resoconto - Tribuna Libera
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ENTENTE EUROPÉENNE DES TRAVAILLEURS-INTESA EUROPEA DEI LAVORATORI “APPELLO EUROPEO - - PER LA DIFESA DELLA SANITÀ PUBBLICA” RESOCONTO DELL'INCONTRO DELLA EUROPEO DEI FIRMATARI (31 MARZO 2007) DELEGAZIONE ALLA COMMISSIONE EUROPEA (2 APRILE 2007) L'incontro europeo dei promotori e dei firmatari dell'appello per la difesa della sanità pubblica lanciato nel quadro dell'Intesa Europea dei lavoratori si è svolto a Bruxelles il 31 marzo scorso. L'appello è stato firmato da 693 medici, infermieri, dipendenti della sanità, sindacalisti e militanti di 17 Paesi d'Europa (Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Ungheria, Italia, Portogallo, Romania, Svezia, Svizzera, Slovacchia, Rep. Ceca, Turchia, Ucraina). All'incontro di Bruxelles hanno partecipato 72 firmatari e promotori da 17 Paesi. Dall'Italia la delegazione era composta da Fulvio Aurora, vice-presidente di Medicina Democratica, e da Lorenzo Varaldo, coordinatore in Italia dell'Intesa Europea. Gli interventi dell'incontro europeo hanno cercato prima di tutto di rispondere ad una questione: è esagerato che l'appello europeo parli di “necessità di fermare immediatamente la distruzione accelerata di tutti i sistemi pubblici della sanità in Europa?”. I fatti riportati e il Memorandum che li mette insieme lo dimostrano: uno stesso attacco, preciso, coordinato, con elementi comuni impressionanti viene portato avanti in tutti i Paesi. Ciò pone per tutti, in tutti i Paesi e su scala continentale, il problema di agire di fronte ad una questione che tocca direttamente la vita stessa di milioni di persone. Qui di seguito pubblichiamo alcuni elementi della discussione dell'incontro del 31 marzo, il mandato sottoscritto da tutti i partecipanti sulla base del quale una delegazione si è recata il 2 aprile alla Commissione Europea, alcuni estratti del confronto di questa delegazione con il responsabile UE, le prime conclusioni della delegazione e le decisioni assunte al termine dell'incontro del 31 marzo. Alcuni elementi emersi nell'incontro del 31 marzo L'attacco alla sanità e alle pensioni.... – – In Germania, Klaus Schuller, responsabile del sindacato DGB del Land della Turinga e vicepresidente della commissione operaia della SPD della Turinga spiega che, ormai, “si accorda un premio di più di 600 euro a coloro che, per un anno, rinunciano ad andare da un medico o a fare un qualunque atto sanitario.” In Belgio, Rudy Janssens, segretario federale della regione di Bruxelles CGSP, spiega: “Nel 1971 c'era il 50% di ospedali pubblici. Oggi ne restano meno del 25%. La differenza tra le regioni è impressionante: nelle Fiandre non esiste più un ospedale pubblico!”. – In Romania, denuncia Violeta Tudor, sindacalista Sanitas, non è raro che “si mandino a casa i malati prima ancora che essi siano guariti, a causa delel condizioni miserabili degli ospedali”. – In Turchia, spiega Fatih Artvinli, responsabile del sindacato della sanità e dei servizi pubblici, “come negli altri Paesi europei gli ospedali pubblici sono prima di tutto trasformati in stabilimenti autonomi, poi completamente privatizzati. Alcuni ospedali pubblici vengono semplicemente chiusi. L'ospedale dei bambini di Istambul, che accoglieva una media di 40.000 bambini all'anno, è così stato chiuso con il pretesto che il numero dei pazienti era insufficiente” – In Svizzera, ricorda Antonio Herranz, sindacalista, la stampa annuncia che 120.000 cittadini (su 7,5 milioni) non beneficerà più di alcuna copertura sociale. – Stessa constatazione drammatica fatta da Gerard Schivardi (Francia): “Noi, i sindaci dei piccoli comuni, abbiamo ricevuto il mandato dalla popolazione che ci ha eletto per rappresentarla e difendere le sue condizioni di vita, e migliorarle se possibile. Abbiamo un grave problema per la chiusura delle maternità vicine ai comuni. Un collega sindaco mi ha segnalato il parto difficile di una giovane madre nel parking di un grande magazzino perchè il reparto maternità d'Amboise era stato chiuso e bisognava fare 80 km per partorire” – In Gran Bretagna, Tony Richardson, dirigente sindacale, ricorda: “Quando ero consigliere municipale per il Labour Party a Wakefeld, dal 1998 al 2004, ero responsabile della sanità e dell'assistenza sociale. Per tuttob questo tempo ho quindi conosciuto bene i servizi sanitari e ho visto a che cosa li si è ridotti. Ho visto il numero dei letti ridursi del 20% per le pressioni dei rappresentanti del governo. A Wakefield, l'80% dei servizi delle case per pensionati sono stati privatizzati”. – – – In Spagna, come ha dettob il dottor Joaquin Insausti, membro dell'Associazione per la difesa dell'ospedale Devero Ochoa, una campagna infame si è sviluppata per accusare i medici di essere responsabili dei decessi dei pazienti, mentre questi sono la conseguenza tragica della politica di privatizzazione della sanità imposta da Bruxelles. Dalla Francia è stata particolarmente importante la testimonianza del prof. Guerin, presidente dell'Associazione per la difesa della deontologia e dei diritti dei malati (AMDDDM, France), testimonianza letta dal dottor Lemonnier, che rendeva conto delel condizioni scandalose nelle quali i pazienti anziani si trovano a causa della mancanza di posti, sempre intasati nelle sale d'aspetto, mentre i medici e gli infermieri cercano con angoscia i letti per ospedalizzarli. “In Francia abbiamo avuto un attacco senza precedenti contro il nostro sistema delle pensioni con la legge Fillol del 2003, che faceva seguito alle misure Balladur del 1993. In Germania l'età pensionabile è stata portata a 67 anni, in Ungheria a 65....Si tratta di una semplice coincidenza?”, si interroga Nicole Bernard, sindacalista della Securité Sociale. “Non è in realtà il risultato dei diktat dell'UE e in particolare del summit di Barcellona del marzo 2002 che preconizzava al punto 32 delle sue conclusioni di “cercare da qui al 2010 di aumentare progressivamente di circa 5 anni l'età media effettiva nella quale cessa nell'UE, l'attività professionale”?. La chiusura di migliaia di letti, di ospedali interi, che tutti i delegati hanno potuto constatare, quali che fossero i Paesi di origine, non è in effetti la conseguenza della politica dell'UE come è stata imposta nel summit di Tessalonica, nel giugno 2003, che indicava di “sorvegliare attentamente l'efficacia delle misure prese per sradicare la spirale delle spese nel settore della sanità e riportare la loro evoluzione ad un livello più sopportabile”? E tutto questo è vero anche per i Paesi che non sono ancora membri dell'UE. Sempre Fatih Artvinli, dalla Turchia, indica che “La messa in opera del piano proposto dal FMI che porta ad un aumento del 60% dei prezzi delle medicine è una delle condizioni poste dall'Ue per l'ingresso della Turchia”. ...la resistenza in tutta Europa... Nel suo intervento per l'Italia, Fulvio Aurora, vice presidente di Medicina Democratica e responsabile nazionale per la sanità per Rifondazione, ha ricordato parecchi elementi dell'attacco alla sanità in Italia, dalla regionalizzazione che ha fatto esplodere il sistema nazionale, agli elementi di privatizzazione, alla chiusura di letti e ospedali.... Ha poi posto un problema: “Ma allora, che cosa fare di concreto per difendere i nostri sistemi sanitari in Europa?”. Una prima risposta è arrivata da chi ha citato le mobilitazioni in corso. Per esempio è stato letto un messaggio di sostegno alla conferenza proveniente dal Portogallo che ricordava l'immensa mobilitazione delle ultime settimane della popolazione, degli eletti, dei sindacati per la difesa dei servizi di pronto soccorso. Dalla Gran Bretagna si è ricordato come numerose iniziative sono state prese dalle organizzazioni sindacali negli ultimi anni per difendere gli ospedali e il sistema sanitario in generale”. Dalla Germania è stato ricordato come l'80% della popolazione abbia preso posizione contro la “riforma” della sanità, portando così diversi deputati della SPD a votare contro questa “riforma” proposta dal governo di “grande coalizione”. Si tratta non solo della difesa di ciò che esiste, ma della riconquista di ciò che è stato perso, perchè, è stato detto, “si tratta di un fatto di civilizzazione”. ...le decisioni dell'incontro E' stato quindi detto: concretamente, prima di tutto, è necessario battersi in ogni Paese contro gli attacchi concreti che vengono portati, contro la chiusura degli ospedali e dei letti, contro i tagli, contro le privatizzazioni. Il collegamento con gli altri Paesi, lo scambio di informazioni, il vedere che altri si organizzano e si battono è un elemento di aiuto in questa mobilitazione. Ma a livello europeo è stata presa una decisione e nello stesso tempo si è aperta una discussione. Si è deciso di continuare a mettere la Commissione Europea d fronte alle sue responsabilità, quindi prima di tutto con la delegazione del 2 aprile, ma poi continuando a raccogliere gli elementi che testimoniano come questo attacco abbia alla radice proprio le politiche impulsate da Bruxelles. Una parte di delegati ha per questo sostenuto che, da parte loro, tirano la conclusione la necessità di rompere con l'Unione Europea.. Altri non condividono questo punto di vista, ma tutti hanno riconosciuto la responsabilità dell'UE. In conclusione è stato quindi deciso di costituire un Comitato Internazionale di collegamento che a partire dall'appello possa estendere lo scambio di informazioni e le iniziative comuni, e ci si è impegnati a far conoscere il resoconto integrale dell'incontro e della delegazione alla Commissione Europea in tutti i Paesi, nei sindacati, tra i lavoratori della sanità. Il mandato sottoscritto dai 72 partecipanti sulla base del quale una delegazione è stata ricevuta alla sede dell'UE il lunedì successivo “Noi sottoscritti, medici, personale ospedaliero, personale della sanità, sindacalisti, militanti operai, ci siamo riuniti il 31 marzo a Bruxelles nel quadro dell'appello lanciato dall'Intesa Europea dei lavoratori. Abbiamo fatto la seguente constatazione: in tutti i Paesi d'Europa, in relazione con le direttive europee, i nostri servizi pubblici della sanità e i nostri regimi di protezione sociale vengono smantellati, rimettendo così in causa l'uguaglianza di accesso alle cure. Lo stato dei fatti che abbiamo cominciato a definire mette in evidenza che, in ogni Paese, i governi hanno, da diversi decenni e indipendentemente dal loro colore politico, cominciato a: – chiudere centinaia di ospedali, reparti di maternità, di servizi d'urgenza, a ridurre drasticamente le spese per la sanità, a sopprimere migliaia di posti letto e di conseguenza milioni di posti di lavoro: tra il 1992 e il 2003, 86.000 posti letto sono stati soppressi in Geramania, 83.000 in Francia, mentre tra febbraio e novembre 2006, 21.000 posti di lavoro sono stati soppressi nell'NHS (servizio sanitario nazionale in Gran Bretagna). Tra il 2000 e il 2003, 185.000 posti di lavoro sono stati soppressi in Italia, e per la sola Lombardia 7.200 posti letto. In Ungheria il numero dei letti “attivi” dovrebbe passare da 60.000 a 44.000 nel 2007. – privatizzare gli ospedali attraverso i “partenariati pubblico-privato” (PPP), portando così alla soppressione massiccia di altri letti e posti di lavoro ma anche a costi sempre più elevati per i pazienti: in Gran Bretagna diversi ospedali sono stati costruiti da società private in contropartita di una rendita annuale versata per 30 anni. In Francia gli ospedali sono costretti ad indebitarsi presso società finanziarie per rinnovare i locali e i macchinari. In Italia, le USL sono state trasformate in “aziende” costrette a controllare i costi; in Spagna la comunità di Madrid ha appena lanciato la costruzione di sette ospedali nuovi secondo la procedura dei PPP; in Turchia le 14 regioni si sono impegnate a trasformare gli ospedali pubblici in società economiche miste; in Ungheria diverse attività sono state privatizzate (laboratori, servizi di radiologia, pulizie...) – regionalizzare i sistemi pubblici di sanità: in Italia, dove la sanità è regionalizzata dal 1999-2001, alcune Regioni hanno venduto gli ospedali, altre hanno soppresso dei servizi e altre ancora hanno aumentato i tickets per i pazienti; in Spagna, dal 1992 la direzione della rete sanitaria è stata affidata alla Regioni, portando così alla privatizzazione degli ospedali e alla rimessa in causa dello statuto dei funzionari. – smantellare i sistemi di protezione sociale aumentando dappertutto l'età pensionabile e riducendo i diritti degli assicurati, sopprimendo il monopolio delle casse della sicurezza sociale. Nel momento in cui si accordano sempre più esenzioni di contributi sociali ai padroni (come in Germania, in Italia, in Francia, in Belgio) e l'età pensionabile aumenta, dappertutto aumentano i costi a carico dei lavoratori (attraverso tickets (Italia), supplementi di pagamento per certe cure (Belgio), istituzione di franchigie (Francia)... Bisogna forse vedere in questa simultaneità delle misure e degli attacchi contro i ostri sistemi pubblici di sanità un semplice caso, o non è il risultato di una politica concertata? Da parte nostra consideriamo che i fatti e il memorandum che abbiamo definito in ogni Paese permettono di indirizzare il seguente atto di accusa: questa politica di distruzione è incontestabilmente coordinata dalle istituzioni dell'Unione Europea. Non è l'UE che impone ad ogni Paese, ma anche ad ogni Regione, di rispettare strettamente le regole del Patto di Stabilità e di far stare con ogni mezzo possibile il deficit pubblico al di sotto del 3% fissato da Maastricht? Non è la messa in opera dell'art. 104 del Trattato di Maastricht che stipula che “1) gli Stati membri evitano i deficit eccessivi; 2) la Commissione sorveglia l'evoluzione della situazione budgettaria del debito pubblico negli Stati membri in vista frenare gli errori manifesti”? L'art. 104 precisa ciò che bisogna intendere per pubblico: “Ciò che è relativo al governo generale, cioè le amministrazioni centrali, le autorità regionali o locali e i fondi di sicurezza sociale”. Il governo italiano non mette in effetti in opera questo articolo quando la legge Finanziaria del 2007 prevede il taglio di 3 miliardi di euro dal budget della sanità per ridurre il deficit pubblico al 2,8%? Non è l'UE che ha deciso di aumentare dappertutto l'età pensionabile quando ha indicato, in occasione del vertice di Barcellona del 2002 che “bisognerà cercare, da qui al 2012, di aumentare progressivamente di circa cinque anni l'età media effettiva nelal quale cessa, nell'UE, l'attività professionale”? Questo obbligo non è stato confermato dalla linea direttiva integrata n. 2 del 1/7/2005, che stipula: “Gli Stati membri dovranno, tenuto conto dei costi previsti dall'invecchiamento della popolazione,, 1) ridurre il loro debito pubblico ad un ritmo sufficiente; 2) riformare i loro regimi pensionistici, di sicurezza sociale e di cure per renderli finanziariamente sopportabili”? O ancora dal documento della Commissione Europea del 25 gennaio 2006 intitolato: “Passiamo ad una velocità superiore: il nuovo partenariato per la crescita e l'impiego”, che esige: “Nel quadro delle loro riforme dei regimi pubblici delle pensioni, gli Stati membri dovranno rinforzare gli incitamenti finanziari affinchè i lavoratori anziani restino in attività (...) per esempio adattando l'età legale della cessazione di attività”? Non è la linea direttiva integrata n. 15 dell'UE che stipula: “Gli Stati membri dovranno rinforzare le misure di incitamento economico, compresa una semplificazione dei sistemi fiscali e una riduzione dei costi non salariali del lavoro”? Non è questa direttiva che impone le esenzioni di contributi ai padroni e organizza il saccheggio delle casse della sanità e delle pensioni? Non è forse il rapporto della Commissione Europea sulla protezione sociale e l'inclusione sociale, pubblicato il 19 febbraio 2007 e che imponeva “la fissazione di plafond generali di spesa, la partecipazione dei malati ai costi delle prestazioni” che impone dappertutto l'aumento dei costi a carico dei malati? Il 26 settembre 2006 la Commissione UE ha pubblicato una comunicazione sui servizi della sanità, lanciando una “consultazione pubblica”. E' sulla base dei risultati di questa “consultazione” che la Commissione intende proporre una direttiva “sanità”. La comunicazione, evocando il “rispetto della responsabilità degli Stati membri in materia di servizi di sanità e di cure mediche”, precisa: “La Corte di giustizia ha dichiarato che questa disposizione non esclude la possibilità di imporre agli Stati membri adattamenti dei loro regimi nazionali di sicurezza sociale, a causa delle altre disposizioni del trattato, come l'art. 49/CE”. L'art. 49/CE dice: “Le restrizioni alla libera concorrenza dei servizi all'interno della comunità sono vietate”. L'obiettivo della direttiva in preparazione non è di rimettere in causa direttamente i regimi nazionali di sicurezza sociale? Da tutti questi fatti discende una questione: la difesa e la riconquista dei nostri sistemi di sanità pubblica è compatibile con l'Unione Europea e con le sue direttive? L risposte possono essere diverse, ma questa questione esige di essere discussa da tutti quelli che sono attaccati alla difesa dei sistemi pubblici della sanità e della protezione sociale. Noi sottoscritti decidiamo ch il mandato della delegazione che sarà ricevuta il 2 aprile 2007 dalle istituzioni dell'UE è di ottenere risposte a queste questioni, sulla base dei fatti che noi abbiamo esposto e del memorandum che abbiamo fatto. Decidiamo di impiegare tutte le nostre forze per difendere e riconquistare i n ostri sistemi pubblici di sanità e i nostri regimi di protezione sociale. Abbiamo partecipato a numerose mobilitazioni contro la chiusura e/ o la privatizzazione dei nostri ospedali, contro la rimessa in causa dei nostri regimi pensionistici, contro la diminuzione dei budget destinati alla sanità... Decidiamo quindi di costituirci in comitato di corrispondenza permanente al fine di continuare a scambiarci le informazioni e dare continuità a questo incontro attraverso iniziative che permettano di rispondere alla gravità della situazione” Firmatari presenti all'incontro europeo del 31 marzo: ALLEMAGNE : Carla Boulboullé, rédaction de SOPODE, Berlin ; Keustin Bunz, Ver.di, Cologne ; Ellen Engstfeld, SPD, Ver.di, Cologne ; Elke Falk, Ver.di, Berlin ; Heinke Först, SPD, Berlin ; Henning Frey, SPD, Cologne ; Eva Gürster, SPD, Ver.di, Cologne ; Bertrand Kalipé, anesthésiste, Duisburg ; Monika Leisling, Berlin ; Hans Mees, Ver.di, Düsseldorf ; Volker Prasuhn, SPD, Ver.di, Berlin ; Danita Riemer, Ver.di, Düsseldorf ; Ingo Röser, Ver.di ; Anna Schuster, Ver.di, Düsseldorf ; H.-W. Schuster, SPD, Ver.di, Düsseldorf ; Günter Schwefing, Ver.di, Düsseldorf ; Beate Sieweke, SPD, Ver.di, Düsseldorf ; Inge Steinebach, SPD, Ver.di, Düsseldorf ; Monika Wernicke, Ver.di, Berlin ― BELGIQUE : Luc Bertrand, ingénieur ; Philippe De Menten, membre du comité exécutif de la Régionale de Bruxelles de la CGSP-enseignement ; Kamal Dhif, FGTB ; Roberto Giarroco, syndicaliste CGSP-FGTB ; Rudy Janssens, secrétaire fédéral région Bruxelles CGSP ACOD ALR LRB ; Philippe Larsimont, coordinateur du Mouvement de défense des travailleurs (MDT) ; Pierre Marlhioux, membre élu du bureau exécutif SETCa/FGTB BHL ; Philippe Massenaux ; Georgette Molitor, affiliée CGSP ; Serge Monsieur, délégué syndical CGSP ; Michel Nagel, PS, CGSP ; Victor Ntacorigira, syndicaliste ; Esther Stark, syndicaliste ; Nicolas Vandaele, syndiqué FGTB ; Paul Wattiez, délégué syndical FGTB-SETCa ― DANEMARK : Kirsten-Annette Christensen, syndicat de l’enseignement de Copenhague ; Eva Hallum, Mouvement populaire contre l’Union européenne ; Benny Laursen, syndicat du bâtiment de Copenhague ; Per Sorensen, syndicat du bâtiment de Copenhague ― ESPAGNE : Luis Gonzalez, syndicaliste santé, CCOO ; Joaquin Insausti Valdivia, médecin ; Blas Ortega, président de l’Association médicale en défense des droits des malades et des médecins (AMDDMM), syndicaliste UGT ; Rafael Palmer Juaneda, membre de l’AMDDMM ― FRANCE : Nicole Bernard, syndicaliste sécurité sociale ; Anne Chahwakilian, médecin gériatre ; Catherine Cochain, aide-soignante, syndicaliste ; Marie-Thérèse Cousin, médecin retraitée ; Danièle Dabilly, assistance sociale ; Luc Delrue, syndicaliste hospitalier ; Daniel Dutheil, syndicaliste ; Régis Jacquot, syndicaliste hospitalier ; Christel Keiser, Entente européenne des travailleurs ; Jean-Philippe Laporte, médecin hospitalier ; Marie-Paule Lemonnier, médecin ; Frédérique Mugnier, administrateur CHU de Dijon ; Philippe Navarro, syndicaliste hospitalier ; Louiza Nourri, syndicaliste ; Bruno Ricque, syndicaliste hospitalier ; René Sale, syndicaliste hospitalier ; Gérard Schivardi, maire de Mailhac ; Dominique Vincenot, Entente européenne des travailleurs ; Florence Widmer, syndicaliste hospitalière ― GRANDE-BRETAGNE : Nick Phillips, ancien responsable d’une section locale de UNISON ; Tony Richardson, syndicaliste, Union locale des TUC de Wakefield & District ― ITALIE : Fulvio Aurora, responsable de « Médecine démocratique » ; Lorenzo Varaldo, syndicaliste enseignant, Entente européenne des travailleurs ― ROUMANIE : Violeta Tudor, syndicaliste ― SUISSE : Joëlle Gyselinck, syndicaliste santé SSP, Nyon ; Antonio Herranz, infirmier, syndicaliste SSP, Lausanne ; Yolanda Nobs, infirmière ; Yasmina-Karima Produit, secrétaire syndicale SSP, Neuchâtel ― TURQUIE : Fatih Artvinli, responsable du syndicat des employés de la santé et des services sociaux, Istanbul. Il 2 aprile una delegazione è stata ricevuta dal direttore di gabinetto del Commissario Europeo alla sanità La delegazione era composta da: Fatih Artvinli (responsabile del sindacato dei lavoratori della sanità e dei servizi pubblici, Istanbul, Turchia); Hans Mees (responsabile del sindacato Ver.di del gruppo ospedaliero VKKD di Dusseldorf e membro della direzione Ver.di sanità della Renania); Henning Frei (SPD Colonia); Rudy Janssens (segretario federale della regione di Bruxelles CGSP ACOD ALR LRB, Belgio); Philippe Larsimont (coordinatore del movimento per la difesa dei lavoratori, Belgio); Nicole Bernard (sindacalista della Securité Sociale, Francia); Philippe Navarro (sindacalista ospedaliero, Francia); Christel Keiser (Intesa Europea dei lavoratori). La delegazione è stata ricevuta da Philippe Brunet, direttore del gabinetto del commissario europeo alla sanità, M. Markos Kyprianou. Estratti dell'incontro con il responsabile UE Delegazione: “(...)In tutti i Paesi dell'UE si constata una diminuzione delle spese per la sanità e, parallelamente, un aumento dell'età pensionabile. In Germania la legge del 9 marzo 2007 ha portato a 67 anni l'età pensionabile, in Danimarca si è passati da 65 a 67. La stessa cosa in Turchia. In Ungheria l'età della pensione è passata a 65 anni. In Francia la durata minima dei contributi è passata da 37.5 a 40 anni, poi a 41 e 42 per i lavoratori del privato. Tutte queste misure sono coordinate dall'UE e in particolare le disposizioni adottate al summit di Barcellona che esigono l'allungamento di 5 anni della durata dei contributi. Tutto ciò si collega alla riduzione delle spese per la sanità. Queste misure non hanno conseguenze gravi? A vostro avviso quali saranno le conseguenze? Non esiste un rischio di aumento della mortalità? Non potete non sapere che, dal 2004, noi siamo sotto l'egida dell'”enveloppe fermée” (spesa bloccata per la sanità). Questo si traduce, in Francia, nel piano ospedali 2012 che toglie 5 miliardi di budget agli ospedali per obbligarli a ristrutturarsi. Ciò rappresenta l'equivalente del budget necessario al funzionamento di 60.000 letti o di 100.000 impieghi ospedalieri. I presidi ospedalieri ricevono meno soldi del necessario per il loro funzionamento. La prima conseguenza per i malati è la riduzione della durata dei loro ricoveri. In geriatria molti servizi non sono più assicurati con il pretesto che la durata del ricovero non può essere garantita. La pulizia dei malati si fa nei letti. Gli infermieri non hanno più tempo da consacrare ai malati. Gli ospedali pubblici sono chiamati a ridistribuire l'attività verso il settore privato, in particolare attravrso i partenariati pubblico-privato (PPP). I programmi PPP, frutto della direttiva europea del 2004, si ritrovano tanto a Parigi che a Madrid, Lione, Amburgo, Bruxelles, Londra... Simo stati stupefatti di constatare, in occasion della conferenza del 31 marzo, la similitudine delle misure e delel cifre riportate dai partecipanti. Tra il 1992 e il 2003, 86.000 letti sono stati soppressi in Germania, 83.000 in Francia. Tra febbraio e novembre 2006, 21.000 impieghi sono stati soppressi nell'NHS (servizio sanitario nazionale in Gran Bretagna); tra il 2000 e il 2003, 185.000 posti sono stati soppressi in Italia e nella sola Regione Lombardia 7.200 letti per i malati di lunga degenza. In Ungheria il numero dei letti attivi dovrebbe passare da 60.000 a 44.000 nel 2007. Si tratta di un caso? O non è il frutto di una decisione centralizzata? La popolazione può essere rinchiusa in un limite fissato, insuperabile? La conseguenza è che per esempio per i malati menali in Francia la prigione è diventata di fatto il primo ospedale psichiatrico. E' possibile riaprire l'enveloppe fermée?” Philippe Brunet ha spiegato e ribadito più volte alla delegazione che “la Commissione europea non ha competenza né responsabilità nell'organizzazione e nella fornitura delle cure per la sanità”. E ha precisato: “Nessuno dice, a Bruxelles, che bisogna ridurre le spese per la sanità. La sola cosa che impongono le direttive UE è la lotta contro i deficit pubblici. La commissione ha chiesto di mettere sotto controllo i deficit pubblici e questo riguarda anche la sanità, ma sta ai singoli Stati decidere come.”. La delegazione ha risposto: “E' esattamente qui il problema. Le spese per la sanità discendono, come tutte le spese pubbliche, dall'art. 104 del Trattato di Maastricht, e di conseguenza dalla procedura detta di deficit eccessivo (...)”. Altro argomento è stato quello della privatizzazione. Brunet ha sostenuto: “Non c'è da parte di Bruxelles un orientamento che miri a privilegiare il pubblico o il privato. In certi Stati i partenariati pubblico-privato coesistono già con il settore pubblico. Ma non c'è mai stata una direttiva a livello europeo che privilegi il pubblico o il privato. Le sole direttive d'applicazione sono quelle sull'equilibrio budgettario e la non discriminazione” La delegazione: “Ma perchè allora è stata aperta una procedura di infrazione contro la Francia perchè limitava la 25% i capitali privati nei laboratori di analisi e negli ambulatori medici?” Risposta: “Non si tratta di una direttiva o di una raccomandazione ma di una procedura di infrazione legata alla libera concorrenza di capitali. Questa procedura si applica a tutti i settori, compresa la sanità” Delegazione: “Voi dite che la commissione europea non ha responsabilità, ma in occasione del summiti di Tessalonica, il 21 giugno 2003, una raccomandazione è stata fatta per esempio per la Francia: “Sorvegliare attentamente l'efficacia delle misure prese per sradicare la spirale delle spese nel settore della sanità e riportare la loro evoluzione ad un livello più sopportabile, e, se il caso, adottare nuove misure per raggiungere questo obiettivo”. Tutto questo non è in contraddizione con quanto sostenete?”. Risposta: “Che il Patto di Stabilità abbia un influenza su deficit questo è sicuro. Ma si può lasciar correre? Che il Patto di Stabilità abbia previsto che gli Stati siano obbligati a mettere a posto li deficit, questo è sicuro (...) Voi mi parlate di maternità a 50 km, ma ci sono Paesi nelle quali è a 500”. Delegazione: “Tutti i Paesi hanno diritto a maternità a 25 km, per garantire la vita delle donne e dei bambini?”. Risposta: “Non è questo il problema”. Delegazione: “Volete dunque dirci che non esiste un rapporto tra le politiche macroeconomiche e le conseguenze concrete in termini di chiusura di letti, di ospedali...? E' dunque una fatalità?”. Risposta: “Non si possono più gestire le cose come nel 1957. Il progresso tecnico è tale che trascina un aumento dei costi che non è sopportabile. Non si può gestire il progresso. C'è una ricerca di efficacia che bisogna fare. Anche i Paesi della zona asiatica riducono i costi. Non sarà anche lì colpa di Bruxelles ! E' una sfida dell'umanità intera” (...) Delegazione: “Noi vi ringraziamo di averci ascoltato, non pensiamo proprio di aver person un pomeriggio. Voi parlate di direttive, di limiti dei trattati, di norme.... Si può discutere all'infinito, ma i fatti sono quelli che contano, e noi abbiamo verificato con la nostra conferenza che i fatti portano in una direzione precisa. C'è in questo momento una politica europea di diminuzione del costo del lavoro che conduce in particolare alla diminuzione dei contributi padronali per la sicurezza sociale. Ne discende una politica che diminuisce in tutta Europa le imposte sulle società (dunque le entrate per lo Stato) e dunque le spese per la sicurezza sociale. Voi avete ragione a dire che una stessa politica viene messa in opera su scala mondiale. Ma la questione è sapere, sul continente europeo, se l'UE è un fattore che contribuisce a proteggerci o no. Noi constatiamo che su tutto il continente i livelli di protezione spariscono e che nessuna protezione corrispondente esiste a livello europeo. Nella nostra conferenza abbiamo sentito testimonianze da tutti i Paesi e la constatazione è unanime. In nessun caso si assiste ad un progresso, ma ad una degradazione folgorante” Considerazioni conclusive della delegazione “Poniamo una questione: è o non è esatto affermare che esiste un legame diretto tra la distruzione di tutti i sistemi pubblici di sanità in Europa, di tutti i regimi di protezione sociale e le direttive dell'Unione Europea? I fatti e le dichiarazioni del sig. Brunet mostrano che c'è un rapporto diretto tra la politica dell'UE e le misure prese in ogni Paese. Quando il sig. Brunet afferma che il Patto di stabilità obbliga gli Stati membri a non spendere soldi che non hanno e che gli Stati possono scegliere le misure per rispettare questa norma, lui fa come se non esistessero le raccomandazioni come quella adottata al vertice di Tessalonica nel giugno 2003, raccomandazioni che esercitano in ogni Paese una forte pressione sugli Stati membri perchè diminuiscano tutte le spese pubbliche e in particolare quelle della sanità. E, nello stesso tempo, conferma ciò che emerso in ogni Paese: le spese per la sanità sono sottomesse, come tutte le spese pubbliche, alle regole del deficit eccessivo imposte dall'art. 104 del Trattato di Maastricht. Poco importa alla Commissione Europea che questa regola trascini migliaia di soppressioni di letti, di posti di lavoro, la privatizzazione di ospedali interi, una moltitudine di liste d'attesa, parti nei parking.... Costi quel che costi questa politica deve essere applicata! Quando il sig. Brunet afferma, riguardo alle procedure di infrazione contro i laboratori e gli ambulatori medici francesi, che si tratta appunto di una procedura di infrazione “legata alla libera circolazione dei capitali”, egli non fa che ricordare le regole imposte dal Trattato di Maastricht per quello che concerne il principio di libera concorrenza stabilito dall'art. 87. Così, sotto l'impulso di questo articolo, i laboratori passano sotto il controllo totale dei gruppi finanziari, in cui li profitto è la principale motivazione. E quando il sig. Brunet spiega alla delegazione che l'obiettivo della commissione è di arrivare a fare in modo che i nuovi Stati membri abbiano accesso a cure migliori, non fa che dissimulare la terribile realtà evocata da un sindacalista rumeno all'incontro del 31 marzo che ha in effetti spiegato che il governo rumeno ha deciso di sopprimere letti con il seguente motivo: ci sono troppi letti di ospedale in Romania poiché nell'UE la media è di 4,2 letti per 100 abitanti mentre la media in Romania è di 7,2 ! Allora, quali conclusioni tirare? La difesa e la riconquista dei nostri servizi pubblici è compatibile con il mantenimento delle istituzioni dell'Unione Europea e il rispetto delle sue direttive? O, al contrario, non eisige la rimessa in causa di queste istituzioni? A partire dai fatti stabiliti dalla nostra delegazione, noi sottomettiamo queste questioni e l'insieme del resoconto della discussione a tutti quelli che, medici, infermieri, personale ospedaliero, sindacalisti, militanti, sono attaccati a queste conquiste, poiché la posta in gioco è la civilizzazione stessa” Comtatti : Entente Européenne des Travailleurs , rue de Faubourg Saint Denis, 87, 75100, Paris, [email protected] in italia : presso redazione « Tribuna Libera », v. Assietta 13/a, Torino, [email protected] 340/2440505