Parigi Brest Parigi

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Parigi Brest Parigi
La Paris - Brest- Paris di Andrea
21-28 agosto 2011
Lo spazio, la distanza, il tempo sono illusioni - illusioni
all'interno delle quali l'uomo tenta di andare alla ricerca di
sè stesso. E questa ricerca del sè, della consapevolezza
dei propri limiti e del cercare di "andare oltre", tutto ciò si
può vivere con una compagna che diventa piano piano
parte integrante della tua sfida più importante: la
bicicletta.
Chiacchierando con un amico, vengo a conoscenza di
questa gara apprezzata, agognata da tutti i ciclisti del
mondo. E' definita la regina, la veterana delle randonnée, la
prima edizione risale al 1891... 1248 km da percorrere... in
sole 90 ore (siiii, solo 90 ore!).
…1248 km che diventano il racconto di una vita.
Scherzando, prima della partenza, ci si diceva che la Parigi- Brest- Parigi è solo per ciclisti che
macinano chilometri su chilometri; in realtà non è così perchè con il gioco e la determinazione
si può fare tutto (o quasi...).
Le pre-qualificazioni
La 200 km: eccoci alla partenza della prima gara di qualificazione. La preparazione è stata scarsa:
solo 2/3 uscite da cento chilometri ciascuna perchè il freddo di gennaio morsicava i polpacci e
toglieva il respiro. Ai tempi, una mitica compagna: la Tacconi gialla dai cerchioni rossi, acquistata
pochi mesi prima. Sento dentro la voglia di giocare e le gambe vanno da sole. Sudore, fatica,
sofferenza… tutto cancellato all'arrivo! Sono stremato ma cosciente dell'arricchimento
ricevuto.
La 300 km: anche questa gara in compagnia della Tacconi gialla. Alla fine di questa impresa c'è
stato, per la prima volta, il desiderio di abbandonare tutto perchè le gare si svolgevano su strade
trafficate, rumorose (e pericolose) e non in mezzo alla natura.
Ciò che ti avvolge mentre pedali fa la differenza, per me, almeno.
Dopo la 300 km, la svolta. Scopro che, se avessi bucato con la Tacconi gialla, non avrei potuto
cambiare le camere d'aria! Ridicolo ma è cosi. Mi ritrovo
quindi davanti a vetrina, sedotto da quella che sarebbe stata la
mia nuova compagna d'avventura: una Cervelo.
Eh si, dopo le prime due gare, mi convinco sempre più che la
bici avrebbe fatto la differenza: non avendo una preparazione
atletica, montare una due ruote in grado di macinare
facilmente chilometri su chilometri, mi avrebbe certamente, di
fatto, facilitato l'impresa. E, infatti, le prime uscite con la
Cervelo mi hanno subito entusiasmato: poche pedalate e la
strada scompariva come per magia alle mie spalle.
La 400 km è scivolata via placida in 24 ore su strade abbastanza pianeggianti, mentre la vera
prova è sicuramente stata la 600 km, sia per l'itinerario tecnicamente difficile (Milano,
Varazze, Cuneo, Torino, Milano), sia per la necessità di dover dormire lungo il percorso.
Ma ecco che mi ritrovo a pochi minuti dalla chiusura del cancello d'arrivo, supero
vittoriosamente anche questa ultima selezione e...
...le porte della Parigi-Brest-Parigi si spalancano davanti ai miei occhi stanchi e assonnati.
Parigi – Brest – Parigi
L'attesa
Dopo aver ricevuto l'ok a partecipare da parte degli organizzatori, due mesi mi separano alla
fatidica data. Sono stanco e trascorro i mesi estivi facendo giri turistici brevi — 30/50 km — per
conservare le forze per quella performance che avrebbe cambiato il mio futuro. Una dieta
energizzante — a base di cereali, proteine, alghe, integratori come la spirulina e l'euterococco
(oltre a vino e birra!) - è stata fondamentale per sostenere uno sforzo fisico così prolungato. E
agosto scivola via ma ...il pensiero è sempre rivolto là, alla partenza.
"Oh Franco, tu che sei stato l'ispiratore di questa impresa, mi dispiace tu debba
rinunicarvi. Accetto il tuo invito e quello di tua moglie Claudia ad accompagnarmi con
il tuo camper, sarai il mio importante massaggiatore, il mio fidato cuoco, il mio coach.
Il tuo sguardo amico mi sarà di conforto"
La gara
Ore 19.30 del 28/08/2011: aspettiamo tutti insieme, sulla gradinata, lo start.
Si parte in gruppi... Eccomi in prima
linea. Pronti, via!!
Mi imbatto nella prima difficoltà: la partenza é in
salita...com’è difficile agganciare la pedivella!!
Gli altri ciclisti mi sollecitano ad andare ma
preferisco aspettare che tutti si portino avanti per
ritentare l'aggancio.
Ci siamo, sono in marcia.
La notte scorre tranquilla, l’alba sale puntuale ma porta con sè la pioggia. E che pioggia! Il mio
entusiamo per la prima volta vacilla, non riesco a capacitarmi che i prossimi 800 km potrebbero
essere tutti così: sotto l’acqua, acqua che diventa compagna implacabile per il tutto il secondo
giorno. Le persone, lungo i bordi delle strade, fanno il tifo, ci incintano ma, mano a mano, si
diradano. Mi rendo conto di essere troppo lento, le pedalate sono fiacche, il tracciato è un
continuo sali-scendi, le salite mi spezzano le gambe, l’acqua e il freddo sono sfiancanti. Non mi
resta che accorciare i tempi di pausa.
La seconda notte mi accoglie bagnato e affamato; finalmente sono al riparo, al caldo, sotto le
sapienti mani di Franco che mi massaggia muscoli resi quasi insensibili dalla fatica. Il tepore
rilassa il corpo, le palbebre dolorosamente si chiudono. Purtroppo, dopo un’ora appena, il coach
mi inviata a ripartire. L’uscita dal camper è uno choc – la musica degli ingraggi delle bici
rompe il silenzio della nebbia. Scorgo i volti distrutti degli altri ciclisti attraverso le gocce di
pioggia. Riesco a rimontare in sella solo perchè mi sento parte di una grande storia, una storia
che io, e solo io, ho deciso di voler vivere. Fino in fondo.
Un’altra salita mi aspetta: meglio, così mi scaldo subito.
L’ennessimo viaggio verso le nuvole, dentro le nuvole, e arrivo a Brest. La città abbraccia e
coccola ciclisti stanchi e affamati. Con il coach, prima della partenza, si fantasticava di ostriche
bretoni annaffiate di birra...ma non c’è tempo. Parigi attende impaziente. C’è solo l’istante,
dilatato nei luoghi remoti dell’anima, per gustare questo primo traguardo. C’è l’incrocio di
sguardi, sconosciuti ma noti, di chi sta arrivando e di chi sta ripartendo.
Pedalo. Pedalo.
Il corpo sembra appartenere a qualcun altro, diventa insensibile al dolore, la mente si svuota.
Mi sento come in un bozzolo: il non parlare lingue straniere mi isola dal resto del mondo.
Pedalo. Pedalo. In una sorte di trance agonistica.
Il buio della terza notte e la pioggia incessante annientano i contorni del mondo. Mi fermo,
riparto. Ma mi accorgo, dopo un po’ di strada, che non ho indossato il giubotto... e così, per non
rischiare la penalità, pedalo nascondendomi dietro gli alberi. Il bosco di castagni, un rumore.
Panico. Ho forato.
Nessuno si ferma, ciascuno è troppo concentrato su sè stesso per riuscire a vedermi. Alla fine
mi aiuta un tedesco che, in un attimo, stupito, riporta tutto alla normalità. Ma la gomma si
sgonfia nuovamente. Affranto, mi accuccio per dormire sotto un portone, ed è lì che compare
un mano italiana, amica, con una preziosa pompa che rimette in pista me e la mia bici. Un
caffè, gratis perchè siamo bagnati, per triturare altri 600 km.
Un’altra alba francese, la terza:sono le 5 del mattino e io non ce la faccio più. Non ce la faccio
più…
Inizio a cantare.
Mi attende l’ultimo ristoro. Gente che dorme ovunque,
per terra, sui tavoli. Volti stravolti dalla fatica, dalla
stanchezza, dalle lacrime. Gente che si arrende gente
che non molla. Franco e sua moglie Claudia, mi
preparano una colazione abbondante e mi lanciano, mi
incitano verso gli ultimi 50 km. Continuo a cantare, le
note mi portano in altri mondi e il traguardo si
avvicina.
Parigi attende, Parigi acclama, applaude i suoi ciclisti.
Parigi abbraccia chiunque arriva alla meta. Ed io... io..
Sono così felice di scendere dalla bici e di chiudere in
... 88 ore!
Dedicata a chi ha voglia di giocare e di prendere la vita con leggerezza
Andrea