INTRODUZIONE IL PROGETTO Obiettivi L

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INTRODUZIONE IL PROGETTO Obiettivi L
INTRODUZIONE
IL PROGETTO
Obiettivi
L'obiettivo del progetto consiste in un'insieme di servizi integrati sulla progettazione,
prototipazione, controllo della qualità e della formazione di competenze specifiche per le aziende
che operano nel settore dell'abbigliamento.
Il sistema integrato nasce su un fondamentale presupposto scientifico. E' stata condotta
un'azione di acquisizione delle informazioni necessarie per la produzione dell'indumento
attraverso una rilevazione e classificazione delle reali conformazioni antropometriche della
popolazione. Un'azione necessaria per correggere i parametri della progettazione al fine di
garantire una corretta vestibilità.
Nella fase di ricerca sono stati sviluppati i nuovi strumenti quali i manichini antropometrici
Formax® classificati secondo le reali conformazioni della donna, dell'uomo, del bambino e
necessari al controllo della corretta vestibilità ed il sistema d'identificazione ScanFit ® funzionale
all'acquisizione delle informazioni necessarie alla realizzazione dell'indumento oltre che per il
continuo monitoraggio della popolazione finalizzato al mantenimento della rispondenza tra la
classificazione antropometrica e la popolazione.
Ricerca e tecnologia permettono di rielaborare il modello di produzione alla luce dei nuovi
indicatori di qualità. Lo sviluppo del processo ha definito gli assetti per l'elaborazione di una
metodologia formativa avanzata, sviluppata nell'ambito di una più generale riorganizzazione
della didattica modulare e delle specifiche competenze in sostituzione delle qualifiche generiche.
Attraverso quest'insieme di contenuti è stata elaborata la strategia del gruppo Modartech® che,
attraverso i soggetti partner dell'iniziativa ed il sostegno della Regione Toscana nell'ambito del
Programma Operativo obiettivo tre del Fondo Sociale Europeo - azioni innovative, consentono di
incidere significativamente nella produzione industriale dell'abbigliamento nella fase di
progettazione, prototipazione, controllo della qualità e formazione di specifiche competenze
aziendali.
Le Analisi Condotte
Le analisi condotte a motivazione dell’idea progettuale considerano il sistema
industriale dell’abbigliamento, un settore economico che caratterizza l’intera
produzione manifatturiera di molte aree toscane. In particolare, il progetto si focalizza
sul processo di acquisizione d’informazioni necessarie alla produzione e alla
commercializzazione dell’indumento. L’uso di queste informazioni all’interno di un
nuovo processo di produzione, che integra e tendenzialmente rinnova completamente
quello attuale, è applicabile con successo al sistema dei distretti produttivi in tutti i
settori del tessile e dell’abbigliamento.
Del resto l’aumento dei costi di produzione dovuti all’immissione sul mercato di prodotti
non corretti rappresenta un problema generale dell’industria manifatturiera, nella quale
si considerano anche i settori intermedi quali la produzione tessile e del pellame, ecc.
Anche a seguito della particolare composizione per piccole e medie aziende di questo
settore economico1 , spesso localizzate in aree distinte ed organizzate sul modello del
Sistema Produttivo territoriale2 , si percepisce l’importanza del progetto nel rispondere
a reali esigenze d’innovazione strutturale a seguito dell’evoluzione di due fenomeni: la
società dell’informazione e lo sviluppo sostenibile. Il primo riflette un nuovo modo di
relazione tra l’industria ed il consumatore centrato sull’apertura di nuovi canali di
comunicazioni diretti, costanti ed in grado di modificare radicalmente il tipo di relazione
esistente. Il secondo fenomeno impone una gestione delle risorse economiche,
1
2
Varaldo, Bellini, Bonaccorsi: Tendenze e vie del cambiamento dell’industria toscana. Angeli, Milano 1997.
A. Bramanti, A. Maggiori: La dinamica dei sistemi produttivi territoriali. Angeli, Milano, 1997.
energetiche ed intellettuali che abbiano una maggiore considerazione di problematiche
sociali ed ambientali.
Ne consegue che i sistemi produttivi territoriali, composti da un insieme eterogeneo di
soggetti (Imprese, Enti Pubblici, Associazioni) accomunati dalla volontà di sviluppo, in
virtù delle ricadute positive che genera il nuovo sistema integrato di progettazione,
produzione e vendita dell’abbigliamento antropometrico, potranno impostare strategie
di crescita con strumenti e conoscenza adeguati a fronteggiare i fenomeni strutturali
che investono (e sempre di più investiranno) i sistemi sociali ed economici del
territorio.
La sperimentazione effettuata
Il progetto ha avuto una fase di sperimentazione attraverso un primo progetto
finanziato dal FSE nell’ambito del Programma d’Iniziativa Regionale3 avente per
oggetto la sperimentazione di progetti innovativi a sostegno del lavoro, sia nei termini
dell’introduzione di nuove tecnologie sia attraverso la proposizione e lo sviluppo di
processi, anche formativi, capaci di attivare una ricaduta sul sistema industriale. In tal
senso e a seguito del successo dell’iniziativa, i partner coinvolti hanno sottoscritto
l’associazione temporanea d’impresa Modartech4 , che ha per oggetto la
sperimentazione di un modello di sviluppo basato sull’innovazione tecnologica e sociale
e sull’integrazione di politiche formative, di ricerca e d’applicazione industriale nel
settore dell’abbigliamento.
Un’integrazione complementare all’insediamento del know - how sul territorio della
Valdera con l’esplicita volontà dei partner di dare luogo ad un durevole processo di
sviluppo locale, anche attraverso la realizzazione di una rete che favorisca, in modo
strutturale, la partecipazione alla società dell’informazione. Per la composizione
prettamente femminile del settore industriale in oggetto, contribuire inoltre e
significativamente allo sviluppo delle pari opportunità uomo donna.
L’associazione intende promuovere, nell’ambito della formazione professionale e le
attività riconducibili al Fondo Sociale Europeo ed alle iniziative Comunitarie, la
sperimentazione di specifici progetti innovativi per contenuti, soggetti coinvolti,
metodologie e reti di partenariato i cui risultati possano considerarsi modelli e quindi
trasferibili proficuamente sul territorio regionale e nazionale.
L’associazione promuove la sperimentazione di progetti fondati sull’integrazione
d’interventi d’orientamento/formazione/politiche attive del lavoro, oltre alla
sperimentazione di progetti capaci d’implementare l’offerta formativa regionale nel
rispetto del principio di sussidiarietà.
L’associazione temporanea d’impresa opera nella realizzazione d’interventi formativi sia
nella Provincia di Grosseto sia nella provincia di Pisa con l’obiettivo di espandere la
produzione attraverso una costante partecipazione nelle attività di formazione
professionale ed, in generale, nella valorizzazione delle risorse umane e delle
maestranze artigianali.
I Partner Aziendali
Ruffo S.p.A.
Sabatini S.p.A.
EurClass S.r.l.
Flosi Ardelia e C.
3
PIR, programma d’iniziativa regionale a sostegno del lavoro, www.regionetoscana.it, area servizi lavoro e
formazione.
4
Atto notarile n°646 del 10 ottobre 2000
Sardelli Rinaldo
FLM S.r.l.
Folcarelli Marco
Maglificio DM S.n.c.
CAD Modelling TM S.r.l.
La Moda è Arte e Studio S.n.c.
Lepo S.n.c.
GT Quality Trend S.r.l.
Supermario Son & Daughter S.n.c.
Studio di Ingegneria e Qualità
Tekno S.r.l.
Anonimo S.p.A
Avant Art
TheBrainFarm
B e D S.a.s.
K - Communications S.n.c.
Media Hit S.r.l.
Roboris S.r.l.
Spad S.r.l.
Sistema Istituzionale, Scolastico e Formativo
F.S.E.
Ministero del lavoro e delle Politiche sociali
Regione Toscana
Provincia di Pisa
Istituto Magistrale 'E.Montale'
Istituto Professionale 'Pacinotti'
Università di Pisa – Dipartimento di Scienze Sociali
Università di Firenze – L.R.E.
Università di Firenze – Dipartimento di meccanica e tecnologie industriali
CE.S.CO.T. Toscana
RICERCA E MONITORAGGIO
Sommario della ricerca
1. Premessa
6
2. Note metodologiche
7
2.1 I comparti del sistema moda
7
2.2 Le aree di indagine
7
2.3 La metodologia di indagine
8
2.4 I campioni di imprese
9
3. Il sistema moda in Italia e la posizione relativa della Toscana
14
4. Il sistema moda Toscano
17
4.1 I campioni di imprese
17
4.2 Organizzazione del processo produttivo
18
4.2.1 Modelli di impresa
18
4.2.2 La domanda di servizi alla produzione
28
4.2.3 L’approvvigionamento di materie prime
30
4.2.4 Innovazioni di prodotto e di processo
32
4.3 Mercati di sbocco
35
4.4 La spesa pubblicitaria
40
4.5 Fattori competitivi
41
4.6 La domanda di lavoro
43
4.6.1 Le forme contrattuali
47
4.6.2 I titoli di studio
50
4.6.3 Le aree funzionali
51
4.6.4 La decisione di assumere
56
4.6.5 Il reclutamento
57
4.7 Il fabbisogno professionale
59
4.7.1 Indici di presenza e previsione di assunzione
59
4.7.2 Indice di difficoltà di reperimento
63
4.7.3 Indice di crucialità
Errore. Il segnalibro non è definito.
4.8 Il fabbisogno formativo
5. Il sistema moda lombardo
70
75
5.1 I campioni di indagine
75
5.2 Organizzazione del processo produttivo
76
5.2.1 Modelli di impresa
76
5.2.2 La domanda di servizi alla produzione
79
5.2.3 L’approvvigionamento di materie prime
80
5.2.4 Innovazioni di prodotto e di processo
84
5.3 Mercati di sbocco
87
5.4 La spesa pubblicitaria
90
5.5 Fattori competitivi
90
5.6 La domanda di lavoro
93
5.6.1 Le forme contrattuali
93
5.6.2 I titoli di studio
96
5.6.3 Le aree funzionali
98
5.6.4 La decisione di assumere
100
5.6.5 Il reclutamento
102
5.7 Il fabbisogno professionale
103
5.7.1 Indici di presenza e previsione di assunzione
103
5.7.2 Indici di difficoltà di reperimento e crucialità
105
6. Il sistema moda della Ile de France
110
6.1 I poli di specializzazione e le caratteristiche strutturali del sistema
110
6.2 I mercati di sbocco
112
6.3 L’organizzazione produttiva e le conseguenze della delocalizzazione
112
6.4 Il sostegno pubblico
113
6.5 I problemi attuali
114
6.6 Punti di forza e di debolezza
115
6.7 La domanda di lavoro
115
6.7.1 Tipologie di impresa
115
6.7.2 La domanda di lavoro
116
6.7.3 Le forme contrattuali
118
6.7.4 I titoli di studio
120
6.7.5 Le aree funzionali
121
6.7.6 La decisione di assumere
122
6.7.7 Il fabbisogno professionale
124
7. Sintesi e indicazioni di policy
127
1. Modelli competitivi
127
2. Ambiente competitivo
128
3. Le potenzialità dei modelli competitivi in uno scenario in evoluzione
129
4. Indicazioni per le politiche
130
Bibliografia
133
Premessa
Le politiche regionali in un quadro di rapide trasformazioni strutturali, sollecitate dalla
globalizzazione dei mercati, possono trarre giovamento dall'analisi di scenario. Scopo di
tale analisi è diagnosticare e prevedere, per quanto possibile, opportunità e minacce
allo sviluppo locale e all’occupazione derivanti dalle dinamiche di lungo periodo. Nel
contesto toscano appare importante studiare l’insieme di settori del sistema moda, in
quanto attività economiche in cui l’industria regionale è specializzata. Proprio per
questo si tratta di settori già bene studiati e per i quali è disponibile una mole notevole
di materiali di ricerca. La novità dell’approccio qui proposto risiede nel tentativo di
integrare l’analisi dei fattori di competitività con quella della domanda di lavoro e del
fabbisogno professionale espresso dalle imprese. Tale integrazione avviene affiancando
un consolidato sistema di studio dei fattori di competitività alla metodologia di indagine
che l’ORML ha utilizzato per l’analisi della domanda di lavoro delle imprese
manifatturiere medio-grandi e del comparto della meccanica strumentale. La continuità
metodologica con le precedenti ricerche dell’ORML ha permesso non solo di
perfezionare ulteriormente i metodi di indagine, ma anche e soprattutto di fornire
elementi conoscitivi che non sono presenti nella pur ampia letteratura esistente. Tali
elementi conoscitivi potranno servire da riferimento e supporto di medio-lungo periodo
per la programmazione delle politiche regionali nel campo della formazione
professionale.
Lo studio si propone una valutazione nel contesto nazionale e internazionale delle
capacità competitive, della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale
dell’insieme delle imprese che costituiscono il sistema moda in Toscana.
In particolare, gli obiettivi perseguiti sono:
l’analisi del sistema competitivo;
l’analisi della dinamica di medio periodo della domanda di lavoro e del
fabbisogno professionale;
l’esame comparativo del sistema moda –Lombardia, Ile de France- in
altre aree ad elevata capacità competitiva, al fine di verificare se il
sistema competitivo toscano punti su fattori in linea o tendenti a quelli
delle aree forti o, viceversa, se ne differenzi;
l’esame comparativo della domanda di lavoro e del fabbisogno
professionale espressi dal sistema in Toscana, Lombardia, Ile de France,
al fine di individuare le principali caratteristiche strutturali dei relativi
mercati del lavoro.
Il lavoro è organizzato come segue. Nel primo capitolo, è esposta la metodologia
utilizzata per la rilevazione sul campo e per l’individuazione dei campioni di
indagine. Nel secondo, vengono commentati alcuni dati aggregati relativi al
sistema moda italiano. I successivi tre capitoli sono dedicati all’analisi degli
scenari competitivi e della domanda di lavoro in Toscana, Lombardia e Ile de
France. I principali elementi emersi dall’analisi comparata delle tre regioni sono
ripresi in sintesi nel capitolo finale che contiene altresì alcune indicazioni per le
politiche pubbliche della Regione Toscana. L’appendice infine contiene oltre ai
questionari utilizzati per l'indagine sul campo, le elaborazioni che, per ragioni di
leggibilità, si è preferito non inserire nel testo.
Note metodologiche
Questo capitolo ha lo scopo di chiarire la metodologia e le tecniche di indagine adottate
nella ricerca sul campo (par. 3), oltreché le scelte compiute in relazione alla definizione
del campo di indagine (par. 1-2) e dei campioni di imprese (par. 4).
I comparti del sistema moda
La presente ricerca adotta una definizione restrittiva di imprese del sistema moda
comprendente i seguenti gruppi della classificazione ISTAT 1991:
1760: fabbricazione di maglierie;
1770: fabbricazione di articoli in maglieria;
1810: confezione di vestiario in pelle;
1820: confezione di altri articoli di vestiario e accessori;
1830: preparazione e tintura di pellicce; confezione di articoli in pelliccia;
1920: fabbricazione di articoli da viaggio, borse, articoli da correggiaio e selleria;
1930: fabbricazione di calzature.
Sono cioè indagate tutte le imprese che producono o che svolgono fasi per la
produzione del bene di consumo finale. Sono state invece escluse o analizzate
indirettamente le imprese che producono beni intermedi; le industrie tessili - gruppi
17.1-17.5 - e le industrie conciarie - 19.1 -. La terminologia adottata nel corso del
testo è sintetizzata nella tabella 1.
La scelta è stata essenzialmente suggerita dalle diverse performance evolutive che i
due distinti gruppi di comparti hanno registrato in Toscana, nel corso degli anni ’80
(Bigarelli, Brusco 1995). Con riferimento ai comparti che producono beni destinati al
consumo finale, infatti, la posizione relativa della Toscana rispetto al resto d’Italia ha
subito un consistente e costante declino. Nel caso, viceversa, dei comparti a monte, la
Toscana ha perso occupati ed unità locali, ma ha sostanzialmente mantenuto inalterata
la propria posizione relativa (Becattini 1997).
Tabella 1.
Gruppi di imprese secondo la classificazione ISTAT 1991
gruppi ISTAT
1760, 1770
1810, 1820
1830
1920
1930
Indicati nel testo come
Maglierie
Abbigliamento
Pellicceria
Pelletteria
Calzature
La decisione di concentrare l’analisi sui comparti a valle risponde quindi innanzitutto
alla necessità di analizzare i settori più critici dell’intera filiera produttiva. Questa
impostazione ci ha consentito inoltre di non complicare eccessivamente l’analisi
prendendo in esame gruppi di comparti che presentano problematiche e strategie di
crescita tra loro eterogenee, come appunto sarebbe avvenuto nel caso avessimo nei
campioni di indagine sia imprese produttrici di beni finali che di beni intermedi.
Specularmente, va sottolineato che il fatto di aver escluso dall’indagine i comparti a
monte non inficia la significatività dei risultati ottenuti perché le interazioni tra i due
gruppi di comparti e le eventuali sinergie che da queste derivano sono state indagate
analizzando i rapporti delle imprese intervistate con i propri fornitori di materie prime e
beni intermedi.
Le aree di indagine
Come anticipato, la ricerca sul campo è stata effettuata, oltre che in Toscana, in
Lombardia e nell’Ile de France nell’intento di analizzare i punti di forza e di debolezza
del sistema moda toscano, tenuto conto delle capacità competitive di altre aree ad
elevata specializzazione produttiva nell’industria della moda.
L’analisi del caso lombardo si giustifica alla luce di tre considerazioni: (i) l’elevata
specializzazione produttiva della Lombardia nei comparti che compongono il sistema
moda ed il conseguente ruolo che tale regione assume, in Italia, come elemento di
naturale confronto per il sistema moda toscano; (ii) la diversa dinamica evolutiva
registrata dal sistema moda lombardo nel corso degli anni ‘80, periodo in cui si assiste
ad un ridimensionamento del peso dell’industria toscana della moda e, viceversa, ad
una sostanziale stabilità di quello dell’industria lombarda rispetto al corrispondente
aggregato nazionale (cosa che evidentemente stimola la curiosità di indagare sulle
possibili diversità strutturali o delle strategie di crescita adottate dai due diversi sistemi
moda); (iii) il fatto che sia Milano che Firenze abbiano un ruolo riconosciuto di vetrine
della moda e che è interessante verificare il potenziale impatto positivo diretto o
indiretto sui rispettivi sistemi produttivi locali.
L’analisi del caso dell’Ile de France è sembrata di qualche interesse per effettuare un
confronto fra il caso toscano e quello di un'area in cui sono compresenti una elevata
concentrazione produttiva (50% della produzione francese), un effetto vetrina di livello
internazionale, un sistema di rapporti fra imprese distributive e di produzione che si è
spinto molto avanti sulla strada del decentramento nei paesi in via di sviluppo. Si tratta
quindi per molti versi di un caso assai diverso sia da quello toscano che da quello
lombardo, cui tuttavia è idealmente collegato dall'immagine che nel sistema moda
globale hanno rispettivamente Parigi, Firenze e Milano.
La metodologia di indagine
L’ipotesi di fondo che ha guidato la ricerca è che sia necessario integrare l’analisi dei
settori industriali, ed in particolare dei fattori di competitività, con l’analisi della
domanda di lavoro e del fabbisogno professionale. Più esplicitamente: che sia
impossibile analizzare le implicazioni di medio-lungo periodo che il sistema moda può
produrre sul mercato del lavoro in assenza di ipotesi relative alla possibile dinamica
evolutiva dello stesso sistema moda. Questa ipotesi è la naturale evoluzione della
metodologia di indagine già sperimentata dal Ciriec per conto dell’ORML (ORML-Ciriec
1996a; 1996b) basata sull’idea che la domanda di lavoro e il fabbisogno professionale
dichiarato dalle imprese sia una rappresentazione che non necessariamente riflette i
comportamenti reali. I propositi dichiarati normalmente non corrispondono ai
comportamenti abituali e a quelli previsti dalle imprese. I risultati dell’indagine sul
campo devono essere adeguatamente interpretati perché sia possibile trarne
indicazioni utili per l’azione di politica formativa delle agenzie pubbliche. A questo fine
diventa essenziale considerare il quadro di riferimento strutturale, le dinamiche
organizzative e tecnologiche delle imprese (ORML-Ciriec 1998; Sestito 1997). Lo studio
della conformazione del sistema tecnico-produttivo e distributivo delle imprese del
sistema moda è un ulteriore passo nel tentativo di mettere a punto una metodologia
efficace per la rilevazione del fabbisogno professionale reale delle imprese.
L’analisi, come già ricordato, si è sviluppata lungo due filoni paralleli di indagine: uno
relativo alla competitività, l’altro riguardante la domanda di lavoro, il fabbisogno
professionale e formativo. In relazione ad entrambi i temi la ricerca è stata condotta
sostanzialmente attraverso interviste strutturate con risposte chiuse o parzialmente
chiuse alle imprese; ed attraverso interviste aperte a testimoni privilegiati selezionati
tra gli operatori locali - associazioni territoriali e di categoria, sindacalisti, ecc. privilegiando coloro in grado di fornire informazioni di insieme sui tre sistemi moda
analizzati. Al fine di vagliare i risultati preliminari delle ricerche sono stati organizzati
due workshop a cui sono stati invitati operatori e studiosi dei settori oggetto d’analisi.5
Si è ritenuto opportuno condurre la ricerca almeno in parte su campioni diversi per
evitare di sottoporre ad una stessa impresa un questionario unico eccessivamente
oneroso, comprendente i quesiti necessari ai fini dell’analisi della competitività e della
domanda di lavoro. Si sono messi a punto due differenti questionari con una parte
comune, che sono stati sottoposti a campioni differenziati di imprese, costruiti, come
vedremo, secondo gli stessi criteri. E’ opportuno sottolineare che nel questionario
5
I due workshop si sono tenuti il 22 maggio 1997 a Milano ed il 6 febbraio 1998 a Firenze.
relativo al sistema competitivo l'enfasi è stata posta su aspetti qualitativi e sui giudizi
espressi dalle imprese, mentre in quello sulla domanda di lavoro l’attenzione è stata
posta su aspetti più immediatamente quantificabili
Per l’analisi della competitività il questionario - riprodotto in appendice - è rivolto a
rilevare informazioni relative a: caratteristiche strutturali; organizzazione produttiva;
rapporti con i sub-fornitori di fase e con i fornitori di materie prime e semilavorati;
innovazioni di prodotto e di processo introdotte; mercati di sbocco e organizzazione di
vendita; spese pubblicitarie; fattori individuati quali principali punti di forza propri, dei
concorrenti nazionali, di quelli esteri e del distretto di localizzazione. Alle stesse
imprese sono state inoltre sottoposte alcune domande concernenti il fattore lavoro, i
cui risultati, quando possibile, sono stati elaborati insieme a quelli derivanti dal
questionario utilizzato per l’analisi della domanda di lavoro. L’analisi del caso parigino,
considerato il contenuto numero di interviste previsto nel piano di lavoro, è stato
effettuato esclusivamente tramite interviste a testimoni privilegiati, tra i quali sono
stati inseriti anche alcuni imprenditori.
Per quanto riguarda domanda di lavoro e fabbisogno professionale si è utilizzato un
questionario - anch’esso riprodotto in appendice - che rappresenta una elaborazione e
perfezionamento di ORML (1996a e 1996b). Esso è strutturato in 6 sezioni. La prima
parte è relativa alle caratteristiche anagrafiche, organizzative ed economiche delle
imprese, e comprende un gruppo di domande utili alla ricostruzione delle
caratteristiche salienti dei prodotti, della tecnologia e dell’organizzazione, in particolare
per quanto riguarda il ricorso ai servizi esterni e alla subfornitura. La seconda, terza e
quarta sezione sono dedicate alla ricostruzione di stock e flussi occupazionali. Dopo
aver fotografato la situazione occupazionale al 31 dicembre 1996 si ricostruiscono i
principali flussi occupazionali occorsi nel recente passato (1 anno) e prevedibili nel
futuro prossimo.6 Vi si ripropone, adottando una griglia pre-impostata, la codificazione
degli addetti per mestiere ex-post sulla base della classificazione ISTAT91 delle
professioni. La quinta sezione è dedicata alle previsioni. La sesta sezione è dedicata
alle competenze: si chiede alle imprese di indicare le caratteristiche professionali in
termini di conoscenze acquisite, titolo di studio etc. necessarie al buon funzionamento
dell’impresa. E’ opportuno sottolineare che in alcuni casi, date le caratteristiche
dell'impresa intervistata, si è ritenuto opportuno fare ricorso ad una versione ridotta
del questionario.
I campioni di imprese
I campioni di imprese intervistati in Toscana, in Lombardia e a Parigi, pur non essendo
statisticamente rappresentativi dei rispettivi universi di riferimento, sono stati costruiti
in modo da rispettare la distribuzione settoriale delle imprese locali appartenenti ai
comparti del sistema moda.
In Toscana sono state svolte complessivamente 118 interviste; in Lombardia 67 e a
Parigi 36. La disponibilità delle imprese toscane a fornire informazioni aziendali è stata,
come era del resto prevedibile, maggiore di quella delle imprese lombarde e francesi.
In Toscana la copertura del campione in termini di addetti è risultata ex post molto
soddisfacente, e superiore a quella della Lombardia.
Tabella 2.
Codice attività
Maglierie
Abbigliamento
Pellicceria
6
Copertura campione complessivo Toscana
Campione
Imprese Addetti* M/add
27
37
2
1.094
3.051
15
40,5
82,5
7,5
Universo
Imprese Addetti* M/add
3.667
5.560
195
13.994
26.535
523
Copertura %
Impres Addetti
e
3,8
0,7
7,8
4,8
0,7
11,5
2,7
1,0
2,9
Questa sezione sintetizza e semplifica radicalmente le sezioni B, C, D del questionario originario (ORMLCiriec 1996a e 1996b).
Pelletteria
Calzature
TOTALE
23
29
118
640
1.498
6.298
37,8
66,2
53,4
2.550
3.481
15.453
10.068
26.083
77.203
3,9
7,5
5,0
0,4
0,5
0,8
4,1
4,6
8,2
Fonte: elaborazioni Ciriec su dati Ciriec e CERVED.
Tabella 3.
Codice attività
Maglierie
Abbigliamento
Pellicceria
Pelletteria
Calzature
TOTALE
Copertura campione complessivo Lombardia
Campione
Universo
Copertura %
Imprese Addetti* M/add
Imprese Addetti* M/add Imprese Addetti
22
1.833
83,3
3.707 39.941
10,8
0,2
1,2
19
1.030
54,2 10.174 82.532
8,1
0,2
1,2
2
26
13,0
938
3.031
3,2
0,2
0,9
9
132
14,7
1.439
9.895
6,9
0,6
1,3
15
697
46,5
1.540 16.623
10,8
1,0
4,2
67
3.718
55,5 17.798 152.022
8,5
0,4
2,5
Fonte: elaborazioni Ciriec su dati Ciriec e ISTAT 1991.
Per quanto riguarda le imprese toscane, l’analisi della competitività è stata condotta
facendo particolare riferimento alle imprese minori, sia perché queste costituiscono la
maggioranza del totale, sia perché era presumibile fossero proprio le imprese minori ad
incontrare le maggiori difficoltà.
Tabella 4.
attività
Distribuzione
Settore di attività
Abbigliamento
Pelletterie
Pelliccerie
Maglierie
Calzature
TOTALE
del
campione
Imprese
competitività
Addetti
14
12
2
11
11
50
537
225
17
175
306
1.260
Toscana
M/Add
38,4
18,8
8,5
15,9
27,8
25,2
per
settore
% Imprese
28,0
24,0
4,0
22,0
22,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Il campione è stato costruito tenendo presente la necessità di analizzare,
compatibilmente con il numero di interviste previste nel piano di lavoro, imprese
appartenenti a tutte le aree di localizzazione di maggiore rilevanza e alle diverse
specializzazioni produttive che a queste corrispondono7 .
In considerazione di ciò sono state contattate:
a) nel caso dell’abbigliamento, imprese localizzate nell’area di Firenze, Prato, Arezzo
ed Empoli. Tra le quattro aree menzionate esistono differenze significative. L’area
pratese e quella di Empoli costituiscono due nuclei storici di insediamento delle
imprese toscane appartenenti al sistema moda. A Prato, tuttavia, si localizzano
soprattutto imprese di confezioni che producono pronto moda. Ad Empoli,
viceversa, esiste una quota considerevole di imprese specializzate in produzioni
classiche ed è quindi relativamente più frequente il caso di aziende che lavorano sul
programmato. A Prato, inoltre, lo sviluppo del comparto dell’abbigliamento è un
fenomeno relativamente recente che va interpretato come processo di
diversificazione della produzione prevalente dell’area -quella tessile-. Ad Empoli,
invece, lo sviluppo delle confezioni risale agli anni Trenta, periodo in cui nell’area
7
di
I dettagli sulla localizzazione delle imprese toscane e sulla loro specializzazione produttiva sono riportati in
appendice.
esistevano alcune grandi imprese specializzate nella produzione di impermeabili che
durante la guerra d’Etiopia riuscirono ad acquisire importanti commesse militari e
ad espandere notevolmente, per questa via, la propria produzione. Similmente a
Prato, anche Arezzo e Firenze sono, per quanto concerne l’abbigliamento, aree di
sviluppo recente. Nel primo caso, lo sviluppo del comparto va imputato ai processi
di ristrutturazione che hanno interessato la Lebole (attualmente del gruppo
Marzotto). Dagli anni di maggior espansione ad oggi, la Lebole ha infatti perso circa
6.000 addetti, molti dei quali hanno avviato iniziative imprenditoriali autonome,
sempre nell’ambito della produzione di abiti da uomo. Quello di Firenze, infine, è un
caso a sé in quanto lo sviluppo del comparto nell’area è essenzialmente legato alla
presenza di atelier e alla collaborazione delle imprese locali con alcuni stilisti di
fama;
b) nel caso delle pelletterie, sono state intervistate imprese localizzate nell’area di
Firenze (borse e cinture in pelle) e di Empoli (abbigliamento in pelle);
c) per la maglieria, l’analisi si è invece concentrata nell’area di Prato, principale polo
produttivo del settore a livello regionale;
d) nel caso delle calzature, infine, abbiamo intervistato imprese appartenenti alle due
aree sistema di Monsummano Terme (in cui si producono calzature destinate a
fasce di mercato medio-alte) e di Capannori (in cui è presente tutta la filiera
produttiva, compresi i fornitori di macchinari, ma l’attenzione delle imprese locali è
rivolta, più che alla qualità, ai volumi di produzione).
Il campione della domanda di lavoro è stato costruito senza tenere conto della
localizzazione geografica delle imprese ed è risultato composto da imprese più grandi
della media regionale; il livello di disaggregazione cui sono presentati i dati è il gruppo
di attività ISTAT (3 cifre). Tale scelta è stata dettata dalla necessità di indagare la
percezione da parte delle imprese delle fasi di produzione, come risulterà più chiaro nel
corso del testo.
Tabella 5.
Copertura del campione lavoro Toscana
Codice attività
1760
1770
1810
1820
1920
1930
TOTALE
Imprese
Addetti*
2
14
3
20
11
18
68
193
728
127
2.391
416
1.192
5.047
M/add
96,5
52
42,3
119,6
37,8
66,2
74,2
% Imprese
2,9
20,6
4,4
29,4
16,2
26,5
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec e CERVED.
* i dati degli addetti sono comprensivi degli indipendenti -imprenditori, familiari
coadiuvanti-.
Per la Lombardia il campione di imprese analizzato per l’indagine sui fattori di
competitività è composto come risulta dalla Tabella 6.
Tabella 6.
attività
Distribuzione del campione competitività Lombardia per settore di
Settore di attività
Abbigliamento
Pelletterie
Pelliccerie
Maglierie
Calzature
TOTALE
Imprese
Addetti
10
3
2
8
3
26
732
82
26
475
328
1.634
M/add
73,2
27,3
13,0
59,4
109,3
62,8
% Imprese
38,5
11,5
7,7
30,8
11,5
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
E’ opportuno precisare che anche in questo caso il campione non è statisticamente
rappresentativo dell’universo di riferimento. In esso risultano più rappresentati i
comparti del sistema moda che producono beni di consumo in cui è maggiore la
specializzazione produttiva regionale e che sono appunto costituiti dall’abbigliamento e
dalle maglierie (tabella 3 e 4). E’ opportuno, inoltre, sottolineare che le interviste
realizzate sono state effettuate in modo molto approfondito al fine di rilevare non solo
le strategie aziendali adottate dalle imprese del campione, ma anche le considerazioni
espresse dai singoli intervistati circa l’ambiente competitivo locale, le sue potenzialità
di sviluppo, le similitudini e/o le differenze esistenti tra il sistema moda lombardo e
quello toscano. Inoltre i dati che riportiamo risultano, almeno come tendenza
qualitativa, confermati dalle interviste ai testimoni privilegiati e debbono quindi essere
considerati come indizi convergenti della ricostruzione proposta.
In Lombardia sono presenti varie aree ad elevata specializzazione produttiva:
- quella di Como in cui, a partire dalla metà degli anni ‘70, la lavorazione della
seta è stata affiancata da quella delle fibre chimiche e in cui l’attività di
finissaggio ha ormai quasi completamente soppiantato l’originaria attività di
tessitura;
- quella del Bustese in cui il preesistente settore cotoniero ha subito consistenti
diversificazioni produttive e si è conseguentemente sviluppato il settore delle
confezioni;
- quella di Bergamo-Brescia che ha mantenuto la sua connotazione di area ad
elevata specializzazione cotoniera, ma ha anche parallelamente sviluppato
una consistente presenza di imprese produttrici di maglieria, soprattutto
intima. Per inciso, sottolineamo che il settore cotoniero è uno dei comparti
maggiormente esposti alla concorrenza internazionale. Nella produzione di
tessuti in cotone, infatti, il fattore qualità è meno rilevante di quanto non lo
sia nel caso della seta e della lana e la “differenziazione moda” è stata
complessivamente molto più modesta; il ciclo produttivo è relativamente
semplice e quindi più facilmente imitabile (perché le fasi più complesse, quali
ad esempio quelle della nobilitazione e del finissaggio, hanno poca rilevanza);
il processo di automazione che si è verificato negli ultimi anni ha ridotto la
necessità delle competenze specialistiche di cui i paesi in via di sviluppo sono
scarsamente dotati. Tutto ciò ha fatto sì che, dalla fine degli anni ‘70 ad oggi,
siano costantemente cresciute le importazioni di filati da paesi dell’area
mediterranea, da paesi asiatici e, attualmente, da paesi dell’est. Tanto che le
importazioni di filati coprono oggi l’80% circa del fabbisogno di tessuti in
cotone dell’industria italiana;
- l’area mantovana (Castelgoffredo) dove viene prodotto il 50% circa della
complessiva offerta europea di calze da donna.
Data l’esiguità del numero di interviste previste nel piano di lavoro e considerato che
alcune delle aree lombarde appena ricordate presentano un’elevata specializzazione
produttiva in produzioni non destinate al consumo finale, si è deciso di non distribuire
le interviste tra le varie aree e di concentrare l’analisi su Milano (21 imprese) e
Bergamo (5 imprese) in modo tale da poter fra l’altro valutare il ruolo che Milano
svolge in qualità di vetrina internazionale della moda e confrontarlo con quello assolto
invece da Firenze.
Le interviste in Lombardia effettuate per l’analisi della domanda di lavoro sono
distribuite tra i gruppi ISTAT come risulta dalla tabella 7.
Tabella 7.
Copertura del campione lavoro Lombardia
Codice attività
1760
1770
1820
1920
1930
TOTALE
Imprese
Addetti*
1
13
9
6
12
41
500
858
298
50
369
2.075
M/add
500
66
33,1
8,3
30,8
50,6
% Imprese
2,4
31,7
22,0
14,6
29,3
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* i dati degli addetti sono comprensivi degli indipendenti -imprenditori, familiari
coadiuvanti-.
Il sistema moda in Italia e la posizione relativa della Toscana
Al censimento dell’industria 1991 il sistema moda italiano contava oltre 1 milione di
addetti e oltre 170.000 unità locali (tabella 8). Nel corso degli anni Ottanta, si è
registrata una consistente contrazione del settore e in alcuni comparti, ad esempio, nel
tessile-abbigliamento e nelle pelletterie la contrazione dell’occupazione e delle unità
locali è continua anche negli anni Novanta (tabella 9-11), sia pure a fronte di una
costante crescita del valore della produzione e delle esportazioni.
Tabella 8.
Unità locali ed addetti del sistema moda in Italia
1981
Addetti
1.227.819
U.L.
172.318
1991
Addetti
1.066.519
U.L.
132.993
Fonte: ISTAT.
Tabella 9.
La pelletteria in Italia
Aziende*
Addetti*
Produzione
Export (mld)
Import (mld)
Consumi interni (mld)*
Export/produzione
Import/consumi
1991
7.600
34.000
2.711
1.464,1
360,3
2.013
54%
18%
1992
6.800
30.000
2.990
1.519,8
443
2.029
51%
23%
1993
6.500
28.000
3.190
1.793
458
1.855
56%
24%
1994
6.430
27.720
3.784
2.376
512
1.920
63%
26%
1995
6.430
27.720
4.380
2.942
649
1.960
67%
33%
Fonte: Associazione Italiana Manifatturieri Pelli e Succedanei.* Stime
Tabella 10.
Il tessile-abbigliamento in Italia
1992
750.000
74.500
27.630
12.310
Addetti
Fatturato (mld)
Export (mld)
Import (mld)
1993
724.000
74.000
32.455
12.625
1994
722.000
78.600
37.389
15.706
1995
717.000
83.700
43.595
18.237
1996
702.000
84.500
44.705
17.230
1997
699.000
86.700
45.850
18.650
Fonte: Federtessile.
Tabella 11.
Le calzature in Italia
Aziende
Addetti
Produzione (mld)
Export (mld)
Import (mld)
Consumi interni
Export/produzione
Import/consumi
Fonte: ANCI.
1994
8.588
119.180
13.828,0
10.417,37
1.587,6
n.d.
75,3%
n.d.
1995
8.861
124.228
15.212,1
11.896,5
1.809,5
5.125,1
76,9%
31,5%
1996
8.880
124.600
15.669,0
12.291,5
1.832,0
5.209,5
77,5%
32,5%
Nel 1991 in Toscana è localizzato quasi il 20% delle unità locali italiane appartenenti
all’industria della moda, per un’occupazione pari a circa 155.000 addetti. Nonostante
la Toscana rappresenti comunque una delle regioni italiane in cui è più elevata la
specializzazione produttiva nell’industria della moda, la sua posizione relativa rispetto
alla Lombardia (altra regione ad elevata specializzazione nel sistema moda) e all’area
NEC risulta, all’inizio degli anni Novanta, sensibilmente peggiorata rispetto a quella
rilevata nel 1981. Tra il 1991 ed il 1997, sia la Toscana che la Lombardia hanno fatto
registrare un’ulteriore diminuzione delle unità locali e degli addetti complessivamente
impiegati nel sistema moda.
Un’analisi macro della posizione competitiva relativa del sistema moda toscano
può essere fatta solo con riferimento allo scorso decennio a causa della indisponibilità
di dati sufficientemente disaggregati ed aggiornati. In particolare, da tale analisi si
deduce che, per tutti gli anni Ottanta, il valore aggiunto prodotto dal sistema moda
toscano assume un peso costantemente decrescente sia rispetto al corrispondente
aggregato
dell’industria
manifatturiera
regionale
che
rispetto
a
quello
realizzato
dall’industria italiana della moda nella sua totalità -a fronte di un costante aumento
della quota delle altre regioni dell’area NEC e di una sostanziale stabilità di quella della
Lombardia-.
Il declino relativo del sistema moda toscano è stato analizzato da vari studiosi
sulla base di due distinte ipotesi esplicative che fanno rispettivamente riferimento alla
specializzazione
produttiva
dell’industria
manifatturiera
locale
(Varaldo,
Bellini,
Bonaccorsi 1997), e ai modelli di impresa prevalenti (Lucchini, Martini 1992; Burresi,
1989; Falorni, Marinari 1992; ORML 1995; Zagnoli 1993; Cavalieri 1995).
Nel primo caso, viene enfatizzata l’influenza negativa che, sull’andamento del
settore moda, possono aver esercitato: (i) la presenza di imprese marginali,
specializzate in produzioni destinate a fasce di mercato medio-basse che hanno
subito pesantemente la concorrenza dei Paesi a più basso costo del lavoro; (ii) la
scarsa rilevanza, all’interno dell’industria manifatturiera regionale, dei settori
produttori di macchine utensili che può aver contribuito a rallentare il necessario
processo di innovazione tecnologica all’interno dei comparti del sistema moda.
Chi invece sostiene che il declino debba essere imputato ai modelli di impresa
prevalenti, sottolinea:
a) la forte presenza, in Toscana, di imprese di dimensioni occupazionali “micro” (al
di sotto dei 10 addetti) e la contemporanea scarsa rilevanza (rispetto, ad
esempio, alla Lombardia, ma anche ad altre regioni dell’area NEC) delle imprese
di dimensioni occupazionali medie, in grado di trainare, tramite la costituzione di
rapporti “a rete”, lo sviluppo delle imprese minori;
b) la scarsa propensione delle imprese locali all’adozione di innovazioni di prodotto e
di processo;
c) un’insufficiente intensità di capitale nei processi produttivi e una bassa
propensione all’attività di investimento che risulta peraltro confermata dai dati
ufficiali relativi a tutti gli anni ‘80, periodo in cui la quota degli investimenti del
sistema moda toscano sul corrispondente aggregato nazionale decresce
sensibilmente, a fronte di una sostanziale stabilità che si registra sia nel caso
della Lombardia che delle altre regioni dell’area NEC;
d) nella bassa capacità di spostamento mostrata dalle imprese verso funzioni più
avanzate e a più elevato valore aggiunto (in linea con i processi di
terziarizzazione interna ed esterna dell’industria);
e) nella cultura imprenditoriale prevalente che, secondo alcuni autori, risulta
addirittura “ostile alla crescita”.
I risultati dell’analisi qui svolta, a distanza di qualche anno dagli ultimi dati ufficiali
disponibili e presumibilmente a seguito dell’intensificarsi di alcuni fenomeni, quali, ad
esempio, quello della concorrenza dei Paesi emergenti, mettono, come vedremo, in
risalto elementi che sembrano suggerire la necessità di integrare le due ipotesi
interpretative ricordate, finora solitamente trattate come alternative.
Il sistema moda Toscano
In Toscana i comparti del sistema moda specializzati nella produzione di beni
intermedi, negli ultimi 20 anni, hanno mantenuto il proprio peso relativo rispetto al
resto d’Italia, mentre abbigliamento, calzature, maglierie e pelletterie, hanno
registrato tassi di variazione negativi -sia delle U.L. che degli addetti- tali da
modificare la posizione relativa della Toscana, sia nei confronti delle altre regioni
dell’area NEC che dell’Italia nel suo complesso. In altre parole, “nel tessile la Toscana
ha perso occupazione perché tutta l’Italia ha perso occupazione; [...] nelle calzature e
nell’abbigliamento, invece, ha perso occupazione mentre l’Italia nel suo insieme
manteneva i livelli iniziali” (Varaldo, Bellini, Bonaccorsi, 1997: 60).
E’ dunque su questo sfondo che si innestano le analisi contenute in questo capitolo che
è organizzato come segue. Nel primo paragrafo si commentano brevemente alcune
caratteristiche di base delle imprese oggetto di indagine; nel secondo si analizza la
configurazione assunta dal processo produttivo; si analizzano quindi i mercati di
sbocco della produzione (par. 3) e la spesa pubblicitaria (par. 4) per passare, nel
paragrafo 5, alla valutazione complessiva dei vantaggi competitivi del sistema moda
toscano. Nel sesto paragrafo si analizzano i dati relativi alla domanda di lavoro; nei
successivi il fabbisogno professionale e il fabbisogno formativo delle imprese toscane
del sistema moda.
I campioni di imprese
Come si è visto più in dettaglio nel capitolo 2 il campione di 50 imprese con un totale di
1.260 addetti utilizzato per l’analisi della competitività è risultato composto per il 76%
da imprese che si collocano al di sotto della soglia dimensionale dei 25 addetti. Il 34%
delle imprese ha un fatturato che, nel 1996, non supera i 3 miliardi di lire e quasi la
metà del campione è costituito da società di fatto.
Le specificità da rilevare a livello settoriale riguardano soprattutto il fatto che le
imprese della pelletteria e della maglieria risultano relativamente più concentrate delle
altre nelle classi dimensionali minori, ma fanno rilevare una produttività per addetto
generalmente più elevata. Nelle pelletterie e nella maglieria, infatti, è più alta che negli
altri comparti la quota di imprese al di sotto dei 25 addetti, ma contemporaneamente
più contenuta la quota di imprese che ha fatturato inferiore a 3 miliardi. Il fenomeno è
probabilmente dovuto ad un maggior ricorso al decentramento produttivo (soprattutto
nel caso delle pelletterie) e ad una maggiore meccanizzazione dei processi (nel caso
delle maglierie).
Va sottolineato, inoltre, che l’appartenenza ad un sistema, quale quello della moda,
particolarmente esposto ai fenomeni connessi alla variabilità della domanda, spinge le
imprese a contenere le quote di produzione “standardizzata” (con l’unica eccezione
delle imprese che producono capi di abbigliamento o accessori di tipo classico, le
uniche in grado, peraltro, di lavorare con un proprio campionario, tabella 12)
Tabella 12.
Imprese toscane del campione competitività per quote di produzione
standardizzata e settore (%)
Quote di
produzione
Standardizzata
Abbigliamento
0
Fino al 25%
Dal 26 al 50%
Dal 51 al 75%
Dal 76 al 99%
100%
Mancata risposta
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
64,3
35,7
100,0
Pelletterie
66,7
8,3
25,0
100,0
Pelliccerie
100,0
100,0
Maglierie
36,4
9,1
9,1
45,4
100,0
Calzature
Totale
45,4
36,4
18,2
100,0
56,0
2,0
2,0
2,0
34,0
4,0
100,0
E’ risultata estremamente contenuta la quota di imprese formalmente appartenenti ad
un gruppo (6%) o che ha stipulato (o prevede di stipulare) accordi commerciali con
altre imprese, italiane o estere (10%).
Come si è ricordato l’analisi di domanda di lavoro, fabbisogno professionale e formativo
delle imprese toscane del sistema moda è stata condotta su un campione di 68
imprese con un totale di 5.047 addetti al 31 dicembre 1996, scelte sulla base di criteri
puramente qualitativi, privilegiando le imprese di dimensione maggiore, e quelle che
sono state indicate come genericamente “interessanti” o “rappresentative” da testimoni
privilegiati8 .
La forma societaria prevalente è la società di capitali: le società per azioni e le società
a responsabilità limitata rappresentano oltre il 70% delle imprese intervistate. La
società per azioni è l’unica forma giuridica prevista in lieve crescita (+4,4%), a fronte
di un quadro altrimenti totalmente stabile. L’età media delle imprese intervistate è alta
-23 anni-, rispetto all’età media settoriale di appena 12 anni. La dimensione media è di
74,2 addetti contro i 5 della media regionale. Si tratta dunque, proprio per la modalità
della selezione, di un campione di imprese spostato sulle imprese più grandi. Il
fatturato medio del 1996 è stato di 20,490 miliardi; ed è sostanzialmente invariato a
prezzi correnti rispetto al fatturato medio del 1995, e a quello previsto per il 1997. Le
imprese con più di una unità locale sono il 25% del campione; mentre appartengono
ad un gruppo nazionale o internazionale il 20,6%.
Dalle risposte sembra di essere di fronte a un gruppo di imprese in rapida fase di
innovazione, un risultato non del tutto in linea con le tendenze generali evidenziate nei
paragrafi precedenti e che emergeranno nel corso di questo rapporto. Il 48,5% delle
imprese intervistate ha dichiarato di aver introdotto nel corso degli ultimi due anni
innovazioni di processo e di prodotto; il 16,2% solo di prodotto; il 3% solo di processo.
In complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo
rappresenterebbero solo il 32,3% del campione. Meno diffuse le modificazioni
organizzative, attuate dal 37% delle imprese.
Organizzazione del processo produttivo
Come è ben noto (e.g. ORML-Ciriec 1996a, 1996b), l’industria manifatturiera toscana
annovera tra i propri principali punti di forza un elevatissimo grado di flessibilità
produttiva, essenzialmente determinato dai rapporti di sub-fornitura che legano tra
loro le imprese localizzate all’interno delle diverse realtà distrettuali e delle diverse
aree sistema.
Specularmente, alcune delle ricerche condotte sull’industria manifatturiera toscana
evidenziano, a livello generale: (i) un basso livello di investimenti; (ii) una
insoddisfacente propensione all’innovazione; (iii) una produttività del lavoro
mediamente più bassa di quella dell’area NEC; (iv) l’esigua presenza di imprese medie
in grado di configurarsi, instaurando rapporti a rete con i propri sub-fornitori, come
elemento trainante dello sviluppo locale.
Modelli di impresa
L’analisi del decentramento produttivo all’interno del sistema moda è stata svolta con
due obiettivi precisi: (i) definire la configurazione nella quale si attua il decentramento;
(ii) individuare precisamente quali funzioni sono svolte all’interno o all’esterno delle
imprese al fine di ricostruirne il fabbisogno professionale.
8
Data l’esiguità del campione nel testo non sarà sempre possibile commentare i dati disaggregati per gruppi
ISTAT, neanche nella riclassificazione per comparti vista in precedenza.
Diagramma 1. Fasi di produzione abbigliamento e maglieria
disegno
? Fasi di progettazione
progettazione
realizzazione prototipo
campionatura
raccolta ordini
Fasi di Programmazione
produzione
acquisto materie prime
taglio
? Fasi di produzione
rammaglio/smacchinatura
cucitura
rifinitura/applicazione accessori
stiratura/piegatura
controllo qualità
imbustamento
? Fasi precommercializzazione
Diagramma 2. Fasi di produzione della pelletteria (gruppo 1920)
disegno
? Fasi di progettazione
progettazione
campionatura
controllo materie prime
taglio
preparazione
montaggio
cucitura
rifinitura
controllo qualità
confezionamento
? Fasi di produzione
Diagramma 3. Fasi di produzione delle calzature (gruppo 1930)
disegno
progettazione
campionatura
taglio
preparazione
produzione tomaie
montaggio tomaie
? Fasi di progettazione
produzione tacchi
montaggio tacchi
suolatura
aggiuntatura
assemblaggio
rifinitura
scatolamento
Fasi di produzione
A questo scopo si è tentato di arricchire la distinzione tra imprese capofila e
subfornitrici adottata in una recente ricerca (Brusco-Bigarelli 1995) nella quale le
imprese capofila sono definite sulla base di tre parametri: (i) la capacità di progettare il
prodotto, (ii) il coordinamento del processo produttivo, e (iii) il rapporto diretto con il
sistema distributivo. Le seconde per il venir meno di uno o più dei parametri che
definiscono le imprese finali. In questo lavoro si è adottato una definizione di impresa
capofila o in conto proprio meno stringente di quella appena ricordata poiché la
struttura organizzativa delle imprese toscane è tale che probabilmente nessuna
risponderebbe alle caratteristiche delle imprese finali di Brusco-Bigarelli. Ciò significa
che molte delle nostre capofila si affidano a imprese specializzate nella
commercializzazione - venendo meno al requisito (iii) -, che non sempre coordinano il
processo produttivo - venendo meno al requisito (ii) -, che in qualche caso pur avendo
la capacità di progettare il prodotto, producono su progetto di altre imprese -venendo
meno al requisito (i)-. D’altra parte nessuna delle imprese di maggior interesse per la
Toscana (Ferragamo, Gucci, IPI) risponde precisamente alla definizione di impresa in
conto proprio appena ricordata.
La distinzione tra imprese capofila e conto terzi che si adotta è basata sulla valutazione
congiunta di alcuni indicatori. Si considera in primo luogo la quantità di produzione
svolta in conto proprio/conto terzi, e si incrocia questo parametro fondamentale con la
posizione assunta in un albero gerarchico di subfornitura, e con le fasi produttive svolte
direttamente o esternalizzate dall’impresa. La sintesi di queste tre informazioni ha
permesso di distinguere nel sistema moda nel suo complesso, ma anche in tutte le sue
articolazioni settoriali, alcune strutture tipiche di impresa.
Come accennato, la prima distinzione è relativa alla percentuale di produzione svolta in
conto proprio ed in conto terzi. Data la varietà di strutture organizzative, si è ritenuto
di definire imprese capofila quelle che hanno dichiarato di produrre almeno per il 70%
in conto proprio. Alle imprese in conto terzi è stato quindi chiesto di indicare la propria
posizione nel grafo riprodotto nella figura 4.
Capofila
A. Imprese
Sub-fornitrici
1° livello
B.
C. Imprese
Sub-fornitrici
2° livello
D.
E. Imprese
Sub-fornitrici
3° livello
Diagramma 4 Tipologie di impresa
L’informazione che vi è riassunta permette di individuare (i) il livello gerarchico
dell’impresa di subfornitura; (ii) se l’impresa subfornitrice lavora per uno o più
committenti; (iii) se l’impresa subfornitrice si avvale a sua volta di un ulteriore livello di
subfornitura.
Si è quindi chiesto di rappresentare schematicamente le principali fasi di produzione
del settore di appartenenza; di indicare per ogni fase di produzione la quota di
produzione svolta all’interno o all’esterno dell’impresa; di indicare per ogni fase la
figura professionale più importante.9
L’analisi incrociata delle risposte ottenute ai tre quesiti ha permesso di individuare per
il sistema moda in Toscana cinque tipi di imprese rappresentative. Prima di arrivare a
questo risultato si devono però considerare brevemente alcune evidenze quantitative e
fare una breve digressione sulle fasi di produzione delle imprese del sistema moda.
La scelta della soglia del 70% per la definizione di impresa capofila rappresentava una
indicazione operativa a priori ragionevole. I risultati hanno dato una indicazione molto
più netta per quanto riguarda le imprese capofila che producono in media per il 99,4%
in conto proprio. L’indicazione proveniente dalle imprese subfornitrici è più sfumata. In
complesso le imprese subfornitrici producono in media per l’82,7% in conto terzi; tale
valore deriva però dalla composizione di 18 imprese che lavorano esclusivamente
conto-terzi, con 7 imprese, suddivise tra tutti i gruppi considerati, che lavorano in
conto terzi per quote inferiori al 50% della propria produzione.10 Sembrerebbe quindi
diffusa una tipologia di impresa che divide la propria attività tra produzione in conto
proprio e produzione in conto terzi, che indicheremo con l’espressione modello 5.11
Le imprese intervistate sono risultate per il 63,2% capofila, e per il restante 36,8%
subfornitrici di primo livello. Il fatto di non avere incontrato imprese subfornitrici di
secondo livello è probabilmente dovuto al posizionamento di quelle aziende in fasce
dimensionali inferiori a quella media (55,3 addetti) riscontrata tra le imprese
subfornitrici. Pur in mancanza di evidenza statistica, è ragionevole ritenere che le
imprese subfornitrici di secondo livello o inferiori abbiano dimensioni in termini di
addetti e fatturato molto modeste.12
Tabella 13.
comparto
Posizionamento
Numero imprese
delle
Totale
Valore assoluto
%
43
63,2
imprese
toscane
Capofila
di cui con
subfornitrici
40
93,0
del
campione
lavoro
Subfornitrici 1° livello
Totale
di cui con
subfornitrici
25
12
36,8
48,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Si noti che oltre il 90% delle imprese capofila si rivolge a ditte subfornitrici per quanto
riguarda una o più fasi della produzione; quasi la metà delle imprese subfornitrici ha a
9
nel
Tutte le imprese intervistate hanno risposto alla domanda, ad eccezione della parte relativa alla figura
professionale. L’indicazione operativa ricavata da questa esperienza indica che si deve comunque modificare
la formulazione delle domande, in particolare eliminando il riferimento alle figure professionali, e inserendo
una indicazione di massima a priori delle fasi del ciclo produttivo.
10
IRPET (1992: 63) aveva riscontrato solo debolissime evidenze di tale tipologia di impresa, in ogni caso
concentrate in fasce dimensionali molto inferiori a quella in cui sono state rilevate dalla presente ricerca.
Sembra che le percentuali siano stabili su questi livelli dal 1994; e che per il 1997 non si prevedano
modificazioni.
11
Sembra addirittura che i migliori risultati del gruppo delle subfornitrici siano da imputare per il 1995
soprattutto a questa tipologia di imprese.
12
Si vedano anche i risultati di IRPET (1992: 63) dove le imprese contoterziste sono proporzionalmente più
presenti nelle classi dimensionali inferiori.
sua volta imprese subfornitrici. Sembra dunque di poter concludere che le imprese del
sistema moda in Toscana sono generalmente strutturate su più livelli di subfornitura.
Tutte le imprese intervistate hanno una rappresentazione sostanzialmente corretta, e
relativamente schematizzata delle fasi del ciclo produttivo relativo alla propria
produzione. La ricostruzione delle fasi di lavorazione è avvenuta in prima istanza per
gruppi. I risultati in gran parte omogenei ed in ogni caso confrontabili hanno permesso
di mettere a punto tre tipologie di ciclo produttivo -per la produzione di maglieria e
abbigliamento, di pelletterie, e di calzature- non molto dissimili tra loro -come illustrato
nelle figure 1, 2 e 3-.
In ognuna delle tipologie di ciclo produttivo si possono distinguere quattro gruppi di
fasi: un insieme più o meno complesso di fasi relative alla progettazione; la
campionatura; un insieme più o meno complesso di fasi relative alla produzione vera e
propria; ed infine il controllo di qualità e il confezionamento del prodotto. Nel caso della
maglieria e dell’abbigliamento gli intervistati hanno indicato esplicitamente anche le
modalità di programmazione della produzione, ovvero la fase di raccolta ordini. D’altra
parte nei grandi gruppi industriali toscani la raccolta ordini è estesa anche alle
calzature e agli accessori.
Non è qui necessario entrare nei dettagli relativi alle varie fasi; è invece interessante
notare che la semplificazione in macro-fasi - nsiemi di fasi elementari- appena
proposta permetta di individuare alcune regolarità che sembrano interessare le
imprese del sistema moda. Sulla base di queste regolarità è possibile individuare
quattro tipologie di imprese:
Modello 1. In questa tipologia rientrano le imprese capofila che svolgono all’interno le
sole fasi progettuali, il controllo di qualità e la campionatura;
Modello 2. Vi sono comprese le imprese capofila integrate verticalmente, che svolgono
all’interno tutte le macro-fasi del ciclo;
Modello 3. Vi sono comprese imprese capofila che svolgono all’interno tutte le macrofasi escluso il disegno che viene acquisito da società o consulenti esterni;
Modello 4. Vi sono comprese le imprese subfornitrici che svolgono all’interno tutte le
macro fasi - eventualmente avvalendosi di ulteriori subfornitori per fasi specifiche eccetto quella di progettazione e controllo di qualità. Si tratta in sostanza di imprese
complementari rispetto alle capofila del modello 1.
A questi si aggiunge il modello 5 misto dove sono comprese le imprese che lavorano
sia in conto-terzi che in conto proprio di cui si è detto in precedenza.
Tabella 14.
e settore
Distribuzione delle imprese toscane del campione lavoro per modello
Settore/Modello
177
181-182
192
193
TOTALE
%
1
6
14
6
7
33
51,6
2
3
2
1
1
4
6,2
2
2
4
6,2
4
4
4
2
8
18
28,2
5
2
1
2
5
7,8
Totale
14
23
1013
1714
6415
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Come mostra la tabella 3.2 la gran parte delle imprese è organizzata secondo i modelli
1 e 4: siamo di fronte cioè a capofila che svolgono le fasi di progettazione e controllo
qualità, e subfornitrici che svolgono le fasi di produzione.16 Al primo modello
13
Resta fuori una impresa filiale italiana di produzione di un gruppo francese.
Resta fuori una impresa che produce stivali in gomma.
15
Mancano al totale le due imprese tessili e quelle indicate nelle due note precedenti.
16
Tra le 4 imprese che svolgono internamente tutte le fasi produttive, soltanto una ha peculiarità di
produzione che può spiegare la struttura organizzativa (produzione di cachemire).
14
appartengono, tra le altre, le ben note imprese del comparto della maglieria, dove è
rilevante la figura dell’impannatore (Becattini 1997): queste imprese acquistano i filati,
controllano i prodotti finiti e curano le spedizioni, affidando totalmente ad altri le fasi
della tessitura e preparazione dei teli e quelle della confezione e della rifinitura.
L’elevato ricorso al decentramento produttivo costituisce un indubbio punto di forza
dell’industria manifatturiera toscana e assume una valenza ancora più strategica
nell’ambito del sistema moda. La possibilità di ricorrere a sub-fornitori esterni consente
infatti alle imprese di adeguarsi tempestivamente alle mutevoli condizioni della
domanda e di evitare una crescita dimensionale che, proprio a causa della variabilità
della domanda, potrebbe non rivelarsi una scelta efficiente. La rilevanza che,
nell’organizzazione del processo produttivo, assume il ricorso a sub-fornitori esterni è
peraltro sottolineata dal fatto che il 30% delle imprese del campione dichiara di avere
incrementato nel corso dell’ultimo triennio e il 25% prevede di incrementarlo
ulteriormente.
Va rilevato, inoltre, che, nella maggioranza dei casi, i sub-fornitori sono localizzati nella
stessa area di insediamento dell’impresa committente o, comunque, all’interno della
stessa provincia o dei confini regionali. La vicinanza territoriale con i sub-fornitori ha
evidentemente un impatto positivo sulla flessibilità dell’intero sistema e consente di
ipotizzare che la localizzazione all’interno di aree sistema rappresenti ancora, per le
imprese, una fonte importante di economie esterne.
a) Naturalmente, non mancano casi in cui il tentativo di abbattere i costi di
produzione spinge le imprese ad esternalizzare fasi produttive al di fuori della
regione. Complessivamente, il 30% del campione affida lavorazioni, anche o
esclusivamente, a sub-fornitori di altre regioni italiane (prevalentemente del sud)
o stranieri17 .
Tabella 15.
Localizzazione dei principali sub-fornitori toscani
competitività* (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)
Localizzazione
Stessa area dell’impresa
In provincia
In regione
In Italia
All’estero
Abbigliamento
53,8
30,7
38,4
38,4
7,6
Pelletteria
54,5
63,6
9,1
9,1
-
Imprese ( %)
PellicMaglieCeria
ria
50,0
45,4
50,0
36,4
63,6
9,1
del
Calzature
77,7
33,3
22,2
campione
Totale
56,5
30,4
23,9
28,3
8,7
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
A livello complessivo, va tuttavia rilevato che il decentramento produttivo comporta
rapporti tra imprese committenti e sub-fornitori che sembrano ancora governati da
leggi di mercato, piuttosto che di collaborazione. Nel senso che generalmente, i
rapporti sono stabili nel tempo, ma quasi mai formalizzati e, di solito, non implicano
forme di collaborazione, tra i diversi soggetti coinvolti, a livello di progettazione dei
prodotti e/o di scelta e di acquisto delle materie prime, e così via (tabella 16); è
scarsa, come già anticipato, la presenza di gruppi di imprese; come si è visto vengono
decentrate le fasi produttive a minor valore aggiunto, e il decentramento di capacità
sembra prevalere su quello di specialità.
17
Sottolineiamo però che: a) solo 5 imprese si affidano completamente a sub-fornitori extra-regionali; b) il
decentramento produttivo all’estero è fortemente disincentivato dal fatto che in questo modo verrebbe meno
un requisito competitivo ritenuto indispensabile, cioè quello di poter “targare” i propri prodotti come “made in
Italy”.
Tabella 16.
Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi in
Toscana nel campione competitività (%)
Lavorazioni
Progettazione/disegno
Scelta dei materiali
Acquisto di materiali e componenti
Produzione fisica
Finitura
Controllo di qualità
Dell’impresa
Committent
e
97,8
97,8
97,8
93,3
95,6
95,6
Del subfornitore
Congiunta
2,2
2,2
4,4
4,4
4,4
2,2
2,2
-
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Il fatto che i rapporti tra imprese committenti e sub-fornitori siano di tipo
prevalentemente tradizionale viene confermato, infine, anche dai mezzi di
comunicazione adottati (tabella 17).
Tabella 17.
Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese toscane del
campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)
Mezzi di comunicazione
Collegamento in rete con computer
Modem
Fax
Telefono
Recapiti veloci a domicilio
Posta
Visite personali frequenti
Imprese che lo
utilizzano*
4,3
56,5
95,6
43,4
63,1
Imprese che lo utilizzano
come mezzo prevalente
79,1
4,6
16,3
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
La mancanza di accordi di collaborazione tra imprese committenti e sub-fornitori che
emerge dai dati sembra confermare l’ipotesi di un mancato decollo, in Toscana, delle
cosiddette imprese a rete. Ciò va imputato, a nostro avviso, ad una serie concomitante
di fattori, in parte già richiamati, che riguardano:
1) il peso della media impresa nell’industria manifatturiera toscana, modesto in
assoluto e relativamente ad altre aree italiane;
2) l’esistenza di bassi costi transazionali, determinati dalla scarsa specificità delle fasi
decentrate e dall’elevato numero di imprese locali in grado di svolgerle. Ciò
consente alle imprese committenti di poter comunque contare sulle sub-forniture di
cui necessitano senza stipulare accordi stringenti con i propri sub-fornitori e senza,
per questo, incorrere in elevati costi di ricerca di eventuali nuovi partners
produttivi.
E’ opportuno precisare, tuttavia, che su questo quadro di fondo, valido a livello
generale, si innestano alcuni elementi di dinamismo nelle relazioni interaziendali che
sono probabilmente destinati ad assumere in futuro una rilevanza maggiore, a causa
della crescente concorrenzialità dei mercati e dell’elevata variabilità della domanda con le conseguenti necessità di incrementare sia la flessibilità produttiva che la qualità
dei prodotti-. Ci riferiamo, in particolare, ad alcuni casi, segnalati dai testimoni
privilegiati intervistati, di accordi tecnico-produttivi tra imprese committenti e subfornitori, e alla nascita di nuove figure di conto terzisti, specializzati nella realizzazione
di fasi ad elevato valore aggiunto.
Gli accordi che ci sono stati segnalati riguardano, in particolare, il settore della
maglieria dove l’integrazione verticale ha costi proibitivi per imprese di piccola
dimensione, quali quelle toscane. Essere in grado di produrre, con tecnologie
all’avanguardia, capi di tutte le finezze che il mercato può potenzialmente richiedere
significa, infatti, dotarsi di macchinari per un investimento complessivo di almeno 3
miliardi di lire e correre il rischio che alcuni macchinari rimangano inattivi nei periodi in
cui il mercato non richiede i capi della finezza che questi sono in grado di produrre. Le
specifiche problematiche del comparto hanno quindi indotto alcune imprese a stipulare
accordi con terzisti, specializzati su alcune finezze, in modo da garantirsi la possibilità
di produrre una più ampia gamma di capi senza affrontare investimenti ritenuti troppo
rischiosi e assicurando specularmente al terzista determinati livelli di produzione.
Per quanto concerne invece la nascita di nuove figure di contoterzisti, va segnalata
l’esistenza, in Toscana, di alcune imprese di recente costituzione, specializzate nello
sviluppo di modelli e taglie tramite tecnologie CAD, in grado di fornire ai propri clienti il
prodotto richiesto sia su carta che, eventualmente, su supporto magnetico. Il dato ci
sembra particolarmente rilevante per due ordini di considerazioni. (i) dai risultati
dell’analisi emerge che la metà delle imprese dell’abbigliamento intervistate decentra
totalmente la fase di sviluppo dei modelli e delle taglie. Conseguentemente,
l’innovazione tecnologica di questa fase del processo produttivo può essere un buon
canale attraverso cui contribuire a introdurre innovazioni di processo e di prodotto in
tutto il comparto delle confezioni; (ii) la nascita di terzisti altamente specializzati può
stimolare lo sviluppo di relazioni inter-aziendali basate su rapporti di collaborazione e,
per questa via, incentivare la riqualificazione del tessuto produttivo locale.
Tra le imprese subfornitrici è relativamente contenuta (20%) la quota di imprese
terziste che lavora per imprese localizzate al di fuori della regione, italiane o estere. E’
noto, invece, che è frequente il caso di imprese italiane -si pensi, per esempio, alla
Stefanel, alla Valleverde, ecc.) che decentrano quasi interamente la propria produzione
a terzisti toscani, e il caso di Department Stores o Catene Distributive straniere che
commissionano a imprese toscane la realizzazione di prodotti da commercializzare sui
mercati esteri.
Il fenomeno si giustifica alla luce di considerazioni di carattere storico, nel senso che
costituisce una sorta di naturale prosecuzione dell’esperienza dei buyers -che si è
gradualmente ridimensionata con il crescere del costo del lavoro in Italia-; e tecnicoproduttivo perché le imprese del sistema moda toscano garantiscono le necessarie
competenze produttive e un’elevatissima capacità di adeguarsi alle
aspettative/richieste dei clienti.
La ricostruzione offerta dai terzisti dei loro rapporti tra imprese terziste con le imprese
committenti italiane o estere diverge rispetto alla ricostruzione offerta dalle capofila.
Secondo i terzisti tali rapporti risultano ispirati ad una logica di collaborazione: nel 3040% dei casi, infatti, le decisioni concernenti la progettazione dei prodotti, la scelta e
l’acquisto dei materiali, la produzione e il controllo di qualità vengono assunte
congiuntamente. Rispetto a questa ricostruzione si può ancora notare una tendenza al
frazionamento della clientela - il maggiore cliente assorbe in media il 42,5% del
fatturato; i primi cinque circa il 66% - derivata dalla necessità di ridurre il rischio
connesso a variazioni improvvise di ordini. Considerazione che contrasta in qualche
misura con la logica collaborativa dichiarata dalle imprese.
Tabella 18.
Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni in conto terzi in
Toscana del comparto competitività (%)
Dell’impresa
terzista
Dell’impresa
committente
Congiunt
a
Totale
Progettazione/disegno
Scelta dei materiali
Acquisto di materiali e
componenti
Produzione fisica
Finitura
Controllo di qualità
10,0
20,0
10,0
50,0
50,0
50,0
40,0
30,0
40,0
100,0
100,0
100,0
40,0
50,0
50,0
20,0
20,0
20,0
40,0
30,0
30,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Nonostante non siano generalmente formalizzati, i rapporti sono consolidati nel tempo
e producono indubbi benefici per le imprese terziste locali in quanto i committenti, per
lo più imprese di media o grande dimensione, impongono spesso il rispetto di standard
produttivi pre-definiti, nonché l’impiego di macchinari ad elevato progresso tecnico
incorporato e quindi contribuiscono a sollecitare la qualificazione del sistema produttivo
locale.
La domanda di servizi alla produzione
L’analisi del ricorso a servizi esterni da parte delle imprese è utile da due punti di vista
diversi: (i) serve a ricostruire l’organizzazione produttiva delle imprese e, per questa
via, dà indicazioni importanti sui loro fattori di competitività; (ii) serve a inferire la
dimensione della domanda di lavoro indotta di un’impresa: nel caso in cui faccia ampio
ricorso all’esternalizzazione di funzioni e acquisisca servizi all’esterno si può ritenere
che l’impresa dia luogo ad una domanda di lavoro indotta che si concretizza attraverso
la domanda di lavoro espressa dal sistema di subfornitura e dai centri di servizio
esterni.
Il 74,6% delle imprese intervistate ha dichiarato di far ricorso a servizi esterni per una
o più funzioni aziendali: il 24% delle imprese che ricorrono a servizi esterni vi ricorre
per una sola funzione; il 36% per due; il 20% per tre. Nella tabella 19 si indicano le
aree funzionali relativamente alle quali le imprese preferiscono ricorrere a servizi
esterni e si confrontano le imprese del sistema moda con le manifatturiere toscane
(ORML-Ciriec 1996a).
Tabella 19.
Ricorso a servizi esterni per area funzionale nelle imprese toscane del
campione lavoro (%)
Aree funzionali
Amministrazione, finanza, controllo
gestione
Produzione
Altri servizi (pulizie, mensa, etc.)
Sistema informativo e CED
Progettazione, R&S
Vendite
Attività tecniche di produzione
Marketing
Direzione
Risorse umane e formazione
Qualità
Assistenza post vendita
Acquisto materiali
MEDIA
Fonte: elaborazioni Ciriec.
% imprese che ricorrono a servizi esterni
relativamente all'area funzionale
Imprese
moda
40,3
Capofila
30,2
Subfornitrici
56,0
28,4
28,4
26,9
23,9
13,4
10,4
7,5
4,5
3,0
3,0
3,0
3,0
15,1
32,6
23,3
25,6
27,9
16,3
7,0
7,0
2,3
4,7
0,0
4,7
2,3
14,1
20,0
32,0
28,0
16,0
8,0
16,0
8,0
8,0
0,0
8,0
0,0
4,0
15,7
Manifatturier
e toscane
64,8
38,0
48,4
19,9
15,3
19,5
10,8
5,9
2,4
14,6
3,5
3,5
4,2
19,3
Il risultato più interessante è che il ricorso a servizi esterni sembra nel complesso
meno generalizzato che nelle imprese manifatturiere toscane. Due dati sintetici che
danno indicazioni in questo senso sono: per 9 aree funzionali su 13 la quota di imprese
che ricorrono all’esterno è più alta per le manifatturiere toscane che per le imprese del
sistema moda; la quota media di imprese che ricorrono a servizi esterni è maggiore
per le imprese manifatturiere che per quelle del sistema moda.
I dati sembrano indicare una minore propensione ad esternalizzare delle capofila
rispetto alle subfornitrici. Non ricorrono a centri di servizio o produzione esterni il
27,9% delle capofila contro il 20,0% delle subfornitrici; inoltre il ricorso medio a servizi
esterni è di circa due punti percentuali inferiore tra le subfornitrici che tra le capofila.
Le imprese subfornitrici tendono a esternalizzare le funzioni amministrative in misura
maggiore rispetto alle capofila, ma hanno minore propensione a far svolgere all’esterno
fasi produttive.
Le modalità del ricorso a servizi esterni sembrano consolidate: il 62% delle imprese
intervistate ritiene di non avere modificato nel corso del 1996 il ricorso a servizi
esterni; il 32% ritiene di averlo aumentato, mentre il restante 6% dichiara di averlo
diminuito. Dall’analisi delle motivazioni che hanno portato le imprese a variare o meno
il ricorso a servizi esterni nel corso del 1996 emerge che l’esternalizzazione è legata
principalmente alle modificazioni del volume del fatturato:
all’aumento/invarianza/diminuzione del fatturato corrisponde
l’aumento/invarianza/diminuzione del ricorso a prestazioni esterne. L’11,7% delle
imprese che hanno aumentato il ricorso a servizi esterni attribuiscono tale scelta alla
ricerca di una maggiore flessibilità; è infine da notare che per il 6% delle imprese
l’invarianza del ricorso a prestazioni esterne ha significato un aumento delle lavorazioni
interne.
Come si è già visto è netta la prevalenza della dimensione locale e provinciale per il
reperimento dei servizi esterni in quasi tutte le aree funzionali, anche nel caso dei
servizi più qualificati. Ciò può significare che le aree di localizzazione delle stesse
imprese non evidenziano in questo senso deficit funzionali. Fanno eccezione alcuni
servizi più innovativi - il cui utilizzo è comunque complessivamente contenuto - come
le risorse umane, la pubblicità e la promozione, le ricerche di mercato per i quali ci si
rivolge prevalentemente a società non regionali; ed i servizi di vendita e post-vendita
per i quali presumibilmente ci si avvale di strutture localizzate nei mercati di sbocco.
Dai dati precedenti si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un sistema stabile
e consolidato di collaborazioni e prestazioni esterne, che non sembra aver conosciuto
modificazioni sostanziali nel corso del 1996, e che si può prevedere resterà immutato
nel medio periodo.
E’ perciò plausibile ritenere che le imprese del sistema moda sostituiscano forza lavoro
interna con centri di servizio/produzione esterni soprattutto per quanto riguarda servizi
amministrativi, finanziari e di gestione; gli altri servizi (mensa, etc.), il sistema
informativo e la progettazione. Dal punto di vista dell’analisi della domanda di lavoro e
del fabbisogno professionale questo ha due conseguenze rilevanti: (i) la domanda di
lavoro espressa dalle imprese sottostima l’effettiva necessità di personale di quelle
imprese, che dovrebbe essere colta considerando anche la domanda di lavoro indotta
da quelle imprese nelle società fornitrici di servizi; (ii) il fabbisogno professionale
espresso direttamente dalle imprese del sistema moda tende a polarizzarsi su figure
legate essenzialmente alle fasi produttive, come vedremo più avanti.
L’approvvigionamento di materie prime
Per l’approvvigionamento di materie prime, tutte le imprese intervistate si rivolgono
anche o esclusivamente a fornitori localizzati all’esterno della regione (in altre aree
d’Italia o all’estero, tabella 20-24).
Tabella 20.
Localizzazione dei principali fornitori di materie prime delle imprese
toscane del campione competitività*
Localizzazione
Distretto
Regione
Italia
Estero
TOTALE IMPRESE SETTORE
Imprese (Valori assoluti)
Abbiglia
-mento
5
7
13
2
Pelletteria
1
9
7
2
Pellicceria
1
2
1
Maglieria
3
3
10
4
Calzature
5
7
7
2
Totale
14
12
2
11
11
50
14
27
39
11
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Tabella 21.
Quote di materie prime acquistate nel distretto dalle imprese toscane
del campione competitività (%)
Quote
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
nel distretto
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Imprese %
PellicMaglieceria
Ria
18,2
9,1
-
Abbigliamento
21,4
7,1
7,1
Pelletteria
8,3
-
Calzature
18,2
9,1
18,2
-
Totale
64,4
91,7
100,0
72,7
54,5
72,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
6,0
10,0
6,0
4,0
2,0
Tabella 22.
Quote di materie prime acquistate in regione dalle imprese toscane
del campione competitività (%)
Quote
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
in regione
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Abbigliamento
28,6
14,2
7,1
-
Pelletteria
33,4
8,3
8,3
25,0
Imprese %
PellicMaglieceria
Ria
50,0
18,2
9,1
Calzature
9,1
9,1
18,2
18,2
9,1
Totale
10,0
20,0
8,0
6,0
10,0
50,0
25,0
50,0
72,7
36,4
46,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Tabella 23.
Quote di materie prime acquistate in Italia dalle imprese toscane del
campione competitività (%)
Quote
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
in Italia
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Abbigliamento
7,1
42,8
7,1
7,1
28,6
Pelletteria
41,7
8,3
8,3
-
Imprese %
PellicMaglieceria
Ria
9,1
100,0
27,3
36,3
9,1
9,1
Calzature
27,3
27,3
9,1
Totale
10,0
38,0
12,0
6,0
12,0
7,1
41,7
-
9,1
36,3
22,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Tabella 24.
Quote di materie prime acquistate all’estero dalle imprese toscane
del campione competitività (%)
Quote
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
all’estero
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Imprese %
PellicMaglieceria
Ria
9,1
18,2
50,0
9,1
-
Abbigliamento
7,1
7,1
-
Pelletteria
8,3
8,3
-
85,8
83,4
50,0
100,0
100,0
100,0
Calzature
Totale
9,1
9,1
6,0
10,0
2,0
2,0
2,0
63,-6
81,8
78,0
100,0
100,0
100,0
Il dato, nonostante l’esiguità del campione analizzato, induce qualche perplessità circa
l’esistenza di economie di localizzazione e vantaggi competitivi dovuti alla vicinanza
fisica delle imprese del sistema moda che producono beni di consumo con quelle a
monte della filiera produttiva (tessili e conciarie).
Una interazione sinergica tra produttori ed utilizzatori di materie prime sembra in
particolare ostacolata prevalentemente da fattori di prezzo (nel caso delle pelletterie
per le quali risulta più conveniente acquistare i propri inputs produttivi a Solofra o
comunque nel Sud d’Italia) e di qualità (nel caso delle imprese dell’abbigliamento che
producono per fasce di mercato medio-alte e che per questo necessitano di materie
prime di qualità più elevata di quelle generalmente prodotte a Prato e si rivolgono
preferibilmente a fornitori del nord Italia).
Va sottolineato infine che la lontananza dei fornitori di materie prime e il tipo di
rapporti prevalenti con i sub-fornitori di fase si traduce in un costo elevato per le
imprese, inducendole a consistenti immobilizzazioni in scorte di magazzino. Il 64%
delle imprese, infatti, tiene mediamente in magazzino scorte sufficienti a garantire più
di un mese di produzione e solo 3 aziende operano in una logica prossima a quella del
just in time.
Innovazioni di prodotto e di processo
Dai dati analizzati emergerebbe un elemento positivo in merito agli investimenti del
campione in attività di ricerca e sviluppo. Come noto, infatti, le PMI italiane mostrano
generalmente una bassa propensione ad investire in attività autonome di ricerca.
Secondo dati ISTAT (1995), la quota sul fatturato delle spese in R&S si attestava, in
Italia, nel 1992, sullo 0,15% nel caso delle imprese specializzate nella produzione di
capi di vestiario e sullo 0,29% nel caso del cuoio e delle calzature18 .
Con riferimento al campione analizzato (tabella 25), invece, si rileva un investimento in
attività di ricerca pari a 7,51 miliardi di lire nel triennio 1994-96, il che equivale a
un’incidenza sul fatturato complessivo del campione orientativamente pari, su base
annua, allo 0,6%.
Tabella 25.
competitività*
Investimenti
in
R&S
delle
Investimenti in R&S
No
Si
- sviluppo nuovi modelli/dis.
- ricerca nuovi materiali
INVESTIMENTO TOT. (ml)
Abbigliamento
10
4
4
2
2.570
Pelletteria
10
2
2
1
140
imprese
Imprese
Pellic- Maglieceria
ria
2
8
3
1
3
216
toscane
del
campione
CalzaTure
7
4
4
3
4.150
Totale
%
37
13
13
9
7.510
74,0
26,0
100,0
69,2
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Il dato rilevato ci pare positivo soprattutto tenendo conto della distribuzione
dimensionale delle imprese del campione, fortemente sbilanciata verso le classi di
addetti minori19 . Evidentemente, la concorrenza dei Paesi a basso costo del lavoro sta
quindi incentivando un consistente sforzo innovativo, orientato sia verso lo sviluppo di
18
ISTAT 1995.
E’ opportuno sottolineare che, tra le imprese innovative del campione competitività, rientrano anche
un’impresa con oltre 200 addetti e 2 aziende con circa 50 dipendenti. Le restanti 10 imprese, tuttavia, hanno
una dimensione occupazionale compresa tra i 20 e i 30 addetti.
19
nuovi modelli/disegni che verso la ricerca di nuovi materiali, che coinvolge anche le
imprese medio-piccole.
Questa ipotesi è confermata dalla quasi totalità dei testimoni contattati nel corso della
ricerca. Resta da verificare, ma purtroppo non esistono dati ufficiali sufficientemente
aggiornati, se, alla propensione ad introdurre innovazioni di prodotto si stia affiancando
una ripresa dell’attività di investimento in macchinari che, come già illustrato, è stata
abbastanza contenuta in tutti gli anni ‘80 e che invece costituisce il canale principale
attraverso cui le PMI solitamente introducono innovazioni.
I dati rilevati, non consentono di esprimere giudizi in merito. Emerge, infatti, che
l’investimento medio realizzato dalle imprese del comparto moda ammonta, nel
triennio 1994-96, a circa 335 milioni di lire. Nel caso in cui gli investimenti si fossero
equamente distribuiti sull’intero triennio, ciò equivarrebbe ad un investimento medioannuo di poco superiore ai 110 milioni (tabella 26). L’unico dato ufficiale con cui
confrontare i nostri risultati risale, però, al 1991, anno in cui l’investimento medio per
impresa nel sistema moda italiano si attestava sui 50 milioni di lire (correnti).
Tabella 26.
Investimenti delle imprese toscane del campione competitività*
Imprese che hanno inv. in
immobili
Imprese che hanno inv. in
macchine
INV. IN MACCHINE (ml)
INV. MEDIO (ml)
Imprese (Valori assoluti)
Abbiglia- Pellet- PellicMaglie- Calzamento
teria
Ceria
ria
ture
1
1
11
11
5
9
2.460
223
1.080
98
-
4.210
842
Totale
2
32
2.979 10.729
331
335
Fonte: elaborazioni Ciriec.
*La domanda prevedeva risposte multiple
Sempre con riferimento all’attività di investimento in macchinari, dall’analisi, emergono
comunque alcuni elementi indubbiamente positivi. Nello specifico, va rilevato che: a) la
produttività del lavoro è aumentata, nel corso degli ultimi 3 anni, nel 38% dei casi
(tabella 27), segno evidente che almeno un terzo delle imprese ha introdotto
macchinari più efficienti; b) circa il 20% delle imprese intervistate ritiene che la
produttività del lavoro crescerà ulteriormente nel prossimo triennio (tabella 28).
Tabella 27.
Imprese toscane del campione competitività per andamento della
produttività ultimo triennio e settore (%)
Produttività
Produttività molto aumentata
Produttività aumentata
Produttività invariata
Produttività diminuita
Produttività molto diminuita
TOTALE
Abbigliamento
28,6
42,8
21,4
7,1
100,0
Pelletteria
41,7
33,3
25,0
100,0
PellicCeria
50,0
50,0
100,0
Maglieria
27,3
54,5
18,2
100,0
Calzature
54,5
27,3
18,2
100,0
Totale
38,0
40,0
20,0
2,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 28.
Imprese toscane del campione competitività per andamento previsto
della produttività prossimo triennio e settore (%)
Produttività
Produttività molto in aumento
Produttività in aumento
Produttività invariata
Produttività in diminuzione
Produttività molto in diminuzione
TOTALE
Abbiglia- Pelletmento
teria
14,3
25,0
42,8
33,3
35,8
33,3
7,1
8,3
100,0 100,0
Pellicceria
50,0
50,0
100,0
Maglie- Calza- Totale
ria
ture
18,2
18,2
18,0
72,7
81,8
56,0
9,1
22,0
4,0
100,0
100,0 100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Inoltre, il 34% delle imprese del campione si rivolge esclusivamente a fornitori di
macchinari esterni alla regione, italiani o esteri, e il ricorso a fornitori extra-regionali è
particolarmente spinto nel comparto della maglieria (per il quale la leadership
tecnologica è detenuta da imprese tedesche e svizzere). Specularmente, tuttavia, oltre
il 60% delle imprese ha rapporti con fornitori localizzati in ambito regionale (tabella
29) e ciò consente una discreta interazione tra utilizzatori e produttori di macchinari. I
fornitori costituiscono, ad esempio, un imprescindibile canale informativo relativamente
alle tecnologie disponibili (tabella 30); il rapporto prevalente tra fornitori ed utilizzatori
è quello puramente commerciale, ma il 30% delle imprese chiede modifiche ai
macchinari che acquista, in alcuni casi anche rilevanti, e ciò fa sì che l’interazione si
traduca nella possibilità di introdurre innovazioni firm-specific (tabella 31).
Tabella 29.
Localizzazione dei principali
toscane del campione competitività * (%)
fornitori
Localizzazione
Stessa area dell’impresa
In provincia
In regione
In Italia
All’estero
AbbigliaPelletmento
teria
42,8
50,0
14,2
50,0
7,1
42,8
25,0
14,2
8,3
di
macchinari
delle
imprese
Imprese
Pellic- Maglie- Calza- Totale
ceria
Ria
ture
50,0
18,2
54,5
42,0
16,0
18,2
6,0
36,4
36,4
27,3
-
Fonte: elaborazioni Ciriec.
*La domanda prevedeva risposte multiple. La media delle risposte è 3.
Tabella 30.
Fonti di informazione sulle tecnologie produttive per imprese toscane
del campione competitività (%)
Fonti di informazione
Fornitori di macchinari
Riviste specializzate di settore
Istituti specializzati locali
Istituti specializzati fuori dal distretto
Altre imprese locali del settore
Altre imprese non locali del settore
Fiere e mostre
Mancate risposte
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Numero Imprese
Fonti utilizzate *
Fonte più utile
92,0
50,0
12,0
2,0
6,0
28,0
12,0
38,0
100,0
Tabella 31.
Rapporti con
campione competitività (%)
i
fornitori
di
macchinari
per
imprese
toscane
del
Numero Imprese
Rapporti esistenti*
Rapporti prevalenti
78,0
62,0
30,0
6,0
6,0
-
Acquistano le macchine a catalogo
Chiedono modifiche delle macchine
Chiedono macchine ad hoc
Collaborano alla progettazione delle
macchine che acquistano
Mancate risposte
TOTALE IMPRESE
2,0
-
32,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple.
Mercati di sbocco
Il peso del sistema moda toscano rispetto a quello italiano si è ridotto, negli ultimi 10
anni, anche in termini di quote di esportazioni (tabella 32). Per quanto riguarda il
campione competitività soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 33);
nel 1996, il valore complessivo delle esportazioni del campione è stato di 192,651
miliardi di lire, pari al 52% del fatturato prodotto dalle imprese intervistate.
La maggiore propensione all’export si rileva nel caso delle pelletterie (88% del
fatturato complessivo) e delle calzature (77%), per le quali i principali mercati esteri di
sbocco, tenendo conto del valore delle esportazioni del 1996, sono rispettivamente
rappresentati dal Giappone (10,8 miliardi di lire) e dalla Germania (22, 8 miliardi) e,
tenendo conto del numero di imprese che vi operano, dalla Germania e dagli USA.
Per inciso rileviamo che l’elevata propensione all’export della pelletteria va anche
imputata, contrariamente a quanto avviene nel caso delle calzature, a dinamiche
recenti: tra il 1994 ed il 1996, infatti, si è registrato un incremento delle esportazioni in
oltre il 40% delle imprese del settore analizzate.
Va sottolineato, inoltre, che Germania, USA e Giappone costituiscono i principali
mercati di sbocco per tutti i comparti analizzati e, rispettivamente, il 14%, il 20% e
l’8% delle imprese ritengono che questi siano ancora i mercati che offrono le maggiori
opportunità di sviluppo al sistema moda toscano. Non mancano però casi di imprese
che mettono in evidenza, con riferimento agli stessi mercati, l’esistenza di problemi che
ostacolano l’espansione delle vendite. I problemi più rilevanti riguardano la contrazione
della domanda di consumi (soprattutto in Germania); la concorrenza di imprese
europee, nel caso dell’abbigliamento, e di imprese localizzate in paesi a più basso costo
del lavoro, nel caso di tutti gli altri comparti.
A quest’ultimo proposito, è bene ricordare che la produzione delle imprese analizzate si
colloca, sia sul mercato interno che su quelli esteri, su fasce di mercato
prevalentemente medie o medio-alte (tabella 34-35).
Tabella 32.
Esportazioni
esportazioni Italia
Province/Anni
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa Carrara
Pisa
del
sistema
1985
247.016
5.192.172
13.819
7.508
325.809
25.608
543.431
moda
1992
269.504
4.951.826
10.786
18.881
534.043
25.561
789.120
toscano
e
1993
370.495
5.664.390
14.047
12.833
715.658
21.035
1.017.491
rapporto
1994
479.171
7.288.728
17.677
11.268
877.505
16.948
1.333.256
con
totale
1995
555.976
5.184.370
22.471
23.713
930.660
11.409
1.526.636
Pistoia
Prato
Siena
Totali
397.979
n.d.
53.803
6.807.144
TOTALE ITALIA
Peso % Toscana/Italia
634.308
n.d.
47.987
7.282.017
689.201
902.471
932.432
n.d.
n.d. 2.677.818
51.865
71.794
69.070
8.557.016 10.998.81 11.934.55
7
5
30.662.97 40.216.70 48.067.85 57.542.49 66.926.11
3
5
5
1
3
22,20
18,11
17,80
19,11
17,83
Fonte: elaborazioni Ciriec su dati ISTAT
Tabella 33.
esportato
Imprese toscane del campione competitività per quote di fatturato
Quota fatturato esportato
Non esportano
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Imprese (valori assoluti)
Abbiglia- Pellet- PellicMaglieCalzamento
teria
Ceria
Ria
Ture
1
2
1
5
1
2
5
3
1
3
2
1
1
2
1
7
3
2
1
3
3
14
12
2
11
11
Totale
4
8
12
5
13
7
50
Tabella 34.
Imprese toscane del campione competitività per fascia di mercato
(mercato interno) (%)
Fascia di mercato
Bassa
Medio-bassa
Media
Medio-alta
Alta
TOTALE IMPRESE
(che vendono sul mercato
nazionale)
% su totale imprese per settore
Abbiglia- Pellet- Pellic- Maglie- Calza- Totale
mento
teria
Ceria
ria
Ture
28,6
12,5
6,9
21,4
16,7
42,8
25,0
23,3
71,4
58,3
100,0
28,6
62,5
60,5
7,2
25,0
9,3
14
12
2
7
8
43
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 35.
Imprese toscane del campione competitività per fascia di mercato
(mercato estero) (%)
Fascia di mercato
Bassa
Medio-bassa
Media
Medio-alta
Alta
TOTALE IMPRESE
(che vendono su mercati
esteri)
Abbigliamento
23,1
69,2
7,7
% su totale imprese per settore
Pellet- Pellic- Maglie- Calza- Totale
teria
Ceria
Ria
ture
11,1
10,0
4,3
16,7
22,2
20,0
19,6
75,0
100,0
55,5
70,0
69,6
8,3
11,1
6,5
13
12
2
9
10
46
Fonte: elaborazioni Ciriec.
I testimoni contattati affermano però che la buona qualità dei prodotti non è di per sé
sufficiente a vincere la concorrenza di prezzo: sui mercati esteri, la domanda, si sta
orientando sempre più verso prodotti a basso prezzo o verso prodotti firmati, e si sta
quindi riducendo lo spazio competitivo dei prodotti qualitativamente migliori di quelli
realizzati dai Paesi in via di sviluppo, ma non targati con un marchio famoso.
In virtù di ciò, i Paesi del Sud Est Asiatico, ma anche Paesi emergenti del bacino del
mediterraneo (Tunisia, Turchia, Marocco) e i Paesi dell’Est, vengono considerati
concorrenti temibili sui mercati esteri. Su quello interno, che il 32% delle imprese
individua come il mercato più difficile da conquistare, invece, la concorrenza proviene
prevalentemente dalle grandi imprese e da imprese localizzate nelle regioni che in
Italia presentano i maggiori tassi di specializzazione nel sistema moda, nonché
ovviamente da altre imprese toscane (tabella 36 e 37).
Tabella
36.
Principali
concorrenti
competitività sui mercati esteri* (%)
delle
imprese
Localizzazione concorrenti
Imprese del Sud Est Asiatico
Abbigliamento
12,5
Pelletteria
77,8
toscane
Imprese
PellicCeria
-
del
Maglieria
66,7
campione
CalzaTure
17,3
Imprese cinesi
Imprese giapponesi
Imp. Paesi del bacino Medit.
Imp. Tedesche, francesi e
inglesi
Imp. Spagnole
Imp. Greche
Imp. di Paesi dell’Est
Imp. Dell’America del Sud
Imp. Indiane
Imp. Greche
Totale risposte valide
12,5
12,5
12,5
87,5
22,2
11,1
55,5
-
100,0
-
33,3
16,7
100,0
-
-
12,5
25,0
12,5
8
11,1
11,1
11,1
9
50,0
2
16,7
16,7
16,7
6
57m1
28,6
17,3
28,6
7
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Tabella
37.
Principali
concorrenti
competitività sui mercati nazionali* (%)
delle
imprese
Localizzazione concorrenti
Grandi Imprese
Imprese Lombarde
Imprese del distretto
Imprese dell’area NEC
Imprese Pugliesi
TOTALE RISPOSTE VALIDE
Abbigliamento
44,4
11,1
33,3
11,1
9
Pelletteria
58,3
50,0
16,7
12
toscane
Imprese
PellicCeria
100,0
2
del
MaglieRia
16,7
50,0
33,3
33,3
6
campione
CalzaTure
10,0
10,0
60,0
60,0
10
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati
per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (tabella 38 e 39).
Tabella 38.
Canali distributivi utilizzati
competitività sul mercato interno* (%)
dalle
Canali distributivi
Altre imprese
Grossisti/buyers
Gruppi d’acquisto
Franchising
Catene specializzate
Catene de-specializzate
Negozi indipendenti
Vendita diretta
Vendite postali
TOTALE IMPRESE
(che vendono sul mercato
inter.)
Abbiglia- Pelletmento
teria
21,4
16,7
28,6
16,7
21,4
8,3
14,3
33,3
8,3
64,3
83,3
14
12
imprese
toscane
del
campione
Imprese
Pellic- Maglie- Calza- Totale
Ceria
Ria
ture
28,6
25,0
20,9
50,0
28,6
25,0
25,6
28,6
13,9
14,3
6,9
50,0
14,3
37,5
20,9
14,3
4,6
100,0
37,5
55,8
14,3
2,3
2
7
8
43
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Tabella 39.
Canali distributivi
competitività sui mercati esteri* (%)
utilizzati
dalle
Canali distributivi
Altre imprese
Grossisti/buyers
Gruppi d’acquisto
Franchising
Catene specializzate
Catene de-specializzate
Negozi indipendenti
Vendita diretta
Vendite postali
TOTALE IMPRESE
(che vendono su mercati
esteri)
Abbigliamento
23,1
38,4
15,4
7,7
46,1
-
Pelletteria
25,0
83,3
33,3
33,3
41,7
8,3
13
12
imprese
toscane
Imprese
PellicMaglieCeria
ria
22,2
44,4
50,0
55,5
44,4
33,3
50,0
11,1
33,3
2
9
del
Calzature
30,0
40,0
20,0
40,0
10,0
20,0
-
campione
Totale
23,9
50,0
30,4
28,3
8,7
32,6
8,7
10
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
In Italia, il canale distributivo prevalente è quello dei negozi indipendenti che del resto
costituiscono il canale prioritario anche per le vendite all’estero (nel 1996, il 43%
dell’export è stato realizzato tramite vendite a negozi). Il processo in atto di
frammentazione delle vendite, messo in luce dai testimoni contattati e confermato dai
risultati dell’analisi, impone, evidentemente un grosso sforzo organizzativo e
commerciale ad imprese di piccola dimensione, quali quelle del campione analizzato
che per lo più ricorrono ad agenti e rappresentanti plurimandatari e comunque
mostrano, sia in Italia che all’estero, un grado di dipendenza dai primi 5 clienti
relativamente contenuto (considerata, appunto, la loro ridotta dimensione
occupazionale).
46
La spesa pubblicitaria
Come già evidenziato nel paragrafo relativo alla domanda di servizi, all’interno del
campione considerato, è ancora contenuto il ricorso delle imprese ad alcuni servizi
legati alla funzione commerciale.
In particolare, risultano generalmente ridotte le risorse destinate ad azioni pubblicitarie
sul mercato interno e soprattutto su quelli esteri con l’unica eccezione delle imprese
dell’abbigliamento. Solo le imprese della pelletteria, causa la loro elevatissima
propensione all’export, risultano aver investito più di quanto non abbiano fatto per il
mercato italiano (tabella 40).
Soltanto il 4% delle imprese ha dichiarato che le strategie adottate per incrementare le
proprie vendite sul mercato interno e la propria capacità di penetrazione su quelli esteri
prevedono anche la realizzazione di apposite ricerche di mercato. Tutte le altre
individuano principalmente nell’incremento della qualità dei prodotti, nella
personalizzazione della produzione e nel potenziamento dell’organizzazione di vendita
gli strumenti principali per poter incrementare la propria forza competitiva.
Tabella 40.
Spesa pubblicitaria delle imprese toscane del campione competitività
in Italia e all’Estero (ultimi 3 anni)*
Spesa pubblicitaria
Totale imprese che hanno investito in
comunicazione Italia
SPESA COMPLESSIVA (ml)
Totale imprese che hanno investito in
comunicazione estero
SPESA COMPLESSIVA (ml)
Abbigliamento
Pelletteria
Pellicceria
Maglieria
CalzaTure
6
5
1
1
5
5.312
190
60
3
628
6
5
1
1
4
1.262
600
70
9
420
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Fattori competitivi
Per valutare la percezione dei fattori di competitività si è chiesto alle imprese di dare
un voto (da 1 a 10) alla propria performance, relativamente alle diverse aree del
marketing mix - prodotto, prezzo di vendita, servizio e comunicazione -, in confronto
alle altre aziende dell’area di insediamento e con la stessa specializzazione produttiva,
ai concorrenti nazionali e a quelli esteri.
Nella tabella 41 sono riportati i punteggi medi attribuiti dalle imprese alle varie voci
che compongono le diverse aree del marketing mix.20
Dalla lettura dei dati riportati in tabella, emerge che:
1. le imprese intervistate individuano nella qualità del prodotto, nel design, nella
flessibilità produttiva, nel rapporto prezzo/qualità e nella gamma dell’offerta i propri
principali punti di forza;
2. con riferimento agli stessi fattori competitivi (eccetto quello della flessibilità) viene
però riconosciuta una superiorità relativa sia ai concorrenti locali che a quelli
italiani;
3. i concorrenti locali, inoltre, vengono ritenuti mediamente migliori anche per quanto
riguarda l’organizzazione produttiva e quella commerciale, nonché, in linea di
massima, la comunicazione;
4. i concorrenti nazionali superano quelli locali sia in termini di servizi offerti e di
attività di comunicazione che di rapporto qualità/prezzo e propensione
all’innovazione (di processo e di prodotto);
5. i concorrenti stranieri hanno, su tutti, un considerevole vantaggio di prezzo;
6. i vantaggi percepiti delle imprese analizzate, cioè i fattori in cui le imprese
totalizzano punteggi relativi maggiori di quelli di tutti i loro concorrenti (locali,
nazionali e stranieri) sono collegati alla flessibilità produttiva, alla capacità di
evadere commesse specifiche, anche per piccoli lotti, e alle dilazioni di pagamento
concesse ai clienti.
Da rilevare, infine, che l’88% delle imprese intervistate nell’ambito dell’analisi relativa
ai fattori competitivi dichiara anche che un vantaggio competitivo importante deriva dal
fatto di localizzarsi all’interno di un distretto o di un’area sistema perché questo
garantisce la vicinanza a sub-fornitori e terzisti specializzati e la presenza di
manodopera qualificata.
20
I risultati riguarda tutte le 118 imprese intervistate.
Tabella 41.
Punteggio medio attribuito ai fattori competitivi dalle imprese toscane
del campione competitività
Fattore competitivo
Prodotto
stile/design
Qualità
Gamma dell’offerta
Flessibilità, produzione anche su piccoli
lotti
Innovazione di prodotto
Innovazione di processo
Organizzazione della produzione
Produzione su commessa specifica/su
misura
Prezzo
Prezzi di listino
Rapporto prezzo/qualità
scale sconti
Tempi di pagamento
Margini consentiti ai clienti
Servizio
Distribuzione capillare
Tempi di consegna rapidi
Organizzazione commerciale
Comunicazione
Disponibilità e qualità dei cataloghi
Disponibilità di prezzi chiari
Pubblicità tradizionale
Forme di incentivazione/promozione
Partecipazione a fiere e mostre
Sponsorizzazioni
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Azienda
Distretto
Concorrenti
italiani
Concorrenti
stranieri
7,33
7,35
7,06
7,13
7,37
7,39
7,54
7,00
7,45
7,42
7,39
6,77
5,58
5,50
5,89
5,39
6,63
6,25
6,57
6,95
6,60
6,33
7,08
6,91
7,05
6,71
6,87
6,80
6,11
6,29
6,42
5,78
6,59
7,08
5,73
6,72
6,38
6,88
7,07
5,81
6,46
6,47
7,23
7,48
6,27
6,36
6,95
8,23
7,44
6,75
6,62
6,65
6,18
6,49
6,35
6,36
6,77
6,76
7,07
6,96
7,19
6,05
5,72
6,00
5,82
6,77
5,28
5,00
6,20
3,76
6,54
6,54
5,72
5,09
6,44
5,86
7,24
6,95
6,61
6,20
7,09
6,11
6,67
6,25
6,00
6,14
6,53
5,50
Figura 1. Posizionamento delle aree secondo le leve del marketing mix
La domanda di lavoro
comunicazione
servizio
concorrenti stranieri
concorrenti italiani
distretto
prezzo
azienda
prodotto
5
6
7
8
9
Come risulta dalla tabella 42 le imprese del sistema moda in Toscana hanno creato nel
1995 2,3 posti di lavoro ogni 100 addetti; e 2,2 nel corso del 1996.
Tabella 42.
Addetti,
toscane campione lavoro
Anno
1995
1996
1995-1996
assunzioni,
uscite,
Addetti Assunzioni Uscite
3.958
4.048
4.048
293
310
603
203
220
423
turn-over,
Turn-over
496
530
1026
saldo:
1995-1996,
imprese
Saldo
Tasso % Posti creati per
turn-over
100 addetti
90
12,5
2,3
90
13,1
2,2
180
25,3
4,4
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Per quanto riguarda il 1995 è possibile confrontare il dato con i 3,0 nuovi posti di
lavoro per 100 addetti calcolato da ORML-Ciriec (1996a) per le imprese manifatturiere
medio-grandi della Toscana.21 E’ d’altra parte interessante notare che il dato è inferiore
anche a quello delle industrie tessili ed abbigliamento, e cuoio e pelli. Se si
disaggregano i dati di ORML-Ciriec (1996a) per gruppi - 3 cifre - si può notare che
l’andamento globale della sottosezione - 2 lettere - derivava da andamenti fortemente
divergenti dei singoli gruppi. I gruppi più dinamici in termini di creazione di lavoro
erano proprio quelli della concia e del tessile esclusi dalla presente ricerca, mentre il
sistema moda mostra un risultato non nettamente divergente rispetto a quello
calcolato su questo nuovo campione.22 Per quanto riguarda il 1996 si deve notare che il
dato è nettamente superiore al +0,5% registrato dall’ISTAT per l’industria in senso
stretto della Toscana (Banca d’Italia 1997).
21
La dimensione media del campione di ORML-Ciriec 1996a è comparabile con quella delle imprese
intervistate nella presente indagine.
18
Per i dati ORML-Ciriec 1996a si rimanda alle tabelle dell’appendice.
Dietro l’andamento positivo si celano andamenti molto diversi quando si analizzino i
dati per gruppi di imprese.23 Le imprese calzaturiere mostrano un buon risultato,
mentre quelle dell’abbigliamento hanno risultati nettamente inferiori a quelli del
sistema, in linea d’altra parte con quello che si verificava nel 1995 secondo l’indagine
ORML-Ciriec (1996a)24 .
E’ opportuno precisare che i dati riferiti a due grandi gruppi industriali (Gucci; IPI spa)
mostrano risultati nettamente divergenti da quelli del campione. Le due imprese, che
in termini di addetti rappresentano circa un quarto del campione lavoro, hanno assunto
711 addetti nel corso degli ultimi due anni, contro i 603 delle altre 67 imprese; creando
in due anni circa 40 nuovi posti di lavoro ogni 100 addetti.
23
La disaggregazione per gruppi rende ancora più problematica una lettura statisticamente significativa dei
dati.
24
Per i dati relativi al sistema moda nel 1997 disaggregati per gruppi si rimanda all’appendice.
Tabella 43.
1996
Anno
1995
1996
19951996
Addetti, assunzioni, uscite, turn-over, saldo dei grandi gruppi: 1995-
Addetti Assunzioni Uscite
893
1.113
1.113
295
416
711
71
196
267
Turn-over
366
612
978
Saldo
Tasso % Posti creati per
turn over
100 addetti
224
41,0
25,1
220
55,0
19,8
444
87,9
39,9
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le tabelle 42 e 43 sono esemplificative di una struttura dicotomica del sistema moda
toscano: molte imprese medie e piccole, in conto proprio o conto terzi, che non hanno
risultati brillantissimi; almeno tre grandi gruppi industriali che hanno ridisegnando
completamente lo scenario competitivo di riferimento del settore, ma hanno modificano
la struttura organizzativa, di relazione tra imprese e il mercato del lavoro al solo livello
locale.
I dati relativi al campione sulla previsione delle assunzioni e delle uscite delineano
l'andamento della domanda di lavoro nei prossimi mesi. Il questionario richiede di
esprimere una previsione sulle assunzioni e sulle uscite riferite ai 6, 12 e 24 mesi
successivi all'intervista. Con qualche cautela è possibile considerare la previsione del
numero di assunzioni a 6 mesi come un indice del numero di posti vacanti al momento
dell'intervista, mentre la previsione delle riduzioni a 6 mesi come un indice degli
eccessi di lavoro. Le previsioni riferite a un arco di tempo più lungo potrebbero invece
avere una natura diversa: date le condizioni di incertezza riguardanti la congiuntura
economica, le previsioni a 12 e a 24 mesi, più che indicare l’esatto numero delle
assunzioni e delle riduzioni di personale che verranno effettuate entro quella data,
riflettono lo stato della aspettative delle imprese circa il ciclo economico e lo sviluppo
delle dimensioni aziendali.
Le assunzioni previste dalle imprese toscane del campione lavoro
Tabella 44.
Arco temporale
Assunzioni previste
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
%
25
42
40
107
23,4
39,2
37,4
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Dai dati della tabella 44, si può notare come il numero dei posti vacanti sia poco meno
del 2% del numero totale degli occupati; il totale delle assunzioni previste nei prossimi
due anni rappresenta nel complesso appena un terzo delle assunzioni effettuate nel
corso del solo 1996.
A questo si aggiunga che il 75,0% delle imprese intervistate prevede di non assumere
né ridurre personale nei prossimi 24 mesi, il 22,1% prevede di assumere, mentre il
2,9% delle imprese prevede esplicitamente di ridurre il personale.25 Le prospettive
occupazionali non sembrano perciò positive. 26
Se si distinguono le imprese in capofila e subfornitrici emerge in maniera nettissima la
divergenza tra l’andamento delle prime e delle seconde per quanto riguarda il numero
di posti creati per addetto e il tasso di turn-over. Non solo le capofila hanno un turnover più basso ed in diminuzione tra 1995 e 1996, ma mostrano anche un risultato
nettamente inferiore per quanto riguarda i posti di lavoro creati sia nel 1995 che nel
1996; inoltre le imprese sub-fornitrici hanno migliorato il loro risultato nel corso del
1996 rispetto al 1995.
Addetti, assunti, dismessi: imprese capofila toscane del campione
Tabella 45.
lavoro
Anno
1995
1996
19951996
Addetti
Assunti
2752
2799
2799
Dismessi
198
174
372
Turnover
Tasso
Saldo Posti per 100
Turnover
addetti
349
12,7
47
1,7
329
11,8
19
0,7
678
24,2
66
2,4
151
155
306
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 46.
campione lavoro
Anno
25
Addetti,
Addetti
assunti,
Assunti
dismessi:
Dismessi
le
imprese
Turnover
sub-fornitrici
Tasso
Turnover
Saldo
toscane
del
Posti per 100
addetti
Si può ritenere che la domanda del questionario venga generalmente interpretata nel senso di indicare
variazioni nette del numero di addetti. Non è plausibile infatti che siano previste solo 8 addetti in uscita nei
prossimi due anni. Il turn-over che si realizzerà nei prossimi anni dovrebbe perciò essere più alto di quello
indicato (115).
26
Le motivazioni delle imprese che non assumono e non riducono sono legate essenzialmente ad una
previsione di stabilità del fatturato (62% delle risposte). Il 28% delle risposte motiva la scelta di non
modificare il numero di addetti con la volontà di non ridurre personale in momenti di crisi. Il 7% preferisce
esternalizzare certe funzioni piuttosto che modificare la propria struttura occupazionale, il restante 3% lega
tale decisione ad un vincolo di spazio disponibile per l’ampliamento dell’azienda.
1995
1996
19951996
1212
1249
1249
89
132
221
52
65
117
141
197
338
11,6
15,8
27,1
37
67
104
3,1
5,4
8,3
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Disaggregando i dati per gruppo ISTAT –ma i dati vanno considerati con estrema
cautela– sembra emergere che nel corso del 1996 i migliori risultati sono stati ottenuti
nelle confezioni (+7,2), nelle calzature (+6,0) e nella maglieria (+5,3). D’altra parte
anche le previsioni di assunzione, ponderate per il numero degli addetti, sono
nettamente più alte tra le imprese subfornitrici (5,1%) che tra le capofila (1,5%).
Tabella 47.
campione lavoro
Assunzioni
Arco temporale
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
previste:
imprese
Imprese capofila
11
22
10
43
capofila
%
25,6
51,2
23,2
100,0
e
subfornitrici toscane
Imprese subfornitrici
14
20
30
64
del
%
21,9
31,2
46,9
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Sembra dunque di poter ipotizzare una sostanziale disomogeneità tra imprese capofila
e subfornitrici per quanto riguarda i risultati sul mercato del lavoro.
Le forme contrattuali
Nel corso degli ultimi due anni si è assistito ad una notevole trasformazione delle forme
contrattuali prevalenti. Se si osserva la tabella 48, che riporta le quote percentuali per
tipo di contratto, è possibile constatare la notevole diversità tra stock e flussi per
quanto riguarda le tipologie di contratti.
Tabella 48.
Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle
imprese toscane del campione lavoro (%)
Tipo di contratto
Tempo determinato
Part time
A domicilio
A cottimo
Apprendista
Collaborazione
Formazione lavoro
Tempo indeterminato
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Dipendenti
1,5
1,8
4,7
0,3
1,5
90,2
100,0
Assunti 95/96
21,7
0,8
2,7
1,0
15,4
58,3
100,0
Assunzioni previste
23,4
44,9
31,8
100,0
Figura 2. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese toscane del
campione lavoro
Vi si può notare lo spostamento dei flussi e delle previsioni verso forme di contratto più
Dipendenti
Assunti 95/96
in
vo
rm
la
de
te
ne
io
in
az
Te
m
po
rm
Fo
at
ro
a
di
pr
en
Ap
ic
do
m
A
rt
t
Pa
st
ilio
e
im
at
in
rm
te
de
po
m
Te
o
Assunzioni previste
o
%
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
tipo di contratto
flessibili: mentre nello stock i contratti atipici27 rappresentano appena il 9,8%, le
assunzioni negli ultimi due anni sono avvenute per il 41,7% con tali contratti, e le
previsioni di assunzione riguardano ormai per il 68,2% contratti atipici.
Contratto atipico significa in realtà, sia per quanto riguarda le assunzioni che
soprattutto le previsioni, contratto a tempo determinato e formazione lavoro che sale
dall’1,5% nello stock a quasi il 45% nelle assunzioni previste.
La manodopera impiegata nel sistema moda è prevalentemente femminile: le donne
rappresentano infatti il 67,9% degli addetti, il 61,8% degli assunti e il 64,7 % dei
dismessi negli ultimi due anni. Più bassa - 54,1% - la quota delle donne sulle
assunzioni previste. Dal punto di vista del tipo di contratto si nota che le donne sono
particolarmente presenti nel settore più debole del mercato del lavoro: esse
rappresentano la quasi totalità dei dipendenti a domicilio e dei contratti part-time, ma
sono meno del 50% degli addetti con contratto di formazione-lavoro.
Tabella 49.
Dipendenti delle imprese toscane del campione lavoro per tipo di
contratto e sesso (%)
Tipo di contratto
Tempo determinato
Part-time
A domicilio
A cottimo
Apprendista
Collaborazione
Formazione lavoro
Tempo indeterminato
27
Maschi
42,2
1,2
1,8
40,0
51,4
34,7
Si intendono tutti i contratti fuorché quello a tempo indeterminato.
Femmine
57,8
98,8
98,2
60,0
48,6
65,3
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
La struttura per inquadramento contrattuale delle imprese intervistate è centrata
su inquadramenti relativi a operai e operai specializzati, che rappresentano
complessivamente il 73% degli occupati, con una netta preponderanza degli operai
comuni - che sono il 60,8% degli operai - . Si deve ancora notare che è proprio tra
gli operai comuni che è polarizzata la presenza di manodopera femminile.
Tabella 50.
Dipendenti delle imprese
inquadramento contrattuale e sesso (%)
Inquadramento contrattuale
Dirigenti
Direttivi, quadri
Impiegati
Categorie speciali (intermedi)
Capi operai
Operai specializzati
Operai comuni
Apprendisti
Altro
Totale dipendenti
Imprenditori
Familiari coadiuvanti
Totale indipendenti
TOTALE
toscane
Maschi
2,8
2,0
20,2
4,5
0,5
32,6
31,9
1,1
0,2
95,8
4,0
0,2
4,2
100,0
del
campione
Femmine
0,2
0,2
16,1
1,0
0,3
24,9
54,4
1,1
1,1
99,3
0,6
0,1
0,7
100,0
lavoro
per
Totale
0,9
0,8
18,1
3,5
0,3
28,6
44,4
0,9
0,7
98,2
1,8
0,1
1,8
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 51.
Dipendenti delle imprese toscane del campione lavoro per area
funzionale e sesso (%)
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema inf., CED
Progettazione, R&S
Qualità
Vendite
Marketing
Acquisto materiale
Assistenza post-vendita
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Maschi
8,7
5,2
0,3
1,0
3,0
1,6
2,6
0,0
0,9
0,6
4,2
71,8
0,1
100,0
Femmine
1,4
6,1
0,1
0,2
2,8
1,7
2,1
0,0
0,9
0,2
0,3
83,6
0,8
100,0
Anche l’analisi per aree funzionali e sesso ribadisce la netta polarizzazione delle donne
nell’area della produzione. Ed è da notare che le donne, di norma più presenti in
mansioni impiegatizie, nelle imprese intervistate non lo sono.
I titoli di studio
L’analisi della struttura dell’occupazione e dei flussi per titolo di studio mette in luce la
netta prevalenza dei titoli di studio più bassi. Tale prevalenza è particolarmente
evidente se confrontata con i dati relativi alle imprese manifatturiere medio grandi
della Toscana. Oltre l’80% degli addetti ha il titolo di scuola dell’obbligo o inferiore
contro il 66% circa delle manifatturiere della regione. I diplomati sono il 18,4% ed i
laureati appena l’1% degli addetti. Per quanti riguarda i flussi degli ultimi due anni la
situazione non si è modificata: nel flusso è addirittura maggiore (+ 2,2 %) la
percentuale di coloro che hanno il titolo di scuola dell’obbligo - tale flusso è composto
da una minore percentuale di assunti con la sola licenza elementare rispetto allo stock
-, ed è in diminuzione la quota dei diplomati; sale invece la quota dei laureati. Anche il
dato sulle previsioni, che dovrebbe registrare le aspirazioni al cambiamento delle
imprese, continua a indicare che il 57% delle assunzioni previste riguarda i diplomati
della scuola media, quando lo stesso dato per le imprese manifatturiere era del 37%;
cresce anche la previsione dei laureati.
Tabella 52.
Addetti, assunti, previsti delle imprese toscane del campione lavoro
per titolo di studio (%)
Titolo di studio
Elementare
Media
Diploma
Laurea
TOTALE
Addetti
12,2
68,4
18,4
1,0
100,0
Assunti
4,4
77,8
13,9
3,8
100,0
Previsioni
0,0
56,9
37,3
5,9
100,0
Toscana addetti
8,5
57,4
28,9
5,1
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec. Ultima colonna ORML-Ciriec 1996a: 38 tab 4.3
Figura 3. Addetti, assunti, previsti delle imprese toscane del campione lavoro per titolo
90
80
70
60
Addetti
50
Assunti
40
Previsioni
30
Toscana addetti
20
10
0
Elementare
di studio
Media
Diploma
Laurea
Se si considerano i dati disaggregati per sesso e titolo di studio vi si nota un netto
spostamento della manodopera femminile nelle classi con titolo di studio più basso.
Tabella 53.
di studio
Titolo
Elementare
Media
Diploma
Laurea
TOTALE
Addetti delle imprese toscane del campione lavoro per sesso e titolo
Maschi % Femmine % Totale %
2,7
4,2
12,2
77,3
86,8
68,4
19,1
8,5
18,4
0,9
0,5
1,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 54.
di studio
Titolo
Elem.
Media
Diploma
Laurea
TOTALE
Assunti delle imprese toscane del campione lavoro per sesso e titolo
Maschi % Femmine % Totale %
0,0
6,0
4,4
59,4
80,3
77,8
28,1
10,6
13,9
12,5
3,1
3,8
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le aree funzionali
Se si esamina la disaggregazione degli addetti al 31 dicembre 1996 per area funzionale
si può notare che oltre il 75% degli occupati del sistema moda sono addetti alle attività
di produzione. Se si guarda al flusso degli assunti nel corso degli ultimi due anni tale
quota sale al 82,4%; e, considerando le previsioni di assunzione, si arriva quasi al
95%. Questi dati superano di molto quelli riscontrati nelle imprese manifatturiere
medio-grandi della Toscana (ORML-Ciriec 1996a), che risultano già anomali rispetto a
quelli, per esempio, delle imprese manifatturiere lombarde. Come vedremo la
polarizzazione degli addetti nelle fasi propriamente produttive ha riflessi importanti per
quanto riguarda le figure professionali.
Alla preponderanza delle aree produttive corrisponde una presenza inferiore a quella
regionale sia nelle attività amministrative e di gestione, e soprattutto nella ricerca e
sviluppo e progettazione.
Tabella 55.
Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese
manifatturiere medio grandi (1996) e imprese toscane del campione lavoro del sistema
moda (1997) a confronto (%)
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo
gestione
Risorse umane
Sistema informativo e CED
Progettazione, R&S
Assunzioni previste
Addetti
Manifatt.
1,5
10,5
1,0
1,6
8,7
Moda
3,2
6,4
Manifatt.
3,6
0,2
1,2
3,8
0,2
0,4
3,3
Moda
1,1
-
Vendite, marketing, assistenza post-vendita
Qualità
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi (pulizie, mensa, etc)
TOTALE
4,6
1,1
1,1
4,6
64,1
1,2
100,0
3,5
1,2
1,1
1,9
76,3
1,2
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec su ORML CIRIEC 1996a e su dati raccolti.
1,5
2,0
2,2
7,3
76,1
3,4
100,0
2,3
2,3
94,3
100,0
Figura 4 Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese manifatturiere medio
grandi (1996) e imprese toscane del campione lavoro del sistema moda (1997) a confronto
ic
ul
iz
he
ie
di
P
)
,m
ro
en
du
sa
zi
,e
on
tc
e
ne
io
uz
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P
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di
S
D
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C
e
o
iv
fo
R
rm
is
at
or
o
se
ge
st
um
io
an
ne
e
Addetti manifatturiere
Addetti moda
Assunzioni manifatturiere
Assunzioni moda
Secondo quanto visto in precedenza dovremmo attenderci una qualche differenziazione
nella distribuzione per addetti tra imprese capofila e subfornitrici;28 in particolare
dovremmo attenderci tra le capofila una riduzione degli addetti alla produzione, ed un
aumento degli addetti su tutte le altre aree funzionali. La tabella 56 evidenzia tale
differenziazione tra capofila e subfornitrici, anche se si deve notare la netta
preponderanza anche tra le capofila degli addetti alla produzione - sia in termini di
stock che di flussi -.
Tabella 56.
Addetti e assunzioni previste per area funzionale. Imprese capofila e
imprese subfornitrici del sistema moda toscano del campione lavoro a confronto (%)
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema informativo e CED
Progettazione, R&S
Vendite, marketing, assistenza post-vendita
Qualità
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi (pulizie, mensa, etc)
TOTALE
Addetti
Assunzioni previste
Capofila
Subforn. Capofila
Subforn.
3,3
3,0
7,7
3,4
3,0
0,3
1,6
0,2
4,3
2,6
4,5
1,8
1,0
1,3
6,1
1,2
0,9
6,1
1,7
2,2
72,8
84,1
84,8
100,0
1,4
0,7
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
28
Tra le subfornitrici sono presenti tutte le imprese con una quota di produzione in conto terzi superiore al
30%.
toscano del campione lavoro a confronto
tri
Al
)
tc
ne
,e
sa
en
,m
io
uz
od
ne
io
uz
le
ia
er
at
m
à
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di
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ne
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st
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Pr
si
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g,
tin
ke
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nd
Ve
a
em
st
Si
is
R
st
ge
e
on
zi
ire
D
llo
tro
on
,c
za
an
Figura 5 Addetti area funzionale. Imprese capofila e imprese subfornitrici del sistema moda
Addetti Capofila
Addetti subfornitrici
Il segno della modificazione è dunque coerente rispetto al modello interpretativo
proposto. Per capire l’esiguità di tale spostamento si deve invece far riferimento ad
alcune questioni diverse:
1. il 25% delle imprese capofila dichiara di svolgere tutte le fasi produttive
internamente;
2. le funzioni di design e progettazione assorbono un numero di addetti
strutturalmente molto basso - si consideri, per esempio, che in una delle imprese
leader italiane del settore che occupa nel complesso circa 1.000 dipendenti, è
sufficiente un solo stilista -.
3. nelle capofila gran parte degli addetti sono invece occupati nella realizzazione dei
prototipi.
E’ interessante notare che mentre le imprese industriali toscane tendono a
sovrastimare il numero di addetti alla progettazione e R&S, per le imprese del sistema
moda il dato è comparabile con quello riscontrato nelle imprese manifatturiere
lombarde (ORML-Ciriec 1996a).
Per le imprese manifatturiere toscane ORML-Ciriec (1996a) proponeva di leggere le
differenze tra i dati di stock e flusso come un indice della “consapevolezza delle
imprese di dover adeguare continuamente la capacità professionali dei lavoratori per
offrire prodotti sempre più personalizzati e differenziati, e per poter operare in mercati
caratterizzati da una pressione competitiva crescente”.
La corrispondenza tra stock e flussi per le imprese del sistema moda indica invece
imprese con una struttura occupazionale matura, legata anche allo stato della
tecnologia.
Le imprese toscane sono caratterizzate da un saper fare -ovvero da elementi artigianali
innestati su maturi processi industriali- che genera risultati più che positivi, in alcuni
casi di eccellenza assoluta, se accompagnato a forme organizzative relativamente
complesse.
La decisione di assumere
La ricostruzione delle strategie di assunzione offerta dagli imprenditori dà importanti
indicazioni sulle modalità concrete di assunzione, soprattutto dal punto di vista dei
tempi di programmazione, delle strategie di ricerca del personale, delle modalità di
reclutamento e selezione, oltreché delle ragioni che spingono le imprese ad assumere.
Il risultato è nettamente diverso rispetto a quanto visto per le imprese manifatturiere
toscane (ORML-Ciriec 1996a: 66-68), dove le dinamiche di sostituzione erano
nettamente prevalenti, pur in una congiuntura nettamente più favorevole. Le
assunzioni effettuate nel sistema moda toscano sono razionalizzate dalle imprese
(tabella 57) bilanciando tra ragioni strategiche - in totale 46% (codici 3, 4, 5) - e
ragioni di sostituzione -54% (codici 1, 2, 6, 7)-. Sembra perciò coerente anche
l’indicazione relativa alle assunzioni previste dove sono nettamente prevalenti le
ragioni strategiche (79%).29
Tabella 57.
Ragioni delle assunzioni effettuate e delle assunzioni previste dalle
imprese toscane del campione lavoro
Assunzioni effettuate
Cod.
1
2
3
29
Ragione delle assunzioni
Ampliamento capacità
Dinamica della domanda
Abbandono
Numero
imprese
24
14
28
% su
numero
risposte
27,0
15,7
31,5
Assunzioni previste
Numero
Imprese
6
5
1
% su
numero
risposte
27,3
22,7
4,5
Una diminuzione della quota delle sostituzioni per abbandono sembra sia fisiologica data la difficoltà di
previsione.
4
5
6
7
8
Pensionamento
Licenziamento
Nuove tecnologie
Mutamenti organizzativi
Altro
20
1
2
-
22,5
1,1
2,2
-
3
1
4
2
13,6
4,5
18,2
9,1
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Sembra comunque che malgrado il prevalere di ragioni strategiche l’orizzonte
previsionale delle imprese sia estremamente limitato. Le imprese che hanno assunto
sostengono nel 67,7% dei casi di aver programmato le assunzioni con un anticipo
inferiore a tre mesi; oltre il 90% con un anticipo inferiore a 6 mesi. Se si considerano i
dati sulle previsioni di assunzione si nota uno spostamento verso un orizzonte previsivo
più ampio: il 40% delle imprese che prevedono di assumere, lo faranno nei prossimi 6
mesi; il 46,7% nei prossimi 12 mesi, il 13,3% entro i prossimi 24 mesi (tabelle 58).
Tabella 58.
La programmazione delle assunzioni effettuate dalle imprese toscane
del campione lavoro
Tempo di programmazione
Numero
imprese
Inferiore a 3 mesi
3 mesi
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
42
14
5
1
62
% su numero di
risposte
% cumulata
67,7
22,6
8,1
1,6
100,0
67,7
90,3
98,4
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Questi dati sono di difficile interpretazione, non solo per l’esiguità del numero delle
risposte, ma anche e soprattutto per il convergere nelle risposte ai quesiti di una serie
di fattori difficilmente separabili. Per quanto riguarda le assunzioni effettuate il ristretto
orizzonte temporale può indicare il ritardo intercorso tra decisione di assunzione ed
assunzione effettiva, piuttosto che i tempi di programmazione dell’assunzione.
L’ampliamento dell’orizzonte previsivo per le assunzioni future può derivare più che da
una consapevole attività di programmazione, dal convergere di aspettative incerte sul
futuro che tendono a procrastinare assunzioni di cui ci sarebbe già necessità all’interno
dell’impresa.
Il reclutamento
Indicazioni utili sul comportamento delle imprese derivano dall’analisi delle modalità
concrete attraverso cui esse hanno selezionato e assunto personale nel passato. Il
mercato del lavoro cui le imprese hanno attinto in passato e prevedono di attingere per
le assunzioni future è prevalentemente quello locale, da cui provengono l’83,7% degli
occupati; e da cui si prevede proverranno oltre il 90% degli assunti. Di fatto passando
all’ambito provinciale si esaurisce pressoché completamente il bacino di reclutamento
delle imprese (Tabella 59).
Tabella 59.
lavoro (%)
Provenienza
Locale
Provenienza
addetti e assunti nelle imprese toscane del campione
Provenienza addetti
83,7
Provenienza assunti
90,8
Provinciale
13,7
7,5
1,4
0,5
-
Regionale
Italia
0,7
Extra
0,5
100
TOTALE
1,3
100
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le modalità di selezione del personale utilizzate dalle imprese per il reclutamento sono
in prevalenza la selezione diretta indicata dal 95,1% imprese,30 e la segnalazione 16,4% -. Solo il 4,9% delle imprese ha fatto ricorso all’ufficio di collocamento o a
società di selezione del personale. Per le assunzioni previste si continuerà a ricorrere in
prevalenza alla selezione diretta - 93,3% -, ma si tenteranno strumenti di selezione
nuovi quali le liste di mobilità e le liste di lunga disoccupazione, rispettivamente 20% e
6,7%.
Siccome era prevista la possibilità che l’intervistato fornisse risposte multiple, può
essere interessante analizzare più in dettaglio coloro che hanno indicato una sola
modalità di reclutamento. Si tratta di 46 imprese - pari al 75,4% di quelle che hanno
risposto - la cui distribuzione per tipologia di reclutamento è sintetizzata nella tabella
60.
Tabella 60.
Distribuzione delle imprese toscane del campione lavoro che hanno
fornito una sola risposta
Modalità di selezione
Segnalazione
Selezione diretta
Consulenti
Collocamento
Altro
TOTALE
Rispondono
Numero imprese
2
42
1
1
46
61
%
4,3
91,3
2,2
2,2
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Vi si può notare che oltre il 90% delle imprese utilizza la sola selezione diretta; il 4,3%
si affida alla segnalazione. Il collocamento è l’unica strada di reclutamento solo per il
2,2% delle imprese.31
Tabella 61.
campione lavoro
30
Chi ha deciso e chi deciderà le assunzioni nelle imprese toscane del
La percentuale è calcolata sui rispondenti. Erano previste risposte multiple.
Circa il 20% delle imprese intervistate ha reclutato in media il 5% degli assunti del 1996 dalle liste di
mobilità. Solo 2 imprese hanno assunto dalle liste di lunga disoccupazione, per in media lo 0,2% dei nuovi
addetti. I flussi previsti continuano ad essere stabilmente esigui. Con questi risultati è facilmente prevedibile
che poche imprese utilizzeranno per il reclutamento le inserzioni sui giornali: infatti solo il 27,9% delle
imprese intervistate dichiara di averli utilizzati; la totalità di questi si è rivolta a quotidiani o giornali a
diffusione locale o al massimo regionale.
31
Chi decide
Titolare
Ufficio risorse umane
Comitato di direzione
Consiglio di amministrazione
Responsabili
tecnici
di
produzione
impianto
Altro
TOTALE
o
Passato
46
5
6
1
di
1
59
%
Previsioni
78,0
10
8,5
10,1
5
1,7
-
%
66,7
33,3
-
1,7
100,0
100,0
15
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Resta ancora da considerare chi decide in ultima istanza le assunzioni (Tabella 61).
Quasi invariabilmente la decisione di assumere è presa dal titolare dell’impresa: il 70%
delle imprese intervistate dichiara che è il titolare a decidere le assunzioni; nell’11,8%
dei casi tale responsabilità è attribuita ad organi collegiali quali comitato di direzione e
consiglio di amministrazione. Solo nell’8,5% delle imprese è l’ufficio risorse umane a
decidere le assunzioni.
Il fabbisogno professionale
L’analisi del fabbisogno è un punto centrale per la costruzione delle politiche pubbliche
della formazione. L’obiettivo di questa ricerca è l’analisi quantitativa del fabbisogno
professionale delle imprese, ma cerca di determinarlo a partire da una ricostruzione del
modo in cui le imprese rappresentano le figure professionali ed il proprio fabbisogno. A
questo fine alle imprese è stato quindi richiesto di fornire quattro gruppi di informazioni
diversi: (i) la suddivisione degli addetti sulla base della loro professione; (ii) quali
figure l’impresa intende effettivamente assumere a breve termine; (iii) quali figure
professionali ritenga più difficili da reperire; (iv) quali figure professionali ritenga
necessarie al suo buon funzionamento.
Per la classificazione delle figure professionali si è proceduto secondo due differenti
strategie. Per le domande in cui era centrale l'aspetto qualitativo si è partiti dalle
indicazioni, anche terminologiche, fornite dagli intervistati, che sono state poi tradotte
secondo la classificazione ISTAT (1991) delle professioni. Per quanto riguarda i dati di
stock e flusso disaggregati per mestiere si è predisposta una tabella costruita
scegliendo nella classificazione ISTAT le figure professionali relative al settore della
moda, lasciando la possibilità di riportare in calce alla tabella le indicazioni non
immediatamente riconducibili alla classificazione proposta.32
Indici di presenza e previsione di assunzione
La ripartizione degli addetti per figura professionale rispecchia la struttura per area
funzionale vista nei capitoli precedenti. La gran parte degli addetti svolge professioni
legate alla produzione. Considerando la classificazione per grandi gruppi di professioni
riportata nella tabella 62 si nota la netta prevalenza degli artigiani, operai e conduttori
di impianti che rappresentano il 77,6% degli addetti; le professioni esecutive relative
agli uffici l’8,3%; le professioni tecniche il 7,4%. La quota delle professionalità più
elevate - per le quali è richiesta la laurea – sul totale degli addetti è appena il 2,4%.33
Tabella 62.
32
Addetti per mestiere nelle imprese toscane del campione lavoro (%)
Si sono quindi classificate le risposte sulla base della classificazione ISTAT fino alla disaggregazione a 4
cifre; si sono eliminate le risposte che indicavano specificazioni gerarchiche o funzionali, e comunque quelle
indicazioni che non si riferivano a figure professionali ben definibili. Ad esempio, si sono eliminate risposte
come capo-reparto o apprendista che non consentono di risalire né alla funzione svolta né all’area di
specializzazione.
33
A titolo di curiosità è utile ricordare che abbiamo individuato un solo ingegnere.
Cod.
1
2
3
4
6
7
8
Figure professionali
Legislatori, dirigenti e imprenditori
Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione
Professioni intermedie (tecnici)
Professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione
Artigiani, operai specializzati e agricoltori
Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili
Personale non qualificato
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
%
3,5
2,4
7,4
8,3
48,9
28,7
0,9
100,0
Figura 6 Addetti per mestiere nelle imprese toscane del campione lavoro (%)
l egi sl ator i , di r i genti e
i m pr endi t or i
0,9
3,5 2,4
pr of es si oni i ntel l ettual i ,
sc i enti f i che e di el evata
speci al i zzazi one
7,4
28,7
8,3
pr of es si oni i nter medi e
(tecni ci )
pr of es si oni es ecuti v e r el ati ve
al l 'ammi ni str azi one e
gesti one
ar ti gi ani , oper ai s peci al i zz ati
e agr i c ol t or i
48,9
conduttor i di i mpi anti ,
oper ator i di m acc hi nar i f i ssi e
m obi l i
per s onal e non qual i f i cato
Per quanto riguarda specificamente le figure professionali interessate da questa ricerca
è stato abbastanza agevole distinguerle sulla base della loro presenza nei gruppi. In
particolare per le figure professionali artigiane, operaie ed i conduttori di macchine è la
stessa classificazione ISTAT - disaggregazione a tre cifre - a specificare strettamente
l’appartenenza settoriale. Si è perciò costruito un indicatore di presenza per ciascuna
classe di professioni ponderando il numero delle presenze con il totale degli addetti dei
settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Le figure
professionali con l’indice più alto sono quelle raggruppate nella classe 6.5.4.; seguono
a grande distanza la 7.2.6, e la 6.5.3.
Tabella 63.
3 cifre)
Cod.
6.5.4
7.2.6
6.5.3
7.2.3
4.1.2
1.2
3.3.3/
b
3.3.3/
a
Altro
2.5.5.3
4.1.3
4.1.1
2.5.5.9
3.1.1
6.2.3.3
6.3.3.2
8.1.2
7.4.2
8.6.3
3.3.1
8.1.1
3.1.2
2.2.1
Indice di presenza nelle imprese toscane del campione lavoro (ISTAT
Figure professionali
Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature
Operatori macchinari ind. tessile e confezioni
Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento
Conduttori macchinari per articoli in gomma
Impiegati amministrativi e di controllo
Imprenditori, amministratori, dirigenti
Tecnici di vendita, marketing
Settori Totale Totale Indice
interes- figure addetti presen
sati*
Settori Settori
-za
c
1197
1561
0,77
b
1254
3393
0,37
b
553
3393
0,16
d
95
1167
0,08
a
248
4954
0,05
a
141
4954
0,03
a
133
4954
0,03
Responsabili magazzino o degli acquisti
a
122
4954
0,02
Disegnatori
Impiegati gestione stocks e approvvigionamenti
Personale di segret. e operatore macch. Ufficio
Stilisti
Tecnici in scienze quantitative, fisiche e naturali
Meccanici, manutentori e montatori macch. ind.
Artigiani delle lav. artistiche tessuto e cuoio
Personale ausiliario di magazzino
Conduttori di veicoli
Personale non qualificato dell'industria
Tecnici amministrativi e organizzativi
Personale non qualificato d'ufficio
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Ingegneri
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
62
56
50
40
39
38
25
24
22
17
12
7
3
2
1
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
4954
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* in questa tabella e nelle seguenti i codici di gruppo istat sono sostituiti dalla seguente
codificazione: "a" sta per "1760-1770-1810-1820-1920-1930"; "b" sta per "17601770-1810-1820"; "c" sta per "1920-1930"; "d" sta per "1930".
L’analisi delle previsioni di assunzione è stata condotta con la stessa tecnica adottata in
precedenza. Si è costruito ancora una volta un indice di previsione di assunzione che
ponderasse il numero di risposte con le imprese appartenenti ai settori interessati dalle
figure professionali. E’ emersa ancora una volta la centralità delle figure professionali
delle classi degli artigiani e operai del cuoio, pelli, calzature (6.5.4.) e degli operatori di
macchinari dell'industria tessile e delle confezioni (7.2.6.).
Tabella 64.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
7.2.6
6.5.4
3.1.2
4.1.2
Indice
di
previsione
nelle
figure professionali
Operatori macchinari ind. tessile e confezioni
Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Impiegati amministrativi e di controllo
imprese
toscane
del
campione
lavoro
settori
Imprese
indice
indicainteresrispondo- previsiozioni
sati
No
ne
b
10
10
1,00
c
5
5
1,00
a
2
15
0,13
a
2
15
0,13
4.1.3
3.1.1
3.3.1
3.3.3/
b
Impiegati gestione stocks e
approvvigionamenti
Tecnici in scienze quantitative, fisiche e
naturali
Tecnici amministrativi e organizzativi
Tecnici di vendita, marketing
TOTALE
a
2
15
0,13
a
2
15
0,13
a
a
1
1
15
15
0,07
0,07
25
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Indice di difficoltà di reperimento
Come accennato, si è richiesto esplicitamente alle imprese di indicare quali figure
professionali - massimo tre - ritenessero più difficili da reperire sul mercato del lavoro.
Il tasso di risposte è stato dell’88,2%. Il 60% delle imprese che rispondono indicano
una figura professionale difficile da reperire; il 25% ne indicano 2; il restante 15% 3.
Sembra dunque di poter inferire che le imprese ritengono di aver trovato generalmente
difficoltà nel reperimento di figure professionali di cui hanno avuto bisogno. Tale
difficoltà non è relativa a bisogni immediati, ma può rappresentare piuttosto un
problema strutturale per i mercati del lavoro su cui operano le imprese del sistema
moda. Come si è visto quei mercati sono prevalentemente locali. E’ plausibile che per
le imprese più piccole la difficoltà nel reperimento di professionalità sia da attribuire in
parte anche a una insufficienza dei flussi informativi a livello territoriale. Per le imprese
più grandi e per i grandi gruppi toscani non è ragionevole ritenere che tali carenze
informative determinino il mancato incontro tra domanda e offerta. Si deve piuttosto
ritenere che la carenza di certe professionalità sul mercato del lavoro sia reale e
strutturale.
Il risultato generale che emerge dall’analisi dei dati relativi alle figure professionali
difficili da reperire è la forte concentrazione su figure di produzione.
Tabella 65.
Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese toscane del
campione lavoro (ISTAT 2 cifre)
Cod.
6.5
7.2
3.1
4.1
3.3
2.5
6.2
1.2
Figure professionali
Artigiani ed operai lavorazioni del tessile, abbigliamento, pelli, cuoio
Operatori macchinari fissi lav. in serie e addetti al
montaggio
Tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria
Impiegati di ufficio
Professioni intermedie di ufficio
Specialisti in scienze dell'uomo
Docenti e assimilati
Imprenditori, amministratori, dirigenti e direttori aziende
priv.
Risposte % su 61
imprese
49
80,3
20
32,8
9
6
4
2
2
1
14,8
9,8
6,6
3,3
3,3
1,6
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Questo dato è particolarmente evidente se si classificano le figure a livello di gruppo
professionale - 2 cifre -: oltre l’80% delle imprese indica di aver incontrato difficoltà nel
reperire artigiani ed operai. Circa un terzo dichiara inoltre di avere incontrato difficoltà
nel reperire operai conduttori di macchinari industriali. Seguono a grande distanza circa 15% - tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria e assimilati- gli impiegati
di ufficio - indicati da circa il 10% delle imprese -.
Si è ritenuto di costruire un indicatore di difficoltà del reperimento ponderando il
numero delle indicazioni di difficoltà con il numero di imprese intervistate appartenenti
ai settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Tale
indice, crescente al crescere della difficoltà, dà indicazione nettissima del fatto che le
maggiori difficoltà di reperimento sono legate al settore delle calzature e delle borse.34
34
L’indice può superare il valore 1,00 poiché l’indicazione fornita da ogni impresa può riferirsi a più figure
professionali elementari che nella classificazione a tre cifre ISTAT appartengono alla stessa classe.
Tabella 66.
Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle
imprese toscane del campione lavoro (ISTAT 3 cifre)
Cod.
6.5.4
7.2.6
6.5.3
3.1.2
4.1.2
3.3.3.
b
6.2.3
3.1.1.
3
1.2
2.5.5.
3
2.5.5.
9
3.1.1.
4
3.3.3.
a
4.1.3
Figure professionali
Settori
interessa
ti
Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature
Operatori macchinari ind. Tessile e
confezioni
Artigiani ed operai del tessile e
abbigliamento
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Impiegati amministrativi e di controllo
Tecnici vendita, marketing
c
b
Numero
imprese Indicazioni Indice di
di difficoltà difficoltà
dei
settori
29
41
1,41
39
20
0,51
b
34
8
0,24
a
a
a
68
68
68
7
5
3
0,10
0,07
0,04
Meccanici, manutentori, montatori
macchinari
Tecnici informatici-programmatori
a
68
2
0,03
a
68
1
0,01
Imprenditori, amministratori, dirigenti
Disegnatori
a
a
68
68
1
1
0,01
0,01
Stilisti
a
68
1
0,01
Tecnici informatici operatori
a
68
1
0,01
Responsabili magazzino o degli acquisti
a
68
1
0,01
Impiegati gestione stocks,
approvvigionamenti
TOTALE
a
68
1
0,01
93
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Per quanto riguarda le figure appartenenti al gruppo 6.5.4 esiste una percezione
diffusa della difficoltà di reperimento interna al settore; ben 25 imprese su 29 - ovvero
l’86,2% - indicano tra le figure professionali elementari difficili da reperire almeno una
appartenente alla classe. Altre 6 ne indicano almeno due; ben 5 selezionano tutte e tre
le figure richieste dal questionario tra quelle della classe. La percezione di difficoltà è
molto meno evidente anche per le altre figure professionali monosettoriali: solo il
23,5% delle imprese ritiene difficoltoso reperire figure professionali elementari
appartenenti alla classe 7.2.6; e solo il 17,6% alla classe 6.5.3. Se si scende a livello di
figure professionali elementari i maggiori indici di difficoltà sono riferiti sempre a figure
appartenenti alla classe 6.5.4, come mostra la tabella 67.
Tabella 67.
Indice di difficoltà nel reperimento per imprese toscane del campione
lavoro disaggregato per figure elementari (ISTAT 3 cifre)
Cod.
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
3.1.2
7.2.6
7.2.6
6.5.3
7.2.6
7.2.6
4.1.2
6.5.4
7.2.6
6.5.3
3.3.3./
b
6.5.4
6.5.4
6.2.3.3
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
6.5.3
6.5.3
3.1.1.3
1.2
2.5.5.3
2.5.5.9
3.1.1.4
3.3.3/a
4.1.3
Figure professionali
Numero
%
Modellisti
Montatori
Tagliatori
Operai specializzati
Cucitori
Aggiuntatori
Fresatori
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Cucitori
Tagliatori
Modellisti
Smacchinatrici
Stiratrice
Impiegati amministrativi
Rifinitori
Operai specializzati
Ricamatrici
Tecnici vendita, marketing
8
8
6
5
4
3
3
7
4
4
4
3
3
5
2
2
2
3
13,1
13,1
9,8
8,2
6,6
4,9
4,9
11,5
6,6
6,6
6,6
4,9
4,9
8,2
3,3
3,3
3,3
4,9
Indice
difficoltà
0,28
0,28
0,21
0,17
0,14
0,10
0,10
0,10
0,10
0,10
0,10
0,08
0,08
0,07
0,07
0,05
0,05
0,04
Addetti cucito
Premontatore
Meccanici e manutentori di macchinario industriale
Addetti rammaglio
Macchinista
Tessitori
Tintori
Maestri di maglieria
Rifinitori
Tecnici informatici – programmatori
Imprenditori, dirigenti
Disegnatori
Stilisti
Tecnici informatici – operatori
Responsabili. Magazzino o degli acquisti
Impiegati gestione stocks, approvvigionamenti
1
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1,6
1,6
3,3
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
1,6
0,03
0,03
0,03
0,03
0,03
0,03
0,03
0,03
0,03
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Indice di crucialità
L’ultimo indicatore che si è costruito è un indice di crucialità. Alle imprese è stato cioè
richiesto di indicare quali figure professionali - massimo 3 - l’impresa ritenesse
necessarie per il funzionamento ottimale dell’azienda.35 Si sono quindi ponderate le
risposte con il numero di imprese intervistate appartenenti ai settori in cui quelle figure
professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Ancora una volta abbiamo trovato
che la classe di figure cruciale per le imprese del sistema moda è la 6.5.4;36 seguita a
35
Rispondono 47 imprese; 39 indicano una sola figura professionale; cinque indicandone 2; tre indicandone 3.
15 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2;
un’altra tre.
36
grande distanza dalla 7.2.6.37 Si può comunque notare una presenza maggiore nelle
prime posizioni di figure di tecnici intermedi, che può indicare una aspirazione al
cambiamento o al miglioramento delle caratteristiche strutturali della forza lavoro
impiegata nell’impresa. (Rispondono 47 imprese su 68).
Tabella 68.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
Indice di crucialità per le imprese toscane del campione lavoro
Figure professionali
6.5.4
Operatori macchinari ind. tessile e
confezioni
7.2.6 Artigiani ed operai di pelli, cuoio, calzature
3.3.3.b Tecnici vendita, marketing
3.3.1 Tecnici amministrativi e organizzativi
4.1.3 Impiegati gestione stocks e approv.
2.5.5. Stilisti
9
3.1.2 Tecnici in scienze dell'ingegneria
4.1.2 Impiegati amministrativi e di controllo
6.5.3 Artigiani e operai tessile e
abbigliamento
3.1.1. Tecnici informatici operatori
4
TOTALE*
Numero
indicazioni
20
Settori
interessati
35,1
c
%
Numero Indice
Imprese cruciaSettori
lità
29 0,69
15
6
4
4
2
26,3
10,5
7,0
7,0
3,5
b
a
a
a
a
39
68
68
68
68
0,38
0,09
0,06
0,06
0,03
2
2
1
3,5
3,5
1,8
a
a
a
68
68
34
0,03
0,03
0,03
1
1,8
a
68
0,01
57 100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* Rispondono 47 imprese su 68
37
10 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2;
un’altra tre.
Tabella 69.
Figure professionali
imprese toscane del campione lavoro
Cod.
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
6.5.4
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
7.2.6
3.3.3/b
3.3.1
4.1.3
2.5.5.9
3.1.2
4.1.2
3.1.1.4
6.5.3
TOTALE
Rispondono
cruciali
disaggregate
(ISTAT
Figure professionali
Tagliatori
Cucitrici
Operai specializzati
Modellista
Cucitrici pelle
Montatore
Aggiuntatori
Fresatori
Totale
Smacchinatrici
Cucitrici
Stiratrici
Filatori
Rifinitori
Addetti controllo qualità
Addetti rammaglio
Tagliatori pelle
Addetti confezionamento
Magazzinieri
Totale
Tecnici vendita, marketing
Tecnici organizzativi
Impiegati nella gestione degli stocks approvvigionamenti
Stilisti
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Impiegati amministrativi
Tecnici informatici – operatori
Artigiani ed operai tessile e abbigliamento
Fonte: elaborazioni Ciriec.
3
cifre)
per
le
Numero
5
4
4
3
1
1
1
1
20
3
3
2
1
1
1
1
1
1
1
15
6
4
4
2
2
2
1
1
57
47
n
ii
ic
cn
te
n
ii
ic
cn
te
e
nz
ie
sc
ria
ne
eg
ng
ll'i
i
iv
at
zz
li
ra
tu
na
ni
ga
or
de
ie
e
ti
en
am
g
tin
ke
ar
llo
ro
nt
co
on
gi
vi
he
ic
fis
tiv
tra
e,
di
to
en
m
ia
gl
bi
ni
e
ur
io
ez
nf
co
,m
ta
ie
ov
pr
ap
iv
is
in
m
m
e
at
tit
an
qu
ks
oc
e
ab
di
en
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id
ic
cn
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st
ia
ic
cn
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e
nz
ie
sc
ne
tio
es
ig
at
eg
pi
im
e
tiv
tra
is
in
m
le
ile
ss
te
si
es
lt
de
m
ia
at
eg
ai
er
op
pi
im
ed
Figura 7 Indici a confronto
indice presenza
indice previsione
indice difficoltà
indice crucialità
Il fabbisogno formativo
La necessità di riqualificare il personale interno alle imprese è un tema che investe in
maniera diretta le politiche pubbliche della formazione. Essa dovrebbe avere una
particolare importanza in una struttura industriale dove il limitato turn-over impedisce
di disporre di personale nuovo con nuove competenze. Una parte del questionario è
rivolta proprio all’indagine della domanda di formazione continua da parte delle
imprese.
Soltanto il 21% delle imprese intervistate ha attivato corsi di riqualificazione nel
passato; mentre il 32% prevedono di attivarne in futuro.38 Se si somma questo dato al
fatto che tutte le imprese hanno inserito i nuovi assunti direttamente sul lavoro risulta
lo scarso interesse delle imprese del sistema moda per la riqualificazione del personale
attraverso strumenti diversi dal training sul lavoro.39
Tabella 70.
Il ricorso e la previsione di corsi di riqualificazione per le imprese
toscane del campione lavoro
Risposte
Imprese che hanno
Svolto corsi
Sì
No
%
14
54
20,6
79,4
Imprese che prevedono di
svolgerne
%
22
46
32,3
67,7
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Nella tabella 71 si considerano le figure professionali per le quali le imprese hanno
proceduto o prevedono di procedere alla riqualificazione.
38
Si dovrebbe capire se questa crescita è dovuta all’effetto intervista, esplicitamente presentata come volta
alla programmazione delle politiche pubbliche della formazione, o a una reale necessità e volontà di attivare
corsi di formazione.
39
Si aggiunga che una sola impresa su 15 che prevedono assunzioni farà svolgere corsi di qualificazioni ai
nuovi assunti. Il dato può però essere spiegato considerando che ben 13 imprese dichiarano che richiederanno
ai nuovi assunti precedenti esperienze lavorative perché ciò diminuisce i costi e i tempi di apprendimento; e
perché nella sostanza si desidera introdurre personale che abbia già esperienze lavorative di settore.
Tabella 71.
Corsi di riqualificazione svolti e previsti per figure professionali dalle
imprese toscane del campione lavoro
Corsi svolti
Cod.
Num. %
4.1.2
7 50,0
c. r.
4 28,6
6.5.4
3 21,4
7.2.6
3 21,4
2.5.5.9
2 14,2
6.5.3
2 14,2
3.1.2
3.3.1
4.1.3
1.2
3.3.3/a
3.3.3/b
14
Figure professionali
Impiegati amministrativi e di controllo
capi reparto
Operai del cuoio, pelli, calzature
Operatori macchinari ind. Tessile e confezioni
Stilisti
Operai del tessile e dell’abbigliamento
Tecnici in scienze dell’ingegneria
Tecnici amministrativi e organizzativi
Impiegati nella gestione degli stocks
Imprenditori, amministratori, dirigenti
Responsabili magazzino o degli acquisti
Tecnici di vendita, marketing
Rispondono
Corsi previsti
Cod.
Num.
4.1.2
11
c. r.
2
6.5.4
12
7.2.6
2
2.5.5.9
1
6.5.3
6
3.1.2
3
3.3.1
2
4.1.3
2
1.2
1
3.3.3/a
1
3.3.3/b
1
22
%
50,0
9,0
54,5
9,0
4,5
27,3
13,6
9,0
9,0
4,5
4,5
4,5
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le figure interessate alle procedure di riqualificazione appartengono principalmente alla
classe degli impiegati, ma sono stati svolti corsi anche per quanto riguarda le figure
professionali critiche individuate nel capitolo precedente: 7.2.6, 6.5.4 e 6.5.3. Dato che
la quota di addetti classificati in queste classi è molto elevata si può ritenere che in
valori assoluti la domanda di riqualificazione per questo tipo di figure sia la più
importante.
I corsi previsti riguardano per la maggior parte la classe 6.5.4: alla percezione della
difficoltà di reperire e alla crucialità di queste figure professionali corrisponde dunque la
programmazione di interventi di formazione. Ma anche la classe 6.5.3. sarà interessata
da riqualificazione in misura maggiore che nel passato.
Da notare infine il 32% dei corsi riguarderanno figure tecniche intermedie per le quali
nel passato non si era mai ricorso a riqualificazione. Questo può indicare alcune
modificazioni dei processi produttivi all’interno dell’azienda che richiedono
aggiornamento, e che andranno indagati più a fondo nel prosieguo della ricerca.
I dati relativi alla classe 4.1 (impiegati di ufficio) indicano che per queste figure
professionali, per le quali non sono previsti un numero rilevante di assunzioni né
difficoltà di reperimento, le imprese hanno dovuto procedere e sembrano intenzionate
a continuare la riqualificazione dei propri dipendenti. Come emerge dalle informazioni
qualitative, questi interventi derivano per lo più dall’introduzione di nuove tecnologie
informatiche nei servizi amministrativi in senso lato.
Vale infine la pena notare che i corsi di riqualificazione sono legati ad esigenze
operative immediate delle imprese, spesso derivanti da modificazioni del contesto
legislativo. E’ il caso dei corsi per la sicurezza attivati dopo l'introduzione della legge
626 del 1994 che ha fatto nascere presso le imprese l’esigenza degli addetti alla
sicurezza. Analoghe esigenze sono manifestate anche riguardo alle norme UNI 29000 e
ISO 9000 per il controllo di qualità del processo produttivo o per le nuove
problematiche relative alla certificazione ambientale del prodotto o del processo
produttivo.
Se si passa a considerare le modalità concrete con le quali sono stati attivati e si
prevede saranno attivati i corsi di riqualificazione (tabella 72) si può notare che non
esiste una preferenza esplicita per l’organizzazione interna o esterna dei corsi, anche
se quelli previsti vedono una crescita della quota di quelli organizzati internamente.
Tabella 72.
Modalità di attivazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese
toscane del campione lavoro
Modalità di attivazione
Passato
Formazione interna
Formazione esterna
TOTALE
%
6
7
13
Previsione
46,2
53,8
100,0
%
13
9
22
59,0
41,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Consideriamo adesso l’organizzazione di tali corsi. Come si può notare nella tabella 73,
i dati riferiti alle modalità di organizzazione dei corsi già svolti e quelli riferiti ai corsi
previsti differiscono soprattutto per quanto riguarda la diminuzione del personale
interno e l’aumento di quello esterno. Un segnale che può essere valutato
positivamente: l’apporto di competenze diverse da quelle interne all’impresa può
risultare interessante per imprese medio piccole come quelle del sistema moda
toscano.
Tabella 73.
campione lavoro
L’organizzazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese toscane del
Organizzazione
Passato
Associazione di categoria
Personale interno
Ditte specializzate
Consulenti esterni
Struttura pubblica
Altro
TOTALE
%
2
5
6
1
1
1
16
12,5
31,3
37,6
6,2
6,2
6,2
100,0
Futuro
%
6
5
11
3
2
27
22,3
18,5
40,7
11,1
7,4
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
L’identificazione delle competenze che le imprese richiedono ai nuovi assunti è uno
degli obiettivi di questa indagine e il questionario conteneva alcune domande volte ad
accertare se vi fossero delle capacità di base che le imprese consideravano di
importanza centrale.
La domanda F1 richiedeva di indicare un voto da 1 a 10 per alcune capacità di base.
Come mostra la tabella 74 sono valutate con punteggi mediamente più alti nell’ordine
(i) la capacità di utilizzare software standard; (ii) le capacità relazionali e comunicative,
legate essenzialmente al lavoro di gruppo; (iii) le conoscenze linguistiche.
Tabella 74.
Le capacità di base richieste dalle imprese toscane del campione
lavoro (media del voto da 1 a10)
Capacità di base
Utilizzatori di software standard
Capacità comunicative
Conoscenze linguistiche
Sviluppatori di software
Capacità di calcolo
Conoscenza hardware
Conoscenze telematiche
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Media
7,9
7,9
7,6
6,9
6,3
6,2
6,1
Una indicazione debole, che consente di capire meglio quali sono le richieste da parte
delle imprese, si ha all’interno delle competenze informatiche. Vi è infatti una forte
prevalenza di richiesta di conoscenze nell’utilizzo di software standard cioè quei
programmi di base che sono largamente diffusi a tutti i livelli. Una domanda minore vi
è invece per conoscenze più specialistiche, come quelle proprie dei programmatori o
degli esperti di hardware, e conoscenze telematiche.
Il sistema moda lombardo
Di seguito sono esposti i risultati emersi dalle interviste effettuate a imprese
appartenenti al sistema moda lombardo e ad alcuni testimoni privilegiati. E’ opportuno
precisare che l’analisi effettuata in Lombardia risulta complementare e strumentale a
quella svolta in Toscana ed è esclusivamente finalizzata ad evidenziare eventuali
differenze ed i rapporti di competizione o collaborazione tra i due sistemi regionali.
I campioni di indagine
Il campione di imprese utilizzato per l’analisi dei fattori di competitività ha una
distribuzione abbastanza omogenea per classe dimensionale. A differenza di quanto
avviene nel campione toscano, anche in riferimento alla diversa composizione del
sistema industriale locale, la quota di imprese di grande dimensione è abbastanza
elevata. Risultano inoltre corrispondentemente maggiori che nel campione toscano
anche la quota di imprese con fatturato annuo superiore ai 10 miliardi di lire e la
presenza di società di capitali.
Nonostante ciò, risulta più contenuta che in Toscana la quota di aziende che producono
anche o esclusivamente in conto proprio (tale quota, nel caso toscano, era pari al 92%
e qui si attesta, invece, poco al di sopra dell’80%). Nel caso lombardo come vedremo
meglio in seguito, il contoterzismo non sembra una scelta produttiva e organizzativa
collegata solo alla piccola dimensione di impresa
A livello complessivo si rileva, inoltre, una maggiore incidenza (61,6% in Lombardia
contro il 56% in Toscana) delle imprese con prodotti interamente personalizzati. Il dato
aggregato sembra derivare, in particolare, da una minore propensione alla
standardizzazione dei prodotti che si rileva, in Lombardia, nei settori della pelletteria e
delle calzature (tabella 75).
Tabella 75.
Imprese lombarde del
produzione standardizzata e settore (%)
Quote produzione
standardizzata
0
Fino al 25%
Dal 26 al 50%
Dal 51 al 75%
Dal 76 al 99%
100%
TOTALE
campione
Abbiglia- Pelletmento
teria
60,0
100,0
10,0
20,0
10,0
100,0
100,0
competitività
PellicCeria
100,0
100,0
per
quote
di
Maglie- Calza- Totale
ria
Ture
37,5
66,6
61,6
3,8
7,7
62,5
33,3
26,9
100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Nei paragrafi che seguono saranno dettagliatamente analizzati i rapporti che le imprese
intervistate intrattengono con i propri sub-fornitori di fase e con i propri fornitori di
materie prime e semilavorati. Ciò nell’intento di verificare la rilevanza che in Lombardia
hanno assunto l’impresa a rete e, più in generale, l’esistenza di rapporti collaborativi
tra imprese. L’argomento è stato oggetto di attenta analisi anche nel caso toscano
perché il tipo di relazioni che si stabiliscono tra le imprese di un determinato sistema
produttivo può concorrere in modo decisivo a determinarne la capacità competitiva. In
Lombardia la presenza di rapporti di collaborazione formalizzati è maggiore rispetto a
quanto rilevato in Toscana: il 15,4% delle imprese intervistate risulta appartenere ad
un gruppo (6% in Toscana) ed il 30,8% delle stesse imprese prevede di stipulare
accordi commerciali o proprietari con partner italiani (10% in Toscana). A livello
generale, quindi, considerata la più elevata incidenza di imprese che producono in
conto terzi, di quelle appartenenti ad un gruppo e di quelle che prevedono di stipulare
accordi commerciali o proprietari, il sistema moda lombardo sembra più proiettato di
quello toscano verso forme di collaborazione e integrazione che vanno ritenute
mediamente più complesse e articolate.
L’analisi della domanda di lavoro in Lombardia è avvenuta su un gruppo di 41 imprese
scelte sulla base di criteri qualitativi e delle indicazioni dei testimoni privilegiati. Il
gruppo è composto da imprese la cui conformazione societaria è consolidata, con la
prevalenza di società per azioni e società a responsabilità limitata che rappresentano
circa il 56% delle imprese intervistate. L’età media delle imprese intervistate è più alta
-31 anni- di quella rilevata nel campione toscano. La dimensione media è di 50,7
addetti contro gli 8,5 della media regionale (Censimento 1991). Il gruppo di imprese è
però composto da due sottogruppi: il primo è composto da 18 imprese mediamente più
grandi della media (107 addetti); il secondo da imprese piccole e piccolissime (6
addetti). Il fatturato medio del 1996 è stato di 23,810 miliardi; esso risulta a prezzi
correnti in (+3%) rispetto al fatturato medio del 1995, ed previsto sostanzialmente
stabile per il 1997.
Le risposte al questionario sembrano indicare imprese in fase di innovazione meno
marcata rispetto a quella Toscana. Il 32,5% delle imprese intervistate ha dichiarato di
aver introdotto nel corso degli ultimi due anni innovazioni di processo e di prodotto; il
12,5% solo di prodotto; il 10% solo di processo. In complesso le imprese che non
hanno modificato né prodotto né processo rappresentano il 45% del campione. Le
spese in R&S rappresentano però nel 1996 0,4% del fatturato; ed il 78% delle imprese
ha dichiarato di non avere speso alcunché per R&S. Meno diffuse le modificazioni
organizzative, attuate dal 14,3% delle imprese.
Organizzazione del processo produttivo
L’analisi dell’organizzazione del processo produttivo è stata svolta con la stessa tecnica
di indagine illustrata per la Toscana.
Modelli di impresa
Anche per la Lombardia si è tentato di articolare il rapporto tra capofila e subfornitrici
secondo lo schema applicato al caso toscano. Osservando le quote di produzione si
nota che tra le imprese intervistate le capofila producono in media per il 97,4% in
conto proprio; le subfornitrici producono in media per il 94% in conto terzi ed il 70%
lavora esclusivamente in conto-terzi. Non sembra quindi essere diffusa la tipologia di
impresa mista (modello 5) che divide la propria attività tra produzione in conto proprio
e produzione in conto terzi che si è vista occupare una posizione importante in
Toscana.
In particolare le imprese intervistate sono risultate per il 75,6% capofila, per il 22,0%
subfornitrici di primo livello, e per il 2,4% subfornitrici di secondo livello.
Tabella 76.
comparto
Numero imprese
Valore assoluto
%
Posizionamento delle imprese lombarde del campione lavoro nel
Capofila
Totale
Di cui con
Subfornitrici
31
22
75,6
71,0
Subfornitrici 1° livello
Totale
Di cui con
Subfornitrici
9
8
22,0
88,9
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tra le imprese capofila il 71,0% si rivolge a ditte subfornitrici per quanto riguarda una
o più fasi della produzione; ed anche l’88,9% delle imprese subfornitrici ha a sua volta
subfornitori di fase. Sembra dunque che le imprese del sistema moda in Lombardia
siano strutturate su più livelli di subfornitura più accentuatamente che in Toscana.
Anche per la Lombardia si è utilizzata la descrizione del ciclo produttivo e l’indicazione
precisa delle fasi svolte internamente ed esternamente per tentare di classificare le
imprese sulla base della tipologia messa a punto per la Toscana. Dall’analisi delle
risposte è emersa una nuova configurazione di impresa in conto terzi – modello 6 - che
svolge tutte le fasi del ciclo produttivo, o che svolge almeno le fasi più complesse di
tale ciclo (disegno, progettazione, campionatura, controllo qualità), quelle che in
Toscana erano normalmente riservate alle capofila.
Tabella 77.
Distribuzione
modello e settore
Conteggio di tipo
Attività
1760
delle
imprese
1
2
3
-
-
lombarde
del
Tipo
4
5
6
N
-
-
-
-
campione
lavoro
Totale complessivo
1
1770
5
1
2
3
1820
per
2
1
13
1
1
9
1
2
1
3
-
1920
1
1
-
1930
5
7
17,1
6
4
1
12
10
24,4
3
7,3
41
100,0
-
-
Totale complessivo
2
%
4,9
Fonte: elaborazioni Ciriec.
3
-
2
-
1
-
6
14,6
12
29,3
1
2,4
Come si nota dalla tabella 77 tra le capofila lombarde sono prevalenti i modelli 2 e 3,
mentre tra le subfornitrici i modelli 4 e 6: siamo di fronte cioè a capofila che svolgono
all’interno tutte le fasi del ciclo, o che acquisiscono all’esterno il solo disegno; ed a
subfonitrici che svolgono tutte le fasi o soltanto quelle produttive.
Il ricorso al decentramento produttivo costituisce un indubbio punto di forza del
sistema moda perché la possibilità di ricorrere a sub-fornitori esterni consente alle
imprese di fronteggiare meglio la variabilità della domanda. Non a caso, quindi, il 48%
delle imprese del campione (contro il 30% in Toscana) dichiara di aver incrementato il
proprio decentramento produttivo, e quasi il 40% del campione dichiara che lo
incrementerà ulteriormente in futuro.
A differenza di quanto rilevato con riferimento al sistema moda toscano, tuttavia, nel
caso lombardo assume particolare rilievo anche il decentramento a sub-fornitori
localizzati al di fuori della propria area di insediamento e dei confini regionali. Quasi la
metà delle imprese del campione ha infatti rapporti con sub-fornitori locali (tabella 78).
A questi, però, vengono solitamente decentrate quote di produzione complessivamente
contenute. Specularmente, invece, risultano altrettanto frequenti, ma generalmente
più rilevanti dal punto di vista economico i rapporti di integrazione produttiva con subfornitori italiani e non mancano casi in cui il decentramento è effettuato esclusivamente
verso sub-fornitori esteri.
Tabella 78.
Localizzazione dei principali sub-fornitori lombardi
competitività* (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)
Localizzazione
Stessa area dell’impresa
In provincia
In regione
In Italia
Abbiglia- Pelletmento
teria
33,3
33,3
66,7
33,3
66,7
44,1
66,7
Imprese
PellicMaglieCeria
Ria
100
25,0
12,5
62,5
50,0
50,0
del
CalzaTure
100,0
33,3
-
campione
Totale
44,0
32,0
48,0
44,0
All’estero
11,1
-
50,0
25,0
-
16,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Va anche sottolineato che il tipo di decentramento produttivo rilevato nel caso in
esame non è quasi mai (come pure in Toscana) formalizzato tramite contratti.
Tuttavia, il tipo di rapporti tra imprese che ne deriva sembra meno governato, rispetto
al caso toscano, da leggi di mercato e più ispirato a logiche collaborative. A conferma
di ciò si noti che: (i) i rapporti sono stabili nel tempo e in 12 casi durano da ben oltre
10 anni; (ii) gli stessi rapporti vengono definiti dagli intervistati come “non
problematici” (in oltre il 92% dei casi non esistono contenziosi); (iii) generalmente
spetta all’impresa committente la responsabilità della progettazione; della scelta e
dell’acquisto dei materiali e dei componenti; del controllo di qualità. Tuttavia, il ruolo
della committente è meno preponderante di quanto rilevato in Toscana e non sono
pochi i casi in cui le scelte più direttamente produttive vengono effettuate
congiuntamente con l’impresa sub-fornitrice (tabella 79); (iv) il tipo di lavorazioni
decentrate, fa presumere che il decentramento rilevato sia più di specialità che di
capacità, ciò vale in particolare nel settore dell’abbigliamento dove contrariamente a
quanto avviene in Toscana vengono affidate all’esterno anche le lavorazioni a più
elevato valore aggiunto.
Tabella 79.
Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi
delle imprese lombarde del campione competitività (%)
Progettazione/disegno
Scelta dei materiali
Acquisto di materiali e
componenti
Produzione
Finitura
Controllo di qualità
Dell’impresa
Committente
88,2
94,4
94,7
Del subfornitore
5,9
5,6
-
50,0
71,4
85,0
13,7
19,1
5,0
Congiunta
Totale
5,9
5,3
100,0
100,0
100,0
36,3
9,5
10,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le differenze rilevate nei rapporti con i propri sub-fornitori non sono tuttavia tali da
ripercuotersi anche sui mezzi di comunicazione utilizzati che risultano sostanzialmente
identici a quelli impiegati dalle imprese toscane (tabella 80).
Tabella 80.
Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese lombarde del
campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)
Mezzi di comunicazione
Collegamento in rete con computer
Modem
Fax
Telefono
Recapiti veloci a domicilio
Posta
Visite personali frequenti
Imprese che lo
utilizzano*
4,0
4,0
84,0
88,0
40,0
28,0
68,0
Imprese che lo
utilizzano
come mezzo prevalente
40,9
36,4
22,7
* La domanda prevedeva risposte multiple
L’immagine che deriva dalle interviste alle imprese subfornitrici non è diversa. E’
emerso infatti che i loro committenti, italiani ed esteri, sono per lo più costituiti da
imprese di grande dimensione che impongono il rispetto di standard produttivi
predefiniti, ma generalmente non offrono né consulenze tecnico-produttive né
agevolazioni. Similmente a quanto rilevato nel caso toscano va infatti sottolineato che
le commesse, in particolare quelle estere, sono presumibilmente dovute alla buona
fama di cui godono le imprese del sistema moda locale. Si può però ritenere che le
ragioni della fama siano diverse. Le imprese lombarde sembrano essere in grado più
delle toscane di fornire prodotti completamente realizzati: non a caso spetta spesso
alle imprese terziste la responsabilità della progettazione, della scelta e dell’acquisto
dei materiali, dell’organizzazione della produzione (tabella 81).
Tabella 81.
Responsabilità delle diverse scelte delle
campione competitività nelle lavorazioni in conto terzi (%)
Lavorazioni
Progettazione/disegno
Scelta dei materiali
Acquisto di materiali e
componenti
Produzione fisica
Finitura
Controllo di qualità
Dell’impresa
terzista
33,3
41,7
58,3
imprese
Dell’impresa
committente
33,3
25,0
25,0
91,6
100,0
50,0
lombarde
Congiunta
8,3
del
Totale
33,3
33,3
16,7
100,0
100,0
100,0
8,4
41,6
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Da rilevare, infine, che i rapporti con le imprese committenti sono per lo più non
formalizzati, ma comunque stabili nel tempo.
La domanda di servizi alla produzione
Il 67,6% delle imprese intervistate ha dichiarato di far ricorso a servizi esterni per una
o più funzioni aziendali. Nella tabella 82 si mostra la distribuzione delle imprese che
ricorrono ad uno o più servizi esterni: il 52% delle imprese che ricorrono a servizi
esterni vi ricorre per una sola funzione; il 36% per due; il 4% per tre; il restante 8%
per quattro. Rispetto alle imprese toscane sembra esserci una minore tendenza a
esternalizzare fasi della produzione. Si tratta dunque di imprese meno disintegrate
delle toscane.
Tabella 82.
Ricorso a servizi esterni delle imprese lombarde del campione lavoro
per area funzionale (%)
Aree funzionali
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Produzione
Vendite
Attività tecniche di produzione
imprese che ricorrono a servizi esterni
relativamente all'area funzionale
Imprese
campione
21,6
21,6
16,2
13,5
Capofila
Sub-fornitrici
21,4
25,0
14,3
17,9
22,2
11,1
22,2
0,0
Marketing
Progettazione, R&S
Sistema informativo e CED
Acquisto materiali
Altri servizi (pulizie, mensa, etc.)
Assistenza post vendita
Direzione
Qualità
Risorse umane e formazione
MEDIA
8,1
8,1
5,4
5,4
2,7
2,7
2,7
2,7
2,7
8,7
10,7
10,7
7,1
3,6
3,6
0,0
3,6
0,0
3,6
9,3
0,0
0,0
0,0
11,1
0,0
11,1
0,0
11,1
0,0
6,8
Fonte: elaborazioni Ciriec.
In Lombradia risulta confermata la minore tendenza a esternalizzare fasi della
produzione rispetto alle imprese toscane (8,9% contro il 15,1 della Toscana). Le uniche
attività maggiormente esternalizzate in Lombardia sono vendite e marketing, segnale
anche questo di una maggiore maturità delle imprese lombarde rispetto alle toscane.
Di difficile valutazione la propensione ad esternalizzare di capofila e subfornitrici. Il
ricorso medio a servizi esterni è di circa 2,5 punti percentuali superiore tra le capofila
rispetto alle subfornitrici, ma tra le 12 imprese che non esternalizzano 8 sono capofila
e 4 subfornitrici..
Le modalità del ricorso a servizi esterni sembrano consolidate: il 69,2% delle imprese
intervistate ritiene di non avere modificato nel corso del 1996 il ricorso a servizi
esterni; il 15,4% ritiene di averlo aumentato, mentre il restante 15,4% dichiara di
averlo diminuito. Rispetto a quanto si è visto per la Toscana la dimensione locale e
provinciale per il reperimento dei servizi esterni non è fortemente prevalente.
Maggiormente accentuato rispetto alla toscana il ricorso a servizi presenti in regione (8
funzioni rispetto alle 6 toscane si esauriscono all’interno della regione).
Dai dati precedenti si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un sistema di
collaborazioni e prestazioni esterne meno fortemente caratterizzante le imprese del
sistema moda lombardo rispetto a quello toscano, e che si può prevedere resterà
immutato nel medio periodo. Ciò può forse significare un minore peso della domanda di
lavoro indotta rispetto a quello inferito nel caso toscano.
L’approvvigionamento di materie prime
Per l’approvvigionamento di materie prime, solo una impresa del settore delle
pelletterie si rivolge esclusivamente a fornitori localizzati all’interno della sua
stessa area. Tutte le altre hanno anche fornitori esterni alla propria area di
localizzazione e risulta complessivamente elevato il ricorso a fornitori esteri
(tabelle 83-87).
Tabella 83.
Localizzazione dei principali fornitori di materie prime delle imprese
lombarde del campione competitività*
Localizzazione
Distretto
Regione
Italia
Estero
TOTALE IMPRESE SETTORE
Abbigliamento
2
3
7
6
10
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Imprese (Valori assoluti)
Pellet- PellicMaglie- Calzateria
Ceria
ria
ture
1
2
1
3
3
2
6
2
1
2
4
2
3
2
8
3
Totale
6
9
17
15
26
Tabella 84.
Quote di materie prime
lombarde del campione competitività (%)
acquistate
Quote materie prime
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
nel distretto
TOTALE IMPRESE
nel
distretto
dalle
imprese
Abbiglia
-mento
20,0
80,0
Pelletteria
33,3
66,7
Imprese
PellicMaglieCeria
Ria
50,0
50,0
12,5
87,5
Calzature
100,0
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
11,5
7,7
3,9
76,9
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 85.
Quote di materie prime acquistate in regione dalle imprese lombarde
del campione competitività (%)
Quote materie prime
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
in regione
TOTALE IMPRESE
Abbiglia Pellet-mento
teria
10,0
10,0
10,0
70,0
100,0
100,0
100,0
Imprese
PellicMaglieCeria
Ria
37,5
100,0
62,5
100,0
100,0
Calzature
33,3
33,3
33,3
-
100,0
Totale
19,2
3,9
3,9
7,7
65,3
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tabella 86.
Quote di materie prime acquistate in Italia dalle imprese lombarde
del campione competitività (%)
Quote materie prime
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
in Italia
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Abbiglia
-mento
10,0
10,0
30,0
20,0
30,0
Pelletteria
33,3
33,3
33,3
100,0
100,0
Imprese
PellicMaglieCeria
Ria
25,0
12,5
12,5
25,0
100,0
25,0
100,0
100,0
Calzature
33,3
33,3
33,3
100,0
Totale
19,2
7,8
19,2
19,2
34,6
100,0
Tabella 87.
Quote di materie prime acquistate all’estero dalle imprese lombarde
del campione competitività (%)
Quote materie prime
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
Imprese che non
acquistano materie prime
all’estero
TOTALE IMPRESE
Abbigliamento
60,0
40,0
Pelletteria
33,3
66,7
100,0
100,0
Imprese
PellicMaglieCeria
Ria
12,5
12,5
100,0
25,0
50,0
2
100,0
Calzature
66,7
33,3
100,0
Totale
34,6
3,9
11,5
7,7
42,3
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Data la notevole diversificazione produttiva delle imprese del campione che operano
nel settore dell’abbigliamento, l’elevato ricorso a fornitori di materie prime localizzati al
di fuori dell’ambito regionale non può essere interpretato come un elemento che
testimonia l’assenza di sinergie tra industria tessile locale, prevalentemente serica e
cotoniera, e imprese produttrici di capi di vestiario. La questione, tuttavia, meriterebbe
ulteriori approfondimenti.
L’elemento che invece può essere sottolineato con certezza è costituito dal fatto che la
lontananza fisica dei fornitori penalizza le imprese che volessero impostare il proprio
processo produttivo in una logica di tipo just in time. Molte imprese del campione
hanno dichiarato di operare già in tale logica; tuttavia, la verifica effettuata sui giorni di
produzione garantiti dalle scorte evidenzia che, in realtà, solo due maglifici sono al
momento riusciti a minimizzare le immobilizzazioni di magazzino ottimizzando i
rapporti con i propri fornitori di materie prime e accessori.
Innovazioni di prodotto e di processo
Oltre il 40% delle imprese del campione ha introdotto, nel corso degli ultimi 3 anni,
innovazioni organizzative, connesse all'introduzione di elaboratori elettronici, o di
processo. Una quota analoga di imprese ha inoltre investito, sempre nell’ultimo
triennio, in attività di R&S che sono state soprattutto finalizzate all’introduzione di
nuovi materiali e modelli (tabella 88) ed esclusivamente autofinanziate. Anche in
questo caso, come del resto già rilevato a proposito del sistema moda toscano,
l’incidenza delle spese in R&S sul fatturato risulta superiore a quella media calcolata
dall’ISTAT nel 1992 per i settori dell’abbigliamento e delle calzature. In particolare, nel
caso lombardo, tale incidenza si attesta sullo 0,87%.
Tabella 88.
competitività*
Investimenti
Investimenti
No
Si
- sviluppo nuovi modelli/dis.
- ricerca nuovi materiali
INVESTIMENTO TOT. (ml)
in
R&S
delle
imprese
lombarde
Valori assoluti
15
11
9
6
3.611
del
campione
%
57,7
42,3
34,6
23,1
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Il dato rilevato risulta più alto anche di quello calcolato con riferimento al campione di
imprese toscane (0,6%). Ricordiamo, tuttavia, che nel caso in esame il campione è più
sbilanciato sulla dimensione di impresa medio-grande. Pertanto, dal momento che
l’attività in R&S cresce, generalmente, al crescere della stessa dimensione di impresa
non è possibile sostenere, sulla base di questa sola informazione, che il sistema moda
lombardo sia mediamente più propenso all’innovazione di quello toscano. Va però
sottolineato che il campione in esame ha anche realizzato, sempre nel corso degli
ultimi 3 anni, investimenti in macchinari più consistenti di quelli realizzati dal campione
toscano (tabella 89) e che questo risulta perfettamente in linea con i dati ufficiali
disponibili sull’attività di investimento dei due diversi sistemi moda. Da questi si rileva,
con riferimento al periodo 1980-1992, una diminuzione della quota di investimenti
realizzati in Toscana rispetto al corrispondente aggregato nazionale e, viceversa, una
sostanziale stabilità della quota di investimenti realizzati dal sistema lombardo.
Tabella 89.
Investimenti delle imprese lombarde del campione competitività
Investimenti
Imp. che hanno inv. in imm.
Imp. che hanno inv. in macch.
INVESTIMENTI IN MAC. (ml)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Imprese (Valori assoluti)
Abbiglia- Pelletmento
teria
8
1
2.580 7.500
PellicCeria
1
n.d.
Maglie- Calza- Totale
ria
Ture
5
3
18
1.900
1.800 13.780
Nel caso lombardo, inoltre, risulta più alta che in Toscana la quota di imprese che
dichiara aumentata o molto aumentata la produttività del lavoro nell’ultimo triennio e
che dichiara la stessa produttività in ulteriore aumento per il prossimo futuro (tabella
90 e 91).
Tabella 90.
Imprese lombarde del campione competitività per andamento della
produttività nell’ultimo triennio
Produttività
Valori assoluti
Produttività molto aumentata
2
Produttività aumentata
10
Produttività invariata
6
Produttività diminuita
5
Produttività molto diminuita
2
TOTALE
25
Fonte: elaborazioni Ciriec. La media delle risposte è stata 1.
%
8,0
40,0
24,0
20,0
8,0
100,0
Tabella 91.
Imprese lombarde del campione
previsto della produttività nel prossimo triennio
competitività
Produttività
Valori assoluti
Produttività molto aumentata
Produttività aumentata
11
Produttività invariata
10
Produttività diminuita
3
Produttività molto diminuita
1
TOTALE
25
Fonte: elaborazioni Ciriec. La media delle risposte è stata 1.
per
andamento
%
44,0
40,0
12,0
4,0
100,0
Infine, sembra ancora più stretto di quanto rilevato in Toscana il rapporto tra le
imprese del sistema moda e i fornitori regionali di macchinari, cosa che consente alle
imprese una maggiore informazione sulle tecnologie disponibili; una maggiore
possibilità di interagire con gli stessi fornitori nella definizione di eventuali modifiche da
apportare alle macchine e, conseguentemente, una possibilità potenzialmente
maggiore di introdurre innovazioni firm-specific (tabella 92-94).
Tabella 92.
Localizzazione dei
lombarde del campione competitività*
principali
fornitori
di
macchinari
delle
imprese
Localizzazione
Valori assoluti
%
Stessa area dell’impresa
4
19,1
In provincia
7
33,3
In regione
11
52,4
In Italia
3
14,3
All’estero
4
19,1
Fonte: elaborazioni Ciriec. *La domanda prevedeva risposte multiple. La media delle
risposte è 5.
Tabella 93.
Rapporti con i fornitori di macchinari per le imprese lombarde del
campione competitività (%)
Tipo di rapporto
Imprese
Rapporti esistenti*
Rapporti prevalenti
65,4
57,7
26,9
15,3
11,5
3,8
Acquistano le macchine a catalogo
Chiedono modifiche delle macchine
Chiedono macchine ad hoc
Collaborano alla progettazione delle
macchine che acquistano
3,8
Mancate risposte
19,2
TOTALE IMPRESE
26
Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple
19,2
26
Tabella 94.
Fonti di informazione sulle tecnologie produttive per le imprese
lombarde del campione competitività (%)
Fonti di informazione
Fornitori di macchinari
Riviste specializzate di settore
Istituti specializzati locali
Istituti specializzati fuori dal distretto
Altre imprese locali del settore
Imprese
Fonti utilizzate *
Fonte più utile
69,2
42,3
15,3
-
Altre imprese non locali del settore
Fiere e mostre
Mancate risposte
TOTALE IMPRESE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
3,8
46,1
26,9
26
30,7
26,9
26
* La domanda prevedeva risposte multiple
Mercati di sbocco
Soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 95), ma mediamente le quote
di fatturato export sono più contenute di quelle rilevate nel caso delle aziende toscane.
I principali mercati di sbocco sono quelli dei paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, anche
in questo caso, come in Toscana, è elevata la quota di imprese che esporta verso
mercati asiatici, in particolare, verso il Giappone. Va sottolineato, inoltre, che gli attuali
mercati di destinazione delle esportazioni vengono generalmente ritenuti quelli più
dinamici e, conseguentemente, più “appetibili” anche per il prossimo futuro.
A livello settoriale in quasi tutte le imprese del campione, indipendentemente dal
settore merceologico di appartenenza, le quote di fatturato export sono rimaste per lo
più invariate nel corso dell’ultimo triennio (l’unica eccezione è forse costituita dal
settore delle calzature, in cui 2 imprese su 3 hanno incrementato la propria presenza
sui mercati esteri, tabella 96).
Da segnalare, inoltre, che le imprese analizzate producono prevalentemente per fasce
di mercato medio-alte o alte (tabella 97 e 98). Ciò le pone al riparo dalla concorrenza
dei paesi a più basso costo del lavoro sul mercato interno, ma non su quelli esteri dove
viene comunque considerata temibile, anche se meno di quanto abbiano dichiarato le
imprese toscane, la concorrenza dei paesi asiatici e di quelli dell’Europa dell’Est (tabella
99 e 100) .
Tabella 95.
Imprese lombarde del campione competitività per quote di fatturato
esportato nel 1996
Quote fatturato
Non esportano
Fino al 25%
Dal 25 al 50%
Dal 50 al 75%
Oltre il 75%
100%
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Valori assoluti
4
7
7
3
4
1
26
%
15,4
26,9
26,9
11,5
15,4
3,9
100,0
Tabella 96.
Andamento del fatturato esportato 1994/96 dalle imprese lombarde
del campione competitività
Fatturato
Aumentato
Invariato
Diminuito
TOTALE IMPRESE ESPORTATRICI
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Abbigliamento
2
7
9
Imprese (valori assoluti)
Pellet- Pellic- Maglieteria
ceria
Ria
1
1
1
5
1
1
2
1
7
CalzaTure
2
1
3
Tabella 97.
Imprese lombarde del campione competitività per fascia di mercato
(mercato interno)
Fascia mercato interno
Bassa
Medio-bassa
Media
Medio-alta
Alta
TOTALE IMPRESE
(che vendono sul mercato
interno)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Abbigliamento
30,0
70,0
% su totale imprese per settore
Pellet- PellicMaglie- Calzateria
Ceria
ria
ture
12,5
12,5
100,0
100,0
25,0
50,0
100,0
10
2
2
8
3
Tabella 98.
Imprese lombarde del campione competitività per fascia
(mercato estero)
Fascia mercato estero
Abbigliamento
Bassa
Medio-bassa
Media
Medio-alta
Alta
TOTALE IMPRESE
(che vendono su mercati esteri)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
25,0
75,0
Tabella 99.
Principali
concorrenti
competitività sui mercati esteri*
Concorrenti esteri
Imprese del Sud Est Asiatico
Imprese cinesi
Grandi imprese italiane
Imprese tedesche, francesi e
inglesi
Imprese di Paesi dell’Est
Totale risposte valide
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Totale
4,0
4,0
36,0
56,0
25
di mercato
% su totale imprese per settore
Pellet- PellicMaglie- Calza- Totale
teria
Ceria
ria
ture
14,3
4,5
66,6
100,0
28,6
31,8
33,3
57,1
100,0
63,7
8
delle
3
1
imprese
lombarde
Valori assoluti
7
3
del
22
campione
%
3
1
2
4
30,0
10,0
20,0
40,0
1
10
10,0
* La domanda prevedeva risposte multiple
Tabella 100.
Principali
concorrenti
competitività sui mercati nazionali*
Concorrenti nazionali
Grandi Imprese
Imprese Lombarde
Imprese del distretto
Imprese dell’area NEC
delle
imprese
lombarde
Valori assoluti
del
campione
%
9
2
8
2
52,9
11,7
47,1
11,7
Totale risposte valide
Fonte: elaborazioni Ciriec.
17
* La domanda prevedeva risposte multiple
Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati
per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (Tabelle 101 e 102).
Premesso che nessuna impresa ha propri punti vendita all’estero e che nove aziende
hanno invece punti vendita in Italia, l’elemento più rilevante da sottolineare è costituito
dal fatto che, sia in Italia che all’estero, il canale distributivo prevalente è quello dei
negozi indipendenti. La frammentazione delle vendite che ne risulta impone un grosso
sforzo organizzativo e commerciale, solitamente affrontato anche tramite l’impiego di
un numero consistente di agenti e rappresentanti plurimandatari. Specularmente,
tuttavia, tale frammentazione fa sì che, sia in Italia che all’estero, il grado di
dipendenza dai primi 5 clienti risulti complessivamente contenuto.
Tabella 101.
Canali distributivi utilizzate dalle imprese lombarde del campione
competitività sul mercato interno*
Canali distributivi mercato interno
Altre imprese
Grossisti/buyers
Gruppi d’acquisto
Franchising
Catene specializzate
Catene de-specializzate
Negozi indipendenti
Vendita diretta
Vendite postali
TOTALE IMPRESE
(che vendono sul mercato interno)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Valori assoluti
%
4
3
7
18
5
1
16,0
12,0
28,0
72,0
20,0
4,0
25
* La domanda prevedeva risposte multiple
Tabella 102.
Canali distributivi utilizzati dalle imprese lombarde del campione
competitività sui mercati esteri*
Canali distributivi mercato estero
Altre imprese
Grossisti/buyers
Gruppi d’acquisto
Franchising
Catene specializzate
Catene de-specializzate
Negozi indipendenti
Vendita diretta
Vendite postali
TOTALE IMPRESE
(che vendono su mercati esteri)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
* La domanda prevedeva risposte multiple
Valori assoluti
1
4
1
4
6
10
1
1
22
%
4,5
18,2
4,5
18,2
27,3
45,4
4,5
4,5
La spesa pubblicitaria
Il miglioramento della qualità dei prodotti e del rapporto prezzo/qualità viene ritenuta,
insieme all’ampliamento della gamma, la strategia migliore per consolidare la propria
posizione sul mercato nazionale e aumentare la propria capacità di penetrazione sui
mercati esteri.
Specularmente, viene invece attribuita poca importanza alle azioni pubblicitarie.
Tuttavia, va sottolineato che, negli ultimi tre anni, l’investimento pubblicitario è stato
particolarmente consistente, anche se soprattutto con riferimento al mercato nazionale
(tabella 103) e indirizzato per lo più alla realizzazione di cataloghi e alla partecipazione
a fiere (Mipel, Micam, Mifur, Pitti Uomo, in Italia; Sil, New York e Bruxelles, all’estero).
Tabella
103.
Spesa
pubblicitaria
delle
competitività in Italia e all’estero (ultimi 3 anni)*
imprese
Spesa pubblicitaria
Totale imprese che hanno investito in comunicazione
Italia
SPESA COMPLESSIVA (ml)
Totale imprese che hanno investito in comunicazione
Estero
SPESA COMPLESSIVA (ml)
Fonte: elaborazioni Ciriec.
lombarde
del
campione
Valori assoluti
16
11.641
6
856
* La domanda prevedeva risposte multiple
Fattori competitivi
In analogia a quanto visto per la Toscana nella tabella 104 sono riportati i punteggi
medi attribuiti dalle imprese intervistate ad una serie di fattori competitivi che
riguardano il prodotto, il prezzo di vendita, il servizio e la comunicazione. Dalla lettura
dei dati riportati in tabella, emerge che:
1. le imprese intervistate individuano nella qualità del prodotto, nel design, nella
flessibilità produttiva e nel rapporto prezzo/qualità i propri principali punti di forza
e, a differenza di quanto dichiarano le imprese toscane, rispetto a questi stessi
fattori competitivi non si ritengono inferiori né ai concorrenti locali, nè, in generale,
a quelli italiani;
2. ai concorrenti locali viene riconosciuta una priorità relativa solo in termini si sconti
praticati, tempi di consegna e forme di promozione attivate;
3. la superiorità dei concorrenti nazionali si esplica essenzialmente in termini di
gamma di prodotti offerti, innovazioni di prodotto, prezzi e tempi di consegna;
4. i concorrenti esteri sono considerati competitivi soprattutto per i prezzi praticati, i
tempi di consegna e gli investimenti realizzati in alcune azioni di comunicazione;
5. i vantaggi percepiti dalle imprese analizzate, cioè i fattori in cui le imprese
totalizzano punteggi relativi maggiori di quelli di tutti i loro concorrenti (locali,
nazionali e stranieri) sono collegati, come in Toscana (oltre che al design, alla
qualità del prodotto, alla flessibilità produttiva e al rapporto qualità/prezzo),
all’organizzazione della produzione e alla conseguente capacità di evadere
commesse specifiche, anche per piccoli lotti, alle dilazioni di pagamento concesse ai
clienti. A differenza che in Toscana, vengono però segnalati tra i principali fattori
competitivi anche elementi connessi alla commercializzazione dei prodotti
(organizzazione commerciale e distribuzione).
Figura 8 Posizionamento delle aree secondo le leve del marketing mix
comunicazione
servizio
concorrenti esteri
concorrenti italiani
Distretto
prezzo
Azienda
prodotto
5
6
7
8
9
Tabella 104.
Punteggio medio
lombarde del campione competitività
attribuito
Fattore competitivo
Prodotto
stile/design
Qualità
Gamma dell’offerta
Flessibilità, produzione anche su piccoli lotti
Innovazione di prodotto
Innovazione di processo
Organizzazione della produzione
Produzione su commessa specifica/su misura
Prezzo
Prezzi di listino
Rapporto prezzo/qualità
scale sconti
Tempi di pagamento
Margini consentiti ai clienti
Servizio
Distribuzione capillare
Tempi di consegna rapidi
Organizzazione commerciale
Comunicazione
Disponibilità e qualità dei cataloghi
Disponibilità di prezzi chiari
Pubblicità tradizionale
Forme di incentivazione/promozione
Partecipazione a fiere e mostre
Sponsorizzazioni
Fonte: elaborazioni Ciriec.
ai
fattori
Azienda
competitivi
dalle
Distretto concorrenti
Italiani
imprese
concorrenti
stranieri
8,7
9,3
7,9
8,6
7,6
7,3
7,3
7,5
7,1
7,3
7,1
7,2
6,3
6,6
6,1
6,2
8,1
7,9
8,4
7,3
7,8
7,3
7,1
7,0
7,1
6,7
8,0
6,7
6,6
7,2
7,1
5,9
7,1
8,6
4,7
7,1
7,4
6,7
7,7
6,2
6,5
6,6
7,6
7,3
5,7
6,6
6,2
7,6
7,2
5,9
6,9
6,8
7,2
6,1
8,0
6,4
6,8
7,0
6,6
6,7
7,6
6,8
7,0
7,3
6,7
8,5
6,8
4,6
7,4
3,3
6,5
8,3
6,1
5,4
7,0
4,2
6,6
8,6
6,4
5,9
7,3
5,3
7,3
8,3
7,2
4,8
8,4
4,6
Da rilevare, infine, che una buona quota delle imprese intervistate considera un
vantaggio competitivo la propria localizzazione all’interno di un’area in cui è consistente
la presenza di potenziali imprese sub-fornitrici e di manodopera qualificata.
La domanda di lavoro
Come si vede nella tabella 105 le imprese del sistema moda in Lombardia hanno
distrutto nel 1995 0,7 posti di lavoro ogni 100 addetti; che sono stati recuperati con un
leggero incremento (+0,1) nel corso del 1996.
Tabella 105.
Addetti, assunti,
lombarde del campione lavoro
Anno
uscite,
turn-over,
Addetti Assunzioni Uscite Turn-over Saldo
1995
2.059
1996
2.075
19952.075
1996
Fonte: elaborazioni Ciriec.
116
162
278
130
146
276
246
308
554
-14
16
2
saldo:
1995-1996,
Tasso %
Turn-over
11,9
14,8
26,7
imprese
Posti creati per
100 addetti
-0,7
0,8
0,1
Non solo la performance recente, ma anche le prospettive occupazionali sono
completamente statiche. Il 78% delle imprese intervistate prevede di non assumere né
ridurre personale: Le assunzioni previste nei prossimi due anni sono nel complesso
appena 13, ovvero appena l’8% delle assunzioni effettuate nel corso del 1996.
Tabella 106.
Le assunzioni previste dalle imprese lombarde del campione lavoro
Arco temporale
Assunzioni previste
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
%
10
2
1
13
76,9
15,4
7,7
100,0
Le motivazioni delle imprese che non assumono e non riducono sono legate
essenzialmente ad una previsione di stabilità del fatturato (68% delle risposte). Il 25%
preferisce esternalizzare certe funzioni piuttosto che modificare la propria struttura
occupazionale, ad indicare forse uno spostamento verso il modello toscano, il restante
7,1% ritiene un risultato positivo riuscire a non ridurre il numero di addetti in momenti
di crisi.
Le forme contrattuali
Nel corso degli ultimi due anni si è assistito ad una trasformazione delle forme
contrattuali prevalenti meno marcata rispetto alla Toscana. In Lombardia la quota
relativa alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato è relativamente più alta;
si fa un più elevato ricorso alla formazione lavoro, mentre il tempo determinato è meno
utilizzato.
Tabella 107.
Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle
imprese lombarde del campione lavoro(%)
Tipo di contratto
Tempo determinato
Part time
A domicilio
A cottimo
Collaborazione
Formazione lavoro
Tempo indeterminato
Dipendenti
2,8
8,9
0,4
0,3
0,1
0,3
87,1
Assunti 95/96
Assunzioni previste
16,6
38,5
2,2
7,7
0,0
0,0
0,0
0,0
3,3
0,0
8,1
0,0
69,7
53,8
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
100,0
100,0
100,0
La manodopera impiegata è prevalentemente femminile: le donne rappresentano
infatti il 66,3% degli addetti, il 68,5% degli assunti e il 50,5 % dei dismessi negli
ultimi due anni. Addirittura più alta - 76,9% - la quota delle donne sulle assunzioni
previste.
Dal punto di vista del tipo di contratto si nota che anche in Lombardia le donne sono
particolarmente presenti nel settore più debole del mercato del lavoro: esse
rappresentano la quasi totalità dei dipendenti a domicilio e dei contratti part-time, ma
sono solo il 50% degli addetti con contratto di formazione-lavoro.
Figura 9. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese
lombarde
100
90
80
70
60
Dipendenti
50
Assunti 95/96
Assunzioni previste
40
30
20
10
o
rm
te
de
io
po
m
Te
Fo
rm
in
az
la
ol
C
in
vo
la
ne
ra
bo
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co
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m
A
do
rt
Pa
m
ilio
e
tim
o
at
in
rm
te
m
po
de
o
0
Tabella 108.
Dipendenti delle imprese lombarde del campione lavoro per tipo di
contratto e sesso (%)
Tipo di contratto
Tempo determinato
Part time
A domicilio
A cottimo
Collaborazione
Formazione lavoro
Tempo indeterminato
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Maschi
Femmine
54,1
1,4
20,0
100,0
50,0
29,0
Totale
45,9
98,6
80,0
0,0
50,0
71,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Nel complesso la struttura per inquadramento contrattuale delle imprese intervistate è
simile a quella Toscana, con le figure operaie che coprono l’80% del totale degli
occupati. Rispetto alla Toscana è più alta la quota degli operai comuni (68,8% degli
operai) e dei capi operai mentre è molto inferiore la quota degli operai specializzati.
Come in Toscana è tra gli operai comuni che è polarizzata la presenza di manodopera
femminile.
Tabella 109.
Dipendenti delle imprese
inquadramento contrattuale e sesso(%)
lombarde
del
campione
lavoro
per
Inquadramento contrattuale
Dirigenti
Direttivi, quadri
Impiegati
Categorie speciali
(intermedi)
Capi operai
Operai specializzati
Operai comuni
Apprendisti
Altro
Totale dipendenti
Imprenditori
Familiari coadiuvanti
Totale indipendenti
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Maschi
Femmine
Totale
4,6
1,8
17,4
5,3
0,4
0,4
14,5
1,3
1,5
0,8
15,2
2,4
9,6
12,4
42,6
0,4
0,0
94,0
6,0
0,0
6,0
100,0
14,1
10,3
55,9
1,6
0,1
98,6
1,2
0,3
1,4
100,0
12,9
10,9
52,4
1,2
0,1
97,3
2,5
0,2
2,7
100,0
I titoli di studio
L’analisi della struttura dell’occupazione e dei flussi per titolo di studio mette in luce la
netta prevalenza dei titoli di studio più bassi, in modo del tutto analogo a quello
riscontrato in Toscana. Nello stock si deve notare una minore presenza residua di
addetti con la sola licenza elementare ed un più alto livello di laureati. Nei flussi si deve
notare una maggiore presenza di addetti con il diploma ed una minore presenza di
laureati.
Tabella 110.
Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per
titolo di studio (%)
Titolo di studio
Elementare
Media
Diploma
Laurea
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Addetti
Assunti
5,7
76,0
14,7
3,6
100,0
4,9
70,1
25,0
0,0
100,0
Figura 10. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per titolo di
studio
80
70
60
50
Addetti %
40
Assunti %
30
20
10
0
Elementare
Media
Diploma
Laurea
Se si considerano i dati disaggregati per sesso e titolo di studio vi si nota un netto
spostamento della manodopera femminile nelle classi con titolo di studio più basso,
analogo a quello rilevato in Toscana.
Le aree funzionali
Se si esamina la disaggregazione degli addetti al 31 dicembre 1996 per area funzionale
si può notare che oltre il 75% degli occupati sono addetti alle attività di produzione. Se
si guarda al flusso degli assunti nel corso degli ultimi due anni tale quota sale al
88,1%, che indica una maggiore coerenza tra struttura attuale e flussi rispetto a quella
riscontrata in Toscana
Tabella 111.
Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per
area funzionale (%)
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema informativo e CED
Progettazione, R&S
Vendite, marketing, assistenza post-vendita
Qualità
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi (pulizie, mensa, etc)
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec
Addetti
1,8
8,2
2,1
0,1
1,3
5,3
0,6
0,7
6,1
73,8
0,2
100,0
Assunti
0,0
3,8
0,0
0,0
0,5
1,6
3,8
0,5
9,7
78,4
1,6
100,0
zi
vi
er
is
ltr
A
)
tc
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sa
en
,m
e
on
zi
du
ro
ne
io
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a
m
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ne
io
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Figura 11. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per area funzionale
Addetti
Assunti
Pur con i problemi di rappresentatività ricordati in precedenza non esiste alcuna
differenziazione nella distribuzione per addetti tra imprese capofila e subfornitrici;40
Tabella 112.
Addetti per area funzionale. Imprese capofila e imprese subfornitrici
lombarde del campione lavoro a confronto (%)
Addetti
Area funzionale
Capofila
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema informativo e CED
Progettazione, R&S
Vendite, marketing, assistenza post-vendita
Qualità
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi (pulizie, mensa, etc)
TOTALE
Subfornitrici
1,9
8,4
2,2
0,1
1,4
5,1
0,6
0,5
5,7
74,0
0,0
100,0
0,0
5,6
0,8
0,0
0,0
7,2
0,0
3,2
9,5
71,4
2,4
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
La non modificazione è in accordo con l’interpretazione proposta che vede le imprese
lombarde avvalersi in misura minore del ricorso alla subfornitura di fase.
La decisione di assumere
Analogamente a quanto si è visto per la Toscana le assunzioni effettuate nel sistema
moda della Lombardia sono razionalizzate dalle imprese bilanciando perfettamente le
ragioni strategiche e le ragioni di sostituzione. Anche le risposte re relative alle
assunzioni previste tratteggiano lo stesso quadro con una leggera accentuazione (+10
punti percentuali) per le ragioni strategiche. In effetti le assunzioni effettuate nel corso
degli ultimi due anni sembrano dovute soprattutto a dinamiche di sostituzione.
40
Tra le subfornitrici sono presenti tutte le imprese con una quota di produzione in conto terzi superiore al
30%.
lombarde del campione lavoro a confronto
zi
vi
er
is
ltr
)
tc
e
capofila
,e
sa
en
,m
Imprese
on
zi
du
ro
ne
io
uz
le
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ia
er
at
m
od
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P
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ie
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funzionale.
A
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on
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an
um
Addetti
A
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en
st
si
as
tta
ge
ro
P
iv
at
rm
fo
in
se
or
is
ne
io
st
ge
12.
A
g,
tin
ke
ar
,m
te
di
en
V
a
m
te
is
S
R
o
Figura
e
imprese
subfornitrici
Addetti capofila
Addetti subfornitrici
Tabella 113.
assunzioni
Motivazioni delle assunzioni fatte negli ultimi due
previste dalle imprese lombarde del campione lavoro
Motivazioni
Ampliamento capacità
Aumento domanda
Sostituzione
Nuove tecnologie
Mutamenti organizzativi
Altro
TOTALE
Rispondono
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Assunzioni fatte
3
5
13
2
3
0
26
14
%
anni
Assunzioni previste
11,5
19,2
50,0
7,7
11,5
0,0
100,0
e
delle
%
1
4
4
0
0
1
10
9
10,0
40,0
40,0
0,0
0,0
10,0
100,0
Sembra però che malgrado il prevalere di ragioni strategiche l’orizzonte previsionale
delle imprese sia ancora più limitato di quello toscano.
Tabella 114.
La programmazione
lombarde del campione lavoro
Tempo di programmazione
Inferiore a 3 mesi
3 mesi
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
delle
assunzioni
Numero
Imprese
effettuate
% su numero di
risposte
22
3
1
1
0
27
dalle
imprese
% cumulata
81,5
11,1
3,7
3,7
0,0
100,0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Il reclutamento
Il mercato del lavoro sul quale operano le imprese è appena più ampio di quello
toscano, con una minore accentuazione della dimensione strettamente locale.
81,5
92,6
96,3
100,0
100,0
Tabella 115.
Provenienza addetti nelle imprese toscane del campione lavoro (%)
Provenienza addetti
Locale
Provinciale
Regionale
Italia
UE
Extra UE
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
68,5
21,8
1,6
6,3
0,0
1,9
100,0
Le modalità di selezione del personale utilizzate dalle imprese per il reclutamento sono
in prevalenza la selezione diretta e la segnalazione indicate rispettivamente dal 53,6%
e dal 46,4% delle imprese. Quasi invariabilmente la decisione di assumere è presa dal
titolare dell’impresa - seppure in modo meno accentuato rispetto alla Toscana -,
oppure da un organo collegiale quale il consiglio di direzione.
Tabella 116.
campione lavoro
Chi ha deciso e chi deciderà le assunzioni nelle imprese lombarde del
Chi decide
Titolare
Ufficio risorse umane
Comitato di direzione
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Passato
%
24
2
5
31
Previsioni
77,4
6,5
16,1
100,0
%
5
1
1
7
71,4
14,3
14,3
100,0
Il fabbisogno professionale
Indici di presenza e previsione di assunzione
La ripartizione degli addetti per figura professionale rispecchia la struttura per area
funzionale vista nei capitoli precedenti ed è pressoché identica a quella Toscana. La
gran parte degli addetti svolge professioni legate alla produzione. Considerando la
classificazione per grandi gruppi di professioni riportata nella tabella 117 si nota la
netta prevalenza degli artigiani, operai e conduttori di impianti che rappresentano il
77,9% degli addetti; le professioni esecutive relative agli uffici l’11,1%; le professioni
tecniche il 7,0%. La quota delle professionalità più elevate - per le quali è richiesta la
laurea – sul totale degli addetti è appena il 3,8%
Tabella 117.
(%)
Addetti per mestiere nelle imprese lombarde del campione lavoro
Figure professionali
Legislatori, dirigenti e imprenditori
Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione
Professioni intermedie (tecnici)
Professioni esecutive relative all'amministrazione e gestione
Artigiani, operai specializzati e agricoltori
Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi e mobili
Personale non qualificato
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
1
2
3
4
6
7
8
%
2,7
1,1
7,0
11,1
23,1
54,8
0,2
100,0
Figura 13. Addetti per mestiere nelle imprese lombarde del campione lavoro (%)
La differenziazione rispetto alla Toscana si può cogliere solo in riferimento a gradi
Legislatori, dirigenti e
imprenditori
0,2
2,7 1,1
Professioni intellettuali,
scientifiche e di elevata
specializzazione
7
Professioni intermedie
(tecnici)
11,1
Professioni esecutive relative
all'amministrazione e
gestione
54,8
Artigiani, operai specializzati
e agricoltori
23,1
Conduttori di impianti,
operatori di macchinari fissi
e mobili
Personale non qualificato
maggiori di disaggregazione. L’indice di presenza vede al primo posto le figure
professionali raggruppate nella classe 6.5.4, un risultato identico a quello Toscano. Si
deve però notare che al secondo posto con una valore dell’indice appena inferiore si
trova la classe 7.2.6, che anche in Toscana era al secondo posto, ma con un valore
dell’indice dimezzato. Al terzo posto la classe 4.1.2 cui seguono tutte le altre classi con
valori inferiori a 0,05. Da questi dati sembra di poter ipotizzare una struttura
produttiva centrata come quella Toscana su figure professionali legate direttamente
alla produzione, ma qualificate in senso meno artigianale.
Tabella 118.
cifre)
Cod.
6.5.4
7.2.6
4.1.2
6.5.3
3.3.1
1.2
4.1.1
4.1.3
3.3.3/
b
3.3.4
3.3.3/
a
2.5.5.9
7.4.2
2.5.5.3
Indice di presenza nelle imprese lombarde del campione lavoro(ISTAT 3
Figure professionali
Artigiani ed operai di cuoio, pelli, calzature
Operatori macchinari ind. tessile e confezioni
Impiegati amministrativi e di controllo
Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento
Tecnici amministrativi e organizzativi
Imprenditori, amministratori, dirigenti
Personale di segret. e operatore macch. Ufficio
Impiegati gestione stocks e approvvigionamenti
Tecnici di vendita, marketing
Settori
Interessati*
c
b
a
b
a
a
a
a
a
Totale Totale Indice
figure addetti presen
Settori Settori
-za
202
263
0,77
529
727
0,73
75
990
0,08
25
727
0,03
28
990
0,03
27
990
0,03
19
990
0,02
16
990
0,02
14
990
0,01
Rappresentanti
Responsabili magazzino o degli acquisti
a
a
13
7
990
990
0,01
0,01
Stilisti
Conduttori di veicoli
Disegnatori
a
a
a
6
6
5
990
990
990
0,01
0,01
0,01
6.3.3.2 Artigiani delle lav. artistiche tessuto e cuoio
3.1.1.4 Tecnici informatici – programmatori
3.1.1.3 Tecnici informatici-operatori
6.2.3.3 Meccanici, manutentori e montatori macch. ind.
8.1.1
Personale non qualificato d'ufficio
8.6.3
Personale non qualificato dell'industria
2.2.1
Ingegneri
3.1.1
Tecnici in scienze quantitative, fisiche e naturali
3.1.2
Tecnici in scienze dell'ingegneria
8.1.2
Personale ausiliario di magazzino
Fonte: elaborazioni Ciriec.
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
5
4
3
3
1
1
0
0
0
0
990
990
990
990
990
990
990
990
990
990
0,01
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
* in questa tabella e nelle seguenti i codici di gruppo istat sono sostituiti dalla seguente
codificazione: "a" sta per "1760-1770-1810-1820-1920-1930"; "b" sta per "17601770-1810-1820"; "c" sta per "1920-1930"; "d" sta per "1930"
Per quanto riguarda le previsioni di assunzioni la loro esiguità consiglia estrema
prudenza nella valutazione dei dati che tuttavia sembrano confermare l’importanza
delle figure 7.2.6 ricordata in precedenza.
Tabella 119.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
7.2.6
6.5.3
8.6.3
3.3.1
3.3.3/
b
Indice di previsione nelle imprese lombarde del campione lavoro
figure professionali
Operatori macchinari ind. Tessile e confezioni
Artigiani tessile e abbigliamento
Personale non qualificato dell’industria
Tecnici amministrativi e organizzativi
Tecnici di vendita, marketing
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Settori
Imprese
Indice
indicainteresrispondo- previsiozioni
sati
No
ne
b
2
4
0,5
b
2
4
0,5
a
1
5
0,2
a
1
5
0,2
a
1
5
0,2
6
Indici di difficoltà di reperimento e crucialità
Il tasso di risposte è stato globalmente del 51,2%, ma molto differenziato tra le
imprese più grandi (87,5%) e quelle più piccole (28,0%). Ciò può essere letto in due
prospettive diverse: in quello dell’incapacità delle imprese più piccole di razionalizzare i
loro comportamenti sul mercato del lavoro e quindi rappresentarsi tale mercato;
oppure nel fatto che queste davvero non hanno difficoltà a reperire personale. Il
risultato generale che emerge dall’analisi dei dati relativi alle figure professionali difficili
da reperire è la minore concentrazione delle risposte rispetto alla Toscana e la
polarizzazione su figure di produzione poco qualificate (7.2)
Tabella 120.
Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese lombarde del
campione lavoro (ISTAT 2 cifre)
Cod.
Figure professionali
Risposte
7.2
Operatori macchinari fissi lav. in serie e addetti al
montaggio
6.5
Artigiani ed operai lavorazioni del tessile, abbigliamento, pelli,
cuoio
3.3
Professioni intermedie di ufficio
6.2
Docenti e assimilati
3.1
tecnici in scienze fisiche, naturali, dell'ingegneria
3.2
tecnici nella difesa ambientale
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
% su 21
imprese
12
57,1
9
42,9
4
3
3
1
32
19,0
14,3
14,3
4,8
L’indice di difficoltà di reperimento dà indicazioni meno univoche e meno forti rispetto a
quelle viste per le imprese toscane, come mostrano i minori valori assoluti degli indici.
Anche in Lombardia le maggiori difficoltà sono legate al reperimento di personale
operaio anche se, di nuovo, le indicazioni riguardano principalmente il personale
addetto ai macchinari per il confezionamento (7.2.6); e solo in secondo luogo gli
artigiani del cuoio e della pelle.
Tabella 121.
Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle
imprese lombarde del campione lavoro (ISTAT 3 cifre)
Cod.
7.2.6
Figure professionali
Operatori macchinari industria tessile e
confezioni
6.5.4 Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature
3.3.3. Tecnici vendita, marketing
b
6.5.3 Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento
3.1.2 Tecnici in scienze dell'ingegneria
6.2.3. Meccanici, manutentori
3
3.2.2. Tecnici di difesa ambientale
2
6.2.4 Art. ed operai elettricisti
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Settori Numero IndicaIndice
interes- imprese zioni di
di
sati
dei settori difficoltà difficoltà
b
12
23
0,52
c
a
7
4
18
41
0,39
0,10
b
a
a
2
3
2
23
41
41
0,09
0,07
0,05
a
1
41
0,02
a
1
32
41
0,02
impiegati
mministrativi e
di controllo
Figura 14. Indici a confronto
indice
indice
indice
indice
artigiani ed operai
del tessile e
abbigliamento
tecnici
amministrativi e
organizzativi
imprenditori,
amministratori,
dirigenti
tecnici di vendita,
marketing
Stilisti
presenza
previsione
difficoltà
crucialità
L’analisi per figure elementari mostra un minore numero complessivo di figure
segnalate di difficile reperimento per le imprese e mostra complessivamente valori
degli indici più bassi rispetto alla Toscana.
Tabella 122.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
7.2.6
6.5.4
6.5.4
3.3.3/
b
6.5.3
7.2.6
7.2.6
7.2.6
3.1.2
6.5.4
6.2.3.3
7.2.6
7.2.6
3.2.2.2
6.2.4
Indice di difficoltà nel reperimento disaggregato per figure elementari
Figure professionali
Addetti confezionamento
Artigiani ed operai del cuoio, pelli, calzature
Cucitori
Tecnici vendita, marketing
Artigiani ed operai del tessile e abbigliamento
Smacchinatori
Addetti al controllo di qualità
Tessitori
Tecnici in scienze dell'ingegneria
Tagliatori
Meccanici, manutentori
Operatori macchinari industria tessile e confezioni
Cucitori
Tecnici di difesa ambientale
Artigiani ed operai elettricisti
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Numer
o
%
4
3
3
4
23
18
18
41
Indice
difficoltà
0,17
0,17
0,17
0,10
2
2
2
2
3
1
2
1
1
1
1
32
23
23
23
23
41
18
41
23
23
41
41
0,09
0,09
0,09
0,09
0,07
0,06
0,05
0,04
0,04
0,02
0,02
In maniera meno netta che in Toscana anche in Lombardia la classe di figure cruciale
per le imprese del sistema moda è la 6.5.4;41 seguono quindi figure tecniche di
ingegneria e vendita ad indicare una una rappresentazione del ruolo dell’impresa meno
schiacciata sulle fasi produttive di quanto emergeva nel caso toscano.42
41
15 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2;
un’altra tre.
42
Resta poco da dire sulle attività formative svolte dalle imprese lombarde dato che soltanto una impresa ha
dichiarato di avere svolto corsi di formazione e che solo due ne attiveranno in futuro.
Tabella 123.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
6.5.4
3.1.2
3.3.3.
b
7.2.6
1.2
2.5.5.
9
Indice di crucialità per le imprese lombarde del campione lavoro
Figure professionali
Operatori macchinari ind. tessile e
confezioni
tecnici in scienze dell'ingegneria
tecnici vendita, marketing
Artigiani ed operai di pelli, cuoio, calzature
Dirigenti, imprenditori
Stilisti
TOTALE
Numero
Settori Numero Indice
indica% interes- imprese cruciazioni
sati
settori
lità
7 28,0
b
18
0,39
7 28,0
6 24,0
a
a
41
41
0,17
0,15
3 12,0
1
4,0
1
4,0
c
a
a
23
41
41
0,13
0,02
0,02
25 100,
0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Il sistema moda della Ile de France
Come si è già detto in riferimento al sistema moda della Lombardia, l’analisi del
sistema moda della Ile de France è complementare e strumentale rispetto a quella
svolta in Toscana. Si è però ritenuto di fare cosa utile fornendo al lettore alcuni
elementi strutturali aggiuntivi a quelli descritti per la Lombardia. Questa è la ragione
per cui l’analisi della competitività del caso parigino è stata condotta con strumenti di
indagine in parte differenziati. Le informazioni riportate sono state desunte oltreché da
fonti ufficiali disponibili, da interviste effettuate ad un panel di testimoni privilegiati cui
è stato chiesto di illustrare punti di forza e di debolezza dell’industria nazionale della
moda, con particolare riferimento all’area di Parigi. Il caso francese presenta
innumerevoli diversità rispetto a quello toscano ed anche su questo il suo esame offre
la possibilità di valutare non solo le potenzialità competitive del sistema moda toscano
nei confronti dei concorrenti francesi, ma anche l’opportunità di riflettere su sentieri di
sviluppo su cui una parte rilevante dell'industria europea sembra essersi avviata.
I poli di specializzazione e le caratteristiche strutturali del sistema
Tutti i comparti del sistema moda da noi presi in considerazione si concentrano in
modo consistente nell’area di Parigi o comunque nell’Ile de France. In Francia, tuttavia,
esistono vari altri poli produttivi soprattutto nelle regioni: Rhone Alpes, Pays de la
Loire, Nord Pas de Calais (tabella 124).
Tabella 124.
Poli di localizzazione del sistema moda francese
Pellicceria
Parigi e Ile de France
(50% della produzione
nazionale)
Pays de la Loire
Maglieria
Parigi
Calzature
Parigi e Ile de France
Abbigliamento
Parigi e Ile de
France
Bretagna
Rhone Alpes
Rhone Alpes
Roanne
Cholet (Pays de la
Loire) (40% della
produzione nazionale)
Aquitaine (calzature
per bambini)
Nord Pas de Calais
Nord Pas de
Calais
Pays de la
Loire
Il comparto dell’abbigliamento, il più consistente del sistema moda francese, occupa il
terzo posto in Europa sia in termini di addetti che di volume d’affari.
Tabella 125.
Addetti al settore dell’abbigliamento (valori in migliaia)
Paesi
Italia
Francia
Germania
Spagna
Portogallo
Grecia
Belgio
1974
1980
216
219
374
14
83
1993
169
259
248
135
35
49
152
150
150
133
121
34
21
Fonte: Grau (1996)
Le informazioni rilevate sulla struttura dei comparti del sistema moda francese ci
consentono di sostenere che:
1. alcuni comparti del sistema (in particolare, l’abbigliamento, la pelletteria e la
maglieria) si caratterizzano per la presenza di una forte “polarizzazione”: da un
lato, le “grandi case” e, dall’altro, piccolissime imprese (al di sotto dei 10 addetti)
che producono o per fasce di mercato medio-basse o in conto terzi per le prime;
2. nel caso della pellicceria, è netta la prevalenza della piccola dimensione di impresa.
Le unità produttive di classe dimensionale compresa tra i 20 e i 40 addetti sono,
infatti, in tutta la Francia, circa un centinaio. Le altre imprese del settore sono tutte
al di sotto di tale soglia dimensionale. Anche in questo caso, tuttavia, nella fascia
alta del settore, la concentrazione è elevata: le prime 4 imprese del comparto
producono da sole il 59% del fatturato totale; le prime 10 l’80% della produzione
complessiva e l’89% del fatturato export;
3. nel settore calzaturiero, invece, la distribuzione delle imprese per classe
dimensionale risulta leggermente più omogenea che negli altri comparti. Va
sottolineato, infatti, che le prime 50 imprese del settore producono il 40% del
fatturato complessivo ed hanno, mediamente, più di 200 addetti. Oltre il 60% delle
unità produttive ha invece una dimensione occupazionale medio-piccola, ma questa
generalmente non scende al di sotto dei 20 addetti.
Il settore dell’abbigliamento merita un approfondimento particolare perché in esso
operano tre diverse tipologie di impresa: (i) i “donneurs d’ordres” che commissionano
a sub-fornitori le fasi produttive e si occupano esclusivamente della progettazione e
della commercializzazione dei prodotti; (ii) i “sons-traitants façonniers”, cioè i sub-
fornitori conto/terzisti; (iii) i “confectionneurs” che sono, invece, imprese verticalmente
integrate.
L’abbigliamento, inoltre, risulta un caso peculiare anche a causa dell’esistenza e della
rilevanza del Sentier, un quartiere di Parigi dove si concentrano migliaia di piccole
imprese, per lo più specializzate nel prét a portér femminile (al Sentier spetta il 10%
della produzione francese del settore tessile-abbigliamento e il 40% del prét a portér
femminile). Qui si registrano elevati tassi di nati-mortalità ed un elevato turn-over (la
maggior parte delle imprese non ha più di 10 anni); si verificano inoltre numerosi casi
di irregolarità (evasioni fiscali, condizioni di lavoro irregolari, impiego di immigrati
clandestini, ecc.).
I mercati di sbocco
I mercati di sbocco dell’industria francese della moda sono prevalentemente costituiti
dai paesi dell’Unione Europea, dagli USA, dal Canada e da mercati orientali (soprattutto
Giappone e Hong Kong).
Le tendenze evidenziate sono verso un incremento delle esportazioni dirette ai paesi
dell’est (nel caso della pellicceria), asiatici, medio-orientali e dell’America latina (nel
caso dell’abbigliamento). In generale, tuttavia, vengono considerate in crescita
soprattutto le esportazioni verso l’Asia perché si ritiene in declino il predominio di cui,
su tale mercato, hanno finora goduto l’Italia e la Germania. Da rilevare, inoltre, che il
rapporto esportazioni/importazioni, molto alto nel caso della pelletteria (149%), è
fortemente diminuito nel caso dell’abbigliamento (104% nel 1990, 59% nel 1993).
Viene sottolineato, infine, che le esportazioni sono prevalentemente costituite, al
contrario di quanto accade per le vendite sul mercato interno, da prodotti destinati a
fasce di mercato medie e medio-alte.
L’organizzazione produttiva e le conseguenze della delocalizzazione
Il dato più interessante emerso con riferimento all’organizzazione produttiva è
costituito dal fatto che in quasi tutti i comparti del sistema moda si è registrato, negli
ultimi 10-15 anni, un fortissimo decentramento produttivo verso paesi esteri (prima
verso il Portogallo, poi verso i paesi del Maghreb, dell’Europa dell’Est e infine verso il
Madagascar). I testimoni contattati sottolineano, però, che il traffico di
perfezionamento passivo (TPP) sta ormai diminuendo perché al decentramento
produttivo si stanno sostituendo in modo sempre più consistente scelte di
delocalizzazione (cioè di investimenti produttivi diretti all’estero).
Le cause di questa spinta tendenza al decentramento produttivo all’estero, prima, e
alla delocalizzazione, poi, sono diverse:
1. la crescente concorrenza di prezzo da parte dei paesi asiatici (sulle fasce di mercato
medio-basse) e di altri paesi europei, con valute più deprezzate, sulle fasce medioalte (al riguardo, gli intervistati sottolineano che gli effetti più devastanti della
concorrenza si sono avuti nelle aree specializzate in produzioni destinate alla fascia
medio-bassa del mercato - ad esempio, la regione Midi Pyrenée - dove si è assistito
al quasi totale azzeramento della produzione locale);
2. l’assenza di politiche esplicitamente finalizzate al sostegno dell’industria della moda
e del “made in France”;
3. le caratteristiche strutturali dei comparti del sistema moda, dove, come già detto, è
forte la presenza della piccola impresa che generalmente risulta, anche in Francia,
poco innovativa. Gli intervistati sottolineano che l’innovazione tecnologica, di
processo o di prodotto, è consistente solo nelle imprese maggiori o in quelle che
producono in conto terzi per le grandi case o per stilisti famosi. In tutti gli altri casi,
nel corso degli ultimi anni, l’adozione di innovazioni e l’attività di investimento in
macchinari sono state estremamente contenute. Le uniche eccezioni sono costituite
dal comparto della maglieria e da quello delle calzature che, nel corso degli anni
‘90, hanno realizzato consistenti investimenti in macchinari (in particolare nella
maglieria donna) e introdotto rilevanti innovazioni di processo (CAD e taglio laser
nelle calzature);
4. il tipo di specializzazione produttiva prevalente in alcuni comparti (si pensi ad
esempio, al prét a portér) che non ha messo l’industria locale al riparo dalla
concorrenza di prezzo dei paesi a più basso costo del lavoro (tabella 126) perché,
in tali tipi di produzioni non è importante tanto l’innovazione, quanto piuttosto la
creatività che può derivare anche da fenomeni di imitazione/adattamento.
Tabella 126.
Costo orario del lavoro nell’industria dell’abbigliamento (in $ Usa,
salari e benefici sociali)
Paesi
Norvegia
Germania
Francia
Italia
Giappone
Regno Unito
USA
Grecia
Taiwan
Hong Kong
Turchia
Singapore
Portogallo
Corea del Sud
Ungheria
Tunisia
Messico
Marocco
Brasile
Tailandia
Repubblica Dominicana
Polonia
Sri Lanka
Indonesia
India
Pakistan
Vietnam
Romania
Cina
Bangladesh
1990
1991
16,37
7,23
12,52
12,50
6,34
8,02
6,56
4,33
3,41
3,05
1,35
2,43
2,30
2,46
0,92
1,46
0,92
0,92
0,98
0,63
0,67
0,50
0,24
0,16
0,33
0,24
1,73
0,26
-
1993
15,92
14,81
12,41
13,50
7,44
7,99
6,77
4,26
3,74
3,39
2,31
2,72
2,65
2,75
1,19
1,46
1,17
0,99
0,76
0,59
0,64
0,42
0,39
0,18
0,25
0,24
0,55
0,24
-
18,09
17,22
14,84
12,31
10,64
8,42
8,13
5,85
4,61
3,85
3,29
3,06
3,03
2,71
1,62
1,54
1,08
1,06
0,73
0,71
0,44
0,35
0,28
0,27
0,27
0,26
0,25
0,25
0,16
Fonte: Grau (1996).
Il decentramento produttivo all’estero e la delocalizzazione rappresentano, quindi, una
risposta difensiva del sistema che ha peraltro consentito di recuperare margini di
competitività.
Tuttavia, i risultati delle interviste effettuate mettono in rilievo anche gli effetti negativi
derivati dalla scelta effettuata di spostare all’estero le fasi più direttamente produttive
e cioè:
- la perdita di manodopera qualificata;
- l’accentuata standardizzazione della produzione e la conseguente perdita di
creatività;
- il forte decremento occupazionale registrato dall’intero sistema.
Il sostegno pubblico
Come già sottolineato, in Francia, non esistono specifiche politiche pubbliche (nazionali
o locali) a sostegno del sistema moda e ciò risulta del resto coerente con le scelte di
politica industriale adottate a livello centrale, da sempre orientate verso il sostegno dei
cosiddetti “grandi campioni”.
Le Associazioni di categoria (Fédération Metiers de la Furrure, per la pellicceria;
Fédération Française de l’Industrie de la Maille, per la maglieria; Fédération National de
l’Industrie de la Chaussure, per le calzature; ecc.) svolgono attività di promozione e
offrono, come in Italia, alcuni servizi di base. Per la pelletteria e le calzature, è stata
però segnalata l’esistenza del Centre Tecnique de Cuir che opera con successo nel
campo del trasferimento delle tecnologie.
Va inoltre sottolineato che si registrano carenze preoccupanti dal lato della formazione
professionale. L’offerta di formazione specifica per il settore moda è infatti molto
ampia, ma qualitativamente eterogenea. Conseguentemente, gli intervistati
sostengono che: a) la carenza di manodopera qualificata non viene adeguatamente
colmata dagli istituti di formazione esistenti; b) andrebbero considerevolmente
ampliate le iniziative formative rivolte agli imprenditori (che, come spesso avviene in
Italia, sono generalmente molto ben preparati sugli aspetti tecnico-produttivi, ma non
su quelli gestionali/organizzativi) e ai tecnici (attualmente quasi esclusivamente
formati dai fornitori - per lo più stranieri - di macchinari).
I problemi attuali
Ai problemi già evidenziati (forte decremento degli addetti, carenza di manodopera
qualificata, tendenza alla standardizzazione della produzione, forte decentramento
produttivo all’estero) si aggiunge il fatto che il tipo di distribuzione prevalente (Catene
Specializzate e Grande Distribuzione, tabella 127) sta inducendo le imprese a
specializzarsi in produzioni destinate alla fascia medio-bassa del mercato interno.
Questo naturalmente costituisce un serio vincolo allo sviluppo del sistema moda
francese perché, proprio su tale fascia, è più forte la concorrenza di paesi che possono
contare su un più basso costo del lavoro e su normative relative alla sicurezza del
lavoro o all’ambiente molto meno rigide di quelle vigenti in Francia.
Tabella 127.
Ripartizione
distributivo – Francia (%)
Circuito distributivo
Magazzini indipendenti
Catene specializzate
Iper e supermercati
Vendita per corrispondenza
Mercati e fiere
Grandi magazzini
Magazzini popolari
Altri circuiti
dei
consumi
1985
37,9
12,6
15,8
11,7
6,7
6,5
3,3
5,4
di
beni
1990
34,1
17,7
17,9
12,1
6,1
5,7
2,5
4,0
d’abbigliamento
1993
29,8
21,4
18,5
14,1
5,4
5,1
2,1
3,6
per
circuito
1994
27,9
24,3
19,2
13,7
5,0
4,8
2,0
3,1
Fonte: Grau (1996).
La sopravvivenza delle imprese minori è inoltre minacciata dal fatto che le catene
Specializzate (PROMOD, PINKIE, ETAM) o la grande distribuzione costituiscono
referenti contrattualmente troppo forti che generalmente, oltre al prezzo, impongono
pesanti condizioni di lavoro: un rinnovo rapidissimo dei prodotti (anche 10 volte l’anno
perché esiste un sistema informatizzato di monitoraggio delle variazioni della domanda
a partire dalle casse dei negozi) e tempi di consegna strettissimi (1 o 2 settimane).
A tutti i problemi finora evidenziati si aggiunga, infine, il segnalato declino relativo
dell’importanza di Parigi quale polo espositivo. Le imprese del sistema moda francese
partecipano per lo più a fiere che si tengono a Parigi, Milano e Francoforte. Le fiere
parigine più “gettonate” risultano il SEM, il MIDEC (Mode International de la
Chaussure), il PAC (Présélection Articles Chaussements), il Salon du PAP Féminin e
Masculin, e così via. Molti rilevano, tuttavia, che le fiere parigine non risultano
sufficientemente frequentate da operatori stranieri e che “Parigi rimane un laboratorio,
ma gli affari si fanno a Milano”.
Punti di forza e di debolezza
Da sottolineare, infine, che tra i punti di forza del sistema, a differenza di quanto
rilevato sia in Toscana che in Lombardia, non viene segnalata la qualità del prodotto e
vengono invece indicati lo stile, la gamma, la flessibilità produttiva ed i servizi offerti,
in particolare in termini di distribuzione e di tempi di consegna. I principali punti di
debolezza sono invece individuati nella già ricordata scarsa capacità innovativa delle
imprese, nel rapporto qualità/prezzo e nei tempi di pagamento accordati.
La domanda di lavoro
Nell’area di Parigi sono state intervistete 36 imprese.43 Le imprese del campione sono
nella quasi totalità società di capitali (responsabilità limitata, e società per azioni).
Nessuna delle imprese prevede di cambiare in futuro la propria forma societaria. La
loro età media è di 13 anni, la dimensione media è di 31 addetti. Il fatturato medio del
1996 è stato di 45,3 milioni di franchi, circa 13,3 miliardi di lire; esso è previsto in
forte crescita per il 1997 (+17,2). Le imprese con più di una unità locale sono il 41,7%
del campione; mentre appartengono ad un gruppo nazionale o internazionale il 16,7%.
Anche in questo caso, come in Toscana e in Lombardia, le imprese si considerano in
rapida fase di innovazione: il 66,7% dichiara di aver introdotto recentemente
innovazioni di prodotto; un altro 8,3% dichiara di avere introdotto innovazioni di
processo, ed il 16,7% di aver introdotto innovazioni sia di processo che di prodotto. In
complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo
rappresentano appena l’8,3%, contro il 32,3% della Toscana ed il 45% della
Lombardia. D’altra parte il 75% delle imprese ha dichiarato di non avere affrontato
spese per Ricerca e Sviluppo.
Tipologie di impresa
Oltre l’80% delle imprese intervistate lavorano completamente in conto proprio; il
restante 20% lavora esclusivamente in conto terzi. Tutte si avvalgono di subfornitori
per le fasi produttive. Nessuna dichiara di avvalersi di servizi esterni diversi dalla
produzione.44
Tabella 128.
Posizionamento delle imprese francesi del campione lavoro
Capofila
Numero imprese
Totale
di cui con
subfornitrici
30
100,0
Subfornitrici 1° livello
Totale
di cui con
subfornitrici
6
6
16,7
48,0
Valore assoluto
30
%
83,3
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Tutte le imprese capofila che si sono intervistate possono essere classificate nella
tipologia di impresa che si è chiamata modello 1. Rispetto a quel modello le imprese
parigine accentuano la caratterizzazione di imprese legate alla fase del design e dei
rapporti con i mercati di sbocco e delle materie prime. Si tratta in sostanza di capofila
che acquisiscono ordini, acquistano la materia prima e disegnano il prodotto
43
Le difficoltà incontrare nella ricerca sul campo sono da attribuire a fattori diversi: spesso le imprese hanno
percepito l’intervista come uno strumento a favore della temibile concorrenza italiana e in molti casi hanno
fatto notare di soffrire di un sovraccarico di richieste di informazioni per ricerche di mercato e l’inusualità
dello strumento dell’intervista diretta.
44
Il risultato non convince completamente. E’ plausibile ritenere che la risposta generica di non avvalersi di
servizi esterni riguardi fasi contigue al processo produttivo come marketing etc.; mentre in realtà continuino a
usare servizi esterni per esempio per le questioni legali.
demandando ad altri tutte le fasi di produzione e nella quasi totalità dei casi anche la
realizzazione dei prototipi e l’ingegnerizzazione dei prodotti. Esse rappresentano di
fatto l’anello di congiunzione tra i mercati di sbocco e delle materie prime, e strutture
produttive più o meno complesse -che a loro volta si avvalgono di strutture di
subfornitura spesso localizzate come si è visto in paesi a basso costo del lavoro-.
Tutte le imprese subfornitrici possono invece essere classificate nel modello 6 visto in
Lombardia: imprese che svolgono tutte le fasi del ciclo produttivo, anche quelle a
maggior valore aggiunto, proponendo alla capofila un prodotto da loro interamente
realizzato. Queste imprese, che hanno anche reparti produttivi interni dove vengono
svolte le fasi strettamente produttive a maggior valore aggiunto - sicuramente la
costruzione dei prototipi e la campionatura -, si rivolgono ad ulteriori livelli di subfornitura per la realizzazione della serie.
La domanda di lavoro
Come risulta dalla tabella 129 -i cui dati devono comunque essere considerati con
moltissime cautele- le imprese intervistate nell’area di Parigi hanno creato nel 1995 0,3
posti di lavoro ogni 100 addetti. Il 1996 è stato invece un anno particolarmente
positivo con 12,9 posti creati per cento addetti.
Tabella 129.
Addetti, assunzioni,
francesi del campione lavoro
Anno
Addetti
Assunzioni
1995
650
1996
744
1995744
1996
Fonte: elaborazioni Ciriec.
8
102
110
uscite,
Uscite
6
8
14
turn-over,
saldo:
1995-1996,
TurnTasso %
Saldo
over
turn-over
14
2
2,2
110
94
14,8
124
96
16,7
imprese
Posti creati per
100 addetti
0,3
12,6
12,9
* i dati si riferiscono alle 24 imprese che hanno risposto.
Si tratta di un risultato che esagera una tendenza reale: una crescita modesta del
numero degli occupati tra 1994 e 1995; ed una crescita più accentuata tra 1995 e
1996. Se si considera un sottoinsieme di 33 imprese della haute couture si può notare
la crescita della dimensione media in termini di addetti che passa da 107,1 nel 1994, a
108,7 nel 1995, a 119,1 nel 1996.45 L’andamento positivo rilevato è da attribuire
completamente alle imprese classificate come capofila, dato che le imprese conto terzi,
sia nel 1995 che nel 1996 hanno saldo nullo tra entrate ed uscite.
Tabella 130.
Addetti, assunzioni,
francesi capofila del campione lavoro
Anno
Addetti
Assunti
1995
592
8
1996
686
98
TOTALE
686
106
Fonte: elaborazioni Ciriec.
uscite,
Dismessi
6
4
10
Addetti
Assunti
1995
1996
TOTALE
58
58
58
0
4
4
Dismessi
0
4
4
saldo:
Tasso
Turnove
Turnove
r
r
14
2,4
102
14,9
116
16,9
Tabella 131.
Addetti, assunzioni, uscite,
francesi sub-fornitrici del campione lavoro
Anno
turn-over,
turn-over,
saldo:
Tasso
Turnove
Turnove
r
r
0
0
8
13,8
8
13,8
1995-1996,
Saldo
Posti per 100
addetti
2
94
96
0,3
13,7
14,0
1995-1996,
Saldo
imprese
imprese
Posti per 100
addetti
0
0
0
Fonte: elaborazioni Ciriec.
I dati sulla previsione delle assunzioni mostrano un quadro molto più statico. La metà
delle imprese prevede di assumere personale nei prossimi sei mesi, ma nella maggior
parte dei casi (8 su 12 imprese) non è in grado di quantificare le assunzioni che
verranno effettuate. L’altro 50% delle imprese manterrà l’organico attuale. In
complesso comunque il risultato non è diverso da quello rilevato in Toscana e in
Lombardia: il numero di assunzioni previste è poco meno dell’8% di quelle effettuate
nel corso del solo 1996, ed i posti vacanti sono l’1,1% degli addetti.
45
Nostre elaborazioni su dati CCF.
0
0
0
Le imprese che prevedono di assumere considerano questa decisione legata alla
propria strategia - ampliamento capacità (44,4%) -, alla variazione positiva degli
ordinativi (44,4%) e solo in misura minore a necessità di sostituzione di personale in
uscita (11,2%). Le imprese che prevedono di mantenere l’organico stabile legano la
decisione principalmente alla previsione di stabilità del fatturato (57,1%); le restanti
imprese sembrano avere maggiori difficoltà poiché dichiarano di non ridurre l’organico
nelle condizioni di domanda attuali. Un’indicazione importante può essere ricavata dalla
seguente constatazione: nessuna delle imprese che ha dichiarato di non assumere né
ridurre spiega questo atteggiamento con la preferenza accordata all’esternalizzazione
di fasi e funzioni. Ciò può dipendere dal fatto che il sistema di subfornitura è così
stabile e strutturato da non poter offrire ulteriori elementi di flessibilità alla struttura
produttiva; oppure che le imprese non considerano l’esternalizzazione uno strumento
di flessibilità produttiva, poiché la loro struttura organizzativa è tale da non
permetterne l’uso. L’analisi della struttura funzionale delle imprese sembra favorevole
a questa seconda ipotesi: queste hanno attivato al loro interno le funzioni strategiche
principali mentre la produzione è quasi completamente esternalizzata; esternalizzare
funzioni strategiche potrebbe significare la perdita dei vantaggi competitivi di cui si è in
possesso.
Le forme contrattuali
Lo stock degli occupati è inquadrato pressoché totalmente con contratto a tempo
indeterminato. Tale quota si riduce nei flussi pur restando superiore all’80%, e si
riduce ancora di più nelle previsioni dove scende al 66,7%. L’unica forma contrattuale
atipica di un qualche interesse, come si può notare dalla tabella 132, è il tempo
determinato che nelle previsioni è l’unico strumento di flessibilità utilizzato dalle
imprese.
Tabella 132.
Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle
imprese francesi del campione lavoro (%)
Tipo di contratto
Tempo determinato
Part time
A domicilio
A cottimo
Collaborazione
Altro
Tempo indeterminato
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Dipendenti
Assunti 95/96
1,6
0
0
0,3
0
0
98,1
100,0
7,4
0
0
3,7
1,9
3,7
83,3
100,0
Assunzioni
previste
33,3
0
0
0
0
0
66,7
100,0
Figura 15. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Dipendenti
Assunti 95/96
o
de
te
rm
in
ltr
A
zi
la
Te
m
po
in
ol
C
Te
m
at
o
e
on
o
bo
ra
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co
A
A
do
m
ic
ili
m
o
e
im
tt
ar
P
po
de
te
rm
in
at
o
Assunzioni previste
A differenza di quanto si è visto in Toscana e in Lombardia, gli addetti delle imprese
intervistate nell'Ile de France sono equamente suddivisi tra maschi e femmine
(51,3%). Questo può essere spiegato considerando, come si vedrà meglio tra breve,
che si tratta di imprese che non svolgono attività direttamente produttive, quelle nelle
quali in Italia era preponderante la presenza femminile.
La struttura per inquadramento contrattuale è centrata su inquadramenti relativi a
impiegati, quadri e dirigenti che nel complesso rappresentano il 75,3% dei dipendenti.
Gli operai rappresentano appena il 12% dei dipendenti.
Tabella 133.
Dipendenti delle
inquadramento contrattuale (%)
imprese
Inquadramento contrattuale
Dirigenti
Direttivi, quadri
Impiegati
Categorie speciali (intermedi)
Capi operai
Operai specializzati
Operai comuni
Apprendisti
Altro
Totale dipendenti
Imprenditori
Familiari coadiuvanti
Totale indipendenti
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
francesi
del
campione
lavoro
Totale
8,8
9,9
60,8
0,0
1,1
7,7
1,7
2,8
5,5
98,3
1,7
0,0
1,7
100,0
La disaggregazione per area funzionale e sesso non mette in luce alcuna particolare
polarizzazione della manodopera femminile in specifiche aree funzionali come avveniva
in Toscana e Lombardia.
per
Tabella 134.
Dipendenti delle imprese francesi del campione lavoro per area
funzionale e sesso (%)
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema inf., CED
Progettazione, R&S
Qualità
Vendite, marketing, assistenza post-vendita
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
Altri servizi
Totale complessivo
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Maschi
11,9
20,9
3,0
0,0
7,5
0,0
52,2
1,5
0,0
3,0
0,0
100,0
Femmine
4,5
25,8
3,0
0,0
3,0
0,0
54,5
3,0
0,0
6,1
0,0
100,0
I titoli di studio
La struttura degli occupati per titolo di studio è molto diversa rispetto a quella
riscontrata in Lombardia e in Toscana. Come si può notare oltre i _ degli addetti è in
possesso di un diploma; tale quota sale al 90% tra gli assunti. Non sono presenti
laureati né nello stock né tra gli assunti recenti, ma le previsioni di assunzione
riguardano per il 16,7% personale in possesso di un triennio universitario. Questa
situazione è naturalmente una conseguenza dei differenti livelli di scolarità complessiva
della forza lavoro di Italia e Francia, ma è anche significativa di funzioni diverse
attivate all’interno delle imprese.
Tabella 135.
Addetti, assunti, previsti delle imprese francesi del campione lavoro
per titolo di studio (%)
Titolo di studio
Elementare
Media
Diploma
Laurea
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Addetti
Assunti
1,2
22,6
76,2
0,0
100,0
Previsioni
1,9
9,3
88,9
0,0
100,0
0
5,5
77,8
16,7*
100,0
* DEA universitario.
Figura 16. Addetti, assunti, previsti delle imprese francesi del campione lavoro per
100,0
90,0
80,0
70,0
60,0
Addetti
50,0
Assunti
40,0
Previsioni
30,0
20,0
10,0
0,0
Elementare
Media
Diploma
Laurea
titolo di studio
Le aree funzionali
L’analisi per area funzionale mette in luce in modo molto netto la distanza tra le
imprese intervistate a Parigi e quelle toscane e lombarde. La produzione pesa per
appena il 4,5% degli addetti contro il 75% circa di Toscana e Lombardia; oltre la metà
degli addetti svolge attività relative alla vendita, al marketing e all’assistenza postvendita; ed un altro 25% circa è occupato in attività relative alla gestione d’impresa.
La funzione di progettazione e R&S occupa una quota di addetti -5,3% - maggiore
rispetto a Toscana e Lombardia . Questa caratterizzazione delle imprese parigine si
accentua se si considerano i dati relativi alle sole imprese capofila.46
46
Per le subfornitrici i dati rilevati non sono attendibili.
Tabella 136.
funzionale (%)
Addetti delle imprese francesi capofila del campione lavoro per area
Area funzionale
Direzione
Amministrazione, finanza, controllo gestione
Risorse umane
Sistema inf., CED
Progettazione, R&S
Vendite Marketing Assistenza post-vendita
Qualità
Acquisto materiale
Attività tecniche di produzione
Produzione
altri servizi
Totale complessivo
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Totale
Capofila
8,3
23,3
3,0
0,0
5,3
53,4
0,0
2,3
0,0
4,5
0,0
100,0
7,8
16,4
3,4
0,0
6,0
59,5
0,0
2,6
0,0
4,3
0,0
100,0
La decisione di assumere
Le grandi differenze viste in precedenza relative alla struttura occupazionale delle
imprese parigine rispetto alle italiane scompare completamente in rapporto alla
ricostruzione delle strategie di assunzione offerta dagli imprenditori. Si è visto il
prevalere di ragioni strategiche nella programmazione delle assunzioni, a questo non
corrisponde però un ampliamento dell’orizzonte temporale in cui vengono prese le
decisioni. Gli intervistati affermano in più della metà dei casi di avere assunto con una
programmazione inferiore ai tre mesi; circa il 91% delle imprese ha operato in un
orizzonte inferiore a sei mesi e tutte entro i 12 mesi. Tutte le imprese che prevedono di
assumere lo faranno invece nei prossimi sei mesi.
Tabella 137.
lavoro (%)
La programmazione delle assunzioni delle imprese francesi del campione
Tempo di programmazione
Inferiore a 3 mesi
3 mesi
6 mesi
12 mesi
24 mesi
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
% su numero di risposte
54,5
27,3
9,1
9,1
0
100,0
cumulata
54,5
81,8
90,9
100,0
100,0
ite
nd
Ve
he
ic
cn
te
tri
al
i
iz
rv
se
ne
io
uz
od
ne
io
uz
od
le
ia
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at
m
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di
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C
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st
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e,
f.,
in
e
an
um
on
zi
ta
et
en
st
si
As
ità
tiv
At
g
tin
ke
ar
M
og
Pr
a
em
st
si
se
or
ris
ne
io
st
Figura 17. Addetti delle imprese francesi capofila del campione lavoro per area funzionale
% totale
% capofila
La modalità di selezione del personale appare anche nell’area di Parigi spostate su
procedure informali quali la segnalazione (40%) - in maniera anche più accentuata
rispetto a Toscana e Lombardia - e sulla selezione diretta (30%); maggiore peso che in
Italia è assunto dal collocamento pubblico (13,3%). Si ricorre ai consulenti nel 6,5%
dei casi; una percentuale del tutto simile ricorre al reclutamento attraverso i contatti
diretti con la scuola.
La decisione di assumere è presa nella gran parte dei casi (70%) a livello di un organo
di decisione collegiale - comitato di direzione -; nel restante 30% dei casi è
direttamente il titolare a decidere.
Il fabbisogno professionale
Per quanto riguarda il fabbisogno professionale le imprese intervistate non sono state
in grado di fornire un livello di informazione tale da permettere la costruzione dei
quattro indici già utilizzati, ma soltanto dell’indice di previsione e di difficoltà di
reperimento. Le informazioni che si sono potute raccogliere sono però indicative di
comportamenti nettamente differenziati rispetto alle due regioni italiane.
Le previsioni di assunzione mostra la centralità di figure professionali intermedie, che
nelle classifiche relative alle imprese toscane e lombarde erano emerse solo
secondariamente: il 66,7% delle figure segnalate appartiene infatti al grande gruppo
delle professioni intermedie (3) In particolare il 66,7% delle imprese che dichiara di
assumere è interessata a personale con competenze tecniche da adibire a funzioni di
addetto acquisti (3.3.3/b). Il 16,7% è interessata ad assumere stilisti; ed anche le
figure operaie indicate - modellisti - (6.5.3) riguardano una delle fasi a più alto valore
aggiunte del ciclo produttivo.
Tabella 138.
(ISTAT 3 cifre)
Cod.
Indice
di
previsione
Figure professionali
2.5.5.9
3.1.2
3.3.3/a
3.3.3/b
3.3.4
6.5.3
Stilisti
Responsabile produzione
Tecnici vendita, marketing, P. R.
Resp. mag. E acq.
Rappresentanti
Modellisti
TOTALE
Fonte: elaborazioni Ciriec.
nelle
imprese
settori
interessati
b
c
a
a
a
b
francesi
indicazioni
2
2
2
8
2
2
18
del
campiona
Imprese
rispondoNo
12
12
12
12
12
12
lavoro
indice
previsione
0,17
0,17
0,17
0,67
0,17
0,17
Le indicazioni legate alla difficoltà di reperimento hanno riguardato anch’esse
soprattutto figure professionali intermedie, quando, come si ricorderà, soprattutto in
Toscana era evidente una forte concentrazione su figure di produzione. La maggiore
concentrazione si risposte si ha su figure del grande gruppo 2.
Tabella 139.
Difficoltà reperimento figure professionali nelle imprese francesi del
campione lavoro (ISTAT 2 cifre)
Cod.
2.5
3.1
3.3
4.1
6.5
Figure professionali
Specialisti in scienze dell'uomo
Tecnici in scienze quantitative, fisiche naturali
Tecnici di ufficio
Impiegati di ufficio
Artigiani e operai tessile, abbigliamento, pelli e
cuoio
TOTALE
Numero
Indicazioni
5
1
3
2
3
%
su 11 imprese
45,5
9,1
27,3
18,2
27,3
14
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Si tratta di stilisti, come si può notare dalla tabella 140, cui è associato l’indice di
difficoltà più alto. Seguono figure intermedie relative a funzioni commerciali, di
marketing e di post-vendita, e solo in terza posizione le imprese indicano difficoltà nel
reperire figure operaie, comunque legate a fasi ad alto valore aggiunto.
Tabella 140.
Indice di difficoltà nel reperimento delle figure professionali nelle
imprese francesi del campione lavoro (ISTAT 3 cifre)
cod.
Figure professionali
2.5.5. Stilisti
9
6.5.3 Artigiani e operai tessile e
abbigliamento
3.3.3/ Tecnici vendita, marketing
b
4.1.2 Impiegati amministrativi e di controllo
3.1.2 Tecnici in scienze ingegneria
3.3.3/ Responsabili magazzino e acquisti
a
TOTALE
Sett.
interessat
i
a
Numero
Indicazioni
Numero
Imprese
Indice di
difficoltà
5
12
0,42
b
3
10
0,30
a
2
12
0,17
a
a
a
2
1
1
12
12
12
0,17
0,08
0,08
14
Fonte: elaborazioni Ciriec.
Le imprese intervistate hanno fatto ricorso alla formazione in pochissimi casi (solo
l’8,3% delle imprese dichiara di avere svolto corsi di formazione), mentre la metà
hanno attivato al loro interno stage formativi. Da notare infine come sia molto più
diffusa che tra le imprese toscane e lombarde la richiesta di precedenti esperienze
lavorative.
Sintesi e indicazioni di policy
Il cosiddetto processo di globalizzazione delle economie ha provocato effetti profondi
sull’industria della moda italiana ed europea. E’ anche vero, però, che un decennio di
forte competizione a livello internazionale ha già determinato un processo selettivo da
cui sono emersi come protagonisti sia dei competitori globali, tra cui alcune imprese
italiane, sia dei veri e propri sistemi di piccola impresa.
Proprio l’intensità delle trasformazioni in atto induce a tentare di ricostruire la dinamica
odierna attraverso la descrizione di differenti modelli economico-produttivi, individuati
nel corso dell’indagine, e l’analisi degli ambienti competitivi entro cui essi si misurano.
Il punto di arrivo è l’individuazione di alcuni possibili ambiti di intervento strategico, al
fine di contribuire ad orientare l’evoluzione dell’industria della moda toscana, tuttora
fonte non secondaria di occupazione.
Modelli competitivi
L’analisi dei differenti insiemi di unità produttive che compongono l’industria
della moda italiana e francese ha consentito di enucleare proprietà strutturali che
differenziano tre aggregati economico-produttivi. Le proprietà si traducono in distinti
modelli di funzionamento e profili competitivi, ma bisogna sottolineare che le differenze
sono molto più nette tra l’industria francese e le altre due che fra queste ultime.
Il punto di partenza della presente esposizione dei risultati conoscitivi acquisiti è
la descrizione sintetica di tre sistemi produttivi.
Nel sistema toscano un elevato grado di prossimità territoriale tra sub-fornitori
e committenti è alla base di aree integrate di piccola impresa a livello locale
(provinciale e sub-provinciale). Sono altresì individuabili cinque modelli di impresa
(vedi paragrafo 4.2.1), all’interno di un sistema complessivo essenzialmente composto
di due sub-sistemi: 1) un insieme di realtà gravitanti su un ristretto numero di imprese
medio-grandi, che competono a livello internazionale; 2) un micro-universo delle
piccole imprese produttrici di beni in conto proprio e in conto-terzi, che operano
attraverso molteplici circuiti e flussi economico-mercantili.
I due sub-sistemi hanno ottenuto nel periodo recente performances molto
differenti: alti tassi di sviluppo il primo; nel complesso soddisfacenti -pur dopo un
drastico processo selettivo- gli indicatori per il secondo.
Una proprietà importante del sistema toscano è la elevata flessibilità produttiva,
ottenuta grazie ad una scomposizione del ciclo in un ambito circoscritto. La
distribuzione in una o più aree delimitate delle sequenze di fasi produttive ha permesso
il tempestivo adattamento ad una domanda variabile di un modello operativo,
incentrato sulla produzione di piccoli lotti di livello qualitativo medio-alto.
Flessibilità ed adattamento si sono coniugati con particolari modalità di
interrelazioni aziendali, in quanto la necessità di adeguamento alle esigenze del
mercato hanno indotto una configurazione settoriale basata su relazioni stabili nel
tempo, ma non estese a forme di profonda collaborazione in campo tecnico-produttivo.
L’addensamento localizzato di aziende ha infatti favorito la diffusione di rapporti
informali e mutevoli, mirati esclusivamente sul soddisfacimento di singole commesse.
La ricerca di rapporti meno formalizzati, invece della creazione di gruppi formalizzati,
ha però alimentato una dinamica tecnico-economica piuttosto vivace se, come risulta
dall’indagine, le imprese stanno esercitando un apprezzabile sforzo innovativo
(sviluppo di nuovi modelli/disegni, ricerca di nuovi materiali) in seguito alla pressione
competitiva dei paesi a basso costo del lavoro. Un elemento da rimarcare, infine, è il
livello elevato di produttività del lavoro, raggiunto in passato e previsto per il futuro da
un tessuto produttivo con le indicate proprietà, a cui vanno aggiunte altre due
caratteristiche: 1) carattere locale dell’elaborazione delle conoscenze e dei circuiti
informativi tecnico-professionali; 2) consistente ricorso a servizi esterni alle imprese
soprattutto per quanto riguarda i servizi amministrativi (finanziari e di gestione).
Il sistema moda lombardo presenta alcune proprietà differenti da quelle del
sistema toscano, a cui è peraltro accomunato da un alto ricorso al decentramento
produttivo, al fine di fronteggiare la variabilità della domanda. L’elemento distintivo è
però costituito dal minore radicamento territoriale della sequenza di fasi del ciclo
economico-produttivo: la distribuzione su ampia scala (regionale, nazionale, estera)
dei sub-fornitori e delle attività o funzioni ritenute utili si è unita alla creazione di forme
di integrazione produttiva con unità sub-fornitrici soprattutto italiane, ma anche estere.
All’ampliamento dell’estensione territoriale del ciclo corrisponde la ricerca di una
maggiore integrazione strutturale ed operativa: emerge infatti una significativa
estensione del ricorso a collaborazioni stabili tra imprese sulla base non di contratti,
bensì di relazioni tecnico-produttive di ampia durata. Nell’industria della moda
lombarda è stata inoltre rilevata una minore tendenza ad esternalizzare fasi produttive;
ciò costituisce una conferma del fatto che ivi le imprese tendono ad essere meno
disintegrate di quelle toscane. E’ quindi logico ritenere in Lombardia vi sia un
differente mix di integrazione e flessibilità: ampia flessibilità territoriale nella
scomposizione delle sequenze di fasi di produzione e integrazione tecnico-produttiva
(rapporti di collaborazione tra imprese nelle fasi di livello elevato). Questo mix mostra,
infine, una più marcata propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa.
Abbiamo visto che in Toscana, invece, l’integrazione sistemica a livello di area è
unita ad una estrema flessibilità del ciclo di produzione, incentrata su forme non stabili
di relazioni interaziendali. Il mix toscano di integrazione flessibilità esprime inoltre una
più modesta propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa.
Il sistema moda francese si differenzia nettamente dagli altri due per una forte
polarizzazione tra un nucleo ristretto di grandi case ed un esteso aggregato di unità
produttive di dimensioni molto ridotte. Quest’apparato economico-produttivo,
interessato negli ultimi anni da ampi processi di decentramento e delocalizzazione
produttiva verso paesi con più basso costo del lavoro, presenta alcune proprietà
peculiari: 1) scarsa propensione innovativa, tranne che nelle imprese maggiori ed in
quelle che producono per stilisti famosi; 2) ridotta dimensione e semplicità
organizzativa della maggior parte delle unità; 3) elevata standardizzazione della
produzione; 4) progressivo impoverimento degli input di creatività nella tipologia
prevalente del prodotto (pret à porter); 5) decremento qualitativo e quantitativo della
manodopera impiegata.
La configurazione complessiva dell’industria francese della moda appare
particolarmente influenzata dalle modalità di organizzazione dell’apparato distributivo:
il progressivo consolidamento di catene specializzate e della grande distribuzione ha
evidentemente innescato la dinamica verso la specializzazione in produzioni destinate
verso target di domanda interna a modesto contenuto qualitativo.
Dalle precedenti riflessioni si può dedurre che il sistema moda francese è
fondamentalmente caratterizzato da due fenomeni congiunti: 1) delocalizzazione del
ciclo produttivo in senso stretto, fortemente ridotto a livello nazionale e distribuito in
ambito internazionale; 2) sviluppo esteso dei meccanismi distributivi, fenomeno che
possiamo definire superfetazione distributiva.
Ambiente competitivo
I due differenti mix di integrazione e flessibilità, da un lato, e le superfetazione
distributiva, dall’altro, si traducono in corrispondenti tipologie di prodotto e di modalità
competitive.
Le imprese toscane e lombarde si collocano su fasce di mercato medio-alto,
mentre la gran parte di quelle francesi si rivolgono a fasce di domanda di bassa
qualità.
Le unità toscane sono maggiormente proiettate verso i mercati esteri, dove
maggiore è la concorrenza di prezzo, ma mostrano un minor grado di innovatività e
risentono negativamente dell’assenza di una specializzazione dell’industria regionale
nella produzione di beni capitali. Caratteristiche opposte mostra invece il sistema
moda lombardo. Entrambi i micro-universi utilizzano, come meccanismi di proiezione
sui mercati, canali distributivi basati su negozi indipendenti, con i quali sono intessute
relazioni organizzative mediante un ampio apparato di agenti e rappresentanti
plurimandatari.
E’ superfluo precisare che alcune grandi unità della moda, veri e propri
competitori globali, si caratterizzano evidentemente per la capacità di attuare strategie
autonome e di impostare marketing mix verso differenti mercati. L’ampio aggregato di
imprese, riconducibili ai 6 modelli descritti nel testo, opera invece nell’ambito di un
esteso processo di frammentazione delle vendite, che esige uno sforzo organizzativo e
commerciale piuttosto elevato, ma disperso in una miriade di unità attive. Lo scenario
competitivo dipende, dunque, essenzialmente dal grado in cui il livello qualitativo del
prodotto, sul mercato interno ed estero, isola per così dire dalle pressioni competitive
dei paesi con bassi costi.
Si può ritenere che la collocazione su fasce di mercato medio-basse implichi un
inarrestabile processo di emarginazione produttiva, come dimostra l’esempio francese,
dove la superfetazione distributiva è complementare all’impoverimento della qualità
delle produzioni ed è al tempo stesso effetto della pressione concorrenziale esercitata
da produttori dei paesi emergenti.
In sintesi, quindi, nei tre sistemi della moda sono individuabili due tipologie
competitive generali: mix di integrazione-flessibilità, da un lato, superfetazione
distributiva, dall’altro. Le differenze interne al mix hanno comunque una base comune
essenziale: esiste un core tecnico-produttivo, differentemente distribuito a livello
territoriale, ma pur sempre sviluppato e progressivamente consolidato. Determinati
fattori hanno favorito la capacità di competere delle unità appartenenti ai tre insiemi:
qualità del prodotto, design, flessibilità produttiva, rapporto prezzo/qualità, gamma
dell’offerta sono i punti di forza dell’industria toscana; oltre che per i precedenti fattori
le imprese lombarde si distinguono per le innovazioni di prodotto e i tempi di
consegna; l’industria francese eccelle soprattutto nel rinnovo rapidissimo dei prodotti e
per i tempi molto stretti di consegna.
Da queste proprietà fondamentali dipendono poi gli stili competitivi
radicalmente diversi per tipologie di prodotte e ambiti concorrenziali in cui si verifica la
proiezione verso la domanda.
Le potenzialità dei modelli competitivi in uno scenario in evoluzione
Sull’orizzonte futuro dell’industria della moda italiana e toscana sembrano profilarsi
almeno tre possibili linee evolutive.
Una può essere individuata nel modello francese, cioè nella riorganizzazione
dell’apparato distributivo, con l’emergere di grandi soggetti in grado di razionalizzare i
flussi e al tempo stesso di ridurre sia i costi di vendita sia i lag temporali nella
consegna dei prodotti. Questo scenario ha però costi elevati in termini quantitativi e
qualitativi, come dimostra appunto l’esempio dell’Ile di France, dove la rete distributiva
ha avuto come pendant un depauperamento sostanziale della sfera produttiva.
Una seconda linea di possibile evoluzione può essere individuata nell’ulteriore
sviluppo ed estensione di aggregazioni semi-verticali tra imprese, in sostanza
attraverso l’ulteriore consolidamento dei grandi gruppi, da un lato, e l’estensione dei
modelli di integrazione descritti a proposito dell’industria lombarda, dall’altro. Questa
prospettiva ha qualche fondamento, ma non appare in grado di ingenerare forti
incrementi occupazionali, perché non esprime attualmente consistenti potenzialità
espansive. In altri termini, soprattutto per quanto riguarda la Toscana, i pochi
competitori globali esistenti non esercitano un’azione propulsiva verso l’intero universo
regionale della moda. E’ più probabile, invece, che essi continuino ad essere un centro
nevralgico di un sottoinsieme del sistema specialmente grazie al consolidamento di
forme stabili di relazioni interaziendali con unità selezionate all’interno della gerarchia
della sub-fornitura. In questa prospettiva le potenzialità di sviluppo, consistenti per il
sub-sistema ma limitate per l’industria della moda nel suo complesso, si fondano su
due presupposti fondamentali: 1) consolidamento e valorizzazione di livelli medio-alti
di prodotto, ottenuti mediante la specializzazione artigianale delle fasi propriamente
produttive, 2) elevata attitudine strategica nella proiezione sui mercati, basata su
strutture commerciali e marketing mix in grado di favorire dinamiche di
endogenizzazione della domanda.
La terza linea evolutiva riguarda il secondo sub-sistema dell’industria toscana,
composto di una miriade di unità distribuite su vari livelli di sub-fornitura e funzionanti
secondo differenti modelli operativi . In questo micro-universo il cuore pulsante è
l’ambito produttivo in senso stretto, mentre i flussi dei prodotti si riversano sui mercati
attraverso il processo di frammentazione delle vendite al dettaglio. Siamo dunque di
fronte ad unità con una accentuata specializzazione artigianale delle lavorazioni ed
intrinseci limiti di imprenditorialità. Le realtà aziendali cui ci riferiamo perseguono
sistematicamente la qualità, ritenuta condizione necessaria e sufficiente per incontrare
la domanda interna ed estera. L’aspetto più delicato, su cui è opportuno riflettere, è
però il seguente: il processo di frammentazione delle vendite significa di fatto una
moltiplicazione dei circuiti economico-mercantili, con punti di incontro tra offerta
(interna) e domanda (internazionale) dispersi sul territorio nazionale ed estero secondo
logiche conoscibili solo nei termini generali, ad esempio: presenza di beni storici e
monumentali; addensamenti di funzioni qualificate (aree e centri urbani); agglomerati
insediativi con particolari target di clientela (quartieri residenziali), ecc. Si pensi, a
titolo esemplificativo, all’aggregato composito di punti vendita al dettaglio dei prodotti
della moda esistenti nel centro storico di Firenze: un semplice (ed approssimato)
calcolo dei flussi di turisti organizzati ed orientati verso i negozi significa attualmente
una domanda potenziale fluttuante di grande dimensione quantitativa. Si tratta al
momento di un mondo brulicante delle più disparate iniziative economiche (reti
distributive, tour operators), che convergono nell’indirizzare domanda ed offerta, ma è
importante tenere presente che esso è un mix di prodotti di nicchia, di segmenti di
qualità medio-alta a consistente diffusione e di insiemi di beni meno pregiati.
Le potenzialità future del secondo sub-sistema dell’industria toscana della moda
dipendono in modo cruciale da quanto accadrà in tale micro-universo e dalle azioni
intraprese per introdurre in esso elementi nuovi, alla luce di due punti basilari. E’ da
escludere l’adozione del modello francese di configurazione settoriale ed appare
irrinunciabile il mantenimento della specializzazione artigianale, ancorata a competenze
e professionalità, che devono essere eventualmente rinnovate dal punto di vista
tecnologico e generazionale. Emerge però un altro punto decisivo, dato dal fatto che,
mentre i grandi gruppi sono in grado di elaborare ed attuare proprie strategie di
proiezione sui mercati, il secondo sub-sistema di imprese deve compiere un salto
qualitativo sul piano delle funzioni non direttamente produttive, se intende resistere a
pressioni competitive sul prezzo (attualmente) e sulla qualità (un futuro sempre più
vicino).
Indicazioni per le politiche
Per valutare gli ambiti per possibili interventi strategici è opportuno tenere
presente, oltre al quadro evolutivo descritto nei paragrafi precedenti, le potenzialità
occupazionali di tre aggregati economico-produttivi, esaminati nel corso dell’indagine.
Il dato più significativo emerso è che nel periodo medio-lungo l’industria
toscana della moda ha mostrato una capacità di creare occupazione chiaramente
superiore a quella dell’industria lombarda e francese. E’ stato altresì argomentato come
sia arduo ipotizzare che i tre sistemi moda possano rispondere alla sfida competitiva
internazionale mediante la creazione di un volume significativo di nuovi posti di lavoro.
Appare logico attendersi che i differenti modelli produttivi presentino specifiche
modalità di reazione alla dinamica concorrenziale, a seconda delle proprie peculiarità
strutturali. In questa prospettiva appare fondato ipotizzare che l’attitudine competitiva
delle aree locali integrate (come nel caso della Toscana), si misuri attraverso particolari
forme di flessibilità, espresse non tanto e non solo in variazioni dei volumi degli addetti
delle imprese strutturate, quanto in un una dinamica più o meno intensa di genesi e
chiusura di piccole aziende. Questo tipo di processo corrisponde alla razionalità
adattativa che contraddistingue il sub-sistema non gravitante sui grandi gruppi. E’
anche probabile che l’industria lombarda, organizzata in forme più strutturate,
persegua differenti strategie di risposta, mirate soprattutto su obiettivi di medio-lungo
periodo più che aggiustamenti tempestivi alle commesse in arrivo.
Un dato di fondo, su cui è opportuno richiamare l’attenzione ai fini di una
riflessione in tema di policy, è la differente composizione qualitativa degli addetti tra
l’industria toscana e lombarda. Nella prima prevalgono nettamente attività produttive e
quindi la manodopera è in misura preponderante caratterizzata da bagagli professionali
tecnico-pratici. Nella seconda è minore la rilevanza della sfera produttiva e -pur in
relazione ad unità con specializzazione artigianale- è piuttosto significativo il
fabbisogno di apporti e competenze essenziali per lo sviluppo di funzioni
complementari rispetto alla produzione (vendita e marketing, ingegneria della
produzione), ma strategiche in una prospettiva di competizione su nuove basi.
Dall’analisi svolta risulta, pertanto, un quadro sufficientemente definito di livelli
su cui esercitare azioni strategiche nella nostra regione.
Essendo improponibile il modello francese per le regioni più volte espresse nei
paragrafi precedenti, un primo punto da assumere è l’esigenza di salvaguardare e
rafforzare il core tecnico-produttivo del settore a livello regionale; ciò significa
attribuire centralità alla qualità delle lavorazioni, basata sullo sviluppo di lungo periodo
della specializzazione artigianale. Di qui la grande importanza potenziale di interventi
congiunti sul piano della formazione professionale e sul terreno fiscale-finanziario per
l’incentivazione di posti di lavoro ad alo contenuto qualitativo, nel senso
precedentemente indicato.
Il binomio qualità-competitività non è però garantito adeguatamente senza la
creazione di un nuovo trait d’union tra le molteplici unità appartenenti ai sub-sistemi.
Intendiamo riferirci alla necessità di stimolare l’effettuazione di un salto qualitativo di
imprenditorialità da parte di un segmento importante di imprese, che abbiamo definito
capofila. Riteniamo infatti decisivo per l’evoluzione dell’industria toscana che queste
ultime siano interessate da un processo di transizione da unità eminentemente
produttive ad insiemi più complessi di funzioni. Il passaggio ad una visione e ad un
modello di funzionamento come micro-sistemi appare essenziale per instaurare nuove
modalità operative a due livelli: 1) nei rapporti con il mercato, per il quale non è più
sufficiente produrre un bene ad alto valore aggiunto, ma occorre perseguire strategie
sistematiche di proiezione mediante alleanze, joint ventures, accordi di collaborazione,
ecc. 2) Nei rapporti con i produttori di materie prime, al fine di sviluppare sinergie di
filiera (conceria/pelletteria/calzature, tessile-abbigliamento) integrando il know how
accumulato in differenti segmenti economico-produttivi, in modo da rafforzare la base
da cui proiettarsi nella competizione.
Appare evidente come questo salto di imprenditorialità implichi inevitabilmente
una crescita dimensionale, ma soprattutto lo sviluppo di modalità di funzionamento
sistemico, cioè di modelli di funzionamento e gestionali maggiormente orientati alla
ricerca di integrazioni di sistema attraverso forme di aggregazione semi-stabili (per
progetti, strategie di presenza sui mercati, ecc.).
Questa tesi porta immediatamente ad un terzo possibile livello di intervento
strategico, ovvero lo sviluppo -anche per il tessuto di piccole imprese non legate ai
grandi gruppi- di strumenti promozionali e di comunicazione, che consentano al
sistema moda regionale di aggredire i mercati non più solo con prodotti di qualità,
bensì con beni che, oltre ad essere di qualità elevata, siano anche di griffe. E’
opportuno sottolineare, infatti, che la domanda tende sempre più a polarizzarsi su due
estremi: prodotti a basso prezzo e prodotti firmati.
Gli ambiti indicati di policy dovrebbero infine trovare un elemento propulsore
fondamentale nella dinamica innovativa per l’intero comparto. E’ auspicabile che la
diffusione di innovazioni tra le imprese minori si espliciti secondo almeno tre direttrici:
1) sviluppo dell’industria locale di beni capitali; 2) interazioni sistematiche con i
comparti a monte della filiera produttiva; 3) creazione di società specializzate nella
realizzazione (con tecnologie innovative) di alcune fasi produttive ritenute
particolarmente strategiche (ad esempio il taglio, lo sviluppo dei modelli, ecc.).
E’ evidente, infine, che un aspetto cruciale per l’evoluzione del comparto a
livello toscano è costituito dalle modalità di interazione tra le grandi unità produttive e
le altre componenti: il successo delle prime è basato soprattutto sulla loro capacità di
anticipazione strategica delle tendenze di mercato e sull’attitudine ad orientare la
domanda con marketing mix globale, ma le loro performances dipendono anche dalla
possibilità di avvalersi di un buffer di piccole imprese di produzione.
Il punto di arrivo della nostra analisi è allora che la competitività del sistema
moda toscano ed italiano si gioca quindi su rapporti quanto più possibile strutturati e
interdipendenti tra questi due micro-universi, dal momento che può essere di tutta
rilevanza il contributo della piccola impresa all’innovazione e alla differenziazione del
prodotto.
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SCHEDA PER IL MONITORAGGIO DELLE AZIENDE CHE OPERANO NEL SETTORE
DELL’ABBIGLIAMENTO
Premessa:
Si è ritenuto utile mettere a disposizione delle aziende un semplice strumento per facilitare
l’autovalutazione in relazione sia alla qualità del personale sia all’efficienza dei processi
progettuali e produttivi.
Il comparto dell’abbigliamento è estremamente variegato sotto l’aspetto delle dimensioni
aziendali, della specializzazione produttiva e dell’approccio al mercato, quindi è impensabile
mettere a punto un sistema di monitoraggio a carattere generale. Allora è indispensabile far
chiaramente presente agli utenti che ciascuna Azienda è in primo luogo il referente di se stessa
e che di conseguenza la compilazione periodica e le successive analisi delle risposte sono il
primo passo necessario per valutare se l’Azienda è statica o è in fase evolutiva.
Naturalmente le schede affrontano temi generali (pur evidentemente importanti per lo
specifico settore) e quindi non hanno la pretesa evidenziare particolari criticità, ma riteniamo
siano utili per mettere comunque in risalto i trend sia in progettazione che in produzione.
Lo strumento può essere potenziato di molto se le schede compilate sono messe in rete, con le
ovvie precauzioni per la privacy, ed elaborate statisticamente, dopo avere individuato classi
omogenee di Aziende (anche con diversi criteri di omogeneità): in questo modo si ottiene un
panorama vasto e dettagliato di informazioni e soprattutto ciascuna Azienda può confrontarsi
con lo stato specifico del settore di appartenenza. Anche in questo caso, è di importanza
fondamentale l’analisi ripetuta nel tempo per monitorare la dinamica delle Aziende e di
ciascuna di esse rispetto al proprio ambito.
Ultimo aspetto che le schede cercano di evidenziare è il rapporto tra qualità tecnica del
personale addetto, in relazione alla cultura e all’aggiornamento, e qualità finale del prodotto:
alle Aziende, soprattutto alle piccole e medie, deve risultare evidente la necessità di
approfondire e aggiornare le conoscenze e capacità di tutto il personale.
Nome della azienda:
Indirizzo:
Principale tipologia di prodotto:
Dimensioni di fatturato:
n° di reparti presenti e n° di persone impiegate per reparto:
n° persone addette alla progettazione e al controllo qualità:
o
o
o
o
2
4
6
…
o
Età degli addetti alla progettazione/c.q.:
o
…………….
o
Percorso formativo degli addetti alla progettazione/c.q.:
Scolastico
Apprendistato
o Corsi di formazione di enti pubblici
o Corsi di formazione di scuole private
o Altro: …………
Qualità del livello di formazione degli addetti alla progettazione
neo assunti:
o
o
o
o
o
o
o
Ottimo
Buono
Discreto
Sufficiente
Insufficiente
Esistono rapporti di formazione e/o collaborazione con soggetti
esterni:
o
o
o
o
o
o
No
Si, con aziende dello stesso settore: si/no
Si, con aziende di settori diversi: si/no
Si, con enti pubblici di formazione
Si, con consorzi di aziende
Altro: ………………
L’aggiornamento professionale degli addetti avviene tramite:
o
o
o
o
Corsi di formazione interni
Corsi di formazione esterni
Nessun aggiornamento
Altro: ………….
Un centro di formazione specifico per il settore moda sarebbe :
o
o
o
o
Necessario
Non necessario perché la formazione va bene come è
Utile per colmare certe lacune
Altro: …………………….
Quali sono le maggiori lacune nella formazione del personale ?:
o
o
o
o
o
o
o
Conoscenze modellistiche
Stilistiche
Taglio
Prototipazione
Confezione
Controllo
altro
Quali tra i seguenti interventi sono più efficaci per aumentare la
qualità del prodotto :
o
o
o
o Investire in formazione degli addetti
Investire in strumenti e infrastrutture di produzione
Investire in personale qualificato
Investire in strumenti di progettazione aggiornati
Progettazione
Assicurazione della vestibilità
Quali tecniche sono usate per gestire la vestibilità dei capi:
q
q
q
q
q
Sistema di classi di base (es. S, M ecc)
Sistema di taglie
Sistema di taglie + drop
Sistema di conformazioni
Su misura
Controllo della vestibilità
Quali tecniche sono usate per la vestibilità:
q Manichini rigidi
q Manichini con articolazioni e verifica anche della postura
q
q
Manichini di conformazioni
Modelli umani
Scalatura dei modelli
Qual e’ l’origine della scalatura adottata in Azienda:
o
o
o
Commerciale
Proprietario
Consulenza esterna
Aggiornamento dei criteri per la vestibilità
Quale metodo e’ usato per aggiornare il database per la vestibilità
q
q
q
Nessuno
Periodico basato sull’invenduto
Periodico su base statistica antropometrica
Nel caso di impiego di base antropometrica,
avviene per mezzo di dati reperiti in
q
q
l’aggiornamento
Pubblicazioni
Campagne di misura sul campo
Sistema di correzione degli errori
Come vengono
modelli:
o
o
o
o
gestite
le
esigenze
di
variazioni/correzioni
In nessun modo
Con sistemi puramente manuali
Intervenendo sul CAD
Usando CAD parametetrici/sistemi esperti
Ciclo di sviluppo prodotto
Come viene organizzata la produzione:
q
q
Preparando campionari annuali/stagionali
Just in time su ordinazione dei clienti
Strumenti per la progettazione del capo di abbigliamento
Per la progettazione si impiegano strumenti:
q
q
q
q
Manuali
CAD 2D
CAD 3D/2D
Altro
dei
Negli ultimi 5
progettazione:
o
o
anni
sono
stati
acquistati
nuovi
strumenti
Si, quali ……………
No
Si prevede l’acquisto di nuovi strumenti di progettazione nei
prossimi 2 anni ?:
o
o
Si
No
per
la
Materiali per il capo di abbigliamento
o
o
o
Tradizionali
Alta tecnologia (fibra, trattamenti, resistenza ecc)
Innovativi (provenienti da altri settori, es fibre ottiche, metalliche
ecc)
Materiali per gli accessori/accessori stessi
o
o
o
Tradizionali
Alta tecnologia
Innovativi
Gestione dell’informazione tecnica
Durante
la
fase
di
progettazione
nel
suo
documentazione tecnica e’ preparata e archiviata:
q
q
q
q
Da nessuno
In modo casuale
Da personale addetto
Secondo ISO9000
complesso
la
Produzione
Controllo della qualità
Il controllo della qualità del prodotto viene effettuato:
o
o
o
Mai
A campione (indicare la percentuale:
Sull’intera produzione
)
Quanti controlli vengono effettuati durante il ciclo produttivo:
o
o
o
1
tra 1 e 3
più di 3
Tipo di controllo:
o
o
o
o
visivo
dimensionale
test di vestibilità
test tecnici (resistenza, colore, stabilità ecc)
Scarti di produzione
Qual e’ la percentuale di prodotti scartati per insufficiente qualità:
o
o
o
o
minore di 1%
tra 1 e 5%
tra 5 e 10%
oltre 10%
La difettosità e’ dovuta a :
o
o
o
materie prime
accessori
lavorazione
Gestione degli scarti
Gli scarti di produzione vengono:
o
o
o
eliminati
riparati
venduti sottocosto
Azioni di correzione/riparazione scarti
Nel caso si intervenga sugli scarti, l’azione viene effettuata
o
o
nella fase progettuale
nella fase produttiva
Controllo di qualità delle materie prime/semilavorati
I controlli sui materiali “in ingresso” alla produzione vengono effettuati:
o
o
o
o
mai
con esame visivo
con certificazione del fornitore
con prove tecniche (interne o commissionate)
Definizione delle quantità prodotte per taglia/conformazione
Come si stabiliscono i livelli produttivi per le varie vestibilità:
o
o
o
quantità fisse per ogni taglia
sull’analisi statistica dell’invenduto
sull’analisi statistica delle conformazioni
Gestione dell’informazione tecnica
Durante le fasi della
preparata e archiviata:
q
q
q
q
produzione
la
documentazione
tecnica
Da nessuno
In modo casuale
Da personale addetto
Secondo ISO9000
Informazioni al cliente
Le informazioni associate al prodotto (etichette ecc) hanno un contenuto di
informazione:
o
o
o
o
o
Minimo di legge
Esteso alle caratteristiche dei materiali, procedimento di
fabbricazione
Ecocompatibilità
Vestibilità espressa con il sistema delle taglie
Vestibilità espressa con il sistema delle conformazioni
Attività promozionale
L’informazione verso terzi è assicurata da:
o
o
o
o
Rappresentanti con campionario
Partecipazione a mostre
Distribuzione di cataloghi
Mezzi multimediali
e’