Articolo I bambini e la TV tratto da lascuolapossibile.it

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Articolo I bambini e la TV tratto da lascuolapossibile.it
Articolo tratto dal numero 1 -settembre 2009- Anno III de http://www.lascuolapossibile.it
I bambini e la TV
Tema delicato quanto attuale
Parliamo di... - di D'Angiò Giovanni
Il rapporto tra bambini e televisione è un tema che, ormai già da diversi decenni, richiama l'attenzione di molti studiosi intenti a esaminare e comprendere le dinamiche di
fruizione del piccolo schermo e gli effetti che questo può comportare sui piccoli telespettatori. Eppure, il rapporto bambini-Tv rappresenta ancora oggi un tema tanto delicato
quanto attuale; la vasta letteratura esistente a riguardo ne ha senza dubbio messo a fuoco i temi cruciali, ma molto ancora vi è da dire, soprattutto andando oltre posizioni
legate a logiche interpretative ormai obsolete.
La fruizione della pubblicità da parte dei bambini rappresenta, in particolare, uno dei maggiori temi di
discussione e confronto fra gli studiosi del settore, i quali hanno prestato attenzione soprattutto al "potere"
della pubblicità di indurre un determinato comportamento di consumo da una parte e di proporre modelli di
comportamento ritenuti non adatti al pubblico dei minori dall'altra.
I bambini concepiscono la pubblicità come parte integrante dei programmi televisivi, in particolare quando
ritrovano i personaggi preferiti dei cartoni animati che si rivolgono a loro in prima persona, o ancora quando
si compiacciono nel vedere i biscotti che hanno appena mangiato a colazione o i giochi con i quali
trascorrono parte della giornata. Sono ormai lontani i tempi in cui la televisione era relegata al Carosello,
circoscritta all'interno di uno spazio di programmazione determinato e limitato. Oggi la pubblicità si pone
con soluzione di continuità all'interno del palinsesto giornaliero, rappresentando un genere televisivo con
le proprie logiche e caratteristiche, al pari di un varietà, una fiction, un quiz o un cartone animato. E
tuttavia, se accettiamo che i bambini imparano presto a gestire il linguaggio della Tv, ciò è ancor più vero a
proposito della pubblicità, verso la quale i bambini si ritengono dei "piccoli esperti" capaci di analizzarne la
struttura narrativa e valutarne l'efficacia persuasiva.
Seppur amalgamata nel fluire ininterrotto di comunicazione televisiva, rispetto ad altri generi la pubblicità
mostra la peculiarità di definirsi come subcultura preadolescenziale, creando e consolidando legami
sociali e di appartenenza fra coetanei.
La pubblicità è spesso uno spunto di conversazione tra gli amici, non solo in riferimento al prodotto pubblicizzato, ma alle immagini utilizzate, alla presenza del testimonial, alle
battute, alle musiche e ai jingle, ecc.
Certamente la televisione può anche avere effetti non del tutto positivi sui piccoli spettatori, soprattutto nella misura in cui essa viene fruita solo attraverso i canali emotivi,
tralasciando quelli intellettivo-cognitivi.
Inoltre va considerato che gli spot televisivi, se da un lato sono percepiti dai bambini come uno spettacolo, resta pur vero che cercano di mettere in moto il meccanismo del
desiderio invogliando al possesso (e quindi all'acquisto da parte dei genitori) di quanto viene reclamizzato.
Inoltre, non è da sottovalutare che l'atmosfera predominante, soprattutto negli spot per bambini, è spesso quella familiare. Il clima familiare, infatti, imprime agli spot
pubblicitari un carattere di armonia e serenità che i bambini percepiscono e possono identificare con lo stesso clima che vivono all'interno delle mura domestiche.
La domanda che da sempre ci si chiede è sempre se la televisione rappresenti un'evoluzione o un regresso per la società. Le prime voci che si sono levate sono
state per delinearne un assetto negativo, ma queste critiche erano di posizioni elitarie, e non a nome di una democrazia che si proclamava nei confronti della cultura di
massa...
Attorno alla seconda guerra mondiale, si è preso coscienza che i "clienti" della televisione non sono solamente adulti, ma anche bambini (Responsabilità delle vecchie
generazioni nei confronti delle nuove). Allora tutto il mondo inizia a preoccuparsi se la TV aiuti davvero nell'opera educativa o se addirittura costituisca un ostacolo.
Abbastanza di recente, di questo dibattito se ne è fatto portavoce K.Popper , che pubblicò un breve scritto decisamente improntato su un'idea più che negativa della
televisione, che la dipinge come una bomba a orologeria pronta ad avvelenare sempre più quelle che saranno le nuove generazioni col degenerare dei servizi.
Inoltre un altro punto a sfavore è che la competizione fra le reti si impegna a proporre materiale sensazionale e non certo a fini educativi. Egli fa poi riferimento a veri
e propri casi criminali, dove la violenza dice essere proprio ispirata dalla televisione. Nell'educazione e nella correlata crescita dell'individuo, l'ambiente rappresenta tutto,
certamente questo deve essere buono per il suo corretto sviluppo e quindi bisogna creare le migliori condizioni ambientali possibili, soprattutto perché si è responsabili per
loro.
Spesso gli adulti non si preoccupano della presenza di bambini piccoli quando guardano la televisione o quando affrontano discussioni dai toni accesi, come se la loro
giovane età li rendesse impermeabili a quanto avviene loro attorno.
Molti adulti sono convinti che i bambini piccoli, che ancora non sanno parlare, non siano in grado di comprendere pienamente i loro discorsi, pertanto parlano con libertà di
fronte a loro dei più svariati argomenti. In realtà proprio nella fase di acquisizione del linguaggio il bambino è molto attento alla tonalità emotiva delle frasi e dei discorsi e
attraverso l'intuizione ne coglie il senso profondo.
Per quanto riguarda l'impatto della televisione, e dei telegiornali in particolare, la capacità di un bambino di assimilare ed elaborare la quota di ansia sollecitata dagli stimoli
dipende da molti fattori.
L'età innanzitutto: più il bambino è piccolo più sarà attratto dalle immagini con un effetto ancora più pericoloso per la sua psiche. Inoltre il bambino piccolo non avendo
ancora imparato a parlare non è in grado di verbalizzare il proprio disagio né di parlare di ciò che lo spaventa; esprimerà pertanto attraverso il corpo ciò che lo disturba con il
rischio di venir frainteso.
E' dunque importante non consentire ai bambini in età prescolare la visione dei telegiornali e delle trasmissioni che riportano fatti di cronaca - soprattutto se sono da soli e non
possono ricevere una adeguata "traduzione" degli eventi in un linguaggio adatto alla loro sensibilità - per non esporli a inutili traumi o disagi. E' molto diverso venire a
conoscenza di un avvenimento inquietante attraverso le parole di un adulto o di un coetaneo: la relazione affettiva fa da contenitore all'ansia e consente quel dialogo che non
è possibile intrattenere con lo schermo.
Non si vuole demonizzare la TV ma semmai darle il ruolo che piu' le confa che non e' sicuramente quello della miglior compagna per i bambini.
La TV puo' essere un mezzo di informazione, di svago, di apprendimento, anche di compagnia, ma i tempi devono essere quelli giusti.
Un bambino che passa diverse ore ogni giorno a guardare i programmi televisivi perde in creatività, impoverisce il proprio linguaggio uniformandolo a quello propinatogli dalla
televisione, non matura il proprio senso di appartenenza ad un gruppo ed al rispetto delle regole che l'appartenenza comporta ma piuttosto cresce come individuo a se' stante.
Mc Luhan definiva la televisione un mezzo "tattile" per cui il "tubo catodico" cattura lo spettatore, esposto alla massa seduttiva di immagini multisensoriali, che ne subisce
passivamente il fascino, senza essere più in grado anche soltanto di muoversi. Non è raro infatti vedere un bambino davanti alla televisione imbambolato, sonnolente, che
succhia avidamente il ciuccio o qualcos'altro, capace soltanto di movimenti minimi e ripetitivi. Inoltre certe immagini particolarmente "forti" hanno un effetto sulle emozioni
tanto da produrre stati di ansia, di paura e, nel bambino piccolo, veri e propri incubi notturni. Ciò è più evidente quando il bambino è lasciato per molto tempo solo davanti alla
televisione e non ha nessuno con cui sdrammatizzare, rielaborare scene violente, capire che non sono reali. Sì, perché il linguaggio televisivo, che corrisponde al modo di
pensare tipico del bambino piccolo, al bisogno di concretezza visiva, al carattere globale delle sue rappresentazioni, fa sembrare reale ciò che invece è artificiale, virtuale,
confezionato da altri con precisi scopi.
D'altra parte i bambini, chiusi sempre più in case iperprotette, hanno poche occasioni per conoscere la realtà direttamente, per esercitare la loro manualità: la loro esperienza
del mondo è sempre più simbolica, mediata dalle immagini. Allora bisogna essere consapevoli di tutto questo e recuperare una progettualità educativa più
responsabile, evitando però di assumere atteggiamenti antistorici e preconcetti che vedono nella televisione "nemica" la causa di tutti i mali; d'altra parte è vero
che, anche grazie al suo uso, i ragazzi di oggi hanno strutture mentali forse meno pronte a recepire il linguaggio dei libri ma sicuramente più capaci ad accogliere ed elaborare
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i messaggi dei computers e delle tecnologie più avanzate. Si tratta dunque non tanto di andare contro la TV ma contro l'uso che si fa di essa ed evitare che il bambino sia
parcheggiato tanto tempo davanti alla televisione magari da solo, nella sua camera.
Bisogna poi capire che non basta spegnere con violenza l'apparecchio televisivo; guardare la televisione rimane per il bambino esperienza così piacevole che il nostro gesto
autoritario non avrà effetti duraturi.
Si tratta piuttosto di rendere lo spazio e il tempo di vita del bambino così bello, così piacevole, così interessante da sentire meno forte il bisogno di accendere la TV.
Costruiamo uno spazio e un tempo in cui ci sia la relazione affettuosa con l'adulto, la scoperta esaltante degli altri e del mondo, l'esercizio costante dell'immaginazione,
l'esperienza di gioco come movimento, conoscenza e coscienza del proprio corpo, come esplorazione concreta delle cose da toccare, manipolare, modellare, come finzione,
spazio simbolico in cui superare le paure e le ansie, come relazione comunicativa con gli altri.
Stimoliamo il bambino a "giocare con le immagini", a capovolgere le situazioni viste in TV per inventare, con gli stessi personaggi, nuove storie da drammatizzare,
aiutiamolo a raccontare a un adulto, che sa ascoltare e tranquillizzare, ciò che ha provato davanti alla TV, spazio gioco condiviso, in cui il bambino fa esperienze relazionali
significative, può aiutarlo a superare la passività della visione televisiva e accompagnarlo in questo viaggio fantastico, in cui le immagini televisive sono il pretesto per liberare
la propria creatività ed esprimere attivamente i propri sentimenti.
Prof. Giovanna D'angiò Psicologo-Psicoterapeuta Docente di Tecniche dell'orientamento; Dot.ssa Arianna Recco Psicologa, Consulente Sessuologo, Cultore della Materia
Tecniche Dell'Orientamento;Dott.ssa Paola Ottobre Sociologa, Cultore della Materia Tecniche dell'Orientamento; Dott.ssa Laura Micillo Dottore In Scienze dell'Educazione Università Di Cassino Facoltà Di Scienze Dell'educazione
Bibliografia:
- M. Gamba, Il bambino davanti alla TV, una possibile vaccinazione?, in G. Clericetti, M. Fagiolo D'Attilia, M. Gamba, C. Sorgi, Famiglia e TV: istruzioni per l'uso, SEI, Torino,
1996.
- F. Romana Puggelli, Spot generation. I bambini e la pubblicità, Franco Angeli, Milano 2000
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