la cronologia della morte - Atti e modelli di Polizia Giudiziaria 2017

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la cronologia della morte - Atti e modelli di Polizia Giudiziaria 2017
LA CRONOLOGIA DELLA MORTE
Introduzione – L’accertamento della morte – I fenomeni consecutivi - Raffreddamento del
cadavere – Ipostasi - Rigidità cadaverica - I fenomeni trasformativi – Putrefazione –
Saponificazione – Macerazione - Mummificazione.
Introduzione
Il problema della cronologia della morte, cioè la necessità di dover stabilire il momento del
decesso di una persona quando se ne rinvenga il cadavere, riveste primaria importanza in
medicina-legale poiché dalla sua risoluzione possono derivare, e quasi sempre derivano,
fondamentali e determinanti contributi alle indagini di polizia giudiziaria.
Basti pensare quanto possa essere importante, in caso di omicidio, poter ricostruire gli
ultimi momenti della vita della vittima onde risalire alle persone che per ultime l'avevano
contattato.
Lo studio del cadavere ai fini tanatocronologici deve necessariamente passare per tre fasi
successive e cioè quella dell'accertamento della morte, quella dei fenomeni consecutivi e quella
dei fenomeni trasformativi.
L'accertamento della morte è il punto di partenza di ogni osservazione tanatocronologica e
consiste nell'obiettivazione dei segni clinici della morte; si tratta cioè di stabilire, innanzi tutto, se
un soggetto è realmente morto ovvero se si tratta di morte apparente. Successivamente, nella
seconda fase, dovranno essere osservati i fenomeni consecutivi, che sono i segni della
modificazione del cadavere, che si manifestano assai precocemente e cioè a distanza di qualche
ora dalla morte. Infine le ulteriori modificazioni del cadavere faranno apprezzare i cosiddetti
fenomeni trasformativi la cui evoluzione cronologica porterà alla completa scheletrizzazione del
corpo e quindi alla sua totale distruzione morfologica.
A) L'accertamento della morte.
L'accertamento della morte si effettua con l'ausilio di metodiche semeiologiche e
strumentali.
Le prime sono rappresentate dalle normali manovre semeiologiche che tendono ad
constatare la cessazione delle funzioni vitali ed in particolare di quella nervosa, di quella
cardiocircolatoria e di quella respiratoria.
La cessazione della funzione nervosa si accerta attraverso l'evocazione dei principali
riflessi tra i quali è da ricordare la reattività pupillare agli stimoli luminosi che è il segno più
facilmente apprezzabile. Infatti dopo che è intervenuta la morte la pupilla si fissa in midriasi,
rimane cioè completamente allargata, e non si restringe se viene stimolata con una fonte
luminosa così come, invece, avviene nel vivente.
La cessazione dell'attività cardio circolatoria si rileva attraverso l'ascoltazione dei polsi
centrali e periferici, in particolare quello carotideo e quello radiale. Per apprezzare il primo basta
una leggera pressione digitale, attuata con i polpastrelli dell'indice e del medio della mano destra,
in corrispondenza della faccia laterale del collo poco sotto l'angolo mandibolare; per il polso
radiale analoga manovra va fatta sulla faccia volare del polso dal lato radiale e cioè dalla parte
del pollice. Con queste manovre nel cadavere non si apprezza alcuna attività pulsante così come
invece avviene nel soggetto vivente .
Per quanto attiene infine alla attività respiratoria l'assenza di emissione di quantità anche
trascurabile di aria dalla bocca e dal naso è indice di cessazione della funzione. Tale
accertamento si può attuare anche con l'ausilio di mezzi di facile reperibilità quale una piccola
lastra di vetro che appoggiata alle narici o alla bocca non subisce alcun appannamento quando la
funzione respiratoria è completamente cessata.
Oltre alle suddette metodiche semeiologiche, che possono essere praticate senza l'aiuto di
particolari strumenti, è possibile accertare la morte mediante l'ausilio di apposito strumentario in
particolare di un apparecchio elettrocardiografico.
Detto accertamento, che consiste nel registrare con un elettrocardiografo l'attività cardiaca
per un periodo di almeno venti minuti, consente di stabilire con certezza l'avvenuta cessazione
della quando, per il suddetto periodo di tempo, la linea elettrocardiografica è isoelettrica e cioè
priva dei caratteristici picchi che contraddistinguono l'attività cardiaca del vivente.
Infatti se il cuore rimane fermo per più di 5-6 minuti, e quindi per questo tempo non viene
garantito l'afflusso ematico al cervello, le strutture nervose di quest'ultimo subiscono una
irreversibile distruzione per la protratta mancanza di ossigenazione cerebrale.
B) I fenomeni consecutivi
Subito dopo la morte della persona il corpo subisce delle modificazioni che vengono
identificati come fenomeni consecutivi alla morte. Lo studio di detti fenomeni, il cui andamento
cronologico è in buona misura conosciuto, consente di ricostruire una curva attraverso la quale si
può risalire al momento della morte.
I principali fenomeni consecutivi sono: la dispersione della temperatura corporea, o
raffreddamento del cadavere, la formazione delle macchie ipostatiche e la comparsa della rigidità
cadaverica. Il loro utilizzo riguarda un intervallo di tempo dalla morte limitato intorno alle 48-72
ore perché già in seconda-terza giornata lo sviluppo dei fenomeni trasformativi, di cui appresso si
dirà, sovrapponendosi a quelli consecutivi, non consente più l'osservazione di quest'ultimi.
Il raffreddamento del cadavere.
Quando con il cessare della vita vengono meno i processi vitali e quindi anche quelli
metabolici, il cadavere subisce una graduale dispersione della sua temperatura corporea la quale,
in un lasso di tempo più o meno lungo, valutabile mediamente ed in condizione standard in 2430 ore, tende a livellarsi a quella ambientale.
Detta dispersione non avviene gradualmente come può osservarsi per un qualsiasi corpo
inerte nello spazio ma seguendo una particolare curva caratteristica che mostra inizialmente un
decremento assai poco sensibile, che diventa poi più rapido e successivamente torna ad essere
lento: la curva quindi assume una caratteristica forma sinusoidale.
In particolare nelle prime 3-4 ore dalla morte la temperatura ha un decremento di mezzo
grado per ogni ora, nelle successive 10-12 ore si perde un grado ogni ora, poi nelle restanti 7-14
ore si ha un decremento prima di tre quarti di grado, poi di mezzo grado ed infine di un quarto di
grado fino a quando la temperatura corporea non raggiunge quella ambientale. In questo
momento la temperatura del cadavere, per fenomeni di evaporazione, può scendere ancora di un
grado sotto quella ambientale ma dopo qualche ora si rilivella alla temperatura esterna
seguendone le successive variazioni.
Riportando i valori della dispersione della temperatura corporea rilevata sul cadavere su un
sistema di assi cartesiani sulle cui ordinate sono segnate le unità di temperatura e sulle ascisse le
unità di tempo, e riunendo con una linea continua lo ordinate relative ai vari valori di dispersione
nel tempo si avrà appunto una curva ad andamento sinusoidale che servirà per risalire, con buona
approssimazione, al momento della morte.
Il rilievo della temperatura del cadavere viene fatto mediante l'ausilio di un termometro
che si posiziona nell'ampolla rettale e sul quale si deve fare una prima lettura il cui valore va
riportato nel diagramma cartesiano; quindi senza rimuovere il termometro si devono fare altre
letture ad intervallo di un'ora e i relativi risultati si riporteranno nelle diagramma. Alla fine
dell'osservazione la curva risultante dall'unione dei singoli punti relativi ad ogni rilievo potrà
dare indicazioni sull'ora del decesso.
La dispersione della temperatura cadaverica tuttavia può subire delle modificazioni nel
senso che può essere accelerata o ritardata per azione di fattori sia intrinseci o interni al cadavere
sia estrinseci o esterni.
Tra i fattori intrinseci hanno particolare valore la costituzione corporea, la presenza di
pannicolo adiposo più o meno abbondante, l'età, la perdita più o meno consistente di sangue. Non
bisogna poi dimenticare che non sempre la temperatura iniziale corporea è quella di 37 C poiché
per particolari processi patologici il soggetto al momento della morte poteva avere un
temperatura superiore a quella di 37 C come pure inferiore; e ciò ovviamente ha la sua influenza
nella ricostruzione della curva di dispersione post mortale.
Tra i fattori estrinseci che maggiormente influenzano il raffreddamento del cadavere hanno
particolare importanza la temperatura ambientale, la ventilazione, l'umidità, la presenza o meno
di indumenti che ricoprono il corpo; è importante altresì conoscere se il cadavere è rimasto in
luogo aperto o in luogo chiuso.
I fattori intriseci ed estrinseci suddetti, come già rilevato, tendono a rallentare o ad
accelerare la dispersione della temperatura a seconda delle loro caratteristiche e di questa azione
occorre necessariamente tener conto nel formulare un giudizio sull'epoca della morte.
Si può dire per esempio che la temperatura esterna molto bassa e la ventilazione accelerano
la dispersione della temperatura cadaverica, mentre il clima caldo la ritarda; così come è più
veloce il raffeddamento di un cadavere che ha perso molto sangue rispetto ad un soggetto
pletorico morte improvvisamente.
Le macchie ipostatiche
Quando, dopo la morte, cessa l'attività cardio circolatoria il sangue, che non viene più
spinto dalla pompa cardiaca nei vasi, per effetto della forza di gravità tende a depositarsi nelle
parti declivi del corpo con il risultato che in tali zone, sulla superficie cutanea, compaiono delle
macchie di colorito rosso scuro.
Tale azione è principalmente indotta dalla forza di gravità che richiama il sangue nelle parti
più basse del corpo ma è anche facilitata dalla residua attività contrattile dei vasi la quale
continua ancora per qualche ora dopo la morte.
Se si osserva un cadavere a distanza di qualche tempo dalla morte si vedrà che sulla faccia
posteriore del corpo, nel caso che il corpo giaccia supino, si sono formate le macchie ipostatiche;
quest'ultime si localizzano invece sulla faccia anteriore del corpo nel caso che questi giaccia
prono.
Normalmente le ipostasi cominciano a comparire dopo 2-3 ore dalla morte e vanno sempre
più aumentando di estensione e di intensità fino a 2-4 ore dalla morte.
La formazione e caratterizzazione delle macchie ipostatiche segue anch'essa una
evoluzione cronologica alla quale è possibile far riferimento ai fini della fissazione del momento
della morte.
Nella formazione delle macchie ipostatiche possono distinguersi tre fasi: una di
migrabilità, una di fissità relativa ed una di fissità assoluta. Poiché ognuna di queste fasi segue un
andamento cronologico approssimativamente conosciuto è possibile avere indicazioni sulla data
della morte osservando in quale delle tre precedenti fasi le ipostasi si trovano.
Come si è detto le macchie ipostatiche compaiono già dopo 2-3 ore dalla morte e nelle
successive 10-12 ore esse tendono a scomparire se si rigira il cadavere riformandosi nelle nuove
parti declivi del corpo.
Da rilevare che nell'ultima parte di questo periodo, e cioè a dire a distanza di 8-12 ore dalla
morte, le ipostasi non scompaiono a seguito del cambiamento di posizione del cadavere mentre si
formano altre macchie ipostatiche nelle nuove parti declivi. Pertanto nell'ipotesi che il cadavere
venga mosso nel suddetto periodo le ipostasi saranno presenti sia nelle primitive parti declivi che
nelle nuove. E' questo uno dei segni il cui rilievo consente di trarre utili indicazioni sulla
circostanza che il cadavere sia stato spostato dalla primitiva posizione.
Successivamente, e per un periodo di tempo che va fino a 48-72 ore dalla morte, le
macchie ipostatiche acquistano un fissità relativa nel senso che esse non scompaiono se si rigira
il cadavere nè si formano nuove ipostasi ma quelle presenti tendono ad attenuarsi fino a
scomparire a seguito di una azione pressoria, più o meno prolungata, esercitata sulla cute.
Superato il termine di 72 ore dal decesso le macchie ipostatiche non sono più suscettibili di
essere modificate neppure con un massaggio prolungato esercitato sulla cute. Si dice allora che le
ipostasi hanno raggiunto la fase della fissità assoluta.
Normalmente il colore delle ipostasi è rosso scuro ma in casi particolari, come per
esempio nell'intossicazione da ossido di carbonio o quando il cadavere è stato esposto a
temperature molto basse e all'umidità, le ipostasi possono assumere una colorazione rosso
ciliegia.
Sulla formazione ed evoluzione delle macchie ipostatiche hanno influenza fattori intrinseci
al cadavere quale per esempio la fluidità del sangue che si osserva nelle morte rapida, ovvero la
scarsità del sangue dovuto a profuse emorragie vitali.
La rigidità cadaverica
Con la cessazione della vita cessa contemporaneamente ogni forma di attività muscolare e
nervosa per cui il corpo subisce un totale rilasciamento muscolare ed è possibile far compiere
alle articolazioni ogni movimento passivo.
Subito dopo però, a distanza di 3-4 ore dalla morte, comincia a manifestarsi un
irrigidimento della articolazione temporo-mandibolare che fissa la posizione della mandibola;
successivamente si osserva una estensione della rigidità a tutte le altre articolazioni corporee
prima alle grandi, come quelle delle spalle, delle anche, delle ginocchia, e poi alle piccole come
quelle delle mani o dei piedi.
La estensione della rigidità segue un andamento cranio caudale nel senso che partendo
dalle articolazione del capo interessa man mano quelle del tronco, degli arti superiori, del bacino
ed infine degli arti inferiori.
Il fenomeno delle rigidità cadaverica, che è dovuto a particolari modificazioni fisicochimiche che avvengono nel cadavere, si estende a tutto il corpo in un lasso di tempo di circa 24
ore raggiungendo il massimo dell'intensità dopo 48 ore dalla morte; successivamente la rigidità
comincia a diminuire di intensità fino a scomparire totalmente quando siano passate circa 72 ore
dalla morte.
Nel periodo di estensione della rigidità si può identificare uno stretto lasso di tempo,
collocabile tra le 7 e le 12 ore dalla morte, in cui la rigidità, se viene risolta meccanicamente
mobilitando l'articolazione, si riforma però con minore intensità rispetto agli altri distretti
corporei. Questa minore intensità della rigidità è un elemento che consente di ipotizzare una
manipolazione del cadavere avvenuta proprio nell'arco di tempo suddetto e cioè tra la 7 e la 12
ora dalla morte.
Se la rigidità cadaverica viene risolta meccanicamente al di fuori del suddetto arco di
tempo non si riforma più e l'articolazione mossa rimane in stato di flaccidità.
Per circostanze particolari, come per esempio una intensa attività muscolare prima della
morte, si può osservare una rigidità cosiddetta catalettica che conferisce al cadavere una
istantanea fissità di tutte le sue articolazioni facendogli assumere, e mantenere, la stessa
posizione che aveva il soggetto al momento della morte.
Come per gli altri due fenomeni tanatologici consecutivi anche per la rigidità cadaverica
bisogna tener presente l'influenza che possono esercitare sul suo sviluppo i fattori estrinseci con
particolare riferimento alla temperatura esterna e all'umidità dell'ambiente; fattori questi che ritardano talvolta l'istaurarsi della rigidità e prolungano il tempo in cui essa è presente nel
cadavere.
Anche importanti a tal fine sono i fattori intrinseci al cadavere quali per esempio lo
sviluppo più o meno pronunciato delle masse muscolari: infatti nei casi in cui l'apparato
muscolare è molto sviluppato, come per esempio in atleti, la rigidità si istaura precocemente ed è
più intensa; al contrario in soggetti defedati talvolta neppure è possibile apprezzare lo sviluppo
del fenomeno.
C) Fenomeni trasformativi
A distanza di circa 48 ore dalla morte iniziano a manifestarsi i fenomeni trasformativi del
cadavere la cui evoluzione nel tempo comporta la totale distruzione dello stesso.
Sono fenomeni trasformativi la putrefazione, la saponificazione, la macerazione e la
mummificazione.
Putrefazione
La putrefazione ha quattro fasi: colorativa, gassosa, colliquativa e scheletrica.
La fase colorativa si apprezza generalmente a distanza di 2 giorni dalla morte e si
manifesta con la presenza di una macchia verde che di solito compare sulla parete addominale, in
basso a destra, in corrispondenza cioè della fossa iliaca destra. Con il passare del tempo, e cioè in
terza o quarta giornata dalla morte, il colorito verdastro si estende a tutta la superficie corporea
sulla quale è possibile osservare il disegno della rete venosa che si chiama appunto putrefattiva.
Il colorito del cadavere dapprima verdastro con il passare del tempo tende a divenire verde scuro
e successivamente nerastro dopo circa 6 o 7 giorni dalla morte.
In 3-4 giornata dalla morte iniziano i fenomeni gassosi che consistono nello sviluppo di gas
putrefattivi all'interno delle cavità corporee e danno come risultato di far assumere al cadavere un
aspetto rigonfio: cosa che si osserva di norma dopo 6-7 giorni dalla morte.
A distanza di 7-8 giorni dalla morte iniziano poi i processi colliquativi, di natura autolitica,
che hanno come risultato inizialmente di favorire la fuoriuscita dei gas putrefattivi dal cadavere,
con conseguente afflosciamento dello stesso, e successivamente di iniziare la demolizione dei
tessuti con produzione di liquidi putrefattivi.
Tale processo può durare pochi giorni come alcuni mesi a seconda se il cadavere si trova in
ambiente aperto ovvero confinato come può essere quello di una cassa di zinco normalmente
impiegata nelle bare.
Alla fine del periodo colliquativo si avrà la scheletrizzazione del corpo: processo
quest'ultimo che può realizzarsi totalmente anche in 30- 40 giorni se il cadavere si trova in luogo
aperto, esposto all'azione degli agenti atmosferici e della microfauma; per l'intervento eventuale
della macrofauna il processo può essere ulteriormente accellerato. Se invece il cadavere è
custodito in luogo chiuso e confinato la scheletrizzazione completa si osserverà dopo diversi
mesi e forse dopo qualche hanno dal decesso.
Saponificazione
La saponificazione si realizza quando il cadavere giace in acqua o è inumato in un terreno
molto umido.
In questo caso la trasformazione degli acidi grassi contenuti nel tessuto adiposo in saponi
fa sì che il cadavere appaia ricoperto da una massa bianco-grigiastra, sia aumentato di peso e
divenga viscido.
Il fenomeno della saponificazione comincia a manifestarsi dopo circa 6 settimane dalla
morte e si completa dopo un periodo di tempo oscillante tra i sei mesi ed un anno circa.
Macerazione
La macerazione del cadavere, che consiste nel raggrinzimento e successivo distacco delle
strutture epidermiche della cute, si osserva, oltre che nel feto morto e trattenuto nell'utero, anche
nei cadaveri che stazionano in un mezzo liquido.
Si osserva prevalentemente il raggrinzimento dell'epidermide delle mani e dei piedi che,
dopo circa 15 giorni di permanenza in acqua del cadavere, tende a staccarsi formando specie di
guanti e calze epidermici.
Mummificazione
La mummificazione del cadavere, che consiste nella essiccazione totale e completa dei
tessuti molli del corpo si realizza allorché il cadavere soggiorna in ambiente caldo e molto
ventilato.
Il processo di mummificazione si completa in circa 2-3 mesi dalla morte pur potendosi
osservare casi particolari di riduzione di tale periodo a 2- 3 settimane come pure casi in cui sono
necessari anche 12 mesi.
Il cadavere mummificato ha un colorito brunastro e la pelle, che risulta aderente alle
strutture ossee, assume una consistenza pergamenacea come di cuoio vecchio.
Il cadavere mummificato rimane in tale stato per un periodo di tempo indefinito fino a
quando condizioni ambientali sfavorevoli ne provocano la distruzione. Tuttavia è da ricordare
che cadaveri mummificati si conservano tuttora da diversi secoli.