NUOVI ORIENTAMENTI NELLA

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NUOVI ORIENTAMENTI NELLA
NUOVI ORIENTAMENTI NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE
DELLA LINEA FANGHI
G. Bertanza
Dipartimento di Ingegneria Civile, Università degli Studi di Brescia, via Branze 38,
25123 Brescia, I
1. INTRODUZIONE
Il fango di supero rappresenta il “prodotto” del trattamento biologico dei liquami: circa
il 65% del carico organico influente si concentra nel fango di supero primario e
secondario. Tuttavia, dal momento che il principale obiettivo del trattamento dei
liquami è il raggiungimento degli standard di qualità all’effluente, nella progettazione e
gestione di un impianto di depurazione si pone, in genere, maggiore attenzione alla linea
acque piuttosto che alla linea fanghi. D’altra parte, lo smaltimento dei fanghi
rappresenta una delle voci principali dei costi di gestione: per tale ragione, da un lato
dovrebbe essere data maggiore importanza alla linea fanghi in fase progettuale,
valutando anche la possibilità di introdurre tecnologie “innovative”, dall’altro lato, in
sede gestionale dovrebbero essere adottate procedure per verificare l’efficienza del
processo e quindi ottimizzarne le condizioni di funzionamento.
Nel presente lavoro si riportano alcune riflessioni, senza alcuna pretesa di completezza,
circa i nuovi orientamenti nella progettazione e nella gestione della linea fanghi degli
impianti di depurazione.
Per quanto riguarda la progettazione , tra le diverse fasi di trattamento dei fanghi, si è
posta particolare attenzione all’essiccamento termico, descrivendone i recenti sviluppi
tecnologici e, soprattutto, il livello di applicazione attuale. Questi aspetti sono stati
esaminati attraverso una indagine condotta presso impianti di depurazione e costruttori
o licenziatari di tecnologie di essiccamento.
Per quanto riguarda la gestione , si riporta una rassegna di procedure di verifica,
focalizzando in particolare l’attenzione sulla disidratazione meccanica dei fanghi: le
prove sperimentali condotte su un fango di depurazione per l’ottimizzazione della
suddetta fase di processo sono presentate come caso di studio, al fine di evidenziare
come, in alcuni casi, si possa raggiungere lo scopo prefissato attraverso l’applicazione
di semplicissime procedure.
2. SVILUPPI TECNOLOGICI NEL
ISPESSIMENTO E DISIDRATAZIONE
TRATTAMENTO
DEI
FANGHI:
Per quanto riguarda l’ispessimento dei fanghi, le più recenti innovazioni tecnologiche
riguardano l’adattamento di macchine originariamente progettate per la disidratazione
meccanica. Tra gli esempi che possono essere citati si riportano i seguenti (per eventuali
approfondimenti si rimanda a Lotito, 2000):
- centrifuga decantatrice: si tratta di un’apparecchiatura del tutto analoga alla
centrifuga utilizzata per la disidratazione, ma con alcuni accorgimenti tecnici che ne
consentono l’impiego per l’addensamento del fango sedimentato;
- tavola gravitazionale: consiste, sostanzialmente, in una nastropressa semplificata,
ovvero ridotta alla sola sezione iniziale di drenaggio;
- setacci cilindrici: questo sistema è costituito da una serie progressiva di setacci
cilindrici rotanti. La maglia dei setacci diviene sempre più grossolana man mano che
si procede dall’alimentazione verso l’uscita della macchina (e quindi man mano che
aumenta la concentrazione di sostanza secca nel fango). Il fango rimane all’interno
dei cilindri mentre l’acqua viene eliminata attraverso i fori.
Gli sviluppi tecnologici che hanno interessato, negli ultimi anni, i sistemi di
disidratazione meccanica dei fanghi sono stati rivolti al conseguimento dei seguenti
obiettivi (Lotito, 2000):
- lo sviluppo di apparecchiature funzionanti in continuo e capaci di ottenere livelli di
disidratazione caratteristici delle filtropresse a camere; si tratta ad esempio delle
apparecchiature HIP (High Intensità Press) e Burger Press, che adottano sistemi
differenti per comprimere due tele filtranti tra le quali è realizzata una tenuta lungo i
bordi;
- il miglioramento dei rendimenti di disidratazione raggiungibili con macchine
centrifughe: le centrifughe ad alta concentrazione, il cui costo peraltro è del 50100% superiore a quello della macchine convenzionali, consentono un incremento
del tenore di secco rispetto a queste ultime di 5-8 punti percentuali; è stata inoltre
sviluppata una macchina (Centipress) che riesce a ottenere un secco fino al 30%;
- la messa a punto di apparecchiature in grado di ottenere elevate percentuali di secco
grazie ad una particolare efficienza della fase di compressione finale: è il caso ad
esempio della EIMCO Expressor Press, che consiste in un filtro a nastro di nuova
generazione in cui viene appunto massimizzata l’azione di compressione finale.
Altri sistemi di disidratazione oggi disponibili sul mercato si basano su tecniche diverse
rispetto a quelle adottate nelle apparecchiature convenzionali ma, in diversi casi, sono
stati sviluppati per applicazioni particolari (Lotito, 2000).
3. L’ESSICCAMENTO TERMICO DEI FANGHI
L’essiccamento termico, posto a valle della disidratazione meccanica, consente la
drastica riduzione del quantitativo di acqua contenuta nel fango, mediante evaporazione.
Il fango essiccato presenta un gr ado di umidità molto basso (< 20%), il che determina
una riduzione di peso da 3 a 6 volte rispetto a un fango disidratato meccanicamente.
Dal punto di vista tecnico, i principali vantaggi che si possono conseguire con
l’essiccamento termico dei fanghi, oltre alla riduzione significativa dei quantitativi da
movimentare, sono i seguenti:
− per lo smaltimento in discarica:
a) migliore manipolabilità del prodotto: questa caratteristica rende di fatto un fango
essiccato più “gradito” da parte dei gestori delle discariche;
b) igienizzazione del prodotto: il processo termico garantisce la distruzione degli agenti
patogeni;
c) possibilità di impiego per la copertura giornaliera dei rifiuti, in luogo del materiale
inerte convenzionalmente utilizzato.
− Per il riutilizzo in agricoltura:
a) migliore manipolabilità del prodotto (in particolare se il fango è in forma granulare e
insaccato);
b) igienizzazione del prodotto;
c) possibilità di stoccaggio nei mesi in cui non è ammesso lo “spandimento”, grazie ai
ridotti volumi e al buon grado di stabilizzazione (l’eliminazione pressoché totale
dell’acqua esclude la successiva insorgenza di fenomeni putrefattivi);
d) potere ammendante: non trattandosi di un processo di combustione, l’essiccamento
mantiene inalterato il contenuto di sostanza organica ne l fango.
− Per l’incenerimento:
a) migliore manipolabilità del prodotto;
b) elevato potere calorifico, conseguito grazie all’eliminazione dell’acqua.
Le prime applicazioni dell’essiccamento termico in Italia per il trattamento dei fanghi di
depurazione risalgono ai primi anni ‘80 (Collivignarelli & Urbini, 1981). A distanza di
soli dieci anni già si erano avuti molti sviluppi a livello tecnologico ed era sensibilmente
cresciuto il numero di impianti (Collivignarelli et al., 1993). Nel corso di una recente
indagine (Collivignarelli et al., 2000) si sono delineati i recenti sviluppi tecnologici ed il
livello di applicazione attuale, confrontandoli con la situazione rilevata nel corso del
precedente studio. Di seguito si riportano i principali risultati di questo lavoro.
3.1 Recenti sviluppi tecnologici
L’indagine condotta sugli impianti di nuova costruzione ha evidenziato che, dal ’93 ad
oggi, non sono sopravvenuti significativi sviluppi tecnologici. L’indirizzo generale
sembra essere quello di apportare migliorie, intervenendo su specifiche fasi del
trattamento, senza comunque discostarsi dagli schemi convenzionali.
In particolare, vengono adottati nuovi accorgimenti per migliorare il sistema di
movimentazione dei fanghi, che in passato ha procurato problemi di gestione e
manutenzione (dovuti soprattutto ad occlusioni, intasamenti, cedimenti degli organi in
movimento, usura per abrasione, ecc.), e si diffondono sempre più i sistemi che
prevedono il ricircolo dei gas esausti e il recupero energetico, con il vantaggio di
semplificare la linea di depurazione dell’aria (almeno per la fase di deodorizzazione) e
ridurre i consumi di energia.
Un altro obiettivo perseguito dai costruttori di impianti è quello di migliorare il contatto
fango- mezzo riscaldante all’interno degli essiccatori (in particolare in quelli indiretti),
attraverso particolari conformazioni degli organi interni.
Una nota a parte riguarda un particolare processo di essiccamento, detto “a freddo”
(Moreschini, 1997), che presenta applicazioni, anche di rilievo, soprattutto in Germania.
Questo trattamento utilizza l’aria esterna che, mediante una macchina frigorifera che
lavora come deumidificatore, viene riscaldata (con il calore prodotto dalla macchina
frigorifera stessa) a circa 40-50°C e deumidificata (contenuto di umidità del 10-20%).
Quest’aria viene poi convogliata in un sistema a nastri (sui quali è posto il fango) e
assorbe l’umidità fino a raggiungere il grado di saturazione; l’aria umida viene quindi
ricircolata alla macchina frigorifera. Questo trattamento è in grado di fornire un tenore
di secco dell’80-90%.
3.2 Applicazione dell’essiccamento termico in Italia
Gli impianti di essiccamento termico in Italia, di cui gli scriventi sono a conoscenza,
sono oltre trenta, dei quali la netta maggioranza (~85%) a servizio di impianti di
depurazione municipali, e i restanti di impianti di depurazione industriali.
Di seguito si riportano i principali dati di funzionamento di alcuni impianti di
essiccamento termico italiani, forniti dai gestori degli impianti stessi; il primo paragrafo
riguarda gli impianti già considerati nel corso di una precedente indagine
(Collivignarelli et al., 1993), con l’obiettivo di evidenziare eventuali problematiche e
variazioni nei dati di processo, così da tracciare una sorta di “bilancio” dopo alcuni anni
di funzionamento; nel secondo paragrafo vengono illustrati alcuni impianti avviati dopo
il 1993 o attualmente in fase di costruzione.
3.2.1 Impianti funzionanti al 1992
In Tab. 1 sono riassunti i principali dati relativi agli impianti oggetto della precedente
indagine. Da un primo esame si vede che, dal 1993 ad oggi, 5 impianti su 10 sono stati
fermati e uno ha funzionato, nel corso dell’ultimo anno, a regime ridotto (solamente 315
h/y). Per gli altri impianti non sono sopravvenute sostanziali variazioni nei parametri di
funzionamento. La discussione degli aspetti che hanno determinato l’arresto di alcuni
impianti è riportata nei paragrafi seguenti.
Tab. 1 - Dati di funzionamento degli impianti di essiccamento considerati nella
precedente indagine (Collivignarelli et al., 1993)
Località
Potenzialità
depuratore
(A.E.)
190.000 1
Liquami
trattati °
Tipologia
essiccatore
urbani
(5% ind.)
diretto
Acqua evaporata
(kgH2 Oev/d)
1992
1999
36.000
36.000
Collecchio
(PR)
80.0002
diretto
~9.000
Cremona
120.000
urbani
(70% ind.
alimentare)2
urbani
(40% ind.)
urbani
indiretto
7.200
urbani
diretto
Cesena
(FO)
Imola
(BO)
Robecchetto
(MI)
Rovereto (TN)
Sassari
-
80.000
1991
in funzione
(parzialmente)
1991
fermo
1991
fermo
-
1988
smantellato
15.100
-
1985
in funzione
1990
in funzione
1991
fermo
-
~22.000 ~22.000
(10% conciari
+ 60% tessili)
100.0003
urbani
indiretto
-
50.000
urbani
(5% ind.)
diretto
21.700
2.270
kg/h*
-
urbani
diretto
27.000
32.000*
1991
in funzione
misto
10.300
-
1990
fermo
indiretto
32.000
38.700
1992
in funzione
Schio
(VI)
-
Turbigo (MI)
-
Verona
diretto
Anno di
Stato di
avvio funzionamento
(60% tessili)
330.0004
urbani (20 %
conciari)
urbani
(15% ind.)
°
Nell’accezione del D. lgs. 152/99 con il termine “urbano” si intende un liquame misto di provenienza
civile e industriale.
*
Dati forniti dal costruttore dell’impianto.
1
L’impianto di essiccamento tratta circa il 75% del fango prodotto.
2
Oggi il contributo industriale non è più presente.
3
L’impianto riceve i fanghi di più impianti di depurazione per una potenzialità complessiva di 100.000
A.E.
4
L’impianto di essiccamento tratta circa il 65% del fango prodotto.
3.2.2 Impianti di recente costruzione
Si riportano di seguito (Tab. 2) le principali informazioni relative ad alcuni impianti di
essiccamento costruiti in Italia a partire dal 1993; la tabella non riguarda la totalità degli
impianti presenti sul territorio, ma rappresenta comunque un significativo riferimento
per valutare l’attuale applicazione del processo di essiccamento e le principali tipologie
di essiccatori adottate (con le relative potenzialità).
Tab. 2 - Dati di funzionamento di alcuni impianti di essiccamento costruiti dal 1993 ad
oggi
Località
Liquami
trattati°
Tipologia
essiccatore
industria
alimentare
industria
conciaria
urbani
Coriano (RI)
Mondello (PA)
Arborea (OR)
Arzignano (VI)
Bergamo
Pozzuolo Martesana
(MI)
Reggio Emilia
Roma Sud
Rovereto (TN)
Empoli (FI)
S. Giorgio di Nogaro
(UD)
Termeno (BZ)
Thiesi (SS)
Villa Agnedo (TN)
Anno di
avvio
Stato di
funzionamento
indiretto
Capacità
evaporativa
(kgH2 Oev/h)
1.520
1998
fermo
diretto
2 x 4.000
1998
in funzione
indiretto
1.500
1998
in funzione
urbani
indiretto
2.700 / 4.9001
1999
in funzione
urbani
diretto
2.000
1995
fermo
industria
alimentare
urbani
diretto
500
1994
fermo
diretto
2 x 4.000
1994
fermo
urbani
indiretto
2 x 3.950
1999
in funzione
urbani
industria
alimentare
urbani
indiretto
indiretto
2.000
350
2001
1993
in allestimento
in funzione
indiretto
2.000
1999
in funzione
urbani
diretto
3.000
1993
in funzione
industria
alimentare
urbani
indiretto
1.550
1998
fermo
indiretto
2.000
1994
in funzione
°
Nell’accezione del D. lgs. 152/99 con il termine “urbano” si intende un liquame misto di provenienza
civile e industriale.
1
La capacità evaporativa può variare in funzione dei parametri operativi (pressione del vapore).
La Tab. 2 sottolinea che esistono diversi impianti attualmente non in funzione.
Le cause che hanno portato a questa situazione non sono tanto di tipo tecnologico, dato
che gli essiccatori risultano affidabili in questo senso, quanto di ordine amministrativo
ed economico: si rimanda ai paragrafi successivi per una discussione più ampia di questi
argomenti.
Esistono poi (o sono in fase di realizzazione) altri impianti di essiccamento nei seguenti
comuni:
− Bassano del Grappa (VI),
− Coriano (RI),
− Brunico (BZ),
− Erba-Merone (CO),
− Fusina (VE),
− Biella,
− Marghera (VE),
− Vasto (CB).
3.2.3 Considerazioni generali
Di seguito vengono illustrate alcune elaborazioni dei dati relativi agli impianti elencati
in Tabb. 1 e 2.
In Fig. 1 sono stati suddivisi, a seconda della data di avviamento, gli impianti di
essiccamento che oggi risultano in funzione oppure fermi.
9
N° impianti di essiccamento
8
oggi in funzione
7
oggi non in funzione
6
5
4
3
2
1
dal 1999
1996-1998
1993-1995
1990-1992
1987-1989
al 1986
0
Intervallo di tempo (anni)
Fig. 1 - Numero di impianti di essiccamento realizzati/avviati nei diversi anni
Dalla figura precedente si osserva che:
- nel periodo 1990-1992 si è verificato un notevole incremento del numero di impianti
rispetto agli anni precedenti;
- dal 1993 la diffusione degli impianti ha avuto un lieve decremento;
- la percentuale di impianti fermati, superiore al 40%, non dipende dall’anno di avvio,
ad indicare che le ragioni dell’arresto non sono necessariamente legate
all’invecchiamento delle apparecchiature.
In Tab. 3 sono stati suddivisi, in base alla tipologia di essiccatori, gli impianti costruiti
prima e dopo il 1993.
Tab. 3 - Tipologie di impianti di essiccamento
Tipologia di
essiccatori
diretti
indiretti
misti
Installati al 1992
Totale
Oggi in
funzione
6
3
3
2
1
0
Installati dal 1993
Totale
Oggi in
funzione
5
2
8
6
0
0
Totale
11
11
1
Oggi in
funzione
5
8
0
Dall’analisi della Tab. 3 emergono alcune considerazioni:
− gli impianti più diffusi sono quelli di tipo diretto e indiretto, mentre esiste solo un
impianto misto (peraltro non più in funzione);
− dal 1993 hanno avuto una maggiore applicazione gli essiccatori indiretti;
− la percentuale di impianti di tipo diretto oggi dismessi è superiore rispetto a quella
relativa agli impianti di tipo indiretto.
In Fig. 2 sono stati suddivisi, a seconda della capacità evaporativa, gli impianti di
essiccamento che oggi risultano in funzione oppure fermi.
N° impianti di essiccamento
9
8
7
6
oggi in funzione
5
oggi non in funzione
4
3
2
1
> 7500
3001-7500
2501-3000
2001-2500
1501-2000
1001-1500
501-1000
< 501
0
Classi di potenzialità (kgH2Oev/h)
Fig. 2 - Numero di impianti in funzione della loro potenzialità
Dalla Fig. 2 si osserva che:
- fra gli essiccatori di potenzialità non superiore a 1.000 kgH2 Oev/h, solo uno è
attualmente in funzione, mentre per potenzialità più elevate, la percentuale di
impianti fermi è decisamente inferiore;
- gli essiccatori con potenzialità nell’intervallo 1.501-2.000 kgH2 Oev/h sono i più
diffusi;
- gli essiccatori installati hanno una capacità evaporativa massima di 4.000
kgH2 Oev/h; per raggiungere valori maggiori si adottano più linee in parallelo.
Per quanto riguarda le problematiche gestionali, le informazioni raccolte hanno portato
alle seguenti considerazioni:
- per quanto riguarda gli impianti in funzione da più anni, non sono stati riscontrati
particolari problemi di gestione/manutenzione. In questo senso è risultata di
notevole importanza la fase di regolazione iniziale dei parametri di funzionamento,
la quale deve essere condotta con scrupolo: una cattiva taratura può portare infatti a
-
a)
b)
c)
d)
un’eccessiva usura o al surriscaldamento degli organi meccanici e a problemi di
impaccamento del fango o di produzione di polveri (quest’ultima situazione può
causare soprattutto problemi nella gestione della sezione di trattamento dei gas
esausti: intasamento dei filtri);
dal punto di vista economico, il punto debole dell’essiccamento è il costo
energetico, dovuto in particolare al consumo di metano. Una possibile alternativa
all’uso del metano consiste nell’utilizzo del biogas prodotto in fase di digestione
anaerobica (naturalmente nei casi in cui questa è presente), che, però, solitamente è
utilizzato per altri scopi (riscaldamento del digestore, produzione di acqua calda,
ecc.). Un’ulteriore possibilità da valutare è la eliminazione dei transitori di
avviamento e di arresto (con la conseguente riduzione di “sperperi” energetici, oltre
che di un’eccessiva usura degli organi meccanici) negli impianti che li prevedono: in
questo caso, comunque, va attentamente valutato il costo aggiuntivo di manodopera
legato al funzionamento in continuo dell’essiccatore. Naturalmente tutti questi
aspetti devono essere valutati in relazione alle condizioni di smaltimento,
notoriamente variabili nel tempo e da caso a caso (ad es. in Emilia Romagna il costo
per lo smaltimento in agricoltura è oggi molto basso, in confronto alla discarica; in
alcuni casi viene praticato un costo diverso a seconda che il fango sia solo
disidratato oppure essiccato); ciò richiede, per ogni situazione, una specifica
valutazione (Bertanza & Gorini, 1997);
numerose sono le cause di tipo burocratico/amministrativo che hanno comportato
l’arresto di diversi impianti di essiccamento, tra cui:
norme locali particolarmente restrittive (un esempio è la normativa della Regione
Sardegna, che, secondo quanto comunicato dai gestori dell’impianto di Sassari,
assimilerebbe gli impianti di essiccamento agli inceneritori richiedendo, pertanto,
un’integrazione del sistema convenzionale di depurazione dei gas esausti);
necessità di rinnovo del contratto di gestione, quando la stessa è affidata in appalto a
terzi;
disponibilità da parte degli impianti di smaltimento (discariche, inceneritori) a
ricevere fanghi semplicemente disidratati;
disponibilità di terreni agricoli ove smaltire i fanghi anche nei mesi invernali (es. nei
pioppeti) con costi molto inferiori alle altre tipologie di smaltimento (es.: Emilia
Romagna).
4. VERIFICA DI FUNZIONALITA’ DELLE FASI DI TRATTAMENTO DEI
FANGHI
4.1 Monitoraggio e bilanci di massa
L’effettuazione di un monitoraggio a livello delle diverse sezioni dello schema di
trattamento consente di calcolare l’efficienza del processo. I punti di campionamento e
le relative frequenze devono essere scelti in funzione del comparto in esame (per
esempio, l’ispessimento o la digestione) e della dimensione dell’impianto. I parametri
da considerare sono, nella maggior parte dei casi, la portata e la concentrazione dei
solidi sospesi volatili e totali (SST), poiché il rendimento viene calcolato in termini di
perdita di sostanza organica e/o di umidità (bilancio di massa).
I parametri di processo devono essere parimenti misurati (per esempio, la temperatura,
l’ossigeno disciolto, il pH, la produzione di biogas ecc.) o calcolati (per esempio, il
tempo di ritenzione idraulica e l’età del fango), a seconda del comparto considerato, al
fine di correlare l’efficienza dell’impianto alle condizioni di funzionamento.
Infine, l’analisi dei dati relativi al surnatante può fornire importanti informazioni circa
l’efficienza del trattamento dei fanghi e il carico ricircolato in testa all’impianto.
Il calcolo del bilancio di massa è necessario anche ai fini di una verifica dei parametri di
progetto, così da valutare eventuali sovraccarichi dell’impianto.
Accanto al monitoraggio e all’analisi dei dati, si rivela talvolta necessaria
l’effettuazione di prove sperimentali specifiche: per esempio qualora i dati non siano
sufficienti a spiegare i fenomeni osservati o le condizioni operative debbano essere
modificate (per esempio, in conseguenza a variazioni delle caratteristiche del liquame
influente o a causa del cambiamento dei reagenti dosati).
4.2 Prove sperimentali
Numerose prove possono essere effettuate in funzione della specifica fase del processo
e degli obiettivi di volta in volta prefissati (Gorini, 1997). Si riportano, di seguito,
alcuni esempi al proposito.
Caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi. Le prove (generalmente effettuate con
cilindri o coni Imhoff) è finalizzata a studiare il comportamento del fango biologico e
della miscela fango biologico-fango primario, in termini di caratteristiche di
sedimentabilità e di efficienza di rimozione dei solidi sospesi.
Caratteristiche di ispessimento dei fanghi. Le prove in cilindro consentono di
evidenziare la capacità di ispessimento del fango in condizioni controllate di laboratorio
fornendo indicazioni, per esempio, circa il ruolo del tempo di ritenzione, della
miscelazione lenta, del dosaggio di reagenti ecc.
Stabilizzazione biologica dei fanghi. L’effetto di differenti condizioni di processo
(tempo di ritenzione del fango, temperatura, pH, concentrazione di ossigeno disciolto
nei processi aerobici ecc.) può essere valutato attraverso l’esecuzione di prove batch a
scala di laboratorio.
Comportamento idrodinamico. Il comportamento idrodinamico di un reattore assume un
ruolo fondamentale nell’ambito dell’efficienza del processo. L’effettuazione di prove
sperimentali basate sulla determinazione della curva RTD (distribuzione dei tempi di
ritenzione) (Collivignarelli et al., 1995) consente di definire lo schema di flusso (per
esempio, flusso a pistone o miscelazione completa), di evidenziare eventuali by-pass,
volumi morti ecc. (Collivignarelli et al., 1997).
Disidratazione dei fanghi. Un esempio di prova di laboratorio, basata sulla filtrazione a
vuoto e finalizzata alla definizione delle condizioni di trattamento ottimali, è riportato
nei paragrafi successivi. Al medesimo fine può essere eseguita anche la centrifugazione
(Acaia e Ragazzi, 1990). Per verificare i risultati ottenuti durante le prove di
laboratorio, può rivelarsi necessario ripetere le stesse a scala reale, su impianti di
depurazione.
5. PROVE SPERIMENTALI DI DISIDRATAZIONE MECCANICA DEI
FANGHI
L’impianto di depurazione studiato tratta acque reflue urbane e ha una potenzialità di
80.000 a.e . Esso è dotato di sedimentazione primaria (alla quale è inviato solo il 30%
della portata in ingresso) e di un comparto biologico secondo lo schema di predenitrificazione. Il fango biologico di supero ritorna in testa alla sedimentazione
primaria, dalla quale viene estratto il fango misto primario e secondario. La linea dei
fanghi si articola nelle seguenti fasi: digestione aerobica, ispessimento, disidratazione
con filtropressa. Le prove sperimentali effettuate erano finalizzate all’ottimizzazione
della fase di disidratazione meccanica dal punto di vista tecnico ed economico,
focalizzando l’attenzione sulla tipologia e sul dosaggio dei reagenti impiegati.
5.1 Materiali e metodi
Prove di disidratazione. Sono stati utilizzati i seguenti reagenti condizionanti: calce,
cloruro ferrico e policloruro di alluminio. Le prove (Tab. 4) sono state condotte su
campioni di fango digerito aerobicamente e ispessito e, rispettivamente:
A. senza dosaggio di condizionanti;
B. con aggiunta di calce e cloruro ferrico (soluzione al 40% p/p);
C. con aggiunta di calce e policloruro di alluminio (soluzione al 18% p/p);
D. con aggiunta di calce, cloruro ferrico ferrico e policloruro di alluminio.
Tab. 4 - Reagenti condizionanti utilizzati nelle prove di filtrazione a vuoto e relativi
dosaggi (g reagente/100 gSS)
Serie di prove: A
B
C
D
2, 5, 10, 20, 40, 60
2, 5, 10
-
2, 5, 10, 20, 40, 60
2, 5, 10
20, 40, 60
2, 10
0,5, 1,5, 3,0
Reagente condizionante
Calce
Cloruro ferrico
Policloruro di alluminio
-
Le prove di filtrazione a vuoto (con filtri aventi diametro dei pori di 0,45 µm) sono state
svolte secondo le modalità riportate nei metodi IRSA-CNR (1984).
La durata della fase di filtrazione (20 e 30 minuti) è stata determinata in seguito a prove
preliminari.
La filtrazione veniva preceduta dai seguenti passaggi:
- dosaggio dei reagenti condizionanti (coagulante e calce, con la medesima sequenza
adottata nell’impianto reale);
- agitazione lenta per 5-10 minuti;
- completamento della reazione per 15 minuti.
Il fango ottenuto in seguito alle prove di filtrazione è stato caratterizzato attraverso la
determinazione del volume totale e della concentrazione di solidi totali.
Analisi economica. Sulla base dei risultati delle prove di disidratazione (relative a un
tempo di filtrazione pari a 30 minuti), è stata condotta un’analisi economica
approssimata (considerando cioè esclusivamente il costo dei reagenti e dello
smaltimento dei fanghi). Sono stati quindi assunti i seguenti costi per i rispettivi
reagenti (riferiti al reattivo secco): calce, 0,066 €/kg; cloruro ferrico, 0,120 €/kg;
policloruro di alluminio 0,149 €/kg. Per quanto concerne invece lo smaltimento del
fango, si è assunto un costo di 0,067 €/kg.
5.2 Risultati e discussione
Efficienza di trattamento. I risultati ottenuti sul fango non condizionato e condizionato
(con calce e cloruro ferrico) sono riportati in Fig. 3. Si omettono le elaborazioni
grafiche relative alle prove con policloruro di alluminio, essendo stati ottenuti analoghi
risultati.
Dall’esame dei risultati riportati in Fig. 3, è possibile avanzare le seguenti
considerazioni:
- la disidratazione del fango non condizionato sortisce un esito non soddisfacente
(Fig. 3A);
- al fine di ottenere un rendimento sufficiente (SS>25%) l’aggiunta di calce (in
quantità almeno pari al 20%) è necessaria;
- l’effetto dell’aggiunta di cloruro ferrico è significativo in corrispondenza di dosaggi
di calce minori o uguali al 40%;
- elevati dosaggi di condizionanti consentono di raggiungere la massima efficienza di
disidratazione già dopo 20 minuti di filtrazione (Fig. 3F, 3G).
L’efficienza di disidratazione risulta incrementata dall’impiego simultaneo dei tre
reagenti: per esempio, aggiungendo policloruro di alluminio (al 3%) al fango
condizionato con calce (20%) e cloruro ferrico (10%) la concentrazione di sostanza
secca è passata dal 28,5% al 35,3%.
Sostanza secca nel
fango disidratato (% p/p)
30
Fango non condizionato
25
20
15
10
5
0
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
30
30
Dosaggio di calce: 2%
25
20
10% FeCl 3
15
5% FeCl 3
10
5
2% FeCl 3
0
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
Sostanza secca nel
fango disidratato (% p/p)
Sostanza secca nel
fango disidratato (% p/p)
A)
30
Dosaggio di calce: 5%
25
20
10% FeCl 3
15
5% FeCl 3
10
5
2% FeCl 3
0
30
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
30
C)
Dosaggio di calce: 10%
25
20
10% FeCl 3
15
5% FeCl 3
10
5
2% FeCl 3
0
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
Sostanza secca nel
fango disidratato (% p/p)
Sostanza secca nel
fango disidratato (% p/p)
B)
30
Dosaggio di calce: 20%
25
10% FeCl 3
20
15
5
0
30
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
Sostanza secca nel
fango disidratato (%p/p)
Sostanza secca nel
fango disidratato (%p/p)
25
10% FeCl 3
15
5% FeCl 3
2% FeCl 3
10
5
0
0
30
E)
Dosaggio di calce: 40%
20
5% FeCl 3
2% FeCl 3
10
D)
30
30
10
20
Tempo di filtrazione (min)
30
30
2% FeCl 3
25
5% FeCl 3
20
10% FeCl 3
15
10
Dosaggio di calce: 60%
5
0
0
10
20
Tempo di filtrazione (min)
30
F)
G)
Fig. 3 - Risultati delle prove di filtrazione a vuoto; fango condizionato con calce e cloruro ferrico
Analisi economica. Si riporta, in Fig. 4, la stima dei costi relativi a differenti condizioni
di trattamento (impiego di calce e cloruro ferrico come condizionanti). I risultati
ottenuti nel caso del policloruro di alluminio sono analoghi.
Costo specifico totale (Euro/kg SS prodotto)
1,0
0,9
0,8
0,7
FeCl 3 = 5%
0,6
0,5
0,4
0,3
FeCl3 = 10%
0,2
0,1
0,0
0
10
20
30
40
50
60
Dosaggio di calce (%)
Fig. 4. Stima dei costi per il consumo dei reagenti e per lo smaltimento dei fanghi in
corrispondenza di differenti condizioni di trattamento
Si osserva che le condizioni ottimali di trattamento (dal punto di vista economico)
corrispondono ai seguenti dosaggi: calce 25%, cloruro ferrico 10%. Le medesime
condizioni “ottimali” sono state individuate per il policloruro di alluminio. Utilizzando
congiuntamente i tre condizionanti, i costi minori sono stati ottenuti in corrispondenza
dei seguenti dosaggi: calce 20%, cloruro ferrico 10%, policloruro di alluminio 2,5 %.
Sulla base di tali risultati, è stato effettuato un confronto economico fra le tre situazioni
migliori (relative alle prove effettuate utilizzando, come coagulanti, rispettivamente
cloruro ferrico, policloruro di alluminio o entrambi): si riporta quanto emerso in Tab. 5,
ove si evidenzia la convenienza della terza soluzione (impiego congiunto di tutti i
condizionanti).
Tab. 5 - Confronto economico tra differenti condizioni di trattamento
Calce
Cloruro ferrico
Policloruro di alluminio
25
10
0,31
Dosaggio (g/100 gSS)
25
10
Costi (€/kg SS fango)
0,32
20
10
2,5
0,28
Sebbene i dati in questione debbano essere considerati ancora come risultati preliminari
(l’efficienza di disidratazione e i costi effettivi dovrebbero essere confermati infatti da
prove condotte a scala reale) forniscono comunque utili indicazioni per una prima
definizione delle condizioni di processo.
6. CONCLUSIONI
Da quanto riportato nel presente lavoro, in merito ai nuovi orientamenti nella
progettazione e gestione della linea fanghi di impianti di depurazione, possono essere
tratte alcune considerazioni riassuntive.
Criteri progettuali
- Sebbene le novità in questo ambito non siano di particolare di rilievo, si possono
ricordare le seguenti tecnologie innovative: gli addensatori dinamici
(apparecchiature basate sul principio di funzionamento delle macchine
tradizionalmente utilizzate per la disidratazione meccanica), le apparecchiature di
filtropressatura in continuo, le centrifughe e le nastropresse ad elevata efficienza;
- Tra le tecnologie che, già alcuni anni fa, sembravano delineare una tendenza di
sviluppo va ricordato l’essiccamento termico. Invero, oggi, nonostante ben 5
impianti dei 10 descritti dagli autori in una precedente indagine del 1993 non siano
attualmente in funzione (due per ragioni di ordine economico, due per ragioni
burocratico/amministrative, uno per necessità di completa ristrutturazione per
invecchiamento), il processo di essiccamento si è ulteriormente diffuso in Italia: gli
scriventi sono a conoscenza di oltre trenta impianti presenti. Gli impianti sono
tuttavia fermi in oltre il 40% dei casi considerati.
- L’ulteriore diffusione dell’essiccamento termico appare legata ad una serie di fattori
tra loro interconnessi:
- dal punto di vista normativo, la tendenza è quella di ricercare soluzioni
alternative allo smaltimento in discarica, anche se le bozze di norme tecniche per
le discariche sembrerebbero ammettere lo smaltimento dei fanghi disidratati,
almeno a certe condizioni, e il D. lgs. 22/97 sembra ammettere il conferimento
in discarica di fango essiccato (p.to D9, All. B). Dovendosi privilegiare il
recupero della risorsa (riutilizzo in agricoltura o incenerimento), l’essiccamento
comporta indubbi vantaggi “operativi”. Esso, infine, consentirebbe l’impiego del
fango come materiale di copertura dei rifiuti in discarica. Alla normativa
nazionale si aggiungono poi le norme regionali che possono influire in maniera
determinante sull’opportunità/necessità di adottare l’essiccamento;
- dal punto di vista economico, si tratta di valutare attentamente, nelle diverse
condizioni, i costi associati alle possibili alternative di trattamento/smaltimento
dei fanghi. Il costo di smaltimento è naturalmente un parametro determinante e
può spostare di molto la soglia di convenienza dell’essiccamento (in termini di
potenzialità minima dell’impianto);
- per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, vanno ricordati gli importanti
vantaggi che l’essiccamento offre a livello di caratteristiche quali-quantitative
del fango (riduzione spinta del volume, migliore manipolabilità, prodotto
igienizzato e stabilizzato, ecc.) a cui però si accompagna un maggiore onere
impiantistico oltre che gestionale.
Criteri gestionali
- Numerose prove consentono di verificare la funzionalità dei comparti della linea
fanghi negli impianti di depurazione. Esse dovrebbero essere adottate a
completamento dell’attività di monitoraggio, al fine di meglio comprendere alcuni
-
aspetti concernenti il funzionamento e le prestazioni dell’impianto e di ottimizzarne
la gestione.
Nel presente lavoro è stato presentato un esempio relativo alla definizione delle
condizioni ottimali per la disidratazione meccanica di fanghi digeriti e ispessiti. E’
stato dimostrato che, mediante semplici prove sperimentali ed elaborazioni, questo
obiettivo può essere conseguito. In particolare, sono stati sperimentati alcuni
dosaggi di tre diversi condizionanti (calce, cloruro ferrico, policloruro di alluminio)
mediante l’effettuazione di prove batch di filtrazione a vuoto. E’ emerso che, per
ottenere un soddisfacente contenuto di sostanza secca nel fango trattato, è necessario
dosare calce, in quantità almeno pari al 20%. Inoltre, si è osservato che i coagulanti
(cloruro ferrico o policloruro di alluminio) svolgono un ruolo significativo in
corrispondenza di dosaggi di calce minori o uguali al 40%. Un confronto economico
approssimato (basato sulla stima dei costi per il consumo dei reagenti e per lo
smaltimento dei fanghi) tra le diverse condizioni di trattamento ha infine evidenziato
che la soluzione più conveniente (dal punto di vista economico) consiste
nell’impiego congiunto della calce (dosaggio pari al 20%), del cloruro ferrico
(dosaggio pari al 10%) e del policloruro di alluminio (dosaggio pari al 2,5%).
CONTRIBUTO DEGLI AUTORI
Carlo Collivignarelli ha coordinato il lavoro e ne ha curato la supervisione scientifica.
Giorgio Bertanza ha curato l’indagine e l’attività sperimentale.
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