un canadese

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un canadese
COLLABORAZIONI
UN CANADESE
TRA NOI
di Delia Pertici
JULIEN proviene dalla provincia del
Quebec, cioè da quella parte del Canada dove si parla ancora francese
(anzi, alcuni parlano solo francese!),
da una famiglia numerosa, con una
profonda passione per l’allevamento
e per le mostre.
L’azienda si chiama Belfast Farms,
un nome che forse i più accaniti lettori delle riviste nord americane si
ricorderanno di aver visto spesso associato a varie campionesse. La famiglia, oltre ai genitori, è composta da
quattro fratelli e due sorelle. Julien è
il più giovane dei ragazzi. La maggiore delle femmine oggi lavora per il
governo, a Quebec city, ma ogni volta che ci sono delle mostre da fare,
torna in azienda ad aiutare la famiglia. La più giovane lavora per una
compagnia mangimistica ed anche
lei è ancora coinvolta con le attività
familiari. Due dei fratelli di Julien lavorano in azienda e l’altro per la
Cormdale.
C’è un trofeo che viene dato al
vincitore della locale mostra regiona-
Julien Chabot, giovane sire analyst
della Semex Alliance, è venuto in
Italia per vedere le figlie di Mtoto,
un toro che i canadesi pensano di
utilizzare nei loro programmi di selezione anche come padre di tori.
le. Il vincitore ha diritto a tenerlo
per un anno, fino alla mostra successiva, e ad avere il proprio nome inciso sul trofeo. La cosa di cui il signor
Chabot è più orgoglioso è che su
quel trofeo ci sono, oltre al suo, i nomi dei suoi sei figli!
«Mio padre è stato molto bravo a
coinvolgerci nella gestione dell’azienda ed a darci delle responsabilità
fin da quanto eravamo piccolissimi.
Non ha mai cercato di imporsi e ha
delegato moltissimo. Mi ricordo che
i miei fratelli, già a 13-14 anni, erano
totalmente responsabili degli animali
che portavano alle mostre, per la
scelta, la preparazione e la gestione
durante la mostra.
Di fatto, è dai miei fratelli (di 10 e
9 anni più vecchi di me) che ho imparato ad amare questo lavoro e ad
appassionarmi. Quindi è venuto naturale che fossi anch’io coinvolto in
questo ambiente. Quando ero al liceo dovevo decidere se fare zootecnia o veterinaria.
Ogni volta che veniva il veterina-
Julien Chabot, sire analyst della Semex Alliance mentre ispeziona alcune figlie di Mtoto. Da tempo Julien desidera diventare giudice di razza e finalmente l’anno scorso è
riuscito ad iscriversi alla scuola di giudizio
dell’Ontario. Per poter diventare giudice ufficiale, dovrà fare degli esami ogni anno e
classificarsi al di sopra della media per cinque anni consecutivi. Ha iniziato bene, perché l’anno scorso ha finito come secondo
assoluto. Julien è sposato ed ha una bambina di 3 anni che si chiama Alex. Oltre ai
suoi, anche la moglie è coinvolta nel mondo
delle mostre e per questo lui sostiene che
quando partecipano ad una mostra è come
essere in una grande famiglia, dove tutti si
conoscono e si aiutano
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rio ero io che gli stavo dietro, facevo
domande, mi interessavo di tutto.
Avevo imparato molto bene e alla fine ero in grado di fare anche quello
che avrebbe fatto lui quando non
poteva venire o non si faceva in tempo a chiamarlo, ma poi ho deciso
per zootecnia. Fin dall’inizio avevo
però chiaro in testa che volevo fare
il sire analyst per scegliere e comprare i tori, anche se non pensavo che
sarebbe successo così velocemente!
Sono stato veramente fortunato.
Ho studiato alla Università di Laval e in estate preparavo gli animali,
insegnavo a qualcuno a tosare le vacche... alla fine, conoscevo davvero
un po’ tutti.
Finita l’università ho lavorato per
una ditta mangimistica un anno e
mezzo, poi si è aperta una posizione
come sire analyst alla Eastern Breeders e ho sottoposto il mio curriculum, anche se non avevo molte speranze perché non sapevo bene l’inglese. Ma ho fatto il colloquio e ho
avuto il posto. È stato uno dei giorni
più memorabili della mia vita, era
proprio il 30 novembre, esattamente
4 anni fa!».
Nel frattempo Julien si è anche
sposato, naturalmente con una ragazza figlia di allevatori: la moglie
viene infatti da una famiglia di
allevatori olandesi, emigrati dall’Olanda poco prima che lei nascesse. Ha lasciato l’azienda paterna 3
anni fa e, dopo anni di esperienza
fatta sia all’Expo di Madison che al
Royal Show di Toronto, oggi lavora
per la Gillette Farm, poco distante
da casa loro.
Che criteri usate per scegliere i
padri di toro?
«Più o meno quelli che usano tutti: vogliamo avere le proteine più alte possibili, ma non scendiamo mai
sotto un minimo per la morfologia.
Evitiamo di comprare figli di tori che
i nostri allevatori non userebbero.
Anche perché, essendo noi una cooperativa, sarebbero proprio i soci
che finirebbero con il non usare i loro stessi tori! Non dico che certi tori
non siano buoni tori, solo che vanno
bene per un mercato diverso dal nostro».
Come funziona quando il Cen-
tro vuole mettere in prova un toro?
«La Eastern Breeders è una cooperativa, così come la Gencor è una
cooperativa, e CIAQ è in parte cooperativo in parte governativo; quindi
ogni centro ha un territorio e tutti
proviamo tori nei nostri territori e
abbiamo allevamenti che aderiscono
al programma di prove di progenie
(member herd) impegnandosi ad
usare una certa percentuale di tori
ogni anno. Il centro paga per la registrazione, il controllo e la valutazione delle figlie dei tori, ma non abbiamo mai davvero il controllo di quello che succede, è l’allevatore che ha
l’ultima parola sull’uso del toro».
Vai abitualmente a vedere le figlie dei tori e quante ne devi vedere?
«O io o altri sire analyst andiamo
sempre a vedere le figlie dei tori che
vogliono mettere nei programmi di
selezione. In Canada è più semplice
perché è un territorio più o meno limitato e c’è il vantaggio che sono
quasi tutte stalle chiuse dove entri,
guardi i cartelli e sai già tutto. In certe zone ne puoi vedere anche 20 in
un giorno o due.
Quando si tratta di andare negli
Stati Uniti è un po’ più complicato
perché si deve viaggiare parecchio
in quanto le vacche sono sparpagliate ovunque e diventa difficile vederne tante in una sola volta.
In Canada so come leggere i dati,
so cosa aspettarmi e, se leggo qualcosa di un toro, ho le idee più o meno chiare su cosa vedrò in azienda;
per cui se vedo 10-12 figlie va bene,
certo comunque, più ne vedi meglio
è. Qui in Italia è diverso, perché non
conosco il sistema e non so come interpretare i dati. Comunque, ho la
sensazione che quelle che vedrò oggi saranno molto simili a quelle che
ho già visto in questi giorni, perché
Mtoto è costante e dà animali molto
simili».
Come fate a seguire le figlie che
arrivano in lattazione?
«Ogni mese abbiamo il tabulato
delle lattazioni dalla società che fa i
controlli del latte e anche un tabulato sui dati morfologici che facciamo
noi, non ufficiale. Da qualche tempo
utilizziamo i servizi forniti dalle varie
organizzazioni tramite Internet: in
questo modo abbiamo accesso ad un
mucchio di dati che ci permettono
di sapere subito cosa ha fatto e come si comporterà ogni animale».
Come mai sei venuto in Italia
per vedere le figlie di un toro?
«Sono venuto qui per vedere le figlie di Mtoto, che la Semex vuole utilizzare come padre di toro, ma non
solo per questo. Infatti di Prelude su
Blackstar ne abbiamo tanti anche
noi, ma da qualche anno si parla
molto dei tori italiani a livello internazionale e delle genetica italiana in
generale, mentre prima non se ne
sentiva parlare molto, quindi era interessante vedere cosa stava succedendo in Italia. Con tutte queste Raven, Corsaro, Arpagone di second
crop, sarà interessante vedere cosa
succede e considerare la possibilità
di scegliere delle vacche da cui prendere embrioni o da usare come madri di toro.
Per me è la prima volta in Italia.
Sapevo che la genetica qui aveva un
certo credito a livello internazionale,
ma non sapevo niente del sistema.
Per quello che ho visto fino ad oggi
nelle aziende e tutte queste figlie di
Mtoto, i dati dei tori sembrano coincidere.
Saprò ancora di più quando avrò
il tempo di mettermi lì con calma e
guardare i dati dei tori che conosco
e metterli a confronto con i dati in
Italia, e allora mi renderò conto di
come è la situazione.
Non sapevo quante figlie sarei riuscito a vedere e in che condizione e
quelle che ho visto oggi mi hanno
dato una ulteriore conferma sul toro
e mi hanno fatto capire come usarlo.
Una cosa di cui sono sicuro ora è
che se ci fosse un altro buon toro
italiano interessante per noi, potrei
venire qui e in due o tre giorni vederne un bel po’ di figlie. Per vedere
lo stesso numero di figlie in un giorno in Canada, dovrei cominciare alle
5 di mattina e non potrei certo fermarmi molto spesso per il caffè!».
Cosa pensi della tua esperienza
italiana?
«Non vedo l’ora che ci sia un altro
toro italiano che ci interessi, così mi
mandano a vedere le figlie!».
BIANCO NERO . GENNAIO ’99
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