I D Benedetto XVI fra una settimana in Camerun e Angola «Anche

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I D Benedetto XVI fra una settimana in Camerun e Angola «Anche
MERCOLEDÌ
11 MARZO 2009
Il nunzio Franco: le Eucaristie del Papa
a Betlemme, Nazaret e Gerusalemme
In Italia il rettore
della Cattolica
del Congo
21
«Anche nel dolore sempre unito a Dio»
GERUSALEMME. Ieri a Gerusalemme, il nunzio
ROMA. Roma e Milano,
rispettivamente ieri e
lunedì, sono state le
tappe principali della
visita italiana del rettore
dell’Università Cattolica
del Congo, don Jean
Bosco Matand Bulembat,
incaricato dai vescovi del
suo Paese di inaugurare
entro settembre la
prima facoltà di Scienze
politiche dell’Ateneo
cattolico di Kinshasa. In
Italia Matand Bulembat
ha incontrato, tra gli altri,
il rettore della Cattolica
Lorenzo Ornaghi e il
vicepresidente del
Movimento cristiano
lavoratori (Mcl) Noé
Ghidoni.
apostolico in Israele, l’arcivescovo Antonio Franco –
insieme al custode di Terra Santa, padre Pierbattista
Pizzaballa e ad alcuni rappresentanti delle Chiese
cattoliche di Gerusalemme tra cui i vicari patriarcali
maronita e melkita – ha fornito maggiori particolari sul
viaggio del Papa in Terra Santa (8-15 maggio). Franco ha
spiegato che tappe molto significative del pellegrinaggio
saranno le tre Messe pubbliche a Gerusalemme,
Betlemme e Nazaret. Ma altri momenti importanti di
preghiera saranno il pellegrinaggio al Cenacolo (il
primo giorno del viaggio) e il Santo Sepolcro (l’ultimo).
In calendario, tra gli altri, anche gli incontri col
presidente israeliano, Shimon Peres e con quello
dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Il nunzio
ha inoltre ricordato il programma degli appuntamenti
ecumenici e interreligiosi come la visita al Gran Mufti di
Gerusalemme e alla Cupola della Roccia sulla Spianata
delle moschee. E ancora, la preghiera al Muro
occidentale e quella al memoriale di Yad Vashem dove
Benedetto XVI porterà il suo omaggio alle vittime della
Shoah. Il Papa incontrerà anche i due Gran rabbini di
Gerusalemme al Centro Hechal Sholomo.
PARMA. Presieduti
Un momento dei funerali (Fotogramma)
Ieri nella Cattedrale di Parma
i funerali del vescovo emerito
Bonicelli. Solmi: è stato capace
di soffrire per il suo popolo
Enrico Solmi. Ieri ai funerali in una
Cattedrale di Parma stracolma
hanno partecipato molti vescovi
ed emeriti dell’Emilia Romagna. Tra
i presenti anche l’arcivescovo di
Lucca, Italo Castellani, il vescovo di
Aosta, Giuseppe Anfossi, e
l’assistente generale dell’Agesci
monsignor Francesco Montanari.
All’omelia il vescovo di Parma,
Enrico Solmi, ha citato la frase
centrale del testamento spirituale
di Bonicelli: «Spero di essere del
Signore ogni giorno». Nella sua
riflessione Solmi ha ricordato «la
testimonianza della fede e la
familiarità con Dio» offerta da
Bonicelli «specialmente quando la
malattia con insistenza tornava nel
suo corpo fragile e nella sua anima
di cristiano e di pastore».
«Bonicelli ha unito ai dolori del
dall’arcivescovo di ModenaNonantola, Benito Cocchi, si sono
svolti ieri pomeriggio nella
Cattedrale di Parma i funerali del
vescovo emerito Cesare Silvio
Bonicelli, che ha retto la diocesi
emiliana dal 1996 al 2007, dopo
aver guidato per cinque anni la
Chiesa di San Severo in Puglia. Il
presule era originario di Bergamo,
dov’è morto venerdì scorso a 76
anni. Domenica scorsa nella
parrocchia bergamasca di
Sant’Anna è stata concelebrata
una Messa di suffragio, presieduta
dall’amministratore apostolico di
Bergamo, Roberto Amadei, con il
cugino del defunto Gaetano
Bonicelli, arcivescovo emerito di
Siena-Colle di Val D’ElsaMontalcino, e il vescovo di Parma,
corpo la sofferenza propria del
vescovo che è tale se – ha
aggiunto Solmi –, come un babbo e
una mamma, è capace di soffrire
per il suo popolo, colpito negli
anni di episcopato a Parma da
delitti e prove economiche, da
famiglie sfasciate e persone senza
speranza, immigrati e crisi
vocazionali». Ma Bonicelli ha
sempre testimoniato che «la gloria
di Dio è l’uomo vivente». «Il
vescovo Bonicelli – commenta
Maria Cecilia Scaffardi, direttore
del settimanale diocesano Vita
Nuova – ci lascia una grande
eredita: la centralità della fede in
Cristo, che lui ha testimoniato
anche nella malattia, annunciando
pubblicamente il tumore che
l’aveva colpito».
Quinto Cappelli
Africa, un viaggio che unisce
Benedetto XVI fra una settimana in Camerun e Angola
DA ROMA MIMMO MUOLO
l Papa riaccende i riflettori sull’Africa. Nel
Continente spesso dimenticato dai media, se non per dare notizia di catastrofi,
guerre, carestie e povertà (e infatti è di ieri la
notizia diffusa dall’agenzia Fides dell’uccisione di tre sacerdoti, due in Sud Africa e uno in Burundi, vittime a quanto pare della
criminalità comune: ne parliamo a pagina
26), Benedetto XVI si recherà dal 17 al 23 marzo prossimi, toccando Camerun e Angola e iniziando di fatto l’iter ravvicinato della preparazione del II Sinodo africano, che si terrà
in ottobre a Roma. Ieri a una settimana esatta dall’inizio della visita, la prima del pontificato di Ratzinger che non abbia per destinazione un solo Paese, è stato padre Federico Lombardi a fare il punto della situazione
in un briefing con i giornalisti, in cui il direttore della Sala Stampa vaticana ha indicato i
punti salienti del programma, «studiato – ha
sottolineato il gesuita – per consentire al Pontefice un incontro con tutte le realtà del Continente, i suoi problemi, ma anche le molte
potenzialità».
E in effetti l’itinerario papale, anche se prevede due sole soste (Yaoundé e Luanda, le
due
capitali)
vuol essere un
Lombardi:
viaggio che abvisitando i due
braccia simbolicamente tutta
Paesi, il Papa
l’Africa. Cameincontrerà
run e Angola, ha
spiegato, infatti,
tutte le realtà
padre Lombardi,
del Continente
sono stati scelti
per precise ragioni e in particolare per la loro rappresentatività linguistica e storica. Nella prima delle due nazioni si
parla il francese, l’inglese e anche il tedesco,
mentre il portoghese è la lingua ufficiale dell’Angola. Quest’ultimo, inoltre è il Paese di
più antica evangelizzazione dell’Africa subsahariana e vanta da questo punto di vista una tradizione di 500 anni. Benedetto XVI unirà idealmente anche i due emisferi del globo, attraversando l’equatore nel trasferimento in aereo da Yaoundé a Luanda.
La visita inizierà martedì 17 con l’arrivo in
Camerun alle 16 (tra l’Italia e i due Paesi il fuso orario è lo stesso) e il primo discorso del
Pontefice. Seguiranno, nei giorni successivi
l’incontro con i vescovi del Camerun e un
momento ecumenico nella Basilica Maria Regina degli Apostoli (18 marzo); l’incontro con
i musulmani, la consegna dell’Instrumentum
I
Il primo Sinodo africano si aprì il 10 aprile 1994
il gesto
Ratzinger sulle orme di Wojtyla
A Yaoundé l’abbraccio dei vescovi
DA ROMA
D
Laboris della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo durante la Messa nello stadio di Yaoundé e l’incontro con il mondo della sofferenza (19 marzo); lo spostamento fino a Luanda, l’incontro con il corpo diplomatico accreditato in Angola e quello con i vescovi angolani e di Sao Tomé (20 marzo).
Infine, negli ultimi due giorni il Papa, celebrerà due Messe: sabato 21 marzo con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i movimenti ecclesiali e i catechisti del Paese nella chiesa di San Paolo; domenica 22 con i vescovi delle nazioni dell’Africa meridionale,
sulla spianata di Cimangola. In entrambi i casi la celebrazione eucaristica occuperà la mattinata, mentre al pomeriggio del sabato il Papa incontrerà i giovani e in quello della domenica i movimenti cattolici per la promozione della donna, il cui ruolo sociale in Afri-
ca è sempre più importante anche ai fini dello sviluppo. La visita in Africa di Benedetto XVI terminerà di fatto con questo appuntamento, perché lunedì 23 marzo è in programma solo la cerimonia di congedo all’aeroporto di Luanda e il viaggio di ritorno in Italia, dove l’arrivo è previsto alle 18 all’aeroporto di Ciampino, dopo circa otto ore di volo.
Questo sarà il 18° viaggio di un Papa nel continente. Il primo fu quello di Paolo VI in Uganda nell’estate del 1969. Ben 16 gli itinerari africani di Giovanni Paolo II, che dal 1980
al 2000 ha visitato 42 dei 53 Paesi africani. Per
papa Ratzinger, tuttavia, non è la prima volta in assoluto nel Continente nero. Da cardinale, infatti, nel 1987, si recò a Kinshasa per
un convegno. E di sicuro non pensava che vi
sarebbe tornato un giorno da Papa.
A Roma il nuovo
ciclo dei «Dialoghi
in Cattedrale»
DA ROMA
FRANCESCO LALLI
na denuncia
ragionevole e
ragionata degli errori». È quanto il Papa
ha chiesto di fronte alla crisi economica e sociale in atto. Un’esortazione da cui ha
preso il via il primo appuntamento del nuovo ciclo
d’incontri «I dialoghi in Cat-
«U
tedrale» di lunedì 9 marzo
dedicato a «Le sfide della crisi: paure e speranze», che ha
visto
confrontarsi
in
un’affollata Basilica Lateranense l’arcivescovo Gianfranco Ravasi e il sociologo
Giuseppe De Rita, introdotti dal cardinale vicario Agostino Vallini.
«La crisi attuale tocca la vita, le relazioni, i sentimenti
e la progettualità stessa del
futuro» ha ricordato Vallini,
un intreccio di timori che intensifica ancor di più la percezione di «una società dell’incertezza, in cui i mezzi
sono abbondanti ma i fini
indeterminati o vaghi».
Di fonte a questo «politeismo delle paure» dovuto «al-
la rottura di quello sviluppo
rettilineo che si è consumato sul piano politico con l’11
settembre del 2001 e sul piano economico con la conservazione forzata del concetto di globalizzazione», De
Rita ha affermato l’urgenza
di opporre il «monoteismo
della speranza».
«A poco serve l’invito a non
avere paura da parte d’istituzioni e politica» ha evidenziato il segretario generale del Censis. «Occorre
piuttosto – ha aggiunto – capire che le paure, per quanto numerose siano hanno
sempre una radice unitaria:
essere invasi nella nostra
parte migliore da qualcosa
di sconosciuto ed incon-
scio». Un atteggiamento che
trova un facile terreno di
proliferazione in un contesto come quello attuale,
«pieno di emozioni, ma privo di sentimento, ovvero della capacità di distillare le emozioni controllando il timore». Ma è proprio dal recupero «di questo processo
di discernimento che si comincia a dare la parola alla
speranza, a sua volta nutrita di pazienza e di vigore».
Un passaggio possibile di cui
l’arcivescovo Ravasi ha tracciato le sfumature ricorrendo ad un efficace simbolismo: «Nello spettro cromatico i cui due estremi sono
rappresentati dall’algido del
violetto e dal caldo del ros-
so. Il primo è il colore della
disperazione evocata da tante pagine bibliche. A tutto ciò
– ha proseguito i presidente
del Pontificio Consiglio della cultura – si oppone il verde intermedio della speranza storica da far fiorire nella
solitudine, nella comunione
con le situazioni di sofferenza, e nel sociale con la vicinanza agli isolati, a quanti
scontano un degrado materiale o spirituale». «Infine –
ha concluso Ravasi – c’è il
rosso del futuro, dell’oltre, la
speranza escatologica cristiana che viene dalla rottura del limite della nostra fragilità» e che pone le basi per
una fiduciosa attesa indirizzata al futuro.
Le risposte ai Lineamenta vengono poi
raccolte dalla Segreteria generale del Sinodo e rielaborate
in modo da formare
appunto l’Instrumentum laboris,
cioè il documento
che sarà "strumento del lavoro" dei
padri sinodali durante l’assemblea
di ottobre. Al termine, poi, i vescovi
consegneranno al Papa una serie di
proposizioni, che ne riassumono i
lavori e che serviranno al Pontefice
per redigere l’esortazione apostolica postsinodale.
Ad annunciare il viaggio africano era stato lo stesso Benedetto XVI durante la Messa conclusiva dell’assemblea sulla Parola di Dio dello
scorso ottobre. «È mia intenzione –
aveva detto – recarmi nel marzo
prossimo in Camerun per consegnare ai rappresentanti delle Conferenze Episcopali dell’Africa l’Instrumentum laboris di tale Assemblea sinodale. Di lì proseguirò, a Dio
piacendo, per l’Angola».
Domenica scorsa, poi, il Pontefice è
tornato sull’argomento, durante
l’Angelus: «La settimana ventura, dal
17 al 23 marzo, – ha ricordato – mi
recherò in Africa, prima in Camerun
e quindi in Angola, per manifestare
la concreta vicinanza mia e della
Chiesa ai cristiani e alle popolazioni di quel continente che mi è particolarmente caro». Una vicinanza
che i fedeli africani potranno sperimentare tra pochi giorni. (M.Mu.)
Giovanni Paolo II
nel 1995 presentò
l’esortazione apostolica
postsinodale «Ecclesia
in Africa» proprio nella
capitale del Camerun
a Yaoundé a
Yaoundé il
secondo Sinodo Africano riparte in pratica dalla stessa città in cui
idealmente si era
concluso l’iter del
primo. L’esortazione apostolica postsinodale Ecclesia
in Africa fu firmata, infatti, da Giovanni Paolo II proprio nella capitale del Camerun, nel settembre del
1995. Un atto simbolico che completò lo svolgimento di uno dei primi Sinodi continentali in preparazione del Grande Giubileo del 2000
e che nei prossimi giorni Benedetto
XVI – anche da questo punto di vista in linea di continuità con il suo
predecessore – in un certo senso ripeterà, naturalmente con le variazioni del caso.
Papa Ratzinger, infatti, una volta
giunto nella metropoli africana, consegnerà ai vescovi del Continente
(rappresentati dai presidenti delle
rispettive conferenze episcopali nazionali e interregionali) il testo dell’Instrumentum laboris della prossima Assemblea continentale. L’iter di
preparazione aveva preso il via il 27
giugno del 2006 con la pubblicazione dei Lineamenta, cioè il documento che stimola una prima riflessione delle conferenze episcopali intorno al tema dell’assise, che in questo caso sarà: «La Chiesa in Africa a
servizio della riconciliazione, della
giustizia e della pace».
Contro la crisi il «monoteismo della speranza»
il tema
A 14 anni dalla
visita del suo
predecessore,
Benedetto XVI
consegnerà
l’«Instrumentum
laboris»
del secondo
Sinodo africano
GINEVRA
(foto Cristian Gennari)
Lunedì nella Basilica
Lateranense, introdotti
dal cardinale Vallini,
l’arcivescovo Ravasi
e il sociologo De Rita
si sono confrontati
sull’attuale emergenza
Più collaborazione tra Movimento dei Focolari
e il Consiglio ecumenico delle Chiese
La spiritualità, la formazione all’ecumenismo e al
dialogo interreligioso, l’impegno contro la violenza e
quello in ambito economico. Sono questi i punti sui
quali è stata decisa una più stretta collaborazione tra
il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) e il
Movimento dei Focolari al termine degli incontri –
dello scorso fine settimana – all’Istituto ecumenico di
Bossey e a Ginevra tra il presidente del Movimento,
Maria Voce, e il pastore Samuel Kobia, segretario
generale del Cec (al quale aderiscono 349 Chiese
protestanti e ortodosse di 140 Paesi). La presidente
dei Focolari, Maria Voce ha manifestato grande
apprezzamento per il lavoro svolto dall’organismo,
mentre Kobia ha definito la spiritualità dell’unità «un
dono di Dio». Maria Voce che è subentrata a Chiara
Lubich dopo la morte della fondatrice ha incontrato
anche i segretari generali dell’Alleanza mondiale delle
Chiese riformate, della Federazione luterana
mondiale, della Conferenza delle Chiese europee e
della Federazione mondiale degli studenti cristiani.