pronuncia - Studio Legale Roma

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UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO
(MARCHI, DISEGNI E MODELLI)
Divisione di annullamento
ANNULLAMENTO N. 9391 C (NULLITÀ)
Nema S.r.l., Via Ca’ Ricchi 7, 40068 San Lazzaro di Savena (Bologna), Italia
(richiedente), rappresentata da Jacobacci & Partners S.p.A., Via Berchet 9, 35131
Padova, Italia (rappresentante professionale)
contro
Urban Girl S.r.l., Via Ferruzzano 58, 00173 Roma, Italia, rappresentata da Avv. Ezio
Lucchetti e Avv. Cristiano Manni, Via Taro 56, 00199 Roma, Italia (rappresentanti
professionali).
Il 29/01/2015, la Divisione di Annullamento emana la seguente
DECISIONE
1.
La domanda di nullità è interamente respinta.
2.
La richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 450 EUR.
MOTIVAZIONI
La richiedente ha presentato una domanda di nullità contro tutti i prodotti del marchio
comunitario figurativo n. 10 622 322
compresi nelle classi 14, 18 e 25.
, vale a dire contro tutti i prodotti
La domanda si basa sulle seguenti registrazioni anteriori:
- marchio italiano figurativo n. 880 407
, depositato il 23/07/2002,
registrato il 14/01/2003 e successivamente rinnovato. La domanda è fondata su
parte dei prodotti coperti dalla registrazione, ossia sui prodotti delle classi 24 e 25.
- registrazione internazionale n. 797 113
del 14/01/2003, debitamente
rinnovata, che designa, tra gli altri, Austria, Benelux, Bulgaria, Croazia, Danimarca,
Francia, Grecia, Irlanda, Spagna, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania,
Slovenia e Ungheria. La domanda è fondata su parte dei prodotti coperti dalla
registrazione, ossia sui prodotti della classe 25;
La richiedente ha invocato l’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), RMC in combinato
disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC.
SINTESI DEGLI ARGOMENTI DELLE PARTI
La richiedente adduce quanto segue:
Decisione di annullamento n. 9391 C
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 Sussiste un rischio di confusione tra i marchi poiché i prodotti della registrazione
contestata sono in parte identici e in parte affini ai prodotti della richiedente e i
segni presentano un elevato grado di somiglianza visiva e fonetica. In particolare, i
segni in esame contengono elementi figurativi simili e, comparando le parole
“AMEN” e “AMNÈ”, i marchi coincidono nelle quattro lettere che li compongono, di
cui le due iniziali sono poste nel medesimo ordine.
 I segni “AMEN” non hanno alcun significato specifico in relazione ai prodotti
rivendicati dalla richiedente e, pertanto, devono essere considerati come marchi
“forti” con elevato carattere distintivo per il consumatore di riferimento.
 Di conseguenza, considerando il principio di interdipendenza per il quale un minor
grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un elevato grado di
affinità tra i prodotti e viceversa, e poiché i prodotti in questione sono di uso
corrente e il consumatore medio raramente ha la possibilità di un confronto diretto
tra i marchi, ma ne conserva solo un ricordo imperfetto, il MC contestato deve
essere dichiarato nullo per tutti i prodotti contestati.
La titolare, nella sua risposta in data 10/01/2014, sosteneva, in sostanza, quanto segue:
 I marchi in conflitto presentano profonde differenze sotto il profilo visivo, fonetico e
soprattutto concettuale. Sotto il profilo visivo, sebbene i marchi coincidano nelle
lettere iniziali “A” e “M”, essi differiscono nelle ultime due lettere e nei rispettivi
elementi figurativi. Sotto il profilo fonetico, i suoni delle parole “AMEN” e “AMNÈ”,
indipendentemente dalle differenti regole di pronuncia nelle lingue di riferimento,
presentano chiare differenze fonetiche tenuto conto dell’inversione delle lettere “E”
e “N” e della diversa accentuazione delle parole “AMEN” e “AMNÈ”.
 Dal punto di vista concettuale, il termine “AMEN” dei marchi anteriori è una parola
di origine ebraica - traducibile con le espressioni “così è”, “in verità” - la quale ha
assunto nel corso del tempo un significato unico e universale in quanto utilizzata in
molte liturgie cristiane come risposta e assenso a preghiere e invocazioni.
Dall’altra parte, il termine “AMNÈ” è di pura fantasia e, pertanto, privo di significato
nelle lingue di rifermento. I marchi, dunque, divergono sotto il profilo concettuale.
 Di conseguenza, poiché il grado di somiglianza tra i segni in esame è pressoché
inesistente, non sussiste alcun rischio di confusione.
In data 24/09/2014 le osservazioni della titolare del MC venivano trasmesse alla
richiedente con l’invito a depositare un’eventuale controreplica entro il termine del
24/11/2014. Poiché nessuna risposta era pervenuta entro tale termine, in data
01/12/2014 l’Ufficio comunicava alle parti che la fase in contraddittorio del
procedimento era conclusa e che una decisione sarebbe stata presa in base agli
elementi in suo possesso.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 53, PARAGRAFO 1, LETTERA a), RMC IN
COMBINATO DISPOSTO CON L’ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMC
Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i
prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano
dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate.
La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento nell’ambito di
una valutazione complessiva di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca
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dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e
dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti
dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
a)
I prodotti
I fattori pertinenti per il confronto dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura
e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i
produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.
I prodotti sui quali si basa la domanda sono i seguenti:
Marchio italiano n. 880 407:
Classe 24:
Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi, coperte da letto e
copritavoli.
Classe 25:
Articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.
Registrazione internazionale n. 797 113:
Classe 25:
Articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.
I prodotti contestati sono i seguenti:
Classe 14:
Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non
compresi in altre classi; gioielleria, bigiotteria, pietre preziose; orologeria
e strumenti cronometrici.
Classe 18:
Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre
classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da
passeggio; fruste e articoli di selleria.
Classe 25:
Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.
Il MC contestato rivendica i titoli delle classi 14, 18 e 25 ed è stato depositato in data
07/02/2012. In forza della comunicazione n. 2/12 del Presidente dell’UAMI, del
20/06/2012, in caso di domande di marchio comunitario presentate anteriormente alla
data del 21/06/2012, l’Ufficio considererà che l’intenzione della titolare del marchio
comunitario nel rivendicare per intero i titoli delle classi fosse quella di estendere gli
effetti del marchio a tutti i prodotti ricompresi nell’elenco alfabetico delle classi di cui
trattasi, nell’edizione della Classificazione di Nizza in vigore al momento del deposito
(in questo caso, la Decima edizione).
Pertanto, al fine di prendere in considerazione tutto l’elenco alfabetico nelle classi 14,
18 e 25 del MC contestato, la Divisione di Annullamento confronterà i prodotti dei
marchi anteriori mediante (i) le indicazioni generali specificate ed (ii) eventuali elementi
contenuti negli elenchi alfabetici, che non rientrano nel senso proprio e consueto di tali
indicazioni generali.
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Nel caso delle classi 14, 18 e 25, la Divisione di Annullamento ha individuato i seguenti
elementi negli elenchi alfabetici coperti dal MC che non rientrano nel senso proprio e
consueto di tali indicazioni generali:
Classe 14:
Scrigni per l'orologeria.
Classe 18:
Anelli per ombrelli; bastoni per ombrelli; borse a tracolla per portare
bambini; borse lavorate a maglia; ferri di cavallo; foderi per ombrelli;
impugnature per bastoni da passeggio; impugnature per ombrelli;
marsupi per portare i bambini; marsupi porta-bebé; reti per la spesa;
sacchetti mangiatoie per cavalli; sacchi per provviste; sacchi per roulette;
stecche di balena per ombrelli o ombrelloni; telai di ombrelli o ombrelloni;
telai per borse a mano.
Classe 25:
Antisdrucciolevoli per calzature; bulloni per scarpe da calcio; carcasse di
cappelli; ferramenti per calzature; fodere confezionate [parti di
indumenti]; guardoli per calzature; petti di camicie; polsini
[abbigliamento]; punte di calzature [spunterbi]; rinforzi al tallone per
calzature; rinforzi al tallone per le calze; suole; suole interne; tacchi;
tomaie; tomaie di calzature.
Di conseguenza, per quanto riguarda tali classi, la comparazione terrà conto sia delle
indicazioni generali sia di tutti i prodotti sopra indicati.
Il marchio italiano n. 880 407 e la registrazione internazionale n. 797 113, che designa,
tra gli altri, Bulgaria, Finlandia, Grecia e Ungheria, sono stati depositati, rispettivamente,
il 23/07/2002 e il 14/01/2003 e concessi per gli interi titoli delle classi 24 e 25 della
Classificazione di Nizza. Ai sensi della Comunicazione comune sull’esecuzione della
sentenza “IP Translator” della Rete europea dei marchi e dei disegni e modelli, l’Ufficio
considera che l’ambito di protezione di tali classi comprende sia il significato comune
ed ordinario delle indicazioni generali che ne compongono il titolo che la lista alfabetica
delle classi in questione conformemente alla Classificazione di Nizza in vigore al
momento della presentazione delle relative domande, che in questo caso è, per
entrambi i marchi anteriori, l’Ottava edizione.
Nel caso delle classi in esame, la Divisione di Annullamento ha identificato i seguenti
prodotti inclusi negli elenchi alfabetici rivendicati dai marchi anteriori che non rientrano
nelle indicazioni generali interpretate nel loro significato comune ed ordinario:
Classe 24:
Materie plastiche [succedanei del tessuto]; rivestimenti di mobili in
plastica; tende in materia plastica; tende per doccia in materia plastica.
Classe 25:
Antisdrucciolevoli per calzature; bulloni per scarpe da calcio; carcasse di
cappelli; ferramenti per calzature; fodere confezionate [parti di
indumenti]; guardoli per calzature; petti di camicie; polsini
[abbigliamento]; punte di calzature [spunterbi]; rinforzi al tallone per
calzature; rinforzi al tallone per le calze; suole; suole interne; tacchi;
tomaie; tomaie di calzature.
Prodotti contestati in Classe 14
I prodotti contestati metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non
compresi in altre classi; oreficeria, gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti
cronometrici, scrigni per l'orologeria cosi come scrigni per l'orologeria sono dissimili dai
prodotti coperti dai marchi della richiedente nelle classi 24 e 25.
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In particolare, i prodotti di lusso, quali gioielleria, pietre preziose, nonché certi articoli di
orologeria e strumenti cronometrici, della classe 14 sono considerati dissimili dai
prodotti tessili della classe 24 e gli articoli di abbigliamento della classe 25. La natura e
lo scopo principale di questi prodotti sono diversi. Se la funzione principale
dell'abbigliamento è quella di vestire il corpo umano, mentre i prodotti tessili sono
destinati principalmente a un uso domestico e alla decorazione d’interni, la funzione
principale dei prodotti contestati è essere indossati per ornamento personale o indicare
il tempo. I prodotti in questione non condividono i medesimi canali di distribuzione e
non sono tra loro né concorrenti né complementari.
La richiedente sostiene che gli oggetti ricompresi nella classe 14 e gli articoli di moda
della classe 25 soddisfino i medesimi bisogni “estetici”, ovvero siano diretti al
medesimo pubblico e siano distribuiti tramite i medesimi canali di distribuzione. Tuttavia,
tale argomento non può portare a considerare simili questi prodotti. Il fatto che tali
articoli possano essere scelti dal consumatore prestando attenzione al “look” personale
che essi conferiscono e che, inoltre, un certo numero di stilisti e designer abbia fatto
ingresso nei settori dell’orologeria e della bigiotteria non contraddice la suddetta
constatazione.
Sebbene la richiedente abbia citato a sostegno dei propri argomenti le decisioni delle
Commissioni di Ricorso n. R228/2012-1 del 08/11/2012 e n. R2027/2011-1 del
2017/2011, nelle quali articoli di abbigliamento, gioielli e orologeria erano stati
considerati simili sulla base di una comune funzione estetica/ornamentale, la
giurisprudenza della Corte ha escluso che la cosiddetta “complementarità estetica”
costituisca una caratteristica intrinseca di questi prodotti (v. sentenza del 30/04/2014,
causa T-170/12, ‘Beyond Vintage’, paragrafo 31, e, per analogia, sentenze 11/09/2007,
causa T-150/04, ‘Tosca Blu’, paragrafo 36; e 01/03/2005, causa T-169/03, ‘Sissi Rossi’,
paragrafi 60 e 62). Inoltre, quanto al fatto che alcuni rinomati stilisti siano entrati nei
settori della gioielleria, dell’orologeria e della bigiotteria, affinché questi settori possano
considerarsi affini, nonostante le loro differenze quanto a natura, finalità d’uso e
normale origine imprenditoriale, occorre che i consumatori considerino quanto meno
normale che i prodotti in questione vengano commercializzati con lo stesso marchio,
cosa che implica che un ampio numero di produttori e distributori di questi prodotti
siano i medesimi (v. ‘Beyond Vintage’, paragrafo 35; ‘Tosca Blu’, paragrafo 37, e ‘Sissi
Rossi’, paragrafo 63). In altri termini, non deve trattarsi di un ristretto numero di case di
moda che sfruttano la notorietà generale del nome dello stilista per espandersi in
settori diversi, quanto piuttosto di una prassi di mercato normale e diffusa nei settori in
questione. In ogni caso, devono esservi prove concrete di una commercializzazione
congiunta di questi prodotti negli stessi outlets (v., per analogia, sentenza 13/07/2004,
causa T-115/02, Avex / UAMI, punto 26). Ciò, tuttavia, non avviene nel caso di specie.
Prodotti contestati in Classe 18
I prodotti contestati cuoio e sue imitazioni sono simili ai tessuti della richiedente in
classe 24, in quanto entrambi sono utilizzati nella preparazione di prodotti (ad esempio
di abbigliamento); da ciò ne consegue che essi hanno da un lato lo stesso scopo, sono
diretti al medesimo pubblico professionale ed essendo tra loro sostituibili sono altresì in
concorrenza.
Inoltre, un certo grado di somiglianza si ritrova anche tra articoli in queste materie
[cuoio e sue imitazioni] non compresi in altre classi ed abbigliamento e scarpe in classe
25 dei marchi anteriori poiché si tratta di prodotti finiti, i quali possono condividere gli
stessi produttori e canali di distribuzione e sono destinati agli stessi consumatori finali.
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Inoltre, le borse a tracolla per portare bambini; borse lavorate a maglia; marsupi per
portare i bambini; marsupi porta-bebè sono simili in lieve misura agli articoli di
abbigliamento, poiché normalmente condividono con gli stessi i produttori, i canali di
distribuzione e i consumatori finali.
Per contro, i prodotti contestati pelli di animali, bauli, ombrelli, ombrelloni, bastoni da
passeggio, fruste e articoli di selleria sono dissimili dai prodotti rivendicati dai marchi
anteriori nelle classi 24 e 25. In particolare, i bauli sono grandi contenitori, o scatole
chiudibili, usati come bagaglio o per magazzinaggio, gli ombrelli sono dispositivi per la
protezione dalle intemperie, costituiti da una cupola apribile, di solito circolare, montata
su di un’asta centrale; gli ombrelloni sono ombrelli utilizzati per proteggersi dal sole; i
bastoni da passeggio sono aste o bastoni usati come ausilio nella deambulazione, le
fruste sono strumenti per incitare gli animali o infliggere punizioni corporali; i finimenti
sono bardature con cui un animale aggiogato tira un veicolo o un attrezzo; gli articoli di
selleria sono le attrezzature usate per i cavalli, quali le selle o i finimenti. La natura di
tali prodotti differisce di molto da quella dei prodotti delle classi 24 e 25. In effetti, i
prodotti in questione sono utilizzati per scopi del tutto diversi (deposito/magazzinaggio,
protezione dalla pioggia/dal sole, ausilio per la deambulazione, aiuto nel controllo e/o
nella guida di animali, rispetto all’uso domestico, alla decorazione d’interni e alla
copertura/protezione del corpo umano). Inoltre, i prodotti in esame non vengono
distribuiti negli stessi punti vendita ed è molto improbabile che siano fabbricati/realizzati
dalla stessa impresa. Di conseguenza essi sono considerati dissimili.
Lo stesso ragionamento si applica alle valigie. Questi prodotti sono considerati dissimili
da tutti i prodotti delle classi 24 e 25. Le valigie sono destinate a contenere oggetti
durante il viaggio e non soddisfano quindi le stesse esigenze dei prodotti tessili e degli
articoli di abbigliamento. I prodotti in questione non sono distribuiti tramite gli stessi
punti vendita né sono realizzati dagli stessi fabbricanti. Inoltre, essi non sono né
concorrenti né complementari.
Infine, lo stesso dicasi dei prodotti contestati anelli per ombrelli; bastoni per ombrelli;
ferri di cavallo; foderi per ombrelli; impugnature per bastoni da passeggio; impugnature
per ombrelli; reti per la spesa; sacchetti mangiatoie per cavalli; sacchi per provviste;
sacchi per roulette; stecche di balena per ombrelli o ombrelloni; telai di ombrelli o
ombrelloni; telai per borse a mano, ovvero di quei prodotti non inclusi nell'elenco
alfabetico delle indicazioni generali del marchio contestato. Essi, infatti, sono prodotti
specifici che non hanno alcun punto di contatto con i prodotti della richiedente nelle
classi 24 e 25, atteso che si tratta di prodotti realizzati da imprese diverse e
generalmente distribuiti tramite canali commerciali non coincidenti. Ne consegue che
tali prodotti sono dissimili.
Prodotti contestati in Classe 25
Sebbene i marchi in esame si riferiscano a diverse edizioni della Classificazione di
Nizza, i prodotti nella classe 25 dei marchi anteriori e quelli del MC contestato sono
identici, sia per quanto riguarda le indicazioni generali del titolo della classe sia per
quanto riguarda i prodotti implicitamente rivendicati.
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b)
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I segni
Marchi anteriori
Marchio contestato
Il territorio di riferimento è costituito da Austria, Benelux, Bulgaria, Croazia, Danimarca,
Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Spagna, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca,
Romania, Slovenia e Ungheria.
I marchi anteriori sono segni figurativi composti dall’elemento verbale “AMEN” scritto in
caratteri maiuscoli standard, preceduto e seguito, ai piedi delle lettere “A” e “N”, da due
figure geometriche a forma di rombo di piccole dimensioni. Il MC contestato è
anch’esso figurativo e costituito dalla parola “AMNÈ” scritta in caratteri corsivi,
leggermente stilizzati, con la lettera inziale “A” in maiuscolo. Le lettere finali “N” e “È”
poggiano su tre figure, disegnate in piccolo, a forma di sfera e di cuore. Entrambi i
segni sono privi di sfondo e non rivendicano colori specifici.
Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui i rispettivi elementi verbali
sono composti di quattro lettere e coincidono nelle lettere iniziali “A” e “M”. Dall’altro
lato, essi differiscono nella sequenza delle lettere finali “E” e “N”, trascritte in maniera
invertita, nell’accento posto sulla lettera finale “è” del marchio contestato e nei rispettivi
elementi figurativi.
Sotto il profilo fonetico, sebbene i marchi abbiano la stessa lunghezza e siano
formati dalle medesime quattro lettere, nei territori di riferimento la loro pronuncia
presenta delle differenze dovute all’inversione delle lettere finali “e” e “n” e all’accento
grave della lettera finale “è” del MC. In particolare, l’inversione delle lettere finali
produce nei segni una diversa scansione sillabica delle parole “AMEN” e “AMNÈ”, le
quali verranno scandite, rispettivamente, [a-men] - con accento sulla prima sillaba - e
[am-nè] - con accento sull’ultima sillaba. Di conseguenza, il ritmo e l’intonazione dei
marchi in esame non coincidono.
Sotto il profilo concettuale, la parola amen dei segni anteriori è un termine di origine
ebraica utilizzato come esclamazione al termine delle preghiere cristiane con il significato
“così sia!”. Tale termine è universale e presente nei dizionari di ognuna delle lingue
considerate. Dall’altro lato, la parola amnè è priva di qualsiasi significato nei territori di
riferimento. Poiché uno dei segni non sarà associato ad alcun significato, i segni non sono
concettualmente simili.
Tenuto conto delle summenzionate lievi coincidenze visive e fonetiche, si ritiene che i
segni oggetto della comparazione siano simili in modo limitato.
c)
Elementi distintivi e dominanti dei segni
Nel determinare l’esistenza del rischio di confusione, il confronto dei segni in conflitto
deve basarsi sull’impressione generale fornita dai marchi, tenuto conto, in particolare,
dei loro elementi distintivi e dominanti.
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Nei marchi in esame, le componenti “AMEN” e “AMNÈ” costituiscono gli elementi
dominanti, poiché dotati di un maggior impatto visivo rispetto alle figure a forma di
rombo dei marchi anteriori e di sfera e cuore del MC contestato. Inoltre, tali elementi
figurativi svolgono un ruolo chiaramente ornamentale in entrambi i segni e, di
conseguenza, il loro impatto nella valutazione del rischio di confusione sarà limitato.
d)
Carattere distintivo del marchio anteriore
Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui tener conto nella
valutazione complessiva del rischio di confusione.
Nelle proprie osservazioni, la richiedente sostiene che i marchi anteriori “AMEN”
devono essere considerati marchi «forti» e, come tali, beneficiare di una tutela più
ampia. Tuttavia, sebbene secondo la giurisprudenza comunitaria i marchi che hanno
un elevato carattere distintivo intrinsecamente godano di una tutela più ampia rispetto
ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v. sentenza del 22/06/1999, C-342/97,
‘Lloyd Schufabrik Meyer’, paragrafo 20), non vi è alcuna regola in forza della quale
l’assenza di un nesso concettuale tra il marchio e i prodotti o servizi che esso copre
conferisca automaticamente a tale marchio un carattere distintivo intrinseco forte al
punto da tutelarlo in modo più ampio. Difatti, la determinazione di un eventuale ambito
di protezione accresciuto del marchio può derivare dall’uso intensivo dello stesso, ma,
nel presente caso, la richiedente non ha presentato alcuna prova a dimostrazione del
fatto che i marchi anteriori possano vantare un carattere distintivo elevato.
Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà
sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, i marchi anteriori risultano, nel
loro complesso, privi di qualsiasi significato per il pubblico dei territori di riferimento in
relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo di tali segni deve
essere considerato normale, nonostante la presenza di elementi figurativi di modesta
capacità distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente
decisione.
e)
Pubblico di riferimento – livello di attenzione
Si ritiene che il consumatore medio della categoria di prodotti interessati sia
normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Inoltre, il livello di
attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o
servizi in questione.
Nel presente caso, i prodotti in esame sono rivolti al vasto pubblico, il cui livello di
attenzione è da reputarsi normale.
f)
Valutazione complessiva, altri argomenti e conclusioni
Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità
che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla
stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate tra loro (v.
sentenza della Corte di giustizia 29/09/1998, causa C-39/97, ‘Canon’, paragrafo 29). Il
rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere valutato globalmente,
prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. ‘Canon’,
paragrafo 16).
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Dalla comparazione dei prodotti è risultato che essi sono in parte identici o simili e in
parte dissimili. I prodotti che sono stati ritenuti identici e simili sono diretti al grande
pubblico dotato di un grado di attenzione medio. In merito alla comparazione dei
marchi in esame, essi presentano solo limitati elementi di somiglianza.
In primo luogo, dal punto di vista visivo, nonostante la presenza di elementi figurativi
che presentano differenziazioni, ma d’influenza limitata per le ridotte dimensioni e per il
carattere ornamentale degli stessi, ciò che prevale è che le componenti verbali “AMEN”
e “AMNÈ” risultano complessivamente diverse, in quanto il livello di somiglianza tra i
segni è, infatti, limitato alle due lettere iniziali “A” e “M”. In tal senso, riguardo
all’argomento della richiedente secondo cui il consumatore presterebbe maggiore
attenzione alla parte iniziale dei segni in esame, sebbene sia vero che il consumatore
ricorderà con maggiore facilità la parte iniziale dei marchi (v., al riguardo, sentenza del
17/03/2004, cause riunite T-183/02 e T-184/02, ‘MUNDICOR’, paragrafo 81), è altresì
vero che tale principio non è una regola generale sempre applicabile e non può
contraddire il principio dell’impressione complessiva suscitata dai marchi (v. sentenza
del Tribunale 19/04/2013, causa T-537/11, ‘Snickers’, paragrafo 41).
In secondo luogo, la coincidenza delle due lettere inziali non determina, nel caso di
specie, una somiglianza fonetica tra i segni in esame. Infatti, come riscontrato
nell’analisi di cui sopra, sebbene i segni siano composti delle medesime quattro lettere,
l’inversione della vocale “E” e della consonante “N” svolge un ruolo decisivo
sull’impatto fonetico determinando una diversa scansione sillabica delle parole amen e
amnè che verranno pronunciate, rispettivamente, [a-men] e [am-nè]. Pertanto, i marchi
differiscono in termini di ritmo e intonazione.
In terzo luogo, come affermato in precedenza, i marchi non sono concettualmente
simili nella misura in cui il marchio contestato non ha un significato nelle lingue di
riferimento, mentre il termine amen dei segni anteriori presenta un valore concettuale
universale che sarà compreso in modo chiaro e univoco dal pubblico di tutti i territori di
riferimento. A tal proposito come menzionato dalla Corte, quando uno dei segni a
confronto è portatore di un preciso significato semantico, non relazionato con i prodotti
in esame, e tale è il caso del termine amen, tale significato semantico è in grado di
neutralizzare eventuali somiglianze fonetiche o visive. Nello specifico ciò avviene
quando almeno uno dei marchi di cui trattasi abbia, nella prospettiva del pubblico
rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico può
immediatamente comprenderlo (v. sentenza del 14 ottobre 2003, T-292/01, “Bass”,
paragrafo 54). Nel presente caso, il termine ‘AMEN’ detiene certamente un significato
chiaro ed inequivoco per il pubblico di riferimento, pertanto lo stesso sarà in grado di
neutralizzare il già limitato grado di somiglianza fra i segni.
Alla luce di quanto sopra, debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel
presente caso, l’identità e affinità di una parte dei prodotti in esame non è sufficiente a
controbilanciare le differenze tra i segni, pertanto la Divisione di Annullamento ritiene
che non sussiste un rischio di confusione per l’intero pubblico. Di conseguenza, la
domanda di nullità della richiedente deve essere respinta.
SPESE
Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMC, la parte soccombente in una procedura di
annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.
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Poiché risulta soccombente, il richiedente deve sopportare l’onere delle spese
sostenute dalla titolare del marchio comunitario nel corso di tali procedimenti.
Secondo la regola 94, paragrafi 3 e 7, lettera d), punto iv), REMC, le spese da
rimborsare alla titolare del marchio comunitario sono le spese di rappresentanza, che
devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.
La Divisione di Annullamento
Maria Luce
CAPOSTAGNO
Eamonn KELLY
Jessica LEWIS
Ai sensi dell’articolo 59 RMC, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con
una decisione può ricorrere contro la decisione stessa ove quest’ultima non abbia
accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMC, il ricorso deve essere presentato
per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno di notifica della decisione.
Inoltre, entro quattro mesi da tale data deve essere presentata una memoria scritta con
i motivi del ricorso. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di
800 EUR è stata pagata.
L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su
richiesta mediante decisione della divisione di annullamento.
Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMC, tale richiesta deve essere presentata
entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si
considera presentata soltanto ad avvenuto pagamento della tassa per la revisione della
determinazione delle spese, fissata in 100 EUR (articolo 2, punto 30, RTMC).