Parola fatta fatto. Verbo ed evento

Transcript

Parola fatta fatto. Verbo ed evento
Parola fatta fatto. Verbo ed evento di Don Valerio Chiovaro Introduzione, la rete: ordito, trama e corda. Scelte diverse. Parola, dire, parlare e fare. La parola che crea. Il Verbo incarnato. Parola è fatto. Obiettivo: Restituire dignità alla parola. La metafora della rete: Getta la tua rete… sulla tua parola… è il dialogo tra Gesù e Pietro: la parola di uno sconosciuto che diventa il maestro; l’affidarsi di un pescatore che diventa discepolo. La parola, la fiducia, l’evento. Non si tratta di una pesca miracolosa, ma di un “fatto” che trasforma il pescatore in pescato, il pescatore in discepolo; lo sconosciuto in maestro. In uno sguardo; come rete: trama, ordito, corda nelle mani di Dio. La trama, le parole dell’orizzonte: il linguaggio umano, la parola come svolgimento e divenire della vita, il potere della parola sulla libertà. L’ordito, le parole verso al cielo e le parole dal cielo: la preghiera abituale, la parola che si fa carne, la parola della liturgia, la parola di Dio. Il vuoto che cattura o fa perdere: il silenzio, il dolore, l’impotenza, il gemito della creazione, la forza del mistero. La corda che lancia e raccoglie la rete nelle mani del Pescatore: l’annuncio e la comunione. Conclusione: getta le tue reti, la forza creativa della parola La trama, le parole dell’orizzonte Il linguaggio umano, parlare è un fatto che genera fatti. Il difficile rapporto tra parola e verità. La necessità che chi parla sia affidabile e chi ascolta non sia pregiudiziale. Il dialogo come una conquista di convinzioni. La parola come svolgimento e divenire della vita, vita e morte sono racchiuse tra il parlare e il non parlare e, tra questi due estremi, si dipana la storia di ciascuno. Il potere della parola, quando la parola è matura mette in gioco la libertà. La responsabilità: il rapporto tra parola e libertà. Domande: L’orizzonte umano del nostro “parlare” catechistico: quale peso diamo a ciò che diciamo? Quale parola condiziona la nostra vita e la vita dell’altro? Quale attenzione a che non sia un parlarci di sopra? Quali legami e quali relazioni crea? Quale contenuto di verità contro l’imperare della opinione? Quale parola detta chiede il giocarsi la vita? Quale il rapporto tra parola e libertà? Tra essere liberi di parlare e consapevoli che una cosa detta incide sulla nostra libertà? Parlare è responsabilità? L’ordito, le parole verso il cielo e le parole dal cielo La preghiera abituale, le frasi dette con un sospiro (se Dio vuole, come vuole Dio, ringraziamo Dio… sciatu me). In questo dire si intravede il volto di Cristo reclinato verso il basso della terra, ma dall’alto della croce: nelle tue mani affido il mio spirito. Parole che dicono fatti e che generano speranza. 1 La Parola che si fa carne, perché la carne sia abitata dal senso. Non c’è più sacro e profano, tutto è incarnato, non c’è teologico e antropologico. La parola nella liturigia. Liturgia, azione del popolo; la profondità efficace della parola liturgica. La Parola di Dio, un dono dall’alto, vestito di umanità, esige l’umiltà di un ascolto serio, il tempo di un lasciarci incontrare. Un ruminare e un macerare in questo ambiente/ parola divina. Una accoglienza coraggiosa. E un grande rispetto. Domande Quanto le nostre parole sono orditi, quanto gustano di cielo e quanto cielo fanno sperimentare all’altro? Le parole del nostro ventre dicono uno slancio di offerta e benedizione? Quanto le nostre parole sono capaci di morire perché la Parola abiti, e di scomparire, legando l’altro a Dio più che a noi? Quanto le nostre parole parlano con Dio e di Dio e quanto non strumentalizzano Dio per parlare di noi stessi? Quale rispetto alla parola della liturgia e come farla risuonare nel cuore di chi ci ascolta perché la riconosca nell’evento celebrativo? Quale rispetto della parola di Dio, del suo dire, al di là del nostro fargli dire? Il vuoto che cattura o fa perdere I vuoti possono farci perdere, ma ci possono anche catturare nella rete del mistero, facendoci rileggere l’evento, anche il più tragico, dentro e come una parola di Dio, una Parola che a volte è silenzio. Una Parola che è abbandono in croce, per diventare amen di resurrezione. Domande Come educhiamo ai vuoti della rete? Siamo fermi ad un annuncio disincarnato? Come recuperare chi si è perso nel vuoto del suo dolore? Quale posto ha la sofferenza nel nostro educare e come diviene motivo di speranza, senza banalizzazione? La corda, la rete nelle mani del pescatore La corda che raccoglie e lancia la rete: si tratta di tanti fili intrecciati. L’annuncio/ testimonianza come condizione propria e irrinunciabile per ogni battezzato. La comunione. Parola ed eventi, se veri, non possono che produrre fatti di comunione. Non è una scelta del singolo, ma un dare credito alla grazia battesimale. La corda: è una questione di grazia e di disponibilità. E’ il dialogo serrato tra un Dio che crede nell’uomo, e l’uomo che si può così affidare a Lui. Domande Quale annunzio nelle parole e nei fatti della mia vita? Quale annunzio suscito col mio annunzio? Quale vita di comunione nei nostri gruppi di catechisti, tra i diversi gruppi e il parroco? Come mi metto nelle mani di Dio perché il mio annuncio e il mio fare comunione sia annunciare Lui e vivere in comunione in Lui con i miei fratelli? Conclusione: getta le tue reti Che il buon Dio, Trinità comunione e continuamente annunciante, ci dia la grazia di vivere così. La semplicità del nostro essere battezzati, figli nel Figlio, fragili uomini pescatori, sia la forza che ci fa gettare, con parole e fatti, la rete nel mare convulso della umanità. 2