INTRODUZIONE IL PROGETTO Obiettivi L
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INTRODUZIONE IL PROGETTO Obiettivi L
INTRODUZIONE IL PROGETTO Obiettivi L'obiettivo del progetto consiste in un'insieme di servizi integrati sulla progettazione, prototipazione, controllo della qualità e della formazione di competenze specifiche per le aziende che operano nel settore dell'abbigliamento. Il sistema integrato nasce su un fondamentale presupposto scientifico. E' stata condotta un'azione di acquisizione delle informazioni necessarie per la produzione dell'indumento attraverso una rilevazione e classificazione delle reali conformazioni antropometriche della popolazione. Un'azione necessaria per correggere i parametri della progettazione al fine di garantire una corretta vestibilità. Nella fase di ricerca sono stati sviluppati i nuovi strumenti quali i manichini antropometrici Formax® classificati secondo le reali conformazioni della donna, dell'uomo, del bambino e necessari al controllo della corretta vestibilità ed il sistema d'identificazione ScanFit ® funzionale all'acquisizione delle informazioni necessarie alla realizzazione dell'indumento oltre che per il continuo monitoraggio della popolazione finalizzato al mantenimento della rispondenza tra la classificazione antropometrica e la popolazione. Ricerca e tecnologia permettono di rielaborare il modello di produzione alla luce dei nuovi indicatori di qualità. Lo sviluppo del processo ha definito gli assetti per l'elaborazione di una metodologia formativa avanzata, sviluppata nell'ambito di una più generale riorganizzazione della didattica modulare e delle specifiche competenze in sostituzione delle qualifiche generiche. Attraverso quest'insieme di contenuti è stata elaborata la strategia del gruppo Modartech® che, attraverso i soggetti partner dell'iniziativa ed il sostegno della Regione Toscana nell'ambito del Programma Operativo obiettivo tre del Fondo Sociale Europeo - azioni innovative, consentono di incidere significativamente nella produzione industriale dell'abbigliamento nella fase di progettazione, prototipazione, controllo della qualità e formazione di specifiche competenze aziendali. Le Analisi Condotte Le analisi condotte a motivazione dell’idea progettuale considerano il sistema industriale dell’abbigliamento, un settore economico che caratterizza l’intera produzione manifatturiera di molte aree toscane. In particolare, il progetto si focalizza sul processo di acquisizione d’informazioni necessarie alla produzione e alla commercializzazione dell’indumento. L’uso di queste informazioni all’interno di un nuovo processo di produzione, che integra e tendenzialmente rinnova completamente quello attuale, è applicabile con successo al sistema dei distretti produttivi in tutti i settori del tessile e dell’abbigliamento. Del resto l’aumento dei costi di produzione dovuti all’immissione sul mercato di prodotti non corretti rappresenta un problema generale dell’industria manifatturiera, nella quale si considerano anche i settori intermedi quali la produzione tessile e del pellame, ecc. Anche a seguito della particolare composizione per piccole e medie aziende di questo settore economico1 , spesso localizzate in aree distinte ed organizzate sul modello del Sistema Produttivo territoriale2 , si percepisce l’importanza del progetto nel rispondere a reali esigenze d’innovazione strutturale a seguito dell’evoluzione di due fenomeni: la società dell’informazione e lo sviluppo sostenibile. Il primo riflette un nuovo modo di relazione tra l’industria ed il consumatore centrato sull’apertura di nuovi canali di comunicazioni diretti, costanti ed in grado di modificare radicalmente il tipo di relazione esistente. Il secondo fenomeno impone una gestione delle risorse economiche, 1 2 Varaldo, Bellini, Bonaccorsi: Tendenze e vie del cambiamento dell’industria toscana. Angeli, Milano 1997. A. Bramanti, A. Maggiori: La dinamica dei sistemi produttivi territoriali. Angeli, Milano, 1997. energetiche ed intellettuali che abbiano una maggiore considerazione di problematiche sociali ed ambientali. Ne consegue che i sistemi produttivi territoriali, composti da un insieme eterogeneo di soggetti (Imprese, Enti Pubblici, Associazioni) accomunati dalla volontà di sviluppo, in virtù delle ricadute positive che genera il nuovo sistema integrato di progettazione, produzione e vendita dell’abbigliamento antropometrico, potranno impostare strategie di crescita con strumenti e conoscenza adeguati a fronteggiare i fenomeni strutturali che investono (e sempre di più investiranno) i sistemi sociali ed economici del territorio. La sperimentazione effettuata Il progetto ha avuto una fase di sperimentazione attraverso un primo progetto finanziato dal FSE nell’ambito del Programma d’Iniziativa Regionale3 avente per oggetto la sperimentazione di progetti innovativi a sostegno del lavoro, sia nei termini dell’introduzione di nuove tecnologie sia attraverso la proposizione e lo sviluppo di processi, anche formativi, capaci di attivare una ricaduta sul sistema industriale. In tal senso e a seguito del successo dell’iniziativa, i partner coinvolti hanno sottoscritto l’associazione temporanea d’impresa Modartech4 , che ha per oggetto la sperimentazione di un modello di sviluppo basato sull’innovazione tecnologica e sociale e sull’integrazione di politiche formative, di ricerca e d’applicazione industriale nel settore dell’abbigliamento. Un’integrazione complementare all’insediamento del know - how sul territorio della Valdera con l’esplicita volontà dei partner di dare luogo ad un durevole processo di sviluppo locale, anche attraverso la realizzazione di una rete che favorisca, in modo strutturale, la partecipazione alla società dell’informazione. Per la composizione prettamente femminile del settore industriale in oggetto, contribuire inoltre e significativamente allo sviluppo delle pari opportunità uomo donna. L’associazione intende promuovere, nell’ambito della formazione professionale e le attività riconducibili al Fondo Sociale Europeo ed alle iniziative Comunitarie, la sperimentazione di specifici progetti innovativi per contenuti, soggetti coinvolti, metodologie e reti di partenariato i cui risultati possano considerarsi modelli e quindi trasferibili proficuamente sul territorio regionale e nazionale. L’associazione promuove la sperimentazione di progetti fondati sull’integrazione d’interventi d’orientamento/formazione/politiche attive del lavoro, oltre alla sperimentazione di progetti capaci d’implementare l’offerta formativa regionale nel rispetto del principio di sussidiarietà. L’associazione temporanea d’impresa opera nella realizzazione d’interventi formativi sia nella Provincia di Grosseto sia nella provincia di Pisa con l’obiettivo di espandere la produzione attraverso una costante partecipazione nelle attività di formazione professionale ed, in generale, nella valorizzazione delle risorse umane e delle maestranze artigianali. I Partner Aziendali Ruffo S.p.A. Sabatini S.p.A. EurClass S.r.l. Flosi Ardelia e C. 3 PIR, programma d’iniziativa regionale a sostegno del lavoro, www.regionetoscana.it, area servizi lavoro e formazione. 4 Atto notarile n°646 del 10 ottobre 2000 Sardelli Rinaldo FLM S.r.l. Folcarelli Marco Maglificio DM S.n.c. CAD Modelling TM S.r.l. La Moda è Arte e Studio S.n.c. Lepo S.n.c. GT Quality Trend S.r.l. Supermario Son & Daughter S.n.c. Studio di Ingegneria e Qualità Tekno S.r.l. Anonimo S.p.A Avant Art TheBrainFarm B e D S.a.s. K - Communications S.n.c. Media Hit S.r.l. Roboris S.r.l. Spad S.r.l. Sistema Istituzionale, Scolastico e Formativo F.S.E. Ministero del lavoro e delle Politiche sociali Regione Toscana Provincia di Pisa Istituto Magistrale 'E.Montale' Istituto Professionale 'Pacinotti' Università di Pisa – Dipartimento di Scienze Sociali Università di Firenze – L.R.E. Università di Firenze – Dipartimento di meccanica e tecnologie industriali CE.S.CO.T. Toscana RICERCA E MONITORAGGIO Sommario della ricerca 1. Premessa 6 2. Note metodologiche 7 2.1 I comparti del sistema moda 7 2.2 Le aree di indagine 7 2.3 La metodologia di indagine 8 2.4 I campioni di imprese 9 3. Il sistema moda in Italia e la posizione relativa della Toscana 14 4. Il sistema moda Toscano 17 4.1 I campioni di imprese 17 4.2 Organizzazione del processo produttivo 18 4.2.1 Modelli di impresa 18 4.2.2 La domanda di servizi alla produzione 28 4.2.3 L’approvvigionamento di materie prime 30 4.2.4 Innovazioni di prodotto e di processo 32 4.3 Mercati di sbocco 35 4.4 La spesa pubblicitaria 40 4.5 Fattori competitivi 41 4.6 La domanda di lavoro 43 4.6.1 Le forme contrattuali 47 4.6.2 I titoli di studio 50 4.6.3 Le aree funzionali 51 4.6.4 La decisione di assumere 56 4.6.5 Il reclutamento 57 4.7 Il fabbisogno professionale 59 4.7.1 Indici di presenza e previsione di assunzione 59 4.7.2 Indice di difficoltà di reperimento 63 4.7.3 Indice di crucialità Errore. Il segnalibro non è definito. 4.8 Il fabbisogno formativo 5. Il sistema moda lombardo 70 75 5.1 I campioni di indagine 75 5.2 Organizzazione del processo produttivo 76 5.2.1 Modelli di impresa 76 5.2.2 La domanda di servizi alla produzione 79 5.2.3 L’approvvigionamento di materie prime 80 5.2.4 Innovazioni di prodotto e di processo 84 5.3 Mercati di sbocco 87 5.4 La spesa pubblicitaria 90 5.5 Fattori competitivi 90 5.6 La domanda di lavoro 93 5.6.1 Le forme contrattuali 93 5.6.2 I titoli di studio 96 5.6.3 Le aree funzionali 98 5.6.4 La decisione di assumere 100 5.6.5 Il reclutamento 102 5.7 Il fabbisogno professionale 103 5.7.1 Indici di presenza e previsione di assunzione 103 5.7.2 Indici di difficoltà di reperimento e crucialità 105 6. Il sistema moda della Ile de France 110 6.1 I poli di specializzazione e le caratteristiche strutturali del sistema 110 6.2 I mercati di sbocco 112 6.3 L’organizzazione produttiva e le conseguenze della delocalizzazione 112 6.4 Il sostegno pubblico 113 6.5 I problemi attuali 114 6.6 Punti di forza e di debolezza 115 6.7 La domanda di lavoro 115 6.7.1 Tipologie di impresa 115 6.7.2 La domanda di lavoro 116 6.7.3 Le forme contrattuali 118 6.7.4 I titoli di studio 120 6.7.5 Le aree funzionali 121 6.7.6 La decisione di assumere 122 6.7.7 Il fabbisogno professionale 124 7. Sintesi e indicazioni di policy 127 1. Modelli competitivi 127 2. Ambiente competitivo 128 3. Le potenzialità dei modelli competitivi in uno scenario in evoluzione 129 4. Indicazioni per le politiche 130 Bibliografia 133 Premessa Le politiche regionali in un quadro di rapide trasformazioni strutturali, sollecitate dalla globalizzazione dei mercati, possono trarre giovamento dall'analisi di scenario. Scopo di tale analisi è diagnosticare e prevedere, per quanto possibile, opportunità e minacce allo sviluppo locale e all’occupazione derivanti dalle dinamiche di lungo periodo. Nel contesto toscano appare importante studiare l’insieme di settori del sistema moda, in quanto attività economiche in cui l’industria regionale è specializzata. Proprio per questo si tratta di settori già bene studiati e per i quali è disponibile una mole notevole di materiali di ricerca. La novità dell’approccio qui proposto risiede nel tentativo di integrare l’analisi dei fattori di competitività con quella della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale espresso dalle imprese. Tale integrazione avviene affiancando un consolidato sistema di studio dei fattori di competitività alla metodologia di indagine che l’ORML ha utilizzato per l’analisi della domanda di lavoro delle imprese manifatturiere medio-grandi e del comparto della meccanica strumentale. La continuità metodologica con le precedenti ricerche dell’ORML ha permesso non solo di perfezionare ulteriormente i metodi di indagine, ma anche e soprattutto di fornire elementi conoscitivi che non sono presenti nella pur ampia letteratura esistente. Tali elementi conoscitivi potranno servire da riferimento e supporto di medio-lungo periodo per la programmazione delle politiche regionali nel campo della formazione professionale. Lo studio si propone una valutazione nel contesto nazionale e internazionale delle capacità competitive, della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale dell’insieme delle imprese che costituiscono il sistema moda in Toscana. In particolare, gli obiettivi perseguiti sono: l’analisi del sistema competitivo; l’analisi della dinamica di medio periodo della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale; l’esame comparativo del sistema moda –Lombardia, Ile de France- in altre aree ad elevata capacità competitiva, al fine di verificare se il sistema competitivo toscano punti su fattori in linea o tendenti a quelli delle aree forti o, viceversa, se ne differenzi; l’esame comparativo della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale espressi dal sistema in Toscana, Lombardia, Ile de France, al fine di individuare le principali caratteristiche strutturali dei relativi mercati del lavoro. Il lavoro è organizzato come segue. Nel primo capitolo, è esposta la metodologia utilizzata per la rilevazione sul campo e per l’individuazione dei campioni di indagine. Nel secondo, vengono commentati alcuni dati aggregati relativi al sistema moda italiano. I successivi tre capitoli sono dedicati all’analisi degli scenari competitivi e della domanda di lavoro in Toscana, Lombardia e Ile de France. I principali elementi emersi dall’analisi comparata delle tre regioni sono ripresi in sintesi nel capitolo finale che contiene altresì alcune indicazioni per le politiche pubbliche della Regione Toscana. L’appendice infine contiene oltre ai questionari utilizzati per l'indagine sul campo, le elaborazioni che, per ragioni di leggibilità, si è preferito non inserire nel testo. Note metodologiche Questo capitolo ha lo scopo di chiarire la metodologia e le tecniche di indagine adottate nella ricerca sul campo (par. 3), oltreché le scelte compiute in relazione alla definizione del campo di indagine (par. 1-2) e dei campioni di imprese (par. 4). I comparti del sistema moda La presente ricerca adotta una definizione restrittiva di imprese del sistema moda comprendente i seguenti gruppi della classificazione ISTAT 1991: 1760: fabbricazione di maglierie; 1770: fabbricazione di articoli in maglieria; 1810: confezione di vestiario in pelle; 1820: confezione di altri articoli di vestiario e accessori; 1830: preparazione e tintura di pellicce; confezione di articoli in pelliccia; 1920: fabbricazione di articoli da viaggio, borse, articoli da correggiaio e selleria; 1930: fabbricazione di calzature. Sono cioè indagate tutte le imprese che producono o che svolgono fasi per la produzione del bene di consumo finale. Sono state invece escluse o analizzate indirettamente le imprese che producono beni intermedi; le industrie tessili - gruppi 17.1-17.5 - e le industrie conciarie - 19.1 -. La terminologia adottata nel corso del testo è sintetizzata nella tabella 1. La scelta è stata essenzialmente suggerita dalle diverse performance evolutive che i due distinti gruppi di comparti hanno registrato in Toscana, nel corso degli anni ’80 (Bigarelli, Brusco 1995). Con riferimento ai comparti che producono beni destinati al consumo finale, infatti, la posizione relativa della Toscana rispetto al resto d’Italia ha subito un consistente e costante declino. Nel caso, viceversa, dei comparti a monte, la Toscana ha perso occupati ed unità locali, ma ha sostanzialmente mantenuto inalterata la propria posizione relativa (Becattini 1997). Tabella 1. Gruppi di imprese secondo la classificazione ISTAT 1991 gruppi ISTAT 1760, 1770 1810, 1820 1830 1920 1930 Indicati nel testo come Maglierie Abbigliamento Pellicceria Pelletteria Calzature La decisione di concentrare l’analisi sui comparti a valle risponde quindi innanzitutto alla necessità di analizzare i settori più critici dell’intera filiera produttiva. Questa impostazione ci ha consentito inoltre di non complicare eccessivamente l’analisi prendendo in esame gruppi di comparti che presentano problematiche e strategie di crescita tra loro eterogenee, come appunto sarebbe avvenuto nel caso avessimo nei campioni di indagine sia imprese produttrici di beni finali che di beni intermedi. Specularmente, va sottolineato che il fatto di aver escluso dall’indagine i comparti a monte non inficia la significatività dei risultati ottenuti perché le interazioni tra i due gruppi di comparti e le eventuali sinergie che da queste derivano sono state indagate analizzando i rapporti delle imprese intervistate con i propri fornitori di materie prime e beni intermedi. Le aree di indagine Come anticipato, la ricerca sul campo è stata effettuata, oltre che in Toscana, in Lombardia e nell’Ile de France nell’intento di analizzare i punti di forza e di debolezza del sistema moda toscano, tenuto conto delle capacità competitive di altre aree ad elevata specializzazione produttiva nell’industria della moda. L’analisi del caso lombardo si giustifica alla luce di tre considerazioni: (i) l’elevata specializzazione produttiva della Lombardia nei comparti che compongono il sistema moda ed il conseguente ruolo che tale regione assume, in Italia, come elemento di naturale confronto per il sistema moda toscano; (ii) la diversa dinamica evolutiva registrata dal sistema moda lombardo nel corso degli anni ‘80, periodo in cui si assiste ad un ridimensionamento del peso dell’industria toscana della moda e, viceversa, ad una sostanziale stabilità di quello dell’industria lombarda rispetto al corrispondente aggregato nazionale (cosa che evidentemente stimola la curiosità di indagare sulle possibili diversità strutturali o delle strategie di crescita adottate dai due diversi sistemi moda); (iii) il fatto che sia Milano che Firenze abbiano un ruolo riconosciuto di vetrine della moda e che è interessante verificare il potenziale impatto positivo diretto o indiretto sui rispettivi sistemi produttivi locali. L’analisi del caso dell’Ile de France è sembrata di qualche interesse per effettuare un confronto fra il caso toscano e quello di un'area in cui sono compresenti una elevata concentrazione produttiva (50% della produzione francese), un effetto vetrina di livello internazionale, un sistema di rapporti fra imprese distributive e di produzione che si è spinto molto avanti sulla strada del decentramento nei paesi in via di sviluppo. Si tratta quindi per molti versi di un caso assai diverso sia da quello toscano che da quello lombardo, cui tuttavia è idealmente collegato dall'immagine che nel sistema moda globale hanno rispettivamente Parigi, Firenze e Milano. La metodologia di indagine L’ipotesi di fondo che ha guidato la ricerca è che sia necessario integrare l’analisi dei settori industriali, ed in particolare dei fattori di competitività, con l’analisi della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale. Più esplicitamente: che sia impossibile analizzare le implicazioni di medio-lungo periodo che il sistema moda può produrre sul mercato del lavoro in assenza di ipotesi relative alla possibile dinamica evolutiva dello stesso sistema moda. Questa ipotesi è la naturale evoluzione della metodologia di indagine già sperimentata dal Ciriec per conto dell’ORML (ORML-Ciriec 1996a; 1996b) basata sull’idea che la domanda di lavoro e il fabbisogno professionale dichiarato dalle imprese sia una rappresentazione che non necessariamente riflette i comportamenti reali. I propositi dichiarati normalmente non corrispondono ai comportamenti abituali e a quelli previsti dalle imprese. I risultati dell’indagine sul campo devono essere adeguatamente interpretati perché sia possibile trarne indicazioni utili per l’azione di politica formativa delle agenzie pubbliche. A questo fine diventa essenziale considerare il quadro di riferimento strutturale, le dinamiche organizzative e tecnologiche delle imprese (ORML-Ciriec 1998; Sestito 1997). Lo studio della conformazione del sistema tecnico-produttivo e distributivo delle imprese del sistema moda è un ulteriore passo nel tentativo di mettere a punto una metodologia efficace per la rilevazione del fabbisogno professionale reale delle imprese. L’analisi, come già ricordato, si è sviluppata lungo due filoni paralleli di indagine: uno relativo alla competitività, l’altro riguardante la domanda di lavoro, il fabbisogno professionale e formativo. In relazione ad entrambi i temi la ricerca è stata condotta sostanzialmente attraverso interviste strutturate con risposte chiuse o parzialmente chiuse alle imprese; ed attraverso interviste aperte a testimoni privilegiati selezionati tra gli operatori locali - associazioni territoriali e di categoria, sindacalisti, ecc. privilegiando coloro in grado di fornire informazioni di insieme sui tre sistemi moda analizzati. Al fine di vagliare i risultati preliminari delle ricerche sono stati organizzati due workshop a cui sono stati invitati operatori e studiosi dei settori oggetto d’analisi.5 Si è ritenuto opportuno condurre la ricerca almeno in parte su campioni diversi per evitare di sottoporre ad una stessa impresa un questionario unico eccessivamente oneroso, comprendente i quesiti necessari ai fini dell’analisi della competitività e della domanda di lavoro. Si sono messi a punto due differenti questionari con una parte comune, che sono stati sottoposti a campioni differenziati di imprese, costruiti, come vedremo, secondo gli stessi criteri. E’ opportuno sottolineare che nel questionario 5 I due workshop si sono tenuti il 22 maggio 1997 a Milano ed il 6 febbraio 1998 a Firenze. relativo al sistema competitivo l'enfasi è stata posta su aspetti qualitativi e sui giudizi espressi dalle imprese, mentre in quello sulla domanda di lavoro l’attenzione è stata posta su aspetti più immediatamente quantificabili Per l’analisi della competitività il questionario - riprodotto in appendice - è rivolto a rilevare informazioni relative a: caratteristiche strutturali; organizzazione produttiva; rapporti con i sub-fornitori di fase e con i fornitori di materie prime e semilavorati; innovazioni di prodotto e di processo introdotte; mercati di sbocco e organizzazione di vendita; spese pubblicitarie; fattori individuati quali principali punti di forza propri, dei concorrenti nazionali, di quelli esteri e del distretto di localizzazione. Alle stesse imprese sono state inoltre sottoposte alcune domande concernenti il fattore lavoro, i cui risultati, quando possibile, sono stati elaborati insieme a quelli derivanti dal questionario utilizzato per l’analisi della domanda di lavoro. L’analisi del caso parigino, considerato il contenuto numero di interviste previsto nel piano di lavoro, è stato effettuato esclusivamente tramite interviste a testimoni privilegiati, tra i quali sono stati inseriti anche alcuni imprenditori. Per quanto riguarda domanda di lavoro e fabbisogno professionale si è utilizzato un questionario - anch’esso riprodotto in appendice - che rappresenta una elaborazione e perfezionamento di ORML (1996a e 1996b). Esso è strutturato in 6 sezioni. La prima parte è relativa alle caratteristiche anagrafiche, organizzative ed economiche delle imprese, e comprende un gruppo di domande utili alla ricostruzione delle caratteristiche salienti dei prodotti, della tecnologia e dell’organizzazione, in particolare per quanto riguarda il ricorso ai servizi esterni e alla subfornitura. La seconda, terza e quarta sezione sono dedicate alla ricostruzione di stock e flussi occupazionali. Dopo aver fotografato la situazione occupazionale al 31 dicembre 1996 si ricostruiscono i principali flussi occupazionali occorsi nel recente passato (1 anno) e prevedibili nel futuro prossimo.6 Vi si ripropone, adottando una griglia pre-impostata, la codificazione degli addetti per mestiere ex-post sulla base della classificazione ISTAT91 delle professioni. La quinta sezione è dedicata alle previsioni. La sesta sezione è dedicata alle competenze: si chiede alle imprese di indicare le caratteristiche professionali in termini di conoscenze acquisite, titolo di studio etc. necessarie al buon funzionamento dell’impresa. E’ opportuno sottolineare che in alcuni casi, date le caratteristiche dell'impresa intervistata, si è ritenuto opportuno fare ricorso ad una versione ridotta del questionario. I campioni di imprese I campioni di imprese intervistati in Toscana, in Lombardia e a Parigi, pur non essendo statisticamente rappresentativi dei rispettivi universi di riferimento, sono stati costruiti in modo da rispettare la distribuzione settoriale delle imprese locali appartenenti ai comparti del sistema moda. In Toscana sono state svolte complessivamente 118 interviste; in Lombardia 67 e a Parigi 36. La disponibilità delle imprese toscane a fornire informazioni aziendali è stata, come era del resto prevedibile, maggiore di quella delle imprese lombarde e francesi. In Toscana la copertura del campione in termini di addetti è risultata ex post molto soddisfacente, e superiore a quella della Lombardia. Tabella 2. Codice attività Maglierie Abbigliamento Pellicceria 6 Copertura campione complessivo Toscana Campione Imprese Addetti* M/add 27 37 2 1.094 3.051 15 40,5 82,5 7,5 Universo Imprese Addetti* M/add 3.667 5.560 195 13.994 26.535 523 Copertura % Impres Addetti e 3,8 0,7 7,8 4,8 0,7 11,5 2,7 1,0 2,9 Questa sezione sintetizza e semplifica radicalmente le sezioni B, C, D del questionario originario (ORMLCiriec 1996a e 1996b). Pelletteria Calzature TOTALE 23 29 118 640 1.498 6.298 37,8 66,2 53,4 2.550 3.481 15.453 10.068 26.083 77.203 3,9 7,5 5,0 0,4 0,5 0,8 4,1 4,6 8,2 Fonte: elaborazioni Ciriec su dati Ciriec e CERVED. Tabella 3. Codice attività Maglierie Abbigliamento Pellicceria Pelletteria Calzature TOTALE Copertura campione complessivo Lombardia Campione Universo Copertura % Imprese Addetti* M/add Imprese Addetti* M/add Imprese Addetti 22 1.833 83,3 3.707 39.941 10,8 0,2 1,2 19 1.030 54,2 10.174 82.532 8,1 0,2 1,2 2 26 13,0 938 3.031 3,2 0,2 0,9 9 132 14,7 1.439 9.895 6,9 0,6 1,3 15 697 46,5 1.540 16.623 10,8 1,0 4,2 67 3.718 55,5 17.798 152.022 8,5 0,4 2,5 Fonte: elaborazioni Ciriec su dati Ciriec e ISTAT 1991. Per quanto riguarda le imprese toscane, l’analisi della competitività è stata condotta facendo particolare riferimento alle imprese minori, sia perché queste costituiscono la maggioranza del totale, sia perché era presumibile fossero proprio le imprese minori ad incontrare le maggiori difficoltà. Tabella 4. attività Distribuzione Settore di attività Abbigliamento Pelletterie Pelliccerie Maglierie Calzature TOTALE del campione Imprese competitività Addetti 14 12 2 11 11 50 537 225 17 175 306 1.260 Toscana M/Add 38,4 18,8 8,5 15,9 27,8 25,2 per settore % Imprese 28,0 24,0 4,0 22,0 22,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Il campione è stato costruito tenendo presente la necessità di analizzare, compatibilmente con il numero di interviste previste nel piano di lavoro, imprese appartenenti a tutte le aree di localizzazione di maggiore rilevanza e alle diverse specializzazioni produttive che a queste corrispondono7 . In considerazione di ciò sono state contattate: a) nel caso dell’abbigliamento, imprese localizzate nell’area di Firenze, Prato, Arezzo ed Empoli. Tra le quattro aree menzionate esistono differenze significative. L’area pratese e quella di Empoli costituiscono due nuclei storici di insediamento delle imprese toscane appartenenti al sistema moda. A Prato, tuttavia, si localizzano soprattutto imprese di confezioni che producono pronto moda. Ad Empoli, viceversa, esiste una quota considerevole di imprese specializzate in produzioni classiche ed è quindi relativamente più frequente il caso di aziende che lavorano sul programmato. A Prato, inoltre, lo sviluppo del comparto dell’abbigliamento è un fenomeno relativamente recente che va interpretato come processo di diversificazione della produzione prevalente dell’area -quella tessile-. Ad Empoli, invece, lo sviluppo delle confezioni risale agli anni Trenta, periodo in cui nell’area 7 di I dettagli sulla localizzazione delle imprese toscane e sulla loro specializzazione produttiva sono riportati in appendice. esistevano alcune grandi imprese specializzate nella produzione di impermeabili che durante la guerra d’Etiopia riuscirono ad acquisire importanti commesse militari e ad espandere notevolmente, per questa via, la propria produzione. Similmente a Prato, anche Arezzo e Firenze sono, per quanto concerne l’abbigliamento, aree di sviluppo recente. Nel primo caso, lo sviluppo del comparto va imputato ai processi di ristrutturazione che hanno interessato la Lebole (attualmente del gruppo Marzotto). Dagli anni di maggior espansione ad oggi, la Lebole ha infatti perso circa 6.000 addetti, molti dei quali hanno avviato iniziative imprenditoriali autonome, sempre nell’ambito della produzione di abiti da uomo. Quello di Firenze, infine, è un caso a sé in quanto lo sviluppo del comparto nell’area è essenzialmente legato alla presenza di atelier e alla collaborazione delle imprese locali con alcuni stilisti di fama; b) nel caso delle pelletterie, sono state intervistate imprese localizzate nell’area di Firenze (borse e cinture in pelle) e di Empoli (abbigliamento in pelle); c) per la maglieria, l’analisi si è invece concentrata nell’area di Prato, principale polo produttivo del settore a livello regionale; d) nel caso delle calzature, infine, abbiamo intervistato imprese appartenenti alle due aree sistema di Monsummano Terme (in cui si producono calzature destinate a fasce di mercato medio-alte) e di Capannori (in cui è presente tutta la filiera produttiva, compresi i fornitori di macchinari, ma l’attenzione delle imprese locali è rivolta, più che alla qualità, ai volumi di produzione). Il campione della domanda di lavoro è stato costruito senza tenere conto della localizzazione geografica delle imprese ed è risultato composto da imprese più grandi della media regionale; il livello di disaggregazione cui sono presentati i dati è il gruppo di attività ISTAT (3 cifre). Tale scelta è stata dettata dalla necessità di indagare la percezione da parte delle imprese delle fasi di produzione, come risulterà più chiaro nel corso del testo. Tabella 5. Copertura del campione lavoro Toscana Codice attività 1760 1770 1810 1820 1920 1930 TOTALE Imprese Addetti* 2 14 3 20 11 18 68 193 728 127 2.391 416 1.192 5.047 M/add 96,5 52 42,3 119,6 37,8 66,2 74,2 % Imprese 2,9 20,6 4,4 29,4 16,2 26,5 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec e CERVED. * i dati degli addetti sono comprensivi degli indipendenti -imprenditori, familiari coadiuvanti-. Per la Lombardia il campione di imprese analizzato per l’indagine sui fattori di competitività è composto come risulta dalla Tabella 6. Tabella 6. attività Distribuzione del campione competitività Lombardia per settore di Settore di attività Abbigliamento Pelletterie Pelliccerie Maglierie Calzature TOTALE Imprese Addetti 10 3 2 8 3 26 732 82 26 475 328 1.634 M/add 73,2 27,3 13,0 59,4 109,3 62,8 % Imprese 38,5 11,5 7,7 30,8 11,5 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. E’ opportuno precisare che anche in questo caso il campione non è statisticamente rappresentativo dell’universo di riferimento. In esso risultano più rappresentati i comparti del sistema moda che producono beni di consumo in cui è maggiore la specializzazione produttiva regionale e che sono appunto costituiti dall’abbigliamento e dalle maglierie (tabella 3 e 4). E’ opportuno, inoltre, sottolineare che le interviste realizzate sono state effettuate in modo molto approfondito al fine di rilevare non solo le strategie aziendali adottate dalle imprese del campione, ma anche le considerazioni espresse dai singoli intervistati circa l’ambiente competitivo locale, le sue potenzialità di sviluppo, le similitudini e/o le differenze esistenti tra il sistema moda lombardo e quello toscano. Inoltre i dati che riportiamo risultano, almeno come tendenza qualitativa, confermati dalle interviste ai testimoni privilegiati e debbono quindi essere considerati come indizi convergenti della ricostruzione proposta. In Lombardia sono presenti varie aree ad elevata specializzazione produttiva: - quella di Como in cui, a partire dalla metà degli anni ‘70, la lavorazione della seta è stata affiancata da quella delle fibre chimiche e in cui l’attività di finissaggio ha ormai quasi completamente soppiantato l’originaria attività di tessitura; - quella del Bustese in cui il preesistente settore cotoniero ha subito consistenti diversificazioni produttive e si è conseguentemente sviluppato il settore delle confezioni; - quella di Bergamo-Brescia che ha mantenuto la sua connotazione di area ad elevata specializzazione cotoniera, ma ha anche parallelamente sviluppato una consistente presenza di imprese produttrici di maglieria, soprattutto intima. Per inciso, sottolineamo che il settore cotoniero è uno dei comparti maggiormente esposti alla concorrenza internazionale. Nella produzione di tessuti in cotone, infatti, il fattore qualità è meno rilevante di quanto non lo sia nel caso della seta e della lana e la “differenziazione moda” è stata complessivamente molto più modesta; il ciclo produttivo è relativamente semplice e quindi più facilmente imitabile (perché le fasi più complesse, quali ad esempio quelle della nobilitazione e del finissaggio, hanno poca rilevanza); il processo di automazione che si è verificato negli ultimi anni ha ridotto la necessità delle competenze specialistiche di cui i paesi in via di sviluppo sono scarsamente dotati. Tutto ciò ha fatto sì che, dalla fine degli anni ‘70 ad oggi, siano costantemente cresciute le importazioni di filati da paesi dell’area mediterranea, da paesi asiatici e, attualmente, da paesi dell’est. Tanto che le importazioni di filati coprono oggi l’80% circa del fabbisogno di tessuti in cotone dell’industria italiana; - l’area mantovana (Castelgoffredo) dove viene prodotto il 50% circa della complessiva offerta europea di calze da donna. Data l’esiguità del numero di interviste previste nel piano di lavoro e considerato che alcune delle aree lombarde appena ricordate presentano un’elevata specializzazione produttiva in produzioni non destinate al consumo finale, si è deciso di non distribuire le interviste tra le varie aree e di concentrare l’analisi su Milano (21 imprese) e Bergamo (5 imprese) in modo tale da poter fra l’altro valutare il ruolo che Milano svolge in qualità di vetrina internazionale della moda e confrontarlo con quello assolto invece da Firenze. Le interviste in Lombardia effettuate per l’analisi della domanda di lavoro sono distribuite tra i gruppi ISTAT come risulta dalla tabella 7. Tabella 7. Copertura del campione lavoro Lombardia Codice attività 1760 1770 1820 1920 1930 TOTALE Imprese Addetti* 1 13 9 6 12 41 500 858 298 50 369 2.075 M/add 500 66 33,1 8,3 30,8 50,6 % Imprese 2,4 31,7 22,0 14,6 29,3 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. * i dati degli addetti sono comprensivi degli indipendenti -imprenditori, familiari coadiuvanti-. Il sistema moda in Italia e la posizione relativa della Toscana Al censimento dell’industria 1991 il sistema moda italiano contava oltre 1 milione di addetti e oltre 170.000 unità locali (tabella 8). Nel corso degli anni Ottanta, si è registrata una consistente contrazione del settore e in alcuni comparti, ad esempio, nel tessile-abbigliamento e nelle pelletterie la contrazione dell’occupazione e delle unità locali è continua anche negli anni Novanta (tabella 9-11), sia pure a fronte di una costante crescita del valore della produzione e delle esportazioni. Tabella 8. Unità locali ed addetti del sistema moda in Italia 1981 Addetti 1.227.819 U.L. 172.318 1991 Addetti 1.066.519 U.L. 132.993 Fonte: ISTAT. Tabella 9. La pelletteria in Italia Aziende* Addetti* Produzione Export (mld) Import (mld) Consumi interni (mld)* Export/produzione Import/consumi 1991 7.600 34.000 2.711 1.464,1 360,3 2.013 54% 18% 1992 6.800 30.000 2.990 1.519,8 443 2.029 51% 23% 1993 6.500 28.000 3.190 1.793 458 1.855 56% 24% 1994 6.430 27.720 3.784 2.376 512 1.920 63% 26% 1995 6.430 27.720 4.380 2.942 649 1.960 67% 33% Fonte: Associazione Italiana Manifatturieri Pelli e Succedanei.* Stime Tabella 10. Il tessile-abbigliamento in Italia 1992 750.000 74.500 27.630 12.310 Addetti Fatturato (mld) Export (mld) Import (mld) 1993 724.000 74.000 32.455 12.625 1994 722.000 78.600 37.389 15.706 1995 717.000 83.700 43.595 18.237 1996 702.000 84.500 44.705 17.230 1997 699.000 86.700 45.850 18.650 Fonte: Federtessile. Tabella 11. Le calzature in Italia Aziende Addetti Produzione (mld) Export (mld) Import (mld) Consumi interni Export/produzione Import/consumi Fonte: ANCI. 1994 8.588 119.180 13.828,0 10.417,37 1.587,6 n.d. 75,3% n.d. 1995 8.861 124.228 15.212,1 11.896,5 1.809,5 5.125,1 76,9% 31,5% 1996 8.880 124.600 15.669,0 12.291,5 1.832,0 5.209,5 77,5% 32,5% Nel 1991 in Toscana è localizzato quasi il 20% delle unità locali italiane appartenenti all’industria della moda, per un’occupazione pari a circa 155.000 addetti. Nonostante la Toscana rappresenti comunque una delle regioni italiane in cui è più elevata la specializzazione produttiva nell’industria della moda, la sua posizione relativa rispetto alla Lombardia (altra regione ad elevata specializzazione nel sistema moda) e all’area NEC risulta, all’inizio degli anni Novanta, sensibilmente peggiorata rispetto a quella rilevata nel 1981. Tra il 1991 ed il 1997, sia la Toscana che la Lombardia hanno fatto registrare un’ulteriore diminuzione delle unità locali e degli addetti complessivamente impiegati nel sistema moda. Un’analisi macro della posizione competitiva relativa del sistema moda toscano può essere fatta solo con riferimento allo scorso decennio a causa della indisponibilità di dati sufficientemente disaggregati ed aggiornati. In particolare, da tale analisi si deduce che, per tutti gli anni Ottanta, il valore aggiunto prodotto dal sistema moda toscano assume un peso costantemente decrescente sia rispetto al corrispondente aggregato dell’industria manifatturiera regionale che rispetto a quello realizzato dall’industria italiana della moda nella sua totalità -a fronte di un costante aumento della quota delle altre regioni dell’area NEC e di una sostanziale stabilità di quella della Lombardia-. Il declino relativo del sistema moda toscano è stato analizzato da vari studiosi sulla base di due distinte ipotesi esplicative che fanno rispettivamente riferimento alla specializzazione produttiva dell’industria manifatturiera locale (Varaldo, Bellini, Bonaccorsi 1997), e ai modelli di impresa prevalenti (Lucchini, Martini 1992; Burresi, 1989; Falorni, Marinari 1992; ORML 1995; Zagnoli 1993; Cavalieri 1995). Nel primo caso, viene enfatizzata l’influenza negativa che, sull’andamento del settore moda, possono aver esercitato: (i) la presenza di imprese marginali, specializzate in produzioni destinate a fasce di mercato medio-basse che hanno subito pesantemente la concorrenza dei Paesi a più basso costo del lavoro; (ii) la scarsa rilevanza, all’interno dell’industria manifatturiera regionale, dei settori produttori di macchine utensili che può aver contribuito a rallentare il necessario processo di innovazione tecnologica all’interno dei comparti del sistema moda. Chi invece sostiene che il declino debba essere imputato ai modelli di impresa prevalenti, sottolinea: a) la forte presenza, in Toscana, di imprese di dimensioni occupazionali “micro” (al di sotto dei 10 addetti) e la contemporanea scarsa rilevanza (rispetto, ad esempio, alla Lombardia, ma anche ad altre regioni dell’area NEC) delle imprese di dimensioni occupazionali medie, in grado di trainare, tramite la costituzione di rapporti “a rete”, lo sviluppo delle imprese minori; b) la scarsa propensione delle imprese locali all’adozione di innovazioni di prodotto e di processo; c) un’insufficiente intensità di capitale nei processi produttivi e una bassa propensione all’attività di investimento che risulta peraltro confermata dai dati ufficiali relativi a tutti gli anni ‘80, periodo in cui la quota degli investimenti del sistema moda toscano sul corrispondente aggregato nazionale decresce sensibilmente, a fronte di una sostanziale stabilità che si registra sia nel caso della Lombardia che delle altre regioni dell’area NEC; d) nella bassa capacità di spostamento mostrata dalle imprese verso funzioni più avanzate e a più elevato valore aggiunto (in linea con i processi di terziarizzazione interna ed esterna dell’industria); e) nella cultura imprenditoriale prevalente che, secondo alcuni autori, risulta addirittura “ostile alla crescita”. I risultati dell’analisi qui svolta, a distanza di qualche anno dagli ultimi dati ufficiali disponibili e presumibilmente a seguito dell’intensificarsi di alcuni fenomeni, quali, ad esempio, quello della concorrenza dei Paesi emergenti, mettono, come vedremo, in risalto elementi che sembrano suggerire la necessità di integrare le due ipotesi interpretative ricordate, finora solitamente trattate come alternative. Il sistema moda Toscano In Toscana i comparti del sistema moda specializzati nella produzione di beni intermedi, negli ultimi 20 anni, hanno mantenuto il proprio peso relativo rispetto al resto d’Italia, mentre abbigliamento, calzature, maglierie e pelletterie, hanno registrato tassi di variazione negativi -sia delle U.L. che degli addetti- tali da modificare la posizione relativa della Toscana, sia nei confronti delle altre regioni dell’area NEC che dell’Italia nel suo complesso. In altre parole, “nel tessile la Toscana ha perso occupazione perché tutta l’Italia ha perso occupazione; [...] nelle calzature e nell’abbigliamento, invece, ha perso occupazione mentre l’Italia nel suo insieme manteneva i livelli iniziali” (Varaldo, Bellini, Bonaccorsi, 1997: 60). E’ dunque su questo sfondo che si innestano le analisi contenute in questo capitolo che è organizzato come segue. Nel primo paragrafo si commentano brevemente alcune caratteristiche di base delle imprese oggetto di indagine; nel secondo si analizza la configurazione assunta dal processo produttivo; si analizzano quindi i mercati di sbocco della produzione (par. 3) e la spesa pubblicitaria (par. 4) per passare, nel paragrafo 5, alla valutazione complessiva dei vantaggi competitivi del sistema moda toscano. Nel sesto paragrafo si analizzano i dati relativi alla domanda di lavoro; nei successivi il fabbisogno professionale e il fabbisogno formativo delle imprese toscane del sistema moda. I campioni di imprese Come si è visto più in dettaglio nel capitolo 2 il campione di 50 imprese con un totale di 1.260 addetti utilizzato per l’analisi della competitività è risultato composto per il 76% da imprese che si collocano al di sotto della soglia dimensionale dei 25 addetti. Il 34% delle imprese ha un fatturato che, nel 1996, non supera i 3 miliardi di lire e quasi la metà del campione è costituito da società di fatto. Le specificità da rilevare a livello settoriale riguardano soprattutto il fatto che le imprese della pelletteria e della maglieria risultano relativamente più concentrate delle altre nelle classi dimensionali minori, ma fanno rilevare una produttività per addetto generalmente più elevata. Nelle pelletterie e nella maglieria, infatti, è più alta che negli altri comparti la quota di imprese al di sotto dei 25 addetti, ma contemporaneamente più contenuta la quota di imprese che ha fatturato inferiore a 3 miliardi. Il fenomeno è probabilmente dovuto ad un maggior ricorso al decentramento produttivo (soprattutto nel caso delle pelletterie) e ad una maggiore meccanizzazione dei processi (nel caso delle maglierie). Va sottolineato, inoltre, che l’appartenenza ad un sistema, quale quello della moda, particolarmente esposto ai fenomeni connessi alla variabilità della domanda, spinge le imprese a contenere le quote di produzione “standardizzata” (con l’unica eccezione delle imprese che producono capi di abbigliamento o accessori di tipo classico, le uniche in grado, peraltro, di lavorare con un proprio campionario, tabella 12) Tabella 12. Imprese toscane del campione competitività per quote di produzione standardizzata e settore (%) Quote di produzione Standardizzata Abbigliamento 0 Fino al 25% Dal 26 al 50% Dal 51 al 75% Dal 76 al 99% 100% Mancata risposta TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. 64,3 35,7 100,0 Pelletterie 66,7 8,3 25,0 100,0 Pelliccerie 100,0 100,0 Maglierie 36,4 9,1 9,1 45,4 100,0 Calzature Totale 45,4 36,4 18,2 100,0 56,0 2,0 2,0 2,0 34,0 4,0 100,0 E’ risultata estremamente contenuta la quota di imprese formalmente appartenenti ad un gruppo (6%) o che ha stipulato (o prevede di stipulare) accordi commerciali con altre imprese, italiane o estere (10%). Come si è ricordato l’analisi di domanda di lavoro, fabbisogno professionale e formativo delle imprese toscane del sistema moda è stata condotta su un campione di 68 imprese con un totale di 5.047 addetti al 31 dicembre 1996, scelte sulla base di criteri puramente qualitativi, privilegiando le imprese di dimensione maggiore, e quelle che sono state indicate come genericamente “interessanti” o “rappresentative” da testimoni privilegiati8 . La forma societaria prevalente è la società di capitali: le società per azioni e le società a responsabilità limitata rappresentano oltre il 70% delle imprese intervistate. La società per azioni è l’unica forma giuridica prevista in lieve crescita (+4,4%), a fronte di un quadro altrimenti totalmente stabile. L’età media delle imprese intervistate è alta -23 anni-, rispetto all’età media settoriale di appena 12 anni. La dimensione media è di 74,2 addetti contro i 5 della media regionale. Si tratta dunque, proprio per la modalità della selezione, di un campione di imprese spostato sulle imprese più grandi. Il fatturato medio del 1996 è stato di 20,490 miliardi; ed è sostanzialmente invariato a prezzi correnti rispetto al fatturato medio del 1995, e a quello previsto per il 1997. Le imprese con più di una unità locale sono il 25% del campione; mentre appartengono ad un gruppo nazionale o internazionale il 20,6%. Dalle risposte sembra di essere di fronte a un gruppo di imprese in rapida fase di innovazione, un risultato non del tutto in linea con le tendenze generali evidenziate nei paragrafi precedenti e che emergeranno nel corso di questo rapporto. Il 48,5% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver introdotto nel corso degli ultimi due anni innovazioni di processo e di prodotto; il 16,2% solo di prodotto; il 3% solo di processo. In complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo rappresenterebbero solo il 32,3% del campione. Meno diffuse le modificazioni organizzative, attuate dal 37% delle imprese. Organizzazione del processo produttivo Come è ben noto (e.g. ORML-Ciriec 1996a, 1996b), l’industria manifatturiera toscana annovera tra i propri principali punti di forza un elevatissimo grado di flessibilità produttiva, essenzialmente determinato dai rapporti di sub-fornitura che legano tra loro le imprese localizzate all’interno delle diverse realtà distrettuali e delle diverse aree sistema. Specularmente, alcune delle ricerche condotte sull’industria manifatturiera toscana evidenziano, a livello generale: (i) un basso livello di investimenti; (ii) una insoddisfacente propensione all’innovazione; (iii) una produttività del lavoro mediamente più bassa di quella dell’area NEC; (iv) l’esigua presenza di imprese medie in grado di configurarsi, instaurando rapporti a rete con i propri sub-fornitori, come elemento trainante dello sviluppo locale. Modelli di impresa L’analisi del decentramento produttivo all’interno del sistema moda è stata svolta con due obiettivi precisi: (i) definire la configurazione nella quale si attua il decentramento; (ii) individuare precisamente quali funzioni sono svolte all’interno o all’esterno delle imprese al fine di ricostruirne il fabbisogno professionale. 8 Data l’esiguità del campione nel testo non sarà sempre possibile commentare i dati disaggregati per gruppi ISTAT, neanche nella riclassificazione per comparti vista in precedenza. Diagramma 1. Fasi di produzione abbigliamento e maglieria disegno ? Fasi di progettazione progettazione realizzazione prototipo campionatura raccolta ordini Fasi di Programmazione produzione acquisto materie prime taglio ? Fasi di produzione rammaglio/smacchinatura cucitura rifinitura/applicazione accessori stiratura/piegatura controllo qualità imbustamento ? Fasi precommercializzazione Diagramma 2. Fasi di produzione della pelletteria (gruppo 1920) disegno ? Fasi di progettazione progettazione campionatura controllo materie prime taglio preparazione montaggio cucitura rifinitura controllo qualità confezionamento ? Fasi di produzione Diagramma 3. Fasi di produzione delle calzature (gruppo 1930) disegno progettazione campionatura taglio preparazione produzione tomaie montaggio tomaie ? Fasi di progettazione produzione tacchi montaggio tacchi suolatura aggiuntatura assemblaggio rifinitura scatolamento Fasi di produzione A questo scopo si è tentato di arricchire la distinzione tra imprese capofila e subfornitrici adottata in una recente ricerca (Brusco-Bigarelli 1995) nella quale le imprese capofila sono definite sulla base di tre parametri: (i) la capacità di progettare il prodotto, (ii) il coordinamento del processo produttivo, e (iii) il rapporto diretto con il sistema distributivo. Le seconde per il venir meno di uno o più dei parametri che definiscono le imprese finali. In questo lavoro si è adottato una definizione di impresa capofila o in conto proprio meno stringente di quella appena ricordata poiché la struttura organizzativa delle imprese toscane è tale che probabilmente nessuna risponderebbe alle caratteristiche delle imprese finali di Brusco-Bigarelli. Ciò significa che molte delle nostre capofila si affidano a imprese specializzate nella commercializzazione - venendo meno al requisito (iii) -, che non sempre coordinano il processo produttivo - venendo meno al requisito (ii) -, che in qualche caso pur avendo la capacità di progettare il prodotto, producono su progetto di altre imprese -venendo meno al requisito (i)-. D’altra parte nessuna delle imprese di maggior interesse per la Toscana (Ferragamo, Gucci, IPI) risponde precisamente alla definizione di impresa in conto proprio appena ricordata. La distinzione tra imprese capofila e conto terzi che si adotta è basata sulla valutazione congiunta di alcuni indicatori. Si considera in primo luogo la quantità di produzione svolta in conto proprio/conto terzi, e si incrocia questo parametro fondamentale con la posizione assunta in un albero gerarchico di subfornitura, e con le fasi produttive svolte direttamente o esternalizzate dall’impresa. La sintesi di queste tre informazioni ha permesso di distinguere nel sistema moda nel suo complesso, ma anche in tutte le sue articolazioni settoriali, alcune strutture tipiche di impresa. Come accennato, la prima distinzione è relativa alla percentuale di produzione svolta in conto proprio ed in conto terzi. Data la varietà di strutture organizzative, si è ritenuto di definire imprese capofila quelle che hanno dichiarato di produrre almeno per il 70% in conto proprio. Alle imprese in conto terzi è stato quindi chiesto di indicare la propria posizione nel grafo riprodotto nella figura 4. Capofila A. Imprese Sub-fornitrici 1° livello B. C. Imprese Sub-fornitrici 2° livello D. E. Imprese Sub-fornitrici 3° livello Diagramma 4 Tipologie di impresa L’informazione che vi è riassunta permette di individuare (i) il livello gerarchico dell’impresa di subfornitura; (ii) se l’impresa subfornitrice lavora per uno o più committenti; (iii) se l’impresa subfornitrice si avvale a sua volta di un ulteriore livello di subfornitura. Si è quindi chiesto di rappresentare schematicamente le principali fasi di produzione del settore di appartenenza; di indicare per ogni fase di produzione la quota di produzione svolta all’interno o all’esterno dell’impresa; di indicare per ogni fase la figura professionale più importante.9 L’analisi incrociata delle risposte ottenute ai tre quesiti ha permesso di individuare per il sistema moda in Toscana cinque tipi di imprese rappresentative. Prima di arrivare a questo risultato si devono però considerare brevemente alcune evidenze quantitative e fare una breve digressione sulle fasi di produzione delle imprese del sistema moda. La scelta della soglia del 70% per la definizione di impresa capofila rappresentava una indicazione operativa a priori ragionevole. I risultati hanno dato una indicazione molto più netta per quanto riguarda le imprese capofila che producono in media per il 99,4% in conto proprio. L’indicazione proveniente dalle imprese subfornitrici è più sfumata. In complesso le imprese subfornitrici producono in media per l’82,7% in conto terzi; tale valore deriva però dalla composizione di 18 imprese che lavorano esclusivamente conto-terzi, con 7 imprese, suddivise tra tutti i gruppi considerati, che lavorano in conto terzi per quote inferiori al 50% della propria produzione.10 Sembrerebbe quindi diffusa una tipologia di impresa che divide la propria attività tra produzione in conto proprio e produzione in conto terzi, che indicheremo con l’espressione modello 5.11 Le imprese intervistate sono risultate per il 63,2% capofila, e per il restante 36,8% subfornitrici di primo livello. Il fatto di non avere incontrato imprese subfornitrici di secondo livello è probabilmente dovuto al posizionamento di quelle aziende in fasce dimensionali inferiori a quella media (55,3 addetti) riscontrata tra le imprese subfornitrici. Pur in mancanza di evidenza statistica, è ragionevole ritenere che le imprese subfornitrici di secondo livello o inferiori abbiano dimensioni in termini di addetti e fatturato molto modeste.12 Tabella 13. comparto Posizionamento Numero imprese delle Totale Valore assoluto % 43 63,2 imprese toscane Capofila di cui con subfornitrici 40 93,0 del campione lavoro Subfornitrici 1° livello Totale di cui con subfornitrici 25 12 36,8 48,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Si noti che oltre il 90% delle imprese capofila si rivolge a ditte subfornitrici per quanto riguarda una o più fasi della produzione; quasi la metà delle imprese subfornitrici ha a 9 nel Tutte le imprese intervistate hanno risposto alla domanda, ad eccezione della parte relativa alla figura professionale. L’indicazione operativa ricavata da questa esperienza indica che si deve comunque modificare la formulazione delle domande, in particolare eliminando il riferimento alle figure professionali, e inserendo una indicazione di massima a priori delle fasi del ciclo produttivo. 10 IRPET (1992: 63) aveva riscontrato solo debolissime evidenze di tale tipologia di impresa, in ogni caso concentrate in fasce dimensionali molto inferiori a quella in cui sono state rilevate dalla presente ricerca. Sembra che le percentuali siano stabili su questi livelli dal 1994; e che per il 1997 non si prevedano modificazioni. 11 Sembra addirittura che i migliori risultati del gruppo delle subfornitrici siano da imputare per il 1995 soprattutto a questa tipologia di imprese. 12 Si vedano anche i risultati di IRPET (1992: 63) dove le imprese contoterziste sono proporzionalmente più presenti nelle classi dimensionali inferiori. sua volta imprese subfornitrici. Sembra dunque di poter concludere che le imprese del sistema moda in Toscana sono generalmente strutturate su più livelli di subfornitura. Tutte le imprese intervistate hanno una rappresentazione sostanzialmente corretta, e relativamente schematizzata delle fasi del ciclo produttivo relativo alla propria produzione. La ricostruzione delle fasi di lavorazione è avvenuta in prima istanza per gruppi. I risultati in gran parte omogenei ed in ogni caso confrontabili hanno permesso di mettere a punto tre tipologie di ciclo produttivo -per la produzione di maglieria e abbigliamento, di pelletterie, e di calzature- non molto dissimili tra loro -come illustrato nelle figure 1, 2 e 3-. In ognuna delle tipologie di ciclo produttivo si possono distinguere quattro gruppi di fasi: un insieme più o meno complesso di fasi relative alla progettazione; la campionatura; un insieme più o meno complesso di fasi relative alla produzione vera e propria; ed infine il controllo di qualità e il confezionamento del prodotto. Nel caso della maglieria e dell’abbigliamento gli intervistati hanno indicato esplicitamente anche le modalità di programmazione della produzione, ovvero la fase di raccolta ordini. D’altra parte nei grandi gruppi industriali toscani la raccolta ordini è estesa anche alle calzature e agli accessori. Non è qui necessario entrare nei dettagli relativi alle varie fasi; è invece interessante notare che la semplificazione in macro-fasi - nsiemi di fasi elementari- appena proposta permetta di individuare alcune regolarità che sembrano interessare le imprese del sistema moda. Sulla base di queste regolarità è possibile individuare quattro tipologie di imprese: Modello 1. In questa tipologia rientrano le imprese capofila che svolgono all’interno le sole fasi progettuali, il controllo di qualità e la campionatura; Modello 2. Vi sono comprese le imprese capofila integrate verticalmente, che svolgono all’interno tutte le macro-fasi del ciclo; Modello 3. Vi sono comprese imprese capofila che svolgono all’interno tutte le macrofasi escluso il disegno che viene acquisito da società o consulenti esterni; Modello 4. Vi sono comprese le imprese subfornitrici che svolgono all’interno tutte le macro fasi - eventualmente avvalendosi di ulteriori subfornitori per fasi specifiche eccetto quella di progettazione e controllo di qualità. Si tratta in sostanza di imprese complementari rispetto alle capofila del modello 1. A questi si aggiunge il modello 5 misto dove sono comprese le imprese che lavorano sia in conto-terzi che in conto proprio di cui si è detto in precedenza. Tabella 14. e settore Distribuzione delle imprese toscane del campione lavoro per modello Settore/Modello 177 181-182 192 193 TOTALE % 1 6 14 6 7 33 51,6 2 3 2 1 1 4 6,2 2 2 4 6,2 4 4 4 2 8 18 28,2 5 2 1 2 5 7,8 Totale 14 23 1013 1714 6415 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Come mostra la tabella 3.2 la gran parte delle imprese è organizzata secondo i modelli 1 e 4: siamo di fronte cioè a capofila che svolgono le fasi di progettazione e controllo qualità, e subfornitrici che svolgono le fasi di produzione.16 Al primo modello 13 Resta fuori una impresa filiale italiana di produzione di un gruppo francese. Resta fuori una impresa che produce stivali in gomma. 15 Mancano al totale le due imprese tessili e quelle indicate nelle due note precedenti. 16 Tra le 4 imprese che svolgono internamente tutte le fasi produttive, soltanto una ha peculiarità di produzione che può spiegare la struttura organizzativa (produzione di cachemire). 14 appartengono, tra le altre, le ben note imprese del comparto della maglieria, dove è rilevante la figura dell’impannatore (Becattini 1997): queste imprese acquistano i filati, controllano i prodotti finiti e curano le spedizioni, affidando totalmente ad altri le fasi della tessitura e preparazione dei teli e quelle della confezione e della rifinitura. L’elevato ricorso al decentramento produttivo costituisce un indubbio punto di forza dell’industria manifatturiera toscana e assume una valenza ancora più strategica nell’ambito del sistema moda. La possibilità di ricorrere a sub-fornitori esterni consente infatti alle imprese di adeguarsi tempestivamente alle mutevoli condizioni della domanda e di evitare una crescita dimensionale che, proprio a causa della variabilità della domanda, potrebbe non rivelarsi una scelta efficiente. La rilevanza che, nell’organizzazione del processo produttivo, assume il ricorso a sub-fornitori esterni è peraltro sottolineata dal fatto che il 30% delle imprese del campione dichiara di avere incrementato nel corso dell’ultimo triennio e il 25% prevede di incrementarlo ulteriormente. Va rilevato, inoltre, che, nella maggioranza dei casi, i sub-fornitori sono localizzati nella stessa area di insediamento dell’impresa committente o, comunque, all’interno della stessa provincia o dei confini regionali. La vicinanza territoriale con i sub-fornitori ha evidentemente un impatto positivo sulla flessibilità dell’intero sistema e consente di ipotizzare che la localizzazione all’interno di aree sistema rappresenti ancora, per le imprese, una fonte importante di economie esterne. a) Naturalmente, non mancano casi in cui il tentativo di abbattere i costi di produzione spinge le imprese ad esternalizzare fasi produttive al di fuori della regione. Complessivamente, il 30% del campione affida lavorazioni, anche o esclusivamente, a sub-fornitori di altre regioni italiane (prevalentemente del sud) o stranieri17 . Tabella 15. Localizzazione dei principali sub-fornitori toscani competitività* (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate) Localizzazione Stessa area dell’impresa In provincia In regione In Italia All’estero Abbigliamento 53,8 30,7 38,4 38,4 7,6 Pelletteria 54,5 63,6 9,1 9,1 - Imprese ( %) PellicMaglieCeria ria 50,0 45,4 50,0 36,4 63,6 9,1 del Calzature 77,7 33,3 22,2 campione Totale 56,5 30,4 23,9 28,3 8,7 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple A livello complessivo, va tuttavia rilevato che il decentramento produttivo comporta rapporti tra imprese committenti e sub-fornitori che sembrano ancora governati da leggi di mercato, piuttosto che di collaborazione. Nel senso che generalmente, i rapporti sono stabili nel tempo, ma quasi mai formalizzati e, di solito, non implicano forme di collaborazione, tra i diversi soggetti coinvolti, a livello di progettazione dei prodotti e/o di scelta e di acquisto delle materie prime, e così via (tabella 16); è scarsa, come già anticipato, la presenza di gruppi di imprese; come si è visto vengono decentrate le fasi produttive a minor valore aggiunto, e il decentramento di capacità sembra prevalere su quello di specialità. 17 Sottolineiamo però che: a) solo 5 imprese si affidano completamente a sub-fornitori extra-regionali; b) il decentramento produttivo all’estero è fortemente disincentivato dal fatto che in questo modo verrebbe meno un requisito competitivo ritenuto indispensabile, cioè quello di poter “targare” i propri prodotti come “made in Italy”. Tabella 16. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi in Toscana nel campione competitività (%) Lavorazioni Progettazione/disegno Scelta dei materiali Acquisto di materiali e componenti Produzione fisica Finitura Controllo di qualità Dell’impresa Committent e 97,8 97,8 97,8 93,3 95,6 95,6 Del subfornitore Congiunta 2,2 2,2 4,4 4,4 4,4 2,2 2,2 - Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Il fatto che i rapporti tra imprese committenti e sub-fornitori siano di tipo prevalentemente tradizionale viene confermato, infine, anche dai mezzi di comunicazione adottati (tabella 17). Tabella 17. Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese toscane del campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate) Mezzi di comunicazione Collegamento in rete con computer Modem Fax Telefono Recapiti veloci a domicilio Posta Visite personali frequenti Imprese che lo utilizzano* 4,3 56,5 95,6 43,4 63,1 Imprese che lo utilizzano come mezzo prevalente 79,1 4,6 16,3 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple La mancanza di accordi di collaborazione tra imprese committenti e sub-fornitori che emerge dai dati sembra confermare l’ipotesi di un mancato decollo, in Toscana, delle cosiddette imprese a rete. Ciò va imputato, a nostro avviso, ad una serie concomitante di fattori, in parte già richiamati, che riguardano: 1) il peso della media impresa nell’industria manifatturiera toscana, modesto in assoluto e relativamente ad altre aree italiane; 2) l’esistenza di bassi costi transazionali, determinati dalla scarsa specificità delle fasi decentrate e dall’elevato numero di imprese locali in grado di svolgerle. Ciò consente alle imprese committenti di poter comunque contare sulle sub-forniture di cui necessitano senza stipulare accordi stringenti con i propri sub-fornitori e senza, per questo, incorrere in elevati costi di ricerca di eventuali nuovi partners produttivi. E’ opportuno precisare, tuttavia, che su questo quadro di fondo, valido a livello generale, si innestano alcuni elementi di dinamismo nelle relazioni interaziendali che sono probabilmente destinati ad assumere in futuro una rilevanza maggiore, a causa della crescente concorrenzialità dei mercati e dell’elevata variabilità della domanda con le conseguenti necessità di incrementare sia la flessibilità produttiva che la qualità dei prodotti-. Ci riferiamo, in particolare, ad alcuni casi, segnalati dai testimoni privilegiati intervistati, di accordi tecnico-produttivi tra imprese committenti e subfornitori, e alla nascita di nuove figure di conto terzisti, specializzati nella realizzazione di fasi ad elevato valore aggiunto. Gli accordi che ci sono stati segnalati riguardano, in particolare, il settore della maglieria dove l’integrazione verticale ha costi proibitivi per imprese di piccola dimensione, quali quelle toscane. Essere in grado di produrre, con tecnologie all’avanguardia, capi di tutte le finezze che il mercato può potenzialmente richiedere significa, infatti, dotarsi di macchinari per un investimento complessivo di almeno 3 miliardi di lire e correre il rischio che alcuni macchinari rimangano inattivi nei periodi in cui il mercato non richiede i capi della finezza che questi sono in grado di produrre. Le specifiche problematiche del comparto hanno quindi indotto alcune imprese a stipulare accordi con terzisti, specializzati su alcune finezze, in modo da garantirsi la possibilità di produrre una più ampia gamma di capi senza affrontare investimenti ritenuti troppo rischiosi e assicurando specularmente al terzista determinati livelli di produzione. Per quanto concerne invece la nascita di nuove figure di contoterzisti, va segnalata l’esistenza, in Toscana, di alcune imprese di recente costituzione, specializzate nello sviluppo di modelli e taglie tramite tecnologie CAD, in grado di fornire ai propri clienti il prodotto richiesto sia su carta che, eventualmente, su supporto magnetico. Il dato ci sembra particolarmente rilevante per due ordini di considerazioni. (i) dai risultati dell’analisi emerge che la metà delle imprese dell’abbigliamento intervistate decentra totalmente la fase di sviluppo dei modelli e delle taglie. Conseguentemente, l’innovazione tecnologica di questa fase del processo produttivo può essere un buon canale attraverso cui contribuire a introdurre innovazioni di processo e di prodotto in tutto il comparto delle confezioni; (ii) la nascita di terzisti altamente specializzati può stimolare lo sviluppo di relazioni inter-aziendali basate su rapporti di collaborazione e, per questa via, incentivare la riqualificazione del tessuto produttivo locale. Tra le imprese subfornitrici è relativamente contenuta (20%) la quota di imprese terziste che lavora per imprese localizzate al di fuori della regione, italiane o estere. E’ noto, invece, che è frequente il caso di imprese italiane -si pensi, per esempio, alla Stefanel, alla Valleverde, ecc.) che decentrano quasi interamente la propria produzione a terzisti toscani, e il caso di Department Stores o Catene Distributive straniere che commissionano a imprese toscane la realizzazione di prodotti da commercializzare sui mercati esteri. Il fenomeno si giustifica alla luce di considerazioni di carattere storico, nel senso che costituisce una sorta di naturale prosecuzione dell’esperienza dei buyers -che si è gradualmente ridimensionata con il crescere del costo del lavoro in Italia-; e tecnicoproduttivo perché le imprese del sistema moda toscano garantiscono le necessarie competenze produttive e un’elevatissima capacità di adeguarsi alle aspettative/richieste dei clienti. La ricostruzione offerta dai terzisti dei loro rapporti tra imprese terziste con le imprese committenti italiane o estere diverge rispetto alla ricostruzione offerta dalle capofila. Secondo i terzisti tali rapporti risultano ispirati ad una logica di collaborazione: nel 3040% dei casi, infatti, le decisioni concernenti la progettazione dei prodotti, la scelta e l’acquisto dei materiali, la produzione e il controllo di qualità vengono assunte congiuntamente. Rispetto a questa ricostruzione si può ancora notare una tendenza al frazionamento della clientela - il maggiore cliente assorbe in media il 42,5% del fatturato; i primi cinque circa il 66% - derivata dalla necessità di ridurre il rischio connesso a variazioni improvvise di ordini. Considerazione che contrasta in qualche misura con la logica collaborativa dichiarata dalle imprese. Tabella 18. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni in conto terzi in Toscana del comparto competitività (%) Dell’impresa terzista Dell’impresa committente Congiunt a Totale Progettazione/disegno Scelta dei materiali Acquisto di materiali e componenti Produzione fisica Finitura Controllo di qualità 10,0 20,0 10,0 50,0 50,0 50,0 40,0 30,0 40,0 100,0 100,0 100,0 40,0 50,0 50,0 20,0 20,0 20,0 40,0 30,0 30,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Nonostante non siano generalmente formalizzati, i rapporti sono consolidati nel tempo e producono indubbi benefici per le imprese terziste locali in quanto i committenti, per lo più imprese di media o grande dimensione, impongono spesso il rispetto di standard produttivi pre-definiti, nonché l’impiego di macchinari ad elevato progresso tecnico incorporato e quindi contribuiscono a sollecitare la qualificazione del sistema produttivo locale. La domanda di servizi alla produzione L’analisi del ricorso a servizi esterni da parte delle imprese è utile da due punti di vista diversi: (i) serve a ricostruire l’organizzazione produttiva delle imprese e, per questa via, dà indicazioni importanti sui loro fattori di competitività; (ii) serve a inferire la dimensione della domanda di lavoro indotta di un’impresa: nel caso in cui faccia ampio ricorso all’esternalizzazione di funzioni e acquisisca servizi all’esterno si può ritenere che l’impresa dia luogo ad una domanda di lavoro indotta che si concretizza attraverso la domanda di lavoro espressa dal sistema di subfornitura e dai centri di servizio esterni. Il 74,6% delle imprese intervistate ha dichiarato di far ricorso a servizi esterni per una o più funzioni aziendali: il 24% delle imprese che ricorrono a servizi esterni vi ricorre per una sola funzione; il 36% per due; il 20% per tre. Nella tabella 19 si indicano le aree funzionali relativamente alle quali le imprese preferiscono ricorrere a servizi esterni e si confrontano le imprese del sistema moda con le manifatturiere toscane (ORML-Ciriec 1996a). Tabella 19. Ricorso a servizi esterni per area funzionale nelle imprese toscane del campione lavoro (%) Aree funzionali Amministrazione, finanza, controllo gestione Produzione Altri servizi (pulizie, mensa, etc.) Sistema informativo e CED Progettazione, R&S Vendite Attività tecniche di produzione Marketing Direzione Risorse umane e formazione Qualità Assistenza post vendita Acquisto materiali MEDIA Fonte: elaborazioni Ciriec. % imprese che ricorrono a servizi esterni relativamente all'area funzionale Imprese moda 40,3 Capofila 30,2 Subfornitrici 56,0 28,4 28,4 26,9 23,9 13,4 10,4 7,5 4,5 3,0 3,0 3,0 3,0 15,1 32,6 23,3 25,6 27,9 16,3 7,0 7,0 2,3 4,7 0,0 4,7 2,3 14,1 20,0 32,0 28,0 16,0 8,0 16,0 8,0 8,0 0,0 8,0 0,0 4,0 15,7 Manifatturier e toscane 64,8 38,0 48,4 19,9 15,3 19,5 10,8 5,9 2,4 14,6 3,5 3,5 4,2 19,3 Il risultato più interessante è che il ricorso a servizi esterni sembra nel complesso meno generalizzato che nelle imprese manifatturiere toscane. Due dati sintetici che danno indicazioni in questo senso sono: per 9 aree funzionali su 13 la quota di imprese che ricorrono all’esterno è più alta per le manifatturiere toscane che per le imprese del sistema moda; la quota media di imprese che ricorrono a servizi esterni è maggiore per le imprese manifatturiere che per quelle del sistema moda. I dati sembrano indicare una minore propensione ad esternalizzare delle capofila rispetto alle subfornitrici. Non ricorrono a centri di servizio o produzione esterni il 27,9% delle capofila contro il 20,0% delle subfornitrici; inoltre il ricorso medio a servizi esterni è di circa due punti percentuali inferiore tra le subfornitrici che tra le capofila. Le imprese subfornitrici tendono a esternalizzare le funzioni amministrative in misura maggiore rispetto alle capofila, ma hanno minore propensione a far svolgere all’esterno fasi produttive. Le modalità del ricorso a servizi esterni sembrano consolidate: il 62% delle imprese intervistate ritiene di non avere modificato nel corso del 1996 il ricorso a servizi esterni; il 32% ritiene di averlo aumentato, mentre il restante 6% dichiara di averlo diminuito. Dall’analisi delle motivazioni che hanno portato le imprese a variare o meno il ricorso a servizi esterni nel corso del 1996 emerge che l’esternalizzazione è legata principalmente alle modificazioni del volume del fatturato: all’aumento/invarianza/diminuzione del fatturato corrisponde l’aumento/invarianza/diminuzione del ricorso a prestazioni esterne. L’11,7% delle imprese che hanno aumentato il ricorso a servizi esterni attribuiscono tale scelta alla ricerca di una maggiore flessibilità; è infine da notare che per il 6% delle imprese l’invarianza del ricorso a prestazioni esterne ha significato un aumento delle lavorazioni interne. Come si è già visto è netta la prevalenza della dimensione locale e provinciale per il reperimento dei servizi esterni in quasi tutte le aree funzionali, anche nel caso dei servizi più qualificati. Ciò può significare che le aree di localizzazione delle stesse imprese non evidenziano in questo senso deficit funzionali. Fanno eccezione alcuni servizi più innovativi - il cui utilizzo è comunque complessivamente contenuto - come le risorse umane, la pubblicità e la promozione, le ricerche di mercato per i quali ci si rivolge prevalentemente a società non regionali; ed i servizi di vendita e post-vendita per i quali presumibilmente ci si avvale di strutture localizzate nei mercati di sbocco. Dai dati precedenti si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un sistema stabile e consolidato di collaborazioni e prestazioni esterne, che non sembra aver conosciuto modificazioni sostanziali nel corso del 1996, e che si può prevedere resterà immutato nel medio periodo. E’ perciò plausibile ritenere che le imprese del sistema moda sostituiscano forza lavoro interna con centri di servizio/produzione esterni soprattutto per quanto riguarda servizi amministrativi, finanziari e di gestione; gli altri servizi (mensa, etc.), il sistema informativo e la progettazione. Dal punto di vista dell’analisi della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale questo ha due conseguenze rilevanti: (i) la domanda di lavoro espressa dalle imprese sottostima l’effettiva necessità di personale di quelle imprese, che dovrebbe essere colta considerando anche la domanda di lavoro indotta da quelle imprese nelle società fornitrici di servizi; (ii) il fabbisogno professionale espresso direttamente dalle imprese del sistema moda tende a polarizzarsi su figure legate essenzialmente alle fasi produttive, come vedremo più avanti. L’approvvigionamento di materie prime Per l’approvvigionamento di materie prime, tutte le imprese intervistate si rivolgono anche o esclusivamente a fornitori localizzati all’esterno della regione (in altre aree d’Italia o all’estero, tabella 20-24). Tabella 20. Localizzazione dei principali fornitori di materie prime delle imprese toscane del campione competitività* Localizzazione Distretto Regione Italia Estero TOTALE IMPRESE SETTORE Imprese (Valori assoluti) Abbiglia -mento 5 7 13 2 Pelletteria 1 9 7 2 Pellicceria 1 2 1 Maglieria 3 3 10 4 Calzature 5 7 7 2 Totale 14 12 2 11 11 50 14 27 39 11 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 21. Quote di materie prime acquistate nel distretto dalle imprese toscane del campione competitività (%) Quote Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime nel distretto TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. Imprese % PellicMaglieceria Ria 18,2 9,1 - Abbigliamento 21,4 7,1 7,1 Pelletteria 8,3 - Calzature 18,2 9,1 18,2 - Totale 64,4 91,7 100,0 72,7 54,5 72,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 6,0 10,0 6,0 4,0 2,0 Tabella 22. Quote di materie prime acquistate in regione dalle imprese toscane del campione competitività (%) Quote Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime in regione TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. Abbigliamento 28,6 14,2 7,1 - Pelletteria 33,4 8,3 8,3 25,0 Imprese % PellicMaglieceria Ria 50,0 18,2 9,1 Calzature 9,1 9,1 18,2 18,2 9,1 Totale 10,0 20,0 8,0 6,0 10,0 50,0 25,0 50,0 72,7 36,4 46,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tabella 23. Quote di materie prime acquistate in Italia dalle imprese toscane del campione competitività (%) Quote Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime in Italia TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. Abbigliamento 7,1 42,8 7,1 7,1 28,6 Pelletteria 41,7 8,3 8,3 - Imprese % PellicMaglieceria Ria 9,1 100,0 27,3 36,3 9,1 9,1 Calzature 27,3 27,3 9,1 Totale 10,0 38,0 12,0 6,0 12,0 7,1 41,7 - 9,1 36,3 22,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tabella 24. Quote di materie prime acquistate all’estero dalle imprese toscane del campione competitività (%) Quote Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime all’estero TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. Imprese % PellicMaglieceria Ria 9,1 18,2 50,0 9,1 - Abbigliamento 7,1 7,1 - Pelletteria 8,3 8,3 - 85,8 83,4 50,0 100,0 100,0 100,0 Calzature Totale 9,1 9,1 6,0 10,0 2,0 2,0 2,0 63,-6 81,8 78,0 100,0 100,0 100,0 Il dato, nonostante l’esiguità del campione analizzato, induce qualche perplessità circa l’esistenza di economie di localizzazione e vantaggi competitivi dovuti alla vicinanza fisica delle imprese del sistema moda che producono beni di consumo con quelle a monte della filiera produttiva (tessili e conciarie). Una interazione sinergica tra produttori ed utilizzatori di materie prime sembra in particolare ostacolata prevalentemente da fattori di prezzo (nel caso delle pelletterie per le quali risulta più conveniente acquistare i propri inputs produttivi a Solofra o comunque nel Sud d’Italia) e di qualità (nel caso delle imprese dell’abbigliamento che producono per fasce di mercato medio-alte e che per questo necessitano di materie prime di qualità più elevata di quelle generalmente prodotte a Prato e si rivolgono preferibilmente a fornitori del nord Italia). Va sottolineato infine che la lontananza dei fornitori di materie prime e il tipo di rapporti prevalenti con i sub-fornitori di fase si traduce in un costo elevato per le imprese, inducendole a consistenti immobilizzazioni in scorte di magazzino. Il 64% delle imprese, infatti, tiene mediamente in magazzino scorte sufficienti a garantire più di un mese di produzione e solo 3 aziende operano in una logica prossima a quella del just in time. Innovazioni di prodotto e di processo Dai dati analizzati emergerebbe un elemento positivo in merito agli investimenti del campione in attività di ricerca e sviluppo. Come noto, infatti, le PMI italiane mostrano generalmente una bassa propensione ad investire in attività autonome di ricerca. Secondo dati ISTAT (1995), la quota sul fatturato delle spese in R&S si attestava, in Italia, nel 1992, sullo 0,15% nel caso delle imprese specializzate nella produzione di capi di vestiario e sullo 0,29% nel caso del cuoio e delle calzature18 . Con riferimento al campione analizzato (tabella 25), invece, si rileva un investimento in attività di ricerca pari a 7,51 miliardi di lire nel triennio 1994-96, il che equivale a un’incidenza sul fatturato complessivo del campione orientativamente pari, su base annua, allo 0,6%. Tabella 25. competitività* Investimenti in R&S delle Investimenti in R&S No Si - sviluppo nuovi modelli/dis. - ricerca nuovi materiali INVESTIMENTO TOT. (ml) Abbigliamento 10 4 4 2 2.570 Pelletteria 10 2 2 1 140 imprese Imprese Pellic- Maglieceria ria 2 8 3 1 3 216 toscane del campione CalzaTure 7 4 4 3 4.150 Totale % 37 13 13 9 7.510 74,0 26,0 100,0 69,2 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Il dato rilevato ci pare positivo soprattutto tenendo conto della distribuzione dimensionale delle imprese del campione, fortemente sbilanciata verso le classi di addetti minori19 . Evidentemente, la concorrenza dei Paesi a basso costo del lavoro sta quindi incentivando un consistente sforzo innovativo, orientato sia verso lo sviluppo di 18 ISTAT 1995. E’ opportuno sottolineare che, tra le imprese innovative del campione competitività, rientrano anche un’impresa con oltre 200 addetti e 2 aziende con circa 50 dipendenti. Le restanti 10 imprese, tuttavia, hanno una dimensione occupazionale compresa tra i 20 e i 30 addetti. 19 nuovi modelli/disegni che verso la ricerca di nuovi materiali, che coinvolge anche le imprese medio-piccole. Questa ipotesi è confermata dalla quasi totalità dei testimoni contattati nel corso della ricerca. Resta da verificare, ma purtroppo non esistono dati ufficiali sufficientemente aggiornati, se, alla propensione ad introdurre innovazioni di prodotto si stia affiancando una ripresa dell’attività di investimento in macchinari che, come già illustrato, è stata abbastanza contenuta in tutti gli anni ‘80 e che invece costituisce il canale principale attraverso cui le PMI solitamente introducono innovazioni. I dati rilevati, non consentono di esprimere giudizi in merito. Emerge, infatti, che l’investimento medio realizzato dalle imprese del comparto moda ammonta, nel triennio 1994-96, a circa 335 milioni di lire. Nel caso in cui gli investimenti si fossero equamente distribuiti sull’intero triennio, ciò equivarrebbe ad un investimento medioannuo di poco superiore ai 110 milioni (tabella 26). L’unico dato ufficiale con cui confrontare i nostri risultati risale, però, al 1991, anno in cui l’investimento medio per impresa nel sistema moda italiano si attestava sui 50 milioni di lire (correnti). Tabella 26. Investimenti delle imprese toscane del campione competitività* Imprese che hanno inv. in immobili Imprese che hanno inv. in macchine INV. IN MACCHINE (ml) INV. MEDIO (ml) Imprese (Valori assoluti) Abbiglia- Pellet- PellicMaglie- Calzamento teria Ceria ria ture 1 1 11 11 5 9 2.460 223 1.080 98 - 4.210 842 Totale 2 32 2.979 10.729 331 335 Fonte: elaborazioni Ciriec. *La domanda prevedeva risposte multiple Sempre con riferimento all’attività di investimento in macchinari, dall’analisi, emergono comunque alcuni elementi indubbiamente positivi. Nello specifico, va rilevato che: a) la produttività del lavoro è aumentata, nel corso degli ultimi 3 anni, nel 38% dei casi (tabella 27), segno evidente che almeno un terzo delle imprese ha introdotto macchinari più efficienti; b) circa il 20% delle imprese intervistate ritiene che la produttività del lavoro crescerà ulteriormente nel prossimo triennio (tabella 28). Tabella 27. Imprese toscane del campione competitività per andamento della produttività ultimo triennio e settore (%) Produttività Produttività molto aumentata Produttività aumentata Produttività invariata Produttività diminuita Produttività molto diminuita TOTALE Abbigliamento 28,6 42,8 21,4 7,1 100,0 Pelletteria 41,7 33,3 25,0 100,0 PellicCeria 50,0 50,0 100,0 Maglieria 27,3 54,5 18,2 100,0 Calzature 54,5 27,3 18,2 100,0 Totale 38,0 40,0 20,0 2,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 28. Imprese toscane del campione competitività per andamento previsto della produttività prossimo triennio e settore (%) Produttività Produttività molto in aumento Produttività in aumento Produttività invariata Produttività in diminuzione Produttività molto in diminuzione TOTALE Abbiglia- Pelletmento teria 14,3 25,0 42,8 33,3 35,8 33,3 7,1 8,3 100,0 100,0 Pellicceria 50,0 50,0 100,0 Maglie- Calza- Totale ria ture 18,2 18,2 18,0 72,7 81,8 56,0 9,1 22,0 4,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Inoltre, il 34% delle imprese del campione si rivolge esclusivamente a fornitori di macchinari esterni alla regione, italiani o esteri, e il ricorso a fornitori extra-regionali è particolarmente spinto nel comparto della maglieria (per il quale la leadership tecnologica è detenuta da imprese tedesche e svizzere). Specularmente, tuttavia, oltre il 60% delle imprese ha rapporti con fornitori localizzati in ambito regionale (tabella 29) e ciò consente una discreta interazione tra utilizzatori e produttori di macchinari. I fornitori costituiscono, ad esempio, un imprescindibile canale informativo relativamente alle tecnologie disponibili (tabella 30); il rapporto prevalente tra fornitori ed utilizzatori è quello puramente commerciale, ma il 30% delle imprese chiede modifiche ai macchinari che acquista, in alcuni casi anche rilevanti, e ciò fa sì che l’interazione si traduca nella possibilità di introdurre innovazioni firm-specific (tabella 31). Tabella 29. Localizzazione dei principali toscane del campione competitività * (%) fornitori Localizzazione Stessa area dell’impresa In provincia In regione In Italia All’estero AbbigliaPelletmento teria 42,8 50,0 14,2 50,0 7,1 42,8 25,0 14,2 8,3 di macchinari delle imprese Imprese Pellic- Maglie- Calza- Totale ceria Ria ture 50,0 18,2 54,5 42,0 16,0 18,2 6,0 36,4 36,4 27,3 - Fonte: elaborazioni Ciriec. *La domanda prevedeva risposte multiple. La media delle risposte è 3. Tabella 30. Fonti di informazione sulle tecnologie produttive per imprese toscane del campione competitività (%) Fonti di informazione Fornitori di macchinari Riviste specializzate di settore Istituti specializzati locali Istituti specializzati fuori dal distretto Altre imprese locali del settore Altre imprese non locali del settore Fiere e mostre Mancate risposte TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Numero Imprese Fonti utilizzate * Fonte più utile 92,0 50,0 12,0 2,0 6,0 28,0 12,0 38,0 100,0 Tabella 31. Rapporti con campione competitività (%) i fornitori di macchinari per imprese toscane del Numero Imprese Rapporti esistenti* Rapporti prevalenti 78,0 62,0 30,0 6,0 6,0 - Acquistano le macchine a catalogo Chiedono modifiche delle macchine Chiedono macchine ad hoc Collaborano alla progettazione delle macchine che acquistano Mancate risposte TOTALE IMPRESE 2,0 - 32,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple. Mercati di sbocco Il peso del sistema moda toscano rispetto a quello italiano si è ridotto, negli ultimi 10 anni, anche in termini di quote di esportazioni (tabella 32). Per quanto riguarda il campione competitività soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 33); nel 1996, il valore complessivo delle esportazioni del campione è stato di 192,651 miliardi di lire, pari al 52% del fatturato prodotto dalle imprese intervistate. La maggiore propensione all’export si rileva nel caso delle pelletterie (88% del fatturato complessivo) e delle calzature (77%), per le quali i principali mercati esteri di sbocco, tenendo conto del valore delle esportazioni del 1996, sono rispettivamente rappresentati dal Giappone (10,8 miliardi di lire) e dalla Germania (22, 8 miliardi) e, tenendo conto del numero di imprese che vi operano, dalla Germania e dagli USA. Per inciso rileviamo che l’elevata propensione all’export della pelletteria va anche imputata, contrariamente a quanto avviene nel caso delle calzature, a dinamiche recenti: tra il 1994 ed il 1996, infatti, si è registrato un incremento delle esportazioni in oltre il 40% delle imprese del settore analizzate. Va sottolineato, inoltre, che Germania, USA e Giappone costituiscono i principali mercati di sbocco per tutti i comparti analizzati e, rispettivamente, il 14%, il 20% e l’8% delle imprese ritengono che questi siano ancora i mercati che offrono le maggiori opportunità di sviluppo al sistema moda toscano. Non mancano però casi di imprese che mettono in evidenza, con riferimento agli stessi mercati, l’esistenza di problemi che ostacolano l’espansione delle vendite. I problemi più rilevanti riguardano la contrazione della domanda di consumi (soprattutto in Germania); la concorrenza di imprese europee, nel caso dell’abbigliamento, e di imprese localizzate in paesi a più basso costo del lavoro, nel caso di tutti gli altri comparti. A quest’ultimo proposito, è bene ricordare che la produzione delle imprese analizzate si colloca, sia sul mercato interno che su quelli esteri, su fasce di mercato prevalentemente medie o medio-alte (tabella 34-35). Tabella 32. Esportazioni esportazioni Italia Province/Anni Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa del sistema 1985 247.016 5.192.172 13.819 7.508 325.809 25.608 543.431 moda 1992 269.504 4.951.826 10.786 18.881 534.043 25.561 789.120 toscano e 1993 370.495 5.664.390 14.047 12.833 715.658 21.035 1.017.491 rapporto 1994 479.171 7.288.728 17.677 11.268 877.505 16.948 1.333.256 con totale 1995 555.976 5.184.370 22.471 23.713 930.660 11.409 1.526.636 Pistoia Prato Siena Totali 397.979 n.d. 53.803 6.807.144 TOTALE ITALIA Peso % Toscana/Italia 634.308 n.d. 47.987 7.282.017 689.201 902.471 932.432 n.d. n.d. 2.677.818 51.865 71.794 69.070 8.557.016 10.998.81 11.934.55 7 5 30.662.97 40.216.70 48.067.85 57.542.49 66.926.11 3 5 5 1 3 22,20 18,11 17,80 19,11 17,83 Fonte: elaborazioni Ciriec su dati ISTAT Tabella 33. esportato Imprese toscane del campione competitività per quote di fatturato Quota fatturato esportato Non esportano Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Imprese (valori assoluti) Abbiglia- Pellet- PellicMaglieCalzamento teria Ceria Ria Ture 1 2 1 5 1 2 5 3 1 3 2 1 1 2 1 7 3 2 1 3 3 14 12 2 11 11 Totale 4 8 12 5 13 7 50 Tabella 34. Imprese toscane del campione competitività per fascia di mercato (mercato interno) (%) Fascia di mercato Bassa Medio-bassa Media Medio-alta Alta TOTALE IMPRESE (che vendono sul mercato nazionale) % su totale imprese per settore Abbiglia- Pellet- Pellic- Maglie- Calza- Totale mento teria Ceria ria Ture 28,6 12,5 6,9 21,4 16,7 42,8 25,0 23,3 71,4 58,3 100,0 28,6 62,5 60,5 7,2 25,0 9,3 14 12 2 7 8 43 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 35. Imprese toscane del campione competitività per fascia di mercato (mercato estero) (%) Fascia di mercato Bassa Medio-bassa Media Medio-alta Alta TOTALE IMPRESE (che vendono su mercati esteri) Abbigliamento 23,1 69,2 7,7 % su totale imprese per settore Pellet- Pellic- Maglie- Calza- Totale teria Ceria Ria ture 11,1 10,0 4,3 16,7 22,2 20,0 19,6 75,0 100,0 55,5 70,0 69,6 8,3 11,1 6,5 13 12 2 9 10 46 Fonte: elaborazioni Ciriec. I testimoni contattati affermano però che la buona qualità dei prodotti non è di per sé sufficiente a vincere la concorrenza di prezzo: sui mercati esteri, la domanda, si sta orientando sempre più verso prodotti a basso prezzo o verso prodotti firmati, e si sta quindi riducendo lo spazio competitivo dei prodotti qualitativamente migliori di quelli realizzati dai Paesi in via di sviluppo, ma non targati con un marchio famoso. In virtù di ciò, i Paesi del Sud Est Asiatico, ma anche Paesi emergenti del bacino del mediterraneo (Tunisia, Turchia, Marocco) e i Paesi dell’Est, vengono considerati concorrenti temibili sui mercati esteri. Su quello interno, che il 32% delle imprese individua come il mercato più difficile da conquistare, invece, la concorrenza proviene prevalentemente dalle grandi imprese e da imprese localizzate nelle regioni che in Italia presentano i maggiori tassi di specializzazione nel sistema moda, nonché ovviamente da altre imprese toscane (tabella 36 e 37). Tabella 36. Principali concorrenti competitività sui mercati esteri* (%) delle imprese Localizzazione concorrenti Imprese del Sud Est Asiatico Abbigliamento 12,5 Pelletteria 77,8 toscane Imprese PellicCeria - del Maglieria 66,7 campione CalzaTure 17,3 Imprese cinesi Imprese giapponesi Imp. Paesi del bacino Medit. Imp. Tedesche, francesi e inglesi Imp. Spagnole Imp. Greche Imp. di Paesi dell’Est Imp. Dell’America del Sud Imp. Indiane Imp. Greche Totale risposte valide 12,5 12,5 12,5 87,5 22,2 11,1 55,5 - 100,0 - 33,3 16,7 100,0 - - 12,5 25,0 12,5 8 11,1 11,1 11,1 9 50,0 2 16,7 16,7 16,7 6 57m1 28,6 17,3 28,6 7 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 37. Principali concorrenti competitività sui mercati nazionali* (%) delle imprese Localizzazione concorrenti Grandi Imprese Imprese Lombarde Imprese del distretto Imprese dell’area NEC Imprese Pugliesi TOTALE RISPOSTE VALIDE Abbigliamento 44,4 11,1 33,3 11,1 9 Pelletteria 58,3 50,0 16,7 12 toscane Imprese PellicCeria 100,0 2 del MaglieRia 16,7 50,0 33,3 33,3 6 campione CalzaTure 10,0 10,0 60,0 60,0 10 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (tabella 38 e 39). Tabella 38. Canali distributivi utilizzati competitività sul mercato interno* (%) dalle Canali distributivi Altre imprese Grossisti/buyers Gruppi d’acquisto Franchising Catene specializzate Catene de-specializzate Negozi indipendenti Vendita diretta Vendite postali TOTALE IMPRESE (che vendono sul mercato inter.) Abbiglia- Pelletmento teria 21,4 16,7 28,6 16,7 21,4 8,3 14,3 33,3 8,3 64,3 83,3 14 12 imprese toscane del campione Imprese Pellic- Maglie- Calza- Totale Ceria Ria ture 28,6 25,0 20,9 50,0 28,6 25,0 25,6 28,6 13,9 14,3 6,9 50,0 14,3 37,5 20,9 14,3 4,6 100,0 37,5 55,8 14,3 2,3 2 7 8 43 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 39. Canali distributivi competitività sui mercati esteri* (%) utilizzati dalle Canali distributivi Altre imprese Grossisti/buyers Gruppi d’acquisto Franchising Catene specializzate Catene de-specializzate Negozi indipendenti Vendita diretta Vendite postali TOTALE IMPRESE (che vendono su mercati esteri) Abbigliamento 23,1 38,4 15,4 7,7 46,1 - Pelletteria 25,0 83,3 33,3 33,3 41,7 8,3 13 12 imprese toscane Imprese PellicMaglieCeria ria 22,2 44,4 50,0 55,5 44,4 33,3 50,0 11,1 33,3 2 9 del Calzature 30,0 40,0 20,0 40,0 10,0 20,0 - campione Totale 23,9 50,0 30,4 28,3 8,7 32,6 8,7 10 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple In Italia, il canale distributivo prevalente è quello dei negozi indipendenti che del resto costituiscono il canale prioritario anche per le vendite all’estero (nel 1996, il 43% dell’export è stato realizzato tramite vendite a negozi). Il processo in atto di frammentazione delle vendite, messo in luce dai testimoni contattati e confermato dai risultati dell’analisi, impone, evidentemente un grosso sforzo organizzativo e commerciale ad imprese di piccola dimensione, quali quelle del campione analizzato che per lo più ricorrono ad agenti e rappresentanti plurimandatari e comunque mostrano, sia in Italia che all’estero, un grado di dipendenza dai primi 5 clienti relativamente contenuto (considerata, appunto, la loro ridotta dimensione occupazionale). 46 La spesa pubblicitaria Come già evidenziato nel paragrafo relativo alla domanda di servizi, all’interno del campione considerato, è ancora contenuto il ricorso delle imprese ad alcuni servizi legati alla funzione commerciale. In particolare, risultano generalmente ridotte le risorse destinate ad azioni pubblicitarie sul mercato interno e soprattutto su quelli esteri con l’unica eccezione delle imprese dell’abbigliamento. Solo le imprese della pelletteria, causa la loro elevatissima propensione all’export, risultano aver investito più di quanto non abbiano fatto per il mercato italiano (tabella 40). Soltanto il 4% delle imprese ha dichiarato che le strategie adottate per incrementare le proprie vendite sul mercato interno e la propria capacità di penetrazione su quelli esteri prevedono anche la realizzazione di apposite ricerche di mercato. Tutte le altre individuano principalmente nell’incremento della qualità dei prodotti, nella personalizzazione della produzione e nel potenziamento dell’organizzazione di vendita gli strumenti principali per poter incrementare la propria forza competitiva. Tabella 40. Spesa pubblicitaria delle imprese toscane del campione competitività in Italia e all’Estero (ultimi 3 anni)* Spesa pubblicitaria Totale imprese che hanno investito in comunicazione Italia SPESA COMPLESSIVA (ml) Totale imprese che hanno investito in comunicazione estero SPESA COMPLESSIVA (ml) Abbigliamento Pelletteria Pellicceria Maglieria CalzaTure 6 5 1 1 5 5.312 190 60 3 628 6 5 1 1 4 1.262 600 70 9 420 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Fattori competitivi Per valutare la percezione dei fattori di competitività si è chiesto alle imprese di dare un voto (da 1 a 10) alla propria performance, relativamente alle diverse aree del marketing mix - prodotto, prezzo di vendita, servizio e comunicazione -, in confronto alle altre aziende dell’area di insediamento e con la stessa specializzazione produttiva, ai concorrenti nazionali e a quelli esteri. Nella tabella 41 sono riportati i punteggi medi attribuiti dalle imprese alle varie voci che compongono le diverse aree del marketing mix.20 Dalla lettura dei dati riportati in tabella, emerge che: 1. le imprese intervistate individuano nella qualità del prodotto, nel design, nella flessibilità produttiva, nel rapporto prezzo/qualità e nella gamma dell’offerta i propri principali punti di forza; 2. con riferimento agli stessi fattori competitivi (eccetto quello della flessibilità) viene però riconosciuta una superiorità relativa sia ai concorrenti locali che a quelli italiani; 3. i concorrenti locali, inoltre, vengono ritenuti mediamente migliori anche per quanto riguarda l’organizzazione produttiva e quella commerciale, nonché, in linea di massima, la comunicazione; 4. i concorrenti nazionali superano quelli locali sia in termini di servizi offerti e di attività di comunicazione che di rapporto qualità/prezzo e propensione all’innovazione (di processo e di prodotto); 5. i concorrenti stranieri hanno, su tutti, un considerevole vantaggio di prezzo; 6. i vantaggi percepiti delle imprese analizzate, cioè i fattori in cui le imprese totalizzano punteggi relativi maggiori di quelli di tutti i loro concorrenti (locali, nazionali e stranieri) sono collegati alla flessibilità produttiva, alla capacità di evadere commesse specifiche, anche per piccoli lotti, e alle dilazioni di pagamento concesse ai clienti. Da rilevare, infine, che l’88% delle imprese intervistate nell’ambito dell’analisi relativa ai fattori competitivi dichiara anche che un vantaggio competitivo importante deriva dal fatto di localizzarsi all’interno di un distretto o di un’area sistema perché questo garantisce la vicinanza a sub-fornitori e terzisti specializzati e la presenza di manodopera qualificata. 20 I risultati riguarda tutte le 118 imprese intervistate. Tabella 41. Punteggio medio attribuito ai fattori competitivi dalle imprese toscane del campione competitività Fattore competitivo Prodotto stile/design Qualità Gamma dell’offerta Flessibilità, produzione anche su piccoli lotti Innovazione di prodotto Innovazione di processo Organizzazione della produzione Produzione su commessa specifica/su misura Prezzo Prezzi di listino Rapporto prezzo/qualità scale sconti Tempi di pagamento Margini consentiti ai clienti Servizio Distribuzione capillare Tempi di consegna rapidi Organizzazione commerciale Comunicazione Disponibilità e qualità dei cataloghi Disponibilità di prezzi chiari Pubblicità tradizionale Forme di incentivazione/promozione Partecipazione a fiere e mostre Sponsorizzazioni Fonte: elaborazioni Ciriec. Azienda Distretto Concorrenti italiani Concorrenti stranieri 7,33 7,35 7,06 7,13 7,37 7,39 7,54 7,00 7,45 7,42 7,39 6,77 5,58 5,50 5,89 5,39 6,63 6,25 6,57 6,95 6,60 6,33 7,08 6,91 7,05 6,71 6,87 6,80 6,11 6,29 6,42 5,78 6,59 7,08 5,73 6,72 6,38 6,88 7,07 5,81 6,46 6,47 7,23 7,48 6,27 6,36 6,95 8,23 7,44 6,75 6,62 6,65 6,18 6,49 6,35 6,36 6,77 6,76 7,07 6,96 7,19 6,05 5,72 6,00 5,82 6,77 5,28 5,00 6,20 3,76 6,54 6,54 5,72 5,09 6,44 5,86 7,24 6,95 6,61 6,20 7,09 6,11 6,67 6,25 6,00 6,14 6,53 5,50 Figura 1. Posizionamento delle aree secondo le leve del marketing mix La domanda di lavoro comunicazione servizio concorrenti stranieri concorrenti italiani distretto prezzo azienda prodotto 5 6 7 8 9 Come risulta dalla tabella 42 le imprese del sistema moda in Toscana hanno creato nel 1995 2,3 posti di lavoro ogni 100 addetti; e 2,2 nel corso del 1996. Tabella 42. Addetti, toscane campione lavoro Anno 1995 1996 1995-1996 assunzioni, uscite, Addetti Assunzioni Uscite 3.958 4.048 4.048 293 310 603 203 220 423 turn-over, Turn-over 496 530 1026 saldo: 1995-1996, imprese Saldo Tasso % Posti creati per turn-over 100 addetti 90 12,5 2,3 90 13,1 2,2 180 25,3 4,4 Fonte: elaborazioni Ciriec. Per quanto riguarda il 1995 è possibile confrontare il dato con i 3,0 nuovi posti di lavoro per 100 addetti calcolato da ORML-Ciriec (1996a) per le imprese manifatturiere medio-grandi della Toscana.21 E’ d’altra parte interessante notare che il dato è inferiore anche a quello delle industrie tessili ed abbigliamento, e cuoio e pelli. Se si disaggregano i dati di ORML-Ciriec (1996a) per gruppi - 3 cifre - si può notare che l’andamento globale della sottosezione - 2 lettere - derivava da andamenti fortemente divergenti dei singoli gruppi. I gruppi più dinamici in termini di creazione di lavoro erano proprio quelli della concia e del tessile esclusi dalla presente ricerca, mentre il sistema moda mostra un risultato non nettamente divergente rispetto a quello calcolato su questo nuovo campione.22 Per quanto riguarda il 1996 si deve notare che il dato è nettamente superiore al +0,5% registrato dall’ISTAT per l’industria in senso stretto della Toscana (Banca d’Italia 1997). 21 La dimensione media del campione di ORML-Ciriec 1996a è comparabile con quella delle imprese intervistate nella presente indagine. 18 Per i dati ORML-Ciriec 1996a si rimanda alle tabelle dell’appendice. Dietro l’andamento positivo si celano andamenti molto diversi quando si analizzino i dati per gruppi di imprese.23 Le imprese calzaturiere mostrano un buon risultato, mentre quelle dell’abbigliamento hanno risultati nettamente inferiori a quelli del sistema, in linea d’altra parte con quello che si verificava nel 1995 secondo l’indagine ORML-Ciriec (1996a)24 . E’ opportuno precisare che i dati riferiti a due grandi gruppi industriali (Gucci; IPI spa) mostrano risultati nettamente divergenti da quelli del campione. Le due imprese, che in termini di addetti rappresentano circa un quarto del campione lavoro, hanno assunto 711 addetti nel corso degli ultimi due anni, contro i 603 delle altre 67 imprese; creando in due anni circa 40 nuovi posti di lavoro ogni 100 addetti. 23 La disaggregazione per gruppi rende ancora più problematica una lettura statisticamente significativa dei dati. 24 Per i dati relativi al sistema moda nel 1997 disaggregati per gruppi si rimanda all’appendice. Tabella 43. 1996 Anno 1995 1996 19951996 Addetti, assunzioni, uscite, turn-over, saldo dei grandi gruppi: 1995- Addetti Assunzioni Uscite 893 1.113 1.113 295 416 711 71 196 267 Turn-over 366 612 978 Saldo Tasso % Posti creati per turn over 100 addetti 224 41,0 25,1 220 55,0 19,8 444 87,9 39,9 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le tabelle 42 e 43 sono esemplificative di una struttura dicotomica del sistema moda toscano: molte imprese medie e piccole, in conto proprio o conto terzi, che non hanno risultati brillantissimi; almeno tre grandi gruppi industriali che hanno ridisegnando completamente lo scenario competitivo di riferimento del settore, ma hanno modificano la struttura organizzativa, di relazione tra imprese e il mercato del lavoro al solo livello locale. I dati relativi al campione sulla previsione delle assunzioni e delle uscite delineano l'andamento della domanda di lavoro nei prossimi mesi. Il questionario richiede di esprimere una previsione sulle assunzioni e sulle uscite riferite ai 6, 12 e 24 mesi successivi all'intervista. Con qualche cautela è possibile considerare la previsione del numero di assunzioni a 6 mesi come un indice del numero di posti vacanti al momento dell'intervista, mentre la previsione delle riduzioni a 6 mesi come un indice degli eccessi di lavoro. Le previsioni riferite a un arco di tempo più lungo potrebbero invece avere una natura diversa: date le condizioni di incertezza riguardanti la congiuntura economica, le previsioni a 12 e a 24 mesi, più che indicare l’esatto numero delle assunzioni e delle riduzioni di personale che verranno effettuate entro quella data, riflettono lo stato della aspettative delle imprese circa il ciclo economico e lo sviluppo delle dimensioni aziendali. Le assunzioni previste dalle imprese toscane del campione lavoro Tabella 44. Arco temporale Assunzioni previste 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE % 25 42 40 107 23,4 39,2 37,4 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Dai dati della tabella 44, si può notare come il numero dei posti vacanti sia poco meno del 2% del numero totale degli occupati; il totale delle assunzioni previste nei prossimi due anni rappresenta nel complesso appena un terzo delle assunzioni effettuate nel corso del solo 1996. A questo si aggiunga che il 75,0% delle imprese intervistate prevede di non assumere né ridurre personale nei prossimi 24 mesi, il 22,1% prevede di assumere, mentre il 2,9% delle imprese prevede esplicitamente di ridurre il personale.25 Le prospettive occupazionali non sembrano perciò positive. 26 Se si distinguono le imprese in capofila e subfornitrici emerge in maniera nettissima la divergenza tra l’andamento delle prime e delle seconde per quanto riguarda il numero di posti creati per addetto e il tasso di turn-over. Non solo le capofila hanno un turnover più basso ed in diminuzione tra 1995 e 1996, ma mostrano anche un risultato nettamente inferiore per quanto riguarda i posti di lavoro creati sia nel 1995 che nel 1996; inoltre le imprese sub-fornitrici hanno migliorato il loro risultato nel corso del 1996 rispetto al 1995. Addetti, assunti, dismessi: imprese capofila toscane del campione Tabella 45. lavoro Anno 1995 1996 19951996 Addetti Assunti 2752 2799 2799 Dismessi 198 174 372 Turnover Tasso Saldo Posti per 100 Turnover addetti 349 12,7 47 1,7 329 11,8 19 0,7 678 24,2 66 2,4 151 155 306 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 46. campione lavoro Anno 25 Addetti, Addetti assunti, Assunti dismessi: Dismessi le imprese Turnover sub-fornitrici Tasso Turnover Saldo toscane del Posti per 100 addetti Si può ritenere che la domanda del questionario venga generalmente interpretata nel senso di indicare variazioni nette del numero di addetti. Non è plausibile infatti che siano previste solo 8 addetti in uscita nei prossimi due anni. Il turn-over che si realizzerà nei prossimi anni dovrebbe perciò essere più alto di quello indicato (115). 26 Le motivazioni delle imprese che non assumono e non riducono sono legate essenzialmente ad una previsione di stabilità del fatturato (62% delle risposte). Il 28% delle risposte motiva la scelta di non modificare il numero di addetti con la volontà di non ridurre personale in momenti di crisi. Il 7% preferisce esternalizzare certe funzioni piuttosto che modificare la propria struttura occupazionale, il restante 3% lega tale decisione ad un vincolo di spazio disponibile per l’ampliamento dell’azienda. 1995 1996 19951996 1212 1249 1249 89 132 221 52 65 117 141 197 338 11,6 15,8 27,1 37 67 104 3,1 5,4 8,3 Fonte: elaborazioni Ciriec. Disaggregando i dati per gruppo ISTAT –ma i dati vanno considerati con estrema cautela– sembra emergere che nel corso del 1996 i migliori risultati sono stati ottenuti nelle confezioni (+7,2), nelle calzature (+6,0) e nella maglieria (+5,3). D’altra parte anche le previsioni di assunzione, ponderate per il numero degli addetti, sono nettamente più alte tra le imprese subfornitrici (5,1%) che tra le capofila (1,5%). Tabella 47. campione lavoro Assunzioni Arco temporale 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE previste: imprese Imprese capofila 11 22 10 43 capofila % 25,6 51,2 23,2 100,0 e subfornitrici toscane Imprese subfornitrici 14 20 30 64 del % 21,9 31,2 46,9 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Sembra dunque di poter ipotizzare una sostanziale disomogeneità tra imprese capofila e subfornitrici per quanto riguarda i risultati sul mercato del lavoro. Le forme contrattuali Nel corso degli ultimi due anni si è assistito ad una notevole trasformazione delle forme contrattuali prevalenti. Se si osserva la tabella 48, che riporta le quote percentuali per tipo di contratto, è possibile constatare la notevole diversità tra stock e flussi per quanto riguarda le tipologie di contratti. Tabella 48. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese toscane del campione lavoro (%) Tipo di contratto Tempo determinato Part time A domicilio A cottimo Apprendista Collaborazione Formazione lavoro Tempo indeterminato TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Dipendenti 1,5 1,8 4,7 0,3 1,5 90,2 100,0 Assunti 95/96 21,7 0,8 2,7 1,0 15,4 58,3 100,0 Assunzioni previste 23,4 44,9 31,8 100,0 Figura 2. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese toscane del campione lavoro Vi si può notare lo spostamento dei flussi e delle previsioni verso forme di contratto più Dipendenti Assunti 95/96 in vo rm la de te ne io in az Te m po rm Fo at ro a di pr en Ap ic do m A rt t Pa st ilio e im at in rm te de po m Te o Assunzioni previste o % 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 tipo di contratto flessibili: mentre nello stock i contratti atipici27 rappresentano appena il 9,8%, le assunzioni negli ultimi due anni sono avvenute per il 41,7% con tali contratti, e le previsioni di assunzione riguardano ormai per il 68,2% contratti atipici. Contratto atipico significa in realtà, sia per quanto riguarda le assunzioni che soprattutto le previsioni, contratto a tempo determinato e formazione lavoro che sale dall’1,5% nello stock a quasi il 45% nelle assunzioni previste. La manodopera impiegata nel sistema moda è prevalentemente femminile: le donne rappresentano infatti il 67,9% degli addetti, il 61,8% degli assunti e il 64,7 % dei dismessi negli ultimi due anni. Più bassa - 54,1% - la quota delle donne sulle assunzioni previste. Dal punto di vista del tipo di contratto si nota che le donne sono particolarmente presenti nel settore più debole del mercato del lavoro: esse rappresentano la quasi totalità dei dipendenti a domicilio e dei contratti part-time, ma sono meno del 50% degli addetti con contratto di formazione-lavoro. Tabella 49. Dipendenti delle imprese toscane del campione lavoro per tipo di contratto e sesso (%) Tipo di contratto Tempo determinato Part-time A domicilio A cottimo Apprendista Collaborazione Formazione lavoro Tempo indeterminato 27 Maschi 42,2 1,2 1,8 40,0 51,4 34,7 Si intendono tutti i contratti fuorché quello a tempo indeterminato. Femmine 57,8 98,8 98,2 60,0 48,6 65,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. La struttura per inquadramento contrattuale delle imprese intervistate è centrata su inquadramenti relativi a operai e operai specializzati, che rappresentano complessivamente il 73% degli occupati, con una netta preponderanza degli operai comuni - che sono il 60,8% degli operai - . Si deve ancora notare che è proprio tra gli operai comuni che è polarizzata la presenza di manodopera femminile. Tabella 50. Dipendenti delle imprese inquadramento contrattuale e sesso (%) Inquadramento contrattuale Dirigenti Direttivi, quadri Impiegati Categorie speciali (intermedi) Capi operai Operai specializzati Operai comuni Apprendisti Altro Totale dipendenti Imprenditori Familiari coadiuvanti Totale indipendenti TOTALE toscane Maschi 2,8 2,0 20,2 4,5 0,5 32,6 31,9 1,1 0,2 95,8 4,0 0,2 4,2 100,0 del campione Femmine 0,2 0,2 16,1 1,0 0,3 24,9 54,4 1,1 1,1 99,3 0,6 0,1 0,7 100,0 lavoro per Totale 0,9 0,8 18,1 3,5 0,3 28,6 44,4 0,9 0,7 98,2 1,8 0,1 1,8 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 51. Dipendenti delle imprese toscane del campione lavoro per area funzionale e sesso (%) Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema inf., CED Progettazione, R&S Qualità Vendite Marketing Acquisto materiale Assistenza post-vendita Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Maschi 8,7 5,2 0,3 1,0 3,0 1,6 2,6 0,0 0,9 0,6 4,2 71,8 0,1 100,0 Femmine 1,4 6,1 0,1 0,2 2,8 1,7 2,1 0,0 0,9 0,2 0,3 83,6 0,8 100,0 Anche l’analisi per aree funzionali e sesso ribadisce la netta polarizzazione delle donne nell’area della produzione. Ed è da notare che le donne, di norma più presenti in mansioni impiegatizie, nelle imprese intervistate non lo sono. I titoli di studio L’analisi della struttura dell’occupazione e dei flussi per titolo di studio mette in luce la netta prevalenza dei titoli di studio più bassi. Tale prevalenza è particolarmente evidente se confrontata con i dati relativi alle imprese manifatturiere medio grandi della Toscana. Oltre l’80% degli addetti ha il titolo di scuola dell’obbligo o inferiore contro il 66% circa delle manifatturiere della regione. I diplomati sono il 18,4% ed i laureati appena l’1% degli addetti. Per quanti riguarda i flussi degli ultimi due anni la situazione non si è modificata: nel flusso è addirittura maggiore (+ 2,2 %) la percentuale di coloro che hanno il titolo di scuola dell’obbligo - tale flusso è composto da una minore percentuale di assunti con la sola licenza elementare rispetto allo stock -, ed è in diminuzione la quota dei diplomati; sale invece la quota dei laureati. Anche il dato sulle previsioni, che dovrebbe registrare le aspirazioni al cambiamento delle imprese, continua a indicare che il 57% delle assunzioni previste riguarda i diplomati della scuola media, quando lo stesso dato per le imprese manifatturiere era del 37%; cresce anche la previsione dei laureati. Tabella 52. Addetti, assunti, previsti delle imprese toscane del campione lavoro per titolo di studio (%) Titolo di studio Elementare Media Diploma Laurea TOTALE Addetti 12,2 68,4 18,4 1,0 100,0 Assunti 4,4 77,8 13,9 3,8 100,0 Previsioni 0,0 56,9 37,3 5,9 100,0 Toscana addetti 8,5 57,4 28,9 5,1 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Ultima colonna ORML-Ciriec 1996a: 38 tab 4.3 Figura 3. Addetti, assunti, previsti delle imprese toscane del campione lavoro per titolo 90 80 70 60 Addetti 50 Assunti 40 Previsioni 30 Toscana addetti 20 10 0 Elementare di studio Media Diploma Laurea Se si considerano i dati disaggregati per sesso e titolo di studio vi si nota un netto spostamento della manodopera femminile nelle classi con titolo di studio più basso. Tabella 53. di studio Titolo Elementare Media Diploma Laurea TOTALE Addetti delle imprese toscane del campione lavoro per sesso e titolo Maschi % Femmine % Totale % 2,7 4,2 12,2 77,3 86,8 68,4 19,1 8,5 18,4 0,9 0,5 1,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 54. di studio Titolo Elem. Media Diploma Laurea TOTALE Assunti delle imprese toscane del campione lavoro per sesso e titolo Maschi % Femmine % Totale % 0,0 6,0 4,4 59,4 80,3 77,8 28,1 10,6 13,9 12,5 3,1 3,8 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le aree funzionali Se si esamina la disaggregazione degli addetti al 31 dicembre 1996 per area funzionale si può notare che oltre il 75% degli occupati del sistema moda sono addetti alle attività di produzione. Se si guarda al flusso degli assunti nel corso degli ultimi due anni tale quota sale al 82,4%; e, considerando le previsioni di assunzione, si arriva quasi al 95%. Questi dati superano di molto quelli riscontrati nelle imprese manifatturiere medio-grandi della Toscana (ORML-Ciriec 1996a), che risultano già anomali rispetto a quelli, per esempio, delle imprese manifatturiere lombarde. Come vedremo la polarizzazione degli addetti nelle fasi propriamente produttive ha riflessi importanti per quanto riguarda le figure professionali. Alla preponderanza delle aree produttive corrisponde una presenza inferiore a quella regionale sia nelle attività amministrative e di gestione, e soprattutto nella ricerca e sviluppo e progettazione. Tabella 55. Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese manifatturiere medio grandi (1996) e imprese toscane del campione lavoro del sistema moda (1997) a confronto (%) Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema informativo e CED Progettazione, R&S Assunzioni previste Addetti Manifatt. 1,5 10,5 1,0 1,6 8,7 Moda 3,2 6,4 Manifatt. 3,6 0,2 1,2 3,8 0,2 0,4 3,3 Moda 1,1 - Vendite, marketing, assistenza post-vendita Qualità Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi (pulizie, mensa, etc) TOTALE 4,6 1,1 1,1 4,6 64,1 1,2 100,0 3,5 1,2 1,1 1,9 76,3 1,2 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec su ORML CIRIEC 1996a e su dati raccolti. 1,5 2,0 2,2 7,3 76,1 3,4 100,0 2,3 2,3 94,3 100,0 Figura 4 Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese manifatturiere medio grandi (1996) e imprese toscane del campione lavoro del sistema moda (1997) a confronto ic ul iz he ie di P ) ,m ro en du sa zi ,e on tc e ne io uz od pr o st ui cq A ltr tti is vi er tà vi zi te (p cn A A tin ke ar ,m te di en ia er at m st po za en st si as g, te is S V le à ua Q en -v lit ta & R e, on zi tta ge ro P in m a di S D E C e o iv fo R rm is at or o se ge st um io an ne e Addetti manifatturiere Addetti moda Assunzioni manifatturiere Assunzioni moda Secondo quanto visto in precedenza dovremmo attenderci una qualche differenziazione nella distribuzione per addetti tra imprese capofila e subfornitrici;28 in particolare dovremmo attenderci tra le capofila una riduzione degli addetti alla produzione, ed un aumento degli addetti su tutte le altre aree funzionali. La tabella 56 evidenzia tale differenziazione tra capofila e subfornitrici, anche se si deve notare la netta preponderanza anche tra le capofila degli addetti alla produzione - sia in termini di stock che di flussi -. Tabella 56. Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese capofila e imprese subfornitrici del sistema moda toscano del campione lavoro a confronto (%) Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema informativo e CED Progettazione, R&S Vendite, marketing, assistenza post-vendita Qualità Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi (pulizie, mensa, etc) TOTALE Addetti Assunzioni previste Capofila Subforn. Capofila Subforn. 3,3 3,0 7,7 3,4 3,0 0,3 1,6 0,2 4,3 2,6 4,5 1,8 1,0 1,3 6,1 1,2 0,9 6,1 1,7 2,2 72,8 84,1 84,8 100,0 1,4 0,7 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. 28 Tra le subfornitrici sono presenti tutte le imprese con una quota di produzione in conto terzi superiore al 30%. toscano del campione lavoro a confronto tri Al ) tc ne ,e sa en ,m io uz od ne io uz le ia er at m à lit ua ta di en &S R ED C Q od pr Pr di ie liz pu i( iz rv se he ic cn te to e, e e an ne io um -v st po is qu Ac za en st on zi ta et og o iv se or at rm fo in Pr si as ità tiv At g, tin ke ar ,m ite nd Ve a em st Si is R st ge e on zi ire D llo tro on ,c za an Figura 5 Addetti area funzionale. Imprese capofila e imprese subfornitrici del sistema moda Addetti Capofila Addetti subfornitrici Il segno della modificazione è dunque coerente rispetto al modello interpretativo proposto. Per capire l’esiguità di tale spostamento si deve invece far riferimento ad alcune questioni diverse: 1. il 25% delle imprese capofila dichiara di svolgere tutte le fasi produttive internamente; 2. le funzioni di design e progettazione assorbono un numero di addetti strutturalmente molto basso - si consideri, per esempio, che in una delle imprese leader italiane del settore che occupa nel complesso circa 1.000 dipendenti, è sufficiente un solo stilista -. 3. nelle capofila gran parte degli addetti sono invece occupati nella realizzazione dei prototipi. E’ interessante notare che mentre le imprese industriali toscane tendono a sovrastimare il numero di addetti alla progettazione e R&S, per le imprese del sistema moda il dato è comparabile con quello riscontrato nelle imprese manifatturiere lombarde (ORML-Ciriec 1996a). Per le imprese manifatturiere toscane ORML-Ciriec (1996a) proponeva di leggere le differenze tra i dati di stock e flusso come un indice della “consapevolezza delle imprese di dover adeguare continuamente la capacità professionali dei lavoratori per offrire prodotti sempre più personalizzati e differenziati, e per poter operare in mercati caratterizzati da una pressione competitiva crescente”. La corrispondenza tra stock e flussi per le imprese del sistema moda indica invece imprese con una struttura occupazionale matura, legata anche allo stato della tecnologia. Le imprese toscane sono caratterizzate da un saper fare -ovvero da elementi artigianali innestati su maturi processi industriali- che genera risultati più che positivi, in alcuni casi di eccellenza assoluta, se accompagnato a forme organizzative relativamente complesse. La decisione di assumere La ricostruzione delle strategie di assunzione offerta dagli imprenditori dà importanti indicazioni sulle modalità concrete di assunzione, soprattutto dal punto di vista dei tempi di programmazione, delle strategie di ricerca del personale, delle modalità di reclutamento e selezione, oltreché delle ragioni che spingono le imprese ad assumere. Il risultato è nettamente diverso rispetto a quanto visto per le imprese manifatturiere toscane (ORML-Ciriec 1996a: 66-68), dove le dinamiche di sostituzione erano nettamente prevalenti, pur in una congiuntura nettamente più favorevole. Le assunzioni effettuate nel sistema moda toscano sono razionalizzate dalle imprese (tabella 57) bilanciando tra ragioni strategiche - in totale 46% (codici 3, 4, 5) - e ragioni di sostituzione -54% (codici 1, 2, 6, 7)-. Sembra perciò coerente anche l’indicazione relativa alle assunzioni previste dove sono nettamente prevalenti le ragioni strategiche (79%).29 Tabella 57. Ragioni delle assunzioni effettuate e delle assunzioni previste dalle imprese toscane del campione lavoro Assunzioni effettuate Cod. 1 2 3 29 Ragione delle assunzioni Ampliamento capacità Dinamica della domanda Abbandono Numero imprese 24 14 28 % su numero risposte 27,0 15,7 31,5 Assunzioni previste Numero Imprese 6 5 1 % su numero risposte 27,3 22,7 4,5 Una diminuzione della quota delle sostituzioni per abbandono sembra sia fisiologica data la difficoltà di previsione. 4 5 6 7 8 Pensionamento Licenziamento Nuove tecnologie Mutamenti organizzativi Altro 20 1 2 - 22,5 1,1 2,2 - 3 1 4 2 13,6 4,5 18,2 9,1 Fonte: elaborazioni Ciriec. Sembra comunque che malgrado il prevalere di ragioni strategiche l’orizzonte previsionale delle imprese sia estremamente limitato. Le imprese che hanno assunto sostengono nel 67,7% dei casi di aver programmato le assunzioni con un anticipo inferiore a tre mesi; oltre il 90% con un anticipo inferiore a 6 mesi. Se si considerano i dati sulle previsioni di assunzione si nota uno spostamento verso un orizzonte previsivo più ampio: il 40% delle imprese che prevedono di assumere, lo faranno nei prossimi 6 mesi; il 46,7% nei prossimi 12 mesi, il 13,3% entro i prossimi 24 mesi (tabelle 58). Tabella 58. La programmazione delle assunzioni effettuate dalle imprese toscane del campione lavoro Tempo di programmazione Numero imprese Inferiore a 3 mesi 3 mesi 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE 42 14 5 1 62 % su numero di risposte % cumulata 67,7 22,6 8,1 1,6 100,0 67,7 90,3 98,4 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Questi dati sono di difficile interpretazione, non solo per l’esiguità del numero delle risposte, ma anche e soprattutto per il convergere nelle risposte ai quesiti di una serie di fattori difficilmente separabili. Per quanto riguarda le assunzioni effettuate il ristretto orizzonte temporale può indicare il ritardo intercorso tra decisione di assunzione ed assunzione effettiva, piuttosto che i tempi di programmazione dell’assunzione. L’ampliamento dell’orizzonte previsivo per le assunzioni future può derivare più che da una consapevole attività di programmazione, dal convergere di aspettative incerte sul futuro che tendono a procrastinare assunzioni di cui ci sarebbe già necessità all’interno dell’impresa. Il reclutamento Indicazioni utili sul comportamento delle imprese derivano dall’analisi delle modalità concrete attraverso cui esse hanno selezionato e assunto personale nel passato. Il mercato del lavoro cui le imprese hanno attinto in passato e prevedono di attingere per le assunzioni future è prevalentemente quello locale, da cui provengono l’83,7% degli occupati; e da cui si prevede proverranno oltre il 90% degli assunti. Di fatto passando all’ambito provinciale si esaurisce pressoché completamente il bacino di reclutamento delle imprese (Tabella 59). Tabella 59. lavoro (%) Provenienza Locale Provenienza addetti e assunti nelle imprese toscane del campione Provenienza addetti 83,7 Provenienza assunti 90,8 Provinciale 13,7 7,5 1,4 0,5 - Regionale Italia 0,7 Extra 0,5 100 TOTALE 1,3 100 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le modalità di selezione del personale utilizzate dalle imprese per il reclutamento sono in prevalenza la selezione diretta indicata dal 95,1% imprese,30 e la segnalazione 16,4% -. Solo il 4,9% delle imprese ha fatto ricorso all’ufficio di collocamento o a società di selezione del personale. Per le assunzioni previste si continuerà a ricorrere in prevalenza alla selezione diretta - 93,3% -, ma si tenteranno strumenti di selezione nuovi quali le liste di mobilità e le liste di lunga disoccupazione, rispettivamente 20% e 6,7%. Siccome era prevista la possibilità che l’intervistato fornisse risposte multiple, può essere interessante analizzare più in dettaglio coloro che hanno indicato una sola modalità di reclutamento. Si tratta di 46 imprese - pari al 75,4% di quelle che hanno risposto - la cui distribuzione per tipologia di reclutamento è sintetizzata nella tabella 60. Tabella 60. Distribuzione delle imprese toscane del campione lavoro che hanno fornito una sola risposta Modalità di selezione Segnalazione Selezione diretta Consulenti Collocamento Altro TOTALE Rispondono Numero imprese 2 42 1 1 46 61 % 4,3 91,3 2,2 2,2 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Vi si può notare che oltre il 90% delle imprese utilizza la sola selezione diretta; il 4,3% si affida alla segnalazione. Il collocamento è l’unica strada di reclutamento solo per il 2,2% delle imprese.31 Tabella 61. campione lavoro 30 Chi ha deciso e chi deciderà le assunzioni nelle imprese toscane del La percentuale è calcolata sui rispondenti. Erano previste risposte multiple. Circa il 20% delle imprese intervistate ha reclutato in media il 5% degli assunti del 1996 dalle liste di mobilità. Solo 2 imprese hanno assunto dalle liste di lunga disoccupazione, per in media lo 0,2% dei nuovi addetti. I flussi previsti continuano ad essere stabilmente esigui. Con questi risultati è facilmente prevedibile che poche imprese utilizzeranno per il reclutamento le inserzioni sui giornali: infatti solo il 27,9% delle imprese intervistate dichiara di averli utilizzati; la totalità di questi si è rivolta a quotidiani o giornali a diffusione locale o al massimo regionale. 31 Chi decide Titolare Ufficio risorse umane Comitato di direzione Consiglio di amministrazione Responsabili tecnici di produzione impianto Altro TOTALE o Passato 46 5 6 1 di 1 59 % Previsioni 78,0 10 8,5 10,1 5 1,7 - % 66,7 33,3 - 1,7 100,0 100,0 15 Fonte: elaborazioni Ciriec. Resta ancora da considerare chi decide in ultima istanza le assunzioni (Tabella 61). Quasi invariabilmente la decisione di assumere è presa dal titolare dell’impresa: il 70% delle imprese intervistate dichiara che è il titolare a decidere le assunzioni; nell’11,8% dei casi tale responsabilità è attribuita ad organi collegiali quali comitato di direzione e consiglio di amministrazione. Solo nell’8,5% delle imprese è l’ufficio risorse umane a decidere le assunzioni. Il fabbisogno professionale L’analisi del fabbisogno è un punto centrale per la costruzione delle politiche pubbliche della formazione. L’obiettivo di questa ricerca è l’analisi quantitativa del fabbisogno professionale delle imprese, ma cerca di determinarlo a partire da una ricostruzione del modo in cui le imprese rappresentano le figure professionali ed il proprio fabbisogno. A questo fine alle imprese è stato quindi richiesto di fornire quattro gruppi di informazioni diversi: (i) la suddivisione degli addetti sulla base della loro professione; (ii) quali figure l’impresa intende effettivamente assumere a breve termine; (iii) quali figure professionali ritenga più difficili da reperire; (iv) quali figure professionali ritenga necessarie al suo buon funzionamento. Per la classificazione delle figure professionali si è proceduto secondo due differenti strategie. Per le domande in cui era centrale l'aspetto qualitativo si è partiti dalle indicazioni, anche terminologiche, fornite dagli intervistati, che sono state poi tradotte secondo la classificazione ISTAT (1991) delle professioni. Per quanto riguarda i dati di stock e flusso disaggregati per mestiere si è predisposta una tabella costruita scegliendo nella classificazione ISTAT le figure professionali relative al settore della moda, lasciando la possibilità di riportare in calce alla tabella le indicazioni non immediatamente riconducibili alla classificazione proposta.32 Indici di presenza e previsione di assunzione La ripartizione degli addetti per figura professionale rispecchia la struttura per area funzionale vista nei capitoli precedenti. La gran parte degli addetti svolge professioni legate alla produzione. Considerando la classificazione per grandi gruppi di professioni riportata nella tabella 62 si nota la netta prevalenza degli artigiani, operai e conduttori di impianti che rappresentano il 77,6% degli addetti; le professioni esecutive relative agli uffici l’8,3%; le professioni tecniche il 7,4%. La quota delle professionalità più elevate - per le quali è richiesta la laurea – sul totale degli addetti è appena il 2,4%.33 Tabella 62. 32 Addetti per mestiere nelle imprese toscane del campione lavoro (%) Si sono quindi classificate le risposte sulla base della classificazione ISTAT fino alla disaggregazione a 4 cifre; si sono eliminate le risposte che indicavano specificazioni gerarchiche o funzionali, e comunque quelle indicazioni che non si riferivano a figure professionali ben definibili. Ad esempio, si sono eliminate risposte come capo-reparto o apprendista che non consentono di risalire né alla funzione svolta né all’area di specializzazione. 33 A titolo di curiosità è utile ricordare che abbiamo individuato un solo ingegnere. Cod. 1 2 3 4 6 7 8 Figure professionali Legislatori, dirigenti e imprenditori Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione Professioni intermedie (tecnici) Professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione Artigiani, operai specializzati e agricoltori Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili Personale non qualificato TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. % 3,5 2,4 7,4 8,3 48,9 28,7 0,9 100,0 Figura 6 Addetti per mestiere nelle imprese toscane del campione lavoro (%) l egi sl ator i , di r i genti e i m pr endi t or i 0,9 3,5 2,4 pr of es si oni i ntel l ettual i , sc i enti f i che e di el evata speci al i zzazi one 7,4 28,7 8,3 pr of es si oni i nter medi e (tecni ci ) pr of es si oni es ecuti v e r el ati ve al l 'ammi ni str azi one e gesti one ar ti gi ani , oper ai s peci al i zz ati e agr i c ol t or i 48,9 conduttor i di i mpi anti , oper ator i di m acc hi nar i f i ssi e m obi l i per s onal e non qual i f i cato Per quanto riguarda specificamente le figure professionali interessate da questa ricerca è stato abbastanza agevole distinguerle sulla base della loro presenza nei gruppi. In particolare per le figure professionali artigiane, operaie ed i conduttori di macchine è la stessa classificazione ISTAT - disaggregazione a tre cifre - a specificare strettamente l’appartenenza settoriale. Si è perciò costruito un indicatore di presenza per ciascuna classe di professioni ponderando il numero delle presenze con il totale degli addetti dei settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Le figure professionali con l’indice più alto sono quelle raggruppate nella classe 6.5.4.; seguono a grande distanza la 7.2.6, e la 6.5.3. Tabella 63. 3 cifre) Cod. 6.5.4 7.2.6 6.5.3 7.2.3 4.1.2 1.2 3.3.3/ b 3.3.3/ a Altro 2.5.5.3 4.1.3 4.1.1 2.5.5.9 3.1.1 6.2.3.3 6.3.3.2 8.1.2 7.4.2 8.6.3 3.3.1 8.1.1 3.1.2 2.2.1 Indice di presenza nelle imprese toscane del campione lavoro (ISTAT Figure professionali Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature Operatori macchinari ind. tessile e confezioni Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento Conduttori macchinari per articoli in gomma Impiegati amministrativi e di controllo Imprenditori, amministratori, dirigenti Tecnici di vendita, marketing Settori Totale Totale Indice interes- figure addetti presen sati* Settori Settori -za c 1197 1561 0,77 b 1254 3393 0,37 b 553 3393 0,16 d 95 1167 0,08 a 248 4954 0,05 a 141 4954 0,03 a 133 4954 0,03 Responsabili magazzino o degli acquisti a 122 4954 0,02 Disegnatori Impiegati gestione stocks e approvvigionamenti Personale di segret. e operatore macch. Ufficio Stilisti Tecnici in scienze quantitative, fisiche e naturali Meccanici, manutentori e montatori macch. ind. Artigiani delle lav. artistiche tessuto e cuoio Personale ausiliario di magazzino Conduttori di veicoli Personale non qualificato dell'industria Tecnici amministrativi e organizzativi Personale non qualificato d'ufficio Tecnici in scienze dell'ingegneria Ingegneri a a a a a a a a a a a a a a a 62 56 50 40 39 38 25 24 22 17 12 7 3 2 1 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 4954 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Fonte: elaborazioni Ciriec. * in questa tabella e nelle seguenti i codici di gruppo istat sono sostituiti dalla seguente codificazione: "a" sta per "1760-1770-1810-1820-1920-1930"; "b" sta per "17601770-1810-1820"; "c" sta per "1920-1930"; "d" sta per "1930". L’analisi delle previsioni di assunzione è stata condotta con la stessa tecnica adottata in precedenza. Si è costruito ancora una volta un indice di previsione di assunzione che ponderasse il numero di risposte con le imprese appartenenti ai settori interessati dalle figure professionali. E’ emersa ancora una volta la centralità delle figure professionali delle classi degli artigiani e operai del cuoio, pelli, calzature (6.5.4.) e degli operatori di macchinari dell'industria tessile e delle confezioni (7.2.6.). Tabella 64. (ISTAT 3 cifre) Cod. 7.2.6 6.5.4 3.1.2 4.1.2 Indice di previsione nelle figure professionali Operatori macchinari ind. tessile e confezioni Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature Tecnici in scienze dell'ingegneria Impiegati amministrativi e di controllo imprese toscane del campione lavoro settori Imprese indice indicainteresrispondo- previsiozioni sati No ne b 10 10 1,00 c 5 5 1,00 a 2 15 0,13 a 2 15 0,13 4.1.3 3.1.1 3.3.1 3.3.3/ b Impiegati gestione stocks e approvvigionamenti Tecnici in scienze quantitative, fisiche e naturali Tecnici amministrativi e organizzativi Tecnici di vendita, marketing TOTALE a 2 15 0,13 a 2 15 0,13 a a 1 1 15 15 0,07 0,07 25 Fonte: elaborazioni Ciriec. Indice di difficoltà di reperimento Come accennato, si è richiesto esplicitamente alle imprese di indicare quali figure professionali - massimo tre - ritenessero più difficili da reperire sul mercato del lavoro. Il tasso di risposte è stato dell’88,2%. Il 60% delle imprese che rispondono indicano una figura professionale difficile da reperire; il 25% ne indicano 2; il restante 15% 3. Sembra dunque di poter inferire che le imprese ritengono di aver trovato generalmente difficoltà nel reperimento di figure professionali di cui hanno avuto bisogno. Tale difficoltà non è relativa a bisogni immediati, ma può rappresentare piuttosto un problema strutturale per i mercati del lavoro su cui operano le imprese del sistema moda. Come si è visto quei mercati sono prevalentemente locali. E’ plausibile che per le imprese più piccole la difficoltà nel reperimento di professionalità sia da attribuire in parte anche a una insufficienza dei flussi informativi a livello territoriale. Per le imprese più grandi e per i grandi gruppi toscani non è ragionevole ritenere che tali carenze informative determinino il mancato incontro tra domanda e offerta. Si deve piuttosto ritenere che la carenza di certe professionalità sul mercato del lavoro sia reale e strutturale. Il risultato generale che emerge dall’analisi dei dati relativi alle figure professionali difficili da reperire è la forte concentrazione su figure di produzione. Tabella 65. Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese toscane del campione lavoro (ISTAT 2 cifre) Cod. 6.5 7.2 3.1 4.1 3.3 2.5 6.2 1.2 Figure professionali Artigiani ed operai lavorazioni del tessile, abbigliamento, pelli, cuoio Operatori macchinari fissi lav. in serie e addetti al montaggio Tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria Impiegati di ufficio Professioni intermedie di ufficio Specialisti in scienze dell'uomo Docenti e assimilati Imprenditori, amministratori, dirigenti e direttori aziende priv. Risposte % su 61 imprese 49 80,3 20 32,8 9 6 4 2 2 1 14,8 9,8 6,6 3,3 3,3 1,6 Fonte: elaborazioni Ciriec. Questo dato è particolarmente evidente se si classificano le figure a livello di gruppo professionale - 2 cifre -: oltre l’80% delle imprese indica di aver incontrato difficoltà nel reperire artigiani ed operai. Circa un terzo dichiara inoltre di avere incontrato difficoltà nel reperire operai conduttori di macchinari industriali. Seguono a grande distanza circa 15% - tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria e assimilati- gli impiegati di ufficio - indicati da circa il 10% delle imprese -. Si è ritenuto di costruire un indicatore di difficoltà del reperimento ponderando il numero delle indicazioni di difficoltà con il numero di imprese intervistate appartenenti ai settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Tale indice, crescente al crescere della difficoltà, dà indicazione nettissima del fatto che le maggiori difficoltà di reperimento sono legate al settore delle calzature e delle borse.34 34 L’indice può superare il valore 1,00 poiché l’indicazione fornita da ogni impresa può riferirsi a più figure professionali elementari che nella classificazione a tre cifre ISTAT appartengono alla stessa classe. Tabella 66. Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle imprese toscane del campione lavoro (ISTAT 3 cifre) Cod. 6.5.4 7.2.6 6.5.3 3.1.2 4.1.2 3.3.3. b 6.2.3 3.1.1. 3 1.2 2.5.5. 3 2.5.5. 9 3.1.1. 4 3.3.3. a 4.1.3 Figure professionali Settori interessa ti Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature Operatori macchinari ind. Tessile e confezioni Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento Tecnici in scienze dell'ingegneria Impiegati amministrativi e di controllo Tecnici vendita, marketing c b Numero imprese Indicazioni Indice di di difficoltà difficoltà dei settori 29 41 1,41 39 20 0,51 b 34 8 0,24 a a a 68 68 68 7 5 3 0,10 0,07 0,04 Meccanici, manutentori, montatori macchinari Tecnici informatici-programmatori a 68 2 0,03 a 68 1 0,01 Imprenditori, amministratori, dirigenti Disegnatori a a 68 68 1 1 0,01 0,01 Stilisti a 68 1 0,01 Tecnici informatici operatori a 68 1 0,01 Responsabili magazzino o degli acquisti a 68 1 0,01 Impiegati gestione stocks, approvvigionamenti TOTALE a 68 1 0,01 93 Fonte: elaborazioni Ciriec. Per quanto riguarda le figure appartenenti al gruppo 6.5.4 esiste una percezione diffusa della difficoltà di reperimento interna al settore; ben 25 imprese su 29 - ovvero l’86,2% - indicano tra le figure professionali elementari difficili da reperire almeno una appartenente alla classe. Altre 6 ne indicano almeno due; ben 5 selezionano tutte e tre le figure richieste dal questionario tra quelle della classe. La percezione di difficoltà è molto meno evidente anche per le altre figure professionali monosettoriali: solo il 23,5% delle imprese ritiene difficoltoso reperire figure professionali elementari appartenenti alla classe 7.2.6; e solo il 17,6% alla classe 6.5.3. Se si scende a livello di figure professionali elementari i maggiori indici di difficoltà sono riferiti sempre a figure appartenenti alla classe 6.5.4, come mostra la tabella 67. Tabella 67. Indice di difficoltà nel reperimento per imprese toscane del campione lavoro disaggregato per figure elementari (ISTAT 3 cifre) Cod. 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 3.1.2 7.2.6 7.2.6 6.5.3 7.2.6 7.2.6 4.1.2 6.5.4 7.2.6 6.5.3 3.3.3./ b 6.5.4 6.5.4 6.2.3.3 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 6.5.3 6.5.3 3.1.1.3 1.2 2.5.5.3 2.5.5.9 3.1.1.4 3.3.3/a 4.1.3 Figure professionali Numero % Modellisti Montatori Tagliatori Operai specializzati Cucitori Aggiuntatori Fresatori Tecnici in scienze dell'ingegneria Cucitori Tagliatori Modellisti Smacchinatrici Stiratrice Impiegati amministrativi Rifinitori Operai specializzati Ricamatrici Tecnici vendita, marketing 8 8 6 5 4 3 3 7 4 4 4 3 3 5 2 2 2 3 13,1 13,1 9,8 8,2 6,6 4,9 4,9 11,5 6,6 6,6 6,6 4,9 4,9 8,2 3,3 3,3 3,3 4,9 Indice difficoltà 0,28 0,28 0,21 0,17 0,14 0,10 0,10 0,10 0,10 0,10 0,10 0,08 0,08 0,07 0,07 0,05 0,05 0,04 Addetti cucito Premontatore Meccanici e manutentori di macchinario industriale Addetti rammaglio Macchinista Tessitori Tintori Maestri di maglieria Rifinitori Tecnici informatici – programmatori Imprenditori, dirigenti Disegnatori Stilisti Tecnici informatici – operatori Responsabili. Magazzino o degli acquisti Impiegati gestione stocks, approvvigionamenti 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1,6 1,6 3,3 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 1,6 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 Fonte: elaborazioni Ciriec. Indice di crucialità L’ultimo indicatore che si è costruito è un indice di crucialità. Alle imprese è stato cioè richiesto di indicare quali figure professionali - massimo 3 - l’impresa ritenesse necessarie per il funzionamento ottimale dell’azienda.35 Si sono quindi ponderate le risposte con il numero di imprese intervistate appartenenti ai settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Ancora una volta abbiamo trovato che la classe di figure cruciale per le imprese del sistema moda è la 6.5.4;36 seguita a 35 Rispondono 47 imprese; 39 indicano una sola figura professionale; cinque indicandone 2; tre indicandone 3. 15 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2; un’altra tre. 36 grande distanza dalla 7.2.6.37 Si può comunque notare una presenza maggiore nelle prime posizioni di figure di tecnici intermedi, che può indicare una aspirazione al cambiamento o al miglioramento delle caratteristiche strutturali della forza lavoro impiegata nell’impresa. (Rispondono 47 imprese su 68). Tabella 68. (ISTAT 3 cifre) Cod. Indice di crucialità per le imprese toscane del campione lavoro Figure professionali 6.5.4 Operatori macchinari ind. tessile e confezioni 7.2.6 Artigiani ed operai di pelli, cuoio, calzature 3.3.3.b Tecnici vendita, marketing 3.3.1 Tecnici amministrativi e organizzativi 4.1.3 Impiegati gestione stocks e approv. 2.5.5. Stilisti 9 3.1.2 Tecnici in scienze dell'ingegneria 4.1.2 Impiegati amministrativi e di controllo 6.5.3 Artigiani e operai tessile e abbigliamento 3.1.1. Tecnici informatici operatori 4 TOTALE* Numero indicazioni 20 Settori interessati 35,1 c % Numero Indice Imprese cruciaSettori lità 29 0,69 15 6 4 4 2 26,3 10,5 7,0 7,0 3,5 b a a a a 39 68 68 68 68 0,38 0,09 0,06 0,06 0,03 2 2 1 3,5 3,5 1,8 a a a 68 68 34 0,03 0,03 0,03 1 1,8 a 68 0,01 57 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. * Rispondono 47 imprese su 68 37 10 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2; un’altra tre. Tabella 69. Figure professionali imprese toscane del campione lavoro Cod. 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 6.5.4 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 7.2.6 3.3.3/b 3.3.1 4.1.3 2.5.5.9 3.1.2 4.1.2 3.1.1.4 6.5.3 TOTALE Rispondono cruciali disaggregate (ISTAT Figure professionali Tagliatori Cucitrici Operai specializzati Modellista Cucitrici pelle Montatore Aggiuntatori Fresatori Totale Smacchinatrici Cucitrici Stiratrici Filatori Rifinitori Addetti controllo qualità Addetti rammaglio Tagliatori pelle Addetti confezionamento Magazzinieri Totale Tecnici vendita, marketing Tecnici organizzativi Impiegati nella gestione degli stocks approvvigionamenti Stilisti Tecnici in scienze dell'ingegneria Impiegati amministrativi Tecnici informatici – operatori Artigiani ed operai tessile e abbigliamento Fonte: elaborazioni Ciriec. 3 cifre) per le Numero 5 4 4 3 1 1 1 1 20 3 3 2 1 1 1 1 1 1 1 15 6 4 4 2 2 2 1 1 57 47 n ii ic cn te n ii ic cn te e nz ie sc ria ne eg ng ll'i i iv at zz li ra tu na ni ga or de ie e ti en am g tin ke ar llo ro nt co on gi vi he ic fis tiv tra e, di to en m ia gl bi ni e ur io ez nf co ,m ta ie ov pr ap iv is in m m e at tit an qu ks oc e ab di en iv id ic cn te st ia ic cn te e nz ie sc ne tio es ig at eg pi im e tiv tra is in m le ile ss te si es lt de m ia at eg ai er op pi im ed Figura 7 Indici a confronto indice presenza indice previsione indice difficoltà indice crucialità Il fabbisogno formativo La necessità di riqualificare il personale interno alle imprese è un tema che investe in maniera diretta le politiche pubbliche della formazione. Essa dovrebbe avere una particolare importanza in una struttura industriale dove il limitato turn-over impedisce di disporre di personale nuovo con nuove competenze. Una parte del questionario è rivolta proprio all’indagine della domanda di formazione continua da parte delle imprese. Soltanto il 21% delle imprese intervistate ha attivato corsi di riqualificazione nel passato; mentre il 32% prevedono di attivarne in futuro.38 Se si somma questo dato al fatto che tutte le imprese hanno inserito i nuovi assunti direttamente sul lavoro risulta lo scarso interesse delle imprese del sistema moda per la riqualificazione del personale attraverso strumenti diversi dal training sul lavoro.39 Tabella 70. Il ricorso e la previsione di corsi di riqualificazione per le imprese toscane del campione lavoro Risposte Imprese che hanno Svolto corsi Sì No % 14 54 20,6 79,4 Imprese che prevedono di svolgerne % 22 46 32,3 67,7 Fonte: elaborazioni Ciriec. Nella tabella 71 si considerano le figure professionali per le quali le imprese hanno proceduto o prevedono di procedere alla riqualificazione. 38 Si dovrebbe capire se questa crescita è dovuta all’effetto intervista, esplicitamente presentata come volta alla programmazione delle politiche pubbliche della formazione, o a una reale necessità e volontà di attivare corsi di formazione. 39 Si aggiunga che una sola impresa su 15 che prevedono assunzioni farà svolgere corsi di qualificazioni ai nuovi assunti. Il dato può però essere spiegato considerando che ben 13 imprese dichiarano che richiederanno ai nuovi assunti precedenti esperienze lavorative perché ciò diminuisce i costi e i tempi di apprendimento; e perché nella sostanza si desidera introdurre personale che abbia già esperienze lavorative di settore. Tabella 71. Corsi di riqualificazione svolti e previsti per figure professionali dalle imprese toscane del campione lavoro Corsi svolti Cod. Num. % 4.1.2 7 50,0 c. r. 4 28,6 6.5.4 3 21,4 7.2.6 3 21,4 2.5.5.9 2 14,2 6.5.3 2 14,2 3.1.2 3.3.1 4.1.3 1.2 3.3.3/a 3.3.3/b 14 Figure professionali Impiegati amministrativi e di controllo capi reparto Operai del cuoio, pelli, calzature Operatori macchinari ind. Tessile e confezioni Stilisti Operai del tessile e dell’abbigliamento Tecnici in scienze dell’ingegneria Tecnici amministrativi e organizzativi Impiegati nella gestione degli stocks Imprenditori, amministratori, dirigenti Responsabili magazzino o degli acquisti Tecnici di vendita, marketing Rispondono Corsi previsti Cod. Num. 4.1.2 11 c. r. 2 6.5.4 12 7.2.6 2 2.5.5.9 1 6.5.3 6 3.1.2 3 3.3.1 2 4.1.3 2 1.2 1 3.3.3/a 1 3.3.3/b 1 22 % 50,0 9,0 54,5 9,0 4,5 27,3 13,6 9,0 9,0 4,5 4,5 4,5 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le figure interessate alle procedure di riqualificazione appartengono principalmente alla classe degli impiegati, ma sono stati svolti corsi anche per quanto riguarda le figure professionali critiche individuate nel capitolo precedente: 7.2.6, 6.5.4 e 6.5.3. Dato che la quota di addetti classificati in queste classi è molto elevata si può ritenere che in valori assoluti la domanda di riqualificazione per questo tipo di figure sia la più importante. I corsi previsti riguardano per la maggior parte la classe 6.5.4: alla percezione della difficoltà di reperire e alla crucialità di queste figure professionali corrisponde dunque la programmazione di interventi di formazione. Ma anche la classe 6.5.3. sarà interessata da riqualificazione in misura maggiore che nel passato. Da notare infine il 32% dei corsi riguarderanno figure tecniche intermedie per le quali nel passato non si era mai ricorso a riqualificazione. Questo può indicare alcune modificazioni dei processi produttivi all’interno dell’azienda che richiedono aggiornamento, e che andranno indagati più a fondo nel prosieguo della ricerca. I dati relativi alla classe 4.1 (impiegati di ufficio) indicano che per queste figure professionali, per le quali non sono previsti un numero rilevante di assunzioni né difficoltà di reperimento, le imprese hanno dovuto procedere e sembrano intenzionate a continuare la riqualificazione dei propri dipendenti. Come emerge dalle informazioni qualitative, questi interventi derivano per lo più dall’introduzione di nuove tecnologie informatiche nei servizi amministrativi in senso lato. Vale infine la pena notare che i corsi di riqualificazione sono legati ad esigenze operative immediate delle imprese, spesso derivanti da modificazioni del contesto legislativo. E’ il caso dei corsi per la sicurezza attivati dopo l'introduzione della legge 626 del 1994 che ha fatto nascere presso le imprese l’esigenza degli addetti alla sicurezza. Analoghe esigenze sono manifestate anche riguardo alle norme UNI 29000 e ISO 9000 per il controllo di qualità del processo produttivo o per le nuove problematiche relative alla certificazione ambientale del prodotto o del processo produttivo. Se si passa a considerare le modalità concrete con le quali sono stati attivati e si prevede saranno attivati i corsi di riqualificazione (tabella 72) si può notare che non esiste una preferenza esplicita per l’organizzazione interna o esterna dei corsi, anche se quelli previsti vedono una crescita della quota di quelli organizzati internamente. Tabella 72. Modalità di attivazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese toscane del campione lavoro Modalità di attivazione Passato Formazione interna Formazione esterna TOTALE % 6 7 13 Previsione 46,2 53,8 100,0 % 13 9 22 59,0 41,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Consideriamo adesso l’organizzazione di tali corsi. Come si può notare nella tabella 73, i dati riferiti alle modalità di organizzazione dei corsi già svolti e quelli riferiti ai corsi previsti differiscono soprattutto per quanto riguarda la diminuzione del personale interno e l’aumento di quello esterno. Un segnale che può essere valutato positivamente: l’apporto di competenze diverse da quelle interne all’impresa può risultare interessante per imprese medio piccole come quelle del sistema moda toscano. Tabella 73. campione lavoro L’organizzazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese toscane del Organizzazione Passato Associazione di categoria Personale interno Ditte specializzate Consulenti esterni Struttura pubblica Altro TOTALE % 2 5 6 1 1 1 16 12,5 31,3 37,6 6,2 6,2 6,2 100,0 Futuro % 6 5 11 3 2 27 22,3 18,5 40,7 11,1 7,4 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. L’identificazione delle competenze che le imprese richiedono ai nuovi assunti è uno degli obiettivi di questa indagine e il questionario conteneva alcune domande volte ad accertare se vi fossero delle capacità di base che le imprese consideravano di importanza centrale. La domanda F1 richiedeva di indicare un voto da 1 a 10 per alcune capacità di base. Come mostra la tabella 74 sono valutate con punteggi mediamente più alti nell’ordine (i) la capacità di utilizzare software standard; (ii) le capacità relazionali e comunicative, legate essenzialmente al lavoro di gruppo; (iii) le conoscenze linguistiche. Tabella 74. Le capacità di base richieste dalle imprese toscane del campione lavoro (media del voto da 1 a10) Capacità di base Utilizzatori di software standard Capacità comunicative Conoscenze linguistiche Sviluppatori di software Capacità di calcolo Conoscenza hardware Conoscenze telematiche Fonte: elaborazioni Ciriec. Media 7,9 7,9 7,6 6,9 6,3 6,2 6,1 Una indicazione debole, che consente di capire meglio quali sono le richieste da parte delle imprese, si ha all’interno delle competenze informatiche. Vi è infatti una forte prevalenza di richiesta di conoscenze nell’utilizzo di software standard cioè quei programmi di base che sono largamente diffusi a tutti i livelli. Una domanda minore vi è invece per conoscenze più specialistiche, come quelle proprie dei programmatori o degli esperti di hardware, e conoscenze telematiche. Il sistema moda lombardo Di seguito sono esposti i risultati emersi dalle interviste effettuate a imprese appartenenti al sistema moda lombardo e ad alcuni testimoni privilegiati. E’ opportuno precisare che l’analisi effettuata in Lombardia risulta complementare e strumentale a quella svolta in Toscana ed è esclusivamente finalizzata ad evidenziare eventuali differenze ed i rapporti di competizione o collaborazione tra i due sistemi regionali. I campioni di indagine Il campione di imprese utilizzato per l’analisi dei fattori di competitività ha una distribuzione abbastanza omogenea per classe dimensionale. A differenza di quanto avviene nel campione toscano, anche in riferimento alla diversa composizione del sistema industriale locale, la quota di imprese di grande dimensione è abbastanza elevata. Risultano inoltre corrispondentemente maggiori che nel campione toscano anche la quota di imprese con fatturato annuo superiore ai 10 miliardi di lire e la presenza di società di capitali. Nonostante ciò, risulta più contenuta che in Toscana la quota di aziende che producono anche o esclusivamente in conto proprio (tale quota, nel caso toscano, era pari al 92% e qui si attesta, invece, poco al di sopra dell’80%). Nel caso lombardo come vedremo meglio in seguito, il contoterzismo non sembra una scelta produttiva e organizzativa collegata solo alla piccola dimensione di impresa A livello complessivo si rileva, inoltre, una maggiore incidenza (61,6% in Lombardia contro il 56% in Toscana) delle imprese con prodotti interamente personalizzati. Il dato aggregato sembra derivare, in particolare, da una minore propensione alla standardizzazione dei prodotti che si rileva, in Lombardia, nei settori della pelletteria e delle calzature (tabella 75). Tabella 75. Imprese lombarde del produzione standardizzata e settore (%) Quote produzione standardizzata 0 Fino al 25% Dal 26 al 50% Dal 51 al 75% Dal 76 al 99% 100% TOTALE campione Abbiglia- Pelletmento teria 60,0 100,0 10,0 20,0 10,0 100,0 100,0 competitività PellicCeria 100,0 100,0 per quote di Maglie- Calza- Totale ria Ture 37,5 66,6 61,6 3,8 7,7 62,5 33,3 26,9 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Nei paragrafi che seguono saranno dettagliatamente analizzati i rapporti che le imprese intervistate intrattengono con i propri sub-fornitori di fase e con i propri fornitori di materie prime e semilavorati. Ciò nell’intento di verificare la rilevanza che in Lombardia hanno assunto l’impresa a rete e, più in generale, l’esistenza di rapporti collaborativi tra imprese. L’argomento è stato oggetto di attenta analisi anche nel caso toscano perché il tipo di relazioni che si stabiliscono tra le imprese di un determinato sistema produttivo può concorrere in modo decisivo a determinarne la capacità competitiva. In Lombardia la presenza di rapporti di collaborazione formalizzati è maggiore rispetto a quanto rilevato in Toscana: il 15,4% delle imprese intervistate risulta appartenere ad un gruppo (6% in Toscana) ed il 30,8% delle stesse imprese prevede di stipulare accordi commerciali o proprietari con partner italiani (10% in Toscana). A livello generale, quindi, considerata la più elevata incidenza di imprese che producono in conto terzi, di quelle appartenenti ad un gruppo e di quelle che prevedono di stipulare accordi commerciali o proprietari, il sistema moda lombardo sembra più proiettato di quello toscano verso forme di collaborazione e integrazione che vanno ritenute mediamente più complesse e articolate. L’analisi della domanda di lavoro in Lombardia è avvenuta su un gruppo di 41 imprese scelte sulla base di criteri qualitativi e delle indicazioni dei testimoni privilegiati. Il gruppo è composto da imprese la cui conformazione societaria è consolidata, con la prevalenza di società per azioni e società a responsabilità limitata che rappresentano circa il 56% delle imprese intervistate. L’età media delle imprese intervistate è più alta -31 anni- di quella rilevata nel campione toscano. La dimensione media è di 50,7 addetti contro gli 8,5 della media regionale (Censimento 1991). Il gruppo di imprese è però composto da due sottogruppi: il primo è composto da 18 imprese mediamente più grandi della media (107 addetti); il secondo da imprese piccole e piccolissime (6 addetti). Il fatturato medio del 1996 è stato di 23,810 miliardi; esso risulta a prezzi correnti in (+3%) rispetto al fatturato medio del 1995, ed previsto sostanzialmente stabile per il 1997. Le risposte al questionario sembrano indicare imprese in fase di innovazione meno marcata rispetto a quella Toscana. Il 32,5% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver introdotto nel corso degli ultimi due anni innovazioni di processo e di prodotto; il 12,5% solo di prodotto; il 10% solo di processo. In complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo rappresentano il 45% del campione. Le spese in R&S rappresentano però nel 1996 0,4% del fatturato; ed il 78% delle imprese ha dichiarato di non avere speso alcunché per R&S. Meno diffuse le modificazioni organizzative, attuate dal 14,3% delle imprese. Organizzazione del processo produttivo L’analisi dell’organizzazione del processo produttivo è stata svolta con la stessa tecnica di indagine illustrata per la Toscana. Modelli di impresa Anche per la Lombardia si è tentato di articolare il rapporto tra capofila e subfornitrici secondo lo schema applicato al caso toscano. Osservando le quote di produzione si nota che tra le imprese intervistate le capofila producono in media per il 97,4% in conto proprio; le subfornitrici producono in media per il 94% in conto terzi ed il 70% lavora esclusivamente in conto-terzi. Non sembra quindi essere diffusa la tipologia di impresa mista (modello 5) che divide la propria attività tra produzione in conto proprio e produzione in conto terzi che si è vista occupare una posizione importante in Toscana. In particolare le imprese intervistate sono risultate per il 75,6% capofila, per il 22,0% subfornitrici di primo livello, e per il 2,4% subfornitrici di secondo livello. Tabella 76. comparto Numero imprese Valore assoluto % Posizionamento delle imprese lombarde del campione lavoro nel Capofila Totale Di cui con Subfornitrici 31 22 75,6 71,0 Subfornitrici 1° livello Totale Di cui con Subfornitrici 9 8 22,0 88,9 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tra le imprese capofila il 71,0% si rivolge a ditte subfornitrici per quanto riguarda una o più fasi della produzione; ed anche l’88,9% delle imprese subfornitrici ha a sua volta subfornitori di fase. Sembra dunque che le imprese del sistema moda in Lombardia siano strutturate su più livelli di subfornitura più accentuatamente che in Toscana. Anche per la Lombardia si è utilizzata la descrizione del ciclo produttivo e l’indicazione precisa delle fasi svolte internamente ed esternamente per tentare di classificare le imprese sulla base della tipologia messa a punto per la Toscana. Dall’analisi delle risposte è emersa una nuova configurazione di impresa in conto terzi – modello 6 - che svolge tutte le fasi del ciclo produttivo, o che svolge almeno le fasi più complesse di tale ciclo (disegno, progettazione, campionatura, controllo qualità), quelle che in Toscana erano normalmente riservate alle capofila. Tabella 77. Distribuzione modello e settore Conteggio di tipo Attività 1760 delle imprese 1 2 3 - - lombarde del Tipo 4 5 6 N - - - - campione lavoro Totale complessivo 1 1770 5 1 2 3 1820 per 2 1 13 1 1 9 1 2 1 3 - 1920 1 1 - 1930 5 7 17,1 6 4 1 12 10 24,4 3 7,3 41 100,0 - - Totale complessivo 2 % 4,9 Fonte: elaborazioni Ciriec. 3 - 2 - 1 - 6 14,6 12 29,3 1 2,4 Come si nota dalla tabella 77 tra le capofila lombarde sono prevalenti i modelli 2 e 3, mentre tra le subfornitrici i modelli 4 e 6: siamo di fronte cioè a capofila che svolgono all’interno tutte le fasi del ciclo, o che acquisiscono all’esterno il solo disegno; ed a subfonitrici che svolgono tutte le fasi o soltanto quelle produttive. Il ricorso al decentramento produttivo costituisce un indubbio punto di forza del sistema moda perché la possibilità di ricorrere a sub-fornitori esterni consente alle imprese di fronteggiare meglio la variabilità della domanda. Non a caso, quindi, il 48% delle imprese del campione (contro il 30% in Toscana) dichiara di aver incrementato il proprio decentramento produttivo, e quasi il 40% del campione dichiara che lo incrementerà ulteriormente in futuro. A differenza di quanto rilevato con riferimento al sistema moda toscano, tuttavia, nel caso lombardo assume particolare rilievo anche il decentramento a sub-fornitori localizzati al di fuori della propria area di insediamento e dei confini regionali. Quasi la metà delle imprese del campione ha infatti rapporti con sub-fornitori locali (tabella 78). A questi, però, vengono solitamente decentrate quote di produzione complessivamente contenute. Specularmente, invece, risultano altrettanto frequenti, ma generalmente più rilevanti dal punto di vista economico i rapporti di integrazione produttiva con subfornitori italiani e non mancano casi in cui il decentramento è effettuato esclusivamente verso sub-fornitori esteri. Tabella 78. Localizzazione dei principali sub-fornitori lombardi competitività* (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate) Localizzazione Stessa area dell’impresa In provincia In regione In Italia Abbiglia- Pelletmento teria 33,3 33,3 66,7 33,3 66,7 44,1 66,7 Imprese PellicMaglieCeria Ria 100 25,0 12,5 62,5 50,0 50,0 del CalzaTure 100,0 33,3 - campione Totale 44,0 32,0 48,0 44,0 All’estero 11,1 - 50,0 25,0 - 16,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Va anche sottolineato che il tipo di decentramento produttivo rilevato nel caso in esame non è quasi mai (come pure in Toscana) formalizzato tramite contratti. Tuttavia, il tipo di rapporti tra imprese che ne deriva sembra meno governato, rispetto al caso toscano, da leggi di mercato e più ispirato a logiche collaborative. A conferma di ciò si noti che: (i) i rapporti sono stabili nel tempo e in 12 casi durano da ben oltre 10 anni; (ii) gli stessi rapporti vengono definiti dagli intervistati come “non problematici” (in oltre il 92% dei casi non esistono contenziosi); (iii) generalmente spetta all’impresa committente la responsabilità della progettazione; della scelta e dell’acquisto dei materiali e dei componenti; del controllo di qualità. Tuttavia, il ruolo della committente è meno preponderante di quanto rilevato in Toscana e non sono pochi i casi in cui le scelte più direttamente produttive vengono effettuate congiuntamente con l’impresa sub-fornitrice (tabella 79); (iv) il tipo di lavorazioni decentrate, fa presumere che il decentramento rilevato sia più di specialità che di capacità, ciò vale in particolare nel settore dell’abbigliamento dove contrariamente a quanto avviene in Toscana vengono affidate all’esterno anche le lavorazioni a più elevato valore aggiunto. Tabella 79. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi delle imprese lombarde del campione competitività (%) Progettazione/disegno Scelta dei materiali Acquisto di materiali e componenti Produzione Finitura Controllo di qualità Dell’impresa Committente 88,2 94,4 94,7 Del subfornitore 5,9 5,6 - 50,0 71,4 85,0 13,7 19,1 5,0 Congiunta Totale 5,9 5,3 100,0 100,0 100,0 36,3 9,5 10,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le differenze rilevate nei rapporti con i propri sub-fornitori non sono tuttavia tali da ripercuotersi anche sui mezzi di comunicazione utilizzati che risultano sostanzialmente identici a quelli impiegati dalle imprese toscane (tabella 80). Tabella 80. Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese lombarde del campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate) Mezzi di comunicazione Collegamento in rete con computer Modem Fax Telefono Recapiti veloci a domicilio Posta Visite personali frequenti Imprese che lo utilizzano* 4,0 4,0 84,0 88,0 40,0 28,0 68,0 Imprese che lo utilizzano come mezzo prevalente 40,9 36,4 22,7 * La domanda prevedeva risposte multiple L’immagine che deriva dalle interviste alle imprese subfornitrici non è diversa. E’ emerso infatti che i loro committenti, italiani ed esteri, sono per lo più costituiti da imprese di grande dimensione che impongono il rispetto di standard produttivi predefiniti, ma generalmente non offrono né consulenze tecnico-produttive né agevolazioni. Similmente a quanto rilevato nel caso toscano va infatti sottolineato che le commesse, in particolare quelle estere, sono presumibilmente dovute alla buona fama di cui godono le imprese del sistema moda locale. Si può però ritenere che le ragioni della fama siano diverse. Le imprese lombarde sembrano essere in grado più delle toscane di fornire prodotti completamente realizzati: non a caso spetta spesso alle imprese terziste la responsabilità della progettazione, della scelta e dell’acquisto dei materiali, dell’organizzazione della produzione (tabella 81). Tabella 81. Responsabilità delle diverse scelte delle campione competitività nelle lavorazioni in conto terzi (%) Lavorazioni Progettazione/disegno Scelta dei materiali Acquisto di materiali e componenti Produzione fisica Finitura Controllo di qualità Dell’impresa terzista 33,3 41,7 58,3 imprese Dell’impresa committente 33,3 25,0 25,0 91,6 100,0 50,0 lombarde Congiunta 8,3 del Totale 33,3 33,3 16,7 100,0 100,0 100,0 8,4 41,6 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Da rilevare, infine, che i rapporti con le imprese committenti sono per lo più non formalizzati, ma comunque stabili nel tempo. La domanda di servizi alla produzione Il 67,6% delle imprese intervistate ha dichiarato di far ricorso a servizi esterni per una o più funzioni aziendali. Nella tabella 82 si mostra la distribuzione delle imprese che ricorrono ad uno o più servizi esterni: il 52% delle imprese che ricorrono a servizi esterni vi ricorre per una sola funzione; il 36% per due; il 4% per tre; il restante 8% per quattro. Rispetto alle imprese toscane sembra esserci una minore tendenza a esternalizzare fasi della produzione. Si tratta dunque di imprese meno disintegrate delle toscane. Tabella 82. Ricorso a servizi esterni delle imprese lombarde del campione lavoro per area funzionale (%) Aree funzionali Amministrazione, finanza, controllo gestione Produzione Vendite Attività tecniche di produzione imprese che ricorrono a servizi esterni relativamente all'area funzionale Imprese campione 21,6 21,6 16,2 13,5 Capofila Sub-fornitrici 21,4 25,0 14,3 17,9 22,2 11,1 22,2 0,0 Marketing Progettazione, R&S Sistema informativo e CED Acquisto materiali Altri servizi (pulizie, mensa, etc.) Assistenza post vendita Direzione Qualità Risorse umane e formazione MEDIA 8,1 8,1 5,4 5,4 2,7 2,7 2,7 2,7 2,7 8,7 10,7 10,7 7,1 3,6 3,6 0,0 3,6 0,0 3,6 9,3 0,0 0,0 0,0 11,1 0,0 11,1 0,0 11,1 0,0 6,8 Fonte: elaborazioni Ciriec. In Lombradia risulta confermata la minore tendenza a esternalizzare fasi della produzione rispetto alle imprese toscane (8,9% contro il 15,1 della Toscana). Le uniche attività maggiormente esternalizzate in Lombardia sono vendite e marketing, segnale anche questo di una maggiore maturità delle imprese lombarde rispetto alle toscane. Di difficile valutazione la propensione ad esternalizzare di capofila e subfornitrici. Il ricorso medio a servizi esterni è di circa 2,5 punti percentuali superiore tra le capofila rispetto alle subfornitrici, ma tra le 12 imprese che non esternalizzano 8 sono capofila e 4 subfornitrici.. Le modalità del ricorso a servizi esterni sembrano consolidate: il 69,2% delle imprese intervistate ritiene di non avere modificato nel corso del 1996 il ricorso a servizi esterni; il 15,4% ritiene di averlo aumentato, mentre il restante 15,4% dichiara di averlo diminuito. Rispetto a quanto si è visto per la Toscana la dimensione locale e provinciale per il reperimento dei servizi esterni non è fortemente prevalente. Maggiormente accentuato rispetto alla toscana il ricorso a servizi presenti in regione (8 funzioni rispetto alle 6 toscane si esauriscono all’interno della regione). Dai dati precedenti si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un sistema di collaborazioni e prestazioni esterne meno fortemente caratterizzante le imprese del sistema moda lombardo rispetto a quello toscano, e che si può prevedere resterà immutato nel medio periodo. Ciò può forse significare un minore peso della domanda di lavoro indotta rispetto a quello inferito nel caso toscano. L’approvvigionamento di materie prime Per l’approvvigionamento di materie prime, solo una impresa del settore delle pelletterie si rivolge esclusivamente a fornitori localizzati all’interno della sua stessa area. Tutte le altre hanno anche fornitori esterni alla propria area di localizzazione e risulta complessivamente elevato il ricorso a fornitori esteri (tabelle 83-87). Tabella 83. Localizzazione dei principali fornitori di materie prime delle imprese lombarde del campione competitività* Localizzazione Distretto Regione Italia Estero TOTALE IMPRESE SETTORE Abbigliamento 2 3 7 6 10 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Imprese (Valori assoluti) Pellet- PellicMaglie- Calzateria Ceria ria ture 1 2 1 3 3 2 6 2 1 2 4 2 3 2 8 3 Totale 6 9 17 15 26 Tabella 84. Quote di materie prime lombarde del campione competitività (%) acquistate Quote materie prime Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime nel distretto TOTALE IMPRESE nel distretto dalle imprese Abbiglia -mento 20,0 80,0 Pelletteria 33,3 66,7 Imprese PellicMaglieCeria Ria 50,0 50,0 12,5 87,5 Calzature 100,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 11,5 7,7 3,9 76,9 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 85. Quote di materie prime acquistate in regione dalle imprese lombarde del campione competitività (%) Quote materie prime Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime in regione TOTALE IMPRESE Abbiglia Pellet-mento teria 10,0 10,0 10,0 70,0 100,0 100,0 100,0 Imprese PellicMaglieCeria Ria 37,5 100,0 62,5 100,0 100,0 Calzature 33,3 33,3 33,3 - 100,0 Totale 19,2 3,9 3,9 7,7 65,3 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 86. Quote di materie prime acquistate in Italia dalle imprese lombarde del campione competitività (%) Quote materie prime Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime in Italia TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. Abbiglia -mento 10,0 10,0 30,0 20,0 30,0 Pelletteria 33,3 33,3 33,3 100,0 100,0 Imprese PellicMaglieCeria Ria 25,0 12,5 12,5 25,0 100,0 25,0 100,0 100,0 Calzature 33,3 33,3 33,3 100,0 Totale 19,2 7,8 19,2 19,2 34,6 100,0 Tabella 87. Quote di materie prime acquistate all’estero dalle imprese lombarde del campione competitività (%) Quote materie prime Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% Imprese che non acquistano materie prime all’estero TOTALE IMPRESE Abbigliamento 60,0 40,0 Pelletteria 33,3 66,7 100,0 100,0 Imprese PellicMaglieCeria Ria 12,5 12,5 100,0 25,0 50,0 2 100,0 Calzature 66,7 33,3 100,0 Totale 34,6 3,9 11,5 7,7 42,3 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Data la notevole diversificazione produttiva delle imprese del campione che operano nel settore dell’abbigliamento, l’elevato ricorso a fornitori di materie prime localizzati al di fuori dell’ambito regionale non può essere interpretato come un elemento che testimonia l’assenza di sinergie tra industria tessile locale, prevalentemente serica e cotoniera, e imprese produttrici di capi di vestiario. La questione, tuttavia, meriterebbe ulteriori approfondimenti. L’elemento che invece può essere sottolineato con certezza è costituito dal fatto che la lontananza fisica dei fornitori penalizza le imprese che volessero impostare il proprio processo produttivo in una logica di tipo just in time. Molte imprese del campione hanno dichiarato di operare già in tale logica; tuttavia, la verifica effettuata sui giorni di produzione garantiti dalle scorte evidenzia che, in realtà, solo due maglifici sono al momento riusciti a minimizzare le immobilizzazioni di magazzino ottimizzando i rapporti con i propri fornitori di materie prime e accessori. Innovazioni di prodotto e di processo Oltre il 40% delle imprese del campione ha introdotto, nel corso degli ultimi 3 anni, innovazioni organizzative, connesse all'introduzione di elaboratori elettronici, o di processo. Una quota analoga di imprese ha inoltre investito, sempre nell’ultimo triennio, in attività di R&S che sono state soprattutto finalizzate all’introduzione di nuovi materiali e modelli (tabella 88) ed esclusivamente autofinanziate. Anche in questo caso, come del resto già rilevato a proposito del sistema moda toscano, l’incidenza delle spese in R&S sul fatturato risulta superiore a quella media calcolata dall’ISTAT nel 1992 per i settori dell’abbigliamento e delle calzature. In particolare, nel caso lombardo, tale incidenza si attesta sullo 0,87%. Tabella 88. competitività* Investimenti Investimenti No Si - sviluppo nuovi modelli/dis. - ricerca nuovi materiali INVESTIMENTO TOT. (ml) in R&S delle imprese lombarde Valori assoluti 15 11 9 6 3.611 del campione % 57,7 42,3 34,6 23,1 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Il dato rilevato risulta più alto anche di quello calcolato con riferimento al campione di imprese toscane (0,6%). Ricordiamo, tuttavia, che nel caso in esame il campione è più sbilanciato sulla dimensione di impresa medio-grande. Pertanto, dal momento che l’attività in R&S cresce, generalmente, al crescere della stessa dimensione di impresa non è possibile sostenere, sulla base di questa sola informazione, che il sistema moda lombardo sia mediamente più propenso all’innovazione di quello toscano. Va però sottolineato che il campione in esame ha anche realizzato, sempre nel corso degli ultimi 3 anni, investimenti in macchinari più consistenti di quelli realizzati dal campione toscano (tabella 89) e che questo risulta perfettamente in linea con i dati ufficiali disponibili sull’attività di investimento dei due diversi sistemi moda. Da questi si rileva, con riferimento al periodo 1980-1992, una diminuzione della quota di investimenti realizzati in Toscana rispetto al corrispondente aggregato nazionale e, viceversa, una sostanziale stabilità della quota di investimenti realizzati dal sistema lombardo. Tabella 89. Investimenti delle imprese lombarde del campione competitività Investimenti Imp. che hanno inv. in imm. Imp. che hanno inv. in macch. INVESTIMENTI IN MAC. (ml) Fonte: elaborazioni Ciriec. Imprese (Valori assoluti) Abbiglia- Pelletmento teria 8 1 2.580 7.500 PellicCeria 1 n.d. Maglie- Calza- Totale ria Ture 5 3 18 1.900 1.800 13.780 Nel caso lombardo, inoltre, risulta più alta che in Toscana la quota di imprese che dichiara aumentata o molto aumentata la produttività del lavoro nell’ultimo triennio e che dichiara la stessa produttività in ulteriore aumento per il prossimo futuro (tabella 90 e 91). Tabella 90. Imprese lombarde del campione competitività per andamento della produttività nell’ultimo triennio Produttività Valori assoluti Produttività molto aumentata 2 Produttività aumentata 10 Produttività invariata 6 Produttività diminuita 5 Produttività molto diminuita 2 TOTALE 25 Fonte: elaborazioni Ciriec. La media delle risposte è stata 1. % 8,0 40,0 24,0 20,0 8,0 100,0 Tabella 91. Imprese lombarde del campione previsto della produttività nel prossimo triennio competitività Produttività Valori assoluti Produttività molto aumentata Produttività aumentata 11 Produttività invariata 10 Produttività diminuita 3 Produttività molto diminuita 1 TOTALE 25 Fonte: elaborazioni Ciriec. La media delle risposte è stata 1. per andamento % 44,0 40,0 12,0 4,0 100,0 Infine, sembra ancora più stretto di quanto rilevato in Toscana il rapporto tra le imprese del sistema moda e i fornitori regionali di macchinari, cosa che consente alle imprese una maggiore informazione sulle tecnologie disponibili; una maggiore possibilità di interagire con gli stessi fornitori nella definizione di eventuali modifiche da apportare alle macchine e, conseguentemente, una possibilità potenzialmente maggiore di introdurre innovazioni firm-specific (tabella 92-94). Tabella 92. Localizzazione dei lombarde del campione competitività* principali fornitori di macchinari delle imprese Localizzazione Valori assoluti % Stessa area dell’impresa 4 19,1 In provincia 7 33,3 In regione 11 52,4 In Italia 3 14,3 All’estero 4 19,1 Fonte: elaborazioni Ciriec. *La domanda prevedeva risposte multiple. La media delle risposte è 5. Tabella 93. Rapporti con i fornitori di macchinari per le imprese lombarde del campione competitività (%) Tipo di rapporto Imprese Rapporti esistenti* Rapporti prevalenti 65,4 57,7 26,9 15,3 11,5 3,8 Acquistano le macchine a catalogo Chiedono modifiche delle macchine Chiedono macchine ad hoc Collaborano alla progettazione delle macchine che acquistano 3,8 Mancate risposte 19,2 TOTALE IMPRESE 26 Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple 19,2 26 Tabella 94. Fonti di informazione sulle tecnologie produttive per le imprese lombarde del campione competitività (%) Fonti di informazione Fornitori di macchinari Riviste specializzate di settore Istituti specializzati locali Istituti specializzati fuori dal distretto Altre imprese locali del settore Imprese Fonti utilizzate * Fonte più utile 69,2 42,3 15,3 - Altre imprese non locali del settore Fiere e mostre Mancate risposte TOTALE IMPRESE Fonte: elaborazioni Ciriec. 3,8 46,1 26,9 26 30,7 26,9 26 * La domanda prevedeva risposte multiple Mercati di sbocco Soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 95), ma mediamente le quote di fatturato export sono più contenute di quelle rilevate nel caso delle aziende toscane. I principali mercati di sbocco sono quelli dei paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, anche in questo caso, come in Toscana, è elevata la quota di imprese che esporta verso mercati asiatici, in particolare, verso il Giappone. Va sottolineato, inoltre, che gli attuali mercati di destinazione delle esportazioni vengono generalmente ritenuti quelli più dinamici e, conseguentemente, più “appetibili” anche per il prossimo futuro. A livello settoriale in quasi tutte le imprese del campione, indipendentemente dal settore merceologico di appartenenza, le quote di fatturato export sono rimaste per lo più invariate nel corso dell’ultimo triennio (l’unica eccezione è forse costituita dal settore delle calzature, in cui 2 imprese su 3 hanno incrementato la propria presenza sui mercati esteri, tabella 96). Da segnalare, inoltre, che le imprese analizzate producono prevalentemente per fasce di mercato medio-alte o alte (tabella 97 e 98). Ciò le pone al riparo dalla concorrenza dei paesi a più basso costo del lavoro sul mercato interno, ma non su quelli esteri dove viene comunque considerata temibile, anche se meno di quanto abbiano dichiarato le imprese toscane, la concorrenza dei paesi asiatici e di quelli dell’Europa dell’Est (tabella 99 e 100) . Tabella 95. Imprese lombarde del campione competitività per quote di fatturato esportato nel 1996 Quote fatturato Non esportano Fino al 25% Dal 25 al 50% Dal 50 al 75% Oltre il 75% 100% TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Valori assoluti 4 7 7 3 4 1 26 % 15,4 26,9 26,9 11,5 15,4 3,9 100,0 Tabella 96. Andamento del fatturato esportato 1994/96 dalle imprese lombarde del campione competitività Fatturato Aumentato Invariato Diminuito TOTALE IMPRESE ESPORTATRICI Fonte: elaborazioni Ciriec. Abbigliamento 2 7 9 Imprese (valori assoluti) Pellet- Pellic- Maglieteria ceria Ria 1 1 1 5 1 1 2 1 7 CalzaTure 2 1 3 Tabella 97. Imprese lombarde del campione competitività per fascia di mercato (mercato interno) Fascia mercato interno Bassa Medio-bassa Media Medio-alta Alta TOTALE IMPRESE (che vendono sul mercato interno) Fonte: elaborazioni Ciriec. Abbigliamento 30,0 70,0 % su totale imprese per settore Pellet- PellicMaglie- Calzateria Ceria ria ture 12,5 12,5 100,0 100,0 25,0 50,0 100,0 10 2 2 8 3 Tabella 98. Imprese lombarde del campione competitività per fascia (mercato estero) Fascia mercato estero Abbigliamento Bassa Medio-bassa Media Medio-alta Alta TOTALE IMPRESE (che vendono su mercati esteri) Fonte: elaborazioni Ciriec. 25,0 75,0 Tabella 99. Principali concorrenti competitività sui mercati esteri* Concorrenti esteri Imprese del Sud Est Asiatico Imprese cinesi Grandi imprese italiane Imprese tedesche, francesi e inglesi Imprese di Paesi dell’Est Totale risposte valide Fonte: elaborazioni Ciriec. Totale 4,0 4,0 36,0 56,0 25 di mercato % su totale imprese per settore Pellet- PellicMaglie- Calza- Totale teria Ceria ria ture 14,3 4,5 66,6 100,0 28,6 31,8 33,3 57,1 100,0 63,7 8 delle 3 1 imprese lombarde Valori assoluti 7 3 del 22 campione % 3 1 2 4 30,0 10,0 20,0 40,0 1 10 10,0 * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 100. Principali concorrenti competitività sui mercati nazionali* Concorrenti nazionali Grandi Imprese Imprese Lombarde Imprese del distretto Imprese dell’area NEC delle imprese lombarde Valori assoluti del campione % 9 2 8 2 52,9 11,7 47,1 11,7 Totale risposte valide Fonte: elaborazioni Ciriec. 17 * La domanda prevedeva risposte multiple Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (Tabelle 101 e 102). Premesso che nessuna impresa ha propri punti vendita all’estero e che nove aziende hanno invece punti vendita in Italia, l’elemento più rilevante da sottolineare è costituito dal fatto che, sia in Italia che all’estero, il canale distributivo prevalente è quello dei negozi indipendenti. La frammentazione delle vendite che ne risulta impone un grosso sforzo organizzativo e commerciale, solitamente affrontato anche tramite l’impiego di un numero consistente di agenti e rappresentanti plurimandatari. Specularmente, tuttavia, tale frammentazione fa sì che, sia in Italia che all’estero, il grado di dipendenza dai primi 5 clienti risulti complessivamente contenuto. Tabella 101. Canali distributivi utilizzate dalle imprese lombarde del campione competitività sul mercato interno* Canali distributivi mercato interno Altre imprese Grossisti/buyers Gruppi d’acquisto Franchising Catene specializzate Catene de-specializzate Negozi indipendenti Vendita diretta Vendite postali TOTALE IMPRESE (che vendono sul mercato interno) Fonte: elaborazioni Ciriec. Valori assoluti % 4 3 7 18 5 1 16,0 12,0 28,0 72,0 20,0 4,0 25 * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 102. Canali distributivi utilizzati dalle imprese lombarde del campione competitività sui mercati esteri* Canali distributivi mercato estero Altre imprese Grossisti/buyers Gruppi d’acquisto Franchising Catene specializzate Catene de-specializzate Negozi indipendenti Vendita diretta Vendite postali TOTALE IMPRESE (che vendono su mercati esteri) Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Valori assoluti 1 4 1 4 6 10 1 1 22 % 4,5 18,2 4,5 18,2 27,3 45,4 4,5 4,5 La spesa pubblicitaria Il miglioramento della qualità dei prodotti e del rapporto prezzo/qualità viene ritenuta, insieme all’ampliamento della gamma, la strategia migliore per consolidare la propria posizione sul mercato nazionale e aumentare la propria capacità di penetrazione sui mercati esteri. Specularmente, viene invece attribuita poca importanza alle azioni pubblicitarie. Tuttavia, va sottolineato che, negli ultimi tre anni, l’investimento pubblicitario è stato particolarmente consistente, anche se soprattutto con riferimento al mercato nazionale (tabella 103) e indirizzato per lo più alla realizzazione di cataloghi e alla partecipazione a fiere (Mipel, Micam, Mifur, Pitti Uomo, in Italia; Sil, New York e Bruxelles, all’estero). Tabella 103. Spesa pubblicitaria delle competitività in Italia e all’estero (ultimi 3 anni)* imprese Spesa pubblicitaria Totale imprese che hanno investito in comunicazione Italia SPESA COMPLESSIVA (ml) Totale imprese che hanno investito in comunicazione Estero SPESA COMPLESSIVA (ml) Fonte: elaborazioni Ciriec. lombarde del campione Valori assoluti 16 11.641 6 856 * La domanda prevedeva risposte multiple Fattori competitivi In analogia a quanto visto per la Toscana nella tabella 104 sono riportati i punteggi medi attribuiti dalle imprese intervistate ad una serie di fattori competitivi che riguardano il prodotto, il prezzo di vendita, il servizio e la comunicazione. Dalla lettura dei dati riportati in tabella, emerge che: 1. le imprese intervistate individuano nella qualità del prodotto, nel design, nella flessibilità produttiva e nel rapporto prezzo/qualità i propri principali punti di forza e, a differenza di quanto dichiarano le imprese toscane, rispetto a questi stessi fattori competitivi non si ritengono inferiori né ai concorrenti locali, nè, in generale, a quelli italiani; 2. ai concorrenti locali viene riconosciuta una priorità relativa solo in termini si sconti praticati, tempi di consegna e forme di promozione attivate; 3. la superiorità dei concorrenti nazionali si esplica essenzialmente in termini di gamma di prodotti offerti, innovazioni di prodotto, prezzi e tempi di consegna; 4. i concorrenti esteri sono considerati competitivi soprattutto per i prezzi praticati, i tempi di consegna e gli investimenti realizzati in alcune azioni di comunicazione; 5. i vantaggi percepiti dalle imprese analizzate, cioè i fattori in cui le imprese totalizzano punteggi relativi maggiori di quelli di tutti i loro concorrenti (locali, nazionali e stranieri) sono collegati, come in Toscana (oltre che al design, alla qualità del prodotto, alla flessibilità produttiva e al rapporto qualità/prezzo), all’organizzazione della produzione e alla conseguente capacità di evadere commesse specifiche, anche per piccoli lotti, alle dilazioni di pagamento concesse ai clienti. A differenza che in Toscana, vengono però segnalati tra i principali fattori competitivi anche elementi connessi alla commercializzazione dei prodotti (organizzazione commerciale e distribuzione). Figura 8 Posizionamento delle aree secondo le leve del marketing mix comunicazione servizio concorrenti esteri concorrenti italiani Distretto prezzo Azienda prodotto 5 6 7 8 9 Tabella 104. Punteggio medio lombarde del campione competitività attribuito Fattore competitivo Prodotto stile/design Qualità Gamma dell’offerta Flessibilità, produzione anche su piccoli lotti Innovazione di prodotto Innovazione di processo Organizzazione della produzione Produzione su commessa specifica/su misura Prezzo Prezzi di listino Rapporto prezzo/qualità scale sconti Tempi di pagamento Margini consentiti ai clienti Servizio Distribuzione capillare Tempi di consegna rapidi Organizzazione commerciale Comunicazione Disponibilità e qualità dei cataloghi Disponibilità di prezzi chiari Pubblicità tradizionale Forme di incentivazione/promozione Partecipazione a fiere e mostre Sponsorizzazioni Fonte: elaborazioni Ciriec. ai fattori Azienda competitivi dalle Distretto concorrenti Italiani imprese concorrenti stranieri 8,7 9,3 7,9 8,6 7,6 7,3 7,3 7,5 7,1 7,3 7,1 7,2 6,3 6,6 6,1 6,2 8,1 7,9 8,4 7,3 7,8 7,3 7,1 7,0 7,1 6,7 8,0 6,7 6,6 7,2 7,1 5,9 7,1 8,6 4,7 7,1 7,4 6,7 7,7 6,2 6,5 6,6 7,6 7,3 5,7 6,6 6,2 7,6 7,2 5,9 6,9 6,8 7,2 6,1 8,0 6,4 6,8 7,0 6,6 6,7 7,6 6,8 7,0 7,3 6,7 8,5 6,8 4,6 7,4 3,3 6,5 8,3 6,1 5,4 7,0 4,2 6,6 8,6 6,4 5,9 7,3 5,3 7,3 8,3 7,2 4,8 8,4 4,6 Da rilevare, infine, che una buona quota delle imprese intervistate considera un vantaggio competitivo la propria localizzazione all’interno di un’area in cui è consistente la presenza di potenziali imprese sub-fornitrici e di manodopera qualificata. La domanda di lavoro Come si vede nella tabella 105 le imprese del sistema moda in Lombardia hanno distrutto nel 1995 0,7 posti di lavoro ogni 100 addetti; che sono stati recuperati con un leggero incremento (+0,1) nel corso del 1996. Tabella 105. Addetti, assunti, lombarde del campione lavoro Anno uscite, turn-over, Addetti Assunzioni Uscite Turn-over Saldo 1995 2.059 1996 2.075 19952.075 1996 Fonte: elaborazioni Ciriec. 116 162 278 130 146 276 246 308 554 -14 16 2 saldo: 1995-1996, Tasso % Turn-over 11,9 14,8 26,7 imprese Posti creati per 100 addetti -0,7 0,8 0,1 Non solo la performance recente, ma anche le prospettive occupazionali sono completamente statiche. Il 78% delle imprese intervistate prevede di non assumere né ridurre personale: Le assunzioni previste nei prossimi due anni sono nel complesso appena 13, ovvero appena l’8% delle assunzioni effettuate nel corso del 1996. Tabella 106. Le assunzioni previste dalle imprese lombarde del campione lavoro Arco temporale Assunzioni previste 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. % 10 2 1 13 76,9 15,4 7,7 100,0 Le motivazioni delle imprese che non assumono e non riducono sono legate essenzialmente ad una previsione di stabilità del fatturato (68% delle risposte). Il 25% preferisce esternalizzare certe funzioni piuttosto che modificare la propria struttura occupazionale, ad indicare forse uno spostamento verso il modello toscano, il restante 7,1% ritiene un risultato positivo riuscire a non ridurre il numero di addetti in momenti di crisi. Le forme contrattuali Nel corso degli ultimi due anni si è assistito ad una trasformazione delle forme contrattuali prevalenti meno marcata rispetto alla Toscana. In Lombardia la quota relativa alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato è relativamente più alta; si fa un più elevato ricorso alla formazione lavoro, mentre il tempo determinato è meno utilizzato. Tabella 107. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese lombarde del campione lavoro(%) Tipo di contratto Tempo determinato Part time A domicilio A cottimo Collaborazione Formazione lavoro Tempo indeterminato Dipendenti 2,8 8,9 0,4 0,3 0,1 0,3 87,1 Assunti 95/96 Assunzioni previste 16,6 38,5 2,2 7,7 0,0 0,0 0,0 0,0 3,3 0,0 8,1 0,0 69,7 53,8 TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. 100,0 100,0 100,0 La manodopera impiegata è prevalentemente femminile: le donne rappresentano infatti il 66,3% degli addetti, il 68,5% degli assunti e il 50,5 % dei dismessi negli ultimi due anni. Addirittura più alta - 76,9% - la quota delle donne sulle assunzioni previste. Dal punto di vista del tipo di contratto si nota che anche in Lombardia le donne sono particolarmente presenti nel settore più debole del mercato del lavoro: esse rappresentano la quasi totalità dei dipendenti a domicilio e dei contratti part-time, ma sono solo il 50% degli addetti con contratto di formazione-lavoro. Figura 9. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese lombarde 100 90 80 70 60 Dipendenti 50 Assunti 95/96 Assunzioni previste 40 30 20 10 o rm te de io po m Te Fo rm in az la ol C in vo la ne ra bo A Te at ro e on zi tti co ic m A do rt Pa m ilio e tim o at in rm te m po de o 0 Tabella 108. Dipendenti delle imprese lombarde del campione lavoro per tipo di contratto e sesso (%) Tipo di contratto Tempo determinato Part time A domicilio A cottimo Collaborazione Formazione lavoro Tempo indeterminato Fonte: elaborazioni Ciriec. Maschi Femmine 54,1 1,4 20,0 100,0 50,0 29,0 Totale 45,9 98,6 80,0 0,0 50,0 71,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Nel complesso la struttura per inquadramento contrattuale delle imprese intervistate è simile a quella Toscana, con le figure operaie che coprono l’80% del totale degli occupati. Rispetto alla Toscana è più alta la quota degli operai comuni (68,8% degli operai) e dei capi operai mentre è molto inferiore la quota degli operai specializzati. Come in Toscana è tra gli operai comuni che è polarizzata la presenza di manodopera femminile. Tabella 109. Dipendenti delle imprese inquadramento contrattuale e sesso(%) lombarde del campione lavoro per Inquadramento contrattuale Dirigenti Direttivi, quadri Impiegati Categorie speciali (intermedi) Capi operai Operai specializzati Operai comuni Apprendisti Altro Totale dipendenti Imprenditori Familiari coadiuvanti Totale indipendenti TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Maschi Femmine Totale 4,6 1,8 17,4 5,3 0,4 0,4 14,5 1,3 1,5 0,8 15,2 2,4 9,6 12,4 42,6 0,4 0,0 94,0 6,0 0,0 6,0 100,0 14,1 10,3 55,9 1,6 0,1 98,6 1,2 0,3 1,4 100,0 12,9 10,9 52,4 1,2 0,1 97,3 2,5 0,2 2,7 100,0 I titoli di studio L’analisi della struttura dell’occupazione e dei flussi per titolo di studio mette in luce la netta prevalenza dei titoli di studio più bassi, in modo del tutto analogo a quello riscontrato in Toscana. Nello stock si deve notare una minore presenza residua di addetti con la sola licenza elementare ed un più alto livello di laureati. Nei flussi si deve notare una maggiore presenza di addetti con il diploma ed una minore presenza di laureati. Tabella 110. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per titolo di studio (%) Titolo di studio Elementare Media Diploma Laurea TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Addetti Assunti 5,7 76,0 14,7 3,6 100,0 4,9 70,1 25,0 0,0 100,0 Figura 10. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per titolo di studio 80 70 60 50 Addetti % 40 Assunti % 30 20 10 0 Elementare Media Diploma Laurea Se si considerano i dati disaggregati per sesso e titolo di studio vi si nota un netto spostamento della manodopera femminile nelle classi con titolo di studio più basso, analogo a quello rilevato in Toscana. Le aree funzionali Se si esamina la disaggregazione degli addetti al 31 dicembre 1996 per area funzionale si può notare che oltre il 75% degli occupati sono addetti alle attività di produzione. Se si guarda al flusso degli assunti nel corso degli ultimi due anni tale quota sale al 88,1%, che indica una maggiore coerenza tra struttura attuale e flussi rispetto a quella riscontrata in Toscana Tabella 111. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per area funzionale (%) Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema informativo e CED Progettazione, R&S Vendite, marketing, assistenza post-vendita Qualità Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi (pulizie, mensa, etc) TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec Addetti 1,8 8,2 2,1 0,1 1,3 5,3 0,6 0,7 6,1 73,8 0,2 100,0 Assunti 0,0 3,8 0,0 0,0 0,5 1,6 3,8 0,5 9,7 78,4 1,6 100,0 zi vi er is ltr A ) tc ,e sa en ,m e on zi du ro ne io uz od le ia er at m pr P di ie iz ul (p he ic cn te o à lit ua Q ta di S & R D E C en -v st po st ui cq A za en st e e an um e, on zi tta ge o iv at se or is rm fo in ro P si as tà vi tti A g, tin ke ar ,m te di en V a m te is S R ne io st Figura 11. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per area funzionale Addetti Assunti Pur con i problemi di rappresentatività ricordati in precedenza non esiste alcuna differenziazione nella distribuzione per addetti tra imprese capofila e subfornitrici;40 Tabella 112. Addetti per area funzionale. Imprese capofila e imprese subfornitrici lombarde del campione lavoro a confronto (%) Addetti Area funzionale Capofila Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema informativo e CED Progettazione, R&S Vendite, marketing, assistenza post-vendita Qualità Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi (pulizie, mensa, etc) TOTALE Subfornitrici 1,9 8,4 2,2 0,1 1,4 5,1 0,6 0,5 5,7 74,0 0,0 100,0 0,0 5,6 0,8 0,0 0,0 7,2 0,0 3,2 9,5 71,4 2,4 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. La non modificazione è in accordo con l’interpretazione proposta che vede le imprese lombarde avvalersi in misura minore del ricorso alla subfornitura di fase. La decisione di assumere Analogamente a quanto si è visto per la Toscana le assunzioni effettuate nel sistema moda della Lombardia sono razionalizzate dalle imprese bilanciando perfettamente le ragioni strategiche e le ragioni di sostituzione. Anche le risposte re relative alle assunzioni previste tratteggiano lo stesso quadro con una leggera accentuazione (+10 punti percentuali) per le ragioni strategiche. In effetti le assunzioni effettuate nel corso degli ultimi due anni sembrano dovute soprattutto a dinamiche di sostituzione. 40 Tra le subfornitrici sono presenti tutte le imprese con una quota di produzione in conto terzi superiore al 30%. lombarde del campione lavoro a confronto zi vi er is ltr ) tc e capofila ,e sa en ,m Imprese on zi du ro ne io uz le à lit ia er at m od pr o P di ie iz ul (p he ic cn te st ui funzionale. A tà vi tti ua area Q per cq ta di S & R D E C en -v st po e e, on zi o e an um Addetti A za en st si as tta ge ro P iv at rm fo in se or is ne io st ge 12. A g, tin ke ar ,m te di en V a m te is S R o Figura e imprese subfornitrici Addetti capofila Addetti subfornitrici Tabella 113. assunzioni Motivazioni delle assunzioni fatte negli ultimi due previste dalle imprese lombarde del campione lavoro Motivazioni Ampliamento capacità Aumento domanda Sostituzione Nuove tecnologie Mutamenti organizzativi Altro TOTALE Rispondono Fonte: elaborazioni Ciriec. Assunzioni fatte 3 5 13 2 3 0 26 14 % anni Assunzioni previste 11,5 19,2 50,0 7,7 11,5 0,0 100,0 e delle % 1 4 4 0 0 1 10 9 10,0 40,0 40,0 0,0 0,0 10,0 100,0 Sembra però che malgrado il prevalere di ragioni strategiche l’orizzonte previsionale delle imprese sia ancora più limitato di quello toscano. Tabella 114. La programmazione lombarde del campione lavoro Tempo di programmazione Inferiore a 3 mesi 3 mesi 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE delle assunzioni Numero Imprese effettuate % su numero di risposte 22 3 1 1 0 27 dalle imprese % cumulata 81,5 11,1 3,7 3,7 0,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Il reclutamento Il mercato del lavoro sul quale operano le imprese è appena più ampio di quello toscano, con una minore accentuazione della dimensione strettamente locale. 81,5 92,6 96,3 100,0 100,0 Tabella 115. Provenienza addetti nelle imprese toscane del campione lavoro (%) Provenienza addetti Locale Provinciale Regionale Italia UE Extra UE TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. 68,5 21,8 1,6 6,3 0,0 1,9 100,0 Le modalità di selezione del personale utilizzate dalle imprese per il reclutamento sono in prevalenza la selezione diretta e la segnalazione indicate rispettivamente dal 53,6% e dal 46,4% delle imprese. Quasi invariabilmente la decisione di assumere è presa dal titolare dell’impresa - seppure in modo meno accentuato rispetto alla Toscana -, oppure da un organo collegiale quale il consiglio di direzione. Tabella 116. campione lavoro Chi ha deciso e chi deciderà le assunzioni nelle imprese lombarde del Chi decide Titolare Ufficio risorse umane Comitato di direzione TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Passato % 24 2 5 31 Previsioni 77,4 6,5 16,1 100,0 % 5 1 1 7 71,4 14,3 14,3 100,0 Il fabbisogno professionale Indici di presenza e previsione di assunzione La ripartizione degli addetti per figura professionale rispecchia la struttura per area funzionale vista nei capitoli precedenti ed è pressoché identica a quella Toscana. La gran parte degli addetti svolge professioni legate alla produzione. Considerando la classificazione per grandi gruppi di professioni riportata nella tabella 117 si nota la netta prevalenza degli artigiani, operai e conduttori di impianti che rappresentano il 77,9% degli addetti; le professioni esecutive relative agli uffici l’11,1%; le professioni tecniche il 7,0%. La quota delle professionalità più elevate - per le quali è richiesta la laurea – sul totale degli addetti è appena il 3,8% Tabella 117. (%) Addetti per mestiere nelle imprese lombarde del campione lavoro Figure professionali Legislatori, dirigenti e imprenditori Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione Professioni intermedie (tecnici) Professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione Artigiani, operai specializzati e agricoltori Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili Personale non qualificato TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. 1 2 3 4 6 7 8 % 2,7 1,1 7,0 11,1 23,1 54,8 0,2 100,0 Figura 13. Addetti per mestiere nelle imprese lombarde del campione lavoro (%) La differenziazione rispetto alla Toscana si può cogliere solo in riferimento a gradi Legislatori, dirigenti e imprenditori 0,2 2,7 1,1 Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 7 Professioni intermedie (tecnici) 11,1 Professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione 54,8 Artigiani, operai specializzati e agricoltori 23,1 Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili Personale non qualificato maggiori di disaggregazione. L’indice di presenza vede al primo posto le figure professionali raggruppate nella classe 6.5.4, un risultato identico a quello Toscano. Si deve però notare che al secondo posto con una valore dell’indice appena inferiore si trova la classe 7.2.6, che anche in Toscana era al secondo posto, ma con un valore dell’indice dimezzato. Al terzo posto la classe 4.1.2 cui seguono tutte le altre classi con valori inferiori a 0,05. Da questi dati sembra di poter ipotizzare una struttura produttiva centrata come quella Toscana su figure professionali legate direttamente alla produzione, ma qualificate in senso meno artigianale. Tabella 118. cifre) Cod. 6.5.4 7.2.6 4.1.2 6.5.3 3.3.1 1.2 4.1.1 4.1.3 3.3.3/ b 3.3.4 3.3.3/ a 2.5.5.9 7.4.2 2.5.5.3 Indice di presenza nelle imprese lombarde del campione lavoro(ISTAT 3 Figure professionali Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature Operatori macchinari ind. tessile e confezioni Impiegati amministrativi e di controllo Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento Tecnici amministrativi e organizzativi Imprenditori, amministratori, dirigenti Personale di segret. e operatore macch. Ufficio Impiegati gestione stocks e approvvigionamenti Tecnici di vendita, marketing Settori Interessati* c b a b a a a a a Totale Totale Indice figure addetti presen Settori Settori -za 202 263 0,77 529 727 0,73 75 990 0,08 25 727 0,03 28 990 0,03 27 990 0,03 19 990 0,02 16 990 0,02 14 990 0,01 Rappresentanti Responsabili magazzino o degli acquisti a a 13 7 990 990 0,01 0,01 Stilisti Conduttori di veicoli Disegnatori a a a 6 6 5 990 990 990 0,01 0,01 0,01 6.3.3.2 Artigiani delle lav. artistiche tessuto e cuoio 3.1.1.4 Tecnici informatici – programmatori 3.1.1.3 Tecnici informatici-operatori 6.2.3.3 Meccanici, manutentori e montatori macch. ind. 8.1.1 Personale non qualificato d'ufficio 8.6.3 Personale non qualificato dell'industria 2.2.1 Ingegneri 3.1.1 Tecnici in scienze quantitative, fisiche e naturali 3.1.2 Tecnici in scienze dell'ingegneria 8.1.2 Personale ausiliario di magazzino Fonte: elaborazioni Ciriec. a a a a a a a a a a 5 4 3 3 1 1 0 0 0 0 990 990 990 990 990 990 990 990 990 990 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 * in questa tabella e nelle seguenti i codici di gruppo istat sono sostituiti dalla seguente codificazione: "a" sta per "1760-1770-1810-1820-1920-1930"; "b" sta per "17601770-1810-1820"; "c" sta per "1920-1930"; "d" sta per "1930" Per quanto riguarda le previsioni di assunzioni la loro esiguità consiglia estrema prudenza nella valutazione dei dati che tuttavia sembrano confermare l’importanza delle figure 7.2.6 ricordata in precedenza. Tabella 119. (ISTAT 3 cifre) Cod. 7.2.6 6.5.3 8.6.3 3.3.1 3.3.3/ b Indice di previsione nelle imprese lombarde del campione lavoro figure professionali Operatori macchinari ind. Tessile e confezioni Artigiani tessile e abbigliamento Personale non qualificato dell’industria Tecnici amministrativi e organizzativi Tecnici di vendita, marketing TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Settori Imprese Indice indicainteresrispondo- previsiozioni sati No ne b 2 4 0,5 b 2 4 0,5 a 1 5 0,2 a 1 5 0,2 a 1 5 0,2 6 Indici di difficoltà di reperimento e crucialità Il tasso di risposte è stato globalmente del 51,2%, ma molto differenziato tra le imprese più grandi (87,5%) e quelle più piccole (28,0%). Ciò può essere letto in due prospettive diverse: in quello dell’incapacità delle imprese più piccole di razionalizzare i loro comportamenti sul mercato del lavoro e quindi rappresentarsi tale mercato; oppure nel fatto che queste davvero non hanno difficoltà a reperire personale. Il risultato generale che emerge dall’analisi dei dati relativi alle figure professionali difficili da reperire è la minore concentrazione delle risposte rispetto alla Toscana e la polarizzazione su figure di produzione poco qualificate (7.2) Tabella 120. Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese lombarde del campione lavoro (ISTAT 2 cifre) Cod. Figure professionali Risposte 7.2 Operatori macchinari fissi lav. in serie e addetti al montaggio 6.5 Artigiani ed operai lavorazioni del tessile, abbigliamento, pelli, cuoio 3.3 Professioni intermedie di ufficio 6.2 Docenti e assimilati 3.1 tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria 3.2 tecnici nella difesa ambientale TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. % su 21 imprese 12 57,1 9 42,9 4 3 3 1 32 19,0 14,3 14,3 4,8 L’indice di difficoltà di reperimento dà indicazioni meno univoche e meno forti rispetto a quelle viste per le imprese toscane, come mostrano i minori valori assoluti degli indici. Anche in Lombardia le maggiori difficoltà sono legate al reperimento di personale operaio anche se, di nuovo, le indicazioni riguardano principalmente il personale addetto ai macchinari per il confezionamento (7.2.6); e solo in secondo luogo gli artigiani del cuoio e della pelle. Tabella 121. Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle imprese lombarde del campione lavoro (ISTAT 3 cifre) Cod. 7.2.6 Figure professionali Operatori macchinari industria tessile e confezioni 6.5.4 Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature 3.3.3. Tecnici vendita, marketing b 6.5.3 Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento 3.1.2 Tecnici in scienze dell'ingegneria 6.2.3. Meccanici, manutentori 3 3.2.2. Tecnici di difesa ambientale 2 6.2.4 Art. ed operai elettricisti TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Settori Numero IndicaIndice interes- imprese zioni di di sati dei settori difficoltà difficoltà b 12 23 0,52 c a 7 4 18 41 0,39 0,10 b a a 2 3 2 23 41 41 0,09 0,07 0,05 a 1 41 0,02 a 1 32 41 0,02 impiegati mministrativi e di controllo Figura 14. Indici a confronto indice indice indice indice artigiani ed operai del tessile e abbigliamento tecnici amministrativi e organizzativi imprenditori, amministratori, dirigenti tecnici di vendita, marketing Stilisti presenza previsione difficoltà crucialità L’analisi per figure elementari mostra un minore numero complessivo di figure segnalate di difficile reperimento per le imprese e mostra complessivamente valori degli indici più bassi rispetto alla Toscana. Tabella 122. (ISTAT 3 cifre) Cod. 7.2.6 6.5.4 6.5.4 3.3.3/ b 6.5.3 7.2.6 7.2.6 7.2.6 3.1.2 6.5.4 6.2.3.3 7.2.6 7.2.6 3.2.2.2 6.2.4 Indice di difficoltà nel reperimento disaggregato per figure elementari Figure professionali Addetti confezionamento Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature Cucitori Tecnici vendita, marketing Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento Smacchinatori Addetti al controllo di qualità Tessitori Tecnici in scienze dell'ingegneria Tagliatori Meccanici, manutentori Operatori macchinari industria tessile e confezioni Cucitori Tecnici di difesa ambientale Artigiani ed operai elettricisti TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Numer o % 4 3 3 4 23 18 18 41 Indice difficoltà 0,17 0,17 0,17 0,10 2 2 2 2 3 1 2 1 1 1 1 32 23 23 23 23 41 18 41 23 23 41 41 0,09 0,09 0,09 0,09 0,07 0,06 0,05 0,04 0,04 0,02 0,02 In maniera meno netta che in Toscana anche in Lombardia la classe di figure cruciale per le imprese del sistema moda è la 6.5.4;41 seguono quindi figure tecniche di ingegneria e vendita ad indicare una una rappresentazione del ruolo dell’impresa meno schiacciata sulle fasi produttive di quanto emergeva nel caso toscano.42 41 15 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2; un’altra tre. 42 Resta poco da dire sulle attività formative svolte dalle imprese lombarde dato che soltanto una impresa ha dichiarato di avere svolto corsi di formazione e che solo due ne attiveranno in futuro. Tabella 123. (ISTAT 3 cifre) Cod. 6.5.4 3.1.2 3.3.3. b 7.2.6 1.2 2.5.5. 9 Indice di crucialità per le imprese lombarde del campione lavoro Figure professionali Operatori macchinari ind. tessile e confezioni tecnici in scienze dell'ingegneria tecnici vendita, marketing Artigiani ed operai di pelli, cuoio, calzature Dirigenti, imprenditori Stilisti TOTALE Numero Settori Numero Indice indica% interes- imprese cruciazioni sati settori lità 7 28,0 b 18 0,39 7 28,0 6 24,0 a a 41 41 0,17 0,15 3 12,0 1 4,0 1 4,0 c a a 23 41 41 0,13 0,02 0,02 25 100, 0 Fonte: elaborazioni Ciriec. Il sistema moda della Ile de France Come si è già detto in riferimento al sistema moda della Lombardia, l’analisi del sistema moda della Ile de France è complementare e strumentale rispetto a quella svolta in Toscana. Si è però ritenuto di fare cosa utile fornendo al lettore alcuni elementi strutturali aggiuntivi a quelli descritti per la Lombardia. Questa è la ragione per cui l’analisi della competitività del caso parigino è stata condotta con strumenti di indagine in parte differenziati. Le informazioni riportate sono state desunte oltreché da fonti ufficiali disponibili, da interviste effettuate ad un panel di testimoni privilegiati cui è stato chiesto di illustrare punti di forza e di debolezza dell’industria nazionale della moda, con particolare riferimento all’area di Parigi. Il caso francese presenta innumerevoli diversità rispetto a quello toscano ed anche su questo il suo esame offre la possibilità di valutare non solo le potenzialità competitive del sistema moda toscano nei confronti dei concorrenti francesi, ma anche l’opportunità di riflettere su sentieri di sviluppo su cui una parte rilevante dell'industria europea sembra essersi avviata. I poli di specializzazione e le caratteristiche strutturali del sistema Tutti i comparti del sistema moda da noi presi in considerazione si concentrano in modo consistente nell’area di Parigi o comunque nell’Ile de France. In Francia, tuttavia, esistono vari altri poli produttivi soprattutto nelle regioni: Rhone Alpes, Pays de la Loire, Nord Pas de Calais (tabella 124). Tabella 124. Poli di localizzazione del sistema moda francese Pellicceria Parigi e Ile de France (50% della produzione nazionale) Pays de la Loire Maglieria Parigi Calzature Parigi e Ile de France Abbigliamento Parigi e Ile de France Bretagna Rhone Alpes Rhone Alpes Roanne Cholet (Pays de la Loire) (40% della produzione nazionale) Aquitaine (calzature per bambini) Nord Pas de Calais Nord Pas de Calais Pays de la Loire Il comparto dell’abbigliamento, il più consistente del sistema moda francese, occupa il terzo posto in Europa sia in termini di addetti che di volume d’affari. Tabella 125. Addetti al settore dell’abbigliamento (valori in migliaia) Paesi Italia Francia Germania Spagna Portogallo Grecia Belgio 1974 1980 216 219 374 14 83 1993 169 259 248 135 35 49 152 150 150 133 121 34 21 Fonte: Grau (1996) Le informazioni rilevate sulla struttura dei comparti del sistema moda francese ci consentono di sostenere che: 1. alcuni comparti del sistema (in particolare, l’abbigliamento, la pelletteria e la maglieria) si caratterizzano per la presenza di una forte “polarizzazione”: da un lato, le “grandi case” e, dall’altro, piccolissime imprese (al di sotto dei 10 addetti) che producono o per fasce di mercato medio-basse o in conto terzi per le prime; 2. nel caso della pellicceria, è netta la prevalenza della piccola dimensione di impresa. Le unità produttive di classe dimensionale compresa tra i 20 e i 40 addetti sono, infatti, in tutta la Francia, circa un centinaio. Le altre imprese del settore sono tutte al di sotto di tale soglia dimensionale. Anche in questo caso, tuttavia, nella fascia alta del settore, la concentrazione è elevata: le prime 4 imprese del comparto producono da sole il 59% del fatturato totale; le prime 10 l’80% della produzione complessiva e l’89% del fatturato export; 3. nel settore calzaturiero, invece, la distribuzione delle imprese per classe dimensionale risulta leggermente più omogenea che negli altri comparti. Va sottolineato, infatti, che le prime 50 imprese del settore producono il 40% del fatturato complessivo ed hanno, mediamente, più di 200 addetti. Oltre il 60% delle unità produttive ha invece una dimensione occupazionale medio-piccola, ma questa generalmente non scende al di sotto dei 20 addetti. Il settore dell’abbigliamento merita un approfondimento particolare perché in esso operano tre diverse tipologie di impresa: (i) i “donneurs d’ordres” che commissionano a sub-fornitori le fasi produttive e si occupano esclusivamente della progettazione e della commercializzazione dei prodotti; (ii) i “sons-traitants façonniers”, cioè i sub- fornitori conto/terzisti; (iii) i “confectionneurs” che sono, invece, imprese verticalmente integrate. L’abbigliamento, inoltre, risulta un caso peculiare anche a causa dell’esistenza e della rilevanza del Sentier, un quartiere di Parigi dove si concentrano migliaia di piccole imprese, per lo più specializzate nel prét a portér femminile (al Sentier spetta il 10% della produzione francese del settore tessile-abbigliamento e il 40% del prét a portér femminile). Qui si registrano elevati tassi di nati-mortalità ed un elevato turn-over (la maggior parte delle imprese non ha più di 10 anni); si verificano inoltre numerosi casi di irregolarità (evasioni fiscali, condizioni di lavoro irregolari, impiego di immigrati clandestini, ecc.). I mercati di sbocco I mercati di sbocco dell’industria francese della moda sono prevalentemente costituiti dai paesi dell’Unione Europea, dagli USA, dal Canada e da mercati orientali (soprattutto Giappone e Hong Kong). Le tendenze evidenziate sono verso un incremento delle esportazioni dirette ai paesi dell’est (nel caso della pellicceria), asiatici, medio-orientali e dell’America latina (nel caso dell’abbigliamento). In generale, tuttavia, vengono considerate in crescita soprattutto le esportazioni verso l’Asia perché si ritiene in declino il predominio di cui, su tale mercato, hanno finora goduto l’Italia e la Germania. Da rilevare, inoltre, che il rapporto esportazioni/importazioni, molto alto nel caso della pelletteria (149%), è fortemente diminuito nel caso dell’abbigliamento (104% nel 1990, 59% nel 1993). Viene sottolineato, infine, che le esportazioni sono prevalentemente costituite, al contrario di quanto accade per le vendite sul mercato interno, da prodotti destinati a fasce di mercato medie e medio-alte. L’organizzazione produttiva e le conseguenze della delocalizzazione Il dato più interessante emerso con riferimento all’organizzazione produttiva è costituito dal fatto che in quasi tutti i comparti del sistema moda si è registrato, negli ultimi 10-15 anni, un fortissimo decentramento produttivo verso paesi esteri (prima verso il Portogallo, poi verso i paesi del Maghreb, dell’Europa dell’Est e infine verso il Madagascar). I testimoni contattati sottolineano, però, che il traffico di perfezionamento passivo (TPP) sta ormai diminuendo perché al decentramento produttivo si stanno sostituendo in modo sempre più consistente scelte di delocalizzazione (cioè di investimenti produttivi diretti all’estero). Le cause di questa spinta tendenza al decentramento produttivo all’estero, prima, e alla delocalizzazione, poi, sono diverse: 1. la crescente concorrenza di prezzo da parte dei paesi asiatici (sulle fasce di mercato medio-basse) e di altri paesi europei, con valute più deprezzate, sulle fasce medioalte (al riguardo, gli intervistati sottolineano che gli effetti più devastanti della concorrenza si sono avuti nelle aree specializzate in produzioni destinate alla fascia medio-bassa del mercato - ad esempio, la regione Midi Pyrenée - dove si è assistito al quasi totale azzeramento della produzione locale); 2. l’assenza di politiche esplicitamente finalizzate al sostegno dell’industria della moda e del “made in France”; 3. le caratteristiche strutturali dei comparti del sistema moda, dove, come già detto, è forte la presenza della piccola impresa che generalmente risulta, anche in Francia, poco innovativa. Gli intervistati sottolineano che l’innovazione tecnologica, di processo o di prodotto, è consistente solo nelle imprese maggiori o in quelle che producono in conto terzi per le grandi case o per stilisti famosi. In tutti gli altri casi, nel corso degli ultimi anni, l’adozione di innovazioni e l’attività di investimento in macchinari sono state estremamente contenute. Le uniche eccezioni sono costituite dal comparto della maglieria e da quello delle calzature che, nel corso degli anni ‘90, hanno realizzato consistenti investimenti in macchinari (in particolare nella maglieria donna) e introdotto rilevanti innovazioni di processo (CAD e taglio laser nelle calzature); 4. il tipo di specializzazione produttiva prevalente in alcuni comparti (si pensi ad esempio, al prét a portér) che non ha messo l’industria locale al riparo dalla concorrenza di prezzo dei paesi a più basso costo del lavoro (tabella 126) perché, in tali tipi di produzioni non è importante tanto l’innovazione, quanto piuttosto la creatività che può derivare anche da fenomeni di imitazione/adattamento. Tabella 126. Costo orario del lavoro nell’industria dell’abbigliamento (in $ Usa, salari e benefici sociali) Paesi Norvegia Germania Francia Italia Giappone Regno Unito USA Grecia Taiwan Hong Kong Turchia Singapore Portogallo Corea del Sud Ungheria Tunisia Messico Marocco Brasile Tailandia Repubblica Dominicana Polonia Sri Lanka Indonesia India Pakistan Vietnam Romania Cina Bangladesh 1990 1991 16,37 7,23 12,52 12,50 6,34 8,02 6,56 4,33 3,41 3,05 1,35 2,43 2,30 2,46 0,92 1,46 0,92 0,92 0,98 0,63 0,67 0,50 0,24 0,16 0,33 0,24 1,73 0,26 - 1993 15,92 14,81 12,41 13,50 7,44 7,99 6,77 4,26 3,74 3,39 2,31 2,72 2,65 2,75 1,19 1,46 1,17 0,99 0,76 0,59 0,64 0,42 0,39 0,18 0,25 0,24 0,55 0,24 - 18,09 17,22 14,84 12,31 10,64 8,42 8,13 5,85 4,61 3,85 3,29 3,06 3,03 2,71 1,62 1,54 1,08 1,06 0,73 0,71 0,44 0,35 0,28 0,27 0,27 0,26 0,25 0,25 0,16 Fonte: Grau (1996). Il decentramento produttivo all’estero e la delocalizzazione rappresentano, quindi, una risposta difensiva del sistema che ha peraltro consentito di recuperare margini di competitività. Tuttavia, i risultati delle interviste effettuate mettono in rilievo anche gli effetti negativi derivati dalla scelta effettuata di spostare all’estero le fasi più direttamente produttive e cioè: - la perdita di manodopera qualificata; - l’accentuata standardizzazione della produzione e la conseguente perdita di creatività; - il forte decremento occupazionale registrato dall’intero sistema. Il sostegno pubblico Come già sottolineato, in Francia, non esistono specifiche politiche pubbliche (nazionali o locali) a sostegno del sistema moda e ciò risulta del resto coerente con le scelte di politica industriale adottate a livello centrale, da sempre orientate verso il sostegno dei cosiddetti “grandi campioni”. Le Associazioni di categoria (Fédération Metiers de la Furrure, per la pellicceria; Fédération Française de l’Industrie de la Maille, per la maglieria; Fédération National de l’Industrie de la Chaussure, per le calzature; ecc.) svolgono attività di promozione e offrono, come in Italia, alcuni servizi di base. Per la pelletteria e le calzature, è stata però segnalata l’esistenza del Centre Tecnique de Cuir che opera con successo nel campo del trasferimento delle tecnologie. Va inoltre sottolineato che si registrano carenze preoccupanti dal lato della formazione professionale. L’offerta di formazione specifica per il settore moda è infatti molto ampia, ma qualitativamente eterogenea. Conseguentemente, gli intervistati sostengono che: a) la carenza di manodopera qualificata non viene adeguatamente colmata dagli istituti di formazione esistenti; b) andrebbero considerevolmente ampliate le iniziative formative rivolte agli imprenditori (che, come spesso avviene in Italia, sono generalmente molto ben preparati sugli aspetti tecnico-produttivi, ma non su quelli gestionali/organizzativi) e ai tecnici (attualmente quasi esclusivamente formati dai fornitori - per lo più stranieri - di macchinari). I problemi attuali Ai problemi già evidenziati (forte decremento degli addetti, carenza di manodopera qualificata, tendenza alla standardizzazione della produzione, forte decentramento produttivo all’estero) si aggiunge il fatto che il tipo di distribuzione prevalente (Catene Specializzate e Grande Distribuzione, tabella 127) sta inducendo le imprese a specializzarsi in produzioni destinate alla fascia medio-bassa del mercato interno. Questo naturalmente costituisce un serio vincolo allo sviluppo del sistema moda francese perché, proprio su tale fascia, è più forte la concorrenza di paesi che possono contare su un più basso costo del lavoro e su normative relative alla sicurezza del lavoro o all’ambiente molto meno rigide di quelle vigenti in Francia. Tabella 127. Ripartizione distributivo – Francia (%) Circuito distributivo Magazzini indipendenti Catene specializzate Iper e supermercati Vendita per corrispondenza Mercati e fiere Grandi magazzini Magazzini popolari Altri circuiti dei consumi 1985 37,9 12,6 15,8 11,7 6,7 6,5 3,3 5,4 di beni 1990 34,1 17,7 17,9 12,1 6,1 5,7 2,5 4,0 d’abbigliamento 1993 29,8 21,4 18,5 14,1 5,4 5,1 2,1 3,6 per circuito 1994 27,9 24,3 19,2 13,7 5,0 4,8 2,0 3,1 Fonte: Grau (1996). La sopravvivenza delle imprese minori è inoltre minacciata dal fatto che le catene Specializzate (PROMOD, PINKIE, ETAM) o la grande distribuzione costituiscono referenti contrattualmente troppo forti che generalmente, oltre al prezzo, impongono pesanti condizioni di lavoro: un rinnovo rapidissimo dei prodotti (anche 10 volte l’anno perché esiste un sistema informatizzato di monitoraggio delle variazioni della domanda a partire dalle casse dei negozi) e tempi di consegna strettissimi (1 o 2 settimane). A tutti i problemi finora evidenziati si aggiunga, infine, il segnalato declino relativo dell’importanza di Parigi quale polo espositivo. Le imprese del sistema moda francese partecipano per lo più a fiere che si tengono a Parigi, Milano e Francoforte. Le fiere parigine più “gettonate” risultano il SEM, il MIDEC (Mode International de la Chaussure), il PAC (Présélection Articles Chaussements), il Salon du PAP Féminin e Masculin, e così via. Molti rilevano, tuttavia, che le fiere parigine non risultano sufficientemente frequentate da operatori stranieri e che “Parigi rimane un laboratorio, ma gli affari si fanno a Milano”. Punti di forza e di debolezza Da sottolineare, infine, che tra i punti di forza del sistema, a differenza di quanto rilevato sia in Toscana che in Lombardia, non viene segnalata la qualità del prodotto e vengono invece indicati lo stile, la gamma, la flessibilità produttiva ed i servizi offerti, in particolare in termini di distribuzione e di tempi di consegna. I principali punti di debolezza sono invece individuati nella già ricordata scarsa capacità innovativa delle imprese, nel rapporto qualità/prezzo e nei tempi di pagamento accordati. La domanda di lavoro Nell’area di Parigi sono state intervistete 36 imprese.43 Le imprese del campione sono nella quasi totalità società di capitali (responsabilità limitata, e società per azioni). Nessuna delle imprese prevede di cambiare in futuro la propria forma societaria. La loro età media è di 13 anni, la dimensione media è di 31 addetti. Il fatturato medio del 1996 è stato di 45,3 milioni di franchi, circa 13,3 miliardi di lire; esso è previsto in forte crescita per il 1997 (+17,2). Le imprese con più di una unità locale sono il 41,7% del campione; mentre appartengono ad un gruppo nazionale o internazionale il 16,7%. Anche in questo caso, come in Toscana e in Lombardia, le imprese si considerano in rapida fase di innovazione: il 66,7% dichiara di aver introdotto recentemente innovazioni di prodotto; un altro 8,3% dichiara di avere introdotto innovazioni di processo, ed il 16,7% di aver introdotto innovazioni sia di processo che di prodotto. In complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo rappresentano appena l’8,3%, contro il 32,3% della Toscana ed il 45% della Lombardia. D’altra parte il 75% delle imprese ha dichiarato di non avere affrontato spese per Ricerca e Sviluppo. Tipologie di impresa Oltre l’80% delle imprese intervistate lavorano completamente in conto proprio; il restante 20% lavora esclusivamente in conto terzi. Tutte si avvalgono di subfornitori per le fasi produttive. Nessuna dichiara di avvalersi di servizi esterni diversi dalla produzione.44 Tabella 128. Posizionamento delle imprese francesi del campione lavoro Capofila Numero imprese Totale di cui con subfornitrici 30 100,0 Subfornitrici 1° livello Totale di cui con subfornitrici 6 6 16,7 48,0 Valore assoluto 30 % 83,3 Fonte: elaborazioni Ciriec. Tutte le imprese capofila che si sono intervistate possono essere classificate nella tipologia di impresa che si è chiamata modello 1. Rispetto a quel modello le imprese parigine accentuano la caratterizzazione di imprese legate alla fase del design e dei rapporti con i mercati di sbocco e delle materie prime. Si tratta in sostanza di capofila che acquisiscono ordini, acquistano la materia prima e disegnano il prodotto 43 Le difficoltà incontrare nella ricerca sul campo sono da attribuire a fattori diversi: spesso le imprese hanno percepito l’intervista come uno strumento a favore della temibile concorrenza italiana e in molti casi hanno fatto notare di soffrire di un sovraccarico di richieste di informazioni per ricerche di mercato e l’inusualità dello strumento dell’intervista diretta. 44 Il risultato non convince completamente. E’ plausibile ritenere che la risposta generica di non avvalersi di servizi esterni riguardi fasi contigue al processo produttivo come marketing etc.; mentre in realtà continuino a usare servizi esterni per esempio per le questioni legali. demandando ad altri tutte le fasi di produzione e nella quasi totalità dei casi anche la realizzazione dei prototipi e l’ingegnerizzazione dei prodotti. Esse rappresentano di fatto l’anello di congiunzione tra i mercati di sbocco e delle materie prime, e strutture produttive più o meno complesse -che a loro volta si avvalgono di strutture di subfornitura spesso localizzate come si è visto in paesi a basso costo del lavoro-. Tutte le imprese subfornitrici possono invece essere classificate nel modello 6 visto in Lombardia: imprese che svolgono tutte le fasi del ciclo produttivo, anche quelle a maggior valore aggiunto, proponendo alla capofila un prodotto da loro interamente realizzato. Queste imprese, che hanno anche reparti produttivi interni dove vengono svolte le fasi strettamente produttive a maggior valore aggiunto - sicuramente la costruzione dei prototipi e la campionatura -, si rivolgono ad ulteriori livelli di subfornitura per la realizzazione della serie. La domanda di lavoro Come risulta dalla tabella 129 -i cui dati devono comunque essere considerati con moltissime cautele- le imprese intervistate nell’area di Parigi hanno creato nel 1995 0,3 posti di lavoro ogni 100 addetti. Il 1996 è stato invece un anno particolarmente positivo con 12,9 posti creati per cento addetti. Tabella 129. Addetti, assunzioni, francesi del campione lavoro Anno Addetti Assunzioni 1995 650 1996 744 1995744 1996 Fonte: elaborazioni Ciriec. 8 102 110 uscite, Uscite 6 8 14 turn-over, saldo: 1995-1996, TurnTasso % Saldo over turn-over 14 2 2,2 110 94 14,8 124 96 16,7 imprese Posti creati per 100 addetti 0,3 12,6 12,9 * i dati si riferiscono alle 24 imprese che hanno risposto. Si tratta di un risultato che esagera una tendenza reale: una crescita modesta del numero degli occupati tra 1994 e 1995; ed una crescita più accentuata tra 1995 e 1996. Se si considera un sottoinsieme di 33 imprese della haute couture si può notare la crescita della dimensione media in termini di addetti che passa da 107,1 nel 1994, a 108,7 nel 1995, a 119,1 nel 1996.45 L’andamento positivo rilevato è da attribuire completamente alle imprese classificate come capofila, dato che le imprese conto terzi, sia nel 1995 che nel 1996 hanno saldo nullo tra entrate ed uscite. Tabella 130. Addetti, assunzioni, francesi capofila del campione lavoro Anno Addetti Assunti 1995 592 8 1996 686 98 TOTALE 686 106 Fonte: elaborazioni Ciriec. uscite, Dismessi 6 4 10 Addetti Assunti 1995 1996 TOTALE 58 58 58 0 4 4 Dismessi 0 4 4 saldo: Tasso Turnove Turnove r r 14 2,4 102 14,9 116 16,9 Tabella 131. Addetti, assunzioni, uscite, francesi sub-fornitrici del campione lavoro Anno turn-over, turn-over, saldo: Tasso Turnove Turnove r r 0 0 8 13,8 8 13,8 1995-1996, Saldo Posti per 100 addetti 2 94 96 0,3 13,7 14,0 1995-1996, Saldo imprese imprese Posti per 100 addetti 0 0 0 Fonte: elaborazioni Ciriec. I dati sulla previsione delle assunzioni mostrano un quadro molto più statico. La metà delle imprese prevede di assumere personale nei prossimi sei mesi, ma nella maggior parte dei casi (8 su 12 imprese) non è in grado di quantificare le assunzioni che verranno effettuate. L’altro 50% delle imprese manterrà l’organico attuale. In complesso comunque il risultato non è diverso da quello rilevato in Toscana e in Lombardia: il numero di assunzioni previste è poco meno dell’8% di quelle effettuate nel corso del solo 1996, ed i posti vacanti sono l’1,1% degli addetti. 45 Nostre elaborazioni su dati CCF. 0 0 0 Le imprese che prevedono di assumere considerano questa decisione legata alla propria strategia - ampliamento capacità (44,4%) -, alla variazione positiva degli ordinativi (44,4%) e solo in misura minore a necessità di sostituzione di personale in uscita (11,2%). Le imprese che prevedono di mantenere l’organico stabile legano la decisione principalmente alla previsione di stabilità del fatturato (57,1%); le restanti imprese sembrano avere maggiori difficoltà poiché dichiarano di non ridurre l’organico nelle condizioni di domanda attuali. Un’indicazione importante può essere ricavata dalla seguente constatazione: nessuna delle imprese che ha dichiarato di non assumere né ridurre spiega questo atteggiamento con la preferenza accordata all’esternalizzazione di fasi e funzioni. Ciò può dipendere dal fatto che il sistema di subfornitura è così stabile e strutturato da non poter offrire ulteriori elementi di flessibilità alla struttura produttiva; oppure che le imprese non considerano l’esternalizzazione uno strumento di flessibilità produttiva, poiché la loro struttura organizzativa è tale da non permetterne l’uso. L’analisi della struttura funzionale delle imprese sembra favorevole a questa seconda ipotesi: queste hanno attivato al loro interno le funzioni strategiche principali mentre la produzione è quasi completamente esternalizzata; esternalizzare funzioni strategiche potrebbe significare la perdita dei vantaggi competitivi di cui si è in possesso. Le forme contrattuali Lo stock degli occupati è inquadrato pressoché totalmente con contratto a tempo indeterminato. Tale quota si riduce nei flussi pur restando superiore all’80%, e si riduce ancora di più nelle previsioni dove scende al 66,7%. L’unica forma contrattuale atipica di un qualche interesse, come si può notare dalla tabella 132, è il tempo determinato che nelle previsioni è l’unico strumento di flessibilità utilizzato dalle imprese. Tabella 132. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese francesi del campione lavoro (%) Tipo di contratto Tempo determinato Part time A domicilio A cottimo Collaborazione Altro Tempo indeterminato TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Dipendenti Assunti 95/96 1,6 0 0 0,3 0 0 98,1 100,0 7,4 0 0 3,7 1,9 3,7 83,3 100,0 Assunzioni previste 33,3 0 0 0 0 0 66,7 100,0 Figura 15. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Dipendenti Assunti 95/96 o de te rm in ltr A zi la Te m po in ol C Te m at o e on o bo ra tti co A A do m ic ili m o e im tt ar P po de te rm in at o Assunzioni previste A differenza di quanto si è visto in Toscana e in Lombardia, gli addetti delle imprese intervistate nell'Ile de France sono equamente suddivisi tra maschi e femmine (51,3%). Questo può essere spiegato considerando, come si vedrà meglio tra breve, che si tratta di imprese che non svolgono attività direttamente produttive, quelle nelle quali in Italia era preponderante la presenza femminile. La struttura per inquadramento contrattuale è centrata su inquadramenti relativi a impiegati, quadri e dirigenti che nel complesso rappresentano il 75,3% dei dipendenti. Gli operai rappresentano appena il 12% dei dipendenti. Tabella 133. Dipendenti delle inquadramento contrattuale (%) imprese Inquadramento contrattuale Dirigenti Direttivi, quadri Impiegati Categorie speciali (intermedi) Capi operai Operai specializzati Operai comuni Apprendisti Altro Totale dipendenti Imprenditori Familiari coadiuvanti Totale indipendenti TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. francesi del campione lavoro Totale 8,8 9,9 60,8 0,0 1,1 7,7 1,7 2,8 5,5 98,3 1,7 0,0 1,7 100,0 La disaggregazione per area funzionale e sesso non mette in luce alcuna particolare polarizzazione della manodopera femminile in specifiche aree funzionali come avveniva in Toscana e Lombardia. per Tabella 134. Dipendenti delle imprese francesi del campione lavoro per area funzionale e sesso (%) Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema inf., CED Progettazione, R&S Qualità Vendite, marketing, assistenza post-vendita Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione Altri servizi Totale complessivo Fonte: elaborazioni Ciriec. Maschi 11,9 20,9 3,0 0,0 7,5 0,0 52,2 1,5 0,0 3,0 0,0 100,0 Femmine 4,5 25,8 3,0 0,0 3,0 0,0 54,5 3,0 0,0 6,1 0,0 100,0 I titoli di studio La struttura degli occupati per titolo di studio è molto diversa rispetto a quella riscontrata in Lombardia e in Toscana. Come si può notare oltre i _ degli addetti è in possesso di un diploma; tale quota sale al 90% tra gli assunti. Non sono presenti laureati né nello stock né tra gli assunti recenti, ma le previsioni di assunzione riguardano per il 16,7% personale in possesso di un triennio universitario. Questa situazione è naturalmente una conseguenza dei differenti livelli di scolarità complessiva della forza lavoro di Italia e Francia, ma è anche significativa di funzioni diverse attivate all’interno delle imprese. Tabella 135. Addetti, assunti, previsti delle imprese francesi del campione lavoro per titolo di studio (%) Titolo di studio Elementare Media Diploma Laurea TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. Addetti Assunti 1,2 22,6 76,2 0,0 100,0 Previsioni 1,9 9,3 88,9 0,0 100,0 0 5,5 77,8 16,7* 100,0 * DEA universitario. Figura 16. Addetti, assunti, previsti delle imprese francesi del campione lavoro per 100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 Addetti 50,0 Assunti 40,0 Previsioni 30,0 20,0 10,0 0,0 Elementare Media Diploma Laurea titolo di studio Le aree funzionali L’analisi per area funzionale mette in luce in modo molto netto la distanza tra le imprese intervistate a Parigi e quelle toscane e lombarde. La produzione pesa per appena il 4,5% degli addetti contro il 75% circa di Toscana e Lombardia; oltre la metà degli addetti svolge attività relative alla vendita, al marketing e all’assistenza postvendita; ed un altro 25% circa è occupato in attività relative alla gestione d’impresa. La funzione di progettazione e R&S occupa una quota di addetti -5,3% - maggiore rispetto a Toscana e Lombardia . Questa caratterizzazione delle imprese parigine si accentua se si considerano i dati relativi alle sole imprese capofila.46 46 Per le subfornitrici i dati rilevati non sono attendibili. Tabella 136. funzionale (%) Addetti delle imprese francesi capofila del campione lavoro per area Area funzionale Direzione Amministrazione, finanza, controllo gestione Risorse umane Sistema inf., CED Progettazione, R&S Vendite Marketing Assistenza post-vendita Qualità Acquisto materiale Attività tecniche di produzione Produzione altri servizi Totale complessivo Fonte: elaborazioni Ciriec. Totale Capofila 8,3 23,3 3,0 0,0 5,3 53,4 0,0 2,3 0,0 4,5 0,0 100,0 7,8 16,4 3,4 0,0 6,0 59,5 0,0 2,6 0,0 4,3 0,0 100,0 La decisione di assumere Le grandi differenze viste in precedenza relative alla struttura occupazionale delle imprese parigine rispetto alle italiane scompare completamente in rapporto alla ricostruzione delle strategie di assunzione offerta dagli imprenditori. Si è visto il prevalere di ragioni strategiche nella programmazione delle assunzioni, a questo non corrisponde però un ampliamento dell’orizzonte temporale in cui vengono prese le decisioni. Gli intervistati affermano in più della metà dei casi di avere assunto con una programmazione inferiore ai tre mesi; circa il 91% delle imprese ha operato in un orizzonte inferiore a sei mesi e tutte entro i 12 mesi. Tutte le imprese che prevedono di assumere lo faranno invece nei prossimi sei mesi. Tabella 137. lavoro (%) La programmazione delle assunzioni delle imprese francesi del campione Tempo di programmazione Inferiore a 3 mesi 3 mesi 6 mesi 12 mesi 24 mesi TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. % su numero di risposte 54,5 27,3 9,1 9,1 0 100,0 cumulata 54,5 81,8 90,9 100,0 100,0 ite nd Ve he ic cn te tri al i iz rv se ne io uz od ne io uz od le ia er at m pr Pr di to à lit ua Q ta di &S R ED C en -v st po is qu Ac za e, f., in e an um on zi ta et en st si As ità tiv At g tin ke ar M og Pr a em st si se or ris ne io st Figura 17. Addetti delle imprese francesi capofila del campione lavoro per area funzionale % totale % capofila La modalità di selezione del personale appare anche nell’area di Parigi spostate su procedure informali quali la segnalazione (40%) - in maniera anche più accentuata rispetto a Toscana e Lombardia - e sulla selezione diretta (30%); maggiore peso che in Italia è assunto dal collocamento pubblico (13,3%). Si ricorre ai consulenti nel 6,5% dei casi; una percentuale del tutto simile ricorre al reclutamento attraverso i contatti diretti con la scuola. La decisione di assumere è presa nella gran parte dei casi (70%) a livello di un organo di decisione collegiale - comitato di direzione -; nel restante 30% dei casi è direttamente il titolare a decidere. Il fabbisogno professionale Per quanto riguarda il fabbisogno professionale le imprese intervistate non sono state in grado di fornire un livello di informazione tale da permettere la costruzione dei quattro indici già utilizzati, ma soltanto dell’indice di previsione e di difficoltà di reperimento. Le informazioni che si sono potute raccogliere sono però indicative di comportamenti nettamente differenziati rispetto alle due regioni italiane. Le previsioni di assunzione mostra la centralità di figure professionali intermedie, che nelle classifiche relative alle imprese toscane e lombarde erano emerse solo secondariamente: il 66,7% delle figure segnalate appartiene infatti al grande gruppo delle professioni intermedie (3) In particolare il 66,7% delle imprese che dichiara di assumere è interessata a personale con competenze tecniche da adibire a funzioni di addetto acquisti (3.3.3/b). Il 16,7% è interessata ad assumere stilisti; ed anche le figure operaie indicate - modellisti - (6.5.3) riguardano una delle fasi a più alto valore aggiunte del ciclo produttivo. Tabella 138. (ISTAT 3 cifre) Cod. Indice di previsione Figure professionali 2.5.5.9 3.1.2 3.3.3/a 3.3.3/b 3.3.4 6.5.3 Stilisti Responsabile produzione Tecnici vendita, marketing, P. R. Resp. mag. E acq. Rappresentanti Modellisti TOTALE Fonte: elaborazioni Ciriec. nelle imprese settori interessati b c a a a b francesi indicazioni 2 2 2 8 2 2 18 del campiona Imprese rispondoNo 12 12 12 12 12 12 lavoro indice previsione 0,17 0,17 0,17 0,67 0,17 0,17 Le indicazioni legate alla difficoltà di reperimento hanno riguardato anch’esse soprattutto figure professionali intermedie, quando, come si ricorderà, soprattutto in Toscana era evidente una forte concentrazione su figure di produzione. La maggiore concentrazione si risposte si ha su figure del grande gruppo 2. Tabella 139. Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese francesi del campione lavoro (ISTAT 2 cifre) Cod. 2.5 3.1 3.3 4.1 6.5 Figure professionali Specialisti in scienze dell'uomo Tecnici in scienze quantitative, fisiche naturali Tecnici di ufficio Impiegati di ufficio Artigiani e operai tessile, abbigliamento, pelli e cuoio TOTALE Numero Indicazioni 5 1 3 2 3 % su 11 imprese 45,5 9,1 27,3 18,2 27,3 14 Fonte: elaborazioni Ciriec. Si tratta di stilisti, come si può notare dalla tabella 140, cui è associato l’indice di difficoltà più alto. Seguono figure intermedie relative a funzioni commerciali, di marketing e di post-vendita, e solo in terza posizione le imprese indicano difficoltà nel reperire figure operaie, comunque legate a fasi ad alto valore aggiunto. Tabella 140. Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle imprese francesi del campione lavoro (ISTAT 3 cifre) cod. Figure professionali 2.5.5. Stilisti 9 6.5.3 Artigiani e operai tessile e abbigliamento 3.3.3/ Tecnici vendita, marketing b 4.1.2 Impiegati amministrativi e di controllo 3.1.2 Tecnici in scienze ingegneria 3.3.3/ Responsabili magazzino e acquisti a TOTALE Sett. interessat i a Numero Indicazioni Numero Imprese Indice di difficoltà 5 12 0,42 b 3 10 0,30 a 2 12 0,17 a a a 2 1 1 12 12 12 0,17 0,08 0,08 14 Fonte: elaborazioni Ciriec. Le imprese intervistate hanno fatto ricorso alla formazione in pochissimi casi (solo l’8,3% delle imprese dichiara di avere svolto corsi di formazione), mentre la metà hanno attivato al loro interno stage formativi. Da notare infine come sia molto più diffusa che tra le imprese toscane e lombarde la richiesta di precedenti esperienze lavorative. Sintesi e indicazioni di policy Il cosiddetto processo di globalizzazione delle economie ha provocato effetti profondi sull’industria della moda italiana ed europea. E’ anche vero, però, che un decennio di forte competizione a livello internazionale ha già determinato un processo selettivo da cui sono emersi come protagonisti sia dei competitori globali, tra cui alcune imprese italiane, sia dei veri e propri sistemi di piccola impresa. Proprio l’intensità delle trasformazioni in atto induce a tentare di ricostruire la dinamica odierna attraverso la descrizione di differenti modelli economico-produttivi, individuati nel corso dell’indagine, e l’analisi degli ambienti competitivi entro cui essi si misurano. Il punto di arrivo è l’individuazione di alcuni possibili ambiti di intervento strategico, al fine di contribuire ad orientare l’evoluzione dell’industria della moda toscana, tuttora fonte non secondaria di occupazione. Modelli competitivi L’analisi dei differenti insiemi di unità produttive che compongono l’industria della moda italiana e francese ha consentito di enucleare proprietà strutturali che differenziano tre aggregati economico-produttivi. Le proprietà si traducono in distinti modelli di funzionamento e profili competitivi, ma bisogna sottolineare che le differenze sono molto più nette tra l’industria francese e le altre due che fra queste ultime. Il punto di partenza della presente esposizione dei risultati conoscitivi acquisiti è la descrizione sintetica di tre sistemi produttivi. Nel sistema toscano un elevato grado di prossimità territoriale tra sub-fornitori e committenti è alla base di aree integrate di piccola impresa a livello locale (provinciale e sub-provinciale). Sono altresì individuabili cinque modelli di impresa (vedi paragrafo 4.2.1), all’interno di un sistema complessivo essenzialmente composto di due sub-sistemi: 1) un insieme di realtà gravitanti su un ristretto numero di imprese medio-grandi, che competono a livello internazionale; 2) un micro-universo delle piccole imprese produttrici di beni in conto proprio e in conto-terzi, che operano attraverso molteplici circuiti e flussi economico-mercantili. I due sub-sistemi hanno ottenuto nel periodo recente performances molto differenti: alti tassi di sviluppo il primo; nel complesso soddisfacenti -pur dopo un drastico processo selettivo- gli indicatori per il secondo. Una proprietà importante del sistema toscano è la elevata flessibilità produttiva, ottenuta grazie ad una scomposizione del ciclo in un ambito circoscritto. La distribuzione in una o più aree delimitate delle sequenze di fasi produttive ha permesso il tempestivo adattamento ad una domanda variabile di un modello operativo, incentrato sulla produzione di piccoli lotti di livello qualitativo medio-alto. Flessibilità ed adattamento si sono coniugati con particolari modalità di interrelazioni aziendali, in quanto la necessità di adeguamento alle esigenze del mercato hanno indotto una configurazione settoriale basata su relazioni stabili nel tempo, ma non estese a forme di profonda collaborazione in campo tecnico-produttivo. L’addensamento localizzato di aziende ha infatti favorito la diffusione di rapporti informali e mutevoli, mirati esclusivamente sul soddisfacimento di singole commesse. La ricerca di rapporti meno formalizzati, invece della creazione di gruppi formalizzati, ha però alimentato una dinamica tecnico-economica piuttosto vivace se, come risulta dall’indagine, le imprese stanno esercitando un apprezzabile sforzo innovativo (sviluppo di nuovi modelli/disegni, ricerca di nuovi materiali) in seguito alla pressione competitiva dei paesi a basso costo del lavoro. Un elemento da rimarcare, infine, è il livello elevato di produttività del lavoro, raggiunto in passato e previsto per il futuro da un tessuto produttivo con le indicate proprietà, a cui vanno aggiunte altre due caratteristiche: 1) carattere locale dell’elaborazione delle conoscenze e dei circuiti informativi tecnico-professionali; 2) consistente ricorso a servizi esterni alle imprese soprattutto per quanto riguarda i servizi amministrativi (finanziari e di gestione). Il sistema moda lombardo presenta alcune proprietà differenti da quelle del sistema toscano, a cui è peraltro accomunato da un alto ricorso al decentramento produttivo, al fine di fronteggiare la variabilità della domanda. L’elemento distintivo è però costituito dal minore radicamento territoriale della sequenza di fasi del ciclo economico-produttivo: la distribuzione su ampia scala (regionale, nazionale, estera) dei sub-fornitori e delle attività o funzioni ritenute utili si è unita alla creazione di forme di integrazione produttiva con unità sub-fornitrici soprattutto italiane, ma anche estere. All’ampliamento dell’estensione territoriale del ciclo corrisponde la ricerca di una maggiore integrazione strutturale ed operativa: emerge infatti una significativa estensione del ricorso a collaborazioni stabili tra imprese sulla base non di contratti, bensì di relazioni tecnico-produttive di ampia durata. Nell’industria della moda lombarda è stata inoltre rilevata una minore tendenza ad esternalizzare fasi produttive; ciò costituisce una conferma del fatto che ivi le imprese tendono ad essere meno disintegrate di quelle toscane. E’ quindi logico ritenere in Lombardia vi sia un differente mix di integrazione e flessibilità: ampia flessibilità territoriale nella scomposizione delle sequenze di fasi di produzione e integrazione tecnico-produttiva (rapporti di collaborazione tra imprese nelle fasi di livello elevato). Questo mix mostra, infine, una più marcata propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa. Abbiamo visto che in Toscana, invece, l’integrazione sistemica a livello di area è unita ad una estrema flessibilità del ciclo di produzione, incentrata su forme non stabili di relazioni interaziendali. Il mix toscano di integrazione flessibilità esprime inoltre una più modesta propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa. Il sistema moda francese si differenzia nettamente dagli altri due per una forte polarizzazione tra un nucleo ristretto di grandi case ed un esteso aggregato di unità produttive di dimensioni molto ridotte. Quest’apparato economico-produttivo, interessato negli ultimi anni da ampi processi di decentramento e delocalizzazione produttiva verso paesi con più basso costo del lavoro, presenta alcune proprietà peculiari: 1) scarsa propensione innovativa, tranne che nelle imprese maggiori ed in quelle che producono per stilisti famosi; 2) ridotta dimensione e semplicità organizzativa della maggior parte delle unità; 3) elevata standardizzazione della produzione; 4) progressivo impoverimento degli input di creatività nella tipologia prevalente del prodotto (pret à porter); 5) decremento qualitativo e quantitativo della manodopera impiegata. La configurazione complessiva dell’industria francese della moda appare particolarmente influenzata dalle modalità di organizzazione dell’apparato distributivo: il progressivo consolidamento di catene specializzate e della grande distribuzione ha evidentemente innescato la dinamica verso la specializzazione in produzioni destinate verso target di domanda interna a modesto contenuto qualitativo. Dalle precedenti riflessioni si può dedurre che il sistema moda francese è fondamentalmente caratterizzato da due fenomeni congiunti: 1) delocalizzazione del ciclo produttivo in senso stretto, fortemente ridotto a livello nazionale e distribuito in ambito internazionale; 2) sviluppo esteso dei meccanismi distributivi, fenomeno che possiamo definire superfetazione distributiva. Ambiente competitivo I due differenti mix di integrazione e flessibilità, da un lato, e le superfetazione distributiva, dall’altro, si traducono in corrispondenti tipologie di prodotto e di modalità competitive. Le imprese toscane e lombarde si collocano su fasce di mercato medio-alto, mentre la gran parte di quelle francesi si rivolgono a fasce di domanda di bassa qualità. Le unità toscane sono maggiormente proiettate verso i mercati esteri, dove maggiore è la concorrenza di prezzo, ma mostrano un minor grado di innovatività e risentono negativamente dell’assenza di una specializzazione dell’industria regionale nella produzione di beni capitali. Caratteristiche opposte mostra invece il sistema moda lombardo. Entrambi i micro-universi utilizzano, come meccanismi di proiezione sui mercati, canali distributivi basati su negozi indipendenti, con i quali sono intessute relazioni organizzative mediante un ampio apparato di agenti e rappresentanti plurimandatari. E’ superfluo precisare che alcune grandi unità della moda, veri e propri competitori globali, si caratterizzano evidentemente per la capacità di attuare strategie autonome e di impostare marketing mix verso differenti mercati. L’ampio aggregato di imprese, riconducibili ai 6 modelli descritti nel testo, opera invece nell’ambito di un esteso processo di frammentazione delle vendite, che esige uno sforzo organizzativo e commerciale piuttosto elevato, ma disperso in una miriade di unità attive. Lo scenario competitivo dipende, dunque, essenzialmente dal grado in cui il livello qualitativo del prodotto, sul mercato interno ed estero, isola per così dire dalle pressioni competitive dei paesi con bassi costi. Si può ritenere che la collocazione su fasce di mercato medio-basse implichi un inarrestabile processo di emarginazione produttiva, come dimostra l’esempio francese, dove la superfetazione distributiva è complementare all’impoverimento della qualità delle produzioni ed è al tempo stesso effetto della pressione concorrenziale esercitata da produttori dei paesi emergenti. In sintesi, quindi, nei tre sistemi della moda sono individuabili due tipologie competitive generali: mix di integrazione-flessibilità, da un lato, superfetazione distributiva, dall’altro. Le differenze interne al mix hanno comunque una base comune essenziale: esiste un core tecnico-produttivo, differentemente distribuito a livello territoriale, ma pur sempre sviluppato e progressivamente consolidato. Determinati fattori hanno favorito la capacità di competere delle unità appartenenti ai tre insiemi: qualità del prodotto, design, flessibilità produttiva, rapporto prezzo/qualità, gamma dell’offerta sono i punti di forza dell’industria toscana; oltre che per i precedenti fattori le imprese lombarde si distinguono per le innovazioni di prodotto e i tempi di consegna; l’industria francese eccelle soprattutto nel rinnovo rapidissimo dei prodotti e per i tempi molto stretti di consegna. Da queste proprietà fondamentali dipendono poi gli stili competitivi radicalmente diversi per tipologie di prodotte e ambiti concorrenziali in cui si verifica la proiezione verso la domanda. Le potenzialità dei modelli competitivi in uno scenario in evoluzione Sull’orizzonte futuro dell’industria della moda italiana e toscana sembrano profilarsi almeno tre possibili linee evolutive. Una può essere individuata nel modello francese, cioè nella riorganizzazione dell’apparato distributivo, con l’emergere di grandi soggetti in grado di razionalizzare i flussi e al tempo stesso di ridurre sia i costi di vendita sia i lag temporali nella consegna dei prodotti. Questo scenario ha però costi elevati in termini quantitativi e qualitativi, come dimostra appunto l’esempio dell’Ile di France, dove la rete distributiva ha avuto come pendant un depauperamento sostanziale della sfera produttiva. Una seconda linea di possibile evoluzione può essere individuata nell’ulteriore sviluppo ed estensione di aggregazioni semi-verticali tra imprese, in sostanza attraverso l’ulteriore consolidamento dei grandi gruppi, da un lato, e l’estensione dei modelli di integrazione descritti a proposito dell’industria lombarda, dall’altro. Questa prospettiva ha qualche fondamento, ma non appare in grado di ingenerare forti incrementi occupazionali, perché non esprime attualmente consistenti potenzialità espansive. In altri termini, soprattutto per quanto riguarda la Toscana, i pochi competitori globali esistenti non esercitano un’azione propulsiva verso l’intero universo regionale della moda. E’ più probabile, invece, che essi continuino ad essere un centro nevralgico di un sottoinsieme del sistema specialmente grazie al consolidamento di forme stabili di relazioni interaziendali con unità selezionate all’interno della gerarchia della sub-fornitura. In questa prospettiva le potenzialità di sviluppo, consistenti per il sub-sistema ma limitate per l’industria della moda nel suo complesso, si fondano su due presupposti fondamentali: 1) consolidamento e valorizzazione di livelli medio-alti di prodotto, ottenuti mediante la specializzazione artigianale delle fasi propriamente produttive, 2) elevata attitudine strategica nella proiezione sui mercati, basata su strutture commerciali e marketing mix in grado di favorire dinamiche di endogenizzazione della domanda. La terza linea evolutiva riguarda il secondo sub-sistema dell’industria toscana, composto di una miriade di unità distribuite su vari livelli di sub-fornitura e funzionanti secondo differenti modelli operativi . In questo micro-universo il cuore pulsante è l’ambito produttivo in senso stretto, mentre i flussi dei prodotti si riversano sui mercati attraverso il processo di frammentazione delle vendite al dettaglio. Siamo dunque di fronte ad unità con una accentuata specializzazione artigianale delle lavorazioni ed intrinseci limiti di imprenditorialità. Le realtà aziendali cui ci riferiamo perseguono sistematicamente la qualità, ritenuta condizione necessaria e sufficiente per incontrare la domanda interna ed estera. L’aspetto più delicato, su cui è opportuno riflettere, è però il seguente: il processo di frammentazione delle vendite significa di fatto una moltiplicazione dei circuiti economico-mercantili, con punti di incontro tra offerta (interna) e domanda (internazionale) dispersi sul territorio nazionale ed estero secondo logiche conoscibili solo nei termini generali, ad esempio: presenza di beni storici e monumentali; addensamenti di funzioni qualificate (aree e centri urbani); agglomerati insediativi con particolari target di clientela (quartieri residenziali), ecc. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’aggregato composito di punti vendita al dettaglio dei prodotti della moda esistenti nel centro storico di Firenze: un semplice (ed approssimato) calcolo dei flussi di turisti organizzati ed orientati verso i negozi significa attualmente una domanda potenziale fluttuante di grande dimensione quantitativa. Si tratta al momento di un mondo brulicante delle più disparate iniziative economiche (reti distributive, tour operators), che convergono nell’indirizzare domanda ed offerta, ma è importante tenere presente che esso è un mix di prodotti di nicchia, di segmenti di qualità medio-alta a consistente diffusione e di insiemi di beni meno pregiati. Le potenzialità future del secondo sub-sistema dell’industria toscana della moda dipendono in modo cruciale da quanto accadrà in tale micro-universo e dalle azioni intraprese per introdurre in esso elementi nuovi, alla luce di due punti basilari. E’ da escludere l’adozione del modello francese di configurazione settoriale ed appare irrinunciabile il mantenimento della specializzazione artigianale, ancorata a competenze e professionalità, che devono essere eventualmente rinnovate dal punto di vista tecnologico e generazionale. Emerge però un altro punto decisivo, dato dal fatto che, mentre i grandi gruppi sono in grado di elaborare ed attuare proprie strategie di proiezione sui mercati, il secondo sub-sistema di imprese deve compiere un salto qualitativo sul piano delle funzioni non direttamente produttive, se intende resistere a pressioni competitive sul prezzo (attualmente) e sulla qualità (un futuro sempre più vicino). Indicazioni per le politiche Per valutare gli ambiti per possibili interventi strategici è opportuno tenere presente, oltre al quadro evolutivo descritto nei paragrafi precedenti, le potenzialità occupazionali di tre aggregati economico-produttivi, esaminati nel corso dell’indagine. Il dato più significativo emerso è che nel periodo medio-lungo l’industria toscana della moda ha mostrato una capacità di creare occupazione chiaramente superiore a quella dell’industria lombarda e francese. E’ stato altresì argomentato come sia arduo ipotizzare che i tre sistemi moda possano rispondere alla sfida competitiva internazionale mediante la creazione di un volume significativo di nuovi posti di lavoro. Appare logico attendersi che i differenti modelli produttivi presentino specifiche modalità di reazione alla dinamica concorrenziale, a seconda delle proprie peculiarità strutturali. In questa prospettiva appare fondato ipotizzare che l’attitudine competitiva delle aree locali integrate (come nel caso della Toscana), si misuri attraverso particolari forme di flessibilità, espresse non tanto e non solo in variazioni dei volumi degli addetti delle imprese strutturate, quanto in un una dinamica più o meno intensa di genesi e chiusura di piccole aziende. Questo tipo di processo corrisponde alla razionalità adattativa che contraddistingue il sub-sistema non gravitante sui grandi gruppi. E’ anche probabile che l’industria lombarda, organizzata in forme più strutturate, persegua differenti strategie di risposta, mirate soprattutto su obiettivi di medio-lungo periodo più che aggiustamenti tempestivi alle commesse in arrivo. Un dato di fondo, su cui è opportuno richiamare l’attenzione ai fini di una riflessione in tema di policy, è la differente composizione qualitativa degli addetti tra l’industria toscana e lombarda. Nella prima prevalgono nettamente attività produttive e quindi la manodopera è in misura preponderante caratterizzata da bagagli professionali tecnico-pratici. Nella seconda è minore la rilevanza della sfera produttiva e -pur in relazione ad unità con specializzazione artigianale- è piuttosto significativo il fabbisogno di apporti e competenze essenziali per lo sviluppo di funzioni complementari rispetto alla produzione (vendita e marketing, ingegneria della produzione), ma strategiche in una prospettiva di competizione su nuove basi. Dall’analisi svolta risulta, pertanto, un quadro sufficientemente definito di livelli su cui esercitare azioni strategiche nella nostra regione. Essendo improponibile il modello francese per le regioni più volte espresse nei paragrafi precedenti, un primo punto da assumere è l’esigenza di salvaguardare e rafforzare il core tecnico-produttivo del settore a livello regionale; ciò significa attribuire centralità alla qualità delle lavorazioni, basata sullo sviluppo di lungo periodo della specializzazione artigianale. Di qui la grande importanza potenziale di interventi congiunti sul piano della formazione professionale e sul terreno fiscale-finanziario per l’incentivazione di posti di lavoro ad alo contenuto qualitativo, nel senso precedentemente indicato. Il binomio qualità-competitività non è però garantito adeguatamente senza la creazione di un nuovo trait d’union tra le molteplici unità appartenenti ai sub-sistemi. Intendiamo riferirci alla necessità di stimolare l’effettuazione di un salto qualitativo di imprenditorialità da parte di un segmento importante di imprese, che abbiamo definito capofila. Riteniamo infatti decisivo per l’evoluzione dell’industria toscana che queste ultime siano interessate da un processo di transizione da unità eminentemente produttive ad insiemi più complessi di funzioni. Il passaggio ad una visione e ad un modello di funzionamento come micro-sistemi appare essenziale per instaurare nuove modalità operative a due livelli: 1) nei rapporti con il mercato, per il quale non è più sufficiente produrre un bene ad alto valore aggiunto, ma occorre perseguire strategie sistematiche di proiezione mediante alleanze, joint ventures, accordi di collaborazione, ecc. 2) Nei rapporti con i produttori di materie prime, al fine di sviluppare sinergie di filiera (conceria/pelletteria/calzature, tessile-abbigliamento) integrando il know how accumulato in differenti segmenti economico-produttivi, in modo da rafforzare la base da cui proiettarsi nella competizione. Appare evidente come questo salto di imprenditorialità implichi inevitabilmente una crescita dimensionale, ma soprattutto lo sviluppo di modalità di funzionamento sistemico, cioè di modelli di funzionamento e gestionali maggiormente orientati alla ricerca di integrazioni di sistema attraverso forme di aggregazione semi-stabili (per progetti, strategie di presenza sui mercati, ecc.). Questa tesi porta immediatamente ad un terzo possibile livello di intervento strategico, ovvero lo sviluppo -anche per il tessuto di piccole imprese non legate ai grandi gruppi- di strumenti promozionali e di comunicazione, che consentano al sistema moda regionale di aggredire i mercati non più solo con prodotti di qualità, bensì con beni che, oltre ad essere di qualità elevata, siano anche di griffe. E’ opportuno sottolineare, infatti, che la domanda tende sempre più a polarizzarsi su due estremi: prodotti a basso prezzo e prodotti firmati. Gli ambiti indicati di policy dovrebbero infine trovare un elemento propulsore fondamentale nella dinamica innovativa per l’intero comparto. E’ auspicabile che la diffusione di innovazioni tra le imprese minori si espliciti secondo almeno tre direttrici: 1) sviluppo dell’industria locale di beni capitali; 2) interazioni sistematiche con i comparti a monte della filiera produttiva; 3) creazione di società specializzate nella realizzazione (con tecnologie innovative) di alcune fasi produttive ritenute particolarmente strategiche (ad esempio il taglio, lo sviluppo dei modelli, ecc.). E’ evidente, infine, che un aspetto cruciale per l’evoluzione del comparto a livello toscano è costituito dalle modalità di interazione tra le grandi unità produttive e le altre componenti: il successo delle prime è basato soprattutto sulla loro capacità di anticipazione strategica delle tendenze di mercato e sull’attitudine ad orientare la domanda con marketing mix globale, ma le loro performances dipendono anche dalla possibilità di avvalersi di un buffer di piccole imprese di produzione. Il punto di arrivo della nostra analisi è allora che la competitività del sistema moda toscano ed italiano si gioca quindi su rapporti quanto più possibile strutturati e interdipendenti tra questi due micro-universi, dal momento che può essere di tutta rilevanza il contributo della piccola impresa all’innovazione e alla differenziazione del prodotto. Bibliografia “Pelletteria di lusso, Firenze decolla”, Il sole24ore, 17/02/1998. 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SCHEDA PER IL MONITORAGGIO DELLE AZIENDE CHE OPERANO NEL SETTORE DELL’ABBIGLIAMENTO Premessa: Si è ritenuto utile mettere a disposizione delle aziende un semplice strumento per facilitare l’autovalutazione in relazione sia alla qualità del personale sia all’efficienza dei processi progettuali e produttivi. Il comparto dell’abbigliamento è estremamente variegato sotto l’aspetto delle dimensioni aziendali, della specializzazione produttiva e dell’approccio al mercato, quindi è impensabile mettere a punto un sistema di monitoraggio a carattere generale. Allora è indispensabile far chiaramente presente agli utenti che ciascuna Azienda è in primo luogo il referente di se stessa e che di conseguenza la compilazione periodica e le successive analisi delle risposte sono il primo passo necessario per valutare se l’Azienda è statica o è in fase evolutiva. Naturalmente le schede affrontano temi generali (pur evidentemente importanti per lo specifico settore) e quindi non hanno la pretesa evidenziare particolari criticità, ma riteniamo siano utili per mettere comunque in risalto i trend sia in progettazione che in produzione. Lo strumento può essere potenziato di molto se le schede compilate sono messe in rete, con le ovvie precauzioni per la privacy, ed elaborate statisticamente, dopo avere individuato classi omogenee di Aziende (anche con diversi criteri di omogeneità): in questo modo si ottiene un panorama vasto e dettagliato di informazioni e soprattutto ciascuna Azienda può confrontarsi con lo stato specifico del settore di appartenenza. Anche in questo caso, è di importanza fondamentale l’analisi ripetuta nel tempo per monitorare la dinamica delle Aziende e di ciascuna di esse rispetto al proprio ambito. Ultimo aspetto che le schede cercano di evidenziare è il rapporto tra qualità tecnica del personale addetto, in relazione alla cultura e all’aggiornamento, e qualità finale del prodotto: alle Aziende, soprattutto alle piccole e medie, deve risultare evidente la necessità di approfondire e aggiornare le conoscenze e capacità di tutto il personale. Nome della azienda: Indirizzo: Principale tipologia di prodotto: Dimensioni di fatturato: n° di reparti presenti e n° di persone impiegate per reparto: n° persone addette alla progettazione e al controllo qualità: o o o o 2 4 6 … o Età degli addetti alla progettazione/c.q.: o ……………. o Percorso formativo degli addetti alla progettazione/c.q.: Scolastico Apprendistato o Corsi di formazione di enti pubblici o Corsi di formazione di scuole private o Altro: ………… Qualità del livello di formazione degli addetti alla progettazione neo assunti: o o o o o o o Ottimo Buono Discreto Sufficiente Insufficiente Esistono rapporti di formazione e/o collaborazione con soggetti esterni: o o o o o o No Si, con aziende dello stesso settore: si/no Si, con aziende di settori diversi: si/no Si, con enti pubblici di formazione Si, con consorzi di aziende Altro: ……………… L’aggiornamento professionale degli addetti avviene tramite: o o o o Corsi di formazione interni Corsi di formazione esterni Nessun aggiornamento Altro: …………. Un centro di formazione specifico per il settore moda sarebbe : o o o o Necessario Non necessario perché la formazione va bene come è Utile per colmare certe lacune Altro: ……………………. Quali sono le maggiori lacune nella formazione del personale ?: o o o o o o o Conoscenze modellistiche Stilistiche Taglio Prototipazione Confezione Controllo altro Quali tra i seguenti interventi sono più efficaci per aumentare la qualità del prodotto : o o o o Investire in formazione degli addetti Investire in strumenti e infrastrutture di produzione Investire in personale qualificato Investire in strumenti di progettazione aggiornati Progettazione Assicurazione della vestibilità Quali tecniche sono usate per gestire la vestibilità dei capi: q q q q q Sistema di classi di base (es. S, M ecc) Sistema di taglie Sistema di taglie + drop Sistema di conformazioni Su misura Controllo della vestibilità Quali tecniche sono usate per la vestibilità: q Manichini rigidi q Manichini con articolazioni e verifica anche della postura q q Manichini di conformazioni Modelli umani Scalatura dei modelli Qual e’ l’origine della scalatura adottata in Azienda: o o o Commerciale Proprietario Consulenza esterna Aggiornamento dei criteri per la vestibilità Quale metodo e’ usato per aggiornare il database per la vestibilità q q q Nessuno Periodico basato sull’invenduto Periodico su base statistica antropometrica Nel caso di impiego di base antropometrica, avviene per mezzo di dati reperiti in q q l’aggiornamento Pubblicazioni Campagne di misura sul campo Sistema di correzione degli errori Come vengono modelli: o o o o gestite le esigenze di variazioni/correzioni In nessun modo Con sistemi puramente manuali Intervenendo sul CAD Usando CAD parametetrici/sistemi esperti Ciclo di sviluppo prodotto Come viene organizzata la produzione: q q Preparando campionari annuali/stagionali Just in time su ordinazione dei clienti Strumenti per la progettazione del capo di abbigliamento Per la progettazione si impiegano strumenti: q q q q Manuali CAD 2D CAD 3D/2D Altro dei Negli ultimi 5 progettazione: o o anni sono stati acquistati nuovi strumenti Si, quali …………… No Si prevede l’acquisto di nuovi strumenti di progettazione nei prossimi 2 anni ?: o o Si No per la Materiali per il capo di abbigliamento o o o Tradizionali Alta tecnologia (fibra, trattamenti, resistenza ecc) Innovativi (provenienti da altri settori, es fibre ottiche, metalliche ecc) Materiali per gli accessori/accessori stessi o o o Tradizionali Alta tecnologia Innovativi Gestione dell’informazione tecnica Durante la fase di progettazione nel suo documentazione tecnica e’ preparata e archiviata: q q q q Da nessuno In modo casuale Da personale addetto Secondo ISO9000 complesso la Produzione Controllo della qualità Il controllo della qualità del prodotto viene effettuato: o o o Mai A campione (indicare la percentuale: Sull’intera produzione ) Quanti controlli vengono effettuati durante il ciclo produttivo: o o o 1 tra 1 e 3 più di 3 Tipo di controllo: o o o o visivo dimensionale test di vestibilità test tecnici (resistenza, colore, stabilità ecc) Scarti di produzione Qual e’ la percentuale di prodotti scartati per insufficiente qualità: o o o o minore di 1% tra 1 e 5% tra 5 e 10% oltre 10% La difettosità e’ dovuta a : o o o materie prime accessori lavorazione Gestione degli scarti Gli scarti di produzione vengono: o o o eliminati riparati venduti sottocosto Azioni di correzione/riparazione scarti Nel caso si intervenga sugli scarti, l’azione viene effettuata o o nella fase progettuale nella fase produttiva Controllo di qualità delle materie prime/semilavorati I controlli sui materiali “in ingresso” alla produzione vengono effettuati: o o o o mai con esame visivo con certificazione del fornitore con prove tecniche (interne o commissionate) Definizione delle quantità prodotte per taglia/conformazione Come si stabiliscono i livelli produttivi per le varie vestibilità: o o o quantità fisse per ogni taglia sull’analisi statistica dell’invenduto sull’analisi statistica delle conformazioni Gestione dell’informazione tecnica Durante le fasi della preparata e archiviata: q q q q produzione la documentazione tecnica Da nessuno In modo casuale Da personale addetto Secondo ISO9000 Informazioni al cliente Le informazioni associate al prodotto (etichette ecc) hanno un contenuto di informazione: o o o o o Minimo di legge Esteso alle caratteristiche dei materiali, procedimento di fabbricazione Ecocompatibilità Vestibilità espressa con il sistema delle taglie Vestibilità espressa con il sistema delle conformazioni Attività promozionale L’informazione verso terzi è assicurata da: o o o o Rappresentanti con campionario Partecipazione a mostre Distribuzione di cataloghi Mezzi multimediali e’