Da L`Espresso n.19 - 13 Maggio 2005 40 anni da Jovanotti Ci sono

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Da L`Espresso n.19 - 13 Maggio 2005 40 anni da Jovanotti Ci sono
Da L'Espresso n.19 - 13 Maggio 2005
40 anni da Jovanotti
Un nuovo album, “Buon Sangue”, e tante nuove energie. Fra hip hop
e il papa. Lo zen e Berlusconi. L’humor e “Kill Bill”. La pittura
e Petrarca. Ecco Lorenzo 2005
Colloquio con Lorenzo Jovanotti di Alberto Dentice
Ci sono popstar che vanno di moda per un po’. Altre capaci
di interpretare il proprio tempo con un’altra profondità e
di esercitare un’influenza che va oltre la zona effimera
della musica pop. Lorenzo Jovanotti appartiene a questa
seconda specie. Dietro la simpatia, la leggerezza e
l’energia contagiosa di questo giovanotto di 39 anni, c’è
un artista che non ha mai smesso di interrogarsi sul mondo
in cui vive e di manifestare le proprie opinioni. Il nuovo
album, titolo “Buon Sangue” (in uscita il 13 maggio) non
sfugge alla regola. Anzi, si ha l’impressione che
rappresenti una evoluzione ulteriore del vecchio “Pensiero
positivo”. Il nuovo lavoro (2 cd più un libretto) è
illustrato da tavole che lui stesso ha disegnato e nelle
quali ha riversato l’immaginifico bagaglio di letture,
viaggi, miti e fantasie erotiche che popolano la sua mente
di artista. Abbiamo incontrato Jovanotti a Udine, dove era
ospite del Premio Terzani, in ricordo del grande
giornalista socmparso lo scorso anno.
Oltre alla passione per l’Oriente e i viaggi, cosa la univa
a Tiziano Terzani ?
Per scrivere “Salvami” mi ero ispirato alla polemica
esplosa fra Terzani e Oriana Falalci sul “Corriere”. Mesi
dopo ricevo una copia del suo “Lettere contro la guerra”
accompagnato da una dedica: “Per la reciproca ispirazione”.
Nel libro, Tiziano citava la mia canzone. Siamo diventati
amici così e lo siamo restati fino alla fine.
A proposito di “Salvami”. Per presentare la sua canzone,
nel 2002, lei si impegnò in una maratona tv senza
precedenti (30 trasmissioni in sette giorni) per poi
finire infilzato dagli strali della stampa. Dagli sbagli si
impara sempre qualcosa ?
Per me è stato un grande workshop sulla tv e sulla
comunicazione. Ma anche una battaglia persa. Ho dovuto
riprendermi, serrare le fila e ricominciare. Ho capito che
la solidarietà è un grande trucco della tv per coprire con
una foglia di fico l’inattività della politica. Gli
ospedali in Sierra Leone, le scuole in Mali, i pozzi nel
deserto vanno costruiti dalla politica, non con le collette
dei cittadini. Questo penso sia importante far sapere.
Cosa ne è stato della campagna per la cancellazione del
debito “Jubilee 200” da lei intrapresa insieme a Bono ?
Nel 2000, il governo D’Alema impostò una legge molto buona,
peccato che in seguito il governo Berlusconi l’abbia
bloccata. Di fatto la questione del debito è insolubile. Si
tratterebbe di fare un gesto coraggioso, piuttosto che
seguire le logiche della politica interna. La politica
internazionale è importantissima e un segnale potrebbe far
battere i cuori a molta gente.
Che opinione si è fatto del governo Berlusconi ?
Beh, intanto vedo che di Berlusconi già si parla al
passato. E questo è un buon segno. Quanto ai danni penso
che più di Berlusconi ne abbia fatti il berlusconismo:
inteso come ideale della vita tra Arcore e Porto Cervo,
quella visione del mondo squallida e al tempo stesso
patinata. Quindi sono fiducioso. L’Italia è in paese forte,
un paese che nasce dalla Resistenza e quando occorre sa
mobilitarsi. I danni più gravi sono quelli inferti
all’immaginario collettivo. Anche la sinistra sembra un po’
berlusconizzata. Questo è il problema. Ma resto ottimista.
Ad esempio, sui giovani il messaggio di Berlusconi non ha
attecchito.
E di papa Ratzinger che ne pensa ? Il suo disco è un inno
al relativismo culturale…
Non deve stupire che un papa combatta il relativismo
culturale. È il suo mestiere. Mi preoccupano semmai i
relativisti che si lasciano influenzare. E poi se ci
pensate non c’è un libro più relativista della “Bibbia”.
Succede di tutto: scopate, adulteri, omicidi. Le parole di
Ratzinger comunque fanno pensare. Per esempio quando dice
che non bisogna confondere il pensiero debole con il
relativismo. Il primo è un’infatuazione della sinistra.
Relativismo invece significa pensare che ci possano essere
tante verità. Che il nostro vicino, non importa se
musulmano, animista o cinese, possa insegnarci veramente
qualcosa e noi a lui.
Rispetto agli ultimi dischi, “Buon Sangue” è molto poco
etnico. Come mai ?
Non volevo schiacciarlo in un definito contesto culturale.
Il fatto di non fornire appigli, punti di riferimento, mi
sembra sia una via alla modernità, la stessa che trovo nel
cinema che mi piace.
Ad esempio ?
“Kill Bill”: è stata la grande fonte di ispirazione
dell’album. Quello di Tarantino cos’è: un film violento,
d’amore, di cappa e spada, di citazioni, un manga
giapponese ? Non si sa. E questa è la modernità. Una
situazione estremamente eccitante per un artista. Per un
politico magari lo è meno. Ma io faccio dischi. Il mio è un
punto di vista privilegiato. In tutti i sensi. So bene che
ci sono tante persone che fanno fatica ad arrivare alla
fine del mese. E che sono sempre di più, anche se i tg se
ne occupano poco e la pubblicità li ignora.
“Buon Sangue”, come mai questo titolo ?
La casa discografica non era d’accordo. Per me invece è un
bellissimo titolo pop. Quella che in arte considero la più
importante eredità del Novecento, una cultura che
carnevalizza i suoi simboli.
Nei crediti di “Tanto”, la prima canzone dell’album, ci
sono i ringraziamenti al Petrarca, “ti devo una strofa”:
cosa significa ?
Ho scoperto, recentemente una lettera del Petrarca a un suo
amico. Mi ha colpito trovare le stesse domande che, a
distanza di 650 anni, mi pongo io: “Cosa stai facendo ?
Lavoro. Cosa cerchi ? L’oro. Dove ti trovi ? in Italia.
Qual è il tuo aspetto ? Meno sereno di un tempo, ma non
stanco”.
Sembra di capire che il “Pensiero positivo” è solo un
ricordo. Questione di età ?
Perché ? questo è il mio “Penso positivo” 2005. Se
scrivessi ancora una canzone così sarei un cretino. Le
librerie sono piene di libri new age con titoli simili.
E che ci dice della sua musica ?
Le canzoni dell’album non sono costruite come
sceneggiature. Questa è una magia che non ho, faccio fatica
a scrivere canzoni alla De Gregori o alla De André. Io ho
una cultura visiva, vengo dal rap. Il rap non racconta
nulla; è un frullatore in cui tutto si mischia:
autocelebrazione, cronaca, frammenti di altre canzoni. È la
forza dell’hip hop, un genere che risponde perfettamente ai
paradigmi del post-moderno.
L’album esce a ridosso di una scadenza importante: il
referendum sulla fecondazione assistita. Ha già deciso come
votare ?
Quella dell’astensione proposta dal cardinale Ruini mi
sembra una cretinata. Perciò andrò a votare. Probabilmente
per il sì. Ma non me la sento di dare un’indicazione.
Voglio prima informarmi meglio.
La canzone chiave di questo album ?
“Mi fido di te”. Ormai non ci si fida più di niente e di
nessuno. Del nostro vicino di casa, della banca, della
maestra, dei politici. Il testo dice: “Mi fido di te, cosa
sei disposto a perdere?”. È questa la grande domanda che ci
dobbiamo porre. Non cosa siamo disposti a conquistare, ma
cosa siamo disposti a perdere, per fare un salto evolutivo.
Intende dire lasciare le vecchie certezze ?
Le certezze non mi interesano, mi interessano le
possibilità. Alla mia età bisogna essere pronti a capire
cosa succede attorno e dentro di te, disponibili a capire
l’unica realtà, quella del cambiamento. Stabilità la
promettono i politici. Io a chi mi ascolta devo promettere
mobilità, mutamento, imprevedibilità, disordine. Le sole
condizioni in cui possono accadere le cose.
Il buon sangue rende il pensiero positivo
“Pensiero positivo”, una volta era questo il motto di
Lorenzo. Acqua passata. Il nuovo disco invece si intitola
“Buon Sangue” e parla di “pensiero evolutivo” come ha
ricamato con il solito acume, in un suo scritto Franco
Bolelli. Nel senso che Jovanotti esplora e racconta ogni
cosa da talmente tanti e diversi punti di vista da indurre
nell’ascoltatore una salutare ebrezza relativista. Le sue
canzoni, che vere e proprie canzoni non sono (“La canzone è
morta”, dice), quanto piuttosto uno streaming in cui
confluiscono rime da provetto stornellatore e strutture
ritmiche dell’hip hop, comunicano una energia e una
vitalità contagiose. Poiché è chiaro che Lorenzo è arrivato
come un saggio zen a considerare la vita come un tutto,
lato A e lato B. E che non intende dare giudizi sul mondo.
Lui semplicemente si disordina, concedendosi un rigenerante
bagno nel caos e intrecciando in libertà giochi di parole,
che sono figli di una consapevolezza nuova. La stessa che
traspare dai suoi disegni in cui convivono come in un
colorato ologramma, sacerdotesse voodoo e guardie svizzere,
Ulisse e la Venere di Botticelli , mitologia classica e
racconti africani. In questo senso “ Buon Sangue” è
un’opera taoista, piena di canzoni che sfidano con humor e
leggerezza le contraddizioni e i luoghi comuni della nostra
epoca. Esemplari in questo senso “Falla Girare” e MI fido
di te” (la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di
volare). Come pure la traccia fantasma intitolata “Buon
sangue”, proprio come l’album: un brano di 12 minuti che
mescola impressioni ed esperienze apparentemente sconnesse
per ricomporle in un flusso vitale e in passo di danza.