8 sezioni - Osservatorio Scolastico Provinciale di Pisa
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8 sezioni - Osservatorio Scolastico Provinciale di Pisa
V. DONNE E POLITICA (a cura di T. Noce, V. Messerini) 1. Parole e immagini di donne nello spazio pubblico (1946-1981) (T. Noce) La militanza femminile nel dopoguerra: donne nei partiti e nelle associazioni L'ingresso delle italiane in politica è sancito dal Decreto legislativo luogotenenziale del febbraio 1945, che estende alle donne i diritti politici. Non tutte le donne possono votare, sono escluse dal voto le prostitute che lavorano fuori dai bordelli. Tale discriminazione viene abrogata nel 1947. (Fig. 67, 68 Fatima Previtera Bozzoni, pisana, e Primetta Cipolli Marrucci, livornese, candidate alla Costituente per il PCI nel collegio Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara) L'appello al voto lanciato dai partiti alle donne ricalca la concezione di femminilità del tempo: viene chiamato in causa il ruolo materno, il "dovere" di scegliere per il bene di un altro, non il "diritto" di esercitare la cittadinanza. (Fig. 69) Per osservare la militanza femminile bisogna tener presente che la politica come attività che riguarda il potere si ritrova anche in organizzazioni che operano all’interno di uno Stato, a livello infrastatuale, a cominciare dai partiti e dai sindacati e a finire con movimenti sociali del tipo più vario. Anziché continuare a descrivere la vita politica come uno spazio d’assenza femminile e a insistere su narrazioni che minimizzano sistematicamente i momenti di intervento delle donne, bisogna valutare invece con metro politico gli eventi nei quali le donne partecipano alla storia. (Michelle Perrot, storica) Con il diritto di voto le donne diventano a pieno titolo soggetti politici. I partiti che aspirano al governo e all’egemonia nella società non possono più fare a meno del loro consenso. Il voto alle donne crea però non pochi problemi alla classe dirigente che si afferma nel dopoguerra. Sia nel mondo cattolico sia nello schieramento di sinistra sono ancora forti le resistenze alla partecipazione delle donne alla politica, un’ostilità diffusa verso il suffragio femminile è presente anche nella parte più conservatrice della società. Questi veti incrociati mirano a lasciare inalterata anche nel nuovo contesto la concezione corrente di femminilità. Il PCI, ad esempio, per dare un'immagine rassicurante della donna comunista non manca di promuovere concorsi di bellezza: (Tav. 84 Concorso “Miss Vie Nuove”, 1950) Alle donne sono destinati all’interno di ciascun partito spazi separati; nel PCI, nel PSI e nei partiti minori si forma una Sezione femminile, nella DC il Movimento femminile. Così avviene anche nelle organizzazioni sindacali. La militanza nei partiti politici non esaurisce però lo spazio dell’attivismo femminile. Nel dopoguerra risorgono associazioni legate al movimento femminista emancipazionista di inizio secolo, come il Consiglio Nazionale Donne Italiane e l’Alleanza Femminile. Nascono anche nuove associazioni come l’Associazione Nazionale Donne Elettrici. Ma le associazioni più importanti sono invece il Centro Italiano Femminile (CIF) e l’Unione Donne Italiane (UDI), espressione del mondo cattolico e di quello della sinistra, sorte nell'autunno del 1944 per la formazione e la mobilitazione politica delle italiane. (Tav. 85 Pio XII e le donne del CIF; Fig.70 Gina Bertini Casarosa, qui con Mons. Camozzo, Presidente provinciale del CIF dal 1958. Prima di lei hanno ricoperto tale carica Lina Caraci e Teresa Toniolo. La Casarosa è eletta consigliera provinciale per la DC nel 1975) Le donne partecipano attivamente al clima di ricostruzione del paese. Molte di loro avevano già scelto di essere parte attiva della società durante l’occupazione tedesca e la Resistenza. (Tavv. 86, 87 Giuseppina Pillitteri Guelfi, conosciuta col nome di partigiana, Unica, è tra le fondatrici dell'UDI pisana e candidata per il PCI alle prime elezioni amministrative; Giuseppina Pillitteri e Genny Bargagna) Iscritte all’UDI in Toscana nel 1946 Provincia Arezzo Massa Pisa Grosseto Siena Firenze Livorno Lucca Pistoia Totale Circoli Iscritte Donne residenti 89 31 64 18 40 260 42 16 14 574 6.546 2.027 3.765 2.110 5.776 60.000 3.829 1.968 1.600 87.621 154.132 99.849 168.501 86.045 130.354 426.611 121.005 182.218 106.893 1.475.608 Dopo la Liberazione le militanti occupano gli spazi lasciati loro dagli uomini e quei settori dove più trova riscontro la secolare esperienza femminile. Si tratta dei campi d'azione politica più legati alle relazioni interpersonali: l' istruzione, il lavoro di cura, le politiche sociali. Le priorità dell'azione politica sono però legate anche ai bisogni di un paese sconvolto dalla guerra: casa, cibo, lavoro. Nel dopoguerra le politiche sociali costituiscono uno dei terreni di scontro tra mondo cattolico e mondo della sinistra. Sull'educazione dei bambini e sulla distribuzione delle risorse si gioca una delle partite per il radicamento dei partiti nella società e le militanti ne sono consapevoli: “Riacquistata la libertà nasceva prepotente in tutti il desiderio di una vita nuova, il bisogno di ricostruire non solo strade e case, ma un modo nuovo di vivere basato sulla democrazia, sul confronto, sulla partecipazione. Le donne pisane di ispirazione cristiana compresero che eravamo di fronte ad un forte mutamento sociale e culturale e che occorreva aiutare tutte le donne a cogliere l’importanza di quanto stava avvenendo ed a vivere questo cambiamento da protagoniste. Il 21 marzo 1945 si costituiva a Pisa il Centro Italiano Femminile (C.I.F.)”. Liliana Bonaccorsi, Donne del C.I.F., in 1945-1985 Centro Italiano Femminile di Pisa. 40 anni al servizio della società, Pisa, s.d. Le donne intendono il lavoro svolto nei partiti e nelle associazioni come compiutamente politico. Che si occupino di scuola o di colonie, che entrino a far parte dei comitati civici o tengano comizi, sono convinte di dare il proprio contributo alla costruzione di una società fondata sui valori in cui credono. La guerra aveva lasciato Pisa in condizioni miserevoli, il primo impegno delle donne è quello di ricostruire il tessuto sociale della città andando incontro alle necessità materiali della popolazione. Gli asili, le scuole e le colonie del CIF svolgono un'attività pluridecennale. Molto curati sono gli aspetti organizzativi e pedagogici, la professionalità del personale. (Fig. 71-74 Attività quotidiane alla colonie del CIF, anni ’50. Tavv. 88-91 Le colonie del CIF a Calambrone, Tav. 92 Servizio sociale del CIF, 1950) Negli anni Cinquanta le militanti dell'UDI e del CIF esprimono il loro impegno politico anche nelle colonie e negli asili: “La scuola, come l’avremmo voluta e come i tempi esigevano che fosse, doveva essere scelta politica consapevole ed attiva [...] Si era di fronte ad un grosso impegno, con mezzi impari, la cui delicata posta in gioco (l’educazione) andava di pari passo con le aspirazioni diffuse nel Paese per la riforma delle sue strutture. Per noi, le istituzioni educative, dovevano essere trasformate radicalmente esigenza già da tempo presente tra le istanze dei movimenti popolari, istanze soffocate poi da un ventennio di dittatura e risorte in modo organico con la Liberazione attraverso i programmi dei partiti della classe operaia. [...] Gli Asili furono sorretti dalle organizzazioni operaie che si mobilitarono intorno ad essi: ci vennero aiuti da tutte le parti, in doni (ci fu offerto tra l’altro un pianoforte dalla famiglia Marchionneschi di Montescudaio) mezzi finanziari, viveri; l’epica lotta dei contadini mezzadri vide dirottare le regalie dovute fino allora ai padroni (polli, conigli, uova) agli Asili infantili di Carità di Pisa. Significative le raccolte di danaro fatte insieme da sezioni comuniste e repubblicane, tra le donne, i lavoratori: si ebbero soci anche a Santa Croce sull’Arno. [...] I controlli tutori impedirono che si realizzasse una maggiore apertura nella impostazione programmatica, comunque lo sforzo per imprimere alla Fondazione un carattere autenticamente democratico, crediamo non possa essere messo in dubbio. Gli asili Calandrini e Frassi sorsero come istituzione rivolta al popolo e noi abbiamo fatto del nostro meglio perché quel carattere conservassero”. Fatima Previtera Bozzoni, La rinascita (1945-1948), in AA.VV., La scuola per l’infanzia ieri e oggi, Pisa, 1976. Le colonie e gli asili dell'UDI e del CIF hanno stili diversi, ma un fine comune: educare le nuove generazioni ai propri ideali di riferimento. E' un fine che ha riconoscimento politico se l'UDI trova sostegno nel PCI, e se i governi a maggioranza democristiana assicurano alle colonie del CIF la presenza di funzionari dello Stato in occasioni impotanti quali le cresime e la distribuzione dei pacchi per la Befana, nonché cospicui finanziamenti. (Tav. 93 Vera Tarchi, ritratta in un momento della sua lunga carriera di direttrice di colonia. Tavv. 94-95 Befana 1950 e Cresime alla Regina Mundi alla presenza di funzionari della Prefettura) Contributo statale agli Enti gestori delle colonie estive per l'anno 1951 ASCI Volterra Ass. Naz. Combattenti e reduci di Pisa Asili Infantili di Carità di Pisa Istituto Don Bosco di Pisa ACLI di Pisa Ospizio Pro-Infanzia di Tirrenia Comune di Pisa ACI Castelmaggiore di Calci ACLI Pontasserchio Istituto Arcivescovile S. Caterina Opera Cardinale Maffi di Calci ASCI di Pisa Sez. Diocesana PCA di S. Miniato Sez. Diocesana PCA di Pisa Sez. Diocesana PCA Istituto S. Bartolomeo di Putignano Comitato Provinciale CIF di Pisa Asili "Licia Rosati" Pisa Terzo Ordine Francescano S. Giusto Collegio Serafico dei Frati Minori di San Miniato Seminario Vescovile di S. Miniato Villaggio del Fanciullo di Pisa A disposizione Totale 90.000 630.000 750.000 240.000 1.080.000 150.000 645.000 210.000 105.000 900.000 63.000 210.000 1.980.000 1.878.000 210.000 8.700.000 105.000 210.000 180.000 180.000 1.080.000 989.000 21.641.000 Va sottolineato inoltre che le militanti che si occupano di educazione, assistenza e formazione professionale hanno alle spalle corsi di studio e di formazione politica frequentati nelle associazioni o nelle scuole di partito. Sia da parte cattolica che comunista infatti si pone molta attenzione all'educazione politica delle donne. L'Azione Cattolica e le scuole di partito del PCI hanno fornito al Paese la maggior parte delle militanti della prima generazione repubblicana. (Tav. 96 Festa alla Scuola di Partito del PCI a Faggeto Lario, 1951) L'attività politica delle donne nei primi decenni della Repubblica risente del clima di forte contrapposizione ideologica fra DC e PCI, in un quadro internazionale caratterizzato dalla guerra fredda. L’ adesione dell’Italia al Patto Atlantico, la bomba atomica, gli scontri per il lavoro nelle campagne e nelle fabbriche sono solo alcuni dei problemi della scottante agenda politica del tempo. (Fig. 75 Conferenza dell'UDI per promuovere la campagna contro la bomba atomica) Le lotte per l'uguaglianza e il femminismo Accanto alle grandi battaglie politiche nazionali le militanti, pur rimanendo fedeli ai propri schieramenti ideologici, danno vita ad iniziative per superare le pesanti discriminazioni a carico delle donne che permeano la società italiana. Al riconoscimento dei diritti politici infatti non corrisponde nel dopoguerra quello di tutti i diritti civili. Le donne non possono far parte delle giurie popolari; non possono accedere alla magistratura; percepiscono a parità di lavoro un salario inferiore a quello degli uomini; possono essere licenziate per causa di matrimonio; esse, infine, in base alle norme del codice civile del 1942 sono subordinate al marito nella famiglia. La generazione di militanti uscita dalla guerra si impegna con campagne di sensibilizzazione, pressione sui governi, scioperi e lotte a colmare le distanze fra i sessi sul piano della parità giuridica. Le associazioni femminili portano avanti anche una riflessione generale sulla condizione femminile ed elaborarono strumenti per porvi rimedio. (Fig. 76 Giornata di studio del CIF 1952; Fig. 77, 78 Dal 1954 il CIF nazionale promuove la Giornata della donna cristiana per "portare a conoscenza della pubblica opinione femminile il pensiero cristiano nei riguardi del problema della donna" (Amalia di Valmarana, allora Presidente nazionale del CIF). Qui momenti dell'incontro pisano del 1957; Fig. 79 Pisa 1957: Giornata della donna cristiana; Fig. 80, 81 Convegno Nazionale del CIF 1964 e logo relativo; Fig. 82, 83 L'8 marzo, un appuntamento annuale dell'UDI per portare in primo piano le istanze di emancipazione delle donne; Fig. 84 Pisa, anni Cinquanta, manifestazione organizzata dall'UDI per la pensione alle casalinghe). Dal 1956 le donne sono ammesse nelle giurie popolari, sebbene all’inizio solo nelle Corti di Assise e nei Tribunali per minorenni in proporzione del 50% con i giurati uomini. Il 16 luglio 1960 viene firmato l’accordo interconfederale fra CGIL CISL e UIL, Confindustria e Intersind sulla parità di retribuzione, anche se solo a partire dal 1970 la giurisprudenza, con alcune sentenze importanti, riconosce tale principio. Nel 1963 si dà il varo alla legge che permette alle donne di accedere a tutte le carriere; nello stesso anno un'altra legge vieta di licenziare le donne per causa di matrimonio. Bisognerà aspettare invece 30 anni (il nuovo diritto di famiglia verrà approvato nel 1975) perché le donne non siano più, almeno sul piano giuridico, sottomesse al marito. (Fig. 85-87 Fumetti dell'UDI che evidenziano le difficoltà delle donne nella famiglia tradizionale). Alla fine degli anni ‘60 si affaccia alla maturità e sulla scena pubblica una nuova generazione di donne. Sono soprattutto studentesse, che partecipano al movimento che scuote le scuole e le università europee e statunitensi, un movimento, quello del '68, che si caratterizza per una forte carica antistituzionale e per una critica radicale ai costumi e alla mentalità correnti. A queste donne non basta più l’eguaglianza giuridica con gli uomini, esse individuano nel corpo femminile il luogo dove il potere maschile crea la gerarchia fra i sessi. Le femministe chiedono il riconoscimento sociale della differenza sessuale. Il fulcro della riflessione del movimento femminista si situa ora nella sessualità, un nodo che fino a quel momento la generazione di militanti uscita dalla guerra aveva posto in secondo piano. Gli anni Settanta sono anni di straordinaria partecipazione politica. L’UDI pisana, ad esempio, che negli anni Sessanta aveva conosciuto un calo di iscritte, registra un aumento delle socie. (Fig. 88-90 Corteo dell’UDI, Incontri pubblici promossi dalle donne dell'UDI) “Dall’ultimo Congresso provinciale, tenuto in preparazione di quello nazionale del 1973, la crescita della nostra associazione è stata notevole. Da circa 600 iscritte che eravamo siamo arrivate a 1250-1300 (non tutti i circoli hanno ancora comunicato il numero), da una decina di Circoli che avevamo abbiamo ora esteso le tesserate ad altre zone e siamo complessivamente presenti in 34 località”. (Documentazione Casa della Donna) UDI Comitato provinciale di Pisa, documento firmato dalla Presidente Giulia Nocchi, 1974: “... A Pisa si è registrato un fatto abbastanza insolito: si sono viste venire 45 donne spontaneamente a chiedere la tessera nel corso della campagna elettorale, ma non solo, infatti dalla ripresa dell’attività ad ora altre 8 donne sono venute a chiedere la tessera. Siamo arrivate, a Pisa a 93 nuove iscritte di cui 53 venute alla sede spontaneamente” (Documentazione Casa della Donna). In quegli anni le militanti della prima generazione riscoprono anche la loro storia, si torna a parlare della guerra di Liberazione per mettere in risalto l'opera delle donne che parteciparono alla Resistenza. (Tav. 97 Manifesto del Convegno tenutosi a Pisa nel 1978 su donne e Resistenza) Il confronto con le femministe mette in crisi l’UDI che acquisisce i loro temi e, in parte, il loro linguaggio. (Fig. 91 In questo manifesto femminista sono descritti gli ostacoli che una donna deve superare prima di diventare un individuo con una propria identità). L'UDI pisana negli anni Settanta interviene pubblicamente sugli eventi drammatici che investono la città e sulla situazione internazionale; allo stesso tempo l'associazione dà vita a iniziative che riguardano tematiche più vicine al movimento femminista, come la sessualità. (Fig. 92, 93 L'UDI festeggia l'8 marzo 1977; Documento dell'UDI che invita le donne a una presa di coscienza della subordinazione femminile) Come problemi centrali condividiamo quelli sottolineati nella riunione dell’Esecutivo nazionale dell’UDI cioè diritto di famiglia, nuovo rapporto donna-sessualità-maternità, interventi sulla scuola, abolizione del cumulo dei redditi del marito e della moglie. In più, per noi, anche applicazione della legge sulla tutela del lavoro a domicilio (Documentazione Casa della Donna. 1974). Ma le tematiche femministe influenzano anche le donne iscritte ai partiti, specie quelli di sinistra, ne è un esempio la copertina del Documento finale delle socialiste presenti al 40° congresso del Psi. (Fig. 94) Un momento centrale della temperie degli anni Settanta e in particolare del percorso delle donne in politica è il referendum sul divorzio che avvicina le donne dell'UDI, isolate dal PCI su questo tema, al movimento femminista. (Fig. 95, 96 Documenti della campagna per il referendum sul divorzio; Fig. 97, 98 Congresso straordinario dell'UDI, si discute della riforma del Diritto di famiglia). A Pisa pullulano gruppi e collettivi di donne. Con il motto "il privato è politico" le femministe affermano la necessità di dare valore politico all'intera esperienza esistenziale degli esseri umani; per le donne è un passo necessario per acquistare visibilità. Date canoniche della politica al femminile come l'8 marzo diventano occasioni per scendere in piazza e mostrare il proprio desiderio di cambiamento. Le femministe immaginano un mondo nuovo, dove i rapporti umani siano senza gerarchie e dove le donne possano scoprire insieme la propria femminilità, separandola da quella costruita dal potere maschile e appiccicata sulle donne tramite l'educazione. Per le femministe trovarsi tra donne, trascorrere insieme il tempo del lavoro e della vacanza diventa un momento indispensabile di crescita personale e collettiva (Fig. 99, 100 Otto marzo 1977. Fig. 101-103 Insieme in vacanza; Incontri fra donne: Pinarella di Cervia, in un albergo dell'UDI, e presso Agape). Nonostante le giovani donne dei gruppi si contrappongano alla generazione di militanti che le ha precedute, emergono anche molte somiglianze. Ad esempio, forse inconsapevolmente, le donne di Lotta Continua si pongono nel solco delle donne del dopoguerra quando decidono di condurre una battaglia per gli asili nido. Il 6 dicembre 1971 era stata approvata la legge n. 1044 sul “Piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato” e le donne pisane di Lotta Continua ne chiedono l’applicazione in città. L'iconografia del materiale di propaganda, in questo caso un volantino per le elezioni del 1975, che riproduce una donna con un bimbo in braccio ricorda quella del dopoguerra. Forse i problemi nodali delle donne non sono cambiati? Particolarmente aspro è il confronto fra il femminismo e le donne cattoliche; le femministe accusano la Chiesa di essere una delle istituzioni che più ha oppresso le donne, educandole alla sottomissione e alla repressione della sessualità. E' difficile conciliare la sensibilità di fede con la radicalità e l'aggressività del linguaggio femminista, anche se con il Concilio Vaticano II si aprono degli spazi per una nuova e più aperta riflessione sul rapporto fra la Chiesa e le donne. Nel 1975 una apposita commissione istituita da Paolo VI pubblica un documento innovativo che riconosce l'oppressione che la società opera sulle donne. Lo scontro è però tesissimo sul divorzio e sull'aborto. (Fig. 104, 105 Il CIF discute dei problemi del momento in un Convegno Provinciale nel 1976. Fig. 106 1977: mentre il Movimento per la vita celebra una funzione al Duomo le femministe tengono fuori dall'edificio una manifestazione a favore dell'aborto). Sull'aborto si confrontano posizioni inconciliabili. Per le cattoliche la vita inizia sin dal concepimento e non appartiene alla madre, bensì a Dio. Le femministe credono invece che il generare sia una facoltà del sesso femminile e dunque la decisione della maternità spetta alla donna. In occasione del referendum del 1981 le femministe scendono in piazza con una serie di manifestazioni per difendere la legge. (Fig. 107, 108: Manifestazioni organizzate dalle femministe in difesa dell'aborto) La sconfitta al referendum non rappresenta per le donne cattoliche un ripensamento sulla scelta di militanza, ma costituisce un momento di riflessione su come calibrare la propria attività in una società in mutamento che pone nuove sfide al messaggio cristiano. “Nel C.I.F. raggiunsi la carica di Consigliera Provinciale prima, Consigliera Comunale poi e, in alterni periodi, fui incaricata per la “Stampa”; ho cercato di essere disponibile come ho potuto, alternandomi tra due città e l’insegnamento che sempre più mi assorbiva, e i doveri familiari. Combattei convinta accanto a Gina Casarosa e le sue valide collaboratrici, le famose battaglie storiche contro il divorzio e contro l’aborto. Sconfitte in campo politico non ci arrendemmo e vennero luminose conquiste come le varie realizzazioni nella “Regina Mundi” e nella “S.Caterina” al Calambrone. Partecipai a convegni, organizzai qualche lezione a giovani colleghe offrendo un granellino della mia esperienza”. Anna Fantoni, Il Quarantennio, in 19451985 Centro Italiano Femminile di Pisa. 40 anni al servizio della società, Pisa, s.d. Il movimento femminista chiede invece agli amministratori locali un riconoscimento istituzionale. “Nel 1978 per iniziativa del Collettivo femminista comunista, del Collettivo del Liceo Scientifico, con l’appoggio dell’UDI si raccolgono 2000 firme a sostegno dell’iniziativa per ottenere il Centro della Donna, uno spazio dove incontrarsi, discutere, organizzarsi. Nel 1979 La Provincia e il Comune riconoscono il diritto delle donne ad uno spazio autonomo e si impegnano a garantire loro una sede: la palazzina di via Galli Tassi. L’anno successivo in occasione dell’8 marzo il presidente della Provincia Orsini e il sindaco Bulleri rinnovano il loro impegno. L’8 Marzo 1981 le donne del movimento decidono un’occupazione simbolica della palazzina, simbolica perché l’edificio è ancora inagibile. L’occupazione durerà una settimana. Si vuole ricordare alle istituzioni l’impegno preso”. (Documentazione della Casa della Donna) La ricerca intende approfondire il sintetico quadro qui delineato, lumeggiare le diverse realtà della provincia e osservare più da vicino il difficile rapporto tra le generazioni di donne che si sono avvicendate sulla scena politica pisana.