la maremma
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LA MAREMMA Maremma, “la terra vicina al mare”, chiamata dai Romani “maritima” è caratterizzata da un paesaggio naturale estremamente ricco e variegato che si discosta dal cliché toscano delle dolci colline con i pittoreschi viali di cipressi. Quando gli impianti romano-etruschi di bonifica dell’acqua andarono in rovina, la vita si ritirò verso l'entroterra montuoso, nei piccoli insediamenti che spiccano su rocce e alture. Dopo secoli di una triste fama dovuta alle paludi e la malaria, le cui pericolose esalazioni arrivavano fino alle vallate del Chianti, la bonifica ebbe effetto solo negli anni Trenta dell’ultimo secolo, regalando una striscia di terra eccezionalmente fertile e dall'intatta bellezza selvaggia e pastorale. I Butteri, i cowboy toscani, vi allevano mandrie di bufali e bovini maremmani dalle eleganti corna a filigrana; assieme a loro grande importanza hanno i cavalli dai muscoli asciutti che, incrociati con arabi, gareggiano nel noto Palio di Siena. CLIMA E TERRA Clima Nell’incontro tra terra e mare le vicende atmosferiche sono spesso drammatiche, con le correnti contrarie a scontrarsi in violente piogge e temporali. Allo stesso tempo però, i venti mantengono l’uva sana arieggiando i filari, mentre nebbie, foschie e notti fresche prolungano il tempo di maturazione, permettendo così agli acini di sviluppare a pieno il loro carattere. Temperatura Gli inverni sono insolitamente rigidi per il grado di latitudine, con notti che scendono a 15°C sotto lo zero e frequenti nevicate. Nella stagione fresca, temporali con forti piogge creano le riserve d’acqua che aiutano le viti durante la secca estate. Se la temperatura media nel corso dell'anno è di 15°C, nei vigneti normalmente si scende di un grado ogni cento metri di altezza, con conseguenti differenze nette in base alla posizione. Terreno Dalla pietra vulcanica alla marna, dall’argilla alla creta nelle zone più basse, con frequenti vene di gesso e depositi ferrosi: la variabilità del paesaggio e del clima si riflette nel terreno, descrivendo nell'ambiente la straordinaria e ideale complessità che si ritrova poi nei vini di Ampeleia. Siamo a ridosso delle Colline metallifere con una incredibile diversità di suoli. La ricchezza nel suolo Le Colline Metallifere, una diramazione dell’Appennino, rappresentano insieme alla regione del Monte Amiata una delle poche zone minerarie dell’Italia. La varietà di minerali è enorme: piombo, zinco, rame, sabbie ricche di ferro, sorgenti minerali, mercurio, pirite: la ricchezza di questa zona era da millenni rinchiusa nella montagna. Con il ricavo del lavoro nelle miniere, gli abitanti di Roccatederighi potevano compensare le scarse entrate dell’agricoltura, ancora limitata ai terreni poveri delle colline circostanti e ai loro magri raccolti. Una volta interrotta l'attività estrattiva, molti emigrarono nelle pianure bonificate o nelle città. FLORA E FAUNA Flora A ogni altitudine corrisponde una vegetazione differente. La fitta macchia mediterranea ricopre le colline che degradano dolci verso la costa, così il corbezzolo con i suoi frutti arancio-rosso e il mirto dai fiori bianchi delicati; tra questi vengono coltivati oliveti, che si spingono fino ad un’altezza di circa 450 metri. In questo habitat è diffusa anche la quercia da sughero, la cui spessa corteccia viene tagliata per produrre i tappi delle bottiglie. I pendii che salgono più ripidi sono il dominio dei castagneti, che ricoprono in estesi boschi le colline più alte come il Sassoforte e il Monte Alto. Gli alberi, frequenti attorno ai vigneti più in quota, diventano una preziosa protezione naturale contro i colpi di vento. Fauna La natura così varia provvede anche all’equilibrio biologico nella fauna, elemento indispensabile di vitalità. Nel fitto sottobosco, nelle radure e nei campi coltivati con i loro muri a secco e le siepi, moltissime specie trovano uno spazio ideale. Le viti devono essere protette solo da cervi e cinghiali, mentre regnano indisturbati l’usignolo, la volpe, la lepre, l’istrice e alcuni tipi di serpi. Frequente il passaggio di grandi greggi di pecore, guidati dai pastori sardi quasi stanziali. STORIA: GLI ETRUSCHI “Le cose che crearono durante i secoli di benessere sono naturali e non forzate come il respiro. Emanano una certa pienezza di vita. Così pure le tombe. E in questo sta il vero pregio degli etruschi: nella lor libera naturalezza e nella loro vitalità. Non hanno bisogno di costringere lo spirito o l’anima. Il naturale fiorire della vita! Per un essere umano non è così facile da farsi.” D.H. Lawrence (1885-1930), Località etrusche, Viaggio del 1927 Nelle tombe di Tarquinia, lo scrittore inglese D.H.Lawrence rivive con sguardo vivido il modo di vita degli etruschi. Affreschi dai colori vivaci trasformano le camere mortuarie in spazi riccamente arredati, abitati da bevitori, musicanti e danzatori, oppure in rigogliosi paesaggi con cacciatori e animali, pescatori e atleti. Non doveva mancare nulla: brocche di vino, coppe, specchi, piccole figure, persino carri in miniatura venivano posti accanto ai defunti per consentire loro di proseguire al meglio la loro vita nell’Aldilà. Al centro del Mediterraneo Gli etruschi, probabilmente provenienti dall’Egeo e dall’Asia minore, giunsero in Italia intorno al 700 a.C. Con una propria lingua e cultura, fondarono numerose città e crearono una potente flotta commerciale che effettuava continui scambi con Fenici, Cartaginesi, Greci e tutte le popolazioni dell'Europa mediterranea e continentale. Le lavorazioni del metallo da parte degli etruschi erano ricercate in tutti i paesi del Mediterraneo: il ferro veniva estratto dal cuore delle Colline Metallifere, dal Monte Amiata e dall’Isola d’Elba, e assieme al piombo ricco d’argento, al rame e allo stagno, veniva scambiato con generi di lusso sia come materia prima che sotto forma di preziosi manufatti. La ricchezza dell’Etruria, alimentata anche dalla prospera agricoltura di campi e vigneti, permetteva agli aristocratici etruschi di rincorrere lo sfarzo delle corti principesche orientali, dalle quali erano profondamente affascinati. LA CULTURA DEL VINO “Vinum vita est” Petronius Arbiter (m. 66 d.C.), Satyricon Il vino era il protagonista dei banchetti etruschi, vere feste dei sensi legate spesso al culto di Dioniso; mescolato all’acqua per controllare l'ebrietas, veniva attinto dalle conche con boccali e versato in lussuose coppe, delle quali si sono conservati molti esemplari grazie all’usanza di riporle nelletombe dei defunti. Veri capolavori di arte attica, come la kylix dell'ateniese Exekias (VI secolo a.C.), sulla quale Dioniso veleggia a bordo di una nave il cui albero si è trasformato in vite, mentre i pirati da lui trasformati in delfini nuotano in un mare rosso vino. Scambi commerciali Già nel VII secolo a.C. il commercio di vini era un'attività molto diffusa. Trasportato sotto forma di denso succo d’uva in budella di animali cucite e fissate con resina o in anfore a punta chiuse con tappi di sughero, legno o argilla e sigillate con resina o pece, il vino si manteneva per anni. L'attenzione alle varietà era soprendentemente sviluppata: Plinio riferisce di una precisa e ricercata conoscenza di vitigni, riportando l’esempio di un vino moscato altamente apprezzato dagli etruschi e tuttavia disdegnato dai romani. www.ampeleia.it