro, solo
se giustificate da “esigenze imperative” e conformi ai quattro requisiti
di non discriminazione, necessità, adeguatezza e proporzionalità92.
Dal punto di vista oggettivo, l’articolo 25 stabilisce al suo secondo
comma che “sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente:
a) la natura giuridica;
b) la denominazione o ragione sociale;
c) la costituzione, la trasformazione e l’estinzione;
d) la capacità;
e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;
f) la rappresentanza dell’ente;
g) le modalità di acquisto e di perdita delle qualità di associato o socio
nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tali qualità;
h) la responsabilità per le obbligazioni dell’ente;
territorio dello Stato, considerandole pseudo foreign corporations. In questo modo l’autore ritiene
applicabile in quei casi la teoria della sede reale. Si noti tuttavia che l’autore espresse quest’avviso
prima della sentenza Ueberseering.
92
Si veda in merito la sentenza Centros, (nt. 37), al punto 34.
43
i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell’ atto costitutivo”.
Si tratta di un’ elencazione a prima vista idonea a coprire la maggior
parte delle materie che vengono considerate attinenti allo statuto
dell’ente, ma che in realtà ha funzione meramente esemplificativa93,
dal momento che potranno essere regolati dalla lex societatis elementi
non compresi in essa. In merito è stato tuttavia affermato come la
recente riforma societaria, attuata con il decreto legislativo n. 6/2003,
avrebbe
potuto
fare
maggiore
chiarezza,
magari
ampliando
l’elencazione delle materie di cui al secondo comma dell’articolo,
oppure prendendo esplicita posizione rispetto al collocamento di
alcuni nuovi istituti quali la responsabilità per “direzione e
coordinamento” societari, di cui all’articolo 2497 c.c. o i “patrimoni
destinati ad uno specifico affare” di cui agli articoli 2447-bis e ss.,
nonché di alcuni istituti già noti alla prassi e alla legislazione speciale,
ma che con la riforma ricevono per la prima volta disciplina
codicistica, quali i patti parasociali degli articoli 2441-bis e ss94.
L’ultima considerazione pare opportuna con riferimento al terzo
comma dell’articolo 25, per il quale i trasferimenti della sede
statutaria in un altro Stato e le fusioni transnazionali di enti hanno
93
Si veda, con i relativi riferimenti, LOMBARDO, (nt. 53), 14, in nota.
94
In questo senso BENEDETELLI, (nt. 90), 711.
44
efficacia nell’ordinamento italiano a patto che siano effettuate
conformemente alla legge degli Stati coinvolti. Alla luce della più
recente giurisprudenza comunitaria in tema di libertà di stabilimento,
anche questa norma subisce una notevole riduzione del suo ambito di
applicazione. Non pare più possibile che lo Stato italiano subordini
l’esercizio delle operazioni sopra menzionate ad ulteriori requisiti
rispetto a quelli fissati dalla legge dello Stato di incorporazione
dell’ente o di localizzazione della nuova sede, nonché dalle norme
comunitarie uniformi che eventualmente disciplinassero questi
fenomeni95.
95
Così BENEDETTELLI, (nt. 90), 711.
45
2. La private limited company
Sommario: 2.1 Le private companies in generale. Residualità e
caratteri distintivi rispetto alle public companies
-
2.2
La
costituzione della private company. Promozione, formazione e
registrazione - 2.3 L’atto costitutivo e lo statuto - 2.4 Assemblea e
decisioni dei soci - 2.5 Amministrazione e controlli - 2.6 Il
capitale sociale
- 2.7 (segue) Le operazioni della società sul
capitale - 2.8 I conferimenti e le quote di capitale - 2.9 Gli oneri
pubblicitari e di bilancio
2.1 Le private companies in generale. Residualità e caratteri
distintivi rispetto alle public companies.
46
In questo capitolo si cercherà di tracciare un quadro, il più sintetico
possibile, di quella che è la disciplina della private limited company di
diritto inglese. È stato proprio questo tipo di società ad essere di
frequente coinvolto in alcune delle sentenze della Corte di Giustizia
Europea in tema di libertà di stabilimento, esaminate nel precedente
capitolo96. Un cenno, seppur breve, alla disciplina di tale modello
potrà contribuire a fare luce sulle ragioni che ne hanno determinato il
successo, favorendone l’esportazione.
La private company si presenta come modello legislativo studiato per
le società a ristretta base azionaria, che non intendono rivolgersi al
mercato regolamentato97. In quest’ottica emerge la prima differenza
rispetto
alle
public
companies,
tradizionalmente
più
adatte
all’esercizio di attività di impresa di maggiori dimensioni, che offrono
la possibilità di ricorrere al mercato azionario per la collocazione dei
titoli fra il pubblico98. Prescindendo da ulteriori e diverse distinzioni99,
96
Si vedano in particolare Centros, (nt. 37) e Inspire Art, (nt. 56).
97
Così: BRUNO, Profili del diritto societario inglese alla luce della riforma, in Riv. Soc., 2004,
934.
98
In merito: PETTET, Company law, Londra, Longman ed., 2001, 17, che rileva come non per
questo si debba ritenere che tutte le public companies siano quotate in borsa, al contrario, la
maggioranza non lo è. Da uno studio statistico risulta, infatti, che al 31 marzo 1999, delle 11.600
public companies registrate nel Regno Unito, solo 2.500 erano quotate nel Main Market o nel
Alternative Investment Market, i due mercati azionari del London Stock Exchange.
47
occorre soffermarsi su quella che per noi rileva: la differenziazione tra
private e public companies.
Dalla stessa definizione di private company offerta dal Companies Act
del 1980 risulta evidente il rapporto fra i due modelli: la section 1
stabilisce infatti che “‘private company, unless the context otherwise
requires, means a company that is not a public company”100. Emerge
con chiarezza la residualità che caratterizza la disciplina della private
company rispetto a quella della public company. Occorre tuttavia
precisare come, ferma restando la definizione in negativo che ne offre,
il Companies Act preveda in realtà tre tipi di private company: 1) la
private company limited by shares, con responsabilità limitata al
capitale azionario sottoscritto; 2) la private company limited by
guarantee with share capital, i cui soci rispondono nei limiti del
capitale sottoscritto e della garanzia prestata101; 3) la private company
99
PETTET, (nt. 98), 18 e 19, distingue fra small closely-held companies e dispersed-ownership
companies, riferendosi, con le prime, alle società a ristretta base azionaria, dove vi sia una
coincidenza sostanziale o comunque un rapporto diretto e immediato fra soci e gestori; la seconda
categoria indica quelle società il cui capitale è distribuito fra un così largo numero di investitori, o
fra il pubblico, da rendere difficile e comunque mediato il rapporto fra investitori e gestione
effettiva della società, tanto da potersi considerare, in molti casi, i primi spettatori della seconda. È
questo il caso delle grandi società quotate.
100
La definizione di cui alla section 1 del Companies Act 1980 viene ripresa dalla stessa section 1
del Company Act 1985.
101
Si configura, pertanto, in forza dell’Insolvency Act 1986, section 74, punto 3, una dual liability
del socio. Si veda BOWEN, Fox and Bowen on The Law of Private Companies, seconda ed.
Londra, Sweet & Maxwell, 1995, 295, in nota, che osserva, tuttavia, che questo tipo di private
48
limited by garantee, senza capitale azionario, ove la responsabilità dei
soci è limitata alla prestazione di una garanzia102.
Il primo modello è quello di gran lunga più diffuso, in special modo
per quanto riguarda l’esercizio di attività di impresa103, sarà pertanto
della sua disciplina che si tratterà nella seguente breve analisi.
Già citata la residualità della materia delle private companies, se lo
stesso Companies Act stabilisce che, qualora non diversamente
specificato o evincibile dal contesto, una private company è una
società che non è una public company, occorre ora soffermarsi sui
caratteri distintivi della prima rispetto alla seconda. La disciplina
consiste per lo più in rimandi e deroghe a quella delle public
companies104. L’attuazione delle Direttive del Consiglio Europeo in
company limited by guarantee, è ammesso soltanto se costituito prima del 22 dicembre 1980, il
Companies Act 1985, section 1, punto 4, prevede, infatti, che le private companies limited by
garantee , costituite a partire dalla suddetta data, non possano avere capitale sociale.
102
Disciplinate dal Companies Act 1985, alla section 2 punto 4.
103
Il modello di private company by guarantee non si presta all’esercizio di attività imprenditoriale
per la sua inettitudine alla raccolta di capitale. La sua applicazione, di scarso rilievo, riguarda in
maniera pressoché esclusiva l’associazionismo non a scopo di lucro e mutualistico. In questo
senso: PETTET, (nt. 98), 19.
104
Con riguardo a questa caratteristica della disciplina delle private companies è stata mossa la
critica che essa sia di troppo difficile comprensione e applicazione per fruitori, quali possono
essere piccoli imprenditori, che non possono permettersi una consulenza legale per la sua
interpretazione. In virtù della diffusione del modello di private company, che costituisce la
stragrande maggioranza delle società di capitali iscritte nel Regno Unito (il numero delle public
companies registrate non raggiungerebbe l’ 1% di quello delle private companies), si auspica una
disciplina autonoma, più adatta alle esigenze delle piccole imprese, di più agevole comprensione e
meno onerosa applicazione. In questo senso si pronuncia lo Steering Group of the Company Law
49
materia societaria hanno contribuito ad accentuare le differenze fra i
due modelli, essendo applicabili talune solo alle public companies,
talaltre a tutte le società di capitali105. In particolare la Seconda
Direttiva fu quella che impose una maggiore distinzione fra i due
modelli societari, con riferimento specifico all’informazione dei terzi
che entrino in contatto con la società. Essi devono essere messi
informati prima facie della natura dell’ente, con tutte le conseguenze
che essa comporta in particolare in tema di capitale sociale. In
attuazione di tale direttiva il Company Act 1980 prescrisse per la
prima volta che il suffisso “Limited” o “ltd” fosse applicabile alle sole
private companies, mentre alla ragione sociale delle public companies
si dovessero aggiungere le parole “public limited company” o, più
semplicemente “plc”.
Gli elementi di distinzione fra i due modelli hanno anche e soprattutto
carattere sostanziale. Così si può dire che la maggiore differenza stia
nel fatto che la private company, contrariamente alla public company,
Review, una Commissione pilota formalmente indipendente dal Governo nominata dal Department
of Trade and Industry del Regno Unito, con lo scopo di formulare proposte di riforma del diritto
societario inglese. Per maggiori approfondimenti, si veda: BRUNO, (nt. 97), 935 e ss.
Si noti, in oltre, come le stesse esigenze di maggior autonomia, flessibilità e aderenza ai bisogni
della piccola impresa siano state sentite e formulate con riferimento alla disciplina della società a
responsabilità limitata italiana, nel Progetto Mirone in occasione della riforma delle società di
capitali, nonché dalla stessa legge delega. Si veda amplius capitolo 4, infra.
50
abbia l’espresso divieto, sanzionato penalmente106, di offrire al
pubblico azioni o obbligazioni. Nella private company inoltre, non è
previsto un capitale minimo di costituzione e non si applicano pertanto
le norme della plc volte alla tutela e conservazione del capitale
sociale, né quelle che sottopongono a particolari condizioni o verifiche
i conferimenti in natura107 o l’acquisto di azioni proprie108. Vincoli
meno rigorosi sono infine previsti per il rilascio di prestiti e garanzie
finalizzati all’acquisto di proprie azioni109.
Ulteriori deroghe al regime previsto per le public companies
riguardano la possibilità di avere un amministratore unico110 e di
essere unipersonali111, i termini per la presentazione del bilancio112 i
doveri degli amministratori113. La private company è inoltre esentata
dalla disciplina delle partecipazioni rilevanti di cui alla Parte VI del
105
Per una succinta panoramica delle conseguenze che ognuna delle Direttive societarie del
Consiglio Europeo ebbe sul sistema societario inglese si veda PETTET, (nt. 98), 13.
106
Companies Act 1985, section 81.
107
Companies Act 1985, sections 99 e ss.
108
Companies Act 1985, sections 171 e ss.
109
Companies Act 1985, sections 155 e ss.
110
Companies Act 1985, section 282, punto 1.
111
In attuazione di quanto disposto dalla Dodicesima Direttiva del Consiglio Europeo in materia
societaria, n. 89/667/CEE.
112
Che può essere pubblicato entro dieci mesi dalla data di chiusura del bilancio, si veda:
Companies Act 1985, section 42, punto 1, lettera a).
113
Che sono meno vincolati nei loro rapporti finanziari con la società e negli obblighi informativi
nel bilancio, si vedano le sections 330 e ss. del Companies Act 1985.
51
Companies Act 1985 e può prevedere l’esclusione del diritto di
opzione nell’atto costitutivo.
Un regime particolare, detto regime elettivo, può essere adottato
all’unanimità dai soci tramite una elective resolution. Esso consente
un ulteriore allontanamento dalla disciplina prevista per le public
companies, con un significativo snellimento di una serie di procedure
decisionali che porta ad un ridimensionamento della funzione
dell’assemblea.
Disposizioni speciali sono dettate infine per le società di piccola o
media dimensione. I requisiti per l’appartenenza alla prima piuttosto
che alla seconda categoria riguardano: 1) il volume d’affari annuo, che
non può superare, rispettivamente, i 2,8 o gli 11,2 milioni di sterline;
2) il totale dello stato patrimoniale annuo, che non può eccedere la
metà dei valori sopra indicati; 3) il numero medio dei dipendenti
impiegati per anno, che deve essere inferiore a 50 o, rispettivamente, a
250.
Una società che rientri in una delle due categorie e sia una private
company, può redigere il bilancio in forma abbreviata, non è tenuta a
52
pubblicarlo sul registro delle imprese né a farlo certificare dai
revisori114.
2.2 La costituzione della private company. Promozione, formazione,
registrazione
La costituzione della private company è una fattispecie a formazione
progressiva che consta di più fasi. La prima è la così detta
promozione. La legislazione inglese non da una definizione di
promozione, ma dalla section 67, punto 3 del Companies Act 1985 si
può delineare la figura del “promoter”: egli è colui che prende parte
alla preparazione del prospetto non solo in forza dell’esercizio di
un’attività professionale. Ciò serve a porre un limite all’applicazione
della
responsabilità
illimitata
dei
promotori,
tradizionalmente
interpretata dalla giurisprudenza in senso estensivo, lasciandone fuori,
in particolare, figure come quelle dei sollicitors che avessero solo
114
Se, tuttavia, sceglie di pubblicare il bilancio, deve farlo altresì certificare dai revisori. Si
vedano, in merito, le sections 246 e ss. del Companies Act 1985.
53
collaborato alla preparazione di documenti o contratti per la società
costituenda115.
I promotori hanno verso la società obblighi di disclosure
(informazione) con speciale riferimento al loro compenso per l’attività
di promozione; tali obblighi rappresentano l’essenza del rapporto
fiduciario fra società e promoters116. In caso di abuso o di violazione
di questi, i rimedi potranno variare dalla risoluzione del contratto con
il promotore117, all’azione per ottenere
la restituzione di quanto
ricavato dal promotore, alla responsabilità di costui per i danni subiti
dalla società.
Durante l’attività di promozione si hanno i pre-incorporation
contracts, contratti conclusi in nome di una società la cui costituzione
non è ancora ultimata e che è pertanto priva di personalità giuridica. I
pre-incorporation contracts vincolano quindi chi li ha materialmente
115
116
Si veda, amplius, con riferimenti a casi di giurisprudenza: BOWEN, (nt. 101), 30 e ss.
Così afferma il Giudice Sargant nel caso Omnium Electric Palaces v. Baines, sentenza
332/1914, cit. in BOWEN, (nt. 101), 32.
117
Questo rimedio non è tuttavia esperibile, in virtù di equitable principles, se le posizioni
originarie delle parti non possono essere ristabilite, ad esempio per il trasferimento del diritto ad
un terzo. Così: BOWEN, (nt. 101), 33.
54
conclusi, che è responsabile illimitatamente per le obbligazioni che ne
discendano118.
Al momento della formazione il promotore può affidarsi ad un legale
(sollicitor) per la redazione dell’atto costitutivo e dello statuto, ma può
anche, come accade più frequentemente, richiedere l’assistenza legale,
finanziaria e commerciale ad apposite agenzie, dette “shelf”
companies, che si sostituiranno al promotore nell’adempimento delle
condizioni necessarie alla registrazione e in seguito trasferiranno la
società, regolarmente costituita e registrata, a nuovi soci.
La documentazione richiesta per ottenere la registrazione presso il
Registrar of Companies al Companies House in Cardiff comprende:
1) l’atto costitutivo (memorandum of association);
2) lo statuto (articles of association), il cui deposito tuttavia non è
obbligatorio per le private companies;
3) una dichiarazione firmata dai soci contenente le generalità degli
amministratori o dell’amministratore unico, nonché del segretario
della società, con il loro assenso sottoscritto ad esercitare la carica;
118
Si veda la section 36C del Companies Act 1895, al punto 1, inserita dalla section 130 del
Companies Act 1989, in attuazione dell’articolo 7 della Prima Direttiva del Consiglio Europeo in
materia societaria, n. 68/151/CEE.
55
4) una dichiarazione di conformità alle condizioni prescritte per la
registrazione sottoscritta dal sollicitor, da un amministratore o dal
segretario.
Avvenuto il deposito ed accertato l’adempimento delle condizioni
prescritte dalla legge, il Registrar provvede alla registrazione e rilascia
un certificato di acquisto della personalità giuridica (certificate of
incorporation).
2.3 L’atto costitutivo e lo statuto
L’atto costitutivo (memorandum of association) è il documento che
provvede a fornire a chi entra in contatto con la società le
informazioni essenziali sulla sua natura e funzionamento. Per
l’evidente funzione di interesse generale cui esso assolve, il suo
contenuto è stabilito dalla legge e verificato ai fini della registrazione.
Ai sensi del Companies Act 1985, section 2 esso deve contenere
essenzialmente: 1) la ragione sociale, composta del nome della società
seguito dalla parola Limited o ltd119; 2) il luogo dell’iscrizione nel
registro, la nazionalità e l’indirizzo della sede sociale; 3) l’oggetto
119
In attuazione del disposto della Seconda Direttiva, v. supra, 2.1.
56
sociale120; 4) il regime di responsabilità, in particolare se la società sia
limited o unlimited; 5) il capitale sociale.
È inoltre stabilito che, per quanto riguarda la forma, gli atti costitutivi
debbano essere, per quanto possibile, conformi ai modelli previsti dai
regolamenti emanati dal Secretary of State121. L’atto costitutivo deve,
infine, recare il numero di azioni in possesso di ciascun socio e deve
essere da questi sottoscritto in presenza di un testimone che attesti
l’autenticità della firma.
Se l’atto costitutivo ha una funzione prevalentemente proiettata verso
l’esterno, è lo statuto (articles of association) a regolamentare il
funzionamento interno della società. A tal fine esso contiene le norme
che riguardano, in particolare, la ripartizione dei poteri e degli
obblighi degli amministratori, la disciplina delle quote e del loro
trasferimento, il capitale sociale e le sue variazioni, i processi
120
Si noti come l’oggetto sociale espresso nell’atto costitutivo fosse molto rilevante per
l’applicazione della ultra vires theory, in forza della quale gli atti compiuti dala società al di fuori
dell’oggetto sociale erano nulli e non potevano essere convalidati nemmeno con una ratifica
adottata all’unanimità dai soci. In merito si veda, amplius: BOWEN, (nt. 101), 53 e ss. In
attuazione della Prima Direttiva del Consiglio della Comunità Europea, n. 68/151/CEE, il
Companies Act 1985 sancisce che la validità di un atto compiuto da una società non può essere
messa in discussione per la mancanza di capacità che discenda da ciò è scritto nell’atto costitutivo.
(Sec. 35, p. 1)
121
Si allude ai Companies Regulations del 1985, che prevedono: Table B per la private company
limited by shares; Table C per la private company limited by guarantee; Table D per la private
company limited by guarantee con capitale sociale. Il Table A riguarda, invece, le public
companies.
57
decisionali dei soci e la convocazione dell’assemblea. Anche con
riferimento allo statuto sono previsti modelli diversi, a seconda dei
vari tipi di private company, da cui prendere esempio nelle
redazione122.
2.4 Assemblea e decisioni dei soci
La disciplina dell’assemblea (general meeting) è contenuta nelle
sections da 366 a 383 del Companies Act 1985. In gran parte essa è
corrispondente per private e public companies; esistono tuttavia
alcune differenze volte soprattutto a rendere più agevole e meno
formale ed oneroso il processo decisionale dei soci delle prime. Così
nelle private companies è consentito l’esercizio della delega per la
partecipazione, l’intervento e il voto in assemblea123. Non è sempre
necessario il procedimento di convocazione assembleare per
esprimere la volontà della private company, in particolare se viene
122
I modelli previsti ricalcano sostanzialmente quelli per i memoranda of associatkion, si veda in
merito, supra, (nt. 121).
123
Nelle public companies, non è concesso al delegato di intervenire in assemblea in luogo del
delegante, è stato osservato per non causare ritardi nell’approvazione di delibere, ove il numero dei
soci fosse particolarmente elevato. Si veda BOWEN, (nt. 101), 78.
58
espresso il consenso unanime di tutti i soci124. Se il 95%125 dei soci lo
permette, una delibera assembleare può essere fissata per la
discussione con meno di ventuno giorni di anticipo, termine dilatorio
stabilito per consentire una adeguata informazione degli intervenienti.
In forza della “De-regulation of private companies”126 voluta dal
Company Act 1989, è previsto un altro metodo decisionale che
comporta una significativa semplificazione formale del procedimento.
È ammessa la possibilità di adottare risoluzioni scritte in luogo delle
delibere assembleari, con la semplice apposizione su documenti scritti,
che abbiano tutti il medesimo contenuto, della sottoscrizione dei
soci127. Restano salvi i quorum deliberativi previsti per le maggioranze
speciali e la possibilità, per i soci, di richiedere la convocazione
dell’assemblea128. Sono tuttavia previste eccezioni, casi cioè, in cui
non è concesso di adottare la decisione in forma scritta, ma è
necessaria una delibera assembleare129.
124
È questo, sostanzialmente, l’istituto dell’assemblea totalitaria, applicabile anche in Italia alla
s.r.l., v. infra, cap. 3.11.
125
Si vedrà, infra, che il quorum può essere anche più basso.
126
Così recita la stessa rubrica del Companies Act 1989 che raggruppa le norme di cui si tratta ora.
127
Si veda la section 381A del Companies Act 1985 così come novellata dal Companies Act 1989.
128
La soluzione ricorda molto quella adottata con la riforma delle società di capitali, dal d.lgs.
6/2003, all’articolo 2479 del codice civile, in tema di decisioni dei soci assunte per iscritto. Si veda
infra, cap. 3.11.
129
Con una delibera scritta non si può, ad esempio, disporre la revoca di amministratori e revisori,
prima della scadenza del mandato. In questo senso BRUNO, (nt. 97), 936.
59
Un’ultima
rilevante differenza rispetto alle public companies sta
nell’“elective regime”, previsto per le sole private companies. Con
una delibera assembleare detta “elective resolution” i soci,
all’unanimità, possono decidere di: 1) non presentare all’approvazione
dell’assemblea le relazioni sulla gestione e dei revisori; la
documentazione sarà inviata ad ogni socio ed obbligazionista, salvo
che non venga espressamente richiesta, in deroga al regime elettivo, la
presentazione all’assemblea130; 2) non convocare l’assemblea annuale,
salvo il diritto del socio di chiederne la convocazione; 3) non
nominare i revisori annualmente, ma disporne il rinnovamento
automatico della carica; la cessazione, tuttavia, potrà essere decisa con
l’approvazione della relativa delibera131; 4) prevedere un quorum del
90%132 per la regolarizzazione dell’assemblea convocata in termini più
brevi di quelli ordinari133; 5) delegare agli amministratori il potere di
collocare le azioni ed obbligazioni anche aldilà dei limiti temporali
previsti dalla legge ordinaria134.
È stato tuttavia notato come nella prassi il regime elettivo risulti
pressoché inapplicato. Il fatto che si debba ricorrere all’approvazione
130
Si veda Companies Act 1985, Section 253.
131
132
Normalmente il quorum è del 95%, v. supra.
133
Companies Act 1985, section 369, punto 4.
60
unanime di deroghe alla disciplina ordinaria contribuisce a creare uno
stato di diffidenza, per la paura che il regime eccezionale previsto dal
Companies Act 1989 offra minore tutela135.
2.5 Amministrazione e controlli
L’amministrazione della private company può essere affidata ad un
consiglio direttivo (board of directors) o anche, a differenza che nelle
public companies, ad un amministratore unico. Qualora sia previsto un
consiglio spetta generalmente allo statuto o agli amministratori stessi
prevedere il numero dei suoi componenti, nonché il quorum per
l’assunzione delle delibere. Si ritiene inoltre che, in mancanza di
previsione statutaria, il preavviso per le sedute consiliari debba essere
ragionevole, per concedere ai singoli amministratori di assumere le
relative informazioni. Non
è tuttavia sempre
necessaria
la
convocazione formale del consiglio, essendo sufficiente, in molti casi
una semplice risoluzione scritta degli amministratori136, analogamente
134
Companies Act 1985, section 80 A.
135
In questo senso BRUNO, (nt. 97), 938.
136
Table A, regulation n. 93.
61
a quanto disposto in merito alle decisioni dei soci137. La
giurisprudenza è propensa inoltre a considerare valida una decisione,
anche quando, senza ulteriori requisiti di forma, venga adottata con
l’evidente consenso di tutti gli amministratori138.
All’amministrazione spetta la rappresentanza generale della società. Si
ritiene pertanto che eventuali limitazioni di questa non siano
opponibili ai terzi in buona fede139.
All’amministrazione è affidata anche la gestione della società, potere
che condivide con l’assemblea ed esercita nel rispetto degli obblighi di
buona fede e dei doveri di cura e diligenza (care and skill). Il rapporto
fra società e organo amministrativo infatti è di tipo essenzialmente
fiduciario, ciò impone agli amministratori il dovere di agire
nell’interesse della società (fiduciary duty), bilanciandolo con quello
dei soci, dei creditori e degli stessi dipendenti140.
137
V. supra, cap. 2.4.
138
Si veda in merito la sentenza: Runciman v. Walter Runciman plc. citata in BOWEN, (nt. 101),
99.
139
Così stabilisce il Companies Act 1985, section 35A, p. 1, inserito dal C.A. 1989.
Si colga l’evidente analogia a quanto previsto per la società a responsabilità italiana dall’articolo
2475-bis. In merito, amplius, infra, cap. 4.8.
140
Così Lord Oliver, nella sentenza Brady v. Brady, che afferma l’obbligo degli amministratori di
fare un “balance of interests”, sottolineando che sia inappropriato dare considerazione all’interesse
della società come ente separato dalle persone che vi sono associate. Cit. in BOWEN, (nt. 101),
118.
62
La configurazione del rapporto fra amministratori e assemblea è
affidato all’autonomia statutaria ma, generalmente, per quanto
riguarda la suddivisione dei poteri gestori, è l’amministrazione ad
avere il ruolo predominante. Esistono tuttavia materie che sono
specificamente riservate alla risoluzione formale dell’assemblea. Nella
gran parte di questi casi il Companies Act 1985 richiede la
maggioranza qualificata. Sono questi i casi in cui si voti il
cambiamento dell’atti costitutivo o dello statuto, si deliberi la
liquidazione volontaria della società o la modificazione del capitale
sociale. In altri casi spetta all’assemblea una sorta di potere di
controllo
sull’operato
degli
amministratori,
ad
esempio
con
l’approvazione di accordi di servizio fra società e amministratori, della
durata superiore a cinque anni. Lo stesso per quanto riguarda
transazioni su diritti reali intercorse fra un amministratore e la
società141.
La private company non prevede al suo interno uno specifico organo
di
141
controllo.
Il
modello
di
direzione
monista,
adottato
Osserva, tuttavia, BOWEN, (nt. 101), 99-100, che nella maggior parte delle private companies,
la distinzione fra i poteri dell’organo amministrativo e dell’assemblea avrà rilievo più formale che
sostanziale, visto che nella pratica gli amministratori detengono spesso la maggioranza del capitale
sociale e in generale dei voti in assemblea. Prosegue l’autore sostenendo che sia importante
comunque che gli amministratori apprezzino la differenza di esprimere un voto come gestori,
piuttosto che come soci, avendo oneri diversi nei rispettivi ruoli.
63
dall’ordinamento
societario
inglese,
si
basa
sull’attività
di
management propria dell’amministrazione, comprensiva di gestione e
(auto)controllo142.
È previsto tuttavia un controllo esterno sui conti, affidato ad uno o più
revisori, persone fisiche o società, che siano membri di un organismo
di categoria riconosciuto e dotato di qualificazione professionale
certificata143. È inoltre richiesto il requisito dell’indipendenza dalla
società e dall’organo amministrativo. Per questo motivo è l’assemblea
ordinaria che provvede alla nomina e alla determinazione del
compenso dei revisori. Essi sono tenuti, principalmente, a informare i
soci sulla regolare tenuta della contabilità, con particolare riferimento
alla veridicità e correttezza della rappresentazione dello stato
economico della società. Per adempiere a questa funzione i revisori
hanno diritto di accesso ai documenti e a tutte le informazioni sulla
gestione e detengono altresì rilevanti poteri di ispezione.
La revisione dei conti non è tuttavia necessaria per le società che non
svolgano alcuna attività economica (dormant companies).
142
Nelle public companies questo ruolo del consiglio amministrativo è più evidente, essendo in
esso ricompresi necessariamente amministratori esecutivi e amministratori non esecutivi, con lo
specifico compito di controllare l’operato dei primi. In argomento si veda, amplius: BRUNO, (nt.
97), 908 e ss. ove l’autrice muove una critica alla scarsa effettività del controllo operato dagli
amministratori non esecutivi, che sarebbero, pertanto, figura di mera facciata.
143
Si veda la section 384 del Companies Act 1985 e la section 25 del Companies Act 1989.
64
In seguito ad un dibattito avvenuto negli anni ottanta144 circa la
necessità di sottoporre al controllo contabile tutte le società che
esercitassero attività imprenditoriale di qualunque volume, si giunse
alla conclusione di esimere le private companies di piccola
dimensione dall’onere di dotarsi di revisori per il controllo dei conti.
Con la legge n. 1935 del 1994 si novellò la section 245 del Companies
Act 1985, la quale ora dispone che: 1) le private companies con un
volume di affari annuo inferiore a 90.000 sterline e un totale dello
stato economico annuo che non superi gli 1,4 milioni di sterline sono
escluse dall’obbligo di revisione contabile; 2) le private companies
che abbiano avuto nell’anno un volume d’affari non eccedente le
350.000 sterline, con uno stato economico totale annuo di 1,4 milioni
di sterline possono usufruire di una forma di revisione semplificata e
meno onerosa145. Essa consiste nella relazione di un “reporting
accountant”, che attesti la regolarità formale dei libri contabili, con
particolare riferimento agli oneri di pubblicità (disclosure), alla
conformità ai moduli previsti dal Companies Act 1985 per il tipo
144
Su cui si veda, amplius, BOWEN, (nt. 101), 286.
145
I requisiti dimensionali di cui ai punti 1) e 2) sono tratti da BOWEN, (nt. 101), 291, che
aggiunge, in nota, che essi siano opportunamente aggiustati, qualora il periodo a cui i conti si
riferiscono sia diverso dall’anno. V. section 249A, punto 6 del Companies Act 1985.
65
societario e, sulla base degli stessi libri contabili, che la società ha
diritto ad accedere alla forma di controllo contabile semplificata.
Resta tuttavia salvo il diritto dei soci che esprimano il dieci per cento
del capitale sociale di richiedere la revisione ordinaria dei conti della
società.
2.6 Il capitale sociale.
Una delle più grandi differenze fra public e private companies
riguarda proprio la disciplina del capitale sociale. Come si è già avuto
modo di anticipare, a segnare una netta distinzione fra i due modelli fu
la Seconda Direttiva del Consiglio della Comunità Europea, quella che
nel dettare regole in merito ai requisiti di capitale minimo e alla sua
conservazione è tuttavia applicabile alle sole public companies. Con la
conseguenza che solo queste dovettero uniformarsi alla legislazione
degli altri partners europei nella regolamentazione del capitale sociale
e che le private companies restarono caratterizzate da una legislazione
particolarmente permissiva al riguardo.
66
Si può affermare quindi che le private companies non subiscano
nessun vincolo, né di capitale minimo, né tanto meno di liberazione
del capitale sottoscritto.
È tuttavia vietato a queste società, salvo rari casi subordinati a
particolari cautele146, di collocare tra il pubblico titoli o obbligazioni.
L’emissione dei titoli è competenza dell’assemblea, che può
autorizzare gli amministratori con delega, se questa non è già
contemplata dallo statuto. L’autorizzazione deve recare un termine
massimo, che non può avere una durata superiore ai cinque anni, entro
il quale gli amministratori devono esercitare tale potere. Essa deve
determinare, inoltre, l’ammontare preciso dei titoli che possono essere
emessi. Ciò non di meno è prevista la possibilità, tramite una elective
resolution147, di estendere l’efficacia della delega oltre il termine
previsto.
La delega può comunque essere revocata o variata, nonché rinnovata
per ulteriori cinque anni. Competente per questo tipo di operazioni è
l’assemblea ordinaria.
146
Le eccezioni riguardano, sostanzialmente, la possibilità di ottenere un’apposita autorizzazione
motivata dal Secretary of State per l’emissione di titoli fra il pubblico. In merito si veda , amplius,
BOWEN, (nt.101), 143 e ss.
147
Si veda supra, paragrafo 2.4.
67
Anche nella private company è previsto un diritto di opzione dei soci
sui titoli di nuova emissione, che siano pagati con un conferimento in
denaro. Tuttavia questo diritto può essere escluso dall’atto costitutivo
o dallo statuto nonché da una risoluzione assembleare speciale, con
riferimento a singole emissioni, a fronte di una proposta motivata
degli amministratori.
2.7 (segue) Le operazioni della società sul capitale
La private company non può, per regola generale148, acquistare proprie
quote o azioni, per quanto esista una serie di eccezioni per le quali tale
facoltà è concessa: quando l’acquisto di quote di capitale interamente
liberate avvenga a titolo gratuito, per donazione di un socio o a causa
di morte; quando si proceda, successivamente all’acquisizione, alla
riduzione corrispondente del capitale sociale; quando l’acquisto sia
forfettario per l’esercizio del recesso di un socio, o avvenga per ordine
del giudice149 o, infine, quando sia effettuato da una persona nominata
dalla società fiduciariamente nell’interesse di questa, ma senza la sua
148
Così in Section 143, punto 1, del Companies Act 1985.
149
Nei casi stabiliti dalle sezioni 4, 54 e da 459 a 461 del Companies Act 1985.
68
assistenza finanziaria. In questi casi la società può detenere proprie
quote, che non possono tuttavia restare in suo possesso per un periodo
di tempo superiore a tre anni, pena la cancellazione delle quote e la
riduzione corrispondente del capitale.
Un discorso a parte riguarda le ipotesi in cui la società emetta azioni
riscattabili, acquisti le proprie azioni a titolo oneroso o conceda
garanzia sulle proprie azioni per l’acquisto di un terzo150. Il rischio in
questi casi è che si abbia una riduzione sostanziale del capitale sociale,
senza i relativi oneri formali. Per evitare un potenziale danno ai
creditori questo tipo di operazioni è contornato da una serie di
procedure e cautele.
Per quanto riguarda le azioni riscattabili, la section 159A del
Companies Act 1985151 detta la seguente disciplina: la data a partire da
cui ed entro la quale si può procedere al riscatto deve essere
specificata nello statuto o, se questo lo prevede, determinata degli
amministratori
150
prima
dell’emissione
delle
relative
azioni.
Si noti come queste operazioni fossero tradizionalmente non consentite, tuttavia, in seguito ad
un rapporto del 1979 sul finanziamento delle piccole imprese, nel 1980 il governo adottò un
documento consultivo intitolato “The purchase by Company of its Own Shares” ove si suggerivano
i vantaggi che operazioni di questo genere potevano realizzare per le società. Si arrivò, pertanto,
con il Companies Act 1981, alla codificazione della facoltà delle società di emettere azioni
riscattabili e procedere all’acquisto delle proprie quote. In argomento si veda, amplius: BOWEN,
(nt. 101), 156 e ss.
151
Inserita dal Companies Act 1989, section 133.
69
L’ammontare del prezzo di riscatto deve essere fissato nello statuto o
definito in base a criteri da questo esplicitamente enunciati, di modo
che la determinazione non possa in nessun caso essere meramente
discrezionale. Quale norma di chiusura, si stabilisce infine che le
condizioni di riscatto, come ogni altra circostanza rilevante, debbano
essere espressamente menzionate nello statuto.
Con riferimento all’acquisto a titolo oneroso delle azioni proprie, la
section 162 del Companies Act 1985 dispone che la società possa
provvedervi qualora il suo statuto la autorizzi a farlo. La procedura
che si dovrà seguire è quella prevista per gli acquisti “off-market”,
quelli cioè che avvengono al di fuori di mercati mobiliari
regolamentati. Essa è stabilita dalla section 164, in forza della quale
l’acquisto deve essere autorizzato da una special resolution
dell’assemblea cui spetta, con lo stesso quorum deliberativo, di
disporne la variazione, la revoca o il rinnovo. Per la validità della
delibera è necessario che una copia del contratto o, in caso di contratto
concluso verbalmente, un memorandum che ne illustri i punti salienti,
siano affissi almeno 15 giorni prima della data della deliberazione e
siano resi disponibili in assemblea. Se, come è sua facoltà, la società
opta per il procedimento di decisione per iscritto152, in luogo di quello
152
Di cui supra, paragrafo 4.
70
assembleare, si ritiene che lo stesso contratto o il memorandum
debbano essere recapitati ai soci al momento dell’approvazione
richiesta o prima.
In nessun caso vengono computati i voti dei soci titolari delle quote in
via di acquisizione da parte della società.
L’acquisto di azioni proprie è sottoposto ad oneri pubblicitari anche
dopo la sua approvazione. La section 169 del Companies Act 1985
dispone che entro 28 giorni dalla consegna alla società delle azioni
acquistate sia trasmessa al Registrar una comunicazione contenente il
numero e il valore nominale di ogni classe di azioni acquistate, nonché
la data della loro acquisizione. Inoltre, una copia del contratto o del
memorandum deve essere depositata presso la sede legale della
società e ivi conservata per un periodo tempo di dieci anni, durante il
quale dovrà essere a disposizione dei soci, che potranno estrarne copia
gratuitamente.
Quanto alle modalità di esercizio dell’acquisto di azioni proprie,
occorre aggiungere come, a differenza delle public companies153, le
153
Nelle public companies, gli acquisti di azioni proprie sono consentiti solo nella misura degli
utili distribuibili o dei proventi di una recente emissione di azioni. È chiaro, pertanto, l’intento di
preservare la plc una riduzione non formalizzata di capitale sociale.Così BOWEN, (nt.101), 159.
Si noti l’analogia con quanto disposto per le s.p.a. italiane, ove gli acquisti di azioni proprie sono
consentiti a patto che la relativa spesa non ecceda le riserve di capitale disponibili e regolarmente
iscritte a bilancio. Si veda l’articolo 2357 del codice civile.
71
private companies possano adoperare per il pagamento delle quote
acquistate o riscattate lo stesso capitale sociale154, purché il pagamento
sia considerato “permissible”. Il compito di attestare tale qualità spetta
agli amministratori, che si pronunciano sostanzialmente sulla
solvibilità della società alla luce dell’operazione tramite una
dichiarazione che deve essere supportata da un rapporto dei revisori.
Amministratori e revisori rispondono anche penalmente della
veridicità e ragionevolezza di quanto attestano155. La procedura di
pagamento “out of capital”,che intacchi cioè lo stesso capitale sociale,
deve essere approvata dall’assemblea a maggioranza qualificata e vi si
possono opporre tutti i soci che non abbiano votato a favore, nonché i
creditori. L’opposizione si promuove innanzi alla corte, che può
disporre il diritto di recesso del socio dissenziente e la concessione di
garanzie adeguate al creditore potenzialmente leso; altrimenti
convaliderà o annullerà la delibera.
Un’altra operazione considerata rischiosa per l’effettiva consistenza
del capitale sociale è la concessione, per l’acquisto di proprie azioni,
di assistenza finanziaria della società ad un terzo. La regola generale
154
Così dispone la section 171 del Companies Act 1985.
155
Gli amministratori saranno obbligati in solido con l’originario titolare delle azioni che furono
acquistate dalla società, per l’ammontare del relativo prezzo, qualora nell’anno successivo
72
ne fa espresso divieto156, fornendone una definizione estensiva.
Secondo la section 152 del Companies Act 1985 sono infatti
riconducibili all’ipotesi di financial assistance, e come tali vietate, le
donazioni, i prestiti, la prestazione di garanzie e fideiussioni, la
remissione di debito, nonché ogni altra operazione volta a diminuire la
responsabilità di chi acquista le azioni.
Esistono
tuttavia
casi
di
assistenza
finanziaria
considerati
perfettamente legittimi, applicabili alle private come alle public
companies. Essi sono elencati nella section 153 del Companies Act
1985 e riguardano essenzialmente: la distribuzione dei dividendi;
l’emissione di azioni premio (bonus shares); la riduzione di capitale
sociale omologata dal giudice; qualunque altra operazione finanziaria
eseguita in conformità ad un ordine del giudice, quali transazioni,
cessioni di credito, liquidazione volontaria. Altre ipotesi specifiche di
esenzione dal divieto generale sono previste dalla stessa section 153
con riferimento all’emissione di azioni per i dipendenti della società,
che può concedere assistenza al fine di incentivarne la partecipazione.
Solo alle private companies è concessa, infine, la possibilità di
procedere ad operazioni di assistenza finanziaria non ricomprese nelle
all’acquisto di proprie azioni la società fallisca. Così: Insolvency Act 1986, section 76. In merito si
veda, più approfonditamente, BOWEN, (nt. 101), 335.
156
Si veda la section 151 del Companies Act 1985.
73
categorie esenti dal divieto. In questi casi la società avrà l’onere di
seguire una procedura che garantisca soci e creditori da eventuali
pregiudizi. Questa è contenuta nelle sections da 155 a 158 e
corrisponde sostanzialmente a quella prevista per l’acquisto di azioni
proprie157, alla cui disciplina si rinvia.
2.8 I conferimenti e le quote sociali
La disciplina tracciata dal Companies Act in tema di conferimenti
riguarda unicamente le public companies158. Alle private companies è
pertanto consentito di non sottostare ai rigidi vincoli ivi previsti. In
particolare si ritiene che esse possano emettere azioni a fronte di
conferimenti che, come già accennato, non è necessario siano liberati,
nemmeno in parte, al momento della sottoscrizione. La società può
inoltre accettare conferimenti in natura, senza che il loro valore debba
essere certificato dalla relazione di un esperto. Per quanto riguarda i
conferimenti di prestazioni di lavoro, se prima facie essi non
157
Di cui supra.
158
Sulla disciplina dei conferimenti e della loro valutazione nelle public companies ha inciso
significativamente la Seconda Direttiva societaria del Consiglio Europeo, intesa a coordinare le
74
sembrano essere impediti da nessuna norma, occorre rilevare come la
giurisprudenza sia piuttosto restia ad ammetterne la validità159.
Parrebbe invece applicabile anche alle private companies la
disposizione di cui alla section 100 del Companies Act, che proibisce
alle società di emettere azioni ad un prezzo inferiore al loro valore
nominale. Il divieto può tuttavia essere facilmente eluso, se si
considera che ai conferimenti non in denaro può essere attribuito il
valore che la società ritiene più opportuno, senza controlli che ne
accertino quello effettivo. Ciò determina che nella pratica vi sia una
sostanziale libertà nella definizione della quota in base all’entità del
conferimento. In tale valutazione gli amministratori sono tenuti solo a
comportarsi con onestà e correttezza. Si ritiene inoltre che le corti non
debbano intromettersi in una determinazione che, per quanto riguarda
le private companies, pare affidata all’autonomia privata.
In quest’ottica tuttavia, il problema può sorgere quando a decidere la
valutazione da attribuirsi ad un conferimento, oppure il prezzo per il
garanzie che sono richieste per la costituzione di società per azioni, nonché la salvaguardia e le
modificazioni del capitale sociale delle stesse.
159
Si veda in merito la pronuncia del giudice Parker nel caso Gardner v. Iredale ove si afferma
che il conferimento di prestazioni di lavoro muterebbe la responsabilità del socio per la liberazione
dell’ammontare del capitale sottoscritto in un’azione della società per inadempimento contrattuale,
incompatibile o comunque diversa con quella propria del rapporto sociale. Prosegue tuttavia il
giudice sostenendo che nel caso di specie la società potesse semplicemente convertire le azioni
75
trasferimento di una quota, non sia l’autonomia contrattuale delle
parti, ma si debba procedere ad una stima obbligatoria. Questo può
accadere per ordine della corte, per un’ipotesi di trasferimento
coattivo prevista dallo statuto o, ancora, in caso di bancarotta o di
morte di un socio. In questi casi, in mancanza di un accordo fra le
parti, si dovranno applicare criteri di valutazione alternativi
all’autonomia contrattuale. In assenza di previsioni normative la
soluzione di tale problema è stata affrontata caso per caso dalla
giurisprudenza delle corti. Esulando dai fini di questo lavoro la
trattazione specifica delle singole sentenze160, basti qui rilevare come
siano stati tracciati due alternativi criteri di valutazione delle quote
sottoposte a trasferimento coattivo: 1) una stima basata sul valore “pro
rata” delle azioni suddivise per classi e per prezzo unitario; 2) una
valutazione “pro rata” della quota, che però tenga conto dell’influenza
che essa può avere ai fini della gestione societaria, con un incremento
del valore delle quote di controllo e una conseguente riduzione di
quelle di minoranza.
sottoscritte in cambio dell’obbligazione di prestare il proprio lavoro in azioni da liberare con un
conferimento in denaro. La sentenza è commentata succintamente in BOWEN, (nt.101), 147.
160
Per approfondimenti in merito e per una panoramica delle pronunce giurisprudenziali si veda
BOWEN, (nt. 101), 229 e ss.
76
In ogni caso si dovrà procedere in prima battuta alla stima del valore
dell’intera compagine azionaria. A seconda della situazione della
società si potrà optare per un criterio di valutazione secondo il
principio della continuazione dell’impresa (going-concern), che tenga
conto della sua posizione sul mercato, delle possibilità e dei progetti
futuri, piuttosto che per una perizia del patrimonio sociale nello stato
in cui si trova e per come si presenta, senza considerazione della
prosecuzione dell’attività imprenditoriale.
L’ultimo aspetto di cui occorre dare conto, anche se brevemente, è
quello della distribuzione degli utili. Si noti come, prima del
Companies Act 1980, la disciplina fosse sostanzialmente affidata alla
giurisprudenza. Con l’introduzione di norme legislative, contenute ora
nel Companies Act 1985, la materia viene regolata in maniera univoca
e per gran parte comune a public e private companies. In favore di
queste ultime non manca tuttavia una rilevante deroga al regime,
coerente con la maggiore permissività in tema di capitale sociale.
Applicabile ad entrambi i modelli societari è la regola secondo la
quale si possa procedere alla distribuzione161 dei soli profitti realmente
161
La section 263 al punto due fornisce una definizione del concetto di “distribution” come
inclusivo della ripartizione fra i soci di denaro o qualsiasi altro tipo di bonus, provenienti da
emissione, riscatto o acquisto di quote o da riduzione di capitale o da ripartizione dell’attivo in
caso di scioglimento della società. Cfr.: BOWEN, (nt. 101), 152, in nota.
77
conseguiti, che non siano già stati precedentemente distribuiti o
utilizzati per una ricapitalizzazione, al netto delle perdite per le quali
non si sia corrispondentemente ridotto il capitale. L’agevolazione, per
le private companies, sta nel fatto che, a differenza delle public
companies, le prime non debbano sottrarre dai profitti il capitale
stanziato per le perdite non realizzate162.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale gli amministratori
che procedano indebitamente ad una distribuzione intaccando il
capitale sociale, sono responsabili in solido per le somme
illegittimamente distribuite. L’azione non può essere ratificata
dall’assemblea, perché si tratterebbe di un atto ultra vires. Gli
amministratori si possono anche rivalere sui soci, per le somme da essi
a torto percepite, solo se questi siano a conoscenza dell’illegittimità
della distribuzione.
162
Sono queste la così dette “undistributable reserves” o riserve indisponibili, conosciute anche
dall’ordinamento italiano nella disciplina della s.p.a., si veda l’articolo 2430 del codice civile.
78
2.9 Gli oneri pubblicitari e di bilancio
Tutte le limited companies, siano esse public o private, sono tenute a
pubblicare annualmente le proprie scritture contabili. È questo un
onere a cui le società devono sottostare come conseguenza della
responsabilità limitata di cui beneficiano. Si ritiene infatti che la
pubblicità delle condizioni economiche della società costituisca un
importante mezzo di informazione e di tutela dei terzi che possano
entrarvi in contatto o in affari. I requisiti delle scritture contabili da
pubblicare sono pertanto disciplinati con grande cura. Il Companies
Act 1985 contiene dei veri e propri modelli163 da seguire nella
redazioni di tali documenti, di cui precisano contenuto e forma.
Si noti inoltre come la disciplina prevista si applichi indistintamente
alle public come alle private companies. Con riferimento a queste
ultime sono tuttavia previsti requisiti meno cogenti, qualora le private
companies possano essere definite di piccola o media dimensione164.
163
Si veda in merito il Companies Act 1985, Schedule 4.
164
La disciplina è contenuta dalla section 247, punto 3, introdotta nel Companies Act 1985 dalle
Companies Act 1985 ( Accounts of Small and Medium-Sized Enterprises and Publication of
Accounts in ECUs) Regulations 1992, n. 2452.
Per i requisiti dimensionali necessari al fine di rientrare in una o nell’altra categoria si veda supra,
par. 1.
79
La legge prescrive che debbano essere redatti annualmente il conto
economico dei profitti e delle perdite e il bilancio. Questi devono
essere sottoscritti da un amministratore. Ciononostante, dell’eventuale
difformità di essi da quanto stabilito dal Companies Act rispondono i
solido tutti quanti gli amministratori, nonché la società, nel caso in cui
i documenti annuali vengano depositati presso il registro delle imprese
per la pubblicazione senza essere firmati.
Disposizioni rilevanti sono previste anche per la redazione delle
scritture day-to-day. La società è infatti tenuta a registrare tutti i
pagamenti e gli acquisti effettuati, a specificarli e a motivarli. Lo
stesso vale per i proventi e le vendite. Tali documenti devono essere
conservati per un periodo di tempo non inferiore a tre anni.
Oltre a quanto stabilito per le scritture contabili della società, la legge
prescrive che in accompagnamento ad esse vengano redatte una
relazione degli amministratori e, ove prevista una revisione contabile,
un rapporto del revisore. La relazione degli amministratori deve dare
conto della gestione della società, nonché delle vicende societarie
dell’anno a cui si riferisce, con particolare riferimento all’ammontare
degli utili distribuibili proposti e dell’eventuale passaggio di utili a
riserva165. Essa attesta anche la conformità dei documenti contabili ai
165
Si veda la section 234, del Companies Act 1985.
80
modelli previsti dalle legge e chiarisce in un’apposita nota il motivo di
eventuali deroghe che si siano rese necessarie per fornire un quadro
veritiero e corretto166 della situazione economica.
Il rapporto dei revisori è l’ultimo dei documenti richiesti dalla legge167
a supporto delle scritture contabili della società. Esso fornisce
un’opinione in merito alla corrispondenza della relazione degli
amministratori ai documenti della società.
Tutti i documenti contabili e le relazioni di amministratori e, ove
previsti, revisori devono essere spediti a tutti i soci almeno 21 giorni
prima della data fissata per l’assemblea generale convocata per
l’approvazione.
Le facilitazioni previste per le società definita di piccola o media
dimensione, secondo i criteri già visti168, consistono essenzialmente
nella possibilità di redigere un bilancio in forma abbreviata, con
l’omissione di alcune voci analitiche, a tutela della società stessa nei
confronti della concorrenza, cui si evita così di ottenere informazioni
troppo specifiche.
166
Si noti come questa risulti un’applicazione di quanto prescrive la Quarta Direttiva Societaria del
Consiglio della Comunità Europea.
167
Il rapporto dei revisori è previsto dalla section 249 A del Companies Act 1985.
168
Si veda, supra, par. 1.
81
3. La società a responsabilità limitata
Sommario: 3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi - 3.2 La
fattispecie costitutiva. Il procedimento
-
3.3
(segue) L’atto
costitutivo. La società unipersonali - 3.4 I conferimenti - 3.5
(segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito - 3.6
Le quote di partecipazione sociale - 3.7 Il recesso e l’esclusione del
socio - 3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società 3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità - 3.10 I
libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili - 3.11
Le decisioni dei soci e l’assemblea - 3.12 Le modificazioni dell’atto
costitutivo - 3.13 (segue) L’aumento e la riduzione del capitale
sociale
3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi
Conclusa l’analisi degli aspetti salienti della disciplina della private
company si procederà, in questo capitolo, alla trattazione del modello
societario previsto dal nostro ordinamento che ad essa è più vicino:
quello della società a responsabilità limitata.
82
Occorre osservare preliminarmente come la disciplina della s.r.l. sia
stata innovata significativamente dalla riforma delle società di capitali
attuata con il decreto legislativo n. 6/2003. Nella breve trattazione che
segue si cercherà pertanto di dare conto delle novità da essa introdotte
anche con riferimento alla disciplina previgente.
Nel codice civile del 1942 il legislatore annovera questo tipo di
società fra quelle di capitali, contrapponendole idealmente alle società
per azioni. Tuttavia, prima della riforma, invece di operare una netta
distinzione dando conto delle diverse esigenze dei due modelli, si
limitava a stabilire una disciplina per le società per azioni da
applicare, ove rinviata, ad integrazione di quella, largamente
incompleta , delle società a responsabilità limitata169. Ne risultava una
disciplina quanto mai eterogenea, composta
da disposizioni
specifiche per la s.r.l., affiancate a disposizioni che ripetevano quasi
pedissequamente quelle corrispondenti della società per azioni e ad
altre ancora che invece rinviavano a singole norme della società per
azioni. Mancava infine un rinvio di carattere generale alla disciplina
della società per azioni in quanto compatibile, come norma di
169
FERRARINI, Origins of Limited Liability Companies and of Company Law Modernisation in
Italy: a Historical Outline, in CEDIF, www.cedif.org, WP,5-2002, 16, che offe inoltre
un’interessante prospettiva storica dell’istituto della s.r.l.
83
chiusura170. Questa tecnica legislativa creò ben presto il contrasto fra
diverse correnti di pensiero sostenenti, da un lato il divieto di
applicazione alla s.r.l. delle norme della società per azioni non
espressamente richiamate; dall’altro l’opportunità di applicarle per
analogia ad integrazione di quelle che vengono considerate semplici
lacune legislative171.
Se l’intento del legislatore del ’42 fu quello di creare uno schema più
flessibile e a connotazione più marcatamente personalistica, adatto
all’esercizio della piccola e media impresa, pare doveroso rilevare
come proprio alcune delle caratteristiche che avrebbero dovuto
rendere attraente il modello di s.r.l. tracciato dal codice, finirono per
ostacolarne la diffusione. La più ampia autonomia, riflesso della
concezione personalistica, finiva per attribuire ai soci una maggior
libertà nella scelta delle forme di convocazione dell’assemblea e nella
prescrizione di vincoli alla circolazione delle quote sociali172. Se da un
lato la disciplina, in larga parte ricalcata, della s.p.a. poteva apparire
eccessivamente rigida per l’esercizio di imprese di modeste
dimensioni o a base familiare, alcuni dei vincoli alla circolazione delle
170
CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, vol. 2, Diritto delle Società, quinta edizione, 2002,
Torino, UTET, 544.
171
SALAFIA, Società a responsabilità limitata, in Codice commentato delle nuove società, a cura
di Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, 2004, Milano, IPSOA, 991.
84
quote sociali e il divieto categorico di raccogliere capitali di rischio fra
il pubblico dei risparmiatori, nonché di emettere titoli di credito, si
presentava poco adatto all’organizzazione di imprese di dimensioni
consistenti173.
In effetti è proprio quello della s.r.l. l’istituto su cui incide
maggiormente la riforma delle società174, attuata con il d.lgs. 6/2003,
che si può dire si sia spinto addirittura oltre i limiti posti dalla legge
delega175. Con il risultato del passaggio da una disciplina residuale,
rispetto a quella della società per azioni, ad una disciplina con caratteri
spiccatamente propri, che fa della s.r.l. un modello autonomo,
172
SALAFIA,(nt. 171), 990.
173
SALAFIA, (nt. 171), 991 e ss., aggiunge che dell’esiguo successo del modello di società a
responsabilità limitata, tracciato dal codice civile del 1942, tenne conto, nel suo progetto di
riforma, la commissione ministeriale presieduta dall’ on. Mirone. Se fu riconosciuta la validità
della scelta del legislatore del ’42 di contrapporre allo schema di società per azioni un modello più
flessibile e adatto alla piccola e media impresa, si cercò di accentuarne questo carattere,
elaborando, per la s.r.l., una disciplina autonoma e profondamente diversa da quella della società
per azioni.
Il progetto Mirone fu sostanzialmente adottato dal Governo come disegno di legge delega per la
riforma del diritto delle società di capitali, che ne riprese i criteri guida per l’elaborazione della
futura disciplina: l’autonomia della regolamentazione rispetto alla disciplina della società per
azioni; la libertà dei soci nella scelta della struttura, dell’organizzazione e del funzionamento della
s.r.l.; la centralità della persona del socio, rispetto ai conferimenti
174
BUONOCORE, Commento breve al decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6, recante la
“riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione
della legge 3 ottobre 2001 n. 366”., in Giur. Comm., 2003 II, suppl. al n. 4/03, 21.
175
SALAFIA, (nt. 2), 991.
85
connotato da marcati aspetti di tipo personalistico, ma pur sempre
riconducibile alle società di capitali176.
Coerente con tali obiettivi, la nuova disciplina presenta alcuni caratteri
salienti: una marcata autonomia statutaria concessa ai soci, ben più
ampia di quella contenuta nella disciplina della società per azioni; una
“personalizzazione”
del
modello societario,
intesa
sia
come
valorizzazione del ruolo della persona del socio nelle vicende della
società, sia come introduzione di regole che fin ad allora furono
prerogativa esclusiva delle società di persone; il mantenimento della
rigidità della disciplina e dell’imperatività delle norme poste a
garanzia dei terzi, che rischierebbero in caso contrario di subire
pregiudizio dall’ampia autonomia statutaria e dalla sopramenzionata
“personalizzazione” connessa alla responsabilità limitata dei soci.
Ne risulta un quadro molto articolato, un modello societario
difficilmente riconducibile agli schemi che ci hanno abituato a
contrapporre rigidamente società di capitali a società di persone. Se
dal punto di vista sistematico la s.r.l. è annoverata fra le società di
176
BUONOCORE, (nt.174), 21, rileva come la sua funzione venga compiutamente descritta nella
stessa relazione di accompagnamento al decreto n. 6, dove si legge che “la riforma (…) si muove
nella direzione di una integrale revisione di tale modello societario” con l’obiettivo di “offrire agli
operatori economici uno strumento caratterizzato da una significativa ed accentuata elasticità (…)
che, imperniato fondamentalmente su una considerazione delle persone dei soci e dei loro rapporti
86
capitali e di queste presenta alcuni rilevantissimi aspetti, è innegabile
che ne presenti altri tipici di quelle personali177, tanto che non
mancano interpreti pronti ad ipotizzare un terzium genus lasciato alla
libera determinazione dell’autonomia statutaria178.
3.2 La fattispecie costitutiva. Il procedimento
La costituzione della società a responsabilità limitata, disciplinata
all’articolo 2463, è un procedimento a fattispecie progressiva. Consta
di due fasi: la prima è rappresentata dalla stipulazione dell’atto
costitutivo, che può avvenire per contratto o per atto unilaterale; la
seconda si completa con l’iscrizione della società nel registro delle
imprese.
Il compimento della prima fase è caratterizzato dalla responsabilità
illimitata e solidale per le obbligazioni societarie assunte verso i terzi,
di tutti coloro che hanno agito in nome e per conto della società
personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti nell’ambito del settore delle
piccole e medie imprese”.
177
Nella Relazione di accompagnamento al decreto n. 6 si legge, infatti, che la s.r.l. «si caratterizza
come una società personale la quale perciò, pur godendo del beneficio della responsabilità limitata,
può essere sottratta alle rigidità di disciplina richieste per la s.p.a.».
87
costituenda. Stipulato l’atto costitutivo, sono da ritenersi altresì
responsabili il socio unico fondatore e tutti i soci che hanno
contribuito a decidere o autorizzare il compimento dell’operazione.
Per quanto riguarda la seconda fase, l’ultimo comma del suddetto
articolo rinvia ad alcune disposizioni dettate in tema di s.p.a., aventi
ad oggetto le condizioni per la costituzione (con particolare
riferimento al versamento dei conferimenti in danaro e alla stima di
quelli in natura e di crediti), il deposito dell’atto costitutivo e
l’iscrizione della società nel registro delle imprese, gli effetti di tale
iscrizione, la nullità della società e i benefici riservati ai soci
fondatori. Il procedimento si caratterizza, pertanto, per essere mutuato
da quello stabilito per le società per azioni. Risulta definitivamente
abrogato l’onere di omologazione giudiziale dell’atto costitutivo, in
conformità di quanto già previsto, seppur in via provvisoria, dall’art.
32 l. 24.11.2000 n. 340 e in attuazione della prescritta semplificazione
del procedimento di costituzione179. L’atto costitutivo deve essere
stipulato per atto pubblico e spetta al notaio rogante o, in caso di sua
inerzia, agli amministratori o a ciascun socio a spese della società
depositarlo entro dieci giorni dalla stipulazione, presso l’ufficio del
178
Ma in senso contrario: BUONOCORE, (nt. 174), 21, che propende per l’inserimento della s.r.l.
fra le società di capitali.
179
SALAFIA, (nt. 171), 992
88
registro delle imprese, allegando i documenti che attestino la
sussistenza delle condizioni richieste per la registrazione, previste
dall’articolo 2429, richiamato:
1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2) che siano rispettate le previsioni degli articoli 2342 e 2343 relative
ai conferimenti180;
3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle
leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo
particolare oggetto.
L’atto costitutivo perde efficacia, e le somme eventualmente riscosse
vanno restituite ai sottoscrittori, se entro novanta giorni dalla sua
stipulazione o dal rilascio delle autorizzazioni di cui al n. 3)
dell’articolo 2429 l’iscrizione non si sia perfezionata. Questa deve
essere richiesta contestualmente al deposito presso l’ufficio del
registro che, a norma dell’articolo 2330, 3°comma, “verificata la
regolarità formale della documentazione, iscrive la società”.
Con l’iscrizione nel registro delle imprese si completa la seconda ed
ultima fase del procedimento di costituzione, al termine del quale la
180
BUONOCORE, (nt. 174), 22, in merito rileva come il rinvio agli articoli 2342 e 2343, in
materia di conferimenti, paia frutto di un’imprecisione. La disciplina dei conferimenti è, infatti,
esaustivamente trattata, e in maniera specifica per la s.r.l., dall’articolo 2464, rispettivamente al
89
società
acquista
la
personalità
giuridica
e
la
conseguente
responsabilità limitata.
3.3 (segue) L’atto costitutivo. La società unipersonale
Il contenuto dell’atto costitutivo della nuova s.r.l., previsto all’articolo
2463, non è sostanzialmente diverso da quello previsto dal vecchio art.
2475, né lo è la forma, che deve sempre rivestire l’atto pubblico.
Rileva, in primo luogo, la previsione secondo cui la società può essere
costituita per contratto o per atto unilaterale. Scompare, tuttavia, in
tale ultima ipotesi, l’espresso riferimento alla responsabilità illimitata
del socio fondatore per le operazioni compiute in nome della società
prima della sua iscrizione nel registro delle imprese, che tuttavia è
sancita dall’articolo 2331, richiamato dall’ultimo comma dell’articolo
2463.
Analogamente a quanto disposto in tema di società per azioni, l’atto
costitutivo deve contenere i dati necessari ad individuare i soci che
siano persone giuridiche. È altresì disposta l’indicazione del comune
commi 3° e 4°. Sono, pertanto, questi ultimi a doversi applicare in luogo di quelli a cui
erroneamente si rinvia.
90
dove è posta la sede sociale. A questo proposito è stato notato come,
con riferimento alla costituzione di una società unipersonale, con la
riforma, sia caduta la prescrizione del vecchio articolo 2497, che
escludeva il beneficio della responsabilità limitata per l’unico socio,
quando egli sia a sua volta una società di capitali o qualora sia,
contemporaneamente, unico socio di altra società di capitali181.
L’atto costitutivo infine non deve più indicare le norme per la
ripartizione degli utili, bensì la quota di partecipazione di ciascun
socio. Non è più richiesta l’indicazione della durata della società,
potendo la stessa essere costituita a tempo indeterminato.
3.4 I conferimenti
Quella dei conferimenti è sicuramente una delle materie su cui la
riforma ha inciso in misura maggiore. I nuovi articoli 2464, 2465 e
2466 riscrivono completamente la vecchia disciplina contenuta negli
articoli 2474 e 2476.
181
SALAFIA, (nt. 171), 993, fa notare come la legge delega non contenesse alcun mandato per la
revisione della disciplina della costituzione della società con atto unilaterale. La riforma della
materia, pertanto, seppur compatibile con la Dodicesima Direttiva societaria del Consiglio della
91
I “principi e criteri direttivi” della riforma sono enunciati dalla stessa
legge delega, all’articolo 3, comma 2 che prevede che la nuova
disciplina dei conferimenti sia tale da “consentire l’acquisizione di
ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell’impresa sociale” e
da “consentire ai soci di regolare l’incidenza delle rispettive
partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali”.
E’ inoltre affermata la necessità di “semplificare le procedure di
valutazione dei conferimenti in natura nel rispetto del principio di
certezza del valore a tutela dei terzi”.
Con riferimento al capitale è infine prescritto che si proceda a
“prevedere norme inderogabili in
materia di
formazione
e
conservazione del capitale sociale, nonché in materia di liquidazione,
che siano idonee a tutelare i creditori sociali consentendo, nel
contempo, una semplificazione delle procedure”182. Questi obiettivi
vengono così connessi con quello stesso che fu già del Progetto
Mirone,
ed
è
illustrato
al
Cap.
11
della
Relazione
di
accompagnamento al d.lgs. n. 6 del 17.01.2003, che afferma
l’opportunità di sottrarre la società a responsabilità limitata alle
“rigidità di disciplina richieste per la società per azioni”. Ma c’è chi,
Comunità Europea, che prevede la costituzione, negli stati membri, di società di capitali
unipersonali, sarebbe in contrasto con la legge delega.
182
DE DONNO, art. 2464, in Codice commentato delle nuove società, op. cit. (nt. 171), 1011.
92
proprio a questo riguardo, segnala un’eccessiva prudenza del
legislatore delegato nel realizzare l’auspicato distacco dalla disciplina
della società per azioni, con particolare riferimento alle “norme
inderogabili in materia di formazione e conservazione del capitale
sociale” di cui all’art. 3, comma 2, lett. i), l. 366/2001183. Un’opposta
dottrina critica la maggior libertà concessa con la nuova disciplina dei
conferimenti, in quanto incompatibile con l’applicazione della
Seconda Direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea
che, agli articoli 8 e 9, prevede il divieto di conferimento nella s.p.a.
di prestazioni d’opera o di servizi e l’obbligo di versamento di un
minimo del 25% del conferimento, al momento della costituzione184.
L’applicabilità di questa direttiva era stata prevista con il decreto di
attuazione nell’ordinamento italiano d.P.R. n. 30 del 1986, anche per
la società a responsabilità limitata, che ne viene ora esclusa.
A prescindere dal fatto che se ne condivida o meno il merito, non si
può non riconoscere che il comma 2 dell’articolo in esame, stabilendo
che possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di
valutazione economica, reca una disposizione di fondamentale
importanza, in quanto viene superato il divieto di conferimento di
183
MIOLA, Capitale sociale e conferimenti nella “nuova” società a responsabilità limitata, in
Riv. Soc., 2004, 659.
184
SALAFIA, (nt. 171), 992
93
prestazioni d’opera e di servizi. Come precisato nella Relazione di
accompagnamento
alla
riforma,
questa
soluzione
sembra
corrispondere ad una prospettiva volta ad accentuare la connotazione
personalistica della s.r.l., nella quale il contributo del socio molto
spesso si caratterizza per le sue qualità personali e professionali,
piuttosto che per il valore oggettivo di beni apportati.
Tuttavia, al fine di tutelare i creditori sociali, l’art. 2464 dispone che
l’adempimento della prestazione sia garantito, per l’intero valore ad
essa assegnato, da una polizza assicurativa o fideiussione bancaria
ovvero, se l’atto costitutivo lo consente, da una cauzione di uguale
valore costituita dal socio.
Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve ancora essere versata,
presso una banca, una parte dei conferimenti di capitale che passa dai
tre decimi originariamente previsti, al 25%, più l’intero ammontare
dell’eventuale sovrapprezzo. L’art. 2464 nuovo testo ha, tuttavia,
recepito al proprio interno la possibilità che il versamento del 25% dei
conferimenti in danaro (o del loro intero ammontare in caso di
costituzione unilaterale), sia sostituito dalla stipula, per un importo
almeno corrispondente, di una polizza assicurativa o di una
fideiussione bancaria. Tale possibilità era stata prevista già dalla l. 18-
94
10-2001, n. 383, recante «Primi interventi per il rilancio
dell’economia».
Per quanto riguarda la semplificazione delle procedure di valutazione,
il nuovo art. 2465 snellisce il procedimento di stima dei conferimenti
in natura e dei crediti e non richiede più la nomina del perito da parte
del Presidente del Tribunale, ritenendo sufficiente garanzia che il
perito medesimo sia prescelto tra soggetti iscritti nell’albo dei revisori
contabili (o nell’albo tenuto dalla Consob per le società di revisione).
In caso di mancata esecuzione dei conferimenti è prevista,
dall’articolo 2466, la possibilità di diffida del socio moroso, non solo
in caso di mancato pagamento delle quote, come recitava la stessa
rubrica dell’articolo 2477, preriforma, ma, coerentemente con la
nuova disciplina, anche qualora, “per qualsiasi motivo siano scadute o
divengano inefficaci185” la polizza o l’assicurazione186 . La diffida del
socio moroso ad adempiere entro trenta giorni non è più una facoltà
degli amministratori, ma è divenuto un obbligo. Decorso inutilmente il
termine indicato, gli amministratori possono intraprendere l’azione per
l’esecuzione dei conferimenti e, qualora la ritengano infruttuosa,
possono procedere alla vendita della quota del socio moroso agli altri
185
Articolo 2466, ultimo comma.
186
DE DONNO, art. 2466, (nt. 182), 1018.
95
soci, in proporzione della loro partecipazione. In mancanza di offerte
da parte di questi ultimi e se l’atto costitutivo lo consente, la quota è
venduta all’incanto.
3.5 (segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito.
Connessa con la disciplina
dei
conferimenti
è quella
dei
“Finanziamenti dei soci”, trattata all’articolo 2467. Con la norma in
esame il legislatore ha affrontato il problema dei finanziamenti
effettuati dai soci a favore della società, che costituiscono, da un punto
di vista sostanziale, parte del capitale sociale. Nell’intento di evitare
possibili abusi, e a tutela dei terzi creditori, il legislatore ha sancito la
postergazione dei relativi crediti rispetto a quelli degli altri creditori e
la restituzione del rimborso dei finanziamenti che sia stato effettuato
nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società. Per
distinguere i «finanziamenti dei soci a favore della società» da quei
rapporti finanziari tra soci e società che possono essere parificati a
quelli con un qualsiasi terzo, il legislatore ha adottato, al secondo
comma dell’articolo 2467, un criterio legato alla valutazione della
situazione della società, da confrontare con i comportamenti che nel
mercato sarebbe ragionevole aspettarsi. La ratio è di colpire solo i
96
comportamenti che creano una situazione di eccessivo squilibrio
dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, dove sarebbe, quindi,
più ragionevole un conferimento. Si individua pertanto uno standard
di comportamento socialmente tipico alla luce degli usi commerciali
del settore di attività della società interessata187.
Parimenti legata ai conferimenti e al capitale sociale è la possibilità,
introdotta per la prima volta con la riforma, dell’emissione di titoli di
debito. La disciplina è prevista all’articolo 2483 e nasce con l’intento
di contemperare da un lato l’esigenza delle società a responsabilità
limitata di accedere a una forma di finanziamento eteronomo188, adatto
a raccogliere capitale per imprese di dimensioni medio – grandi e,
dall’altro, alla di tutela e salvaguardia degli interessi dei risparmiatori.
Il legislatore ha quindi consentito la sottoscrizione di tali titoli
esclusivamente ad investitori particolarmente qualificati e come tali in
grado di valutare effettivamente il rischio, ed ha altresì previsto, per il
caso di un successivo trasferimento dei titoli, una garanzia analoga a
quella prevista in materia di cessione del credito.
187
DE DONNO, art. 2467, (nt. 18), 1023
188
BUONOCORE, (nt. 9), 31
97
3.6 Le quote di partecipazione sociale.
La riforma delle società innova profondamente la materia delle quote
sociali, tanto che si è sostenuto che l’unico punto comune alla vecchia
e alla nuova disciplina, oggi contenuta negli articoli da 2468 a 2472,
sia il divieto di rappresentare le quote con azioni, a cui si aggiunge
quello di farne oggetto di sollecitazione all’investimento189. La ratio
della norma risulta di ovvio intendimento qualora si consideri il
carattere di società chiusa della s.r.l.190 e la sua connotazione
fortemente personalistica, evidentemente incompatibili con tecniche di
raccolta di adesioni alla società, così anonime e standardizzate191.
Un’importante innovazione è costituita dalla possibilità di determinare
la
partecipazione
sociale
in
maniera
non
proporzionale
al
conferimento e di attribuire a singoli soci particolari diritti
189
BUONOCORE, (nt. 9), 24
190
PERRINO, La” rilevanza del socio” nella s.r.l.: recesso, diritti particolari, esclusione, in Giur.
Comm., 2003, I , 814.
191
ROSAPEPE, Appunti su alcuni aspetti della nuova disciplina della partecipazione sociale nella
s.r.l., in Giur. Comm., 2004, I, 479.
98
amministrativi o patrimoniali192. È fuori di dubbio che una così ampia
autonomia nella configurazione delle partecipazioni sociali e dei diritti
da esse derivanti, fermo il divieto di patto leonino di cui all’articolo
2265, contribuiscano ad avvicinare il modello di società a
responsabilità limitata a quello delle società di persone.
Fortemente riformata è stata anche la disciplina del trasferimento della
quota. L’articolo 2469 stabilisce che, qualora la trasferibilità delle
quote sia vietata o limitata - come già in passato previsto - vuoi da
particolari condizioni oggettive e soggettive vuoi dal mero gradimento
della società, sia concesso al titolare della quota il diritto di recedere.
Questo può essere limitato dall’atto costitutivo che non può tuttavia
impedirlo per un periodo di tempo superiore a due anni.
Per
quanto
attiene
alla
pubblicità
del
trasferimento
della
partecipazione, il legislatore della riforma, oltre a ribadire quanto già
dettato per il trasferimento inter vivos, ha provveduto a disciplinare
l’ipotesi di trasferimento mortis causa, disponendo che il deposito del
relativo atto presso il registro delle imprese e l’iscrizione dello stesso
nel libro dei soci siano effettuati a richiesta dell’erede o del legatario
192
È stato rilevato, a questo riguardo, come la lettera della norma, nella previsione della
congiunzione disgiuntiva “o”, sembri escludere la possibilità di prevedere l’attribuzione in capo
allo stesso socio di particolari diritti, sia di natura patrimoniale, sia di natura amministrativa. In
questo senso: ROSAPEPE, (nt. 191), 481.
99
verso presentazione della documentazione richiesta per l’annotazione
nel libro dei soci.
Gli interventi maggiormente significativi riguardano però la tutela
degli acquirenti delle partecipazioni sociali: nel caso di conflitto tra
acquirenti, la prevalenza di colui che per primo ottiene l’iscrizione del
trasferimento nel registro delle imprese non consegue semplicemente
alla sua priorità temporale, ma richiede inoltre il requisito soggettivo
della buona fede193.
Gli adempimenti pubblicitari in caso di trasferimento di quote vanno
integrati con quelli prescritti per la società unipersonale qualora
riguardino una della ipotesi previste dai commi da 4 a 7 dell’articolo
in esame.
Le quote sono espropriabili e vi si può costituire pegno, usufrutto e
ipoteca. In linea con la personalizzazione dello schema societario è
inoltre prevista, all’articolo 2472,
per i tre anni successivi al
trasferimento inter vivos della quota, la responsabilità solidale
193
La norma ricorda quella sul trasferimento dei beni immobili di cui all’articolo 1155 e ha
suscitato critiche per la sua sostenuta incoerenza, essendo parsa ben più adatta la disciplina
dell’articolo 1156 su trasferimenti dei beni mobili registrati. Vedi amplius, ROSAPEPE, (nt. 191),
491.
100
dell’alienante per i versamenti ancora dovuti dall’acquirente alla
società, decorso inutilmente il termine di mora194.
3.7 Il recesso e l’esclusione del socio.
L’istituto del recesso risulta radicalmente riformato, in attuazione dei
principi dettati in merito dalla legge delega, volti a rafforzare la
posizione del socio in presenza di mutamenti significativi della
società. Sono due gli aspetti centrali della tutela: da un lato si
ampliano i casi in cui la facoltà del socio di recedere dalla società è
garantita ex lege, salva la possibilità dell’autonomia statutaria di
prevederne ulteriori; dall’altro si disciplinano le modalità di rimborso
del conferimento, con attenzione ai mutamenti della situazione
patrimoniale della società avvenuti nel tempo195.
194
BUONOCORE, (nt. 174), 25.
195
ROSAPEPE, (nt. 191), 493.
101
L’articolo 2473 stabilisce al primo comma che spetti innanzitutto
all’atto costitutivo determinare quando il socio possa recedere dalla
società e le relative modalità. A questa prima ipotesi di recesso
convenzionale si contrappone la previsione di fattispecie tassative e
inderogabili di recesso legale. Sono queste contenute per lo più nello
stesso articolo 2473, con riferimento al diritto del socio che non abbia
consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, alla sua
fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al
trasferimento della sede all’estero, all’eliminazione di una o più cause
di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni
che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto della
società
determinato
nell’atto
costitutivo
o
a
una
rilevante
modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468,
quarto comma. Nella società costituita a tempo indeterminato spetta
altresì al socio il diritto di recedere con un preavviso non inferiore a
centottanta giorni. L’atto costitutivo può richiedere un termine più
lungo, ma che non ecceda, in ogni caso, la durata di un anno.
Altre ipotesi di recesso sono agli articoli 2469, cui si è già accennato
in merito ai limiti alla trasferibilità delle quote196, e 2481-bis, con
196
Vedi supra, cap. 2.6.
102
riferimento al socio che non consenta all’aumento di capitale sociale
mediante nuovi conferimenti.
Sono inoltre
ammesse
da
autorevole
dottrina197
e costante
giurisprudenza, ulteriori circostanze che legittimerebbero un recesso
per giusta causa, diverse da quelle previste ex lege e da quelle
convenzionali. Si allude a tutti quei casi in cui il rapporto fiduciario
con la società sia incrinato a tale punto da non consentire una proficua
prosecuzione del rapporto sociale.
Per quanto riguarda i profili patrimoniali legati al recesso, il
legislatore ha voluto assicurare che la misura della liquidazione della
partecipazione venga determinata nel modo più vicino possibile al suo
valore di mercato, introducendo a tal fine un procedimento con cui si
superano gli eventuali contrasti sul valore della quota da liquidare, con
l’affidamento della sua quantificazione a un esperto designato dal
tribunale. Il rimborso della quota deve avvenire, in ogni caso, entro
centottanta giorni dalla comunicazione del recesso alla società.
La disciplina dell’esclusione del socio è contenuta nell’articolo 2473bis. La norma in esame, di portata decisamente innovativa, si pone
comunque in perfetta coerenza con la concezione personalistica della
s.r.l. introdotta dalla riforma. Salva una sola ipotesi legale di
197
ROSAPEPE, (nt. 191), 494; nello stesso senso: PERRINO, (nt. 190), 823.
103
esclusione, quella del socio moroso quando siano falliti i tentativi di
vendita della sua quota198, la determinazione dei casi di esclusione è
rimessa all’atto costitutivo, con rinvio, per quanto riguarda la
liquidazione della quota del socio escluso, all’articolo precedente,
“esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante
riduzione del capitale sociale”199.
3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società.
La disciplina dell’amministrazione e della rappresentanza della
società, contenuta nella Sezione III, è trattata prevalentemente all’
articolo 2475, che non ha mancato di suscitare critiche e contrasti in
dottrina per la sua asserita artificiosità200. La norma in esame riserva
ampio spazio all’autonomia contrattuale, con la possibilità di optare
per un modello di gestione proprio delle società di capitali o piuttosto
che per soluzioni di stampo tipicamente personalistico201; essa, infatti,
198
BUONOCORE, (nt. 174), 32.
199
Art. 2473, comma 2, ultimo periodo.
200
BUONOCORE, (nt. 174), 21 e 28; MOZZARELLI, Riflessioni sul regime legale di nomina
degli amministratori della s.r.l. alla luce della riforma del diritto societario, in Riv. Soc., 2004,
724 e ss.
201
Si è sollevato, a riguardo, il problema se l’applicazione analogica delle norme atte a colmare le
numerose lacune contenute nella disciplina specifica della s.r.l. debba avvenire sulla base di quelle
della s.p.a. o piuttosto di quelle del Titolo IV del Libro V, in materia di società di capitali. Per un
104
riconosce libertà di scelta sia per quanto concerne l’individuazione
delle persone cui l’amministrazione è affidata, sia con riferimento al
metodo secondo il quale queste dovranno agire. Sono permesse forme
di amministrazione sia disgiuntiva sia congiuntiva, cui si applicano le
regole previste in tema di società di persone. In caso di
amministrazione di tipo collegiale, è previsto che la decisione possa
essere adottata sulla base del consenso espresso per iscritto dagli
amministratori e, dunque, senza la necessità di una riunione. Sono
infine introdotte, all’ultimo comma, materie riservate espressamente
alla decisione dell’organo di amministrazione, dovendosi quindi
ritenere che per quelle incombenze ( la redazione del progetto di
bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di
aumento del capitale) sia esclusa l’amministrazione disgiuntiva202.
Con l’introduzione dell’articolo 2475-bis, la rappresentanza generale
della società è attribuita a tutti gli amministratori, il che costituisce
una significativa modifica alla previgente disciplina. Ai sensi del
vecchio art. 2328 infatti, era l’atto costitutivo che indicava quali degli
amministratori avessero la rappresentanza della società. Resta ferma la
possibilità (già prevista all’art. 2384 vecchio testo, cui rinviava l’art.
approfondimento: CAPO, Il governo dell’impresa e la nuova era della società a responsabilità
limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 502.
202
FIGONE, art. 2475, in Codice commentato delle nuove società, op. cit. (nt. 171), 1057.
105
2487 al secondo comma) che l’atto costitutivo o l’atto di nomina
prevedano limitazioni ai poteri degli amministratori. Queste ultime,
anche se pubblicate, non sono tuttavia opponibili ai terzi, salvo che si
provi che questi abbiano intenzionalmente agito in danno alla società.
Ne discende che in tutti i casi in cui non venga provato il dolo del
terzo, l’atto resta vincolante per la società anche se compiuto ultra
vires203.
Alla stregua degli stessi principi sono disciplinati i casi di atti
compiuti in conflitto di interessi di cui all’articolo 2475-ter. L’ipotesi
del primo comma
è quella dell’amministratore, in conflitto di
interessi, che concluda un contratto con un terzo in nome e per conto
della società. Indipendentemente dall’esistenza di un effettivo danno,
la società può agire per l’annullamento del contratto. Tale facoltà
trova tuttavia un limite nell’esigenza di tutelare l’affidamento del
terzo di buona fede. Condizione per l’esercizio dell’azione di
annullamento è, di conseguenza, che il conflitto di interessi fosse
riconoscibile al terzo o fosse da questo effettivamente conosciuto.
203
. L’oggetto sociale non costituisce più limite al potere di rappresentanza, in ossequio di quanto
previsto dall’articolo 9 della Prima direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea del 9
marzo 1968, applicabile a tutte le società di capitali. Vedi amplius CASSOTTANA, NUZZO,( nt.
5), 29.
Si noti, in oltre, l’analogia con la disciplina inglese delle private companies, v. supra.
106
L’ipotesi di cui al secondo comma è invece quella della deliberazione
assunta dal consiglio di amministrazione alla quale abbia partecipato,
con voto determinante, l’amministratore in conflitto di interessi con la
società. In tale caso l’impugnativa incontra dei limiti più decisi, quali
l’effettivo danno patrimoniale per la società ed il termine decadenziale
di novanta giorni204. La legittimazione ad impugnare spetta a ciascun
amministratore e, ove previsti, al collegio sindacale o al revisore.
Restano salvi, in ogni caso, i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità.
L’istituto del controllo sulla gestione della società e sulle azioni di
responsabilità è stato profondamente innovato dalla riforma. Nella
nuova regolamentazione della materia è evidente, ancor più che in
altri campi, l’intento del legislatore di creare un modello dove sia
prima di tutto l’autonomia statutaria a connotare il carattere della
204
Si discute, tuttavia, se il dies a quo debba essere, in applicazione analogica della disciplina della
s.p.a., il giorno dell’assunzione della deliberazione del consiglio di amministrazione o se piuttosto
il termine debba decorrere dal momento della sua trascrizione nel libro dei soci. FIGONE, art.
2475-ter,
(nt. 202), 1061. La seconda soluzione sembra più adatta alla possibilità degli
amministratori di assumere decisioni scritte, senza bisogno do una apposita delibera consigliare.
107
società, con la scelta di soluzioni tipicamente appartenenti alle società
di persone, piuttosto che a quelle di capitali205.
Particolarmente significativa è la disciplina della responsabilità degli
amministratori e della tutela riconosciuta ai soci dall’articolo 2476,
imperniata sul principio secondo il quale ad ogni socio è riconosciuto
il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo
svolgimento degli affari sociali, e di procedere ad una diretta
ispezione
dei
libri
sociali
e
dei
documenti
concernenti
l’amministrazione della società. Coerente conseguenza di tale
soluzione è il potere di ciascun socio di promuovere l’azione sociale
di responsabilità e di chiedere la provvisoria revoca giudiziale
dell’amministratore nell’ipotesi di gravi irregolarità. Diventa, dunque,
sostanzialmente superflua la previsione di forme di intervento del
giudice quali quelle previste dal vecchio art. 2409, nell’ottica di una
“privatizzazione” del controllo sulla gestione206. Ai commi successivi
sono altresì previsti: il potere di rinuncia o transazione dell’azione di
responsabilità, affidate alla decisione di maggioranze particolarmente
qualificate; il diritto del socio o di un terzo di chiedere il risarcimento
dei danni direttamente subiti per effetto di comportamenti illeciti degli
205
RUGGIERO, La revoca dell’amministratore nella nuova s.r.l., in Le Società, 2004, 9, 1085.
206
ARATO, Il controllo individuale dei soci e il controllo legale dei conti nella s.r.l., in Le
Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 14.
108
amministratori;
la
responsabilità,
solidale
con
quella
degli
amministratori, dei soci che intenzionalmente hanno contribuito al
compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi. Con questa
previsione il legislatore tenta di evitare che, laddove l’effettivo potere
di amministrazione non corrisponda all’assunzione della relativa veste
formale (possibilità tanto più realistica considerata la natura
marcatamente personalistica della s.r.l. che si presta all’ingerenza dei
soci nelle scelte gestionali), tale mancata assunzione diventi un facile
strumento per eludere la responsabilità che deve incombere su chi
effettivamente gestisce la società207.
Per quanto riguarda il controllo legale dei conti, disciplinato
all’articolo 2477, è necessario rilevare in primis che la nomina di un
collegio sindacale o di un revisore può essere prevista dall’atto
costitutivo, che ne determina le competenze ed i poteri. La nomina di
tali organi, sulla scia di quanto già previsto dall’art. 2488, è disposta
inderogabilmente quando il capitale sociale non è inferiore a quello
minimo previsto per le società per azioni (centoventimila euro) oppure
“se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti
indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis. L’obbligo cessa se,
207
DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità
limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 305.
109
per due esercizi consecutivi, due dei predetti limiti non vengono
superati”208.
L’ultimo comma dell’articolo in esame dispone che nei casi in cui è
obbligatoria
la
nomina
del
collegio
sindacale,
si
applichi
inderogabilmente la disciplina del collegio dei sindaci nella s.p.a. E’
infine stabilito che, se l’atto costitutivo non dispone altrimenti, allo
stesso spetti anche il controllo contabile. È stato in merito rilevato
come quest’ultima disposizione vada interpretata in combinato con
quella dell’articolo 2478-bis e del rinviato articolo 2429, che
sembrano prescrivere inderogabilmente l’obbligo del collegio
sindacale, ove previsto, di pronunciarsi sulla bontà della gestione
sociale, nella relazione annuale al bilancio. La possibilità di scelta
accordata all’autonomia statutaria si ridurrebbe pertanto alla
possibilità di non affidare al collegio sindacale il controllo dei conti,
che può essere svolto da un revisore contabile, essendo il regolare
svolgimento dell’attività di controllo un interesse da ritenersi non
meramente interno alla società, quindi liberamente disponibile da
parte dei soci, ma anche e soprattutto un mezzo di tutela dei terzi,
208
Così all’art. 2477, terzo comma. I limiti di cui all’articolo 2435-bis stabiliscono che: 1) il totale
dell’attivo dello stato patrimoniale non superi i 3.125.000 euro; 2) i ricavi delle vendite e delle
prestazioni siano inferiori alla somma di 6.250.000 euro; 3) i dipendenti occupati in media durante
l’esercizio non eccedano le 50 unità.
110
qualora possa concorrere ad avvalorare il loro affidamento alla
stabilità patrimoniale della società. Sono pertanto da considerare
vincolanti i rinvii alla disciplina della società per azioni, in materia di
collegio sindacale, anche se solo limitatamente alle norme attinenti
alla sua costituzione, revoca e funzionamento209, nonché alla
responsabilità in virtù dell’ultimo comma dell’articolo 2476 con
implicito rinvio all’articolo 2407210.
2.10. I libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili.
L’articolo 2478 sui “Libri sociali obbligatori” riproduce con alcune
modifiche le disposizioni di cui agli articoli 2490 e 2490bis della
disciplina previgente.
Le s.r.l. sono obbligate a tenere, oltre al libro giornale, al libro degli
inventari e alle altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle
dimensioni della società, il libro dei soci, il libro delle decisioni dei
209
CAVALLI, Il controllo legale dei conti nelle società a responsabilità limitata, in Giur. Comm.,
2003, I, 711; ma anche: SALAFIA, Il controllo contabile nelle s.r.l. alle luce della riforma, in Le
Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 6.
210
MAINETTI, art. 2476, in Codice commentato delle nuove società, op.cit. (nt. 171), 1066, e art.
2477, ibidem, 1079; ma in senso contrario e per l’inapplicabilità dell’articolo 2407, almeno per
quanto riguarda l’azione di responsabilità dei creditori sociali: DI AMATO, (nt. 207), 301.
111
soci, il libro delle decisioni degli amministratori ed il libro delle
decisioni del collegio sindacale o del revisore211.
All’ultimo comma, è inoltre sancita l’opponibilità ai creditori sociali
dei contratti della società con il socio unico e delle operazioni a favore
di quest’ultimo, solo nella misura in cui tali contratti ed operazioni
siano iscritti nel libro delle decisioni degli amministratori o risultino
da un atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
Per quanto riguarda la redazione del bilancio e la ripartizione degli
utili, l’articolo 2478-bis rinvia alle norme in materia contenute nella
disciplina della società per azioni, stabilendo fra l’altro che la
relazione al progetto di bilancio che, a norma dell’articolo 2475
ultimo comma, spetta inderogabilmente all’organo amministrativo,
debba essere necessariamente sottoposta all’approvazione dei soci
entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Nella redazione del progetto di bilancio ci si deve attenere ai princìpi
della chiarezza e della rappresentazione corretta e veritiera, in
attuazione di quanto prescritto, anche per le s.p.a., dalla Quarta
direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea212.
211
Questi ultimi sostituiscono quelli delle adunanze e delle deliberazioni, rispettivamente del
consiglio d’amministrazione e del collegio sindacale.
212
CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 63 e ss.
112
Si possono distribuire solo gli utili effettivamente conseguiti, ma non
sono ripetibili le somme acquisite in buona fede dai soci, in base ad un
bilancio regolarmente approvato, da cui risultino utili netti
corrispondenti.
2.11. Le decisioni dei soci e l’assemblea.
La materia “Delle decisioni dei soci” è contenuta ora in un’apposita
sezione, la quarta, che comprende gli articoli 2479, 2479-bis e 2479ter. Particolarmente significative sono le novità introdotte dalla
riforma in merito al ruolo assegnato ai soci della s.r.l. ed alle loro
decisioni nell’ambito dell’attività sociale. In coerenza con la struttura
personalistica di tale tipo societario, il principio fondamentale è che
spetta all’atto costitutivo distribuire le competenze tra soci ed
amministratori213. È previsto tuttavia che alcune materie, data la loro
particolare rilevanza, non possano essere statutariamente sottratte alla
competenza dei soci. Di converso, su espressa richiesta degli
amministratori o di un numero qualificato di soci, qualsiasi materia
può essere sottoposta alla valutazione dei soci stessi, salvo quelle di
213
PATTI, I diritti dei soci e l’assemblea, in Le Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 1.
113
competenza esclusiva dell’organo amministrativo214, di cui all’ ultimo
comma dell’articolo 2475.
Le materie espressamente riservate alle decisioni dei soci sono: 1)
l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili, a cui si è già
accennato; 2) la nomina, se prevista nell’atto costitutivo, degli
amministratori; 3) la nomina nei casi previsti dall’articolo 2477 dei
sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore; 4) le
modificazioni dell’atto costitutivo; 5) la decisione di compiere
operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto
sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione
dei diritti dei soci, salva la possibilità di recesso per i soci dissenzienti.
Anche con riferimento alle ipotesi di competenza inderogabile dei
soci, è rimessa all’autonomia contrattuale la scelta fra le diverse
tecniche con le quali la deliberazione deve essere assunta; il metodo
assembleare non rappresenta, infatti, salvo che per alcune decisioni o
in caso di specifica richiesta da parte degli amministratori o di un
numero di soci che rappresenti un terzo del capitale sociale, l’unica
modalità consentita. L’unico limite in proposito, inderogabile per
evidenti ragioni di certezza, è rappresentato dall’esigenza che siffatte
214
PATTI, (nt. 212), 18.
114
decisioni risultino da atto scritto215. Il voto di ogni socio vale in
proporzione alla sua partecipazione e, salvo disposizione diversa
dell’atto costitutivo, le decisioni vengono prese con la pronuncia
favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del
capitale sociale.
Per le ipotesi in cui lo statuto oppure la legge, con disposizione
derogabile o inderogabile, stabiliscano che il metodo da seguire per
l’adozione di determinate decisioni sia quello assembleare, che
assume pertanto carattere residuale216, l’art. 2479-bis provvede ad una
sostanziale semplificazione delle modalità per la regolare costituzione
dell’assemblea e la valida adozione delle relative deliberazioni;
scompare infatti la distinzione fra assemblea ordinaria e assemblea
straordinaria contenuta nel vecchio articolo 2486.
È così rimessa all’atto costitutivo la determinazione dei modi di
convocazione, con la necessaria precisazione che essi devono
comunque essere in grado di assicurare la tempestiva informazione in
merito agli argomenti da trattare.
Sono da considerarsi di competenza inderogabile dell’assemblea le
materie di cui ai numeri 4) e 5) del secondo comma dell’articolo 2479
215
DE DONNO, art. 2479, (nt. 182), 1089.
216
PATTI, (nt. 212), 19.
115
e in particolare sono da approvare “con il voto favorevole dei soci che
rappresentano almeno la metà del capitale sociale”217.
Così come nella s.p.a., anche nella s.r.l. è prevista la cosiddetta
assemblea totalitaria. Qualora, cioè, senza la preventiva convocazione,
partecipi all’assemblea la totalità del capitale sociale, tutti gli
amministratori ed i sindaci siano presenti o almeno informati della
riunione e nessuno si opponga alla trattazione dell’argomento, la
relativa deliberazione si intende validamente adottata.
Le decisioni possono essere impugnate dai soci che non vi hanno
consentito, nonché da ciascun amministratore e, ove previsto, da
ciascun sindaco, entro novanta giorni della trascrizione di queste nel
libro delle decisioni dei soci. Il tribunale, su espressa richiesta, può
tuttavia ammettere impugnazioni esperite entro, ma non oltre, i
centottantagiorni.
In attuazione dell’ “adattamento delle invalidità [...] alle specifiche
caratteristiche” delle decisioni dei soci, previsto al paragrafo undici
della Relazione di accompagnamento, il termine decorre dalla
trascrizione nel libro dei soci. Ciò in quanto, non essendo sempre
necessaria una riunione, spesso non è individuabile il momento in cui
217
Art. 2479-bis, terzo comma. Le ipotesi di cui ai numeri 4) e 5) riguardano, rispettivamente, la
modifica dell’atto costitutivo e dell’oggetto sociale o di rilevanti diritti dei soci.
116
una determinata deliberazione viene assunta; occorre pertanto fare
riferimento ad un momento diverso.
Se è sparito ogni riferimento formale alla distinzione fra nullità e
annullabilità delle decisioni, è introdotto, in caso di decisioni viziate
da illiceità e impossibilità o assunte in assenza assoluta di
informazione, un termine di impugnabilità di tre anni e l’estensione
della legittimazione a chiunque vi abbia interesse. Sono infine
impugnabili senza limiti di tempo e dalla stessa generalità di soggetti
le decisioni che “modificano l’oggetto sociale prevedendo attività
impossibili o illecite”218. È stato pertanto notato come la disciplina di
questi più gravi casi si avvicini sostanzialmente a quella della nullità,
prevista dal vecchio articolo 2379 precedentemente rinviato219.
2.12. Le modificazioni dell’atto costitutivo.
Il legislatore della riforma ha riscritto l’intera Sezione V, “Delle
modificazioni dell’atto costitutivo”, nell’ottica di garantire una
218
Art. 2479-bis, terzo comma.
219
CIAN, Invalidità e inesistenza delle deliberazioni e delle decisioni dei soci nel nuovo diritto
societario, in Riv. Soc., 2004, 763.
117
maggiore organicità delle norme in materia e di superare i molti rinvii
alla disciplina delle s.p.a.
Le modifiche dell’atto costitutivo sono comunque deliberate
dall’assemblea dei soci secondo le regole dettate all’art. 2479bis. Per
quanto riguarda gli adempimenti successivi alla decisione di
modificazione, l’articolo 2480 rinvia all’articolo 2436, in forza del
quale il verbale dell’assemblea deve essere redatto dal notaio che,
entro trenta giorni, verificato l’adempimento delle condizioni stabilite
dalla legge, ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese
contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni
richieste. L’ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità
formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro.
Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge,
ne dà tempestiva comunicazione agli amministratori comunque entro
il termine di trenta giorni. Questi ultimi, nei trenta giorni successivi,
possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti
oppure ricorrere al Tribunale; in mancanza, la deliberazione è
definitivamente inefficace.
Il Tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla
legge e sentito il pubblico ministero, ordina l’iscrizione della
118
deliberazione di modifica dell’atto costitutivo nel registro delle
imprese con decreto soggetto a reclamo.
3.13 (segue)L’aumento e la riduzione del capitale sociale.
Fra le modificazioni dell’atto costitutivo quelle più dettagliatamente
regolate sono le operazioni sul capitale sociale, cui sono dedicati ben
sette degli otto articoli che costituiscono la Sezione V.
Scompaiono quasi totalmente i numerosi rinvii alle norme della s.p.a.
che caratterizzavano la disciplina precedente salva l’applicazione,
nella misura in cui sia compatibile, dell’articolo 2446, ultimo comma,
richiamato dall’articolo 2482-bis, ultimo comma.
Così, all’articolo 2481, analogamente a quanto disposto per la s.p.a.,
il legislatore della riforma ha previsto che anche nella s.r.l. l’atto
costitutivo possa delegare l’aumento del capitale agli amministratori,
determinandone i limiti e le modalità di esercizio. Tuttavia, a
differenza che nella s.p.a., non è previsto il limite temporale dei
cinque anni. Tale previsione costituisce una novità per le s.r.l. in
quanto, nella disciplina previgente, la possibilità di conferire una
delega agli amministratori per l’aumento del capitale era ammessa
119
solo per le società per azioni. È fatto salvo il divieto di aumento del
capitale sociale se i conferimenti dovuti non siano stati integralmente
eseguiti. Particolarmente rilevante è da considerarsi l’ipotesi di
aumento di capitale a pagamento o “mediante nuovi conferimenti”,
per citare la stessa rubrica dell’articolo 2481-bis, in cui la tutela dei
soci è attuata mediante un elevato grado di procedimentalizzazione220.
Spetta ai soci il diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale in
proporzione alle quote possedute. Qualora l’atto costitutivo lo
preveda, si può procedere all’aumento offrendo la sottoscrizione a
terzi, ma i soci che si sono opposti alla decisione hanno diritto di
recedere ai sensi dell’articolo 2473.
La delibera di aumento del capitale deve prevedere l’eventuale
sovrapprezzo e il termine entro il quale i soci possono esercitare il
diritto di sottoscrizione delle nuove quote, che non può essere in ogni
caso inferiore a trenta giorni. La decisione può inoltre disporre che
vengano offerte ad altri soci o a terzi le quote non sottoscritte; e
qualora l’aumento di capitale non sia integralmente sottoscritto nel
termine previsto, si può aumentare il capitale sociale dell’importo
220
GIANNELLI, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in Giur.
Comm., 2003, I, 783.
120
effettivamente sottoscritto soltanto quando ciò sia espressamente
previsto nella decisione.
Per gli altri aspetti, in particolare in merito alla valutazione dei
conferimenti e alla loro liberazione, anche in caso di società
unipersonale, la disciplina ricalca quella degli articoli 2464 e seguenti.
Quando, invece, l’aumento di capitale sia gratuito, cioè attuato
mediante “passaggio di riserve a capitale” o altri fondi in bilancio,
purché
disponibili,
come
previsto
dall’articolo
2481-ter,
è
espressamente stabilito che le quote dei soci restino invariate.
L’altro tipo di modificazione dell’atto costitutivo specificamente
disciplinato è la riduzione del capitale sociale. Per l’importanza che
riveste quest’ultimo in un modello societario - quello della s.r.l. - che
presenta comunque, dal punto di vista patrimoniale e della
responsabilità limitata il carattere delle società di capitali, e altresì per
prevenire possibili abusi della società nei confronti di alcuni soci e dei
terzi (di cui la conservazione del capitale rappresenta a tutt’oggi la più
forte tutela), la disciplina della riduzione è connotata da un forte
grado di imperatività, con minore riguardo, rispetto ad altri campi,
dell’autonomia statutaria221.
221
GIANNELLI, (nt. 219), 783.
121
La disciplina risulta quindi così articolata: la riduzione del capitale
sociale può avvenire mediante rimborso ai soci delle quote pagate
ovvero mediante liberazione degli stessi dall’obbligo di effettuare i
versamenti dovuti e non ancora compiuti, ma non può comunque
portare il capitale al di sotto del limite minimo di diecimila euro, come
fissato al n. 4 del nuovo art. 2463. Essa può essere attuata solo decorsi
tre mesi dall’iscrizione della relativa decisione nel registro delle
imprese, sempre che i creditori sociali non abbiano proposto
opposizione. L’esecuzione della riduzione del capitale può essere
eseguita nonostante l’opposizione qualora il Tribunale ritenga
infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori o la società presti
un’idonea garanzia. Questo per quanto riguarda la riduzione così detta
volontaria222.
La riduzione può tuttavia essere disposta inderogabilmente dalla legge
ed è quindi obbligatoria quando il capitale sociale è diminuito di oltre
un terzo in conseguenza di perdite. Occorre in tale situazione
distinguere: se il capitale ridotto non scende al disotto del minimo
legale, a norma dell’articolo 2482-bis, gli amministratori convocano
l’assemblea, cui sottopongono una relazione sulla situazione
patrimoniale , con le osservazioni dell’organo di controllo, se previsto.
222
BUONOCORE, (nt. 174), 30.
122
Qualora entro l’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita di
almeno un terzo, l’assemblea delibera la riduzione corrispondente del
capitale sociale. In mancanza, gli amministratori
o i sindaci
riferiscono al tribunale, che provvede alla riduzione con decreto
reclamabile in Corte d’Appello.
Se la perdita provoca una discesa del capitale della società al di sotto
della soglia di diecimila euro, ai sensi dell’articolo 2482-ter, gli
amministratori convocano senza indugio l’assemblea, che delibera la
relativa riduzione del capitale sociale e il contestuale aumento, che lo
riporti sopra al limite legale. In caso contrario si provvede allo
scioglimento o all’eventuale trasformazione della società.
Nell’intento di tutelare i soci da possibili abusi, è fatto salvo, con
l’introduzione dell’articolo 2482-quater, in ogni caso di riduzione, il
divieto di modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti
spettanti ai singoli soci.
123
4 Conclusioni sulla concorrenza fra ordinamenti societari
Sommario: 4.1 Ipotesi di concorrenza fra s.r.l. e private limited
company in Italia. Profili internazionalprivatistici - 4.2 (segue)
Profili sostanziali. I due modelli a confronto
-
4.3
Fra
armonizzazione e concorrenza di modelli societari europei:
entusiasmo e diffidenza
124
4.1 Ipotesi di concorrenza fra s.r.l. e private limited company in Italia
Come si è visto nei precedenti capitoli, la società a responsabilità
limitata italiana e la private limited company inglese presentano
alcune rilevanti caratteristiche comuni. Sono entrambe società di
capitali, con personalità giuridica, che rispondono delle obbligazioni
sociali limitatamente al proprio capitale. Sono, inoltre, modelli studiati
per esercizio in forma associata e con il beneficio della responsabilità
limitata di attività economica di piccola o media dimensione.
Quest’aspetto differenzia s.r.l. e private companies dalle rispettive
“sorelle maggiori”, società per azioni e public companies, rispetto alle
quali presentano una disciplina più agile e flessibile, più attenta alla
figura del socio e all’autonomia statutaria.
Se si può quindi affermare che i due modelli abbiano la stessa
vocazione e lo stesso target, pare lecito chiedersi se, in un regime di
libero mercato europeo e alla luce del diritto di stabilimento, essi
possano farsi concorrenza a vicenda e, in particolare, se possa proporsi
in Italia un caso simile a quelli che si presentarono alla Corte di
Giustizia Europea223, con la costituzione di una private company in
223
Si vedano in merito le pronunce Daily Mail, Centros e Ispire Art, di cui supra in capitolo 1.
125
Inghilterra allo scopo esclusivo di esercitare l’attività di impresa in
Italia.
Questa possibilità non sembra difficile da immaginare. Il Regno Unito
adotta
infatti,
come
criterio
di
collegamento,
la
teoria
dell’incorporazione, che non osta al trasferimento in un altro Stato
dell’oggetto principale dell’attività.
Ciò potrebbe sicuramente avvenire con l’apertura in Italia di una
succursale della private company regolarmente costituita e con sede
legale nel Regno Unito. Sarebbe questa un ipotesi di diritto di
stabilimento secondario la cui esistenza, per il consolidato indirizzo
giurisprudenziale della Corte di Giustizia, non pare in alcun modo
contestabile.
In Italia l’apertura della succursale di una società estera è regolata dal
Capo XI del codice civile. La riforma ha sostituito interamente il capo
avente ad oggetto le società costituite od operanti all’estero,
rubricandolo nuovamente «Delle società costituite all’estero» ed
eliminando le disposizioni degli articoli 2505 e 2509, che
disciplinavano rispettivamente le società costituite all’estero con sede
nel territorio dello Stato e le società costituite nel territorio dello Stato
con attività all’estero.
126
La norma di cui all’art. 2507 è del tutto nuova rispetto alla disciplina
previgente e ribadisce un principio generale del nostro ordinamento:
l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni in tema di società
costituite all’estero dovranno avvenire nel rispetto dei principi
dell’ordinamento delle Comunità Europee.
È tuttavia il seguente articolo 2508 che crea qualche problema di
compatibilità con il diritto comunitario. Esso infatti prescrive per le
succursali di società costituite all’estero una serie di oneri pubblicitari,
diversi ed ulteriori rispetto a quelli disposti per le succursali di società
italiane. La mancata osservanza di tali formalità, stabilisce l’articolo
2509-bis, determina la responsabilità solidale ed illimitata di tutti
coloro che hanno agito in nome della società. Questa misura
sanzionatoria pare tuttavia, se rapportata alla sanzione solo
amministrativa prevista in caso di omissione di oneri pubblicitari della
sede secondaria di una società italiana224, eccessivamente severa e
comunque lesiva del principio di non discriminazione per come è stato
interpretato nelle più recenti pronunce della Corte, cioè nel senso di
224
Così afferma LOMBARDO, (nt. 2), 366. Si veda in merito anche l’articolo 2299 del codice
civile.
127
Innlaendergleichbehandlung e Beschraenkungsverbot225. L’unica
interpretazione del dettato dell’articolo 2508 che sia compatibile con i
“principi dell’ordinamento delle Comunità Europee”226 pare essere
quella secondo cui esso con l’espressione “società costituite
all’estero” non si riferisca a quelle europee, ma alle società costituite
al di fuori dell’Unione Europea, con ciò equiparando, ai fini
dell’articolo in questione, le società comunitarie a quelle italiane227.
Accogliendo questa tesi, si può ritenere che chi voglia registrare la
succursale di una private company in Italia debba adempiere alle
condizioni di cui all’articolo 2299, previste per le società italiane, che
consistono sostanzialmente nell’iscrizione nel registro delle imprese
del luogo ove si stabilisce la sede secondaria di un estratto dell’atto
costitutivo che indichi l’ufficio del registro dove è incorporata le sede
legale e la relativa data di iscrizione.
Tittavia il diritto di stabilimento secondario, non pare essere l’unico
mezzo tramite il quale esercitare con una private company inglese
225
Con i due termini in lingua tedesca ci si riferisce, rispettivamente, al principio di pari
trattamento nazionale e al principio di non limitazione del diritto di stabilimento. Si veda amplius
supra, cap. 1.1, nonché la stessa sentenza Inspire Art, di cui al cap. 1.5.
226
227
Così all’articolo 2507 del codice civile.
In questo senso LOMBARDO, (nt. 2), 367, che aggiunge che l’Undicesima Direttiva del
Consiglio delle Comunità Europee, all’articolo 5, ammetta la possibilità, in caso di più succursali
da registrare sul territorio nazionale, che se ne individui una principale a ui riferire i principali
adempimenti pubblicitari.
128
attività di impresa in Italia. Alla luce della sentenza Ueberseering e
come già visto228, pare di doversi intravedere nell’orientamento della
Corte di Giustizia un sostanziale superamento della distinzione fra
diritto di stabilimento primario e secondario. Ciò in forza di una
maggiore rilevanza della distinzione fra emigrazione (Wegzug) ed
immigrazione (Zuzug) societaria, ove l’ordinamento di origine
potrebbe opporre limitazioni e condizioni al trasferimento di una
società incorporate secondo le proprie norme. Solo in casi del tutto
eccezionali tali limitazioni possono essere poste dallo Stato di
destinazione (Zuzugstaat)229.
Al riguardo si noti come la legislazione del Regno Unito, che adotta la
teoria dell’incorporazione, non sia restrittiva nel concedere alle società
costituite sul proprio territorio la libertà di stabilirsi altrove. L’unica
limitazione al trasferimento della sede reale o amministrativa riguarda
la concessione di un’autorizzazione del Ministero del Tesoro
Britannico, a condizione che la società saldi le proprie obbligazioni
con il fisco.
228
Si veda supra, cap. 1.4.
229
Più approfonditamente si veda supra, cap. 1.5.
129
A questo riguardo l’Italia, alla luce del suddetto principio del paese
d’origine (o kollisionsrechtliches Herkunftslandprinzip230), non pare
nella posizione di poter stabilire particolari ed ulteriori condizioni
volte a limitare il diritto di stabilimento delle private companies, per
come viene loro riconosciuto dallo stesso Wegzugsstaat. Si noti,
peraltro, che nel primo comma dell’articolo 25 della legge 218 del
1995, è contenuto il criterio di collegamento della sede legale, con ciò
ammettendo l’esercizio dell’attività di impresa in Italia a mezzo di una
private company anche senza la necessaria iscrizione di una
succursale. Quanto alla disposizione contenuta nel secondo comma
dell’articolo, che porrebbe un temperamento all’applicabilità della
teoria dell’incorporazione, occorre sottolineare come, in conseguenza
delle più recenti sentenze della Corte di Giustizia e alla teoria della
“costituzione
comunitaria”
da
esse
tracciata,
l’unica
lettura
compatibile con il diritto comunitario presuppone che esso non si
applichi alle società regolarmente costituite in uno Stato membro, se
non in casi eccezionali231.
230
Per l’uso di tale termine, che significa “principio del paese di origine in caso di conflitto fra
norme” si vedano LOMBARDO, (nt. 2), 362, nonché MECHELLI, (nt. 14), 121.
231
L’argomento è trattato in termini più generali e approfonditi supra, capitolo 1.8.
130
4.2 (segue) Profili sostanziali. I due modelli a confronto
Una volta accertato che costituire una società nel Regno Unito allo
scopo di esercitare l’attività in Italia sia effettivamente possibile,
seppur alle condizioni di cui al paragrafo precedente, può essere di
qualche interesse chiedersi se e in che misura questa scelta sia anche
conveniente.
A tal fine si procederà ora ad un breve ed allusivo confronto di alcuni
degli aspetti che maggiormente contribuiscono a differenziare le
private companies dalle s.r.l., rendendo possibile una concorrenza fra i
due modelli societari.
Una prima considerazione al riguardo si riferisce a quello che è
l’adempimento iniziale a cui deve fare fronte un operatore economico
che intenda esercitare un’attività di impresa in forma associata: il
procedimento costitutivo della società. Non si può non rilevare come
la costituzione della private company sia caratterizzata da una
maggiore semplicità rispetto a quella della s.r.l. Nella private company
è sufficiente che dopo la promozione un avvocato (sollicitor) collabori
alla redazione dell’atto costitutivo e dello statuto e depositi una
dichiarazione che ne attesti la conformità ai modelli prestabiliti dalla
legge presso il registro delle imprese che, verificato l’adempimento
131
delle condizioni prescritte, procede all’iscrizione della società. E’
tuttavia prevista una modalità alternativa, studiata appositamente per
rendere meno oneroso il procedimento costitutivo di società di
modeste dimensioni. In questo caso i promoters si affidano alla
consulenza economico-legale di apposite “shelf-companies” che
sostituiscono il sollicitor nell’assistenza alla redazione dei documenti.
A tale scopo la legge consente che la dichiarazione di conformità di
atto costitutivo e statuto ai moduli indicati dal Companies Act sia
effettuata da un amministratore o dal segretario della società232,
permettendo alla società costituenda un risparmio sulle spese
dell’avvocato.
In Italia il procedimento di costituzione è indubbiamente più oneroso.
Basti il fatto che la stipula dell’atto costitutivo, ai fini della
registrazione della società, debba rivestire la forma di atto pubblico
innanzi al notaio, che verifica l’adempimento dei requisiti formali e
sostanziali per il deposito degli atti nell’ufficio del registro. Si noti per
altro come con la riforma, in attuazione del principio di
semplificazione del procedimento di costituzione enunciato dalla
stessa legge delega, sia stato definitivamente abolito l’onere di
omologazione giudiziale dell’atto costitutivo, in corrispondenza a
232
In merito si veda amplius supra, capitolo 3.2.
132
quanto già previsto in via provvisoria dall’articolo 32 della legge n.
340 del 24. 11. 2000.
Le differenze più rilevanti fra private companies e s.r.l. riguardano,
tuttavia, la disciplina del capitale sociale. Alla rigida e dettagliata
regolamentazione che tradizionalmente caratterizza la società a
responsabilità limitata in questo settore, in virtù della sua
appartenenza al modello di società di capitali, si contrappone la quasi
totale assenza di normativa della private company.
Tale evidente distacco si basa sulla diversa rappresentazione che i due
ordinamenti hanno dei concetti di responsabilità limitata e tutela dei
terzi. Se in Italia essi sono strettamente legati alla consistenza e al
mantenimento del capitale sociale, in Inghilterra si ritiene che, almeno
per quanto riguarda la piccola e media impresa possano esistere altri
mezzi di tutela dei terzi, diversi dalla previsione di un capitale
minimo, che siano tuttavia conciliabili con la responsabilità limitata233.
Si tratta, per lo più, di oneri pubblicitari e di gestione e controllo
connessi con significativi poteri del giudice, che può spingersi fino a
dichiarare lo scioglimento coattivo della società in caso di
malfunzionamento234.
233
Dello stesso avviso pare essere la Corte di Giustizia Europea. Si vedano in merito le sentenze
Centros, supra, capitolo 1.3 e Inspire Art, capitolo 1.5.
234
In questo senso MUCCIARELLI, (nt. 10), 576.
133
Così, più specificamente, se il capitale minimo della s.r.l. è di
diecimila euro, che devono essere interamente sottoscritti al momento
della costituzione e liberati per almeno il venticinque per cento del
loro ammontare, nella private company non è previsto alcun capitale
minimo, né la liberazione di quello eventualmente sottoscritto.
Occorre tuttavia rilevare come con la riforma del 2003 si sia prevista
la possibilità di stipulare un’apposita polizza di assicurazione o di
fideiussione bancaria a garanzia del capitale, che ne sostituisca la
relativa liberazione235. Ciò dovrebbe segnare un alleggerimento degli
oneri
di
costituzione,
in
linea
con
la
già
menzionata
“personalizzazione” della s.r.l., che renda tale modello più adatto alle
esigenze della piccola impresa.
Anche in materia di conferimenti la disciplina della private company
si presenta più semplice e permissiva: si afferma che ai conferimenti
in natura debba essere attribuito il loro valore reale, ma non è previsto
nessun tipo di controllo o certificazione che lo verifichi ed attesti. Con
ciò risultando ben possibile, come già notato, una sostanziale
separazione fra valore del conferimento e quantificazione della
corrispondente quota di partecipazione.
235
Si veda l’articolo 2464, quarto comma.
134
Nella s.r.l. è invece richiesta la relazione giurata di un esperto o di una
società di revisione iscritti nell’apposito registro. Anche a questo
riguardo la riforma ha segnato una semplificazione del procedimento
di valutazione. Nella disciplina previgente, infatti, era richiesta la
relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale. Un ulteriore
passo avanti è stato compiuto, con il decreto legislativo n. 6/2003, con
la previsione della possibilità di attribuire quote di partecipazione
svincolate
dall’ammontare
dei
conferimenti,
ai
fini
della
partecipazione agli utili o alla gestione sociale.
Sempre con riguardo al capitale sociale occorre rilevare un’altra
grande differenza fra i due modelli. Esso, nelle private companies,
può essere rappresentato da azioni ed obbligazioni, mentre alle s.r.l. di
ciò è fatto espresso divieto. L’unica eccezione, anch’essa introdotta
con la riforma, si riferisce alla possibilità di emettere titoli di debito a
istituti specificamente autorizzati e con una serie di cautele. È tuttavia
espressamente precluso, anche per le private companies, l’accesso al
mercato finanziario. Nella sostanza, pertanto, la distinzione fra quote
sociali ed azioni non pare di grande rilevanza, essendo in principio
entrambe liberamente trasferibili, salva la possibilità statutaria di
limitarne o sottoporne ad approvazione la circolazione.
135
Di maggior interesse è invece la disciplina delle operazioni sul proprio
capitale, in particolare per quanto riguarda l’acquisto o il riscatto di
proprie azioni e la concessione di assistenza finanziaria finalizzata al
loro acquisto. Esse consentono di gestire in maniera più semplice ed
incisiva la collocazione e la vendita delle quote, nonché una più agile
e provvisoria riduzione del capitale sociale, quando la società avesse
bisogno di liquidità. Se alla private company tali operazioni sono
consentite anche se contornate delle cautele già esaminate236, alla s.r.l.
esse sono espressamente vietate.
Un ultimo aspetto a cui pare utile accennare è quello relativo alla
revisione dei conti. Se la private company ha una disciplina molto
permissiva in materia di capitale sociale, altrettanto non si può dire del
controllo sui conti. La tutela dei terzi, che nel nostro ordinamento è
incentrata sulla effettività e conservazione del capitale sociale, nel
modello societario inglese è basata sul legittimo affidamento nella
correttezza e veridicità dei documenti contabili pubblicati dalla
società. A tal fine è prevista una verifica annuale dei conti a mezzo di
un revisore esterno ed indipendente. Ne sono escluse solo le private
companies che non esercitino alcuna attività economica o che abbiano
un volume d’affari annuo inferiore alle 90.000 sterline e uno stato
236
Supra, capitolo 2.7
136
economico annuo che non superi gli 1,4 milioni. Rispetto a tale
disciplina pare meno stringente quella prevista per le s.r.l., che
prescrive la presenza obbligatoria del collegio sindacale, cioè di un
organo di controllo interno alla società, solo quando esse abbiano un
capitale nominale superiore 120.000 euro o, per due esercizi
consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti: 1) totale
dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 3.125.000 euro; 2)
ricavi delle vendite e delle prestazioni non inferiori a 6.250.000 euro;
3) dipendenti medeiamente occupati durante l’esercizio eccedenti le
50 unità. Tali limiti dimensionali paiono comunque più ampi di quelli
dettati per la private company e anche nel caso di un superamento di
due di essi per due esercizi consecutivi la procedura di controllo,
essendo interna alla società, dovrebbe risultare meno onerosa di quella
prevista dall’ordinamento inglese.
Tirando le somme sembra di poter sostenere che, in particolare per
società di modeste dimensioni o a base familiare, il modello di private
company sia più allettante. La permissività in tema di capitale e
conferimenti, legata ad un procedimento costitutivo complessivamente
meno, nonché all’esenzione dall’obbligo di revisione contabile,
prevista per le società che rientrano nel prescritto limite dimensionale,
costituisce indubbiamente un forte incentivo per chi volesse iniziare
137
un’attività di impresa usufruendo del beneficio della responsabilità
limitata, pur senza disporre di cospicue risorse da investire.
Un discorso parzialmente diverso si può fare con riferimento a chi
intenda esercitare un attività che presupponga un’organizzazione
aziendale di una qualche consistenza, o comunque con mezzi più
rilevanti. A questo proposito si deve riconoscere che la disciplina della
s.r.l. nostrana, grazie alle rilevanti novità introdotte, sembra mostrare
una sufficiente flessibilità e agilità. La riforma, in tal senso ha
senz’altro contribuito, alleggerendone la disciplina, a rendere il
modello di società a responsabilità limitata più concorrenziale.
4.3 Fra armonizzazione e concorrenza di modelli societari europei:
entusiasmo e diffidenza
Alla luce della libertà di stabilimento e sulla scorta dell’ipotesi
concreta di concorrenza di cui ai precedenti paragrafi, possiamo ora
soffermarci su alcune considerazioni più generali in tema di
concorrenza fra modelli societari europei. Occorre innanzitutto
138
rilevare come, a partire dal caso Centros, la dottrina si sia misurata
con l’argomento in esame, giungendo a posizioni molto diverse fra
loro.
Le prime reazioni furono diffidenti, si intravedeva nella pronuncia
della Corte di Giustizia la concessione di uno sfrenato potere di scelta,
ai fini della costituzione di una società, della disciplina legislativa
meno rigorosa, con una cosiddetta race to the bottom o race for
laxity237. Lo spunto per tale argomentazione veniva tratto dal caso
Delaware, negli Stati Uniti, ove la mobilità delle società aveva
causato una concorrenza al ribasso, fra gli Stati federali, delle norme
che regolavano costituzione e funzionamento societari238.
L’opinione diametralmente opposta considera come race to the top il
fenomeno avvenuto nel Delaware. Basandosi su una concezione
economica del diritto, essa ritiene che con la liberalizzazione del
mercato vi sia una naturale ricerca, da parte degli operatori
dell’ordinamento che consenta la collocazione più efficiente e agevole
237
Si confronti in questo senso MUCCIARELLI, (nt. 10), 579, che vede un potenziale pregiudizio
nella competizione fra ordinamenti societari, in quanto affidata al paese di origine, che sarebbe
impossibilitato e avrebbe altresì poco interesse alla tutela, fuori dai propri confini, dei terzi e dei
creditori attuali o potenziali della società, pur incorporata secondo la sua stessa legge.
238
Per un’approfondita trattazione del caso , con riferimenti alla situazione europea, si veda il
recente contributo di DRURY, The “Delaware Sindrome”: European Fears and Reactions, in
J.B.L., 2005, n. di Novembre, 709 e ss.
139
delle risorse239. La concorrenza fra modelli societari viene pertanto
auspicata non soltanto per ciò che riguarda le piccole imprese, di cui
alle sentenze della Corte, ma a fortiori, come avviene negli Stati Uniti,
anche per le grandi società a diffusa base azionaria. Queste
consentirebbero flussi giuridici di maggiori dimensioni, da cui gli
ordinamenti trarrebbero ancor più giovamento in termini di efficienza
economica. A tal fine un’armonizzazione del diritto societario
sostanziale, ai sensi dell’articolo 44, comma secondo del Trattato,
parrebbe indesiderabile, in quanto lesiva della libera concorrenza fra
ordinamenti societari240.
Una maggiore armonizzazione viene tuttavia auspicata dalla terza
corrente di pensiero, che si potrebbe definire intermedia. I suoi
sostenitori ritengono che la concorrenza possa, tutto sommato, sortire
effetti positivi sul libero mercato, ma che questi non riguardino tutti i
settori della disciplina. Occorre infatti distinguere in base agli interessi
coinvolti, che sono ben diversi, ad esempio, per operatori giuridici e
imprenditori, per gli stessi Stati e per gli altri soggetti che siano per
239
In questo senso si veda amplius, LOMBARDO, (nt. 53), 17; nonché, più succintamente
DRURY, (nt. 238), 741.
240
Anche a questo riguardo si veda LOMBARDO, (nt. 53), 18.
140
qualche motivo in rapporto con la società241. Alcuni di questi interessi,
ed in particolare quelli di cui alla categoria di soggetti per ultima
menzionata, non potrebbero essere validamente tutelati dal libero
mercato e necessiterebbero pertanto di una disciplina uniforme che
ponesse un livello minimo comune a tutti i Paesi (level playing
field)242.
Tale soluzione pare la più equilibrata. Non schierandosi su posizioni
eccessivamente rigide ed anacronistiche, volte a stigmatizzare o
addirittura a negare un fenomeno già in atto e che non sembra
realistico né conveniente arrestare, essa propone un punto di vista di
compromesso fra le esigenze economiche di libero mercato e quelle di
tutela dei soggetti meritevoli di protezione. Si delinea pertanto una
linea non distante dalla “terza via”, che mira innanzitutto al
raggiungimento del benessere sociale della collettività con i mezzi
propri del capitalismo243.
241
Questi soggetti, fra cui figurano fra gli altri i dipendenti, fornitori, consulenti nonché la
collettività intera, sono definiti da BRUNO, (nt. 97), 930, “stakeholders”. Usa lo stesso termine
BENEDETTELLI, (nt. 90), 722.
242
In questo senso MUNARI, TERRILE, (nt. 14), 2, in nota; nonché BENEDETTELLI, (nt. 90),
722.
243
Si veda in merito BRUNO, (nt. 97), 930.
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