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PROMEMORIA
Questo è un libro di memorie. In memoria di me stesso.
Reputandomi un comunicatore, esprimermi attraverso un libro,
con l’ambizione di entrare nella vostra memoria, può essere inteso come un sublime atto di egocentrismo.
In fondo, ho scelto di fare per me stesso, ciò che da anni faccio
per gli altri.
Vi presento quindi il prodotto che conosco meglio: me stesso.
La memoria che vorrei che vi restasse è quella di una persona che,
nonostante le sue umane debolezze, ama ciò che fa ed è sempre
alla ricerca di amore, ovunque nel mondo si nasconda.
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PREFAZIONE
La recente classifica di Forbes che colloca Bill Gates al decimo
posto nella classifica degli uomini più potenti del mondo, unico
non capo di stato a livelli così alti della gerarchia planetaria, conferma il primato dell’idea su qualsiasi altra forma di economia
conosciuta. In pratica, arriva a livello internazionale la conferma
di un principio tanto semplice quanto spesso disconosciuto dalla
comunità internazionale, attenta più alle dinamiche della politica
che a quelle delle risorse umane: se io ho un euro e lo scambio con
un amico, alla fine della nostra operazione avremo ancora un euro
a testa. Se ho un’idea e la scambio con un amico, alla fine avremo
invece due idee a testa. L’idea è cioè l’unica forma di economia in
grado di generare valore aggiunto puro. Ed appunto grazie alle sue
idee Bill Gates riesce ad essere oggi appena un posto più indietro
rispetto a Sonia Gandhi, la intraprendente leader del Congresso
indiano, e di molte posizioni più avanti di Nicholas Sarkozy e di
Silvio Berlusconi, capi di governo iscritti niente meno che al G8.
Ecco perché chi ha idee detiene un potere un po’ potente, anche
se meno visibile e universalmente riconosciuto, molto invidiabile,
che prima o poi è destinato a pagare: anche se terreni più o meno
fertili possono fare più o meno fortuna dell’intuito creativo.
Nell’ambiente sicuramente più delicato di tutti, quello della comunicazione aziendale in tempi di crisi, il primato dell’idea sulla
produzione diretta è ancora più difficile da affermare. Per questo
ho letto con particolare curiosità, direi anzi divorandone i capitoli,
la grammatica di Luca Targa sulla sua esperienza in questo ambito.
Considero Luca un produttore di buone idee, e quindi già per questo una mosca bianca, per rubare concetti e parole esposti in apertura del libro, ma soprattutto un tipo un po’ originale: uno con le
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sue idee e la sua determinazione nel metterle in pratica, difficilmente sceglie di farlo partendo da Ferrara, città in cui l’articolazione dello sviluppo economico è molto limitata e soprattutto la
prevalenza dell’economia sulla politica è un dato ancora lontano
da venire per motivi che sarebbe lungo esporre in questa sede. Per
cui ho sempre pensato che un certo tipo di linguaggio, di esperienza e di impegno a Ferrara fossero davvero destinate ad una
vita tutta in salita: cosa della quale resto convinto, ma proprio per
questo la lettura della grammatica di Targa, dai colori diversificati
del supermercato di famiglia per mettere a proprio agio il cliente
al Comunication Day, fornisca il meglio della didattica in qualunque campo. Ovvero la teoria costruita sulla pratica: non la solita
esercitazione rigorosamente corretta ma avulsa dalla realtà e dalla
sua applicazione, bensì il suo esatto contrario, ovvero la decodificazione di una prassi abituale, proprio per questo percepita come
scarsamente teorizzabile, in materia d’insegnamento organizzata
in modo sinottico e assieme sintetico.
Rubando ancora un aforisma tra i mille citati nel libro, diremmo
che “Il miglior modo per imparare a fare una cosa è farla”. Così
Targa in queste pagine ne offre la riprova: dal campo alla teoria, il
rovesciamento di decenni di istruzione top-down in Italia.
Corrado Piffanelli,
Responsabile di redazione de Il Resto del Carlino Ferrara