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L’impatto dell’Unione europea
e degli organismi
internazionali:
normativa e giurisprudenza
di Marina Caporale*
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Il presente contributo offre una panoramica di casi e di materiali tesi a documentare l’influenza del sistema comunitario e internazionale sulla PA italiana,
offrendo una analisi, più che di un dato di carattere puramente normativo, di una
serie di strumenti, di iniziative, che sembrano connotare un vero e proprio metodo di lavoro da cui ormai non si può prescindere in virtù della costante contaminazione tra ordinamenti diversi1.
1. Principi “costituzionali” europei di buona amministrazione
Le cooperazione tra pubbliche amministrazioni in ambito comunitario si è evidentemente rafforzata nel corso del tempo, come ovvia conseguenza del ravvicinamento delle legislazioni nei settori di competenza delle Comunità europee.
Tuttavia, quello che qui si intende documentare è, più che un dato di carattere
puramente normativo – in altri capitoli di questo Rapporto attentamente ricostruito – una serie di strumenti, di iniziative, che sembrano connotare un vero e
proprio metodo di lavoro da cui ormai non si può prescindere in virtù della
costante contaminazione tra ordinamenti diversi. Tale metodo infatti è reso evidente anche da una serie di iniziative che prescindono dalla puntuale previsione
di norme primarie, come ad esempio l’adozione (Uppsala, 2001) da parte dei
Direttori Generali responsabili per la Pubblica Amministrazione di un Programma
a Medio Termine per la Cooperazione tra le Pubbliche Amministrazioni, che propone un passaggio dalle forme di scambio, esperienze e best practice fra le
Pubbliche Amministrazioni degli Stati Membri allo sviluppo di attività e di strumenti comuni in determinate aree.
Con le parole di Mario Monti potremmo quindi dire:
“La cooperazione fra amministrazioni pubbliche è indispensabile a perseguire
gli obiettivi dell’Unione, poiché molto dipende dal buon funzionamento di un
sistema integrato fra amministrazioni. Diverse disposizioni inserite nel trattato di
*
1
Dottore di ricerca in Diritto europeo e comparato dell’impresa e del mercato, Università G.
D’Annunzio di Chieti - Pescara; Avvocato.
In particolare questo contributo è da leggersi in rapporto al capitolo a cura del prof. Mario Pilade
Chiti contenuto nel Volume I.1 di questa ricerca, Giannini-Formez, II fase, “Innovazione amministrativa e crescita”.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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Amsterdam prevedono che la cooperazione amministrativa venga organizzata in
modo informale a tre livelli: a quello politico (Ministri), a quello manageriale
(Direttori Generali) e a quello tecnico, con gruppi di lavoro. Le priorità che sono
state identificate sono: la modernizzazione del servizio pubblico attraverso lo
scambio delle pratiche migliori e del confronto (benchmarking); lo sviluppo dell’informatizzazione; la promozione della mobilità transfrontaliera dei funzionari;
la formazione dei funzionari nazionali sulle materie comunitarie; il dialogo
sociale a livello comunitario e infine il miglioramento della qualità della normativa. Sono stati così avviati tutta una serie di programmi e progetti congiunti”2.
Permane la validità della distinzione tra incidenza diretta e indiretta del diritto comunitario nel determinare riforme isituzionali negli stati membri: la prima
riconducibile all’adeguamento imposto da norme comunitario (direttive; regolamenti), la seconda posta in essere dagli stessi stati membri per la migliore attuazione delle politiche comunitarie. Attraverso nuovi strumenti di cooperazione
amministrativa viene invece superata la distinzione tra esecuzione diretta, in cui
l’attività posta in essere è imputata direttamente alle istituzioni e agli organismi
comunitari, e esecuzione indiretta, affidata alle amministrazioni statali o a loro
articolazioni; questa distinzione si è rivelata infatti nel tempo insufficiente a
ricomprendere tutte le varietà di organismi e di atti che si sono affermati nel
sistema comunitario.
La dottrina ha quindi individuato diversi livelli di cooperazione, che hanno
determinato vere e proprie figure giuridiche composte sia per l’organizzazione
che per l’attività e che pure non assorbono tutte le forme di cooperazione amministrativa prodotte di fatto dall’ordinamento comunitario:
• la coamministrazione, in cui la titolarità di una unica funzione è attribuita a
soggetti giuridicamente distinti che operano in raccordo necessario, in quanto, per le rispettive competenze, non potrebbero agire diversamente per il
perseguimento dello scopo unitario, espressione dell’interesse comune
Comunità-Stati membri (esempio tipico è la disciplina dei Fondi Strutturali
Europei);
• la integrazione decentrata, che rappresenta una evoluzione dei modelli di
coamministrazione in quanto ruota attorno a un organismo comunitario, l’agenzia, con propria personalità giuridica e con funzioni regolative, istituita
per la realizzazione di obiettivi economici e sociali, per i quali c’è contitolarità di competenze tra amministrazione comunitaria e amministrazione degli
stati membri;
• il concerto regolamentare europeo o concerto europeo dei regolatori, che prevede la realizzazione di un sistema di rete di cui al momento non esiste una
realizzazione compiuta (anche nei settori in cui si sono fatti più passi in questa direzione come, ad esempio, le telecomunicazioni).
I caratteri comuni agli istituti menzionati sono: la natura comunitaria della
disciplina; la distribuzione delle competenze necessarie tra diversi uffici di diverso livello o misti (nazionale, substatale, comunitario).
2
Mario Monti, La Governance europea, Convegno dell’Associazione Giovani Classi Dirigenti
delle Pubbliche Amministrazioni Roma, 6 maggio 2002.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Analizzando le fonti di natura “costituzionale” che contengono gli elementi
base su cui si è sviluppato il quadro accennato, che individua a quale tipo di
amministrazione siano volte queste iniziative e, in qualche modo, le modalità
attraverso cui gestire queste iniziative, possiamo indicare le seguenti:
• Trattato che istituisce l’Unione europea (versioni consolidate del Trattato
sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea,
Gazzetta ufficiale n. c 321e del 29 dicembre 2006) e Trattato che istituisce la
Comunità europea (versioni consolidate del Trattato sull’Unione europea e
del Trattato che istituisce la Comunità europea, art. 66, Gazzetta ufficiale n. c
321e del 29 dicembre 2006,)
• Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Gazzetta ufficiale n. C
364 del 18 dicembre 2000)
• Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (Gazzetta ufficiale n. C 310
del 16 dicembre 2004.
Il Trattato che istituisce l’Unione europea (Maastricht, 7 febbraio 1992) prevede la cooperazione tra Stati membri nei settori specifici dei cd. tre pilastri: le tre
Comunità europee; politica estera e di sicurezza comune; cooperazione negli
affari interni e giudiziari. Per quanto riguarda gli ultimi due pilastri, la cooperazione si basa essenzialmente su una collaborazione tra stati ed esula dalle procedure decisionali della Comunità. In questo ambito la natura della cooperazione tra amministrazioni di stati diversi è volta alla necessaria uniformazione dei
rispettivi diritti.
Il Trattato Ue prevede poi la cd. Cooperazione rafforzata (art. 43 del Trattato,
ripreso anche dall’Art. 11, ex art. 5 A del Trattato che istituisce la Comunità europea). Inizialmente nasce con lo scopo di favorire una più stretta cooperazione tra
i paesi dell’Unione che intendono andare oltre l’integrazione prevista nei trattati,
anche se uno strumento che si può utilizzare come ultima istanza, nei casi in cui
il Consiglio constati che gli obiettivi fissati in base a questo tipo di cooperazione
non sono raggiungibile utilizzando le disposizioni del Trattato. La cooperazione
rafforzata deve rispettare diversi requisiti, e in particolare:
• non può avere come oggetto settori che siano di competenza esclusiva della
Comunità;
• deve tendere a favorire il conseguimento degli obiettivi dell’Unione;
• deve rispettare i principi previsti dai trattati;
• deve coinvolgere la maggior parte degli Stati membri, con un minimo di otto
stati.
Il Trattato che istituisce un Costituzione per l’Europa a sua volta contiene delle
norme di semplificazione di questo istituto, sia per quanto riguarda le procedure
iniziali di autorizzazione, che quelle relative alla partecipazione degli stati membri, fissando la nuova soglia minima di adesione a un terzo degli stati membri.
Il Trattato che istituisce la Comunità europea, così come il Trattato sull’Unione
europea, non contiene particolari e specifici riferimenti a forme di cooperazione
amministrativa, alla buona amministrazione, se non con riferimento alla tutela
contro la cattiva amministrazione degli organi e delle istituzioni comunitarie.
Esiste l’ampio richiamo di cui all’art. 3 e dell’art. 10.
Il Trattato richiama poi la cooperazione tra le amministrazioni degli Stati membri in determinati settori, tra cui ad esempio l’art.66.
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Maggiore rilevanza hanno gli articoli che regolano i meccanismi di difesa rispetto a casi di “cattiva amministrazione”, che analizzeremo meglio di seguito, riferendo della figura e delle attività del Mediatore europeo (art.193).
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o Carta di Nizza (Nizza,
2001) nasce con l’obiettivo di raccogliere, in un unico testo, tutti i diritti degli
individui, ponendo in atto il principio dell’indivisibilità dei diritti fondamentali.
Rinunciando alla distinzione, sino ad allora operata nei testi europei e internazionali, fra diritti civili e politici, da una parte, e i diritti economici e sociali, dall’altra, la Carta di Nizza riporta l’insieme dei diritti imperniati su taluni principi
fondamentali: la dignità umana, le libertà fondamentali, la parità fra gli individui,
la solidarietà, la cittadinanza e la giustizia, distinti in altrettanti capitoli. Nel capo
dedicato alla cittadinanza troviamo gli artt. 41, 42 e 43 che sanciscono il diritto a
una buona amministrazione, conferendo così per la prima volta una autonoma
rilevanza a questo principio e distinguendolo dal più ampio e consolidato principio di legalità.
Come è noto il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa riprende integralmente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riportando gli
artt. 41, 42, 43 negli Artt. II-101, 102 e 103.
Inoltre, all’art.III-285 e 389 riporta un riferimento specifico alla cooperazione
amministrativa.
I documenti e gli strumenti di matrice comunitaria che incoraggiano alla cooperazione tra amministrazioni nazionali di paesi diversi e con le istituzioni
comunitarie, sono volti a migliorare la qualità della legislazione e alla creazione
di standard comuni (v. Giulio Napolitano, in questo stesso Rapporto). Forse è
banale ricordarlo ma parliamo di forme di cooperazione amministrativa volte a
una pubblica amministrazione che va definendosi con una sua autonomia in
ambito comunitario, e che, tra i diversi Stati membri, va cercando modelli condivisi e una comune qualità.
Per quanto qui interessa, le iniziative e le fonti che possiamo richiamare sono:
1. Il Metodo Aperto di Coordinamento (Consiglio Europeo di Lisbona, 23 e 24
marzo 2000)3;
2. Il Libro bianco sulla Governance (Bruxelles, 5.8.2001, COM(2001) 428);
3. Il Codice di buona condotta amministrativa (Mediatore Europeo, Gennaio
2005).
Il Metodo di Coordinamento Aperto (MCA) è stato creato quale strumento della
strategia di Lisbona (marzo 2000) nel quadro del coordinamento delle politiche
economiche degli Stati membri (Trattato di Maastricht) e della politica dell’occupazione e del processo di Lussemburgo (conclusosi con il Trattao di Amsterdam).
Il MCA prevede un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri, che vengono assistiti per favorire e accelerare la convergenza delle rispettive politiche
nazionali per la realizzazione di determinati obiettivi comuni. Il MCA si attua
attraverso la determinazione di indicatori di qualità, di parametri di confronto
3
Consiglio Europeo di Lisbona, Conclusioni Della Presidenza, 23 e 24 Marzo 2000.
Il Consiglio europeo ha tenuto una sessione straordinaria il 23 e 24 marzo 2000 a Lisbona per
concordare un nuovo obiettivo strategico per l’Unione al fine di sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un’economia basata sulla conoscenza.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
delle best practices, attraverso la valutazione degli stati membri da parte di altri
stati membri (“peer pressare”), in cui la Commissione europea svolge un ruolo di
mera sorveglianza.
Esso funziona in settori “comuni”, che, proprio come la pubblica amministrazione (così come anche l’occupazione, la protezione sociale, l’inclusione sociale,
l’istruzione, la gioventù e la formazione), si collocano al di fuori della distinzione tra politiche di competenza esclusiva o concorrente.
Le fasi principali del MCA che possiamo individuare sono:
• identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (indicati
con atto del Consiglio);
• strumenti di misurazione definiti congiuntamente (statistiche, indicatori,
linee guida);
• benchmarking, cioè l’analisi comparativa dei risultati degli Stati membri nei
settori individuati e lo scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata
dalla Commissione).
A seconda dei diversi settori in cui viene applicato il MCA comporta misure di
soft law che sono più o meno vincolanti per gli Stati membri, ma da esso non derivano mai direttive o norme di pari rango. Di fatto l’implementazione del MCA sta
evidenziando più di una difficoltà e forse alcune delle ragioni del suo fallimento
risiedono proprio nel fatto che alla fine del percorso di lavoro comune gli Stati
non sono vincolati ad adottare formalmente gli strumenti individuati.
Il Libro Bianco sulla governance ha rappresentato un momento di svolta nella
riflessione comune sulla governance comunitaria, anche grazie al metodo prescelto per giungere al documento finale (COM(2001) 428): una consultazione pubblica ancora sperimentale in quegli anni che ha visto l’adesione massiccia e la
presentazione di un numero notevole di contributi al dibattito.
Si legge nel Libro Bianco che “Il concetto di “governance” designa le norme, i
processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono
esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura,
partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza”. Vengono così individuati
cinque principi che devono ispirare le riforme in ambito comunitario ma anche
nei singoli stati membri.
Altro aspetto rilevante è l’idea che l’Unione europea debba contribuire al dibattito sulla Governance mondiale, operando anche per il miglioramento delle istituzioni internazionali.
La successiva Comunicazione della Commissione europea “Governance
Europea, legiferare meglio” (COM(2002) valorizzava questa esperienza e il portato del libro bianco, soprattutto ribadendo la necessarietà di un migliore governo
comune, tra istituzioni europee e Stati membri. Prima ancora della complessa iniziativa della Convenzione per una Costituzione europea, con i risultati che sappiamo, si affermava che era possibile raggiungere questi obiettivi a “trattato
costante”, con una maggiore attenzione alle disposizioni di esecuzione della
Commissione, in aumento vertiginoso, con conseguente appesantimento delle
procedure e quindi anche la questione della piena partecipazione degli organi
amministrativi nazionali o locali, all’applicazione delle norme europee.
La funzione del Mediatore europeo è stata istituita dal Trattato di Maastricht
allo scopo di accogliere le denunce relative ai casi di cattiva amministrazione nel-
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L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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l’operato delle istituzioni e degli organi della Comunità europea. Il suo ruolo è
meglio definito dalla Decisione del Parlamento europeo concernente lo statuto e
le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (Approvata il 9
marzo 1994 - GU L 113 del 4.5.1994 - e modificata dalla decisione del Parlamento
europeo del 14 marzo 2002 - GU L 92 del 9.4.2002).
La figura del mediatore si rifà ovviamente ai precedenti nordici dello ombudsman, poi estesisi anche a molti altri paesi. Il mediatore rappresenta una autorità
amministrativa sui generis dato che le sue funzioni giustiziali devono essere svolte in modo del tutto indipendente ed imparziale.
Nello svolgimento delle sue attività il Mediatore ha contribuito all’adozione di
importanti provvedimenti (quali ad esempio il regolamento 1049/2001/CE sull’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, o lo stesso inserimento, nella
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Nizza, 2001 – del diritto ad
una buona amministrazione). Tra i documenti stilati dallo stesso mediatore, che
non hanno forza di legge ma che costituiscono dei riferimenti il cui rispetto è
auspicato dalle istituzioni comunitarie, troviamo il Codice europeo di buona condotta amministrativa, redatto con lo scopo di costituire lo strumento essenziale per
lo svolgimento delle sue funzioni. Il Mediatore usa infatti il Codice per valutare la
sussistenza o meno di una ipotesi di “cattiva amministrazione”. Al tempo stesso il
Codice funge da guida per i funzionari, incoraggiando l’utilizzo di standard più
elevati nella condotta amministrativa. Il codice sembra ribaltare in una prospettiva attiva i compiti del Mediatore, che, come si legge nello Statuto (Decisione n.
94/262/CECA, CE, Euratom) ha principalmente la funzione di contribuire a individuare i casi di cattiva condotta amministrativa. Per arrivare a definire e ad affermare il diritto a una buona amministrazione il Mediatore ha contribuito a definire cosa sia la cattiva amministrazione anche attraverso le relazioni annuali (del
1995 e 1997, in particolare): si è in presenza di cattiva amministrazione quando
una istituzione o un organo comunitario non opera in conformità ai trattati o agli
atti comunitari vincolanti nella materia considerata, o se non osserva norme e
principi stabiliti dalla Corte di Giustizia o dal Tribunale di primo grado. La cattiva amministrazione tuttavia non può essere definita in modo compiuto equesto
distingue il ruolo del Mediatore da quello degli organi giurisdizionali.
2. Iniziative di partecipazione e di cooperazione e scambio
Con questi strumenti sono varie le iniziative poste in essere per facilitare la
cooperazione amministrativa tra Stati membri, e tra Stati membri e istituzioni
comunitarie.
C’è l’esperienza delle agenzie e delle reti amministrative, più o meno istituzionalizzate, che già adesso hanno grande impatto sui sistemi nazionali; esistono poi
le iniziative per la partecipazione/scambio di funzionari italiani che prestano la
loro attività presso le istituzioni comunitarie o a servizio delle stesse
(Comitatologia, Gruppi di esperti, Esperti nazionali distaccati, Agenti Temporanei
e Agenti a Contratto, Progetti Patent - Public Administration Training European
Network for the Harmonisation of Training Approach, Twinning…).
Sullo sfondo rimangono gli organismi che promuovono lo studio e la analisi
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delle rispettive amministrazioni (come l’European Public Administration
Network), che compiono una azione importante di incontro e di scambio.
Nel quadro degli organismi comunitari da tempo vanno affermandosi le agenzie comunitarie. Si tratta di enti dotati di una propria autonoma personalità giuridica, che non rientrano nella amministrazione comunitaria propriamente detta,
istituite per specifici compiti in determinati settori, che svolgono la loro azione
in stretto raccordo con analoghi enti nazionali. Hanno per lo più il compito di raccogliere e elaborare informazioni, mettendo poi a disposizione i risultati delle
loro indagini alle istituzioni comunitarie ma anche agli stati membri. Esistono
anche agenzie con funzioni di controllo e indirizzo in determinati ambiti tecnici,
e di regolamentazione e di gestione (nell’ambito del cd primo pilastro; esistono
poi agenzie con compiti più specifici nel secondo e terzo pilastro, con riferimento, quindi, alla politica estera e alla sicurezza comune e alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Come dicevamo esse svolgono le loro funzioni integrando le proprie attività con quelle di analoghi organismi nazionali (l’esempio principale è quello della Agenzia europea per l’Ambiente, che ha determinato e lavora con l’Agenzia Nazionale dell’Ambiente, in raccordo, nel caso italiano, con le agenzie regionali).
Agenzie Comunitarie
Agenzie per la politica
estera e di sicurezza
comune
A g e n z i e p e r l a c o o p e r a z i one di polizia e giudiziaria
in materia penale
Agenzia europea dei diritti fon- Agenzia europea per la difesa Accademia europea di polizia
damentali (FRA) (in preparazione) (EDA)
(CEPOL)
Organismo europeo per il conAgenzia europea dell’ambiente Centro satellitare dell’Unione
solidamento della cooperazione
(EEA)
europea (EUSC)
giudiziaria (Eurojust)
Agenzia europea delle sostanze
Istituto dell’Unione europea per Ufficio europeo di polizia
chimiche (ECHA) (in preparaziogli studi sulla sicurezza (ISS)
(Europol)
ne)
Agenzia europea per i medicinali (EMEA)
Agenzia europea per la gestione
della cooperazione operativa
alle frontiere esterne (FRONTEX)
Agenzia europea per la ricostruzione (EAR)
Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA)
Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione
(ENISA)
Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA)
Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA)
Agenzia
(ERA)
ferroviaria
europea
segue
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Agenzie Comunitarie
Agenzie per la politica
estera e di sicurezza
comune
A g e n z i e p e r l a c o o p e r a z i one di polizia e giudiziaria
in materia penale
Autorità di vigilanza europea
GNSS (in preparazione)
Autorità europea per la sicurezza
alimentare (EFSA)
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Centro di traduzione degli organismi dell’Unione europea (Cdt)
Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
(ECDC)
Centro europeo per lo sviluppo
della formazione professionale
(Cedefop)
Fondazione europea per il
miglioramento delle condizioni
di vita e di lavoro (EUROFOUND)
Fondazione europea per la formazione professionale (ETF)
Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze
(EMCDDA)
Diverse dalle agenzie comunitarie sono le agenzie esecutive (reg. 58/2003, del
19/12/2002), istituite con decisione della Commissione, di cui sono organi indiretti, cui la Commissione delega l’attuazione di un determinato programma comunitario o di parte di esso (come l’Agenzia esecutiva per la sanità pubblica,
l’Agenzia esecutiva per l’energia intelligente, l’Agenzia esecutiva per l’istruzione,
gli audiovisivi e la cultura).
Dai due modelli citati si distinguono altri tipi di organismi, forse più vicini,
per natura e funzioni, alle autorità indipendenti, sul modello della Banca
Centrale Europea. Si tratta di una tipologia di enti ancora in via di definizione (ne
sono esempio l’Autorità per la sicurezza alimentare europea, EFSA, così come il
Garante europeo della protezione dei dati, EDPS). Questo tipo di enti lavora in
regime di integrazione funzionale e strutturale rispetto ai sistemi ufficiali di controllo istituiti presso i diversi stati membri, responsabili degli obblighi disposti
dalla normativa comunitaria. Il raccordo con gli enti nazionali trova il suo
momento istituzional nel “foro consultivo”, istituito presso la stessa Autorità. In
sostanza si tratta di un meccanismo di rete, tra Autorità e stati membri e tra gli
stessi stati membri.
Il termine “comitologia” (o “procedura dei comitati”) si riferisce alle procedure in base alle quali la Commissione esercita le competenze di esecuzione conferite dal legislatore (Parlamento europeo e Consiglio) assistita da comitati composti da rappresentanti degli Stati membri, strutture esterne, di natura collegiale, con funzioni di supporto alle attività della Commissione nell’esercizio delle
sue competenze di esecuzione. Queste procedure sono descritte nelle decisioni
cd. “comitologia” (87/373 e 99/468), ma nel tempo molti comitati sono stati istituiti e disciplinati non in perfetta coerenza con le decisioni, in modo estempo-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
raneo, e anche le loro funzioni si sono estese, passando da una funzione di natura istruttoria a forme di consultazione, regolamentazione e anche gestione. In
base alle decisioni citate, i servizi della Commissione sottopongono i progetti di
misure di esecuzione ai comitati, i quali esprimono il loro parere prima che la
Commissione li adotti.
Il Consiglio, con la decisione 2006/512/CE del 17 luglio 2006 ha peraltro modificato la decisione 99/468 del Consiglio del 28 giugno 1999, recante modalità per
l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. L’articolo
5 bis della decisione modificata introduce una nuova procedura di regolamentazione con controllo da parte del legislatore (Consiglio e Parlamento europeo) per
permettere al legislatore di opporsi all’adozione di un progetto di una norma
secondaria, di esecuzione di un atto legislativo adottato con procedura di codecisione, nei casi in cui ritenga che il progetto in questione ecceda le competenze
esecutive previste dall’atto di base oppure non sia compatibile con lo scopo od il
contenuto di detto atto e anche nei casi in cui non rispetti il principio di sussidiarietà o di proporzionalità.
L’origine dei Comitati – che risale all’inizio degli anni sessanta, con la organizzazione del mercato dei prodotti agricoli – trova il suo fondamento nella opportunità di creare strumenti di ausilio alla Commissione senza, allo stesso tempo,
ampliarne ulteriormente i servizi diretti.
Questi comitati esistono e sono attivi in quasi tutti i settori più importanti delle
politiche comunitarie. I comitati sono composti da un rappresentante dei servizi
della Commissione che li presiede, e dai rappresentanti dei governi di ogni Stato
membro. Il loro compito è esprimere un parere sui progetti di misure di esecuzione sottoposti dai servizi della Commissione. Dal punto di vista organizzativo,
come anticipato, non fanno parte della amministrazione comunitaria, e nel tempo
il loro ruolo si è trasformato passando da strumento di condizionamento della
Commissione a momento di scambio di buone pratiche, di conoscenza dei principi generali tipici dei vari ordinamenti nazionali.
Il lavoro dei comitati si svolge secondo tre diverse procedure: consultiva, di
gestione e di regolamentazione. La scelta delle modalità procedurali spetta al legislatore che decide in base alla natura delle competenze di esecuzione conferite
alla Commissione. Ogni comitato adotta il proprio regolamento interno (sulla base
di un modello, detto Regolamento di procedura tipo adottato dalla Commissione
il 31 gennaio 2001).
La straordinaria diffusione dei comitati e la loro tuttora limitata disciplina fa sì
che si parli di “governo dei comitati”, ma è comunque anche ad essi che si deve
la progressiva integrazione tra l’amministrazione comunitaria e le amministrazioni nazionali.
La predisposizione e l’implementazione delle politiche comunitarie ha richiesto in modo crescente il contributo di esperti esterni, che apportassero le proprie
competenze in ambiti sempre più specifici e tecnici a supporto delle strutture
europee. A questo tipo di supporto si aggiungono forme di consultazione aperta
quali seminari, workshop, conferenze, partecipazione attraverso internet etc.
Nella sua forma più istituzionalizzata il Gruppo di esperti può essere definito
come una struttura costituita da esperti nazionali e/o del settore privato istituiti
dalla Commissione europea. Il loro scopo principale è appunto di supportare la
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L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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Commissione e i suoi servizi nella predisposizione di proposte di legge e di iniziative politiche, nell’abito del diritto di iniziativa della Commissione, così come
nei suoi compiti di monitoraggio, coordinamento e cooperazione con gli Stati
membri. Questi gruppi possono essere temporanei o permanenti; i membri non
sono pagati, salvo un rimborso spese.
I Gruppi di esperti sono istituiti in due modalità differenti:
• con decisione della Commissione o con altro atto che definisce il gruppo
(Gruppi formalmente istituiti);
• da un Servizio della Commissione, previo accordo con il Segretariato
Generale (Gruppi informalmente istituiti).
Attualmente i Gruppi di esperti iscritti nell’apposito registro della
Commissione sono 1.255. Questi tipi di gruppi si distinguono da altri due differenti tipi di organismi quali: i Comitati, istituiti su iniziativa del legislatore (il
Consiglio da solo o unitamente al Parlamento europeo) per supportare la
Commissione in determinate aree; organismi di cooperazione istituiti sulla base
di accordi internazionali.
Più in particolare, per le attività di formazione e scambio dei dipendenti pubblici, al di là della partecipazione agli organismi appena menzionati, segnaliamo:
Con Decisione del 26 luglio 1988 e successive modificazioni, da ultimo la Decisione
C(2006) 2033 del 1 giugno 2006, la Commissione europea ha istituito il regime
dell’Esperto Nazionale Distaccato (END), successivamente esteso anche alle altre istituzioni dell’Unione europea (Parlamento e Consiglio), allo scopo di consentire a funzionari delle amministrazioni degli Stati membri, che abbiamo esperienze e conoscenze professionali in materia di politiche europee, di realizzare un’esperienza lavorativa presso le istituzioni comunitarie.
Gli Esperti nazionali distaccati (END) svolgono così un duplice ruolo: offrono alle
istituzioni comunitarie l’esperienza professionale di alto livello nei settori di loro
competenza, specie in quei settori in cui tali competenze non sono facilmente disponibili; inoltre mettono a disposizione dell’amministrazione nazionale di provenienza
la conoscenza delle politiche comunitarie acquisita durante il periodo di distacco.
Gli END provengono dalle amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell’UE,
cosicché la maggior parte di essi è costituita da funzionari pubblici nazionali, regionali e locali. Ciononostante, si possono accettare anche esperti provenienti dal settore privato o da organizzazioni senza scopo di lucro o anche da organizzazioni internazionali qualora la Commissione richieda espressamente questo tipo di competenze. Può diventare END un funzionario che per tutta la durata del distacco sia in servizio retribuito presso un’amministrazione pubblica internazionale, nazionale, regionale o locale, oppure, come dicevamo, a titolo eccezionale, funzionari provenienti dal
settore privato e dal volontariato (qualora sussista un interesse da parte dello Stato
membro), dallo Spazio Economico Europeo, dai Paesi candidati, da organizzazioni
internazionali o da Paesi terzi.
Un END è chiamato ad assistere i funzionari della Commissione svolgendo i compiti che gli vengono da questa assegnati. Durante il periodo di distacco, l’END riceve
istruzioni da un funzionario dell’UE, con una descrizione dettagliata dei suoi incarichi, che deve svolgere nel rispetto di norme tese ad evitare il rischio di eventuali conflitti d’interesse.
L’END esercita le sue funzioni a tempo pieno esclusivamente nell’interesse della
Commissione ed è responsabile verso la gerarchia del Servizio cui è assegnato. La
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Commissione resta l’unica responsabile per l’approvazione dei compiti svolti
dall’END, nonché per la firma degli atti che ne derivano. L’END non può rappresentare la Commissione in proprio, assumere impegni finanziari o di altro tipo o condurre negoziati per conto della Commissione.
Le candidature sono selezionate su bandi comunitari per il tramite del Ministero
degli Affari Esteri d’intesa con l’Ente che effettua il distacco e con la Commissione
Europea. Conseguentemente le domande dei candidati devono essere trasmesse
esclusivamente al Ministero degli Affari Esteri.
La valorizzazione della presenza del personale italiano attraverso l’esperienza degli
END presso le istituzioni comunitarie è stata peraltro indicata dall’attuale Ministro
per le Politiche Comunitarie, on.le Emma Bonino quale elemento qualificante per
migliorare le sinergie tra le Amministrazioni nazionali e locali e le istituzioni europee
(Audizione sulle linee programmatiche dell’on. Ministro per le Politiche Europee,
Camera dei Deputati, Commissione XIV, 11 luglio 2006) e, da ultimo, nella relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea. Il Dipartimento delle
Politiche Comunitarie ha peraltro al riguardo competenze specifiche: nel Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2006 “Delega di funzioni del
Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di politiche europee, al Ministro
senza portafoglio on. dott.ssa Emma Bonino” (GU n. 149 del 29.6.2006), viene riconosciuta al Ministro la competenza relativa alla proposta delle candidature di cittadini italiani presso le istituzioni, gli enti e le agenzie comunitarie. L’Ufficio per la cittadinanza europea, attivo presso il Dipartimento, ha, tra le altre, la funzione di promuove iniziative formative in materia comunitaria del personale pubblico delle
amministrazioni centrali, delle Regioni e Province autonome e degli enti territoriali.
A queste competenze del Dipartimento si sovrappongono, in parte integrandole,
quelle previste per il Ministero Affari Esteri sia per quanto riguarda la selezione degli
END che, come abbiamo segnalato, è affidata appunto alla sua competenza, sia attraverso la Direzione Generale per l’integrazione europea, Ufficio VI, Affari giuridici ed
istituzionali, che è competente per il personale italiano nella Ue, per lo statuto del
personale comunitario e collabora con l’Istituto Diplomatico e le amministrazioni
competenti nella formazione dei funzionari pubblici per le materie comunitarie.
Il numero di END italiani a Bruxelles si è attestato nel corso del 2006 a quasi cento
funzionari (74 distaccati alla Commissione europea, 20 al Consiglio).
In particolare di seguito si propone un prospetto del numero di END distaccati alla
Commissione europea a fine 2006 specificando la tipologia dell’ente di provenienza:
31 Amministrazioni centrali ed enti pubblici nazionali;
10 Autorità garanti/enti indipendenti;
4 Enti privati;
16 Università ed enti di ricerca;
13 Enti territoriali e locali/ forme associative di livello regionale e subregionale.
Accanto agli END c’è la figura dell’agente temporaneo, che, come l’END è una funzionario il cui impiego presso le istituzioni comunitarie non ha carattere permanente,
ma questa tipologia di contratto è riservata a chi già svolga un’attività professionale e
disponga di specifiche competenze in determinati settori. I contratti durano da due a
cinque anni a seconda che siano imputati al capitolo di bilancio “di funzionamento”
della Commissione o al capitolo di bilancio “ricerca”. Gli Agenti Temporanei sono
chiamati a svolgere funzioni tecniche, prevalentemente nel campo scientifico e in
quello della ricerca. La selezione è effettuata tramite i cd avvisi di vacanza, che consistono nella apertura di termini per presentare curriculum per specifiche richieste.
269
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
270
Progetto Patent, Public Administration Training European Network for the
Harmonisation of Training Approach (Formez e SSPA)
Il progetto PATENT (Public Administration Training European Network for the
harmonization of Training approach) scaturisce da un invito alla presentazione di
progetti (Call for proposals) promosso dall’Agenzia Europea che coordina il
Programma Leonardo da Vinci (Community Vocational Training Action
Programme 2000-2006). Questo programma ha l’obiettivo di promuovere la cooperazione tra i Paesi membri per le iniziative formative.
PATENT è stato presentato dal Formez nell’ambito dell’invito 2003-2004 in
associazione con altri partner prestigiosi sia italiani (Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione, Associazione Giovani classi Dirigenti delle Pubbliche
Amministrazioni) che europei (Università di Parigi 1 Sorbona, London School of
Economics, Collegio d’Europa, Civil Service Office polacco e britannico) e valutato in maniera positiva dall’Agenzia Leonardo che ne ha decretato l’assegnazione al Formez che opera in qualità di capofila del raggruppamento.
Obiettivo primario di PATENT è quello di contribuire al miglioramento della
competitività della Pubblica Amministrazione operando direttamente sulla qualità e sulla preparazione professionale delle risorse umane di livello medio alto
(quadri e dirigenti) che ne compongono la prima linea decisionale ed operativa.
A tal fine PATENT intende mettere in campo attività e prodotti adatti a supportare i giovani dirigenti della PA europea nel loro percorso di crescita di competenze e abilità professionali, offrendo loro al tempo stesso l’opportunità di accedere,
su basi paritarie ed aperte, a offerte di formazione di alta qualità e ad un ampio
ventaglio di esperienze di apprendimento e di lavoro disseminate in tutta Europa.
Per raggiungere questo obiettivo ambizioso, dal mese di novembre 2003 il Formez
e i partner di progetto hanno lavorato per realizzare 5 linee di attività. Il progetto
ha concluso le sue attività operative il 1° giugno 2006.
Tra le iniziative di formazione attivate in alcune Scuole di amministrazione
pubblica italiane, segnaliamo (Testo tratto dalla Relazione annuale 2006 – del
31.01.2007 – del Ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino):
Il Dipartimento della funzione pubblica rappresenta l’Italia, assieme agli altri partner europei, nell’EIPA (European Institute for Public Administration), uno dei principali istituti europei di ricerca e dei più importanti centri di formazione sui diversi
temi riguardanti la pubblica amministrazione europea. Complessivamente nel corso
del 2006 l’EIPA ha ospitato nelle proprie strutture (quella centrale di Maastricht, oltre
le sei antenne nazionali) oltre 600 allievi italiani, tra funzionari, quadri e dirigenti
delle amministrazioni nazionali. I corsi maggiormente seguiti sono stati quelli relativi alla innovazione nella amministrazione pubblica, alla interoperabilità condivisa a
livello regionale e locale, ai programmi INTERREG, alle strategie di Lisbona e di
Goteborg, al diritto europeo e alle procedure decisionali comunitarie, a EUROMED,
alla sussidiarietà verticale, a problematiche sanitarie, alle autorithies, alle prospettive finanziarie.
La Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, oltre le attività formative specialistiche in materia europea fruibili all’interno dei diversi moduli formativi ivi condotti, durante il 2006 ha concluso la seconda edizione del Progetto Bellevue
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Scholarship Programme, promosso e finanziato dalla Fondazione Rober Bosch della
Repubblica Federale di Germania. Il Programma, che gode dell’Alto Patronato dei
Capi di Stato, prevede per i partecipanti uno stage di 15 mesi presso le
Amministrazioni estere, con l’obiettivo di consentire a giovani funzionari e dirigenti
di acquisire una conoscenza approfondita delle strutture governative e amministrative dei vari paesi e di costituire una rete internazionale del management pubblico. I
paesi partner partecipanti sono oltre alla Germania, Polonia, Slovenia, Spagna,
Portogallo e Ungheria. Nel corso del 2006 si è proceduto alla programmazione della
nuova edizione, che partirà nella primavera 2007 e sarà aperto a funzionari e dirigenti della amministrazione pubblica italiana: nel corso dell’ultima edizione infatti il
nostro Paese non ha promosso nessuna partecipazione a questa iniziativa. Si constata infatti che spesso si riscontrano difficoltà e resistenze nel reperimento di funzionari o dirigenti che, per circa un anno, possano essere esonerati dal lavoro quotidiano delle strutture amministrative: è una difficoltà comprensibile, e vanno individuate soluzioni per il suo superamento nel quadro di un mutamento culturale su cui
investire e che enfatizzi, più che in passato, la vocazione europea del paese.
Anche la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno ha svolto nel corso
del 2006 diverse attività, di formazione o di coordinamento, imperniata su tematiche
europee. Dal punto di vista del coordinamento, vi è da segnalare la partecipazione
della Scuola alle Giornate europee dei rappresentanti dello Stato sui territori, a cui
partecipano, oltre alla S.S.A.I., anche le Scuole di Pubblica Amministrazione di
Spagna e Portogallo ed il Centro di Studi e Ricerche Europeo di Strasburgo.
L’iniziativa ha assunto importanza sempre maggiore negli anni, anche a seguito dell’inserimento nel programma di argomenti riguardanti l’attività e le prospettive
dell’Unione europea, che hanno determinato il graduale aumento del numero degli
Stati interessati a partecipare. L’iniziativa è volta a favorire il confronto culturale e
professionale tra alti funzionari pubblici europei che operano sul territorio in rappresentanza dello Stato e ad approfondire la conoscenza delle similitudini e delle
diversità tra i vari sistemi amministrativi dei Paesi dell’Unione europea e di quelli
associati attraverso lo scambio di testimonianze su temi di interesse comune.
Il progetto “Identificazione e riconoscimento delle competenze del funzionario
europeo”, nel quadro del Programma comunitario Leonardo Da Vinci, è stato avviato
nell’aprile 2006: la SSAI è capofila del progetto, avendolo ideato utilizzando anche
le esperienze acquisite e la metodologia adottata per la preparazione dei funzionari
prefettizi italiani e sottoposto agli organismi europei per un finanziamento con fondi
comunitari del suddetto programma. L’iniziativa è scaturita dalla convinzione che il
processo di integrazione europea passa attraverso la reciproca conoscenza e il consolidarsi di una cultura ed un linguaggio comuni che permetta ai partners di lavorare insieme per la tutela e lo sviluppo degli interessi generali che sono alla base di
un’Europa unita. Al progetto, realizzato in coopartenariato con Francia, Portogallo,
Repubblica Ceca e Bulgaria, per l’Italia partecipa, oltre la S.S.A.I. che è capofila, il
Dipartimento della funzione pubblica. Scopo del progetto è definire una metodologia
per l’individuazione ed il riconoscimento delle competenze standard che i funzionari europei devono possedere per poter utilmente stimolare e supportare il processo di
integrazione dei rispettivi Paesi in un contesto territoriale comune: l’Europa. Dal
punto di vista delle iniziative didattiche promosse o svolte nel corso del 2006 da parte
della SSAI si segnala il Master in Cittadinanza europea, con circa trenta partecipanti provenienti dalle pubbliche amministrazioni, oltre ai moduli di materie europee
all’interno dei percorsi formativi per l’accesso alla carriera prefettizia e che nel corso
del 2006 ha riguardato 118 neo-consiglieri di prefettura. Vi è da segnalare infatti che
271
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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ormai in tutte le iniziative formative, anche quelle non specialistiche o su ambiti differenziati (es., trasporti, giustizia, telecomunicazioni, …), i moduli su materie comunitarie acquistano un peso sempre più rilevante parallelamente alle trasformazioni e
agli influssi giurisprudenziali o giuseconomici.
La Scuola Superiore dell’Amministrazione Locale ha promosso l’inserimento di
diversi moduli su materie europee, o il loro potenziamento, all’interno dei corsi per
l’accesso alla carriera dei segretari comunali e provinciali, dei corsi di specializzazione e di quelli di aggiornamento.
Oltre alle iniziative che prevedono la partecipazione di funzionari italiani presso le istituzioni europee, esistono naturalmente una serie di iniziative specifiche
di collaborazione volta allo scambio di buone prassi e alla cooperazione tra le
amministrazioni degli stati membri.
L’Italia è impegnata - attraverso il Ministero degli Affari Esteri (Punto nazionale di contatto) e il Dipartimento per le Politiche Comunitarie - in attività di assistenza tecnica ai Paesi dell’Europa centro-orientale (PECO) da poco aderenti o in
via di adesione, e comunque a vocazione comunitaria, prima nell’ambito dei programmi PHARE e CARDS.
Questi programmi hanno come strumento principale per lo sviluppo delle attività il gemellaggio amministrativo (twinning). Con il gemellaggio amministrativo,
la Commissione europea intende aiutare i Paesi candidati ad acquisire la capacità
autonoma di recepire, applicare e far rispettare l’acquis comunitario, in conformità all’Agenda 2000, prima della loro adesione all’Unione Europea.
I progetti di gemellaggio prevedono il distaccamento a lungo termine di esperti
degli Stati membri presso le amministrazioni dei Paesi candidati. Questi esperti
sono chiamati consiglieri per la pre-adesione o esperti twinning residenti. Per realizzare i propri obiettivi, un progetto di gemellaggio deve avvalersi anche dell’aiuto di un certo numero di specialisti incaricati di attività formativa con missioni di breve periodo. Una volta completati i progetti di gemellaggio, i Paesi candidati dovrebbero essere in grado di osservare i principali impegni comunitari
relativi all’acquis. In alcuni casi, un solo progetto di gemellaggio si può rilevare
insufficiente per la realizzazione di tale obiettivo. Sono quindi spesso necessari
più progetti allo scopo di raggiungere la piena osservanza degli impegni.
Lo strumento dei gemellaggi amministrativi è tuttora attivo nei riguardi dei
nuovi membri dell’Ue, anche se non più nel quadro del programma PHARE, bensì
a titolo di “Transition facility”.
A seguito dei risultati ampiamente positivi registrati nell’applicazione dei
gemellaggi amministrativi si è ritenuto opportuno estenderli anche a Stati diversi da quelli candidati all’adesione, che hanno comunque l’esigenza di uniformare o quanto meno avvicinare la legislazione in determinati settori; in particolare
sono stati estesi, sempre comunque nell’ambito di specifici programmi comunitari, agli Stati destinatari della c.d. Politica Europea di Vicinato.
I gemellaggi amministrativi sono così ormai parte integrante anche dei programmi: CARDS (dal 2002), MEDA (dal 2004) e TACIS (dal 2002); nel 2007 i
Programmi PHARE, CARDS, TACIS e MEDA verranno sostituiti dai Programmi
IPA (European Neighbourhood and Partnership Instrument, strumento di pre-ade-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
sione per i prossimi paesi candidati e potenziali candidati), ed ENPI (European
Neighbourhood and Partnership Instrument, strumento di prossimità e partenariato per i paesi terzi che partecipano alla politica europea di vicinato). dalla decisione presa dall’Ue nel 2004 di sostituire l’attuale insieme di strumenti finanziari destinati all’assistenza esterna, con un quadro unitario più semplice ed efficace, in cui la cooperazione transfrontaliera (CBC), costituisce una caratteristica
innovativa dello strumento, prevedendo la collocazione dei fondi in un unico
budget comune, con una successiva distribuzione del budget basata sulle reali
necessità di progetto tra paesi partner e paesi Ue.
In tempi recenti il Regolamento 1082/2006 del 5 luglio 2006 ha istituito il
Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT), un nuovo strumento di
cooperazione a livello comunitario che consente di creare sul territorio della
Comunità gruppi cooperativi dotati di personalità giuridica. L’obiettivo di questo
nuovo strumento è quello di agevolare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale tra le autorità regionali e locali.
Un GECT esegue i compiti assegnatigli dai suoi membri in conformità del regolamento 1082/2006; in particolare, ai sensi dell’art. 7 del regolamento i compiti
del GECT si limitano all’attuazione di programmi o progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla Comunità, a titolo del Fondo europeo di sviluppo
regionale, del Fondo sociale europeo e/o del Fondo di coesione potendo realizzare ulteriori azioni specifiche di cooperazione territoriale.
Le competenze del GECT sono definite in una convenzione di cooperazione
obbligatoria, che ne precisa funzioni, durata e condizioni del suo scioglimento. La
convenzione è limitata esclusivamente al settore della cooperazione determinato
dai suoi membri e ne individua le rispettive responsabilità. Il diritto applicabile
alla sua interpretazione e applicazione è quello di uno dei suoi membri: il GECT
gode infatti in ciascuno Stato membro della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalla legislazione nazionale. In seguito, il GECT
adotta i propri statuti sulla base della convenzione. Essi contengono disposizioni
che riguardano in particolare:
• elenco dei membri;
• obiettivo e le funzioni del GECT nonché relazioni con i membri;
• denominazione e la sede;
• organi, loro competenze e relativo funzionamento (il GECT è rappresentato
da un direttore e può dotarsi di un’assemblea costituita dai rappresentanti
dei suoi membri);
• procedure decisionali;
• scelta della o delle lingue di lavoro;
• modalità di funzionamento;
• modalità del contributo finanziario dei membri e norme applicabili in materia di contabilità e di bilancio;
• designazione di un organismo indipendente di controllo finanziario e di
audit esterno.
Tra gli strumenti realizzati dalla Ue troviamo l’Interoperable Delivery of
European eGoverment Service to Public Administration Business and Citizens
(IDABC programma precedentemente denominato IDA, Interchange of Data
273
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
274
between Administration, avviato nel 1995 e già modificato nel 1999). Questo programma è gestito dalla Direzione Generale per l’Informatica (DIGIT) della
Commissione europea, allo scopo di incoraggiare e sostenere l’implementazione
di servizi teconologici ai cittadini e alle imprese, di migliorare l’efficienza e la
collaborazione tra PA dei diversi paesi, per migliorare la competitività del sistema Europa. L’IDABC stila raccomandazioni, sviluppa soluzioni e fornisce servizi
alle amministrazioni europee.
Tra gli obiettivi principali del programma c’è senz’altro l’armonizzazione delle
pratiche amministrative, grazie all’uso della tecnologia dell’informazione, per
gestire in modo efficiente l’enorme flusso di dati amministrativiattraverso
l’Europa.
Diventa quindi fondamentale rafforzare le amministrazioni degli Stati membri,
che gestiscono dati essenziali per l’attuazione delle politiche comunitarie e il
ruolo di IDABC è di supportare, facilitare e coordinare lo sviluppo di reti tra le
amministrazioni europee, istituendo reti telematiche, in considerazione del fatto
che lo sviluppo di reti non coordinato porta facilmente alla creazione di soluzioni troppo specifiche, spesso con problemi di incompatibilità e interoperabilità.
Per l’attuazione del programma IDA la Commissione è assistita dal TAC
(Comitato per la Telematica tra Amministrazioni), composto da rappresentanti
degli Stati membri, che approva il programma di lavoro annuale, ma che svolge
soprattutto la funzione di costituire un forum di coordinamento, consentendo la
condivisione delle best pratice nel settore dello scambio dei dati amministrativi.
Il programma opera attraverso Progetti di Comune Interesse (PCI) e Misure
Orizzontali (HM).
Alcuni esempi die progetti sviluppati grazie ad IDA e IDABC sono: la gestione
del mercato unico dell’agricoltura e lotta alla frode, compreso il controllo degli
spostamenti degli animali vivi, la condivisione dei dati sui raccolti e sull’alimentazione degli animali; la costituzione di una banca dati che colleghi le dogane
europee e le amministrazioni ittiche per lo scambio di informazioni sui registri
navali, sui dati riguardanti le catture e sulle licenze.
Il Network SOLVIT (Effective problem solving in the Internal Market) è una rete
di risoluzione on-line dei problemi, nella quale gli Stati Membri collaborano per
risolvere senza procedure legali e giudiziarie i casi di non applicazione delle leggi
che regolano il Mercato Interno da parte della autorità pubbliche. La
Commissione ha un ruolo di coordinamento, mentre i centri nazionali sono gestiti dai rispettivi stati membri. Il centro SOLVIT aiuta a gestire il reclamo sia proveniente da un cittadino che da una impresa con l’impegno di fornire soluzioni
reali ai problemi entro 10 settimane. Il ricorso a SOLVIT è gratuito. La rete SOLVIT, presentata dalla Commissione nel novembre del 2001 ed operativa dal 22
luglio 2002 prevede:
• il collegamento dei Centri di coordinamento nazionali (che si trovano in tutti
gli stati membri e anche in Norvegia, Liechtenstein e Islanda) attraverso una
comune banca dati on line, che garantisca trasparenza e maggiore sistematicità nella gestione dei casi;
• l’accessibilità tramite Internet: cittadini e imprese possono contattare telefonicamente o comunicare via e-mail con il Centro di coordinamento nazionale per la trattazione del caso.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
•
i collegamenti con banche dati della Commissione già esistenti, come la
banca dati per la cooperazione tra amministrazioni, nella quale sono reperibili nomi e recapiti di oltre 4000 funzionari nazionali di tutti gli Stati membri con indicazione del settore specifico di attività.
In Italia il Centro Solvit è istituito presso il Dipartimento delle Politiche
Comunitarie, e possono diventare membri della rete SOLVIT – dopo un percorso
di accreditamento – le organizzazioni senza fini di lucro che agiscono per conto
di cittadini o d’imprese e i membri del Parlamento. L’accesso alla rete SOLVIT
consente agli associati di presentare, direttamente on-line, i casi per conto di
clienti (dopo la convalida del Centro SOLVIT italiano) e di seguirne on-line gli
sviluppi, informando tempestivamente l’interessato sulla soluzione proposta.
Sarà sempre il Centro SOLVIT ad occuparsi del caso, contattando il Centro SOLVIT di destinazione.
La Rete Giudiziaria Europea in materia civile e commerciale è stata istituita allo
scopo di migliorare l’accesso alla giustizia dei cittadini e delle imprese in Europa.
Nel settembre 2000, la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale che è stata adottata dal Consiglio dei ministri nel maggio 2001. La rete è formata dai rappresentanti delle autorità giudiziarie e amministrative degli Stati
membri che si riuniscono più volte all’anno per scambiare informazioni ed esperienze e per rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nel settore del diritto
civile e commerciale. Il principale obiettivo della rete è di facilitare la vita dei
cittadini che devono far fronte a qualsiasi tipo di controversia di natura “transfrontaliera”, cioè che coinvolge più di uno Stato membro.
Tra le strutture di tipo non istituzionale, vale la pena fare un breve cenno
all’European Public Administration Network (EPAN), organismo informale che riunisce ministri e dirigenti generali della funzione pubblica degli Stati Membri
dell’Unione Europea. Scopo di questo ente è favorire la reciproca conoscenza tra le
diverse pubbliche amministrazioni nazionali, lo scambio delle “buone pratiche”, lo
sviluppo di sistemi di autovalutazione e di valutazione comparativa. L’obiettivo
più ambizioso dell’EPAN è la definizione di “parametri amministrativi” di qualità
sulla scorta dei parametri indicati a Maastricht in materia di finanza pubblica.
L’EPAN è organizzato i quattro gruppi di lavoro tematici:
• Gruppo per l’innovazione nei servizi pubblici;
• Gruppo per l’eGovernment;
• Gruppo per la gestione delle risorse umane;
• Gruppo per la qualità della normazione.
3. Coordinamento, quadro normativo nazionale
ed europeizzazione delle PPAA
Il sistema nazionale di governo per le politiche comunitarie in Italia è dato dalle
competenze a lungo non definite in modo certo tra Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ministero Affari Esteri e, dal momento della sua istituzione,
Dipartimento per il coordinamento delle Politiche Comunitarie. Le norme che
hanno determinato in modo più incisivo l’attuale assetto sono la L. 183/1987
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L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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(Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari) e la L. 86/1989 (cd. legge La Pergola), che hanno rispettivamente istituito
il Dipartimento delle Politiche comunitarie e determinato i relativi poteri, cui si
è poi aggiunta la previsione della L. 59/1997, che prevede la “razionalizzazione e
redistribuzione dell competenze tra i ministeri, tenuto conto delle esigenze derivanti dall’appartenenza dello Stato all’Unione europea” (art. 12, c. 1).
Il quadro delle competenze che emerge da queste norme, e da quelle succedutesi nel tempo relative alla riforma della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono:
• Consiglio dei Ministri: definizione delle linee generali per la partecipazione
italiana al processo di integrazione europea;
• Presidenza del Consiglio dei Ministri: promozione e coordinamento di tutte
le PA italiane per la definizione della posizione italiana rispetto alle politiche comunitarie, d’intesa con il Ministero Affari Esteri; si avvale del
Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie (regolato dal
D.M. 19/9/2000) per l’attuazione degli impegni comunitari.
Ricordiamo inoltre che presso il Ministero Affari Esteri è attiva la Direzione
Generale per l’Integrazione Europea del Ministero affari Esteri, che cura le attività
di integrazione europea in relazione alle istanze ed ai processi negoziali riguardanti i trattati dell’Unione europea, della Comunità europea, della CECA e
dell’EURATOM.
Di seguito si propongono i provvedimenti che nei tempi più recenti sono intervenuti a specificare le competenze del Dipartimento per il coordinamento delle
Politiche comunitarie e a organizzarne le funzioni.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2006 Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di politiche europee, al
Ministro senza portafoglio on. dott.ssa Emma Bonino (GU n. 149 del 29-6-2006)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 17 maggio 2006, con il
quale l’on. Emma Bonino è stata nominata Ministro senza portafoglio;
Visto il proprio decreto in data 18 maggio 2006, con il quale al predetto Ministro
è stato conferito l’incarico per le politiche europee;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303;
Ritenuto opportuno delegare funzioni specifiche al Ministro per le Politiche
Europee;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Decreta:
Art. 1
A decorrere dal 18 maggio 2006, il Ministro per le Politiche Europee, on.
Emma Bonino, salve le competenze attribuite dalla legge al Ministro degli Affari
Esteri, è delegato ad esercitare le funzioni e le attribuzioni di competenza del
Presidente del Consiglio dei Ministri dirette ad assicurare la partecipazione
dell’Italia all’Unione Europea ed in particolare quelle relative:
a. alle attività inerenti all’attuazione delle politiche comunitarie di carattere
generale o per specifici settori, assicurandone coerenza e tempestività, nonché
alle attività inerenti alla partecipazione dello Stato italiano alla formazione di
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
atti e normative comunitari;
b. all’attuazione della legge 16 aprile 1987, n. 183, e della legge 4 febbraio 2005,
n. 11, in particolare per quanto concerne la predisposizione, sulla base delle
indicazioni delle amministrazioni interessate, degli indirizzi del Parlamento e
del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, del disegno di legge comunitaria,
seguendone anche il relativo iter parlamentare, nonché all’attuazione di questa
ultima legge;
c. all’armonizzazione fra legislazione nazionale e normative comunitarie, individuando nella citata legge comunitaria annuale gli strumenti idonei a recepire
nell’ordinamento interno gli atti comunitari che implicano i provvedimenti di
attuazione ed assicurando l’adempimento degli obblighi comunitari;
d. alle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea Competitività, rappresentando l’Italia con riferimento agli argomenti posti all’ordine del giorno
relativi al mercato interno, nonché alle altre riunioni del Consiglio dei Ministri
dell’Unione Europea, con esclusione del Consiglio Affari Generali e Relazioni
Esterne, relative a singole questioni per le quali occorra garantire la presenza del
Governo il cui oggetto non rientri nelle competenze di altri dicasteri, in collaborazione, ove occorra, con altri ministri interessati agli argomenti in discussione;
e. all’adeguamento coerente e tempestivo delle amministrazioni pubbliche agli
atti comunitari, nonché alla conformità e alla tempestività delle azioni volte a
prevenire l’insorgere di contenzioso e ad adempiere le pronunce degli Organi giurisdizionali comunitari;
f. alla decisione sull’opportunità di presentare ricorsi alla Corte di giustizia per la
tutela di situazioni di rilevante interesse nazionale e alla decisione di intervenire in procedimenti in corso nei quali siano in discussione questioni di rilievo
nazionale;
g. alla presidenza del comitato consultivo di cui all’art. 4, comma 1, della legge 16
aprile 1987, n. 183;
h. alla formazione di operatori pubblici e privati, al dialogo interculturale con riferimento ai temi ed ai problemi europei e ad altre iniziative di sostegno alle politiche europee, sia a livello Nazionale che, d’intesa con il Ministero degli Affari
Esteri, dei Paesi candidati e terzi a vocazione europea, promuovendo anche
strumenti di formazione a distanza e gemellaggi, nonché l’azione del comitato di
cui all’art. 58 della legge 22 febbraio 1994, n. 146;
i. alla diffusione, con i mezzi più opportuni, delle notizie relative ai provvedimenti di adeguamento dell’ordinamento interno all’ordinamento comunitario
che conferiscono diritti ai cittadini dell’Unione Europea, o ne agevolano l’esercizio, in materia di libera circolazione delle persone e dei servizi;
l. al coordinamento, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria,
delle amministrazioni dello Stato competenti per settore, delle regioni, degli
operatori privati e delle parti sociali interessate, ai fini della definizione della
posizione italiana da sostenere, di intesa con il Ministro degli Affari Esteri, in sede
di Unione Europea;
m.alla convocazione e presidenza del Comitato Interministeriale per gli Affari
Comunitari Europei (CIACE) di cui all’art. 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11;
n. alla convocazione, sentito il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie
Locali, ed alla copresidenza della sessione comunitaria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, di cui all’art. 17 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e all’art. 5 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di raccordare le linee della poli-
277
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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tica nazionale relative all’elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle autonomie territoriali;
o. alla convocazione, sentito il Ministro dell’Interno, ed alla copresidenza della sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali di cui
all’art. 18 della legge 4 febbraio 2005, n. 11;
p. al coordinamento delle azioni che l’Italia è chiamata ad adottare in attuazione della Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, curando la preparazione, la redazione e l’attuazione del Programma nazionale di riforma e di
ogni altro adempimento previsto nell’ambito della stessa Strategia di Lisbona;
q. alla presentazione, previo parere della Commissione per il coordinamento delle
politiche economiche nazionali con le politiche comunitarie, dei progetti da finanziare con il fondo di cui all’art. 357 della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
r. al coordinamento in ambito nazionale dell’attività conseguente ai lavori delle
agenzie europee di regolamentazione;
s. alla promozione, in collaborazione con le istituzioni comunitarie, le amministrazioni pubbliche competenti per settore, le regioni e gli altri enti territoriali, le
parti sociali interessate e le organizzazioni non governative interessate, della diffusione dell’informazione sulle attività della Unione Europea e delle iniziative
volte a rafforzare la coscienza della cittadinanza dell’Unione;
t. alla proposta delle candidature di cittadini italiani presso le istituzioni, gli enti e
le agenzie comunitarie;
u. alla rappresentanza della Repubblica italiana nell’ambito del Centro Nazionale di
Informazione e Documentazione Europea - C.I.D.E.;
v. alle attività inerenti alla partecipazione del Parlamento al processo di formazione della normativa comunitaria e dell’Unione Europea, di cui alla legge 4 febbraio 2005, n. 11;
z. alle attività inerenti alla predisposizione della relazione annuale al Parlamento
di cui all’art. 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
Art. 2
Il Ministro è altresì delegato a:
a. designare rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in organi,
commissioni, comitati, gruppi di lavoro ed altri organismi di studio, tecnicoamministrativi e consultivi, operanti, nelle materie oggetto del presente decreto,
presso altre amministrazioni ed istituzioni;
b. costituire commissioni di studio e consulenza e gruppi di lavoro nelle materie
oggetto del presente decreto;
c. provvedere, nelle predette materie, ad intese e concerti di competenza della
Presidenza del Consiglio dei Ministri necessari per le iniziative, anche normative,
di altre amministrazioni;
d. promuovere e predisporre tutti gli strumenti di consulenza, formativi e applicativi che aiutino le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, gli altri enti
locali, gli operatori privati e le organizzazioni non governative al fine di utilizzare gli strumenti e le risorse dei fondi strutturali dell’Unione Europea nella
misura più celere e corretta.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, previa registrazione da parte della Corte dei Conti.
Roma, 15 giugno 2006. Il Presidente: Prodi
Registrato alla Corte dei Conti il 24 giugno 2006. Ministeri istituzionali Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 9, foglio n. 7
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Il quadro normativo nazionale in cui si inquadrano le iniziative volte al recepimento e all’adeguamento della normativa europea, a una pubblica amministrazione fondata su principi e criteri condivisi, e a una cooperazione amministrativa costruttiva è piuttosto articolato.
Ai provvedimenti sopra richiamati si è aggiunta una serie di altre norme che contribuiscono a disegnare questo contesto, con particolare riferimento alla partecipazione alla fase ascendente e discendente e al ruolo delle autonomie territoriali:
• Legge 4 febbraio 2005, n. 11 “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia
al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione
degli obblighi comunitari” (cd legge Buttiglione);
• Decreto 9 Ottobre 2006, concernente l’organizzazione Interna del
Dipartimento per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie della
Presidenza del Consiglio dei Ministri in (G.U. n. 298 Del 23 Dicembre 2006);
• Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2006,
Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, ai sensi dall’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (GU n.
28 del 3 Febbraio 2006)
• Decreto 9 gennaio 2006 Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle
politiche comunitarie dall’articolo 2, comma 4, della legge 4 febbraio 2005,
n. 11 (GU n. 28 del 3 Febbraio 2006)
• Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per l’Integrazione Europea
(natura e funzioni).
Con la L. 11/2005, conosciuta anche come legge Buttiglione, viene abrogata la
legge 9 marzo 1989 n. 86, nota come legge La Pergola. La legge 11/2005 interviene nella disciplina della partecipazione nazionale alla funzione normativa comunitaria, modificando tanto i procedimenti di partecipazione che gli strumenti di
attuazione della normativa comunitaria.
Vale la pena accennare che la L. 11/2005 nasce con il proposito di porre un
rimedio al perdurante ritardo dell’Italia nella graduatoria dei paesi comunitari per
l’attuazione delle direttive. Dopo un primo periodo in cui la legge La Pergola
aveva dato buona prova di sé, il problema si era infatti riproposto con forza. Un
altro obiettivo della legge è l’adeguamento della normativa vigente alla riforma
del Titolo V della Costituzione, e al conseguente nuovo e più pregnante ruolo
delle regioni e degli enti locali.
I principi cui si ispira la legge sono esposti nell’art. 1: sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica. Sono principi che sembrano rifarsi a quelli richiamati in diversi atti e documenti comunitari, e sembrano volere aprire l’orizzonte della legge a una dimensione partecipativa, a un coinvolgimento nel percorso di formazione delle politiche comunitarie,
forse un tentativo di smentire il lamentato deficit democratico nella assunzione
delle decisioni comunitarie.
Rispetto alla legge La Pergola, viene mantenuto e reso più puntuale l’obbligo
della trasmissione degli atti o dei progetti di atti dal Governo alle Camere e alla
Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, contestualmente alla loro ricezione, con l’indicazione della data pre-
279
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
280
sunta della discussione o adozione in sede comunitaria. Gli atti su cui viene sollecitato il dibattito è stato ampliato anche ai documenti di consultazione (cd. libri
bianchi e libri verdi della Commissione delle Comunità europee), e viene riferito,
per le Regioni, alle materie di loro competenza esclusiva o concorrente. La legge
comunitaria ha peraltro aggiunto due articoli alla legge 4 febbraio 2005 n. 11 (articoli 15-bis e 15-ter), stabilendo specifici obblighi di informazione del Governo
alle Camere e alla Corte dei Conti, consistenti nell’invio, ogni sei mesi, di informazioni sul contenzioso comunitario e, ogni tre mesi (solo alle Camere), di una
relazione sui flussi finanziari con l’Unione Europea.
La legge n. 11 specifica ulteriormente le modalità di partecipazione alla formazione degli atti comunitari, definendo un articolato procedimento per la formazione dell’orientamento italiano nella cd. fase ascendente, aspetto che rappresenta
forse l’innovazione più significativa della legge. Prova della maggiore attenzione
dedicata a questa fase è che l’articolo 1bis della legge n. 86/’89 viene sostituito da
cinque articoli (da 3 a 7) dedicati appunto alla fase ascendente; mentre l’art. 2 istituisce il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) con
compiti di coordinamento finalizzati alla fase ascendente e di propulsione della
fase discendente, con la espressa previsione della partecipazione, su espressa
richiesta, del Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni o un
Presidente di Regione o di Provincia autonoma alle riunioni di tale organismo,
quando si trattino questioni di interesse per le Regioni e per le Province autonome.
La L. 11/2005 considera la partecipazione nella fase ascendente solo con riferimento alla partecipazione indiretta, e cioè prevedendo il coinvolgimento regionale nel processo di formazione della volontà statale in materia comunitaria.
Ricordiamo infatti che, relativamente alla partecipazione diretta delle Regioni in
sede comunitaria (art. 117, comma 5, Cost) si è data attuazione con la precedente
legge n. 131/2003 (art. 5) che non contempla la possibilità per le Regioni, anche
nelle materie di loro competenza esclusiva, di partecipare direttamente a livello
comunitario (Corte Cost., sent. n. 238 e 239/2004).
Sono inoltre previste forme di consultazione e di informazione della
Conferenza dei Presidenti delle Regioni o della Conferenza Stato–Regioni, coerentemente con gli indirizzi della normativa previdente. Altre novità riguardano
la previsione di un coinvolgimento nella fase ascendente anche degli enti locali
(art. 6) e delle parti sociali (attraverso le rappresentanze che siedono nello CNEL)
e delle categorie produttive (art. 7), con il limte, rispettivamente, che i progetti e
gli atti riguardino “questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza
degli enti locali” e “materie di particolare interesse econoimico e sociale”.
Per quanto riguarda la cd fase discendente, coerentemente all’art. 117 Cost.
riformato, la legge 11/2005 prevede a carico dello Stato, delle Regioni e delle
Province autonome, ciascuno secondo le proprie competenze legislativa, il compito di dare “tempestiva” attuazione alle direttive comunitarie (art. 8).
In attuazione della riforma del Titolo V la legge introduce quindi un meccanismo diretto di attuazione delle direttive comunitarie, da parte Regioni e Province
autonome. Questo canale di recepimento delle direttive si aggiunge a quelli, già
introdotti dalla legge La Pergola, di attuazione tramite delega legislativa al governo, in via regolamentare o tramite legge comunitaria.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Come già nella precedente legge La Pergola, anche per la legge n. 11/20054, la
legge comunitaria viene confermata quale strumento normativo annuale di attuazione della legislazione comunitaria, che regola tempi e modalità di recepimento
delle direttive nell’ordinamento interno. Secondo la nuova normativa il disegno
di legge comunitaria viene presentato alle Camere entro il 31 gennaio di ogni
anno dal Ministro per le Politiche Comunitarie, in collaborazione con le
Amministrazioni interessate e sulla base degli indirizzi espressi dal Parlamento e
delle osservazioni delle Regioni.
Un cenno a parte merita la riserva di esame, secondo la quale il Governo, da
parte del Parlamento o delle autorità regionali, può sospendere i lavori del
Consiglio dei ministri dell’Unione in attesa che, entro venti giorni dalla apposizione della riserva, Parlamento e Regioni deliberino.
Alla luce del contenuto della legge 11/2005, è utile richiamare anche il Decreto5
con cui il Ministro per le politiche comunitarie organizza il proprio Dipartimento.
A seguito della entrata in vigore della legge 11/20056, nel gennaio 2006 viene
adottato il regolamento che disciplina il funzionamento del CIACE, Comitato interministeriale per gli affari comunitari, e il regolamento che disciplina il funzionamento del Comitato tecnico permanente, strutture entrambe prevista dalla stessa
legge 11. L’origine di entrambe le strutture risiede nella volontà di coinvolgere
rispettivamente i massimi rappresentanti politici e i vertici delle amministrazioni.
Il CIACE rappresenta una novità di particolare rilievo elaborata sulla scorta di
esempi di diritto comparato con altri Stati membri. Istituito presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, il CIACE rappresenta una sorta di “Gabinetto degli
affari europei”. Attraverso questo strumento snello e di facile convocazione, si
realizza l’approfondimento delle tematiche riguardanti la partecipazione del
nostro Paese all’Unione Europea, coordinando tra loro i Ministri interessati alle
materie poste, di volta in volta, all’ordine del giorno, con l’obiettivo di definire
una linea ampiamente condivisa. La norma prevede anche la possibilità per le
regioni, le province autonome e gli enti locali di partecipare al CIACE quando
all’ordine del giorno vi siano questioni di loro interesse. Al momento risultano tre
riunioni del CIACE (marzo, luglio e ottobre 2006). Il CIACE, per la preparazione
delle proprie riunioni, si avvale di un Comitato Tecnico permanente istituito
presso il Dipartimento per le Politiche Comunitarie, composto da direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione, individuato dall’organo di
vertice di ciascuna amministrazione del Governo, comprese anche le Agenzie e le
Autorità indipendenti, designa il proprio, con la partecipazione di rappresentanti delle Regioni nelle forme stabilite dalla legge 11/2005. Il Comitato Tecnico
4
5
6
Legge 4 febbraio 2005, n. 11 ”Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”
Gazzetta Ufficiale n. 37 del 15 febbraio 2005.
Decreto 9 ottobre 2006, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 298 del 23 dicembre 2006 concernente l’organizzazione interna del dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della presidenza del consiglio dei ministri.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2006, Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dall’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n.
11.(vedi art.1-6).
281
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
282
quindi, così come il Comitato Interministeriale, ha una composizione variabile: se
giuridicamente ne fanno parte tutte le Amministrazioni centrali, la partecipazione alle singole riunioni è prevista per le amministrazioni che siano direttamente
interessate agli ordini del giorno. Il Comitato Tecnico svolge un funzione di coordinamento7 volta a:
• ridurre la discrasia tra fase ascendente e fase discendente, allo scopo di attuare in modo più compiuto il recepimento della normativa comunitaria
• acquisire in modo sistematico le valutazioni delle amministrazioni coinvolte
sui temi in discussione;
• elaborare la posizione che abbia il maggiore consenso sulla posizione nazionale da tenere;
• elaborare una strategia negoziale complessiva che tenga conto degli specifici
ambiti settoriali.
Il Comitato tecnico si è riunito tredici volte nel corso del 2006.
4. Regioni, questioni comunitarie ed affari internazionali
In ambito comunitario le Regioni e gli enti locali sono rappresentati nel
Comitato delle Regioni. Istituito nel 1994 con il Trattato di Maastricht, per la
prima volta riconosce istituzionalmente le istanze provenienti dagli enti territoriali, regioni ed enti locali, in piena coerenza con il principio di sussidiarietà, che
in quegli stessi anni andava affermandosi con crescente incisività.
I membri del Comitato sono nominati dal Consiglio, all’unanimità, secondo la
usuale ripartizione tra gli Stati. Il Comitato è attualmente composto da 344
membri; il Presidente è eletto dal Comitato tra i suoi membri, per un mandato
biennale. Le competenze del Comitato sono consultive e di proposta nei confronti del Consiglio o della Commissione, e si articolano principalmente in pareri obbligatori, nei casi previsti dal Trattato, e in pareri facoltativi che possono
essere richiesti dal Consiglio o dalla Commissione in tutti i casi in cui dette istituzioni lo ritengano opportuno. I casi di consultazione obbligatoria, inizialmente incentrati sulle tematiche autonomistiche, sono stati poi estesi (in particolare
dal Trattato di Amsterdam) a più generali questioni come la politica sociale,
l’ambiente, la formazione professionale. Il Comitato delle regioni ha la possibilità di presentare di propria iniziativa un parere su temi di rilevanza regionale e
degli enti locali.
Nell’ambito delle attività del Comitato delle Regioni è stata di recente isttuita
una piattaforma di monitoraggio del processo di Lisbona. Questa piattaforma, che
oggi conta circa 65 membri, rappresenta uno strumento operativo che consente
agli enti locali e regionali di mettere in risalto le proprie attività nell’attuazione
della strategia e di promuovere gli scambi di esperienze, favorendo una prospettiva non più puramente nazionale.
7
Decreto 9 gennaio 2006 - Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente
istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie dall’articolo 2,
comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11. (vedi art. 1-6).
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Di recente il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri8 ha fissato i criteri per la nuova ripartizione tra le collettività regionali e locali del numero dei
componenti italiani del Comitato.
Il mutato quadro costituzionale ha portato le Regioni e gli enti territoriali a
vedersi finalmente riconosciuto un ruolo più rilevante e meglio definito nei rapporti con la Comunità Europea e, più in generale, nei rapporti internazionali.
Rileva in particolare la partecipazione alla fase cd. ascendente e discendente, cui
abbiamo già fatto più di un cenno introducendo la L. 11/2005. In estrema sintesi
ricordiamo che le recenti riforme hanno posto leggi nazionali e regionali su un
piano di parità per quanto riguarda il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (Cost. art. 117, comma 1) e definito il ruolo delle Regioni nella
attuazione ed esecuzione degli atti dell’Unione Europea (Cost. art. 117, comma 5).
Gli interventi legislativi intervenuti a specificare le nuova competenze regionali, a livello nazionale e a livello regionale, sono:
• L. 131/2003 “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3” (G.U. n. 132 del 10
Giugno 2003), in particolare con riferimento al’art. 5;
• la stessa L. 11/2005 e i successivi regolamenti: D.P.C.M. 9 gennaio 2006,
“Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli
affari comunitari europei (CIACE), istituito presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11” e il
Decreto del Ministro per le Politiche Comunitarie 9 gennaio 2006,
“Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie
dall’articolo 2, comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11”, entrambi in G.U.
n. 28 del 3 febbraio 2006.
Pur non potendo riferire in questa sede della complessità del dibattito sul cd
potere estero delle regioni occorre ricordare che, accanto allo Stato, un significativo ruolo su questo fronte è svolto dalle Regioni, alle quali, a partire dal D.P.R. 24
luglio 1977, n. 616, il legislatore statale stesso ha attribuito un primo, ristretto,
ambito di competenza in materia internazionale, prevalendo allora la tendenza a
lasciare le competenze in materia di rapporti internazionali allo Stato. Il percorso
del riconoscimento alle regioni di tale competenza è passato anche attraverso la
giurisprudenza costituzionale. Ad iniziare dalla sentenza n. 179 del 1987, la Corte
Costituzionale ha introdotto la distinzione tra le attività inerenti i rapporti internazionali in senso stretto, di competenza statale, e le attività promozionali per lo
sviluppo economico, sociale, culturale, poi distinte anche in attività di mero rilievo internazionale, per le quali era ammessa una competenza regionale, distinzione ripresa dal D.P.R. 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia
di attività all’estero delle regioni e delle province autonome).
8
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 dicembre 2006 (Gazzetta Ufficiale N. 302
del 30 Dicembre 2006), “Nuova ripartizione tra le collettività regionali e locali del numero dei
componenti italiani del Comitato delle regioni, di cui all’articolo 263 del Trattato C.E.
Annullamento e sostituzione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio
2006.”(vedi art.1-6).
283
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
284
Anche prima della riforma del Titolo V della Costituzione, era quindi riconosciuto alle regioni la competenza ad intervenire in materia di rapporti internazionali, sia pure con forme di controllo da parte dello Stato (previa intesa, previo assenso…).
Le disposizioni del nuovo art. 117 non forniscono in realtà una definizione esatta di “potere estero”, individuando due livelli distinti: la politica estera, di competenza esclusiva dello Stato; i rapporti internazionali, di competenza concorrente.
Confermando il principio per il quale l’esclusività della competenza in capo
allo Stato si giustifica in presenza di una (superiore) esigenza di unitarietà dei
rapporti esteri dello Stato.
L’art. 6 della L. 5 giugno 2003 n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), di attuazione delle
disposizioni dell’articolo 117, quinto e nono comma, dispone in ordine all’esercizio del potere estero delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano9.
In sintesi, le Regioni e le Province autonome, nelle materie di propria competenza legislativa:
• provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero ed alla
Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 1);
• possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette
a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima
della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Ministero degli
affari esteri (comma 2);
• possono concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi
internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnicoamministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il
loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione,
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle
materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei princìpi
fondamentali dettati dalle leggi dello Stato (comma 3).
Per quanto riguarda il ruolo delle Regioni nella attuazione del diritto comunitario, oltre alla già citata legge 11/2005, un nuovo strumento è stato comunque
disposto dalla Legge Finanziaria 2007, che, oltre a ribadire la possibilità dell’esercizio da parte dello Stato dei poteri sostitutivi necessari nei confronti delle autonomie territoriali che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle
sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee, ha anche introdotto l’istituto della rivalsa dello Stato nei confronti dei medesimi soggetti per gli eventuali oneri finanziari derivanti da sentenze di condanna rese dalla Corte ai sensi
dell’articolo 228, comma 2, del Trattato (art. 1, commi 1213-1222). La Finanziaria
2007 prevede che le regioni adottino ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, di obblighi comunitari, per preve9
Rif. Corte Costituzionale sent. 238/2004 - sent. n. 239/2004.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
nire l’instaurazione delle procedure d’infrazione (artt. 226 e ss. Trattato) o per
porre termine alle stesse. È stato perciò esplicitato l’obbligo di adeguamento tempestivo ai principi del diritto comunitario da parte delle Regioni e delle Province
autonome, con la contestuale previsione dell’esercizio, da parte dello Stato, dei
poteri sostitutivi necessari in caso di inadempimento. Inoltre è stato sancito il
diritto dello Stato di rivalersi, nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi comunitari, degli oneri finanziari sofferti in conseguenza di
sentenze di condanna rese non solo dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, ma anche in relazione agli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle
sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
A seguito della riforma costituzionale del Titolo V, abbiamo effettuato una ricognizione degli statuti regionali riformati (situazione aggiornata al gennaio 2007)
per verificare che tipo di spazio sia stato riconosciuto, nei nuovi statuti, al nuovo
ruolo delle regioni per quanto attiene ai rapporti internazionali e ai rapporti con
la comunità europea. In particolare abbiamo concentrato la nostra attenzione
sulla partecipazione alla fase ascendente e discendente.
Abruzzo (B.U.R.A. 10 gennaio 2007, Suppl. n. 1)
Statuto Regione Abruzzo
Art. 3 Pace e cooperazione internazionale
1. La Regione riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e promuove la cultura della solidarietà e del dialogo tra popoli e religioni.
2. Nei limiti delle proprie competenze, la Regione sostiene la cooperazione con Stati
ed enti territoriali stranieri; promuove e stipula accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato.
3. La ratifica di accordi e di intese è autorizzata con legge.
Art. 4 L’Europa
1. L’Abruzzo è una Regione dell’Europa e concorre, con lo Stato e le altre Regioni, alla
definizione delle politiche e alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea.
2. La partecipazione al processo di integrazione europea avviene nel rispetto della
Costituzione e dello Statuto ed è svolta in conformità ai principi di sussidiarietà,
autonomia e identità regionale.
3. La Regione contribuisce alla formazione, esecuzione e attuazione degli atti della
Unione europea, sentito il Consiglio delle Autonomie locali nelle materie attinenti all’organizzazione territoriale locale, alle competenze e alle attribuzioni degli
Enti Locali o che comportino entrate e spese per gli Enti stessi.
4. La Regione partecipa, anche funzionalmente, agli organi comunitari che ne prevedono la rappresentanza nel rispetto dell’Ordinamento dell’Unione europea e degli
atti dello Stato.
Calabria (L.R. 19 ottobre 2004, n. 25)
Statuto Regione Calabria,
Articolo 3 (Rapporti interregionali, con l’Unione Europea e con altri Stati)
1. La Regione coordina la propria azione con quella delle altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni e la cura di interessi ultraregionali, adottando le
opportune intese e costituendo, ove occorra, apposite strutture organizzative. Le
intese interregionali sono ratificate con legge regionale.
2. La Regione, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato,
concorre alla determinazione delle politiche dell’Unione Europea, partecipa alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e comunitari.
3. La Regione realizza, altresì, forme di collegamento con gli organi dell’Unione
285
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
286
Europea per l’esercizio delle proprie funzioni relative all’applicazione delle normative comunitarie e per l’adeguamento dei propri atti alle fonti comunitarie.
4. Nelle materie di sua competenza la Regione conclude accordi con Stati e intese
con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da
leggi dello Stato, con particolare riferimento alle Nazioni prospicienti il
Mediterraneo.
5. La legge regionale ratifica gli accordi con Stati e le intese con enti territoriali interni ad altro Stato.
Articolo 43 (Potestà regolamentare)
1. Nel rispetto degli ambiti costituzionali di competenza della potestà regolamentare
degli enti locali, la Regione esercita la potestà regolamentare nelle materie di propria competenza legislativa e, in caso di delega da parte dello Stato della potestà
regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva statale; esercita altresì la
potestà regolamentare per l’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali
e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con
legge dello Stato.
2. Il Consiglio regionale esercita la potestà regolamentare nella forma di regolamenti
di attuazione e di integrazione in materia di legislazione esclusiva delegata dallo
Stato.
3. La Giunta regionale esercita la potestà regolamentare regionale attraverso regolamenti esecutivi, regolamenti di attuazione e di integrazione, regolamenti delegati,
nonché regolamenti di organizzazione dell’Amministrazione regionale secondo le
disposizioni generali di principio dettate dalla legge regionale.
4. L’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione
Europea avviene con legge o con regolamento regionale a seconda delle rispettive
competenze e nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato.
5. Nelle materie di competenza esclusiva della Regione che non siano riservate alla
legge dallo Statuto e dalla Costituzione, la Giunta, sulla base della legge regionale
di autorizzazione, che determina le norme generali regolatrici della materia e
dispone l’abrogazione delle norme vigenti con effetto dall’entrata in vigore delle
norme regolamentari, adotta i regolamenti delegati di cui al comma 3.
6. I regolamenti regionali sono emanati dal Presidente della Giunta e sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione nei modi e nei tempi previsti per la pubblicazione della legge regionale.
Emilia Romagna (L.R. 31 marzo 2005, n. 13)
Statuto Regione Emilia-Romagna,
art. 11 Ordinamento europeo e internazionale
1. La Regione conforma la propria azione ai principi ed agli obblighi derivanti dall’ordinamento internazionale e comunitario, partecipa al processo di costruzione
ed integrazione europea ed opera per estendere i rapporti di reciproca collaborazione con le altre Regioni europee.
art. 12, c. 1, lettera d) Partecipazione della Regione alla formazione e all’attuazione del diritto comunitario
1. La Regione, nell’ambito e nelle materie di propria competenza:
a) partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari,
nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato. La legge
regionale determina le modalità di informazione, preventiva e successiva, e le
forme di espressione di indirizzo dell’Assemblea legislativa sulla partecipazione della Regione alla formazione di decisioni comunitarie;
b) provvede direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli atti dell’Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato.
Si provvede con legge o, sulla base della legge, con norme regolamentari approvate dalla Giunta regionale, ovvero, ove per l’attuazione non è richiesta una pre-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
ventiva regolazione della materia, con atti dell’Assemblea o della Giunta regionale secondo le rispettive competenze e secondo la disciplina prevista dallo
Statuto per leggi e regolamenti;
c) partecipa ai programmi e progetti promossi dall’Unione europea, promuove la
conoscenza dell’attività comunitaria presso gli Enti locali ed i soggetti della
società civile e favorisce la partecipazione degli stessi ai programmi e progetti
promossi dall’Unione;
d) determina con legge il periodico recepimento delle direttive e degli altri atti normativi comunitari che richiedono un intervento legislativo;
e) determina con legge le modalità del concorso dell’Assemblea per quanto riguarda la propria partecipazione alla formazione delle decisioni comunitarie e le
proposte d’impugnativa avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi,
rispettando in ogni caso il potere di rappresentanza del Presidente della
Regione. In particolare, la legge determina le modalità necessarie per rispettare
il diritto dell’Assemblea ad ottenere un’adeguata e tempestiva informazione
preventiva e successiva.
Art. 49 Competenze legislative e regolamentari
1. La disciplina delle materie di competenza della Regione è stabilita con legge. La
potestà legislativa è riservata all’Assemblea e non è delegabile. L’Assemblea è
responsabile del procedimento legislativo dalla presentazione dell’iniziativa.
2. La Giunta regionale, salva la competenza dell’Assemblea prevista dall’articolo 28,
comma 4, lettera n), approva i regolamenti nei casi previsti dalla legge regionale;
disciplina, inoltre, l’esecuzione dei Regolamenti comunitari nei limiti stabiliti
dalla legge regionale.
3. I regolamenti regionali in materie di competenza degli Enti locali si applicano sino
alla data di entrata in vigore dei regolamenti degli Enti locali.
4. La legge individua i presupposti in presenza dei quali la Giunta può adottare in via
d´urgenza atti amministrativi in materie di competenza dell´Assemblea, salvo ratifica da parte di questa.
Lazio (L. statutaria 11 novembre 2004, n. 1)
Statuto Regione Lazio
Art. 3 (Unità nazionale, integrazione europea, rappresentanza degli interessi dei
cittadini e delle comunità)
1. La Regione promuove l’unità nazionale nonché, ispirandosi ai principi contenuti
nel Manifesto di Ventotene per una Europa libera e unita, l’integrazione europea
come valori fondamentali della propria identità.
2. Rappresenta gli interessi dei cittadini e delle comunità locali nelle sedi nazionali,
dell’Unione europea ed internazionali e ne promuove la tutela. Si impegna a
rafforzare in tali sedi la propria autonomia e quella degli enti locali, assumendo
adeguate iniziative.
Art. 10 (Rapporti internazionali e con l’Unione europea)
1. La Regione conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro
Stato, nei limiti stabiliti dalla Costituzione, ispirandosi ai principi di solidarietà e
collaborazione reciproca.
2. Attua ed esegue, nelle materie di propria competenza, gli accordi internazionali
conclusi dallo Stato, secondo le procedure stabilite dalla legge statale.
3. Partecipa con propri rappresentanti agli organismi internazionali e dell’Unione
europea di cui fanno parte Stati federati e Regioni autonome, in particolare al
Comitato delle Regioni, nonché ad associazioni tra gli enti stessi per la tutela di
interessi comuni.
4. Concorre con lo Stato e le altre Regioni alla formazione della normativa comunitaria e dà immediata attuazione agli atti dell’Unione europea, anche realizzando,
a tal fine, forme di collegamento con i relativi organi.
287
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
288
5. Cura, per quanto di propria competenza, i rapporti con la Città del Vaticano.
Art. 11 Adeguamento all’ordinamento comunitario
1. La Regione adegua il proprio ordinamento a quello comunitario.
2. Assicura l’attuazione della normativa comunitaria nelle materie di propria competenza, di norma attraverso apposita legge regionale comunitaria, nel rispetto
della Costituzione e delle procedure stabilite dalla legge dello Stato.
3. La legge regionale comunitaria, d’iniziativa della Giunta regionale, è approvata
annualmente dal Consiglio nell’ambito di una sessione dei lavori a ciò espressamente riservata.
4. Con la legge regionale comunitaria si provvede a dare diretta attuazione alla normativa comunitaria ovvero si dispone che vi provveda la Giunta con regolamento.
La legge regionale comunitaria dispone comunque in via diretta qualora l’adempimento agli obblighi comunitari comporti nuove spese o minori entrate o l’istituzione di nuovi organi amministrativi.
Liguria (L. statutaria 3 maggio 2005, n. 1)
Articolo 4 (Rapporti con l’Unione europea)
1. La Regione partecipa alla costruzione e al rafforzamento dell’Unione Europea
quale istituzione necessaria per la valorizzazione e lo sviluppo dei suoi territori al
fine di raggiungere obiettivi comuni.
2. La Regione, nelle materie di propria competenza, partecipa alle decisioni dirette
alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto
delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità
d’esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
3. La Regione realizza forme di collegamento con gli organi dell’Unione europea.
Articolo 37 (Funzioni del Presidente della Giunta regionale)
1. Il Presidente della Giunta regionale:
a) rappresenta la Regione;
b) cura i rapporti con gli organi dello Stato e con gli altri enti territoriali che costituiscono la Repubblica;
c) cura i rapporti con gli organi dell’Unione Europea, con altri Stati e con enti territoriali interni ad altri Stati;
Marche (L. statutaria 8 marzo 2005, n. 1)
Art. 2 (Europa, autonomie e formazioni sociali)
1. La Regione opera nel quadro dei principi fondamentali e delle norme dell’Unione
europea perseguendo la valorizzazione delle politiche comunitarie e la collaborazione con le altre Regioni d’Europa, garantendo altresì la propria partecipazione
alla vita dell’Unione e al processo di integrazione della stessa, nel rispetto delle
diverse culture.
2. …
Art. 31 (Procedimento legislativo)
1. Le proposte di legge sono sottoposte all’esame in sede referente della commissione
consiliare competente per materia.
2. La proposta di legge, dopo l’esame della commissione, è approvata dal Consiglio
articolo per articolo, e con votazione finale sull’intero testo.
3. Il regolamento interno del Consiglio stabilisce le procedure per l’esame delle proposte dichiarate urgenti e per quelle soggette a notifica alla Commissione
dell’Unione europea.
Art. 35 (Procedimento regolamentare)
1. La Regione esercita la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva e concorrente nonché nelle materie delegate dallo Stato e per dare attuazione
agli atti dell’Unione europea.
…
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Piemonte (L. statutaria 4 marzo 2005, n. 1)
Statuto Regione Piemonte
art. 42, comma 1
La Regione, con legge comunitaria regionale, adegua la propria normativa all’ordinamento comunitario” e, al comma 2, che “i lavori del Consiglio regionale per l’approvazione della legge comunitaria regionale sono organizzati in un apposita sessione da tenersi entro il 31 maggio di ogni anno”.
Puglia (L.R. 12 maggio 2004, n. 7)
Art. 9
1. La Regione opera nel quadro dei principi e delle norme dell’Unione europea perseguendo la valorizzazione delle politiche comunitarie regionali, cooperando con
le Regioni d’Europa e sostenendo opportuni e più ampi processi d’integrazione, nel
rispetto delle diverse culture.
2. La Regione partecipa, attraverso i propri organi rappresentativi, alla formazione di
decisioni degli organismi comunitari e, nelle materie di sua competenza, nei casi
e con le forme disciplinati dallo Stato, può concludere accordi con Stati e intese
con enti territoriali interni ad altro Stato.
3. La Regione promuove intese con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni e nell’interesse delle rispettive comunità.
Toscana (BURT 11 febbraio 2005, n. 12)
Statuto Regione Toscana
Art. 70 Rapporti con l’Unione europea
1. Gli organi di governo e il consiglio partecipano, nei modi previsti dalla legge, alle
decisioni dirette alla formazione e attuazione degli atti comunitari nelle materie di
competenza regionale.
2. Il presidente della giunta e il presidente del consiglio si informano reciprocamente sulle attività svolte in sede comunitaria nell’ambito delle rispettive attribuzioni.
Umbria (L.R. 16 aprile 2005, n. 21)
Articolo 25 Integrazione europea e rapporti con l’estero
1. La Regione, nelle materie di propria competenza, concorre alla formazione degli
atti comunitari nel rispetto delle procedure fissate dalle norme comunitarie e dalle
leggi.
2. La Regione partecipa ai programmi ed ai progetti dell’Unione Europea, promuovendo la conoscenza dell’attività comunitaria presso gli enti locali ed i soggetti
della società civile. Favorisce la partecipazione degli Enti locali ai programmi e
progetti promossi dall’Unione. La Regione procede con legge al periodico recepimento delle direttive e degli altri atti normativi comunitari che richiedono un intervento legislativo.
3. La Regione, anche in collaborazione con le altre regioni, stabilisce forme di collegamento con organi dell’Unione Europea per l’esercizio delle proprie funzioni ed
in particolare di quelle connesse alla applicazione delle normative comunitarie.
4. La Regione, nelle materie di sua competenza, conclude accordi con Stati e intese
con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati dalla
legge.
5. La Regione provvede alla attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali nel
rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato.
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L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
290
Alcune leggi regionali hanno da subito recepito i nuovi spazi offerti alle regioni
dalla riforma costituzionale per la loro azione in ambito comunitario e internazionale. Alcune, sull’esempio nazionale, hanno istituito delle leggi comunitarie
regionali, per assicurare annualmente il recepimento della normativa comunitaria
per quanto di loro competenza. Di seguito si segnalano le leggi regionali entrate in
vigore successivamente alla riforma costituzionale: Calabria; Emilia-Romagna;
Friuli Venezia Giulia, Marche, Valle d’Aosta.
REGIONE CALABRIA
LEGGE REGIONALE 5 gennaio 2007, n. 3
Disposizioni sulla partecipazione della Regione Calabria al processo normativo e
comunitario e sulle procedure relative all’attuazione delle politiche comunitarie.
IL CONSIGLIO REGIONALE HA APPROVATO
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE PROMULGA
la seguente legge:
CAPO I
Partecipazione della Regione al processo normativo comunitario
Art. 1 (Finalità)
1. La presente legge disciplina la partecipazione della Regione alla formazione degli
atti comunitari e le modalità di adempimento degli obblighi di competenza della
Regione derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, sulla base dei
princìpi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.
Art. 2 (Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario)
1. La Giunta e il Consiglio regionale definiscono d’intesa la posizione della Regione
sulle proposte di atto comunitario di cui all’art. 3, comma 1 e 2, della legge 4 febbraio 2005 n. 11, recante: «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari».
2. La posizione, della Regione è trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri,
secondo le modalità disciplinate dall’art. 5, comma 3, della legge 4 febbraio 2005,
n. 11.
Art. 3 (Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari ed attuazione delle politiche europee)
1. La Regione dà tempestiva attuazione alle direttive comunitarie adottate nelle materie di propria competenza.
2. Al fine di garantire il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della
Corte di giustizia, entro il primo giugno di ogni anno la Giunta regionale presenta
al Consiglio regionale il progetto di legge comunitaria regionale, dal titolo «legge
comunitaria regionale» con l’indicazione dell’anno di riferimento.
3. Nell’ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale riferisce sullo stato di conformità della legislazione regionale alle disposizioni
comunitarie e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato
per inadempienze imputabili alla Regione.
Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale)
1. La legge comunitaria regionale:
a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale, con particolare riguardo
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
alle direttive comunitarie, e dispone quanto ritenuto necessario per il completamento dell’attuazione dei regolamenti comunitari;
b) detta le disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e delle
decisioni della Commissione europea
che comportano obbligo di adeguamento per la Regione;
c) contiene, le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente
necessarie all’attuazione o applicazione
degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b);
d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione o applicazione la
Giunta regionale è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i
relativi princìpi e criteri direttivi.
2. L’adeguamento dell’ordinamento regionale a quello comunitario deve in ogni modo
avvenire tramite legge comunitaria regionale nel caso in cui esso comporta:
a) nuove spese o minori entrate;
b) l’istituzione di nuovi organi amministrativi.
3. Alla legge comunitaria regionale sono allegati:
a) l’elenco delle direttive che non necessitano di provvedimento di attuazione perché direttamente applicabili, per il loro contenuto sufficientemente specifico
ovvero in quanto l’ordinamento regionale è già conforme ad esse, ovvero perché
lo Stato abbia già adottato provvedimenti attuativi delle stesse e la Regione non
intende discostarsene;
b) una relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario.
Art. 5 (Rispetto della normativa comunitaria)
1. La Giunta regionale effettua una verifica costante della normativa comunitaria
adottata in relazione a materie di propria competenza, al fine di garantire lo stato
di conformità dell’ordinamento regionale con gli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell’Unione europea e delle Comunità europee, secondo quanto
previsto all’art. 8, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
2. Nell’ambito della relazione di accompagnamento alla legge comunitaria regionale
di cui al precedente articolo, la Giunta riferisce al Consiglio sulle risultanze di tale
verifica.
Art. 6 (Sessione comunitaria del Consiglio regionale)
1. Entro il 30 settembre di ogni anno il Consiglio regionale convoca la sessione comunitaria dedicando ad essa una o più sedute, al fine di verificare lo stato di attuazione dei programmi attivati a livello regionale e definire gli indirizzi regionali in
materia di politiche comunitarie.
2. In occasione della sessione comunitaria, la Giunta presenta al Consiglio regionale
una relazione concernente la partecipazione della Regione alla attuazione delle
politiche comunitarie nella quale sono esposte:
a) le posizioni sostenute dalla Regione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni
di cui all’art. 17 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 e del Comitato delle Regioni di
cui agli articoli 263, 264 e 265 del trattato istitutivo della Comunità europea;
b) le disposizioni procedurali, metodologiche, attuative, modificative e abrogative
necessarie all’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea adottate dalla Giunta regionale nell’anno di riferimento;
c) lo stato di attuazione dei programmi e delle iniziative comunitarie e degli altri
programmi regionali cofinanziati con risorse sempre comunitarie, con l’aggiornamento dei dati finanziari almeno al 30 giugno dell’anno di riferimento a quello in cui viene presentata la relazione.
291
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
292
Art. 7 (Sessione comunitaria della Giunta regionale)
1. Il Presidente della Giunta regionale convoca, almeno ogni sei mesi, una sessione
comunitaria della Giunta stessa allo scopo di verificare lo stato di avanzamento
degli interventi regionali di interesse comunitario, i risultati conseguiti, le linee di
azione prioritarie volte ad assicurare una corretta e tempestiva attuazione dei programmi e degli interventi cofinanziati dall’Unione europea.
2. Gli orientamenti adottati dalla Giunta regionale sono trasmessi al Consiglio regionale che esercita, al riguardo, la propria funzione di indirizzo e controllo.
Art. 8 (Partecipazione degli enti locali alla formazione degli atti comunitari)
1. In attuazione delle finalità della presente legge, il Consiglio regionale e la Giunta
regionale, nell’ambito del procedimento di formazione della legge comunitaria
annuale e dei lavori previsti nelle rispettive sessioni comunitarie, assicurano adeguate forme di partecipazione e di consultazione degli enti locali al processo normativo comunitario.
Art. 9 (Ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee)
1. Nelle materie di competenza legislativa della Regione, il Presidente della Giunta
regionale, previa deliberazione conforme della stessa, può richiedere al Governo, ai
sensi del secondo comma dell’art. 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131, di promuovere ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europee avverso gli atti
normativi comunitari ritenuti illegittimi.
Art. 10 (Misure urgenti)
1. A fronte di atti normativi comunitari o sentenze degli organi giurisdizionali delle
Comunità europee, comunicate dal Governo alla Regione, che comportano obblighi
regionali di adempimento all’ordinamento comunitario ed abbiano scadenza anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria regionale relativa all’anno in corso, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la relativa proposta di legge indicando nella relazione la data entro la quale il provvedimento deve essere approvato.
2. Nei casi di particolare urgenza il Presidente della Giunta e/o il Consiglio regionale
attivano gli strumenti previsti dal Regolamento interno in materia di proposte prioritarie e di procedura redigente per l’esame del provvedimento da parte della
Commissione consiliare competente.
CAPO II
Programmazione comunitaria
Art. 11 (Competenze del Consiglio regionale)
1. Il Consiglio regionale delibera gli atti di indirizzo, di programmazione, di piano, di
programma operativo regionale concernenti l’attuazione delle politiche comunitarie, ai sensi dell’art. 42 dello Statuto.
2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del
Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo una adeguata informazione
in ordine alla elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1.
3. La deliberazione con la quale il Consiglio regionale approva le proposte di atto di
cui al comma 1 contiene gli indirizzi per la Giunta regionale da seguire nel corso
dell’attività di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea, nonché l’autorizzazione a concordare gli adeguamenti necessari per la concessione del cofinanziamento.
4. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure
di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea.
5. Al termine del negoziato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio
regionale per l’approvazione definitiva.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
6. Le proposte di programma regionale relative a forme di finanziamento diretto
dell’Unione europea, attivate mediante bandi di gara o inviti a presentare proposte
sono approvate dalla Giunta regionale, sentito il parere della competente
Commissione
consiliare.
Art. 12 (Modifiche agli atti di programmazione comunitaria)
1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’art. 11,
comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale.
2. Per modifiche sostanziali si intendono:
a) le modifiche al piano finanziario che comportano una destinazione delle risorse
per priorità strategiche interne al programma diversa da quella originaria;
b) le modifiche di programmazione che comportano la previsione di nuove operazioni o la soppressione di operazioni esistenti;
c) le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2 sono trasmesse
alla competente Commissione consiliare, la quale esprime il proprio parere entro
15 giorni dalla acquisizione dell’atto; decorso tale termine, il parere si ritiene
reso in senso favorevole.
Art. 13 (Ruolo del Consiglio regionale in merito alla programmazione, alla gestione
e al monitoraggio degli Accordi di Programma Quadro)
1. Laddove la programmazione delle risorse nazionali e regionali per l’attuazione
dell’Intesa Istituzionale di Programma richieda la definizione di Accordi di
Programma Quadro cofinanziati con risorse comunitarie, il Consiglio regionale
delibera gli atti di indirizzo, di programmazione, di piano concernenti l’attuazione
degli Accordi di Programma Quadro.
2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del
Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo una adeguata informazione
in ordine alla elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1.
3. La deliberazione con la quale il Consiglio regionale approva le proposte di atto di
cui al comma 1 contiene gli indirizzi per la Giunta regionale da seguire nel corso
dell’attività di negoziato con lo Stato, nonché l’autorizzazione a concordare gli adeguamenti necessari per la concessione del cofinanziamento.
4. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure
di negoziato con lo Stato in merito alle modalità attuative delle Intese con cadenza
semestrale in modo da favorire l’espletamento delle attività di monitoraggio sull’attuazione degli Accordi di Programma Quadro.
5. Al termine del negoziato e prima di ogni modifica agli Accordi presentata al negoziato con lo Stato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio regionale
per l’approvazione definitiva.
Art. 14 (Modifiche agli Accordi di Programma Quadro)
1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’art. 13,
comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale.
2. Per modifiche sostanziali si intendono:
a) le modifiche al piano finanziario che comportano una destinazione delle risorse
per priorità strategiche interne al programma diversa da quella originaria;
b) le modifiche di programmazione che comportano la previsione di nuove operazioni o la soppressione di operazioni esistenti;
c) le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2 sono trasmesse
alla competente Commissione consiliare, la quale esprime il proprio parere entro
15 giorni dalla acquisizione dell’atto; decorso tale termine, il parere si ritiene
reso in senso favorevole.
293
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
294
CAPO III
Disposizioni finali
Art. 15 (Modifiche al Regolamento interno del Consiglio)
1. Il Consiglio adegua il proprio Regolamento interno alle prescrizioni contenute nella
presente legge entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione, definendo, in particolare, i tempi, le modalità di esame e di votazione della legge comunitaria regionale e degli atti di programmazione di cui alla presente legge.
Art. 16 (Disposizioni di rinvio)
1. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui alla legge 4 febbraio 2005, n. 11. La presente legge è pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione.E` fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e
farla osservare come legge della Regione Calabria.
Catanzaro, lì 5 gennaio 2007
Il Presidente Loiero
Regione Emilia-Romagna
LEGGE REGIONALE 24 marzo 2004, n. 6
RIFORMA DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO REGIONALE E LOCALE. UNIONE
EUROPEA E RELAZIONI INTERNAZIONALI. INNOVAZIONE E SEMPLIFICAZIONE. RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀ (BOLLETTINO UFFICIALE n. 41 del 25 marzo
2004).
…
TITOLO I
FINALITÀ E OBIETTIVI. UNIONE EUROPEA E RAPPORTI INTERNAZIONALI
Art. 1 Finalità e obiettivi
1. La presente legge adegua l’ordinamento della Regione Emilia-Romagna alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), perseguendo il grado più elevato di valorizzazione delle autonomie
e, al tempo stesso, di raccordo e armonia del sistema.
2. In particolare, persegue i seguenti obiettivi:
a) adeguare l’ordinamento della Regione alle esigenze di adempimento delle funzioni che la Costituzione le riconosce in ambito europeo e internazionale;
b) valorizzare l’autonomia degli Enti locali, con particolare riferimento a quella
normativa chiarendone i rapporti con le fonti regionali;
c) adeguare la disciplina della Conferenza Regione-Autonomie locali alla prospettiva della costituzione del Consiglio previsto dall’articolo 123, comma quarto
della Costituzione;
d) rafforzare gli strumenti di integrazione e concertazione tra diverse istituzioni e
diverse politiche, al fine di offrire ai cittadini prestazioni e interventi organicamente coordinati;
e) attuare i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza,
valorizzando particolarmente le forme associative tra Comuni, tenendo conto
delle specificità delle realtà montane, nonché considerando le peculiarità
dell’Area metropolitana bolognese e del Circondario di Imola;
f) favorire la cooperazione in ambito interregionale;
g) superare i controlli preventivi di legittimità ed introdurre forme di comunicazione, supporto e monitoraggio condiviso tra Regione ed Enti locali;
h) favorire la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, l’innovazione e la
trasparenza dell’attività normativa e amministrativa, anche mediante l’utilizzazione di strumenti informatici;
i) stabilire nuovi criteri di organizzazione regionale con particolare riferimento al
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
sistema delle agenzie e alle nomine;
l) prevedere uno stabile sistema di raccordo con le Università e stabilire criteri per
la valutazione dei titoli universitari ai fini delle assunzioni nelle amministrazioni regionale e locali.
Art. 2 Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario
1. Il presidente della Giunta regionale assicura e promuove, nel quadro degli indirizzi stabiliti dal Consiglio regionale, la più ampia partecipazione della Regione
Emilia-Romagna alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi e di indirizzo comunitari.
2. Il presidente della Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale delle iniziative e
dei compiti svolti ai sensi del comma 1.
3. La partecipazione degli Enti locali alle iniziative ed ai compiti svolti ai sensi del
comma 1 è disciplinata dalla Giunta regionale previa intesa con la Conferenza
Regione-Autonomie locali ai sensi dell’articolo 31 della legge regionale 21 aprile
1999, n. 3 (Riforma del sistema regionale e locale).
Art. 3 Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari ed
attuazione delle politiche europee
1. Per il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della Corte di giustizia,
entro il primo luglio di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale il progetto di legge comunitaria regionale che deve essere approvata entro il 31
dicembre e deve indicare nel titolo l’intestazione “Legge comunitaria regionale” con
l’indicazione dell’anno di riferimento. Il testo della legge comunitaria regionale è
trasmesso per conoscenza al Governo ed è accompagnato da una relazione sullo
stato di attuazione del diritto comunitario nell’ordinamento regionale.
2. La legge comunitaria regionale:
a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale e attua, in particolare, le direttive comunitarie, disponendo
inoltre quanto necessario per il completamento dell’attuazione dei regolamenti
comunitari;
b) detta disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e degli
altri provvedimenti, anche di rango amministrativo, della Commissione europea
che comportano obbligo di adeguamento per la Regione;
c) reca le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente necessarie all’attuazione o applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b);
d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione o applicazione la
Giunta è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i criteri ed i
principi direttivi all’uopo necessari;
e) reca le disposizioni procedurali, metodologiche, attuative, modificative e abrogative necessarie all’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione
europea.
3. La Regione Emilia-Romagna nell’ambito delle proprie competenze e nel perseguimento delle finalità statutarie partecipa ai programmi e progetti promossi
dall’Unione europea. La Regione promuove altresì la conoscenza delle attività
dell’Unione europea presso gli Enti locali e i soggetti della società civile del territorio regionale e favorisce la partecipazione degli stessi ai programmi e progetti promossi dall’Unione europea. La Giunta regionale determina, con proprio atto, le
modalità per l’eventuale cofinanziamento e l’acquisizione di servizi organizzativi e
di supporto per le iniziative di cui al presente comma.
Art. 4 Attività di rilievo internazionale della Regione
1. Nel rispetto della competenza statale in materia di politica estera e dei principi fon-
295
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
296
damentali stabiliti con legge dello Stato o da essa dedotti la presente legge detta
norme sulle modalità di esercizio dei rapporti internazionali della Regione.
2. La Giunta regionale esercita le proprie attività di rilievo internazionale, in particolare attraverso:
a) iniziative di cooperazione allo sviluppo, solidarietà internazionale e aiuto umanitario;
b) attività promozionali dirette nel campo del marketing territoriale, del commercio
e della collaborazione industriale, del turismo, del settore agroalimentare, della
cultura e dello sport;
c) predisposizione di missioni, studi, eventi promozionali;
d) attività promozionali indirette, quali il supporto a soggetti pubblici e privati presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna, ma non dipendenti dall’amministrazione regionale, per l’attuazione di iniziative similari a quelle indicate alle lettere a),
b) e c);
e) iniziative di scambio di esperienze e assistenza istituzionale con le amministrazioni di Regioni ed altri enti esteri;
f) supporto ad iniziative di scambio e collaborazione in campo universitario, scolastico e delle politiche giovanili;
g) supporto, promozione ed incentivazione allo sviluppo dei gemellaggi tra i
Comuni e le Province dell’Emilia-Romagna, quelli europei e del mondo e alle iniziative degli stessi per la diffusione di una cultura di pace;
h) iniziative a supporto del reclutamento e della formazione di personale destinato
ad immigrare per motivi di lavoro in Emilia-Romagna;
i) politiche a favore dei concittadini emigrati all’estero;
l) creazione di strutture all’estero di supporto alle attività internazionali della
Regione.
Art. 5 Indirizzi di cooperazione internazionale e disciplina dell’attività internazionale della Regione
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, approva un documento pluriennale di indirizzi in materia di cooperazione internazionale e attività internazionale
della Regione Emilia-Romagna per la programmazione regionale, contenente principi e modalità per il coordinamento fra le attività di rilievo internazionale della
Regione e priorità, anche territoriali, nell’attuazione delle stesse.
2. La Giunta regionale, nell’ambito delle priorità stabilite dal documento pluriennale
di indirizzi di cui al comma 1, approva:
a) le modalità e le procedure per l’istituzione di sedi ed uffici di collegamento e supporto organizzativo all’estero; tali uffici devono avere caratteristiche di intersettorialità;
b) le modalità organizzative e gli strumenti di supporto per la collaborazione con
enti territoriali interni ad altro Stato;
c) le modalità organizzative e gli strumenti di supporto per l’invio e l’accoglienza di
funzionari nell’ambito di progetti di collaborazione ed assistenza istituzionale;
d) gli strumenti e le iniziative per la collaborazione e l’incentivazione nelle attività
internazionali con gli Enti locali e le Università presenti in Regione.
3. Fino a specifica disposizione del contratto collettivo nazionale in materia, la Giunta
regionale, con l’atto di cui al comma 2, lettera a), stabilisce una indennità mensile
speciale a titolo di rimborso forfettario delle spese relative alla permanenza nella
sede di servizio all’estero al personale assegnato alle sedi ed uffici previsti da detta
disposizione. Tale indennità non può essere superiore alle analoghe indennità previste per il personale all’estero dello Stato italiano.
4. La Giunta regionale determina, con l’atto di cui al comma 2, lettera a), le modalità
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
per l’acquisizione di servizi organizzativi e di supporto per le attività degli uffici ivi
previsti, prevedendo le modalità per l’attivazione, ove necessario, di convenzioni
anche con enti, società ed associazioni dotate della necessaria capacità ed esperienza, con sede nel Paese di insediamento dell’ufficio.
5. Il comma 2, lettera a) ed i commi 3 e 4 si applicano anche alle strutture di rappresentanza regionale presso le istituzioni europee di cui all’articolo 58, comma 4 della
legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1994).
Friuli Venezia Giulia
Legge regionale 02/04/2004, N. 10
Disposizioni sulla partecipazione della Regione Friuli Venezia Giulia ai processi
normativi dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari.
Art. 1 (Finalità)
1. La Regione Friuli Venezia Giulia, in conformità ai principi di cui all’articolo 117
della Costituzione e nell’ambito delle proprie competenze, concorre direttamente
alla formazione degli atti comunitari e garantisce l’adempimento degli obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sulla base dei principi di
sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione
democratica.
2. Nell’ambito dei fini di cui al comma 1, la presente legge definisce le procedure finalizzate alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie nelle materie di competenza legislativa della Regione.
Art. 2 (Partecipazione alla formazione degli atti comunitari)
1. La Regione concorre direttamente, nelle materie di propria competenza, alla formazione degli atti comunitari, partecipando nell’ambito delle delegazioni del
Governo all’attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei Comitati del Consiglio
e della Commissione europea secondo modalità stabilite ai sensi dell’articolo 5
della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Art. 3 (Legge comunitaria regionale)
1. La Regione, nelle materie di propria competenza, dà immediata attuazione alle
direttive comunitarie.
2. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale, previa verifica dello stato di
conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario, presenta al
Consiglio regionale un disegno di legge regionale recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”; tale titolo è completato dall’indicazione
“Legge comunitaria” seguita dall’anno di riferimento.
3. Nell’ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale:
a) riferisce sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato in
conseguenza di inadempimenti della Regione;
b) fornisce l’elenco delle direttive da attuare in via regolamentare o amministrativa.
4. Il regolamento interno del Consiglio regionale definisce i tempi, le modalità di
esame e di votazione della legge comunitaria regionale.
Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale)
1. Il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario
è assicurato dalla legge comunitaria regionale, che reca:
297
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
298
a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni legislative regionali in contrasto con gli obblighi indicati all’articolo 1;
b) disposizioni necessarie per dare attuazione o assicurare l’applicazione di norme
e di atti comunitari, che vincolino la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione;
c) disposizioni che autorizzano la Giunta regionale ad attuare le direttive in via
regolamentare, nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge;
d) disposizioni ricognitive delle direttive da attuare in via amministrativa.
2. Alla legge comunitaria regionale sono allegati:
a) l’elenco delle direttive delle quali si dispone l’attuazione per rinvio, in quanto
aventi contenuto incondizionato e sufficientemente specifico, e delle direttive
che non necessitano di provvedimento di attuazione in quanto l’ordinamento
interno risulta già conforme a esse;
b) l’elenco delle direttive attuate in via regolamentare;
c) l’elenco delle direttive attuate in via amministrativa.
Note: 1. Sostituite parole al comma 2 da art. 18, comma 1, L.R. 11/2005
Art. 5 (Attuazione in via regolamentare)
1. La legge comunitaria regionale può autorizzare l’attuazione delle direttive mediante regolamenti di esecuzione e attuazione, nonchè mediante regolamenti di delegificazione, nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge.
2. I regolamenti di cui al comma 1 si conformano alle seguenti norme generali nel
rispetto dei principi e delle disposizioni contenuti nelle direttive da attuare:
a) individuazione della responsabilità e delle funzioni attuative delle amministrazioni nel rispetto del principio di sussidiarietà;
b) esercizio dei controlli secondo modalità che assicurino efficacia, efficienza, sicurezza e celerità;
c) fissazione di termini e procedure nel rispetto dei principi di semplificazione di cui
all’articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modifiche.
3. Le disposizioni della legge comunitaria regionale che autorizzano l’emanazione di
regolamenti di delegificazione determinano le norme generali o i criteri che devono
presiedere all’esercizio del potere regolamentare e dispongono l’abrogazione delle
disposizioni legislative vigenti, con effetto dall’entrata in vigore dei regolamenti e in
essi espressamente indicate. Tali regolamenti sono adottati previo parere vincolante della competente Commissione consiliare, la quale esprime il parere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta. Decorso tale termine si
prescinde dal parere.
4. La legge comunitaria regionale detta le disposizioni relative qualora le direttive consentano scelte in ordine alle modalità della loro attuazione o si renda necessario
introdurre sanzioni amministrative o individuare le autorità pubbliche cui affidare
le funzioni amministrative inerenti all’applicazione della nuova disciplina, o qualora l’attuazione delle direttive comporti l’istituzione di nuovi organi amministrativi o la previsione di nuove spese o di minori entrate.
Art. 6 (Adeguamenti tecnici in via amministrativa)
1. Alle norme comunitarie non autonomamente applicabili, che modificano modalità
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell’ordinamento regionale, è data attuazione in via amministrativa con decreto del Presidente
della Regione previa deliberazione della Giunta regionale.
Art. 7 (Relazione al Consiglio regionale)
1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge comunitaria regionale annuale
l’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie locali, pre-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
via deliberazione della Giunta regionale, presenta alla competente Commissione
consiliare una relazione sullo stato di attuazione della legge medesima.
Art. 8 (Misure urgenti)
1. A fronte di atti normativi comunitari o sentenze degli organi giurisdizionali delle
Comunità europee, comunicate dal Governo alla Regione, che comportano obblighi
regionali di adempimento all’ordinamento comunitario ed abbiano scadenza anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria regionale relativa all’anno in corso, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale il relativo
disegno di legge indicando nella relazione la data entro la quale il provvedimento
deve essere approvato.
1 bis. Nel caso in cui in sede amministrativa è riconosciuto l’obbligo di disapplicare
norme interne in contrasto con la normativa comunitaria, la Giunta regionale
emana indirizzi al fine dell’omogeneità dell’attività amministrativa regionale e presenta tempestivamente al Consiglio regionale un disegno di legge, con il quale sono
modificate o abrogate le disposizioni di legge regionale incompatibili con le norme
comunitarie, indicando eventualmente nella relazione la data entro la quale il provvedimento deve essere approvato.
Note: 1. Aggiunto il comma 1 bis da art. 19, comma 1, L.R. 11/2005
Art. 9 (Indicazione degli atti comunitari attuati)
1. Tutti i provvedimenti adottati dalla Regione per dare attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza legislativa recano nel titolo il numero
identificativo della direttiva attuata.
2. Le sentenze della Corte di giustizia che comportino obbligo di adeguamento per la
Regione sono indicate nell’ambito delle disposizioni che modificano la normativa
vigente in conformità a esse.
Art. 10 (Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della legge)
1. Le disposizioni della presente legge possono essere modificate, derogate, sospese o
abrogate da successive leggi solo attraverso l’esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.
Art. 11 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 9/1998)
1. All’articolo 1 della legge regionale 19 maggio 1998, n. 9 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi comunitari in materia di aiuti di Stato) sono apportate le
seguenti modifiche:
a) ai commi 1 e 7 bis le parole “il Presidente della Regione” sono sostituite dalle
seguenti: “l’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie
locali”;
b) al comma 4 le parole “al Presidente della Regione” sono sostituite dalle seguenti:
“all’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie locali”.
Regione Marche
Legge regionale 2 ottobre 2006, n. 14. Disposizioni sulla partecipazione della
Regione Marche al processo normativo comunitario e sulle procedure relative
all’attuazione delle politiche comunitarie (B.U.R. n. 99 del 12.10.2006).
Art. 1 (Finalità)
1. La presente legge disciplina le modalità di partecipazione della Regione alla formazione di atti normativi comunitari nonché le procedure per l’attuazione delle
politiche comunitarie nell’ordinamento regionale.
Art. 2 (Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario)
1. La Giunta e il Consiglio regionale definiscono d’intesa le osservazioni della Regione
sulle proposte di atto comunitario di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 4
febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo
299
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
300
normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari).
2. La posizione della Regione è trasmessa secondo le modalità disciplinate dall’articolo 5, comma 3, della legge 11/2005.
Art. 3 (Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari e attuazione delle politiche europee)
1. La Regione dà tempestiva attuazione alle direttive comunitarie adottate nelle materie di propria competenza.
2. Al fine di garantire il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della
Corte di giustizia, entro il 31 maggio di ogni anno la Giunta regionale presenta al
Consiglio regionale la proposta di legge comunitaria regionale dal titolo: “Legge
comunitaria regionale” e con l’indicazione dell’anno di riferimento.
3. Nell’ambito della relazione alla proposta di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale riferisce sullo stato di conformità della legislazione regionale alle disposizioni
comunitarie e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato
per inadempienze imputabili alla Regione.
Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale)
1. La legge comunitaria regionale:
a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale, con particolare riguardo alle direttive comunitarie, e dispone
quanto ritenuto necessario per l’attuazione dei regolamenti comunitari;
b) detta le disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e delle
decisioni della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento
per la Regione;
c) contiene le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente
necessarie all’attuazione o all’applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b);
d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione la Giunta regionale è
autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i relativi principi e criteri direttivi.
Art. 5 (Rispetto della normativa comunitaria)
1. Il Consiglio regionale effettua una verifica constante della conformità dell’ordinamento regionale con gli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi
dell’Unione europea e delle Comunità europee, secondo quanto previsto all’articolo 8, comma 3, della legge 11/2005.
2. La verifica di cui al comma 1 è effettuata dalla Commissione consiliare competente per gli affari comunitari, che si avvale delle strutture messe a disposizione dal
Consiglio stesso.
3. La Commissione consiliare competente per gli affari comunitari informa della verifica effettuata le Commissioni consiliari di volta in volta competenti e la Giunta
regionale.
Art. 6 (Competenza del Consiglio regionale)
1. Il Consiglio regionale delibera gli atti di indirizzo nonché, su proposta della Giunta,
gli atti di programmazione, di piano e di programma operativo regionale concernenti l’attuazione delle politiche comunitarie, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto.
2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del
Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo un’adeguata informazione a
partire dalla fase di elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1.
3. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea.
4. Al termine del negoziato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio
regionale per l’approvazione definitiva.
Art. 7 (Modifiche agli atti di programmazione comunitaria)
1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’articolo
6, comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale.
2. Per modifiche sostanziali si intendono le modifiche al piano finanziario che comportano uno spostamento di risorse tra gli assi o tra priorità strategiche diverse da
quelle originarie del programma in misura superiore al 3 per cento complessivo,
calcolato sul totale del contributo pubblico relativo all’intero periodo di programmazione.
3. Le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2, una volta approvate dalla Giunta regionale, sono trasmesse alla competente Commissione consiliare,
la quale esprime il proprio parere entro quindici giorni dalla trasmissione dell’atto;
decorso tale termine, si prescinde dal parere.
4. Ogni atto di programmazione può indicare i contenuti che, se variati, ne determinano una modifica sostanziale.
Art. 8 (Sessione comunitaria del Consiglio regionale)
1. La Giunta regionale, entro il termine indicato al comma 2 dell’articolo 3, presenta
al Consiglio regionale il rapporto sullo stato di attuazione delle politiche comunitarie nel quale sono esposti:
a) le posizioni sostenute dalla Regione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni
di cui all’articolo 17 della legge 11/2005 e del Comitato delle Regioni di cui agli
articoli 263, 264 e 265 del trattato istitutivo della Comunità europea;
b) lo stato di avanzamento dei programmi di competenza della Regione, con l’indicazione delle procedure adottate per l’attuazione.
c) gli orientamenti e le misure che si intendono adottare per l’attuazione delle politiche comunitarie per l’anno in corso;
d) le attività di collaborazione internazionale avviate e quelle che si intendono
avviare nell’anno in corso.
2. Il Consiglio regionale, a seguito della presentazione della proposta di legge comunitaria regionale e del rapporto di cui al comma 1, è convocato in sessione comunitaria alla quale sono dedicate una o più sedute. Durante la sessione comunitaria
il Consiglio, oltre alla discussione ed approvazione degli atti di competenza, adotta gli eventuali indirizzi validi per l’attività della Regione.
Art. 9 (Informazione al Consiglio regionale)
1. La Giunta regionale assicura un’informazione costante al Consiglio, per il tramite
della Commissione consiliare competente per gli affari europei, sull’attuazione
delle politiche comunitarie nonché sullo svolgimento delle attività di rilievo internazionale.
2. L’informazione di cui al comma 1 riguarda, in particolare:
a) gli atti relativi alla partecipazione a bandi di gara o inviti a presentare proposte
che beneficiano di un cofinanziamento comunitario;
b) i bandi elaborati per dare attuazione ai programmi comunitari;
c) le iniziative di partenariato internazionale promosse della Giunta regionale.
Art. 10 (Modifiche al regolamento interno del Consiglio)
1. Il Consiglio regionale adegua il proprio regolamento interno alle prescrizioni contenute nella presente legge, definendo, in particolare, le modalità di svolgimento
della sessione comunitaria e di esame degli atti di programmazione di cui all’articolo 6.
301
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
302
2. In attesa delle modifiche di cui al comma 1, il rapporto presentato dalla Giunta
regionale, ai sensi del comma 1 dell’articolo 8, è discusso nel corso della seduta del
Consiglio regionale convocata per l’esame della proposta di legge comunitaria di
cui al comma 2 dell’articolo 3.
La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo
a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della regione Marche.
Regione Valle D’Aosta
Legge regionale 16 marzo 2006, n. 8.
Disposizioni in materia di attività e relazioni europee e internazionali della
Regione autonoma Valle d’Aosta (B.U. 4 aprile 2006, n. 14)
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Finalità)
1. In relazione al combinato disposto degli articoli 117, commi 3, 5 e 9, della
Costituzione e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo
V della parte seconda della Costituzione), e nel rispetto degli indirizzi di politica
estera dello Stato e delle leggi 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3), e 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari), la presente legge:
a) detta disposizioni in materia di relazioni internazionali e con l’Unione europea
della Regione;
b) disciplina le attività di rilievo internazionale ed europeo della Regione;
c) disciplina le modalità di partecipazione della Regione ai processi normativi
dell’Unione europea e di adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Art. 2 (Ambiti di intervento)
1. La Regione, nell’esercizio delle attività di rilievo internazionale nelle materie di sua
competenza, provvede a:
a) sviluppare attività e iniziative tese a rafforzare ed approfondire la cooperazione
e le relazioni di buon vicinato tra le regioni e le popolazioni dell’arco alpino;
b) promuovere la cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale,
predisporre proposte e attuare iniziative per lo sviluppo ed il potenziamento di
partenariati istituzionali;
c) concludere convenzioni con enti territoriali interni ad altri Stati e accordi con
altri Stati, nei limiti e secondo le modalità di cui all’articolo 6 della legge n.
131/2003.
2. La Regione, nell’esercizio delle attività di rilievo europeo nelle materie di sue competenza, provvede a:
a) promuovere e favorire iniziative di studio, di ricerca, di scambio di esperienze, di
informazione e di divulgazione volte alla promozione dell’unità europea, con
particolare attenzione alle iniziative dirette al consolidamento, tra i giovani, dell’identità europea;
b) promuovere la conoscenza delle istituzioni, delle politiche e delle attività
dell’Unione europea presso i cittadini, gli enti locali e i soggetti della società civile, favorendone la partecipazione ai programmi e ai progetti promossi
dall’Unione europea;
c) contribuire, nelle sedi in cui essa è rappresentata, a promuovere il rispetto, la
tutela e la valorizzazione, in ambito europeo, delle lingue e culture meno diffuse e della loro particolarità, al fine di sostenere e consolidare un’Europa della
diversità;
d) stabilire relazioni con le organizzazioni europeiste, regionaliste e federaliste;
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
e) partecipare ad organismi e associazioni costituiti tra le Regioni, le Province autonome ed i Comuni nell’ambito delle attività dell’Unione europea e del Consiglio
d’Europa;
f) favorire il gemellaggio dei Comuni, singolarmente o in forma associata, con i
Comuni degli altri Stati membri dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa;
g) partecipare ai processi normativi dell’Unione europea e dare esecuzione agli
obblighi che le derivano dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea;
h) dare attuazione alle politiche europee, con particolare attenzione ai loro profili
di carattere interregionale, transfrontaliero e transnazionale.
Art. 3 (Attività a sostegno della francofonia)
1. La Regione riconosce nella lingua francese una delle radici più profonde della propria autonomia storica, culturale e istituzionale e ritiene propria responsabilità
mantenerla viva e disponibile per le future generazioni.
2. La Regione, nell’ambito delle attività e delle relazioni di rilievo internazionale ed
europeo di cui all’articolo 2, promuove le cooperazioni, gli scambi, i partenariati ed
ogni altra forma di collaborazione intesa a favorire la diffusione internazionale
della lingua francese.
3. Per il perseguimento delle finalità di cui ai commi 1 e 2, la Regione, per il tramite
del Consiglio regionale, partecipa, in particolare, all’Assemblée parlementaire de la
francophonie.
Art. 4 (Indirizzi e disciplina dell’attività europea ed internazionale della Regione)
1. Il Consiglio regionale, entro sei mesi dall’inizio della legislatura, su proposta della
Giunta regionale, approva un documento pluriennale di indirizzo sulle attività di
rilievo internazionale ed europeo della Regione, contenente le linee programmatiche per l’azione regionale, nonché l’indicazione delle materie di interesse regionale e delle relative priorità, anche territoriali, di intervento.
2. La Giunta regionale, nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal documento di cui al
comma 1, con apposita deliberazione:
a) specifica le attività e le singole iniziative da intraprendere;
b) attribuisce alle strutture dell’Amministrazione regionale le competenze finalizzate all’espletamento delle attività di cui alla lettera a);
c) stabilisce i tempi per l’inizio e la conclusione delle attività di cui alla lettera a),
definendo, contestualmente, i relativi indicatori di risultato;
d) indica gli strumenti necessari alla realizzazione delle attività di cui alla lettera
a), definendo, contestualmente, le modalità di attivazione, organizzazione e
finanziamento delle suddette attività.
3. La Giunta regionale disciplina, inoltre, con propria deliberazione, le modalità di
svolgimento delle missioni all’estero, di apertura e di organizzazione degli uffici di
collegamento e supporto tecnico all’estero e quelle per l’eventuale attivazione di
convenzioni con enti, società ed associazioni dotati delle necessarie capacità ed
esperienza.
4. Il Presidente della Regione presenta al Consiglio regionale, nell’ambito di un’apposita sessione europea e internazionale le cui modalità di svolgimento sono stabilite
dal regolamento interno del Consiglio, una relazione sulle attività svolte in attuazione della presente legge.
CAPO II
ATTIVITÀ DI RILIEVO INTERNAZIONALE ED EUROPEO DELLA REGIONE
Art. 5 (Relazioni internazionali ed europee della Regione)
1. Nell’ambito delle attività di rilievo internazionale ed europeo di cui all’articolo 2
e nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal documento di cui all’articolo 4, la Giunta
regionale provvede, in particolare, alla realizzazione di iniziative nei seguenti settori:
a) cooperazione allo sviluppo, solidarietà internazionale e aiuto umanitario;
303
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
304
b) scambio di esperienze e assistenza istituzionale alle amministrazioni di Regioni
ed altri enti, associazioni e organizzazioni esteri e internazionali, in particolare
nell’ambito delle problematiche comuni alle zone di montagna, delle autonomie
regionali speciali e della tutela e promozione delle lingue regionali, minoritarie
e meno diffuse;
c) supporto ad attività di scambio e collaborazione in materia di istruzione, di università e di politiche giovanili;
d) sostegno, promozione ed incentivazione dei gemellaggi tra i Comuni della regione, singolarmente o in forma associata, e quelli europei ed extraeuropei, nonché
delle iniziative correlate;
e) promozione diretta nel campo del marketing territoriale, del commercio, della
cooperazione industriale, dell’agroalimentare, della cultura e dello sport;
f) promozione indiretta sotto forma di supporto a soggetti pubblici e privati presenti sul territorio regionale, per l’attuazione di iniziative similari a quelle di cui alla
lettera e).
Art. 6 (Attuazione delle politiche europee e istituzione di uno sportello di informazione sull’Unione europea)
1. La Regione, nelle materie di sua competenza, partecipa ai programmi e ai progetti
promossi dall’Unione europea. La Giunta regionale determina, con propria deliberazione, le modalità per l’eventuale cofinanziamento e l’acquisizione di servizi
organizzativi di sostegno delle iniziative di cui al presente comma. I Comuni, le
Comunità montane, gli enti e le aziende strumentali della Regione, in qualsiasi
forma costituiti, concordano con la struttura regionale competente in materia di
affari europei, di seguito denominata struttura competente, l’opportunità e le
modalità della propria partecipazione ai programmi e ai progetti promossi
dall’Unione europea.
2. Per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), la
Giunta regionale istituisce, nell’ambito della struttura competente, uno sportello di
informazione al cittadino sulle istituzioni, le politiche e le attività dell’Unione europea e ne determina le modalità di funzionamento.
Art. 7 (Istituzione dell’Ufficio di rappresentanza a Bruxelles)
1. Per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2, comma 2, la Giunta regionale, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 58, comma 4, della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1994), istituisce, presso la sede delle istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles, la struttura denominata Ufficio di rappresentanza, quale strumento di collegamento tecnico, amministrativo e operativo tra le strutture regionali e gli uffici, gli organismi e le istituzioni dell’Unione europea. La Giunta regionale stabilisce altresì le modalità di apertura e di organizzazione della suddetta struttura.
CAPO III
PARTECIPAZIONE DELLA REGIONE AI PROCESSI NORMATIVI DELL’UNIONE
EUROPEA E PROCEDURE DI ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI COMUNITARI
Art. 8 (Partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari)
1. Nelle materie di sua competenza, la Regione concorre direttamente alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo
italiano, alle attività del Consiglio, dei gruppi di lavoro, dei comitati tecnici del
Consiglio e della Commissione europea, secondo le modalità stabilite dall’articolo
5 della legge n. 131/2003.
2. La Giunta regionale disciplina, con propria deliberazione, le modalità di partecipazione della Regione alle attività di cui al comma 1 e alle altre attività dirette alla
formazione degli atti normativi comunitari di cui all’articolo 5 della legge n.
11/2005.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Art. 9 (Legge comunitaria regionale)
1. La Regione, nelle materie di sua competenza, dà tempestiva attuazione agli atti normativi comunitari e alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
2. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale, previa verifica dello stato di
conformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario, presenta al Consiglio
regionale un disegno di legge recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta derivanti dall’appartenenza dell’Italia
alle Comunità europee”; il titolo è completato dal numero identificativo delle direttive recepite e dall’indicazione “Legge comunitaria regionale”, seguita dall’anno di
riferimento.
3. Nella relazione sul disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale:
a) riferisce in merito allo stato di conformità dell’ordinamento regionale al diritto
comunitario e alle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato in conseguenza di inadempimenti della Regione;
b) fornisce l’elenco degli atti normativi comunitari da applicarsi o eseguirsi in via
amministrativa.
Art. 10 (Contenuti della legge comunitaria regionale)
1. La legge comunitaria regionale:
a) detta disposizioni per l’esecuzione o l’applicazione degli atti normativi emanati
dall’Unione europea nelle materie di competenza della Regione;
b) detta disposizioni per l’esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia delle
Comunità europee e degli atti della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento per la Regione;
c) reca disposizioni modificative o abrogative di norme regionali, per l’esecuzione
o l’applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b);
d) individua gli atti normativi comunitari alla cui esecuzione o applicazione la
Giunta regionale è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i criteri e gli indirizzi allo scopo necessari;
e) reca disposizioni procedurali, modificative e abrogative per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea.
2. Alla legge comunitaria regionale sono allegati i due documenti di seguito indicati:
a) elenco degli atti normativi comunitari che non necessitano di recepimento, in
quanto l’ordinamento regionale risulta già conforme ad essi;
b) elenco degli atti normativi comunitari recepiti o applicati in via amministrativa
dalla Giunta regionale.
3. Il Presidente della Regione trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, con le
modalità di cui all’articolo 16, comma 2, della legge n. 11/2005, il testo della legge
comunitaria regionale, unitamente alla relazione, e gli atti di cui al comma 2, lettera b).
Art. 11 (Adeguamenti tecnici da apportarsi in via amministrativa)
1. Alle disposizioni comunitarie non direttamente applicabili che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di atti normativi comunitari già
recepiti nell’ordinamento regionale, è data attuazione in via amministrativa con
decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI
Art. 12 (Disposizioni finanziarie)
1. L’onere derivante dall’applicazione degli articoli 6 e 7 della presente legge è determinato in complessivi euro 230.000 a decorrere dall’anno 2006.
2. L’onere di cui sopra trova copertura nello stato di previsione della spesa del bilancio
della Regione per l’anno finanziario 2006 e di quello pluriennale per il triennio
2006/2008, nell’obiettivo programmatico 1.3.1 (Funzionamento dei servizi regionali).
3. Al finanziamento dell’onere di cui al comma 1, si provvede - con riferimento agli
305
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
anni 2006, 2007 e 2008 dei bilanci per l’anno finanziario e per il triennio 2006/2008
- come segue:
a) per annui euro 55.000, mediante riduzione di pari importo dello stanziamento
iscritto al capitolo 25058 (Spese per prestazioni di servizi e acquisto di libri, pubblicazioni, testi giuridici connessi all’attivazione di un punto di informazione al
cittadino sulle principali politiche e istituzioni dell’Unione Europea) dell’obiettivo programmatico 2.2.2.17. (Programmi comunitari cofinanziati);
b) per annui euro 175.000, mediante riduzione di pari importo dello stanziamento
iscritto al capitolo 35620 (Spese per la costituzione del fondo di dotazione della
Finaosta S.p.A. per gli interventi della gestione speciale) dell’obiettivo programmatico 2.1.4.02. (Partecipazioni azionarie e conferimenti).
4. Per l’applicazione della presente legge, la Giunta regionale è autorizzata ad apportare, con propria deliberazione, su proposta dell’assessore regionale competente in
materia di bilancio, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 13 (Abrogazione)
1. Il comma 2 dell’articolo 3 della legge regionale 20 luglio 2004, n. 13, è abrogato.
306
La possibilità per le regioni di aprire propri “uffici di collegamento” presso gli
organismi internazionali è stata sancita dalla L. 52/199610, che supera i vincoli
normativi fino ad allora esistenti e ricollegabili alle remore del legislatore a riconoscere un ruolo alla regioni in ambito comunitario e internazionale. Si tratta di
uffici che svolgono attività di informazione, comunicazione, promozione degli
interessi regionali attraverso forme più o meno accentuate di lobbying. Per la
maggior parte delle regioni la delega agli affari/rapporti comunitari è presso la
presidenza della giunta regionale e gli uffici di collegamento, più o meno direttamente, sono ad essa collegati. Da ultimo la legge finanziaria 2007, per arginare i
costi sostenuti per queste “rappresentanze”11, spesso non giustificati dal tenore
delle attività previste dalla legge, ha previsto il divieto di acquisire immobili da
destinare agli uffici di collegamento.
Tabella 2.1
Allocazione delle deleghe in materia di affari/rapporti comunitari e uffici di
collegamento regionali a Bruxelles
Regione
Delega e Organizzazione
Ufficio di collegamento (Bruxelles)
Abruzzo*
Presidente della Giunta Regionale, Direzione Affari
Servizio Attività di Collegamento con l’Unione
della
Presidenza,
Politiche
Legislative
e
Europea
Comunitarie, Rapporti Esterni
Basilicata
/
/
segue
10
11
Legge 6 febbraio 1996, n. 52 Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 1994) (vedi art.58)
Legge n. 296, del 27/12/2006, in G.U. 27/12/2006 (Finanziaria 2007) Disposizioni in materia di
spese (Divieto di acquistare o gestire Sedi regionali di rappresentanza all’estero) (vedi dall’art.594 al 599)
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Regione
Delega e Organizzazione
Ufficio di collegamento (Bruxelles)
Calabria
Presidente della Giunta, Dipartimento “Programmazione nazionale e comunitaria (Uffici: Politiche di
coesione e programmi comunitari regionali; “Casa Calabria” e Bic Calabria – Regione
Programmi speciali U.E. – Politiche Eurome-diterra- Calabria
nee. Relazioni Internazionali; Programmazione strategica e sviluppo sostenibile)
Campania
Rappresentanza della Regione Campania,
Servizio dell’Area Generale di Coordinamento
Presidente della Giunta, Ufficio del Consigliere
Gabinetto del Presidente, Ufficio di collegadiplomatico
mento della Regione Campania con le istituzioni della Unione Europea. A Bruxelles
EmiliaRomagna
Presidente della Giunta per rapporti fra Regione e
Stato, Relazioni internazionali e rapporti con i
Parlamenti, con gli organismi internazionali e con
Servizio di collegamento con l’Ue rappresenta
le altre regioni europee ed extraeuropee. Il coordila Regione Emilia-Romagna in ambito comunamento dei programmi per la realizzazione delle
nitario
attività regionali all’estero e le iniziative a favore
degli emigrati. La cooperazione internazionale e lo
sviluppo della cultura della pace
Friuli
Venezia
Giulia
Assessorato regionale relazioni internazionali,
comunitarie e autonomie locali; Direzione relazioni Ufficio di collegamento di Bruxelles
internazionali, comunitarie e autonomie locali
Lazio *
Presidente della Giunta, Segreteria Generale della
Presidenza della Giunta;
Relazioni Istituzionali, Rapporti con l’UE e
Cooperazione Internazionale
CasaLiguria, ufficio di collegamento a
Bruxelles
Liguria
Lombardia
Area relazioni UE, dipartimento istituzionale,
direzione regionale attività della Presidenza
“area relazioni con l’unione europea” (reg.
Reg. 6 settembre 2002, n. 1, allegato D)
Delega presso la Presidenza per lo sviluppo e il
Istituzione di un ufficio a Bruxelles presso la
consolidamento delle relazioni internazionali;
sede dell’Unione europea (legge regionale n.
Direzione Generale per le industrie, PMI e coope2 del 17-02-1997 e ss. Modifiche)
razione
Marche*
Presidente della Giunta: Rapporti con le istituzioni
Sede della Regione a Bruxelles
locali, nazionali, comunitarie ed internazionali
Molise
Giunta regionale – Direzione Generale 1^ della
Ufficio di collegamento a Bruxelles
Programmazione
Piemonte
Presidente della Giunta: Politiche istituzionali, relazioni internazionali, coordinamento delle politiche
comunitarie, cooperazione internazionale e politiche per la pace; Gabinetto della Presidenza della
Giunta regionale; S1.2 – supporto al coordinamento delle politiche comunitarie per l’accesso ai fondi
strutturali – ufficio di Buxelles; S1.4 – affari internazionali e comunitari
L’ufficio di Bruxelles è inserito nel settore supporto al coordinamento delle politiche comunitarie della direzione Gabinetto della
Presidenza della Giunta.
Puglia
Gabinetto del Presidente della Giunta Regionale
Ufficio Rapporti con le Istituzioni UE
segue
307
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
308
Regione
Delega e Organizzazione
Ufficio di collegamento (Bruxelles)
Sicilia
Presso la Presidenza della Giunta è istituito l’Ufficio Ufficio di collegamento con le istituzioni della
per le relazioni Euromediterranee e l’insularità
Unione europea
Toscana*
La Presidenza della Giunta ha la delega per i
Rapporti con il Governo, le altre Regioni e Istituzioni
Ufficio di collegamento della regione Toscana
europee. Relazioni internazionali… Concertazione,
a Bruxelles
Coordinamento dell’attuazione delle politiche
comunitarie…Coordinamento dell’attività legislativa
Trentino
Alto Adige
Vice Presidente sostituto: gestione delle iniziative
per la promozione dell’integrazione europea e
degli interventi in favore delle popolazioni dei
paesi extracomunitari.
Provincia
Autonoma
di Trento
La Presidenza della Provincia ha la delega rappor- Legge provinciale 13 novembre 1998, n. 16,
ti internazionali e con l’Unione europea, ivi com- Norme organizzative dell’attività della Provincia
presa la cooperazione transfrontaliera;
autonoma di Trento a Bruxelles
/
Ufficio a Bruxelles:
- trasmissione di informazioni tra gli uffici provinciali e gli uffici dell’Unione europea
- supporto agli enti pubblici ed ai cittadini nelProvincia
Presidenza della Provincia, Dipartimento generale,
l’espletamento di incombenze amministrative
Autonoma
affari comunitari, ufficio per l’integrazione europea
presso gli uffici suddetti
di Bolzano
- preparazione di incontri con autorità
dell’Unione europea
- rapporti dell’Amministrazione provinciale con
l’Unione europea
Umbria*
Presidenza della Giunta: Rapporti con il Governo
e le Istituzioni Europee, Programmazione generale
e coordinamento delle politiche comunitarie,
Intese istituzionali di programma e accordi di programma quadro, Relazioni Internazionali, cooperazione allo sviluppo e politiche per la pace,
Rapporti con le comunità umbre all’estero,
Ufficio di collegamento
Valle
d’Aosta
Presso la Presidenza della Giunta Regionale,
Dipartimento politiche strutturali e affari europei
Direzione politiche e programmi comunitari e statali
Ufficio di Rappresentanza ed Assistenza tecnica della Regione Autonoma Valle d’Aosta a
Bruxelles
Veneto
Presso la Segreteria regionale Affari generali,
Direzione Sede di Bruxelles
Direzione Sede di Bruxelles
*Le cinque regioni contrassegnate con asterisco hanno costituito anche un ufficio comune a Bruxelles per
“Le Regioni del Centro Italia in Europa”.
La Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-città e autonomie locali i
temi di interesse comunitario:
Per la trattazione di tutti gli aspetti della politica comunitaria che sono anche di
interesse regionale e provinciale, la Conferenza Stato-Regioni si riunisce in una
apposita sessione comunitaria (già ai sensi della legge 9 marzo 1989, n. 86, art. 10,
e quindi della L. 11/2005, art. 17 e 18). La sessione comunitaria è convocata alme-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
no due volte all’anno, anche su richiesta dei Presidenti delle Regioni e delle
Province autonome. La sessione comunitaria della Conferenza assicura il raccordo delle linee della politica nazionale relativa all’elaborazione degli atti comunitari con le esigenze delle Regioni nelle materie di loro competenza, si esprime sui
criteri e le modalità per conformare l’esercizio delle funzioni regionali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi comunitari e acquisisce il parere di queste ultime sullo schema di disegno di legge comunitaria.
In modo analogo, ma con cadenza almeno annuale, deve essere convocata una
sessione comunitaria della Conferenza Stato-città e autonomie locali, per trattare
gli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali. La Conferenza
è tenuta ad esprimersi, in particolare, sui criteri e le modalità per conformare l’esercizio delle funzioni amministrative degli enti locali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi comunitari.
Presso il Ministero degli Affari Esteri è inoltre attiva l’Unità per le Regioni, attraverso il dialogo costante con gli interlocutori regionali e locali, assiste le Regioni e gli Enti
locali italiani nella loro attività di rilievo internazionale.
L’Unità rappresenta il primo interfaccia tra il sistema delle Autonomie ed il Ministero
degli Esteri. Una delle principali funzioni dell’Unità è quella di garantire un flusso di
informazioni costante, nelle due direzioni, tra le Regioni, il Ministero degli Esteri e la sua
rete estera. Da un lato, le Regioni, in base alla vigente disciplina, informano il Ministero:
delle attività di rilievo internazionale che intendono svolgere; delle attività promozionali
all’estero; dei progetti di intesa con enti omologhi di altri Stati terzi e dei progetti di accordo con altri Stati. Dall’altro lato, il MAE comunica alle Regioni: opportunità di investimenti e di promozione economico-commerciale all’estero; informazioni utili per la preparazione di missioni istituzionali all’estero; informazioni rilevanti per la realizzazione di
progetti di cooperazione decentrata (tra cui, per un esempio tra tanti, programmi per il
Medio Oriente) o di assistenza umanitaria. Al fine di rendere sempre più diffuso e strutturato tale scambio di informazioni, l’Unità delle Regioni ha messo a punto un primo
nucleo di banca dati che raccoglie tutti i dati in suo possesso relativi alle attività internazionali delle Autonomie locali. L’obiettivo, nel medio periodo, è quello di pervenire ad una
banca dati direttamente accessibile a tutti gli Uffici del Ministero interessati ed alla rete
estera.
5. Giurisprudenza comunitaria: il caso dei servizi pubblici
locali
È noto che, in Italia, il processo di trasformazione dell’ordinamento dei servizi
pubblici si sviluppa soltanto a partire dagli anni Novanta per effetto dei mutamenti maturati a livello europeo.
Dopo un lungo periodo di scarsa attenzione da parte del legislatore comunitario
(dovuto alla mancanza di previsioni specifiche nel Trattato istitutivo e nella normativa derivata, con la sola eccezione del settore dei trasporti), la situazione inizia a modificarsi nella seconda metà degli anni Ottanta, quando ci si rende conto
che i servizi pubblici non possono essere sottratti alla disciplina del mercato e, in
particolare, a quella posta a tutela della concorrenza. In questa fase, però, l’intervento comunitario produce effetti circoscritti, in quanto, mirando soprattutto alla
abolizione dei diritti speciali ed esclusivi, di fatto determina una apertura al mer-
309
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
310
cato limitata, specie nei settori del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, delle
telecomunicazioni, dell’elettricità, delle poste e del gas naturale.
È solo qualche anno più tardi che il quadro muta radicalmente, con l’affermazione di una strategia unitaria nei confronti dei servizi di interesse economico
generale. Prima, con alcune comunicazioni della Commissione europea, poi, con
l’introduzione da parte del Trattato di Amsterdam dell’art. 16 del Trattato istitutivo, infine, con l’adozione di una nuova serie di disposizioni normative (tra le
quali assumono particolare rilievo quelle in materia di comunicazioni elettroniche), si sancisce formalmente l’obbligo per la Comunità e gli Stati membri di assicurare le missioni di interesse generale proprie di tali servizi. Di conseguenza, il
diritto europeo viene a sancire il rispetto dei principi di parità di trattamento, di
adeguatezza e di continuità; la disciplina delle modalità di offerta; la garanzia dell’accessibilità dei prezzi; l’assicurazione di determinati livelli qualitativi, consentendo l’imposizione agli operatori di obblighi di servizio pubblico o universale.
In definitiva, nel volgere di pochi anni, l’ordinamento comunitario inizia a porre
le basi per un sistema comune dei servizi di interesse economico generale: così,
all’originaria neutralità dei servizi pubblici si viene a sostituire progressivamente
una europeizzazione della loro disciplina, che determina soprattutto tre cambiamenti importanti: innanzitutto, il regime della riserva e del monopolio legale da
regola diventa eccezione; in secondo luogo, l’ambito di intervento dell’impresa
pubblica si riduce notevolmente; infine, i pubblici poteri assumono un ruolo di
garanzia del funzionamento in luogo di quello di direzione politico-economica.
Peraltro, l’affermazione del nuovo sistema si realizza in modo differenziato e
disomogeneo tra settore e settore per due motivi. Il primo è che la costruzione di
un regime europeo dei servizi pubblici deve tenere conto non soltanto delle diversità esistenti negli Stati membri, ma anche dei vincoli posti dall’ordinamento globale, come nel caso della disciplina del commercio internazionale (che trova
applicazione anche nei confronti dei servizi tradizionalmente riservati alle amministrazioni pubbliche), di quella delle telecomunicazioni e di quella dei trasporti
aerei e marittimi. Il secondo è che in sede nazionale emergono non poche resistenze a difesa di interessi specifici, spesso eredità del passato.
Nell’ordinamento italiano, in particolare, si registra una situazione peculiare. In
una prima fase, vengono adottate soluzioni avanzate perché si prevedono requisiti e condizionamenti addirittura superiori rispetto a quelli imposti dal legislatore comunitario, come, ad esempio, nel caso dell’istituzione di autorità di regolazione settoriali, con poteri di precettivi, di controllo e di risoluzione di controversie. In una seconda fase, invece, prevale l’interesse alla protezione degli operatori
esistenti, approfittando, da una parte, della circostanza che alcuni segmenti di
mercato, come, ad esempio, quello dei trasporti terrestri, rimangono in regime di
riserva e di concessione e, dall’altra, della opportunità che deriva dalla incompletezza della normativa europea, la quale non giunge a disciplinare tutti i profili
del settore, tralasciandone alcuni, come nel caso dei servizi pubblici locali”12.
12
Da Claudio Franchini, Le principali questioni della disciplina dei servizi pubblici locali,
Relazione introduttiva al Convegno su “La disciplina dei servizi pubblici locali: novità recenti e
ulteriori prospettive di riforma”, organizzato dalla Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica dell’Università di Bologna e dall’Istituto italiano di scienze amministrative (Bologna, 27 gennaio 2007).
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Tabella 2.2
Raccolta di sentenze della Corte di Giustizia
Ricorrenti
N.
procedimento
Oggetto
data
1
RI.SAN. Srl e
Comune di Ischia,
Italia Lavoro SpA, già
GEPI SpA, Ischia
Ambiente SpA,
«Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi —
Organizzazione del servizio di raccolta dei
rifiuti»
9
settembre
1999
(1)
C-108/98
2
Teckal Srl
e Comune di Viano,
Azienda Gas-Acqua
Consorziale (AGAC) di
Reggio Emilia
«Appalti pubblici di servizi e di forniture —
Direttive 92/50/CEE e 93/36/CEE —
Aggiudicazio-ne, da parte di un ente locale ad un consorzio a cui esso partecipa, di
un contratto di fornitura di prodotti e di prestazione di servizi determinati»
18
novembre
1999
(1)
C-107/98,
3
Stadt Halle, RPL
Recyclingpark Lochau
GmbH,
e Arbeitsgemeinschaft
Thermische Restabfall- und
Energiev erwertungsanlage
TREA Leuna
«Direttiva 92/50/CEE – Appalti pubblici di
servizi – Affidamento senza pubblica gara
d’appalto – Affidamento dell’appalto ad
una società mista pubblico-privata –
Tutela
giurisdizionale
–
Direttiva
89/665/CEE»
11
gennaio
2005
(*)
C-26/03,
4
Consorzio Aziende
di distribuzione del gas» avente ad oggetMetano (CONAME)
to una domanda di pronuncia pregiudie Comune di Cingia de’ ziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art.
Botti,
234 CE, dal Tribunale amministrativo regiocon l’intervento di:
nale per la Lombardia, con ordinanza 14
Padania Acque Spa
febbraio 2003, pervenuta in cancelleria il
21 luglio
2005
C-231/03,
311
«Artt. 43 CE, 49 CE e 81 CE – Conces-sione
relativa alla gestione del servizio pubblico
28 maggio 2003, nella causa tra
5
Parking Brixen GmbH
contro Gemeinde
Brixen, Stadtwerke
Brixen AG
Appalti pubblici – Procedure di aggiudicazione di appalti pubblici –Concessione
di servizi – Gestione di parcheggi pubblici
a pagamento»
13 ottobre
2005
(*)
C458/03,
6
Commissione delle Comunità
europee, rappresentata dal
sig. K. Wiedner, in qualità di
agente, assistito dall’avv. G.
Bambara, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente,
contro Repubblica italiana,
rappresentata dal sig. I.M.
Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli,
avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo.
«Inadempimento da parte di uno Stato –
Direttiva 93/37/CEE – Appalti pubblici di
lavori – Concessioni di lavori pubblici –
Norme di pubblicità»
27 ottobre
2005
(*)
C187/04
e C188/04,
segue
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
N.
procedimento
Ricorrenti
Oggetto
data
7
Sig. K. Wiedner, in qualità di
agente, con domicilio eletto in
Lussemburgo,ricorrente,
contro Repubblica d’Austria,
rappresentata dal sig. M.
Fruhmann, in qualità di agente.
Inadempimento di uno Stato – Artt.
8, 11, n. 1, e 15, n. 2, della direttiva
92/50/CEE – Procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi
– Contratto riguardante lo smaltimento dei rifiuti – Mancanza di una gara
d’appalto»
10
novembre
2005
(*)
C-29/04,
8
Associazione Nazionale
Autotrasporto Viaggiatori
(ANAV) contro Comune di Bari,
AMTAB Servizio SpA.
Libera prestazione dei servizi –
Servizio di trasporto pubblico locale –
Affidamento senza procedura di
gara – Affidamento da parte di un
ente pubblico ad un’impresa di cui
esso detiene il capitale»
6
aprile
2006
C410/04,
9
Carbotermo SpA,
Consorzio Alisei e
Comune di Busto Arsizio,
AGESP SpA, in presenza di:
Associazione Nazionale
Imprese Gestione servizi
tecnici integrati (AGESI)
«Direttiva 93/36/CEE – Appalti pubblici di forniture – Affidamento senza
gara d’appalto – Affidamento dell’appalto ad un’impresa in cui l’amministrazione aggiudicatrice detiene
una partecipazione»
11
maggio
2006
(*)
C-340/04,
Jean Auroux e a., e
Commune de Roanne,
in presenza di:
Société d’équipement du
département
de la Loire (SEDL),
«Appalti pubblici – Direttiva 93/37/CE
– Aggiudicazione senza previo
bando di gara – Convenzione per la
realizzazione di un’operazione di
sistemazione urbanistica conclusa tra
due amministrazioni aggiudicatrici –
Nozioni di “appalti pubblici di lavori”
e di “opere” – Modalità di calcolo del
valore dell’appalto»
18
gennaio
2007
(*)
C-220/05
312
10
Fonte:: http://curia.eu.int/it/index.htm
6. Organizzazioni internazionali e pubbliche
amministrazioni italiane
Il sistema sempre più complesso in cui si inserisce il sistema amministrativo
nazionale, per l’Italia come per gli altri Stati, che tende ad integrare le Pubbliche
amministrazioni e la loro attività oltre i confini nazionali, non si esaurisce solo
con il sistema comunitario. In modo significativamente crescente, sulla spinta
della globalizzazione dei sistemi economici e degli sambi, anche le organizzazioni internazionali esercitano la loro influenza, con conseguenti problemi di
sovrapposizione e di compatibilità anche rispetto al sistema comunitario.
D’altra parte le stesse organizzazioni internazionali – e in particolare
l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo
sviluppo, il Consiglio d’Europa – si sono dotate di proprie strutture per affrontare e gestire queste problematiche, fornendo supporto agli stati membri.
Proprio in due recenti sentenze del Tribunale di primo grado, viene affrontato
il problema del rapporto tra diritto europeo e diritto posto dall’ONU, problema
risolto con la prevalenza, per gli stati membri dell’ONU, degli obblighi stabiliti
nella Carta delle Nazioni Unite e da risoluzioni del Consiglio di Sicurezza su qualunque altro obbligo, anche quelli stabiliti dalla Convenzione Europea sui diritti
dell’uomo o dai Trattati CE.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Tabella 2.3
Sentenze del Tribunale di primo grado
ricorrenti
oggetto
data
causa
Ahmed Ali Yusuf, residente in Spånga
(Svezia), Al Barakaat International
Foundation, con sede in Spånga, rappresentati dagli avv.ti L. Silbersky e T.
Olsson, ricorrenti,
contro Consiglio dell’Unione europea,
rappresentato dal sig. M. Vitsentzatos,
dalle sig.re I. Rådestad ed E. Karlsson e
dal sig. M. Bishop, in qualità di agenti,
«Politica estera e di sicurezza comune –
Misure restrittive nei confronti di persone
ed entità associate a Osama bin
Laden, alla rete Al-Qaeda e ai talibani
– Competenza della Comunità –
Congelamento dei capitali – Diritti fondamentali – Ius cogens – Sindacato giurisdizionale – Ricorso di annullamento»
21
settembre
2005
T-306/01 e
T-315/01
Yassin Abdullah Kadi, residente a
Jedda (Arabia saudita), rappresentato
dai sigg. D. Pannick, QC, P. Saini, barrister, G. Martin e A. Tudor, solicitors,
con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro Consiglio dell’Unione europea,
rappresentato dai sigg. M. Vitsentzatos
e M. Bishop, in qualità di agenti, e
Commissione delle Comunità europee,
rappresentata dai sigg. A. Van Solinge
e C. Brown, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuti, sostenuti da:
Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord
«Politica estera e di sicurezza comune –
Misure restrittive nei confronti di persone
ed entità associate a Osama bin
Laden, alla rete Al-Qaeda e ai talibani
– Competenza della Comunità –
Congelamento dei capitali – Diritti fondamentali – Ius cogens – Sindacato
giurisdizionale – Ricorso di annullamento»
21
settembre
2005
T-315/01
Organizzazione delle Nazioni Unite
Division for Public Administration and Development Management (DPADM)
Presso l’ONU è attivo, in particolare presso il Dipartimento degli Affari
Economici e Sociali, la Division for Public Administration and Development
Management (DPADM), che riferisce alla Assemblea Generale e al Consiglio
Economico e Sociale. Questa Divisione lavora in collaborazione con altri dipartimenti e agenzie dell’ONU, nonché con altre organizzazioni governative e non
governative.
A sua volta la DPADM gestisce l’UNPAN (United Nations Online Network in
Public Administration and Finance), che ha lo scopo di condividere le conoscenze, le esperienze e le best practice in tutto il mondo, in materia di politiche pubbliche e pubblica amministrazione, favorendo la cooperazione tra gli stati membri.
Presso la DPADM è attivo un Comitato di Esperti sulla Pubblica Amministrazione (CEPA), costituito da esperti provenienti da vari paesi, con compiti di supporto e di analisi, di cui di seguito si propone una iniziativa di particlae rilievo,
approvata dal Consiglio Economico e Sociale dell’ONU nel luglio 2006.
United Nations- Committee of Experts on Public Administration
Nell’Aprile 2006 il Comitato di Esperti sulla Pubblica Amministrazione, attivo
presso l’UNPAN (United Nation Public Administration Network), ha deciso l’attivazione di un gruppo di lavoro sulla terminologia base delle Nazioni Unite per la
Governance e la Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di costituire un glossario.
313
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
314
Fino ad oggi non esiste un documento analogo in Italia e il gruppo di lavoro è
all’opera per la definizione di un vocabolario comune la cui stesura è attesa per
la fine dell’anno 2007.
L’esigenza è nata dal fatto che ogni Stato membro interpreta gli atti ONU secondo i principi generali e una sorta di “cultura amministrativa” condivisa, che tuttavia può portare a differenti attribuzioni di significato al medesimo termine.
Il glossario avrebbe quindi lo scopo di assicurare una azione coerente e favorire una maggiore uniformità nell’applicazione degli atti ONU da parte degli Stati
membri.
Si riporta di seguito il report del gruppo di lavoro sulla terminologia base del
glossario.
Compendium of basic United Nations Terminology in Governance and Public
Administration
Preliminary Report by the Working Group
December 2006
1. On the occasion of the fifth session of CEPA, April 2006, the Committee decided to
establish a Working Group (WG) on “Basic UN Terminology in Governance and
Public Administration”.
The name of the WG is provisional, since the CEPA Chairperson will consult the
UN Secretariat in order to decide whether it should include the terminology used
in all the UN documents related to governance and public administration or only
in the DESA documents, which will determine the final name of the Report.
The WG is composed, on a voluntary base, by the following CEPA members:
Professor Mario P. Chiti; Professor Peter Anyang’ Nyong’o; Dr. Taher H. Kanaan; Dr.
Pan Suk Kim; Professor Anthony Makrydemetres; Professor Joao Paulo Peixoto; Dr.
Siripurapu Kesava Rao; Professor Prijono Tjiptoherijanto; Professor Werner Jann;
Professor Claudia S. Passador; Professor Joao L. Passador. Professor Mario P. Chiti
is acting as WG coordinator.
The WG mission is to prepare a Compendium (or, preferably, Glossary; the name
still needs further discussion) of the basic terminology used in the UN (or DESA,
see above) to be presented and approved at the next CEPA session (April 2007),
and subsequently submitted to ECOSOC for the final adoption.
At this stage three phases have been planned): a) the elaboration of a methodological preliminary report (PR) for the sixth CEPA session; b) on that occasion, a
general discussion of the PR and, in case of a positive decision on it, a chronoplanning for further actions; c) conclusion of the Compendium/Glossary within the
mandate of this Committee.
2. About the character and scope of the Glossary, the WG is proposing the following
position.
The Glossary represents a formal UN document, of non binding legal nature,
aimed at providing public administrations of the Member States and all interested
parties with an official interpretation of the basic terms and notions used in the UN
documents on governance and public administration.
There is a dual reason for preparing such a Report: the first related to the UN way
of functioning; the second connected to the execution of the UN documents by
the Member States.
As regards the UN way of functioning, at this time no other similar document exists; and the UN acts do not include in their preamble a glossary of the words there
used, unlike the normative acts of the European Union or of some national legal
orders. Also, in the UN documents many terms are used with different meanings
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
or acceptions, which determines a high degree of legal uncertainty.
In the absence of a UN official terminology, each Member State may interpret UN
acts according to the general principles and to the “administrative culture” of its
own order, which leads to different interpretations of the same international acts.)
An official Glossary, adopted by UN, may then have two positive effects: a) ensuring a consistent action of the UN offices; b) favouring a major uniformity of enforcement of the UN acts by the Member States.
The working hypothesis approved by CEPA at the 2006 session is, therefore, particularly ambitious.
3. A deeper analysis of the possible form such a Glossary may be given shows that
this document on issues of governance and public administration should represent
not only a mere consolidation of the terms of most commonly use in the UN documents (relevant outcome, in any case), but it should also aim at disseminating a
common administrative culture on administration and public policies.
The Glossary could powerfully contribute to the globalization of notions and experiences whose different interpretations from State to State have been sometimes
source of institutional tensions.
As any other contribution towards globalization, even this initiative can be criticized as a factor of homogenization which would lead to lose the specificities of different national cultures and of their rich historical traditions). Also because this
is inevitably connected to the culture of the main working language (English) used
for this kind of researches.
In any case, the positive effects of the Glossary remain widely prevailing. The
uniform application of international documents is a relevant factor for improving
the quality of administrative performances, mostly in the “young” States.
Additionally, a common approach would favour exchanges of best practices,
mutual knowledge of principles and notions on public administration, cross-fertilization amongst national legal orders, effective relations of the States with UN
and other international organizations.
In one word, the Glossary may represent an important instrument to achieve a
common approach on public administration issues, as supported in recent UN
documents (Millennium Declaration, etc.).
Also in the perspective of a participatory governance – put by CEPA/ECOSOC at
the core of its initiatives – the Glossary may be a major tool for developing a shared and mindful governance.
4. A confirmation of the usefulness of such an initiative comes also from the recent
experience of regional organizations, as the EU, which have a supranational
character because of the strong integration with the member States and common
institutions.
In the European framework, the recent Treaty establishing a Constitution for Europe
(2000) has provided that “effective implementation of Union law by the member
States, which is essential for the proper functioning of the Union, shall be regarded
as a matter of common interest” (art. III-285). That is one of areas where the Union
may take coordinating, complementary or supporting action towards the member
States.
The public administration issues as “a matter of common interest” imply the sharing of notion, procedural and organizational rules, as well as goals to achieve.
A European Glossary could be very useful even in the context of the EU new
approach towards the matters of common interest, based on the Open Method of
Coordination (OMC), approved by the European Council at the 2000 Lisbon
Summit. OMC means a new form of coordination of national policies consisting of
Member States, at their own initiative or at the initiative of the Commission, defining collectively, with respect for national an regional diversities, objectives and
indicators in a specific area, and allowing those Member States, on their basis of
315
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
316
national reports, to improve their knowledge, to develop exchanges of information,
views, expertise and practices, and to promote, further to agreed objectives, innovative approaches which could possibly lead to guidelines or recommendations.
Therefore, a public administration glossary could help the implementation of these
ideas.
5. After the 2005 Cepa session, the Coordinator of the WG has received contributions
and suggestions by members of the Committee.
The list of the suggested terms is enclosed to the PR as Annex 1. The list derives from
the skills of the WG members, and it reflects their particular experience in the social
sciences. In the month prior to the next CEPA meeting, the members of the WG will
be asked to indicate new terms, in order to be able to present at the CEPA April session a list as comprehensive as possible, as an appropriate base for the subsequent
stages.
In order to get the widest list and, mostly, a list in line with the UN official acts, the
Coordinator is proposing that the UN (DESA) Offices should be addressed for a
fruitful collaboration; in particular, they should be asked to prepare – also with an
electronic support – a list of the terms most used in the UN official acts.
According to this plan, within 2007 CEPA could have an ample list of terms on
governance and public administration, composed with the contribution of the WG
members (and of CEPA itself, at the occasion of its annual meeting) and of the
UN/DESA officers.
Such list of terms will be the object of the WG proceedings in the following year, to
be discussed at the 2008 CEPA session.
6. For each item a file card will be provided, composed at least by the definition and
the appropriate links (containing at least one definition and the appropriate links).
A crucial issue for the CEPA decision is the nature of the file card, for which there
are three main hypothesis.
The first model (“A”) is a shortened definition, with links to other terms and a
concise body of acts and materials. “A” – as the “Wikipedia Model” – has the value
of simplicity: easy to consult; it does not require a particular professional experience for its understanding and implementation. The concise definition of the
terms considered matches with the normative criterion used by important jurisdictions and the EU.
The second model (“B”) provides a wider file card, which obviously includes the
parts of model “A”, enriched with all the appropriate references for in deep analyses, as for culture (encyclopaedias of social science, leading textbooks and monographs, web sites, etc.), normative acts of the international organizations, some
national legislation, jurisprudence (if any). The value of “B” is to give a chance for
the institution and the people interested in improving their knowledge. Furthermore,
the “additional part” of the file card is not a necessary element of the document; so
that it can be left aside if one is not interested in it, either on that specific occasion
or as a rule. A limit of “B” is that, due to the articulated presentation of the file card,
it may favour a “personalized” interpretation, jeopardising the uniformity of implementation of the terms considered (primary target of the Glossary).
According to the third possible solution (“C”), the official Glossary approved by
CEPA/ECOSOC is composed only by concise files as in “A”, but, for all the parties
interested and the for the general public, DESA put on its web site all the possible
cases and materials. This way, only the most conscious national public administrations will make use of this “cultural” part, lacking official nature. Model “C” is
supported by the Coordinator.
7. The issue about the Glossary model depends also on the agreement on the terms
to be defined.
The experts of social sciences may easily turn out with a large list of notions, as it
is demonstrated by the WG first proceedings. On the contrary, much more contro-
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
versial is the definition of such terms/notions for three main reasons: a) the difficulty/impossibility to define in a general way terms widely used in the English
language, sometimes in a deliberate generic sense; b) the differences in the meaning of the same term in various orders, determined by the specific form of government of each country; c) the different juridical disciplines that the legal orders have
provided for similar issues.
A good example of the first case may be the term “accountability”, that the social
science uses to refer to the responsibility of high civil servants, as different from the
“policy responsiveness”, proper of politicians. But in a non specialized sense
“accountability” is synonymous of a general form of responsibility, only clearly different from the legal liability. Considering this point, should the Glossary endorse a “technical” notion (which, in reality, is shared only by the majority of the
social sciences), or would it be preferable to accept the generalist notion, more
perceptible all over the world?
An example of the second case is the term “devolution”. Differently than “accountability”, about devolution there is a great consensus. This term refers to the transfer of political and administrative powers from the “centre” (the central State, or
simply the State) to local elected bodies, with a representative nature, which will
subsequently act in an autonomous way. The problem is that this term assumes a
significantly different scope in the legal orders where it finds application, due to the
different institutional models. Thus, the British devolution does not correspond to
the devolution realized in a “regional State”, as Spain or Italy; nor does it correspond to the devolution which may take place in a federal State, as Canada or
Germany. In the light of these diversityies of context which give various meanings to
the same term, the problem arises to define “devolution” in various ways, according
to the institutional models.
In the end, for the third case a good example is that of “independent administrative authorities”. This term has been largely used in the last twenty years with reference to the phenomenon of a new kind of public bodies, with their proper legal
personality, charged to meet the problems raised by the transformations of the
State (privatization, moving from the public ownership to regulation, etc.). At its
core, everywhere this notion is perceived in a similar way, such as at the beginning
of XX century the establishing of many public bodies outside the State to meet the
challenges of “social administration”. However, we see, on one side, the same difficulty of the previous point (significant differences of the institutional scenario);
and, on the other side, national disciplines rather distinct one from the other, and
also differences in the legal regime of independent authorities of the same legal
order. This assumption is easily confirmed by a comparison between the French
and American disciplines, and the respective internal regimes. Facing this complexity, again should the Glossary be limited to a “generalist” definition, superficially good for all countries, but in depth non adequate for any of them?
8. Once chosen the Glossary type, we meet other problems which are minor only
apparently: the WG composition; the language/languages to use; the static or open
character of the text; the opportunity for reviewing the text by external experts and
specialized Institutions (as the International Institute of Administrative Science)
prior to official presentation of the Glossary.
Whether CEPA will approve these proposals and, consequently, define an ultimate
working plan, the WG must be equipped in a more appropriate way. The composition has to include all the necessary expertises (as said: lawyers, economists, social
scientists), in respect of the rule of a voluntary participation. But, for clearly understandable reasons (composition of CEPA, skills of its members, its consultative and
proposing powers), the WG could coincide with CEPA itself, or be just an operative
body of the Committee. Furthermore it is necessary to provide a permanent secre-
317
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
318
tariat, useful both for the WG proceedings and the relations with DESA and any
other UN Office.
As for the linguistic issue, obviously the Glossary will be published in the official
UN languages and in the main UN working languages. This implies the translation
from English of the preparatory document, with the usual linguistic problem of the
UN in this case deepened by the nature of the Glossary: in many cases there are
not appropriate synonym (the case is not only of formal nature); most of the references, documents, cases and material are derived from sources of anglo-saxon
countries; etc. Finally, the text must be linguistically easy in order to guarantee its
best intelligibility, and, subsequently, its uniform implementation.
The Glossary will be – in the WG position – an open text, subject to periodical revisions and enlargements, and to the permanent review of its content in the evolving
political and institutional scenario. The open and “in progress” character of the
Glossary implies that the WG will be replaced in the future by a permanent UN office, dedicated to this theme.
Finally, given the novelty of the Glossary – as said, a text without precedents in the
international organizations, excluding some early efforts by the Council of Europe
– we consider appropriate a review of the WG text with the help of external experts
and specialized international institutes (as IISA). In the same spirit, we propose a
periodical review on the Glossary “new entries”.
As a further development, it is recommendable the creation of a “network” composed by national centres with a role of proposal and debating; a sort of “global
forum” on governance and public administration, which gives substance to the
idea of participatory governance.
9. To conclude, the WG is presenting a PR richer of problematic issues than of positive solutions for the next work. But, as said, the CEPA decision to prepare a
Glossary on governance and public administration is without precedents both in
the Member States and in the international organizations, and this justifies a
profound discussion at the next CEPA meeting. The peculiar quality of the CEPA
member guarantees a sound final decision.
Mario P. Chiti
Annex A
Democracy
Customer-oriented/driven government
Governance (administrative)
Result-oriented/driven government
Public Administration
Competitive government
Competitiveness
Global/world competitiveness
Competition law
property rights
New public management
intellectual property rights
Public management
public sector
Public administration
developing countries
Paradigms: administrative (public law) vs.
international financial relations
entrepreneurial
International financial system
Managerialism
Keynesianism
Welfare state
Government reform
black economy
Administrative reform
segue
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Progressive taxation
Management reform
Fiscal deficit
Public sector reform
corporate governance
Change management
public-private sector partnerships
Innovation
federalism
Reinventing government
subsidiarity
Reengineering
decentralisation
Restructuring
economic exploitation
Benchmarking
trade discrimination
Best practice
319
mercantilism
human capital
Ethics
structural unemployment
Public integrity
wage subsidy
Public virtue
welfare state
Public values
external economies and diseconomies
Publicness
inflation and deflation
Gender budgeting
Performance management
Outcomes oriented budgeting
Performance indicator
Performance agreement
Governance and public administration
Performance measurement
Good Governance
Performance charter/pledge
New Public Administration
Performance-related pay
Democracy
Globalization
Human resource management vs. personnel
management
Governance
Strategic human resource management
Corporate governance
Human resources development
Global governance
Life-long learning
Regional governance
Learning organization
Local governance
Affirmative action
New governance
Diversity
Co-governance
Diversity management
Responsive governance
Multi-culturalism
Civil service vs. public service
Electronic governance (e-governance)
Downsizing
Electronic government
Balanced score card (BSC)
Mobile government
Competency
Digital divide
Competency framework
Knowledge divide
Competency assessment
Knowledge-based society
Mentoring
Civil service reform vs. public service reform
segue
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
Information society
Intern-governmental relations (IGR)
Virtual state
320
E-government readiness
Gender
PCRM (public customer relationship
Gender equality
management)
Gender budget
Policy marketing
Sexual harassment
Political marketing
Discrimination
Public relations
Public union
Executive agency
Impasse
Agencification
Arbitration
Public body
Right to work
Public enterprise or corporation
Conflict resolution
State-owned enterprise (SOE)
QUANGO or non-departmental public body
Public policy
(NDPB)
Agenda setting and policy formation
Public-private partnership (PPP)
Policy implementation
Policy evaluation
Transparency
Policy analysis
Participation
Capture theory
Rule of law
Log-rolling
Citizen participation
Empowerment
Civil society
Entitlement
NGOs
NPOs
Regulation
Sustainable development
De-regulation
Sustainability
Regulatory reform
Eco-system
Local autonomy
Decentralization (political, administrative, and
financial decentralizations)
Centralization
Devolution
Il Consiglio d’Europa
Il Consiglio d’Europa opera promuovendo la cooperazione giuridica, per la
armonizzazione delle legislazioni europee nelle varie branche del diritto13.
Assiste gli Stati membri ed i candidati all’adesione nella modernizzazione delle
istituzioni e a questo scopo si dota:
• di un programma intergovernativo di attività, per la predisposizione di strumenti giuridici, sotto forma di convenzioni (con forza obbligatoria per gli
13
Dal sito http://www.coe.int
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
•
Stati membri o non membri che le ratificano) o raccomandazioni (linee guida
non vincolanti);
di un programma di cooperazione per il rafforzamento dello Stato di diritto,
che assiste gli Stati membri ed i candidati (in particolare i paesi dell’Europa
centrale ed orientale) nelle riforme istituzionali, legislative ed amministrative e nella formazione dei professionisti del diritto.
Nell’ambito del Consiglio d’Europa è stato istituito il Gruppo di Lavoro sul
Diritto Amministrativo che ha il compito di sviluppare le attività relative alla
attuazione del diritto amministrativo e processuale amministrativo. Si tratta di un
comitato di Esperti intergovernativo che opera sotto l’autorità del Comitato
Europeo per la Cooperazione Legale, che a sua volta riferisce direttamente al
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
Sono membri del CJ-DA dirigenti e alti funzionari delle amministrazioni degli
Stati membri; posso altresì partecipare rappresentanti del Commissario per i
Diritti Umani, della Commissione Europea per la Democrazia attraverso la legge
(Commissione di Venezia), il Comitato per i diritti umani, e il Congresso per le
autorità locali e regionali del Consiglio d’Europa, così come la Commissione
Europea e il Segretariato Generale del Consiglio dell’Unione Europea. Possono
partecipare ai lavori, in qualità di osservatori, anche rappresentanti di Stati non
membri, o di organizzazioni intergovernative e non governative internazionali.
Il Consiglio d’Europa ha inoltre istituito la Commissione europea per la
Democrazia attraverso il Diritto, nota come Commissione di Venezia, dal nome
della città in cui si riunisce. Istituita nel 1990, tra gli allora 18 Stati membri del
Consiglio d’Europa, la Commissione divenendo un accordo allargato nel febbraio
2002, con la conseguente possibilità di accogliere come membri anche Paesi non
europei un organo consultivo di natura particolare, venne concepita inizialmente come strumento d’ingegneria costituzionale di emergenza, in un contesto di
transizione democratica, la Commissione ha visto la propria attività evolvere progressivamente sino a diventare un’istanza di riflessione giuridica indipendente,
internazionalmente riconosciuta. La Commissione contribuisce alla diffusione
del patrimonio costituzionale europeo, che si basa sui valori giuridici fondamentali del continente, e garantisce agli Stati un “sostegno costituzionale”.
La Commissione di Venezia è composta da “esperti indipendenti di fama internazionale per la loro esperienza nelle istituzioni democratiche o per il loro contributo allo sviluppo del diritto e della scienza politica” (art. 2 dello Statuto).
Il lavoro della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto si
articola intorno ai tre principi chiave del patrimonio costituzionale europeo: la
democrazia, i diritti umani e il primato del diritto, che sono alla base di tutte le
attività del Consiglio d’Europa. Questi principi si concretizzano nei quattro settori chiave dell’attività della Commissione.
Le attività “transnazionali” della Commissione di Venezia le consentono in particolare di contribuire al consolidamento del funzionamento delle istituzioni
democratiche, migliorare la comprensione dei sistemi e della cultura giuridica dei
paesi con cui coopera.
La maggior parte dei lavori della Commissione è incentrata sui singoli paesi, ma
la Commissione realizza anche, autonomamente o su richiesta di organi quali
321
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
322
l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, studi e rapporti su temi di interesse generale negli Stati membri e nei Paesi osservatori.
I temi transnazionali sono affrontati anche nell’ambito dei seminari UniDem
(Università per la Democrazia) e pubblicati nella collezione “Scienza e Tecnica
della democrazia”, rivolti principalmente ai paesi dell’Europa dell’est.
Nel 2001, per rispondere alla necessità di assicurare la stabilità dell’Europa sudorientale, affinché l’attuazione di importanti riforme giuridiche rispettasse le
norme del Consiglio d’Europa, la Commissione ha creato il Campus UniDem, un
programma di formazione giuridica per i funzionari di nove Paesi dell’Europa
sud-orientale e, dal 2003, anche Bielorussia ed Ucraina.
Presso il Consiglio d’Europa è attivo il Congresso dei poteri locali e regionali del
Consiglio d’Europa, che rientra nelle attività di sostegno alle autonomie locali fin
dal 1957, a favore della rappresentanza dei poteri locali.
Il Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa (CPLRE) è stato istituito nel
1994 quale organo consultivo del Consiglio d’Europa per sostituire la Conferenza
permanente dei poteri locali e regionali d’Europa e quale portavoce degli interessi delle regioni e dei comuni d’Europa, con funzioni consultive rispetto al
Comitato dei Ministri e all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa su
tutti gli aspetti legati alla politica locale e regionale.
È anche una sede di dialogo e di scambio in cui i rappresentanti dei poteri locali e regionali hanno la possibilità di affrontare problemi comuni, confrontare le
rispettive esperienze e esprimere i propri punti di vista presso i governi.
Controlla, in particolare, l’applicazione dei principi contenuti nella Carta europea dell’autonomia locale.
Il Congresso è composto da due camere: la Camera dei poteri locali e la Camera
delle regioni. L’Assemblea plenaria delle due Camere comprende 306 membri
titolari e 306 supplenti, ossia i rappresentanti eletti di oltre 200 000 enti locali e
regionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa. A turno, le Camere eleggono
il Presidente del Congresso, il cui mandato dura due anni.
Il Congresso si riunisce una volta all’anno a Strasburgo, e accoglie le delegazioni di organizzazioni europee riconosciute, nonché quelle di alcuni Stati non
membri che hanno ottenuto lo statuto di invitato speciale, o di osservatore.
Il lavoro del CPLRE é imperniato su quattro commissioni statutarie:
• la Commissione istituzionale del Congresso, cui spetta il compito di redigere
i rapporti sulla situazione della democrazia locale e regionale in Europa;
• a Commissione della cultura e dell’educazione, competente in materia di
mass media, gioventù, sport e comunicazione;
• la Commissione dello sviluppo sostenibile, responsabile delle questioni
ambientali, della gestione del territorio e dell’urbanistica;
• la Commissione della coesione sociale, per le questioni relative all’occupazione, la cittadinanza, le relazioni intracomunitarie, la sanità e le pari opportunità.
Per far fronte ai suoi doveri, il Direttore esecutivo del Congresso, è responsabile della gestione dei budget e di 40 agenti, che comprende il Segretariato del
Congresso.
La Rete europea degli istituti di formazione per il personale dei poteri locali e
regionali (ENTO).
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
La rete ENTO offre un sostegno e una formazione qualificata ai paesi
dell’Europa centrale e orientale che mancano di esperienza e di competenze tecniche in materia di gestione degli enti locali. La rete favorisce la cooperazione tra
i centri di formazione degli enti locali e regionali, agevolando i contatti tra le istituzioni nazionali di vari paesi Le agenzie della Democrazia Locale (ADL)
Le Agenzie della Democrazia Locale (ADL), create nel 1993 nel quadro del processo di pace nell’ex-Jugoslavia realizzano partenariati tra enti dell’area e poteri
locali di altre parti d’Europa. Promuovono il rispetto dei diritti umani e della democrazia, lo sviluppo della società civile e predispongono delle misure destinate a
favorire l’instaurarsi di rapporti di fiducia tra i vari gruppi della popolazione.
Il Congresso partecipa attivamente ai progetti volti a rafforzare la democrazia
locale e la cooperazione transfrontaliera nell’Europa del Sud-Est previsti dal
programma del Consiglio d’Europa per il Patto di Stabilità e ha creato a questo
scopo un Gruppo di lavoro ad hoc composta da eletti locali e regionali
dell’Europa del Sud-Est, incaricati di seguire le attività del Patto di Stabilità, e
di vigilare al rinforzo della democrazia locale e la cooperazione transfrontaliera
nell’Europa del Sud-Est.
I progetti che appoggia sono i seguenti:
• organizzazione dei Forum delle Città e delle Regioni dell’Europa del Sud-Est
(Forum annuali)
• sviluppo di una Rete di Associazioni nazionali di poteri locali e regionali
nell’Europa del Sud-Est (NALAS Network)
• la creazione di una banca dati interattiva sui partenariati con le città e le
regioni dell’Europa del Sud-Est
• la preparazione di una dichiarazione politica sulla cooperazione trnsfrontaliera tra le autorità locali e regionali dell’Europa del Sud-Est.
Il Congresso è intervenuto attivamente nella definizione delle politiche, attraverso una serie di documenti:
La Carta europea dell’autonomia locale (1985) proclama che una vera autonomia locale è essenziale per la democrazia. La Carta costituisce un modello per le
riforme legislative nelle nuove democrazie. Alcuni Stati ne hanno già recepito i
principi nella loro costituzione.
La Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (1980) con i suoi due Protocolli Addizionali riconosce ai poteri locali e regionali il diritto di cooperare al di là delle frontiere nel
campo dei servizi pubblici e della tutela ambientale.
La Convenzione europea sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica
a livello locale (1992) pone il principio del progressivo riconoscimento ai residenti stranieri dei diritti civili e politici, ivi compreso il diritto di voto.
La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (1992) mira a tutelare le
lingue regionali e minoritarie in quanto costituiscono un elemento unico del
patrimonio culturale europeo e intende favorirne l’uso nel campo giuridico, nelle
scuole, nella vita pubblica, culturale, economica e sociale e nei media.
La Carta urbana europea (1992) definisce i diritti dei cittadini nelle città europee. Costituisce una guida pratica di gestione urbana in materia di alloggio, architettura urbana, trasporti, politiche energetiche, sport e tempo libero, inquinamen-
323
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
324
to e sicurezza nelle vie cittadine.
La Carta sulla partecipazione dei giovani alla vita municipale e regionale
(1992) fissa i principi volti a condurre i giovani a partecipare al processo decisionale che li riguarda e ai mutamenti sociali che intervengono nella via, nel quartiere, nel comune o nella regione in cui vivono.
La Convenzione europea del paesaggio, che è stata adottata a Firenze nell’ottobre 2000, stabilisce l’obbligo per le autorità pubbliche di adottare a livello locale,
regionale, nazionale e internazionale delle politiche e dei provvedimenti destinati a tutelare, gestire e pianificare il paesaggio in Europa.
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha attualmente allo studio un
progetto di Carta europea dell’autonomia regionale, in quanto complemento alla
Carta europea dell’autonomia locale.
Progetti in corso
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa esamina attualmente altri testi:
• il progetto di Carta sulle regioni delle montagne, che enuncia dei principi
d’azione miranti a conciliare lo sviluppo e la conservazione delle regioni di
montagna;
• il progetto di Carta europea dell’Autonomia Regionale, Charte européenne de
l’Autonomie Régionale, strumento complementare alla Carta europea dell’autonomia locale;
• il progetto di Carta dei diritti e delle responsabilità dei cittadini.
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
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comunitari alla luce della riforma della legge “La Pergola”, in il Diritto
dell’Unione Europea, 3/2005;
G. della Cananea, L’amministrazione europea, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Diritto amministrativo generale, Milano, Giuffrè, 2003,
1797 segg.;
D.U. Galetta, Trasparenza e governance amministrativa nel diritto europeo, in
Riv. It. Dir. Pubbl. Comunitario, 2006, p. 265;
AAVV, L. Vandelli, C. Bottari, (a cura di), Diritto Amministrativo Comunitario,
Rimini, Maggioli, 1994;
325
L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
AAVV, Symposium: global governance amd global administrative law in the
international legal order, Nico Krisch and Benedict Kingsbury, Special editors,
European journal of international law, vol. 17, n. 1, February 2006.
326
I documenti e le informazioni, laddove ci si è limitati a una mera descrizione
delle attività degli enti, sono state tratte dai siti internet degli enti relativi. In particolare in alcuni casi la descrizione degli enti e dei loro programmi è stata tratta
dai siti stessi ed è presentata come allegato. Tra i siti consultati e da cui si sono
attinti i materiali si ricordano:
www.europa.eu.int
www.politichecomunitarie.it
www.affariesteri.it
www.coe.int
www.un.org
www.unpan.org
http://curia.eu.int/it/index.htm
www.consiglio.regione.toscana.it/leggi-e-banche-dati/oli/default.asp,
Osservatorio Legislativo Interregionale (OLI), in particolare, La partecipazione
regionale alla formazione ed attuazione del diritto comunitario. Applicazione
delle leggi Buttiglione e La Loggia fino ai più recenti atti regionali in materia
comunitaria, settembre 2006.