martini relazione rinaldi

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CARLO MARIA MARTINI
LETTERA PASTORALE (1991-1992)
“IL LEMBO DEL MANTELLO”
Relazione prodotta da Isabella Rinaldi
Anno Accademico 2012-2013
Il 31 luglio 1991 viene pubblicata una Lettera pastorale scritta dal Cardinale Carlo Maria Martini,
“Il lembo del mantello”, la quale affronta il tema del rapporto della società con i mezzi di
comunicazione di massa (stampa, radio e televisione) in relazione anche al messaggio di Gesù.
L’anno prima lo stesso Cardinal Martini aveva scritto la Lettera programmatica “Effatà, apriti” che
si riferiva alla guarigione di un sordomuto (Mc 7,31-37). Qui affrontava il tema di una società
bisognosa di guarigione dai propri blocchi comunicativi. Il titolo della Lettera qui trattata, si
riferisce ad un brano evangelico molto noto: Mc 5,25-34 o Lc 8,42-48. In questi versetti si legge di
un miracolo fatto da Gesù: mentre camminava con i suoi in mezzo a tanta folla che spingeva da
ogni parte per toccarlo, Gesù si ferma e chiede “Chi mi ha toccato?”. Naturalmente i discepoli non
capiscono, vista la massa di gente, ma Gesù afferma di aver sentito una forza particolare uscire da
sé. Infatti si fa avanti una donna malata affermando che se avesse toccato anche solo un lembo del
suo mantello, sarebbe guarita. Vista la tanta fede, Gesù compie il miracolo della guarigione. Il
Cardinal Martini è stato attratto da questo brano in cui denota tre realtà: la massa, cioè la gente
anonima che sta attorno a Gesù. Molti lo toccano, ma non succede nulla. Sono oggi i fruitori passivi
dei mezzi di massa, appunto. Emerge poi una persona particolare, con un progetto, una volontà
precisa e soprattutto una grande fede, che, come dice Gesù, la salva. Tra questa persona che emerge
e Gesù avviene una comunicazione, che però non è diretta, come le volte in cui Egli parla,
comanda, ecc. E’ sufficiente che la donna tocchi un lembo del suo mantello per avere un incontro
con il Salvatore. Oggi molte persone conoscono la Chiesa attraverso i mezzi di comunicazione, non
per un rapporto diretto con essa.
Allora si capisce che anche attraverso gli strumenti di comunicazione sociale è possibile una vera
comunicazione. Occorre, dice il cardinal Martini, “favorire il processo di ‘uscita dalla massa’,
1 perché le persone, dallo stato di fruitori anonimi dei messaggi e delle immagini massificate, entrino
in un rapporto personale come recettori dialoganti, vigilanti e attivi”.1
Innanzitutto, rifacendosi alla Lettera programmatica “Effatà, apriti”, egli vuole sottolineare il valore
teologico degli strumenti di comunicazione sociale. Infatti nella precedente lettera coglieva il
modello supremo della comunicazione, cioè il mistero pasquale di Gesù. Come il Padre consegna
suo Figlio alla morte in completa gratuità, e il Figlio si lascia consegnare per amore nostro, così la
comunicazione tra gli uomini, per essere vera, esige gratuità ed accoglienza, testimone lo Spirito
Santo. Infatti la Trinità è modello e fondamento di ogni comunicazione: “Non c’è infatti vera
comunicazione interumana se non a partire da quella realtà da cui, in cui e per cui l’uomo e la
donna sono stati creati, cioè il mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, la loro
comunione d’amore, il loro dialogo incessante”2.
Ogni atto comunicativo e di conseguenza ogni strumento di comunicazione hanno un valore
intrinsecamente buono. Ovunque opera lo Spirito che si serve di tutto per compiere la sua opera,
quindi ogni mezzo di comunicazione può essere usato per giungere al cuore dell’uomo. Ricordo,
riguardo questo argomento delicato, che nel 1961 Giovanni XXIII scrive l’enciclica Mater et
Magistra, in cui riprende la dottrina della Chiesa e si rivolge ai giornalisti affermando che i mezzi di
comunicazione sono arma veritatis e arma caritatis. Questo non vuol dire avere un ingenuo
ottimismo. Ogni realtà ha un aspetto ambivalente: può avvicinare l’uomo a Cristo, ma può anche
essere strumentalizzata e utilizzata per interessi gravemente contrari alla volontà di Dio. Infatti i
mezzi di comunicazione sociale possono utilizzare il loro potere fino a rendere schiava la persona
che li utilizza. I mass media, nella varietà dei loro linguaggi, sono lembi del mantello attraverso i
quali può passare tutta la potenza salvifica, anche se sono comunque relativi e limitati.
Ora il Cardinal Martini, dopo queste premesse, affronta un “viaggio” all’interno di una casa per
dialogare, in un certo senso, con il televisore; sale le scale per guardare il mondo dal tetto e
raggiunge infine il satellite.
Analizza, del televisore, i lati negativi e positivi. Lo paragona al lembo del mantello di Gesù, con
una forza che ha quasi del divino, capace di comunicare con gli uomini. Occorre instaurare, con
questo mezzo, un rapporto giusto: non chiuderlo a chiave in un armadio o ignorarlo, ma non essere
nemmeno “teledipendenti” ed assuefarsi ad esso considerandolo addirittura un membro della
famiglia, andando letteralmente in crisi di astinenza nel caso un fattore esterno causasse la sua
1
2
C.M.Martini, Lettera pastorale Il lembo del mantello, n.2, 1996 C.M.Martini, Lettera Pastorale Effatà, apriti, n.18 2 momentanea e forzata interruzione. Come ogni mezzo il suo valore dipende dall’uso che se ne fa.
La Chiesa ha mostrato attenzione ed ha espresso giudizi positivi sui mezzi di comunicazione sociale
affermando che essi potrebbero essere “una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad
essi si può parlare alle moltitudini”.3
Anche oggi, a distanza di oltre 20 anni dalla pubblicazione di questa lettera , la Chiesa conferma
l’idea di evangelizzazione attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Per citare qualche esempio,
non è da molto tempo che Papa Benedetto XVI è entrato “in rete” comunicando con tutti, giovani e
non, attraverso Twitter. Per evangelizzare occorre in primo luogo conoscere il nostro interlocutore e
in un certo senso adeguarci a lui, senza bloccare il dialogo attraverso il muro dei nostri giudizi
negativi. Occorre conoscere il suo mondo che oggi è quello dei media. La maggior parte delle
persone sta tanto tempo soprattutto davanti al televisore e così la Chiesa si sta giustamente
adeguando. Vi sono diversi programmi religiosi sulle varie reti televisive, private e non, come “A
sua immagine”. Il Cardinal Martini non ne parla esplicitamente in questa lettera in quanto sono
trasmissioni abbastanza recenti.
Però l’evangelizzazione arriva anche indirettamente, soprattutto ai giovani, attraverso trasmissioni
televisive che hanno la caratteristica di voler rispondere a domande fondamentali, anche se il
pubblico non ne è conscio, come: Come faccio a piacere a qualcuno? Come faccio a diventare
importante per qualcuno e non rimanere solo? Come faccio ad emergere, io, che non sono
conosciuto da “gente importante”? E’ questo l’esempio, oggi, di trasmissioni come “Uomini e
donne”, “Il grande fratello” o “Amici”. Un altro esempio ci viene dalla trasmissione, il sabato in
prima serata, che vuole trattare il tema del perdono, condotta da Maria De Filippi, “C’è posta per
te”.
Nella terza parte di questa lettera si parla di trovare Dio nel mondo, partendo da ogni situazione
immediata, reale e non da ciò che non esiste.
La TV, continua il Cardinal Martini, è una scatola aperta sul mondo, il quale è diventato come un
villaggio globale, ove tutti sanno tutto di tutti. Attraverso la televisione possiamo conoscere vicende
che succedono attorno a noi: guerre, nuove scoperte scientifiche, fatti di cronaca nera, ecc. Le
possiamo conoscere anche “in diretta”, pensando che la diretta televisiva ci porti in casa , in tempo
reale, tutto ciò che accade. Ma non sempre è così. Infatti la realtà è spesso montata, ricostruita
secondo l’opinione di chi cura la trasmissione. La regia decide e sceglie le immagini da trasmettere,
non tutto arriva così come è in verità. E’ quindi un mondo artificiale quello che riceviamo. Per
3
Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii Nutiandi, 45, 1975, Libreria Editrice Vaticana 3 questo il Cardinale con questo documento si rivolge agli operatori dei mezzi di comunicazione,
siano essi di stampo cattolico o no.
Il Cardinal Martini prosegue parlando del ruolo informativo e formativo della televisione, che risale
soprattutto ai primi anni di vita di questo mezzo: trasmissioni per il recupero degli analfabeti, quelle
per i ragazzi, programmi con una certa funzione scolastica. Tutto questo non va sottovalutato.
Certamente la TV ha grande potere di persuasione e riesce a far immaginare come vere delle cose
che non esistono. Come il fatto di convincere molte persone che vivono in povertà estrema a partire
per paesi “più ricchi, dove sicuramente si troverà un lavoro, dove sarà tutto rose e fiori…”. Ma
questa non è proprio la realtà che ci si ritrova davanti una volta che si riesca ad affrontare un
viaggio lungo e pericoloso. Le opinioni del piccolo schermo e dei giornali godono di grande
autorevolezza, nelle persone scatta una solida fiducia soprattutto in coloro che più di altri
“assorbono come spugne tutto o quasi”. Con l’avvento del telecomando la gente sceglie ora il
programma che più interessa facendo zapping, cosa che preoccupa molto le emittenti le quali non
vogliono perdere spettatori e ciò si traduce in una corsa allo spettacolo che è di livello sicuramente
basso e banale. Ma oggi il rapporto con i media è cambiato. Non sono più uno schermo che si
guarda, una radio che si ascolta, ma sono un ambiente in cui si è immersi, soprattutto i giovani che
non ascoltano musica dalle cuffie collegate a un walkman, ma diventano essi stessi musica. Il
linguaggio elettronico non si rivolge più all’intelligenza, ma ai sensi. Oggi il libro cede il passo alla
cultura delle immagini, non c’è più familiarità con il mondo della parola. Ma ciò non è solo un
fattore negativo. La parola può essere infatti usata come mezzo di seduzione e menzogna, come è
successo a molti dittatori. Dal Concilio Vaticano II del resto abbiamo appreso che Dio ha parlato
con parole e gesti, cioè anche attraverso segni, immagini. La Parola non basta per comunicare il
mistero di Dio e il suo Regno. Dobbiamo saper usare questi mezzi e distinguere il vero dal falso.
Oggi occorre anche saper dare le notizie. Gli operatori spesso, per uno scoop, entrano nella vita
delle persone violando la privacy. Sono a volte scandalo per i più giovani e fanno della pornografia
indecente occasione di guadagno. Si legge nella Sacra Scrittura: guai a chi è di scandalo. Il
mediatore è colui che traduce, non un megafono che dice tutto, ma uno che sa dire l’essenziale.
Saper fare questo attraverso una penna o una inquadratura è sicuramente un dono.
Ora il cardinal Martini prende in esame ciò che si vede dal tetto della casa: miriadi di antenne, come
a mettere un ostacolo tra noi e il cielo. Sul grattacielo Pirelli di Milano però si nota la statua, se pur
in dimensioni ridotte, della Madonnina. In un certo senso questo sta a significare che è possibile una
mediazione, un rapporto tra media e Chiesa. Tutta questa quantità di antenne è come una sfida per
noi cristiani: siamo capaci di comunicazione al di fuori della Chiesa? Che linguaggi usiamo?
4 Dobbiamo porci in relazione con i media, ma non senza prima guardarci dentro come comunità.
Infatti a mio parere occorre prima saper parlare un linguaggio comune all’interno delle nostre
parrocchie, tra i cosiddetti “nostri”! Solo allora ci potremo aprire all’esterno. Molto interessante, per
questo argomento, il documento Communio et progressio in cui si dice “indispensabile per i
cattolici comunicare” (n.114), “esprimere le proprie idee” (n.116), “valorizzando la “libertà della
parola nella Chiesa” (n.117).4
E’ importante che la Chiesa:
-
Dica e pratichi la comunicazione
-
Svolga un ruolo educativo
-
Punti alla mediazione professionale
-
Entri nei media anche gestendoli direttamente
“Perché sia possibile una comunicazione autentica […] in un mondo che sta raggiungendo la
dimensione del «villaggio» occorre che noi ci impegnamo a migliorare in tutti i campi le nostre
capacità comunicative per metterle al servizio del Vangelo”5.
E’ cioè utile che la Chiesa sappia esprimersi, sappia uscire e comunicare. I media danno spazio alla
Chiesa solo quando a parlare è il Papa o un personaggio noto. Invece ci sono molte realtà anonime
che dovrebbero emergere tramite i media: parrocchie con programmi pastorali particolari, gruppi di
volontari, ecc. E’ essenziale che ogni cristiano sappia aprirsi, essere disponibile, sappia misurarsi
con il mondo, essere attivo, ma sappia anche chiudere, cioè fare pausa, ritirarsi, riflettere su ciò che
ha visto nel mondo. Fare pausa vuol dire spegnere la TV per uscire, incontrare amici recuperando i
rapporti, per telefonare a chi è lontano, per scrivere una lettera a qualcuno importante, o ancora, per
pregare, meditare un pochino. Alla rete televisiva si sostituisce la rete di rapporti umani autentici e
il rapporto con Dio. Del resto comunicare è anche saper ascoltare e ciò lo si fa tacendo! Occorre
attivare iniziative “apri e chiudi”: corsi di formazione, catechesi ma anche occasioni di discussioni e
approfondimento attraverso cineforum o altro.
A questo punto il Cardinal Martini fa delle proposte su cosa e come strutturare i programmi
televisivi. Parla della necessità di esprimere, attraverso i media gioia, speranza, trovare un clima
civile. Questo noi cristiani dobbiamo chiedere, essendo chiari nelle proposte, rispettosi e fiduciosi
dei mezzi e degli operatori, concedendo lode e ammirazione: “Vorremmo che i media parlassero
4
5
Istruzione Pastorale della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali C.M.Martini, Lettera Pastorale Effatà, apriti, n.4 5 dell’uomo, dei suoi problemi, delle difficoltà oggettive, dei sentimenti, dei motivi per cui vivere,
[…] delle ricchezze della nostra storia cristiana, di Dio”.6
Credo che tutto questo oggi ci sia. Il Cardinal Martini ne accusa la mancanza, ma ora questo c’è. Ci
sono dei registi che hanno realizzato film e trasmissioni per evangelizzare ma non solo, come fece
Mel Gibson, ricostruendo la passione di Gesù in modo storico. Esempio è un giovane regista di
Bologna, Mauro Camattari il quale ha messo a disposizione la sua esperienza per realizzare opere
che vogliono evangelizzare soprattutto nel mondo giovanile (“Il credo” filmato richiesto e
approvato dalla Cei). Filmati sui Vangeli che si esprimono in “linguaggio moderno”. Ora i giovani
si sentono coinvolti, ora sentono più di una ventina di anni fa, che la Chiesa inizia a parlare la loro
lingua. Certamente nel 1991 ancora non si parlava di Facebook, Twitter o cose simili, in questo la
lettera in esame è un po’ “indietro”, ma sicuramente quello che il Cardinale vuole esprimere, lo
possiamo leggere adeguandolo ai nuovi media.
Il Cardinal Martini parla di emittenti radiofoniche e televisive di stampo cattolico. Incita tutti i
cittadini a fare in modo che esse vivano e si diffondano, ma soprattutto che siano segno di una
Chiesa viva.
Il valore evangelico fondamentale su cui punta il Cardinal Martini è la relazione tra le persone.
Questo era il tema trattato anche nella lettera “Effatà. apriti”, frase che Gesù ha rivolto a un
sordomuto che vuol dire appunto, comunica. Senza relazione non c’è vita. L’attenzione per i media
non deve cancellare il primato della relazione interpersonale. In questa relazione ruolo primario ha
la parola che vogliamo comunicare.
“La parola latina personare significa risuonare, far risuonare; parlando, con la mia voce io
raggiungo l’altra persona, ed è così che avviene l’incontro”.7
Ma, come dice l’autore di questa lettera, abbiamo bisogno di persone che, lavorando nei media,
allarghino lo sguardo su quel mondo invisibile che è il Regno di Dio: vivere il reale con uno
sguardo in alto. E allora fa appello ai giovani, affinchè nel campo delle comunicazioni di massa
sorgano “Vocazioni” per farsi prossimo nei confronti dell’uomo, per ricercare la verità. Non
vogliamo, afferma, diventare professionisti di cinema e teatro, ma vogliamo usare questi mezzi per
educare, evangelizzare e aprire possibilità di incontro e dialogo.
6
7
C.M.Martini, Lettera Pastorale Il lembo del mantello, n.31 A.Grun‐R.Robben, Il senso del limite, Queriniana, (2006), Introduzione 6 Nelle ultime pagine c’è una sorta di esame di coscienza che il Cardinal Martini propone, come
aveva fatto per la lettera “Effatà. apriti”. Attraverso domande come “Qual è il mio atteggiamento
generale verso i media?” o “Mi rendo conto delle illusioni…” vuole aiutare tutti gli uomini a far
buon uso dei media.
Vorrei concludere questa relazione con un breve testo di uno scrittore spirituale, brano riportato dal
Cardinal Martini nelle ultime pagine della lettera, affermando che la preghiera è il primo e più
importante strumento per comunicare in modo serio e costruttivo con gli altri:
“Non leggere il giornale come il turista, non guardare la televisione come un dilettante, ma ogni
volta cerca di comunicare con la vita reale di tutti quegli uomini dei quali intravedi gli occhi
esteriori nei mezzi di informazione: la tua preghiera si arricchirà di tutta questa vita del mondo.
Essa si farà semplice per gli uomini che soffrono spiritualmente e materialmente. Comprenderai
che ciò che manca loro di più non sono tanto i mezzi, ma le ragioni per vivere…”.8
Il Cardinale conclude con una preghiera a Dio, di cui vorrei riportare una frase:
“Aiuta la tua Chiesa a essere il popolo del dialogo, capace di dire e di praticare la comunicazione
al suo interno e con tutti”.
Isabella Rinaldi
8
J.Lafrance, Prega il Padre nel segreto, O.R.Milano (1989), p.140 7