Sotto riva con il “light rock fishing”

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Sotto riva con il “light rock fishing”
Corso di pesca
Sotto riva con il
“light rock fishing”
E
cco una nuova, divertente variante dello spinning arrivata da poco dal Giappone. Attrezzature ed esche leggerissime, per stimolare l’attacco non dei classici predatori come la spigola o il
pesce serra ma di tanti piccoli e non meno pregiati
abitanti delle buche tra gli scogli. Primo su tutti lo
scorfano.
La versione più leggera e recente dello spinning,
tecnica di cui abbiamo parlato nel numero di novembre-dicembre 2011, può essere considerata come una vera e propria evoluzione giunta recentemente in Italia dal Giappone.
Stiamo parlando del light rock fishing, in sigla LRF,
ovvero della pesca con le esche artificiali diretta a
Uno sciarrano appena catturato utilizzando un’esca artificiale
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marzo-aprile 2013
tutti i predatori più piccoli, anche nell’immediato
sottoriva.
Nel Mare Nostrum l’indiscusso protagonista di questa pesca è senza dubbio lo scorfano nero (Scorpaena porcus), vorace e poco sospettoso, che si getta
con aggressività su qualsiasi esca gli passi a tiro.
Generalizzando, comunque, possiamo affermare
che le prede più frequenti del light rock fishing
siano tutti i piccoli predatori tipici dei sottocosta
rocciosi come, appunto, gli scorfani, le perchie e i
ghiozzi. Tuttavia, non sono affatto rari gli incontri
con sparidi come saraghi, occhiate e salpe, oppure
con i sugarelli e persino con la spigola.
Inoltre si può fare strike persino con il rombo chiodato, che spesso sosta in agguato sui fondali sabbiosi
direttamente a ridosso delle
rocce o dei manufatti come
moli e barriere frangiflutti.
Non a caso, i punti adatti a
questa tecnica di pesca sono
moli, pontili e scogliere, naturali o artificiali che siano.
In ogni caso, qualsiasi elemento in grado di creare un
microambiente nella monotonia dell’acqua e del fondo,
anche semplicemente un
gruppetto di sassi, rappresenta un ottimo spot per il
light rock fishing. Qui, a seconda delle specifiche attrezzature ed esche, possiamo tentare la cattura di specie diverse.
Una parure di vermi
a coda piatta in gomma
Attrezzi leggeri,
per godere della cattura
I primi approcci alla tecnica sono avvenuti
adattando le attrezzature cosiddette “finesse” per
la pesca al black bass in acqua dolce, ovvero leggere canne monopezzo o in due pezzi intorno a 7
piedi di lunghezza con scarsa potenza di lancio, fino a 7-8 grammi.
Oggi il mercato offre una vasta gamma di attrezzi
specifici, quasi tutti “made in Japan”, con la peculiarità di avere la parte terminale del cimino costruita in fibra di vetro (solid tip) e direttamente
innestata nella fibra di carbonio della vetta. Lo
scopo di questa soluzione è garantire alla canna
un’azione morbida, necessaria ad assecondare le
mangiate e ridurre la percentuale di pesci persi
senza sacrificarne la sensibilità, dote fondamentale che ci permette di percepire anche le mangiate
più delicate.
L’attrezzatura va completata con un mulinello
piuttosto piccolo, di peso e misure adeguati (un
taglia 2000-2500 Shimano e simili, per intenderci), a garantire un buon bilanciamento della canna. La bobina va riempita con un buon fluorocarbon da 3-6 libbre di tenuta.
Tra le esche vince la gomma
Le esche più utilizzate nel light rock fishing sono
piccoli artificiali in gomma, ovvero le cosiddette
soft bait, da 1,5 a 4 pollici di lunghezza, montate
sulle apposite teste piombate (jig head) comprese
tra 0,5 e 3 grammi. Il peso delle jig head, ovviamente, va scelto anche e soprattutto in base alla
profondità e alle correnti o turbolenze presenti
nell’acqua. In ogni caso, tutti gli artificiali da spinning in silicone sono perfetti per stanare i piccoli
predatori, ovviamente nelle misure più contenute:
da 1,5 a 4 pollici. Ma esistono anche
“bocconi” specifici per il “light”, dalle
forme più o meno fantasiose oppure strettamente imitanti piccole creature come gamberetti, granchi e cefalopodi.
Per esempio gli “hog”, dal corpo affusolato e provvisti di vistose protuberanze ai lati del corpo e in
coda: imitano piccoli gamberi e vanno recuperati
sul fondo, infilandosi molto bene tra le rocce ed
emettendo vibrazioni che attraggono i pesci.
Da citare anche gli “straight worm” o “micro worm”,
piccole esche siliconiche dal corpo pronunciato
che finisce in una coda dritta e sottile: sono imitazioni pressoché perfette di vermi marini che vivono tra gli scogli e sotto la sabbia. Infine i “crab”,
imitazioni di granchietti, più o meno stilizzati,
che rappresentano ottime esche per lo scorfano:
vanno recuperati a stretto contatto con il fondale,
oppure calati tra gli anfratti della scogliera o, ancora, “strisciati” in verticale sulle pareti in cemento dei porti dove i piccoli predatori hanno le loro
tane. Tutti questi inganni vanno innescati su apposite testine piombate (jig head) dal peso molto
contenuto, da 0,5 a 3 grammi.
Tanto divertimento,
ma con rispetto
Il rock fishing leggero mediterraneo è una tecnica
che in determinate condizioni può rivelarsi eccezionalmente redditizia, ed è un gran divertimento
pescare con attrezzature ultraleggere pesci predatori di dimensioni non eclatanti ma “tosti” come
pochi, capaci di far piegare la nostra sottile canna
con testate nervose e ripartenze guizzanti che ci
faranno divertire moltissimo.
Per non trasformare la pescata in un’inutile mattanza, però, bisogna usare il cervello: in ognuno
di noi devono prevalere il senso di responsabilità
e il rispetto per le prede. Se l’uscita di pesca è andata bene, evitiamo inutili stragi! Il catch & release,
ovvero “cattura e rilascia”, è la filosofia giusta da
adottare anche e soprattutto in questo ambito.
Vedremo poi in uno dei prossimi numeri quali sono le precauzioni per metterlo in pratica nei dettagli, a partire dal non toccare il pesce con le mani
asciutte fino al come slamarlo senza provocargli
danni e “riossigenarlo” nell’acqua per farlo riprendere.
Riccardo Zago
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