ora - Stop`ndrangheta.
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Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. Giovedì 1 dicembre 2011 www.ilquotidianodellacalabria.it Blitz anti ’ndrangheta da Milano alla Calabria. Il pm Boccassini fa arrestare 10 persone Toghe e politici con i clan In manette il giudice Vincenzo Giglio e il consigliere regionale Franco Morelli • Notizie rivelate per la carriera della moglie La lotta alla crisi • Escort e viaggi per il gip indagato • Il boss Lampada cavaliere in Vaticano • Il notaio Borelli “socio” della cosca BALDESSARRO, CLAUSI, GUALTIERI, ILLIANO, INSERRA e MOLLO da pagina 4 a pagina 13 Monti: «Agire ora o danni gravi» a pagina 14 Tangenti a Milano Il giudice Vincenzo Giglio Il consigliere regionale Franco Morelli Lo sbarco a Lampedusa il 4 agosto dopo riti magici. Arresti a Rogliano Sacrificati per placare gli dei Otto in cella per aver gettato in mare alcuni immigrati IMMIGRATI legati mani e piedi e gettati in mare per placare le ire degli dei e riuscire ad arrivare vivi in Italia. Il sacrificio umano compiuto su un barcone partito dalla Libia a luglio e intercettato e portato a Lampedusa il 4 agosto. Autori del rito tribale, costato la vita a diversi clandestini, otto immigrati che erano su quel barconee che sono riusciti ad avere la meglio anche sugli scafisti. Due di loro sono stati arrestati nel centro Cara di Rogliano. ANTONIO MORCAVALLO a pagina 19 Appello al premier Scopelliti «Fateci spendere i nostri soldi» PASQUALINO RETTURA a pagina 17 Mancini e Scopelliti ieri a Lamezia In cella il numero 2 della Regione a pagina 3 L’ultimo saluto De Seta, l’arte a difesa dei deboli B. APICELLA a pagina 59 La Corte d’Assise di Locri dà l’ergastolo a Curciarello. La Procura pronta a fare appello Sombrero Il tunnel “FATE presto!” titolava a caratteri cubitali 20 giorni fa il Sole24ore; e ora Tribune in Francia titola “Tic-tac”. Per fare presto Bersani, Alfano e Casini hanno rispolverato un tunnel sotterraneo che li porta da Palazzo Madama allo studio di Monti. L'intento è soprattutto di vedersi senza essere visti. Ma fra collaborazione e inciucio la distanza è impalpabile. E per loro, quando il governo Monti finirà, il problema sarà come litigare ed essere presi sul serio, come evitare che la gente non li distingua più, ma dica “noi e loro”, e nel “loro” li metta tutti in mucchio. Delitto Cordì, una condanna e due assoluzioni LA Corte d’Assise di Locri ha condannato all’ergastolo Michele Curciarello per l’omicidio del boss Salvatore Cordì. Assolti Antonio Martino e Antonio Panetta. PASQUALE VIOLI a pagina 18 11201 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 17 - N. 331 - € 1,20 4 Primo piano Giovedì 1 dicembre 2011 Primo piano 5 Giovedì 1 dicembre 2011 Le accuse della Dda di Milano al magistrato reggino L’asse Milano-Reggio Notizie riservate in cambio della carriera della moglie L’indagine ha rivelato i rapporti tra ’ndrangheta e zona grigia Toghe e politici amici dei clan Dieci arresti della polizia su ordine della Dda milanese E a Reggio Calabria scattano altri sei fermi preventivi di GIUSEPPE BALDESSARRO Un sistema trasversale per infiltrare le istituzioni Una sorta di certificazione che Morelli vorrebbe esibire a Scopelliti per un posto in giunta. Le cose andranno poi diversamente per questioni di equilibri interni al centrodestra. Ma non finisce qui. Perchè i tentacoli dei Valle arrivano anche da altre parti. Arrivano ad esempio nelle stanze del Gip di Palmi, Giancarlo Giusti. Per lui i Valle avevano un trattamento particolare. Non gli interessavano le carriere e i soldi, a Giusti piacevano le donne. I boss gliele facevano trovare in albergo. Soggiorno e mignotte, tutto pagato dalla ‘ndrangheta. E anche Giusti era a disposizione. I magistrati milanesi non hanno capito cosa faceva in cambio per loro, non ancora, ma di certo c’è che a fronte di spese alberghiere per 27 mila euro, ci doveva essere una contropartita. Nel giro affiorano anche altri personaggi. Avvocati, professionisti e medici venivano utilizzati per occultare patrimoni, tentare scalate, acchiappare nuovi business. I Valle avevano la loro parte, mentre la Dda di Reggio ha scoperto che anche i Gallico di Palmi non erano restati indietro. Così sempre ieri hanno “fermato”cinque persone con un provvedimento a firma del procuratore aggiunto Michele Prestipino e dei sostituti Roberto Di Palma e Giovanni Musarò. Nelle teste degli ‘ndranghetisti tutto aveva un prezzo, bastava trovare la formula per pagarlo. In questa maniera si salvavano patrimoni, si eludevano le indagini, si trovavano nuovi e potenti amici. A Reggio e a Milano, a Roma e in Vaticano. I boss puntavano in alto ed avevano gli agganci giusti per arrivarci. Giulio Lampada cavaliere su segnalazione della diocesi di San Marco-Scalea Per il boss investitura in Vaticano di ANDREA GUALTIERI GIULIO Giuseppe Lampada, l’uomo accusato di associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d’ufficio, intestazione fittizia di beni, il personaggio che, secondo l’inchiesta milanese, «sovrintende ai rapporti con gli appartenenti alle famiglie mafiose di Reggio Calabria», è anche un cavaliere del pontificio ordine equestre di San Silvestro. Da ciò che è emerso nel corso delle indagini ha ricevuto la nomina in Vaticano dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone l’8 novembre del 2009. In seguito, gli è stata consegnata anche la divisa cucita per lui su misura: fatta di panno nero a falda lunga con collo, paramani e tasche in seta nera, prevede ricchi ricami in oro anche sui pantaloni e poi copricapo nero di felpa con il piumaggio di bianco, spadino e altri accessori. Lampada ne andava molto orgoglioso, tanto da raccontare dell’investitura all’avvocato Minasi in La cupola della basilica vaticana di San Pietro una telefonata intercettata il giorno dopo: «Ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono Eccellenza...di pari grado a Eccellenza...mi devono chiamare Eccellenza». Eccellenza, nelle gerarchie ecclesiastiche, è l’appellativo riservato anche ai vescovi. E proprio da un presule, secondo la trafila prevista in Vaticano, deve essere arrivata la segnalazione che ha portato Lampada a ricevere l’onorificenza. Secondole indicazionipontificie,l'«Ordi- ne equestre pontificio di San Silvestro Papa» viene conferito ai laici particolarmente benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche. In genere è il vescovo della diocesi di appartenenza o di quella di origine a suggerire il nome di una personalità che si reputa degna e sulla quale il Vaticano si riserva poi di effettuare i propri controlli. Ma l’indicazione del potenziale cavaliere può arrivare anche da altri settori ecclesiastici e nel caso di Lampada è stata formulata dalla diocesi di San Marco Argentano-Scalea, come risulta dal diario della curia romana pubblicato negli Acta apostolicae sedis del 3 dicembre 2010. La sensibilità del presunto boss al fascino vaticanoappare anche in un secondo passaggio dell’inchiesta, quella in cui si cita il battesimo della figlia, celebrato nella basilica di San Pietro l’8 giugno 2008. E il gip milanese Giuseppe Gennari commenta nell’ordinanza che «anche in Vaticano si allungano le mani della famiglia mafiosa». Ilda Bocassini con il capo della squadra mobile Alessandro Giuliano | IL GIP DI PALMI | Reggio-Milano: 16 arresti Il vizio delle donne e la strana ambizione «Dovevo fare il mafioso» REGGIO CALABRIA - La poli- anni, la kazaca Olga, 34 anni, e zia giudiziaria ieri mattina gli la slovena Denisa, 27 anni. Giuha rivoltato l’ufficio al Tribuna- sti, per telefono, si lascia andale di Palmi. Ma Giancarlo Giu- re: «... Dovevo fare il mafioso, sti, indagato nell’operazione non il giudice...» Giusti e Lampada sono ovviadella Procura di Milano, era già nei guai prima. L’ufficio di Giu- mente in ottimi rapporti, il masti, che opera principalmente gistrato gli dice che arriva a Minella sezione distaccata di Cin- lano «la settimana che entra o la quefrondi, è stata perquisita prossima... Dipende dal cugino dalla Mobile di Reggio Cala- del tuo caro amico medico!... di bria. Secondo l’accusa, il giudi- Giglio!! no?!», e Giglio sta per ce sarebbe stato corrotto da Giu- Vincenzo, il collega magistrato, presidente del lio Giuseppe Lamtribunale per le mipada, che è finito sure di prevenzioin carcere per asne del tribunale di sociazione mafioReggio Calabria, sa ed altri reati. come conferma lo Per il giudice di stesso Lampada. Palmi il clan orgaParlando del “menizzava viaggi nel dico”, che si chiama nord Italia e inconpure lui Vincenzo tri con alcune Giglio. escort. Una ventiEcco uno stralcio na di fine settimadelle intercettaziona di piacere al ni: Nord, in cui gli veLAMPADA (rifenivano messe a di- Il tribunale di Palmi rendosi al magisposizione prostistrato Vincenzo Gitute con le quali glio): «...Del nostro avrebbe intrattePresidente, dobbianuto rapporti in mo dire!!... Il Presiun hotel della zona dente delle misure del quartiere San di prevenzione di Siro. L’inchiesta tutta Reggio Calache scoperchia bria! Sai che dobqualche figura biamo fare?.....» della “zona grigia” GIUSTI: «... che facciamo, che protegge, favorisce, aiuta o in qualche modo è amica della che facciamo??». LAMPADA: «lo convochia‘ndrangheta tra Milano e Reggio Calabria allinea numerosi mo qualche giorno su a Milano episodi, e ovviamente si avvale e lo invitiamo... come la vedi di alcune intercettazioni telefo- tu?». GIUSTI: «... minchia!! guarniche e ambientali. Eccone una che riguarda pro- da!! dobbiamo parlarne col meprio Giancarlo Giusti, invitato dico!!!...(ride)...». LAMPADA: «Non dirgli nula Milano, all’hotel Brun. La toga non paga mai. Per lui il conto la che ti ho detto che è un mese è saldato da un boss del calibro che non ci sentiamo!». GIUSTI: «... Tu ancora non di Giulio Lampada, per una spesa totale di 27mila euro. Senza hai capito chi sono io... sono parlare di quanto costavano le una tomba, peggio di.. ma io doragazze, tutte identificate. vevo fare il mafioso, non il GiuC’era la ceca Jana, quaranten- dice... però l’idea di portarci il ne, le russe Zhanna 36 anni, Presidente a Milano non è male, ballerina al Rayto de Oro, a La sai?!... Lo vorrei vedere di fronTour, al Venus, e altri night di te ad una steccona!!». Milano e del nord, ed Elena, 41 g. bal. Viaggi ed escort per corrompere il magistrato Milano Giuseppe Vincenzo Giglio Raffaele Ferminio Vincenzo Giglio Francesco Lampada Giulio Giuseppe Lampada Vincenzo Minasi Luigi Mongelli Giuseppe Morelli Leonardo Valle Maria Valle - domiciliari Reggio Calabria Vincenzo Carmelo Gallico Gesuele Vincenzo Misale Vincenzo Minasi Daniele Borelli Alfonso Rinaldi Domenico Nasso Vincenzo Giglio nell’ambito del procedimento contro il clan Valle di Milano. Nellecarte dell’inchiesta affioravano sia il nome del cugino suo omonimo, che del Consigliere regionale del Pdl Franco Morelli. In quell’occasione aveva preso le distanze dalla vicenda pubblicamente e con fermezza. Alessandra Sarlo, moglie di Giglio è attualmente dirigente generale del settore Controllo strategico della Regione Calabria (istituito a settembre scorso dal governatore Scopelliti), assunta dopo essere stata commissaria dell’Asp di Vibo Valentia. Sarlo fu nominata dalla Giunta regionale commissaria a Vibo Valentia nel luglio del 2010 ed è rimasta in carica fino al gennaio del 2011, quando l’Azienda sanitaria fu sciolta per infiltrazioni mafiose dal Consiglio dei Ministri. Lo scioglimento fu disposto sulla base dei risultati cui era giunta la Commissione d’accesso nominata nell’ottobre del 2010 che accertò, tra l’altro, la «presenza di esponenti della criminalità organizzata tra il personaledipendentedi ditteaggiudicatricidi appalti». La commissione rilevò anche la «condotta di dirigenti che hanno favorito l’aggiudicazione di taluni appalti a ditte riconducibili direttamente o indirettamente ad esponenti di spicco della criminalità locale». Situazioni che, secondo la commissione, si sarebbero protratte anche nel periodo in cui l’Azienda sanitaria è stata gestita da Alessandra Sarlo. g. bal. Il consigliere regionale eletto con oltre 13.000 voti A Palmi con i Gallico, a Milano con i Lampada-Valle Il politico che garantiva Il “regista” economico le giuste entrature era l’avvocato Minasi COSENZA - La notizia dell’arresto di Franco Morelli è stata un vero e proprio terremoto per la città di Cosenza. Morelli è infatti politico di lungo corso, molto conosciuto per la sua lunga militanza che si è tutta dipanata all’interno del centrodestra. Dopo una breve parentesi nelle fila della Democrazia Cristiana, con l’avvento della Seconda Repubblica Morelli decide di aderire prima ad An e poi al Pdl. In particolare è l’attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e la sua corrente “Destra sociale”il punto di riferimento politico del consigliere regionale calabrese. Un punto di riferimento che lo porterà a ricoprire incarichi importanti come quello della presidenza dell’Unire, di diventare capo di gabinetto del Governatore Chiaravalloti e di ottenere altri incarichi di grande responsabilità. Nato a San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza, sposato con due figli, è stato eletto nel Consiglio regionale della Calabria, nella circoscrizione di Cosenza, per il Pdl, con 13.671 preferenze. Secondo le accuse mosse dalla Procura della Repubblica di Milano era lui l’entratura dei Lampada-Valle nel mondo della politica, della sanità e delle istituzioni. di MICHELE INSERRA Il consigliere regionale del Pdl, Franco Morelli Con loro Morelli aveva ben tre società in comune, sia pure con una partecipazione azionaria del 10%. Società che operavano nel settore delle scommesse sportive. Il consigliere regionale del Pdl inoltre forniva ai suoi amici una serie di notizie riservate su indagini in corso a Reggio Calabria e a Milano. Notizie che riusciva ad ottenere grazie ai suoi agganci con pubblici ufficiali. Era prudente, Morelli, nei suoi rapporti con i Lampada-Valle. In una occasione recuperò delle schede telefoniche intestate ad un fantomatico cittadino, Said El Arousy, tramite le quali manteneva i rapporti. Inoltre i contatti telefonici avvenivano sempre o da queste schede o da cabine pubbliche, spesso quelle situate a pochi passi dall’abitazione romana di Morelli. Infine il consigliere regionale ha premuto molto affinchè la moglie del magistrato Vincenzo Giglio venisse nominata commissario straordinario della Asp di Vibo Valentia. Una nomina che a Morelli, secondo gli inquirenti, teneva molto. Questo perchè Giglio lo aveva informato sull’inesistenza di indagini sul suo conto. Informazione fondamentale per chiedere a Scopelliti un posto in giunta. REGGIO CALABRIA – Giuseppe Minasi, 55 anni, era l’avvocato che curava gli interessi legali, patrimoniali ed economici dei clan. A Palmi quelli riconducibili alla famiglia di Giuseppe e Domenica Gallico, a Milano quelli dei Lampada-Valle. Era il “consigliori” delle cosche e ad aveva anche il compito di portare “imbasciate” fuori dal carcere e dare consigli su latitanze. E soprattutto era l’avvocato storico della famiglia Gallico. Il legale del foro di Palmi e con studi a Milano, Como, Palmi e Lugano è finito in manette per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio, intestazione fittizia di beni, aggravato dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa. L’avvocato già nel 1994, a seguito dell’operazione “Tirreno”, venne arrestato, perchè era al fianco della cosca Molè di Gioia Tauro. Minasi ieri è stato raggiunto da un doppio provvedimento restrittivo: è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza della Dda di Milano e, contestualmente, gli è stato notificato un provvedimento di fermo emesso nei confronti suoi e di altre cinque persone dalla Dda di Reggio. Quest’ultimo provvedimento fa riferimento al seguito dell’inchiesta «Cosa mia» di giugno 2010 contro i Francesco Valle Domenico Gallico Gallico. Nell’inchiesta milanese, Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa; in quella reggina è indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Gli altri tre fermati Domenico Nasso (28), di Taurianova, Gesuele Misale (53), di Palmi, e Alfonso Rinaldi (51), di Palmi - Nasso e Misale sono accusati di associazione mafiosa per avere fatto parte della cosca Gallico operante a Palmi; Rinaldi per intestazione fittizia di beni; Nasso per violenza privata. I fermi di- sposti dalla Dda di Reggio fanno seguito ad un’operazione che portò alla scoperta delle infiltrazioni delle cosche nei lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria. Nell’occasione fu accertato che le cosche imponevano alle imprese una tangente del 3% sugli appalti quale corrispettivo per la «sicurezza dei cantieri». Con l’ulteriore indagine, gli investigatori ritengono di avere individuato nuovi affiliati al clan e di avere ricostruito i tentativi di occultare illecitamente alcuni beni immobili della cosca avvalendosi dell’opera di professionisti del luogo, quale Minasi, per sottrarli allo Stato. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - E’ una macchina perversa quella scoperta dalle direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Milano. Un coacervo di interessi velenosi che si intrecciano in inchieste che hanno camminato per mesi di pari passo, come alla pari hanno lavorato le squadre mobili lombarda e calabrese. Fascicoli in cui emergono uomini e fatti diversi, ma che avevano punti di saldatura precisi. La ‘ndrangheta aveva il suo ruolo, la politica i propri interessi, mentre pezzi di magistratura reggina approfittavano del proprio ruolo per conquistare benefici d’ogni genere. Da una parte le ‘ndrine Valle-Lampada, cosche potenti sul piano economico ed elettorale dell’hinterland milanese e non solo. Dall’altra la politica, con Franco Morelli del Pdl in testa. A far incontrare padrini ed esponenti del centrodestra Vincenzo Giglio, ufficialmente medico. In realtà un personaggio schiacciato sugli interessi della ‘ndrangheta, ma capace di bussare alla parta delle stanze che contano. Il medico mette assieme i pezzi, fa le presentazioni, crea le occasioni, salda amicizie. I Valle arrivano così da Morelli. Gli fanno vedere e conoscere la gente che conta. E’ un modo di agire consolidato il loro, sono amici di Alberto Sarra, sottosegretario della Giunta regionale. E quando Sarra decide di non candidarsi passano armi e bagagli al fianco del nuovo riferimento inter- no alla Pdl. Morelli appunto. Ma Giglio per Ilda Boccassini e gli altri pm milanesi non ha solo interessi con i Valle. Ha anche gli strumenti per coccolarseli. Ha buone entrature anche nella magistratura. Suo cugino, e omonimo, Enzo Giglio, è un giudice di primissimo piano. A Reggio ricopre il ruolo di Presidente della seconda sezione penale della Corte d’assise ed è presidente della sezione Misure di prevenzione. Un giovane e brillante magistrato che evidentemente ha anche qualche punto debole. Per il Gip di Milano, Giuseppe Gennari, il suo ventre molle è rappresentato dalla moglie Alessandra Sarlo. Secondo l’inchiesta il magistrato intreccia rapporti sia con Morelli che con i Valle. Fornisce informazioni sulle inchieste in corso e in cambio riceve incarichi per la moglie. Lo scorso anno, documenta la Dda di Milano, la signora Sarlo viene nominata commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia. Il suo nome è spinto da Morelli e l’operazione va in porto. E’ quella, secondo gli investigatori la moneta di scambio per ringraziare il marito giudice che avrebbe fornito al consigliere regionale soffiate sul proprio stato di salute giudiziario. Gli investigatori lo scoprono quando in una intercettazione viene fuori che il neo eletto parlamentare regionale di centrodestra ha bisogno della prove che sul suo conto non c’è nulla sul piano penale. Così il giudice Giglio gli fa avere un fax nel quale si “attesta” che il politico è pulito. REGGIO CALABRIA - Il giudice Vincenzo Giglio, presidente della Corte d’Assise di Reggio Calabria e della sezione Misure di Prevenzione è sempre stato un magistrato sui generis. Un personaggio che ha sempre spaccato in due le opinioni sul suo conto. La Dda di Milano lo accusa di “Corruzione, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato le attività mafiose”. Avrebbe fornito informazioni riservate in cambio di una carriera rapida per la moglie all’interno della Regione Calabria. Ipotesi, chiaramente, tutte da verificare. Ma che stanno facendo tremare i palazzi che contano a Reggio e non solo. Non è un’inchiesta semplice. Tanto più che Giglio è un magistrato particolare. Da una parte giudice temuto e rispettato per la sua competenza e per il rigore in aula. Dall’altro circondato da un mormorio di fondo rispetto al suo modo di gestire incarichi e amicizie. Un presidente di corte d’Assise tosto. Che non risparmiava condanne di carcere a vita per fatti di criminalità spicciola o anche legati a storie di ’ndrangheta.Storiechefacevanodire diluicheèsempre stato un magistrato equilibrato sia nel giudizio da esprimere nei confronti di boss e picciotti, sia che si trattasse di valutare poveracci incappati nelle tragedie della vita. Vicende che facevano il paio però con quanto si diceva, ad esempio, sul suo modo di gestire i beni sequestrati alle cosche. Negli scorsi anni avevano fatto discutere alcuni incarichi affidati a dei professionisti della città per l’amministrazione giudiziaria di aziende e patrimoni. E tuttavia Vincenzo Giglio agiva in maniera assolutamente legittima. Chiacchiere insomma. Da Presidente delle misure di prevenzione, nell’ultimo anno ha emesso numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti di affiliati alle cosche della ‘ndrangheta tra cui quelli per 330 milioni di euro al re dei videopoker Gioacchino Campolo e di 190 milioni di euro alla cosca Pesce. Giglio occupava un ruolo di primo piano nei quadri del Tribunale di Reggio Calabria. Un ruolo che lo portava spesso ad essere anche personaggio pubblico con numerose presenze in qualità di relatore a convegni e tavole rotonde. Frequentatore di feste e circoli importanti della città Enzo Giglio era anche noto per intervenire spesso nel confronto pubblico. Fino a due anni fa era il referente locale di Magistratura Democratica di cui faceva ancora parte. Docente di Diritto penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università statale Mediterranea di Reggio, lo scorso anno era stato tirato in ballo 6 Primo piano Giovedì 1 dicembre 2011 Primo piano 7 Giovedì 1 dicembre 2011 Nel fascicolo le piste degli inquirenti L’asse Milano-Reggio La talpa, il magistrato e gli ’ndranghetisti ecco la rete degli spioni Vincenzo Giglio lo inviò a Morelli per informarlo su alcune inchieste Un fax accusa la toga reggina Nelle carte della Dda anche gli incontri e le telefonate tra il giudice e il presunto boss lombardo Giulio Lampada te proprio finalizzate ad occuparsi dei problemi giudiziari dei Lampada. Giulio Lampada e il giudice Giglio si sono incontrati. Più esattamente: circa 1 ora, il 20 febbraio 2010; circa 2 ore, il 25 febbraio 2010; circa 45 minuti il 3 marzo 2010; circa 3 ore, il 9 marzo 2010; e circa 2 ore, il 16 aprile 2010. Anche alcuni messaggini sono chiari, come “Sono dal giud” (sms da Francesco Lampada a Maria Valle Maria), oppure “Gioia mercoledì partiamo che domani sera ci dà l’ambasciata il giud”(sms Lampada Francesco Valle Maria). E sull’affidabilità del magistrato i clan concordano, visto che lo stesso Francesco Lampada dice: «Io tengo fede della situazione del cugino del medico, hai capito?... Perché l’ho visto che è più... se dice una cosa è “chidda”... l’ho tastato con le mani... Perciò ... siamo andati stasera e ci ha detto di avere pazienza qualche giorno in più.. tutto qua...». g. bal. | ANM E MD | Il giudizio pesantissimo del gip Giuseppe Gennari Le associazioni di categoria «Si vada avanti con rigore» REGGIO CALABRIA - E’ un fronte unico e compatto quello della magistratura associata che ieri ha preso posizione rispetto alla vicenda dell’arrestato di Vincenzo Giglio. Ed i primi ad uscire pubblicamente sono proprio quelli di Magistratura democratica (Md), corrente a cui apparteneva il giudice arrestato ieri dalla Dda di Milano. «Al di la dei risvolti penali - si legge in una nota - la vicenda sollecita ogni magistrato ad una particolare cautela nella frequentazioni non solo nelle “terre di mafia”, e gli organi di autogoverno alla massima incisività nei controlli sulla correttezza dei comportamenti dei singoli non solo con riferimento allo stretto esercizio delle funzioni giurisdizionali». Piergiorgio Morosini, Segretario Generale di Magistratura Democratica, «senza entrare nel merito», spiega che «anche questa vicenda dimostra come la magistratura italiana, nei comportamenti concreti, coltivi il principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge». Per Md, quindi, «Occorre avere fiducia nella serietà e nella scrupolo professionale dei magistrati chiamati a svolgere il delicato compito di accertare la verità». Morosini ricorda comunque che «vale, naturalmente, anche in questo caso come in tutti gli altri, la presunzione di non colpevolezza dell’indagato sino ad una pronuncia definitiva dell’autorità giudiziaria». Sulla stessa lunghezza anche l’Anm. «I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda della procura della Repubblica di Mi- lano nei confronti anche di magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione». Per questo l’associazione dei magistrati «Al di là di ogni valutazione sul merito delle accuse non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata che emerge dalle indagini, con evidente compromissione della funzione giudiziaria e dell’immagine della magistratura». «Ribadiamo ancora una volta dicono da Anm - che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti dei singoli contrari alla legge. Proprio per questo ha il dovere, come sempre ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno comportamenti quali quelli qui ipotizzati. L’Associazione nazionale magistrati chiederà al collegio dei probiviri di valutare con la massima urgenza la compatibilità dei fatti contestati con l’appartenenza all’associazione». Luca Palamara dell’Anm «Spregiudicato per interessi dietro una facciata pulita» REGGIO CALABRIA - «Il giudice Giglio fa la cosa peggiore per chi, come lui, riveste un ruolo istituzionale delicatissimo e di garanzia della legalità: egli strumentalizza il proprio ruolo e la propria autorevolezza per interessi privati e lo fa con un livello di spregiudicatezza veramente inquietante». Sono queste le considerazioni del gip di Milano Giuseppe Gennari che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare che oggi ha portato in carcere lo stesso Giglio e altre otto persone, mentre una è finita agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’operazione della Dda milanese contro la ‘ndrangheta. Il giudice ha, inoltre, aggiunto che «dietro la veste del garante rigoroso delle istituzioni, Giglio accetta ogni compromesso, fornisce notizie riservate a dei mafiosi, fornisce notizie parimenti riservate a un politico, adotta cautele nel comunicare di un associato a delinquere, richiede favori per la moglie con una protervia che non ammette rifiuto». Per il giudice Gennari, dagli atti delle indagini emerge di Giglio un ritratto complessivo «estremamente negativo. È il ritratto di un personaggio considerato notoriamente “avvicina- bile” in ambienti criminali di elevato spessore» anche se la sua unica preoccupazione «è quella di preservare la sua immagine pubblica» E a testimonianza della sua spregiudicatezza nell’inchiesta si ricorda che è il 10 aprile 2010 quando Franco Morelli è stato appena eletto consigliere regionale. Il suo amico Vincenzo Giglio gli spedisce un sms: «Ti confesso un piccolo segreto: mia moglie fa parte della piccola cerchia di persone a cui piace lavorare molto. Perciò, quale che sia la destinazione, per favore, che sia un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza. Questo per la sua serenità e per il mio equilibrio interiore per cui invoco la solidarietà maschile. Grazie». La moglie di Vincenzo Giglio, Alessandra Sarlo, verrà poi nominata dalla giunta regionale, su proposta del governatore Giuseppe Scopelliti. Morelli, dal canto suo, viene estromesso dalla giunta guidata da Scopelliti e se ne lamenta con l’amico giudice sempre via sms: «Enzo, è stato consumato un vero atto di killeraggio politico. Ora con serena ma ferma determinazione attendiamo sviluppi». Il magistrato replica: «Ave- vamo intuito. E questo non riduce di una virgola ma semmai aumenta la considerazione e l’amicizia che abbiamo per te». Tra i due c’è ormai un rapporto solidissino, tanto che Morelli riceve documenti coperti dal segreto investigativo a Roma, dove un suo uomo di fiducia aspetta davanti a un fax e spiega al suo “superiore” di aver letto «un fax della Dna, che non c’è niente». Quel fax è molto importante visto che, secondo quanto scrive il gip nell’ordinanza, «grazie alle notizie da lui fornite, (Morelli, ndr) sarà nominato presidente della commissione Bilancio e programmazione economica della Regione Calabria l’8 giugno 2010». A sua volta Giglio passa all’incasso: «Sollecita Morelli ad attivarsi per la nomina della moglie, a tal fine ricevendolo presso la propria abitazione insieme con Luigi Fedele, scambiando con costoro una serie di telefonate e di messaggi». g. bal. | Il consigliere regionale si fermava alle cabine per telefonare e possedeva un sim intestata a una straniera Avevano più schede telefoniche dei narcotrafficanti Nomignoli e linguaggi criptici per parlare tra loro di persone amiche. E l’avvocato diventa “il prete” REGIO CALABRIA - Nella vicenda della fuga di notizie sulle inchieste in corso, oggetto dell’indagine della Direzione distrettuale di Milano, «particolarmente sconfortante tra tutti - è il comportamento di Franco Morelli» che sovente telefonava da cabine pubbliche. A scriverlo è il gip di Milano nella sua ordinanza che rileva la stranezza della circostanza. «Il politico - prosegue il gip - usa una utenza intestata al fantomatico El Arousy Said; utenza verosimilmente fornita da Giulio Lampada, visto che è lui ad impiegare la seconda utenza intestata al medesimo soggetto (l’unica possibilità alternativa è che sia stato Morelli a procurare anche quella di Lampada). Inoltre, Morelli sovente ricorre a brevi chiamate notturne da cabine telefoniche romane». Aggiungono i magistrati: «L’uomo delle istituzioni - o che almeno tale dovrebbe essere - ricorre a delle tecniche di contrasto di indagine degne di un terrorista. Neanche nei procedimenti a carico di trafficanti di droga si vedono tante cautele nell’utilizzo delle comunicazioni a distanza». Spiega il Gip milanese: «Questa riflessione non serve solo a colorare il personaggio ma è di nuovo prova logica della consapevolezza assoluta in capo a Franco Morelli della gravità del suo comporta- mento e della professionalità che lo stesso ha in quel tipo di comportamenti». Il gip rileva poi anche che gli arrestati utilizzavano un linguaggio criptico per non farsi capire. E così «l’avvocato Vincenzo Minasi, è stato indicato da Giulio Lampada e Francesco Morelli con i termini di “uccellino”, “angioletto”, “prete” e “vincenzino”; la famiglia Condello viene citata col termine “condorelli”; la famiglia Valle viene indicata col termine “Valletti”; Armando Vagliati diventa “Armandix”, mentre Antonio Oliverio è “Toto”; il magistrato Vincenzo Giuseppe Giglio è indicato come “Primario”o “capo struttura”, per alludere alla sua posizione di vertice in seno all’Ufficio giudiziario di Reggio Calabria». Roba da boss, non da consiglieri regionali uomini d’affare. Gli sms «Ti ricordo che mia moglie lavora tanto» REGGIO CALABRIA Dopo una lettera di minacce arrivata al Procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, il 27 maggio 2010, il magistrato di Reggio Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio parlava al telefono, intercettato, con Francesco Morelli, il consigliere regionale calabrese del Pdl, di una «mossa (...) abile» ossia di una iniziativa di solidarietà da preparare, perchè queste iniziative «fanno fico». Il particolare emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari. Nell’inchiesta si ricorda che il 27 maggio 2010 veniva commesso «un atto intimidatorio nei confronti del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, mediante l’invio di una missiva di minacce conte- IL CASO cutori di non arrestare Pasquale Condello, perché ciò avrebbe provocato disordini e rotto equilibri». Per i magistrati Zumbo «ha “ascolto” presso le agenzie di controlli e che, nonostante ciò, è in grado di fare un doppio gioco che si spera fosse ignoto ai suoi referenti istituzionali. Certo è che l’origine delle notizie è senza dubbio istituzionale. E questo è un capitolo che merita approfondimento». Giglio, invece, nell’intercettazione raccolta in casa Pelle, «viene esplicitamente indicato come fonte di notizie riservate relative all’indagine “Tenacia”, come personaggio avvicinabile per ottenere favori relativamente a procedimenti di prevenzione, come personaggio notoriamente corrotto (“mangiataro”)». Le intuizioni dei magistrati lombardi non sono sufficienti «per contestare fatti specifici a Giglio», tuttavia una serie di considerazioni contenute nelle carte dell’indagine lasciano presumere che, in questo senso, ci saranno ulteriori approfondimenti investigativi. Tra l’altro «la conoscenza tra Zumbo e il giudice Giglio è verificata. È stato acquisito agli atti un decreto a firma di Vincenzo Giglio, datato 31 luglio ‘96, con il quale il magistrato, sequestrando a titolo di misura di prevenzione alcuni immobili a Saverio Latella, appartenente alla cosca Latella-Ficara, ha nominato amministratore dei beni proprio Giovanni Zumbo e se stesso giudice delegato alla procedura». Per gli inquirenti è «un incarico fiduciario che presuppone una relazione di collaborazione continuativa e tale da implicare rapporti diretti». Altri indizi, dunque, che vanno a sommarsi a quelli già raccolti contro il magistrato. E’ un fatto che i boss ricevano soffiate da un commercialista con agganci in Tribunale e nei servizi segreti. E c’è il contatto tra il giudice e la talpa. Poi ci sono i rapporti tra il giudice e la politica. E infine il commercialista che conosce gli stessi politici. Insomma, il cerchio sembra essersi chiuso. E’ una suggestione certo, ma di quelle che non fanno dormire la notte. Una suggestione su cui, è certo, gli investigatori milanesi e reggini continueranno a lavorare. g. bal. | Servitene pure come meglio credi». Si trattava insomma di una parata, ideata dal politico soltanto per ritagliarsi un po’ di visibilità e, forse, per accreditarsi come persona perbene e che agisce nella legalità. D’altra parte la pratica dello solidarietà tramite dichiarazione pubblica o comunicato stampa è ormai inflazionata mentre l’idea di una mozione, che nessun effetto avrebbe comunque avuto, appariva come originale e in grado di consentire un distinguo rispetto alla bolgia delle parole standard, che molto spesso finiscono in pastoni giornalistici, quando non vengono neppure considerati. Insomma, Franco Morelli aveva ideato una sua strategia e Giglio gli era tornato utile. g. bal. E Morelli espresse solidarietà a Pignatone Dopo le minacce il politico si fece preparare una mozione da presentare in Consiglio Una cabina telefonica nente una cartuccia d’arma da fuoco». E, prosegue il gip, «allo scopo di accreditarsi nei confronti dei magistrati della Direzione distrettuale della città dello Stretto Franco Morelli, approfittando del momento e anticipando gli altri esponenti politici regionali, chiede a Vincenzo Giglio di «preparare una mozione a sostegno dei magistrati di Reggio Calabria impegnati nella lotta alla ‘ndranghetà». In realtà, però, spiega il gip, al consigliere regionale Morelli «nulla interessa della solidarietà alla magistratura, interessa soltanto avere “un po’ di visibilita”». In una telefonata intercettata il 29 maggio 2010, il consigliere regionale calabrese, parlando con un’altra persona, spiega: «prepariamo una bella mozione di solidarietà ai colleghi... Domani faccio... il grande di culo... come si suol dire la presento in Consiglio regionale... tanto non ci pensa nessuno». In una telefonata tra Giglio e Morelli, il magistrato calabrese la definisce «una mossa... voglio dire, da un lato corretta (...) profondamente istituzionale e dall’altro abile». E sempre nella stessa intercettazione Giglio parla di «iniziative concrete, di quelle che fanno... come dire, di- rebbe un mio amico, “fanno fico”». Il 30 maggio 2010, stando sempre all’ordinanza, Giglio invia una mail a Morelli «relativa ad una bozza di mozione da fare al Consiglio regionale, sulla solidarietà da dare ai magistrati». L’e-mail, scrive il gip, «rappresenta l’aspetto patologico del coinvolgimento del Giglio nell’attività politica del Morelli». Giglio, come ricorda il giudice, scrive nella e-mail: «Caro Franco, ligio al dovere e sebbene ancora in preda ai fumi dell’alcol tracannato in grandi quantità nel relax eoliano, ti invio il contributo che mi hai chiesto. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - C’è un fax che inchioderebbe alle sue responsabilità il giudice Vincenzo Giglio. Un fax inviato da un esercizio commerciale, ricevuto da un altro esercizio commerciale. A spedire da una parte il magistrato reggino, a ricevere il consigliere regionale Franco Morelli. Il primo mandava notizie riservate al secondo. E’ questa la prova principe nella carte del’inchiesta Infinito della Dda di Milano. Ma Ilda Boccassini e i suoi sostituti vanno oltre. Giglio che, in passato se l’era presa con il “fango della stampa” e aveva difeso la sua onestà scrivendo anche una lettera pubblica, viene smentito dai suoi colleghi dell’antimafia. Esaminiamo due punti cruciali, «E’ falso - dice Giglio - che io abbia mai invitato il signor Lampada a partecipare ad occasioni conviviali a casa mia». Ma il 13 agosto 2009 Giulio Lampada (che si trova in vacanza a Tropea con la famiglia) conversa con il medico Vincenzo Giglio, il quale si trova a casa del cugino magistrato a Pellaro, con il politico Franco Morelli. Giglio (il medico) parla con il presunto boss, gli dice che il magistrato ha insistito per invitare a pranzo Lampada. Poi la conversazione continua direttamente tra Giulio Lampada e il magistrato. Giudice Giglio:«Pronto!». Lampada:«Eccellenza bello!». Giudice Giglio:«Carissmo, che si dice, come stai?» Lampada:«Me ne son venuto per starmene un pochettino tranquillo da quel casino di bambini che abbiamo a casa mia! Tu come stai?» Giudice Giglio:«Benissimo, mi dispiace se non si sono determinate le condizioni per vederci oggi!». Lampada:«Ma pigliatelo il telefono per qualsiasi cosa...». Lampada, poco dopo, riparlando con il medico lo invitava a dare il suo numero personale al giudice: «Enzuccio, daglielo il mio numero per quanto privato è! Voglio dire, non è che lo do a tutti, ma daglielo al Giudice! Non ti preoccupare». Il numero in effetti arriva, perché declinando un successivo invito a cena, il giudice parla ancora con Lampada. Giglio:«No no no... ci tenevo a farlo io così tra l’altro mi sono fatto dare il tuo numero di cellulare... A te resta il mio... così possiamo sentirci anche direttamente...». Lampada:«Ti ringrazio ancora della disponibilità..». Giglio:«Sono io che ringrazio te..». Quindi si mettono d’accordo per un’altra possibile occasione. Un’altra frase, contenuta nella lettera che viene contestata al giudice, è questa: «Le mie funzioni professionali non lo hanno mai riguardato né direttamente né direttamente. Non sono mai stato sollecitato, né avrei accettato alcuna sollecitazione, ad occuparmi di una qualsiasi sua questione». Il magistrato, dicono i suoi colleghi, pare essersi dimenticato che, qualche mese prima, aveva ricevuto, nella propria abitazione in Reggio Calabria, Giulio Lampada, visi- Accanto delle toghe da magistrato sopra il Giudice Carlo Giglio REGGIO CALABRIA - Nelle carte dell’indagine “Infinto”, sono confluite anche alcune delle intercettazioni a casa del boss di San Luca Giuseppe Pelle. In particolare si tratta dei dialoghi tra il capoclan e Giovanni Zumbo, una delle figure inquientanti dell’operazione Reale. Commercialista di professione, spione per lavoro era, oltre che un informatore dei clan della ‘ndrangheta, anche amministratore giudiziario di beni sequestrati ai clan. Personaggio strano, anche in relazione ai suoi rapporti con i servizi segreti. Conosce tante cose Zumbo ed è ammanigliato bene visto che ha lavorato pure con Alberto Sarra quando il politico del Pdl (oggi sottosegretario della Giunta Scopelliti) era assessore al Personale. Zumbo viene intercettato mentre spiffera a Pelle e ai Latella di Reggio alcuni dettagli sulle indagini più importanti della Dda reggina e milanese. Con gli ‘ndranghetisti parla di indagini come “Patriarca”, “Infinito” e “Tenacia”, finite poi nel mega fascicolo “Crimine”. Dalla carte dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di dieci persone emerge che Zumbo conosce anche Vincenzo Giglio, il magistrato reggino arrestato ieri assieme al suo omonimo cugino medico. Ed è per questo che gli inquirenti di Milano siano sal- Giovanni Zumbo tati sulla sedia convinte che proprio Giglio possa essere l’informatore della talpa dei Pelle. Un’ipotesi nulla di più. Ma la pista investigativa che lega le due “talpe”, si innesta in un quadro complessivo definito «di eccezionale gravità e allarme». Intanto, “Crimine” è stata costellata «da gravissime fughe di notizie propiziate da soggetti in rapporto con i servizi segreti». I boss in contatto con Zumbo «erano in possesso di particolari assolutamente precisi, come il fatto che vi erano state intercettazioni nell’agrumento di Oppedisano e nelle vetture dei Gattuso e che gli investigatori utilizzavano microspie ambientali in grado di captare conversazioni anche in esterno». Si legge nelle carte: il «principale protagonista della fuga di notizie è un uomo in rapporto con i servizi segreti. Zumbo, in una delle conversazioni, arriva a dire di avere consigliato i suoi interlo- 8 Primo piano Giovedì 1 dicembre 2011 Primo Piano 9 Giovedì 1 dicembre 2011 La frase: «Il compare del mio compare è mio compare» L’asse Milano-Reggio Dalla Sip alle corse dei cavalli Una lunga parabola politica Perquisizioni nelle sue abitazioni a Roma e Cosenza e in consiglio regionale Morelli, tre i capi d’accusa Contestati il concorso esterno in associazione mafiosa la corruzione e la violazione del segreto istruttorio di MASSIMO CLAUSI pazione azionaria di Morelli in alcune società riconducibili ai reggini. Il secondo capo d’imputazione è invece quello della violazione del segreto istruttorio perchè avrebbe rilevato, sempre ad uomini vicini ai Valle-Lampara, notizie riservate su indagini in corso sul sodalizio da parte delle autorità giudiziarie di Reggio Calabria e di Milano. Non solo, secondo la Procura lombarda, il politico arrivò persino a suggerire strategie per eludere le stesse indagini. Notizie che il consigliere regionale avrebbe ottenuto da una serie di pubblici ufficiali allo stato ancora non identificati. Secondo i magistrati milanesi, Morelli unitamente all’avvocato Minasi, avrebbe sollecitato e pressato diversi pubblici ufficiali per ottenere informazioni su indagini in corso. Dopo aver acquisito le notizie di suo interesse, Morelli le avrebbe scambiate con Minasi e gli amici di Milano. Il terzo capo di imputazione è quello di corruzione aggravata perchè in cambio di notizie riservate ottenute dal magistrato Giuseppe Vincenzo Giglio sarebbe intervenuto presso la sua parte politica per favorire la nomina della moglie del giudice a commissario straordinario dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo. Nomina che effettivamente la signora, Alessandra Sarlo, ottenne sia pure per un breve periodo di tempo. L’aggravante, secondo gli inquirenti, sta nel fatto che la corruzione ha avuto come oggetto il conferimento di un impiego pubblico presso un’azienda sanitaria che costi- tuisce l’articolazione amministrativa a cui appartiene lo stesso Morelli. A rendere illecito l’interessamento di Morelli a questa nomina, sarebbe stata la circostanza che Giglio in cambio avrebbe fornito informazioni a Morelli su eventuali indagini a suo carico. Il consigliere è in ansia di sapere se è indagato per qualche motivo perchè il Governatore Scopelliti deve formare la nuova giunta. In una riunione all’hotel Hasley di Lamezia Terme, però, il leader del Pdl è categorico: nessun posto in giunta a chi ha guai con la giustizia o risulta indagato. Morelli che ci tiene tanto ad un posto da assessore si attiva presso Giglio per capire se il suo nome risultava inscritto nel registro degli indagati. Per tutti questi motivi il pm ha spiccato nei confronti del consigliere regionale un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Prima di essere tradotto nell’istituto penitenziario di Opera (Mi), gli inquirenti hanno effettuato una serie di perquisizioni. Innanzitutto nelle abitazioni nella disponibilità del consigliere regionale a Cosenza e a Roma. Subito dopo negli uffici di Morelli presso il consiglio regionale. Le forze dell’ordine hanno rovistato a lungo in cerca di prove dei reati contestati. Ancora non si sa con precisione quanto materiale sia stato sequestrato. Gli investigatori pare abbiano portato via alcuni blocchi di appunti, agendine e una serie di documenti e foto. Naturalmente ai raggi x sono stati passati i computer nella disponibilità di Morelli e la sua posta elettronica. Rischia di saltare la riunione della commissione bilancio, prevista per oggi Sequestrate le carte nel Palazzo di ANDREANA ILLIANO REGGIO CALABRIA. Arrivano con le sirene spente le auto dei carabinieri, in consiglio regionale, a Reggio. Hanno tra le mani un’ordinanza di perquisizione. Devono cercare indizi nell’ufficio di Franco Morelli, il consigliere regionale del Pdl, arrestato ieri nell’ambito dell’inchiesta “Infinito”, firmata dal Pm di Milano, Ilda Boccassini. A Reggio, ieri, appena arrivano le gazzelle viene avvisato il presidente dell’assise, Francesco Talarico che si precipita a scrivere una nota in cui difende il consiglio. Non può far altro. Anche se tutti sanno che l’arresto di Morelli è il secondo, in meno di due anni dall’elezioni regionali, tant’è che uno scranno rimase vuoto poco più di un anno fa, quando fu arrestato per aver chiesto voti al clan Pelle, Santi Zappalà, consigliere del Pdl, ancora in carcere. La cronaca di quello che è accaduto ieri appare come un remake. I carabinieri rovistano per circa due ore negli armadietti e nei computer di Morelli. Portano via faldoni di carte. I dipendenti si precipitano a dare supporto. L’aria è tesa. Tra i documenti c’è anche tutto il lavoro di Morelli da presidente della commissione bilancio. C’è di certo il Dpef, il documento programmatico economico e finanziario della regione che dovrebbe essere esaminato nella prossima seduta di consiglio regionale prevista per venerdì. Una riunione che si prevede al vetriolo, considerando pure l’implicazione del giudice, Giglio (arrestato), marito di Alessandra Sarlo, nominata commissario dell’Asp di Vibo ed è anche la sanità al centro del dibattito politico previsto appunto per domani a Palazzo Campanella. E il Pd è pronto a buttar fuoco. Non è tutto, oggi era prevista la riunione della commissione regionale bilancio, non era ancora al vaglio dell’organismo il documento finanziario di fine anno, previsto all’esame dell’aula il 20 e il 21 dicembre prossimo, ma ci sono nel calendario, già deciso, altri punti e audizioni. La commissione prevista per oggi rischia di saltare, considerando che Morelli, finito in carcere, dovrà essere sostituito e anche in tempi brevi, tenendo conto della mole di lavoro che resta per i lavori dell’assemblea regionale e che deve passare in commissione, come vuole il regolamento. I commenti? Il governatore Giuseppe Scopelliti in mattinata a Lamezia non si sottrae, ma ammette a chi gli chiede un commento sull’arresto del consigliere della sua maggioranza: «Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo notizie». In serata oltre all’rresto di Morelli il Pdl trema leggendo nelle intercettazioni altri due nomi di politici della maggioranza (non indagati) si tratta del sottosegretario Alberto Sarra e del capogruppo del Pdl, Luigi Fedele. Gianni Alemanno e il consigliere regionale uscente Morelli a Cosenza nel marzo 2010 | AFFARI E POLITICA | Le quote nelle società dei Valle-Lampada e il sostegno elettorale COSENZA - I guai per Franco Morelli iniziano all’incirca nel 2008. In questa data il consigliere regionale inizia ad avere rapporti con il clan Valle-Lampada, ed in particolare ad incontrare periodicamente Giulio e Francesco Lampada in una serie di incontri che si sono tenuti in Calabria, a Milano e a Roma. Rapporti che, secondo gli inquirenti, sono cementati dal binomio affari e politica. I pm milanesi, infatti, contestano a Morelli di aver partecipato al capitale sociale di alcune aziende riconducibili al clan. In particolare Morelli era proprietario del 10% delle quote dell’Andromeda Srl una società che si occupa di realizzare siti internet con il nulla osta dei Monopoli di Stato per scommesse e lotterie. Ancora era proprietario del 10% dell’Orion Service Srl una società che offre consulenza amministrativa ed infine detiene anche il 10% della Pegasus Srl, altra società che si occupa di attività connesse a lotterie e scommesse. Tutte e tre le società vengono costituite lo stesso giorno, e cioè, il 19 novembre del 2009. Morelli detiene le quote sociali di queste tre aziende fino al primo settembre del 2009. Una vendita per gli inquirenti che non è affatto casuale, visto che il luglio precedente ci sono una serie di arresti che coinvolgono proprio i ValleLampada. Il ruolo del consigliere regionale in queste società non è di secondo piano o quantomeno, secondo le indagini, non si limita al semplice supporto economico. I magistrati ritengono piuttosto che Morelli, sfruttando le sue notevoli entrature politiche, si sia in qualche modo attivato per agevolare le necessarie concessioni a livello nazionale che vengono rilasciate dai Monopoli di Stato alle aziende che si occupano del gioco legale. Al di là delle questioni stret- tamente economiche, Morelli intesse anche rapporti aventi finalità di natura politica. Dalle carte dell’inchiesta emerge che l’attuale indagato aveva un certo interesse alle vicende politiche della Lombardia, partecipando in prima persona ad una serie di appuntamenti elettorali. L’esponente del Pdl calabrese prende infatti parte alla campagna elettorale di Leonardo Valle, candidato al consiglio comunale di Cologno Monzese alle amministrative del 2009 organizzando una serie di incontri e riunioni e partecipando insieme ad altri, anche ad una cena elettorale in casa di Giulio Lampada. Morelli poi si interessa anche delle fortune elettorali di Armando Vagliati presenziando alla convention che si tiene all’hotel Michelangelo di Milano del 13 dicembre del 2009 nel corso della quale il Vagliati presenta la sua candidatura alle elezioni regionali della Lombardia. Più in generale Morelli è il colletto bianco del presunto clan. E’ lui quello che si occupa di garantire i rapporti con esponenti della politica, delle istituzioni, delle pubbliche amministrazioni, della sanità. Ma Morelli va anche oltre. Essendo molto preoccupato di poter essere intercettato, in una occasione procura due schede telefoniche sicure, intestate ad un cittadino extracomunitario residente nella provincia di Cosenza. Una scheda Morelli la consegna a Giulio Lampada proprio per mantenere i rapporti con lui al riparo da orecchie indiscrete. Infine i magistrati contestano anche un passaggio di denaro avvenuto nel settembre del 2009. Si tratta di 50.000 euro che vengono consegnati in contanti e brevi manu. Questo in sintesi l’impianto accusatorio che viene contestato a Morelli rispetto al suo rapporto con il clan. m. cl. A PALAZZO CAMPANELLA Talarico difende l’assise e si affida ai magistrati PARLA non si sottrae il presidente del consiglio regionale, Francesco Talarico anche dell’inchiesta giudiziaria milanese che ha portato ieri all’arresto del consigliere regionale Franco Morelli e dice: «Grande fiducia nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che, intensificando sempre di più gli sforzi su tutto il territorio nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro tutte le mafie e ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da considerare tra le cause principali del mancato sviluppo e della debolezza civile della nostra regione». Talarico si auspica: «che il consigliere Morelli possa presto chiarire la sua posizione, dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati». Poi difende l’assise: «In questo momento – dice ancora Talarico – avvertiamo la forte responsabilità di tutelare e distinguere ruolo e funzioni della massima assemblea legislativa della regione, continuando, con serenità, e supplemento d’impegno, in un percorso di rispetto delle regole e di valorizzazione della legalità, punto fermo della nuova legislatura». Il magistrato chiedeva un incarico per sua moglie Una delle intercettazioni contenute nell’indagine Le pressioni per la signora Il sindaco Alemanno sbotta e la solidarietà maschile «Dai pigliati ’sta presidenza» COSENZA - Oltre 13.000 preferenze sono un bottino invidiabile, tanto da poter aspirareadun postoingiuntaregionale. Soprattutto per un politico di grande esperienza come Franco Morelli che fu anche capo di gabinetto di Chiaravalloti. Ma la sera del 16 aprile per Morelli arriva una doccia fredda. Si tiene una riunione all’hotel Ashley di Lamezia Terme dove vengono fissati dal futuro governatore i criteri per la formazione della giunta. Scopelliti su un punto è categorico: nessun incarico per chi ha problemi giudiziari. Morelli a questo punto deve sapere. Deve togliere un alibi ai suoi avversari politici interni. Vuole essere stra-sicuro che nessuno può avere nulla da obiettare. Allora si rivolge a Vincenzo Giglio, presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria. Ma perchè Giglio dovrebbe violare i suoi doveri d’ufficio e quindi il segreto istruttorio? Secondo i giudici perchè anche Giglio ha un’ossessione che è quella di individuare un incarico gestionale per sua moglie. Lo dimostrebbe non solo l’insistenza con cui chiede notizie a Morelli, ma soprattuttonei toni.Giglio sidefinisce un marito stressato e si appella alla solidarietà maschile di fronte alla quale Morelli non può che esprimere, con l’ironia che lo contraddi- La sede dell’Asp di Vibo Valentia stingue, un grande trasporto. Prima, però, c’è da sistemare la vicenda delle indagini. Il consigliere regionale chiede di conoscere se ve ne siano sulla sua persona e per avere una prova inconfutabile sifa mandare un fax a casa nel quale si attesta la non iscrizione nel registro degli indagati del consigliere. Giglio dice di non saper usare il fax e incarica la moglie di spedirlo. La donna prima avvisa via sms Morelli che sta per mandare il documento, poi si reca in una cartoleria distante pochi metri dalla sua abitazione per spedirlo. Nelle carte c’è anche una intercettazione dell’autista di Morelli che parlando con una persona che non è stata identificata dice «l’ho letto io in un fax della Dna che non c’è niente», affermazioni che corrispondono al vero. A quel punto Giglio va alla carica per ottenere l’incarico per la consorte e tempesta di telefonate e sms il consigliere regionale. Viene coinvolto anche Luigi Fedele che Giglio incontrerà a casa sua unitamente allo stesso Morelli. Trovare una soluzione sulle prime appare complicato, ma poi per i soliti puzzle della politica tutto si sblocca e la signora ottiene l’incarico di commissario dell’Asp di Vibo Valentia. m. cl. COSENZA - Il gip di Milano, ricostruendo gli stretti rapporti tra Morelli e il magistrato calabrese Giuseppe Vincenzo Giglio, affronta anche, in una quindicina di pagine, la 'cronistoria’ delle «aspettative di governo» del consigliere regionale, aspettative che si 'scontrano’ però con le 'vocì che circolano di indagini sul suo conto. Nell’aprile 2010, infatti, Morelli viene eletto nel consiglio calabrese e, scrive il gip, «i numeri ottenuti in cabina elettorale giustificavano, per l’abile Morelli, aspettative di governo (...) alla guida dell’assessorato regionale per l’Agricoltura e Forestazione». Ma, prosegue il gip, «che le cose non vadano come Morelli si aspettava già viene fuori da una conversazione con Alemanno del 13 aprile» 2010. Alemanno: «Senti, mi dice La Russa che ... eh ... nella lista mandata a Scopelliti per gli assessori in Calabria il tuo nome non ci sarebbe, ti risulta?». Morelli: «Eh! Mi risulta sì!». Il gip spiega che «il grimaldello per fare fuori Morelli sarà proprio quello di temuti guai giudiziari. E il giudice Giglio – chiarisce il giudice – è colui che si adopera per disinnescare l’inghippo». Il 18 aprile 2010, «Morelli - ricostruisce il gip - esce da casa del giudice, e telefona subito a Francesco Bevilacqua (se- natore, ndr) che gli riferisce di aver parlato con Alemanno che, a sua volta, è stato al telefono per due giorni con Scopelliti e con La Russa per risolvere la situazione». Il 6 maggio 2010, poi, in una telefonata intercettata, Alemanno dice a Morelli: «Senti io ieri sera finalmente sono riuscito a parlare con Scopelliti a quattr'occhi». E più avanti gli spiega ancora: «Tu potresti subentrare da assessore se nel frattempo tutte quelle vicende sono state chiarite, e nel frattempo faresti il presidente della commissione bilancio». E Morelli: «Va bene». L’8 giugno Morelli viene nominato. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro COSENZA - Le forze dell’ordine hanno bussato alla porta della sua abitazione intorno alle quattro del mattino, con in mano un voluminoso decreto di perquisizione. E’ iniziata così per il consigliere regionale del Pdl, Franco Morelli, attualmente presidente della II^ commissione “Bilancio, programmazione e Attività produttive”, una lunga giornata che difficilmente dimenticherà. Il politico, difeso dall’avvocato Franco Sammarco del foro di Cosenza, non solo ha dovuto subire le perquisizioni delle sue abitazioni a Roma e Cosenza, nel suo ufficio in consiglio regionale, ma anche la lunga traduzione in cellulare fino al carcere di Milano. L’origine dei guai del consigliere regionale starebbero nei rapporti che Morelli avrebbe intrattenuto con presunti appartenenti a cosche reggine che operavano in Milano a partire dal 2008. Persone per le quali l’esponente del Pdl si sarebbe prodigato in vari modi. Tre sono infatti i capi di accusa che il pm di Milano, Ilda Bocassini, contesta all’esponente della maggioranza di centrodestra. Il primo è concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi presunti legami con esponenti del clan reggino Valle-Lampada. Un legame che sarebbe dimostrato da una serie di intercettazioni telefoniche, da vari incontri che il consigliere regionale avrebbe tenuto con i picciotti a Roma e Milano, soprattutto in occasione di appuntamenti elettorali in Lombardia, e finanche dalla parteci- li il suo nome inserito nel listino del candidi ADRIANO MOLLO dato presidente Chiaravalloti, viene sostiNEGLI ultimi tempi, raccontano negli am- tuito all’ultimo minuto con quello di Gianbienti politici, quando gli si chiedeva un franco Leone di Forza Italia. Il centrodestra chiarimento, Franco Morelli bisbigliava. Le vince le elezioni e lui diventa capo di gabisue risposte erano quasi inascoltabili. Se netto del neo governatore. Dopo un anno si qualcuno insisteva, prendeva carta e penna costruisce una postazione invidiabile, il Sete scriveva. Pare fosse terrorizzato dalle in- tore “Obiettivi Strategici”, in sostanza un tercettazioni, consapevole che un suo di- maxidipartimento con deleghe pesanti di scorso, messo in un contesto diverso, potes- cui diviene il direttore generale. L'ottimo se creargli problemi. Era rimasto sconvolto rapporto con il presidente Chiaravalloti (coda quella frase “Il compare del mio compare me confermano le intercettazioni) lo fa diè tuo compare” che pronunciò salutando af- ventare l'alter ego. Di fatto è lui tra il 2001 e fettuosamente in consiglio regionale il col- il 2005 l'uomo al comando a Viale De Filiplega Domenico Crea, (poi arrestato e con- pis e il regista di molte iniziative istituzionadannato per l'inchiesta Onorata Sanità) che li, alcune finite nel mirino della magistratufece il giro del mondo. Una battuta finita ra. Nel 2002 decide di aderire ad Alleanza nella puntata di Annozero di Michele Santo- Nazionale e diventa l'uomo di riferimento di ro del 21 ottobre del 2006 incentrata sulla Gianni Alemanno che da ministro all'Agricoltura, il 10 magCalabria a un anno gio del 2004, lo predall'omicidio del vimia con la nomina cepresidente del di commissario delconsiglio regionale l'Unire, l'Unione Franco Fortugno. per l'Incremento Nei fascicoli deldelle Razze Equine. l'inchiesta Why Not La struttura, fonfinirono diverse tedata nel 1932 come lefonate con altri inente morale del midagati. Fino ad ognistero dell'Agrigi, però, ne era uscicoltura e delle Foreto sempre indenne. ste, oggi si occupa In politica Franco di allevamenti e corMorelli, nato a San se di cavalli. E’ in Benedetto Ullano, questo ruolo che si paesino alle porte di avvicina al mondo Cosenza, 53 anni fa, Il saluto con Crea finito in televisione delle scommesse e sposato con due figli, ne ha fatta di strada. Giovanissimo en- decide di investire in alcune società di getra a lavorare nella Sip. Nella società telefo- stione dei servizi dei Monopoli. Morelli nel 2005 viene rieletto in consinica si occupava della commercializzazione dei gettoni. Poi le amicizie giuste, come glio regionale, ma il ruolo di consigliere di quella ai tempi della Dc con Riccardo Misasi opposizione gli sta stretto. Nel frattempo e relazioni proficue con il mondo ecclesiale scoppia l'inchiesta Why Not e lui viene sfiolo portano, nella prima metà degli anni No- rato. Nel 2010 ritorna in Consiglio nella lista vanta, nell'orbita della Banca di Roma. Dopo poco tempo la nomina di direttore gene- del Pdl con 13,671 voti presi in provincia di rale di Europa occupazione - Impresa e soli- Cosenza. Un dato straordinario al punto da darietà della Fondazione Cassa Risparmio indicarlo come probabile assessore regiodi Roma. Tra il 1995 e il 2000 la prima tappa nale. Ma il neo presidente Scopelliti punta della sua carriera: ricopre la carica di presi- su altri, anche perché le voci di un suo coindente del Bic, società pubblica che si occupa- volgimento in inchieste giudiziarie divenva di sviluppo, poi confluita in Sviluppo Ita- tano pressanti. Alla fine lo stesso Alemanno lia. Relazioni giuste, amicizie romane in- lo convince e non gli resta che ripiegare sulfluenti e il suo primo impegno in politica nel la presidenza della Seconda Commissione. 2000 diventa un caso. Alle elezioni regiona- Ieri l'arresto. 10 Primo piano Giovedì 1 dicembre 2011 Primo piano 11 Giovedì 1 dicembre 2011 Il medico “impegnato” nelle comunali di Cologno Monzese L’asse Milano-Reggio Giglio sostiene la candidatura del figlio di don Ciccio Valle Il capogruppo del Pdl smentisce di aver aiutato la moglie di Giglio all’Asp di Vibo di MICHELE INSERRA Ecco chi aveva i voti del clan La cosca «avrebbe ostacolato il libero esercizio del voto» sostenendo Sarra e Fedele, intercettati nell’inchiesta, ma non indagati di ANDREANA ILLIANO REGGIO CALABRIA - La ‘ndrangheta aveva dei politici che “appoggiava”, tra Reggio Calabria, Milano e Reggio Emilia. Ed era pronta ad ogni elezione, sia comunale che regionale a far sentire il suo peso. È questo il teorema da cui parte l’inchiesta giudiziaria “Infinito”. I politici (alcuni dei quali non indagati, ma che compaiono nelle intercettazioni) negano. Di certo nella ordinanza di custodia cautelare per dieci persone, firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari, si fa riferimento ad alcune elezioni sulle quali il clan ValleLampada avrebbe incanalato i propri voti. Tutto documentato in 800 pagine di inchiesta, dove c’è anche un incontro, un summit a Roma tra esponenti del clan, la Reggio bene e il consigliere regionale arrestato ieri, FrancoMorelli, proprioin quelCafè DeParis, sequestrto e ricondotto in una precedente inchiesta alla cosca calabrese degli Alvaro. In particolare, Giulio Lampada, Leonardo Valle e Raffaele Ferminio avrebbero «ostacolato il libero esercizio del voto, in occasione di competizioni elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini, tra i quali Alberto Sarra, per le regionali in Calabria dell’aprile 2005, attualmente sottosegretario alle Riforme e semplificazione amministrativa». Sarra non è stato candidato alle ultime regionali in Calabria, ma è appunto sottosegretario alla presidenza, è del Pdl e segue con particolare attenzione il gruppo di Gianfranco Miccichè. Non è indagato. Compare tra le carte del Gip anche «Giuseppe Adolfo Alati, candidato nelle elezioni al Comune di Reggio Calabria del maggio 2007 (centrodestra, ndr) e della Regione Calabria del maggio 2010. Non eletto». C’è ancora nelle carte del Gip: «Antonio Oliverio, candidato alle elezioni per ilComune diMilanodel maggio2006,assessore dellaProvincia di Milano agli Affari generali, turismo e moda fino al maggio 2009». E naturalmente il clan aveva appoggiato Francesco Morelli per le regionali in Calabria del marzo 2010, consigliere regionale Pdl, cosentino. Arrestato. Legato in maniera strettissima anche ad una serie di società del clan. Va oltre la ‘ndrangheta, supera Milano e la Calabria e arriva finoa ReggioEmilia (doveè accertatada tempola presenza delle ‘ndrine), tant’è che alle elezioni politiche del 2008 lo stesso clan decide di sostenere Tarcisio Zobbi che è consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al 2009. Ma è Milano il colpo grosso, per il Gip, il clan avrebbe appoggiato «Armando Vagliati, nelle elezioni alla Provincia di Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia del marzo 2010». Neanche questi indagato. Nell’ordinanza firmata dal gip compare, come detto, Luigi Fedele, che avrebbe avuto il sostegno politico del clan alle elezioni per la Regione Calabria del maggio 2010, oggi Fedele è consigliere regionale e capogruppo del Pdl a Palazzo Campanella. Gli indagati si sarebbero fatti carico «nel corso degli anni di organizzare eventi e riunioni in prossimità delle competizioni elettorali, come una serata presso il Cafè de Paris a Roma a cui parteciparono Francesco Morelli, Vincenzo Giglio, Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali e l’onorevole Antonio Buonfiglio, nonchè noti esponenti della borghesia di Reggio Calabria come il professor Quattrone, primario di neurologia del Policlinico “Madonna della Consolazione». Gabriele Quattrone, dal canto suo, smentisce categoricamentedi averpreso partea riunionie dinon essere mai entrato all’interno del Cafè de Paris. Le carte dell’inchiesta dicono altro. Per il Gip invece il capogruppo del Pdl nel Consiglio regionale della Calabria, Luigi Fedele, era «la figura fondamentale per la risoluzione di qualsiasi problematica, un soggetto al quale ci si può rivolgere per ottenere qualunque cosa». Fedele e Giglio si scambiavano sms. Sono tutti scritti nelle intercettazioni telefoniche: «Fedele avrebbe accontentato le richieste del giudice Giuseppe Giglio, arrestato ieri». E le richieste del giudice sarebbero passate a Fedele proprio tramite Francesco Morelli, consigliere regionale, presidente della commissione bilancio a Palazzo Campanella (sede dell’assise regionaale) finito in manette. Fedele e Morelli si occupano, tra le altre cose, anche della richiesta che Giglio fa per sua moglie. In un sms, definito «illuminante» dal gip, Giglio scrive a Morelli: «ti confesso un piccolo segreto. Mia moglie fa parte della piccola cerchia di persone a cui piace lavorare molto. Perciò, quale che sia la destinazione, per favore, che sia un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza». Giglio sarà accontentato perchè alla moglie, Alessandra Sarlo, una delle “grandi elettrici”di Fedele, verrà assegnato l’incarico di commissario straordinario presso la Asl di Vibo. Ieri il capogruppo del Pdl, Luigi Fedele prima invia una nota in cui esprime la sua stima per Morelli e si affida alla magistratura, poi in serata, tirato in ballo dai documenti dell’inchiesta, si trova a diver difendere se stesso e scrive: «Purtroppo, in tanti anni di attività politica, non ho avuto la possibilità di risolvere qualsiasi problematica in seno al Consiglio regionale della Calabria. Né durante la mia attuale carica di capogruppo del Pdl, né durante la legislatura in cui svolgevo il ruolo di Presidente del Consiglio. In più, non ho mai avuto nessun tipo di rapporto, e tanto meno di amicizia, con la famiglia Lampada - Valle». Fedele ammette «di aver ricevuto sostegno elettorale dalla signora Sarlo e dalla sua famiglia nelle ultime elezioni regionali. Una cosa nota a tutti, infatti, è che la famiglia Sarlo risulta essere tra i nuclei familiari più apprezzati e stimati della città di Reggio Calabria». Insomma Fedele afferma di non sapere di possibili legami tra il giudice Giglio (arrestato) e marito della Sarlo. E il capogruppo del Pdl aggiunge: «Pertanto, ho ritenuto un fatto che rientrava nella normalità delle cose quello di farmi sostenere elettoralmente dalla loro famiglia (in considerazione anche della presenza di un magistrato quale marito di Alessandra Sarlo). E’vero, anche - afferma ancora Fedele - che la signora Sarlo aveva auspicato un suo trasferimento dalla Provincia, ente in cui lavorava, al Consiglio regionale. Ma, per questo, non si è mai creata l’opportunità. E, nei successivi incarichi assegnati alla signora Sarlo, non ho mai avuto nessun tipo di influenza, com’è tra l’altro facilmente dimostrabile. Di certo, la signora Sarlo ha ottenuto gli incarichi successivi esclusivamente per la sua professionalità». La Sarlo è stata commissario dell’azienda sanitaria di Vibo e oggi è dirigente regionale. Un incarico che oggi chiaramente pesa come un macigno, considerando che suo marito è stato arrestato, proprio ieri. La Sarlo non è indagata. La riunione a Roma con Morelli e Chiaravalloti al Cafè de Paris Con Formigoni per i lavori all’aeroporto di Milazzo REGGIO CALABRIA -La possibilità dei Lampada di inserirsi all’interno dei lavori legati alla realizzazione di un nuovo scalo aeroportuale a Milazzo (Messina) e le afferite conoscenze di «personaggi politici di importanza nazionale», come il governatore della Lombardia Roberto Formigoni e Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento Europeo. È questo in sintesi il contenuto di una conversazione del 2 novembre 2007 tra Giulio Lampada e tale Alberto. Lampada dice al suo interlocutore: «allora, Alberto! non vedi niente su cosa si possa realizzare, che ci possa tornare utile sul discorso ... davanti alla costruzione di un Aeroporto?...». Alberto risponde: «sai cos’è... Bisogna valutare perchè l’aeroporto di Milano eh!!... Bisogna vedere, potrebbe pure affondare quello di Reggio». Dopo i due passano a parlare di argomenti generici, tra cui le conoscenze nel mondo politico nazionale: - Lampada G.: «A Formigoni come lo vedi? Alberto!» - Alberto: «Bene! Dicono che sia lui...» - Lampada G.: «il futuro?» - Alberto: «Eh!» - Lampada G.: «apposto del Berlusca?» - Alberto: «Dicono cosi!» - Lampada G.: «e lo vedo preparato anche io!» - Alberto: «A me piace!» - Lampada G.: «A me piace anche! Bravo!... Sono stato a cena io con Formigoni!... eravamo da ... alla festa del ... (inc.) che fanno insieme ad Armando! (Vagliati, ex consigliere comunale, ndr)». Palazzo Campanella, sede del consiglio regionale | IL RETROSCENA | | I MONOPOLI | Raccolte firme per Forza Italia e Lega Nord Avevano contatti attraverso Valducci (Pdl) REGGIO CALABRIA - Alla vigilia delle elezioni amministrative del novembre 2007 il capoclan Giuseppe Giulio Lampada si adoperava per la raccolta di firme «verosimilmente destinate a sostenere la presentazione delle liste elettorali» e non si faceva scrupolo di sottoscrivere più liste, nello specifico quelle dei partiti di Forza Italia e della Lega Nord. È un’altro dei retroscena che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Milano. Gli atti c’è una intercettazione di una telefonata tra Giulio Lampada e Giovanni Barbaro, anche lui imprenditore del settore dei videopoker, finalizzata, scrive il gip, a pianificare una raccolta di adesioni «per il fatto - dice Lampada - delle firme di Forza Italia». Al che l’interlocutore gli risponde: «compare i già qua le ho raccolte tutte .. ne ho fatte cinquanta .. glielo ho mandate». Quindi Lampada chiede all’altro se si può firmare su più liste e e la risposta è: «sì perchè io ho firmato anche anche per la Lega nord, si può fare .. certo». «L’elenco dei politici in rapporti diretti con i Lampada - scrive il gip di Milano - è già nutrito e preoccupante. Ma se si guarda al numero di politici, anche di alto standing, menzionati da Lampada come soggetti ai quali potere arrivare o dei quali potere ottenere il supporto per le più svariate iniziative, il quadro si fa impressionante». REGGIO CALABRIA - Il clan Lampada era riuscito a costituire una rete di politici a livello locale e nazionale per tentare la «scalata» ai Monopoli di Stato con lo scopo di fare un salto di qualità come imprenditori nel settore dei giochi di azzardo. Politici ai quali in cambio erano assicurati voti e sostegno elettorale. È quanto emerge nella ricostruzione di Giuseppe Gennari, il gip che ha firmato dieci provvedimenti di arresto nell’ambito del inchiesta della Dda milanese, tra cui quelli del giudice Vincenzo Giuseppe Giglio, il consigliere della Regione Calabria, Francesco Morelli, e Francesco e Giulio Lampada. Da quanto si evince dal provvedimento del giudice, i Lampada nel 2009 avevano intenzionedi ottenerelaconcessione da parte dei MonopolidiStatoper igiochidiazzardo. Per questo Morelli, tramite l’onorevole Mario Valducci (Pdl), avrebbe procurato loro una serie di contatti con i dirigenti degli stessi Monopoli. Nell’ordinanza del gip si fa anche riferimento ad alcuni incontri, anche appuntamenti elettorali, avvenuti sempre tramite Morelli, con il sindaco di Roma Gianni Alemanno (che non è indagato e non era a conoscenza di chi fossero i Lampada): in un occasione Alemanno, ovviamente ignaro di tutto, avrebbe ringraziato anche Giulio Lampada citandolo come esempio dell’imprenditoria calabrese. Il Comune di Cologno Monzese manifesto politico di Leo Valle appaia fuori dalle vetrine di un bar in zona Fiera a Milano. Una presenza insolita visto che la candidatura è in un Comune che si trova dalla parte opposta della città. La stravaganza della cosa, però, è giustificata dal fatto che quel bar è riconducibile allo stesso clan Valle che lo usa come copertura per i propri affari. Ed è proprio seguendo i soci di questo locale che si arriva fino agli uffici della Provincia di Milano. Il titolare, infatti, è il fratello di un noto imprenditore calabrese. Quest’ultimo è attualmente indagato per usura e ritenuto dalla Questura contiguo ai Condello. Ma è anche amministratore di decine di società. Si tratta di semplici srl, spesso inattive, ma con un fortissimo indice di liquidità, cui fanno capo imprese immobiliari, bar, ristoranti e società contabili. Ecco allora i fatti: circa un mese fa questo imprenditore calabrese si trova a una manifestazione preelettorale. Qui incontra Antonio Oliverio, uomo dell’Udeur e assessore provinciale alla Moda e al Turismo nella giunta Penati. Ecco come lo stesso Oliverio raccontò allora l’incontro con l’imprenditore calabrese. In quel momento è ancora un assessore del centrosinistra. «Qualcuno mi presentò questo imprenditore calabrese che ha interessi nelle forniture dei bar di Milano. Lui, in quel momento, si stava dando molto da fare per cercare appoggi politici, era andato anche da quelli di Di Pietro. Mi disse che voleva mettere un suo amico a Cologno. Io gli dissi di sentire Cantalupo». Raffaele Cantalupo è assessore uscente della giunta comunale di Cologno e capolista dei Riformisti. Poi, un particolare che getta qualche ombra su quella conoscenza avvenuta per caso. Oliverio, che non risulta indagato e dichiara di non conoscere Valle, si dà da fare per procurare a quell’imprenditore alcuni biglietti per le sfilate. «Solo perché ero assessore alla Moda, li voleva per sua moglie». A questo punto l’imprenditore calabrese, che tra le altre cose è anche il cognato di Leonardo Valle, contatta Cantalupo. Questa la versione che fornì l’assessore: «Qualcuno mi raccomandò Valle. Mi disse: è un bravo ragazzo e vuole impegnarsi». E lui, che Leonardo Valle un po’lo conosce perché a Cologno ha gestito un bar, accetta. Nessuno sospetto, ovviamente, sul fatto che fino a poche settimane fa il giovane erede di un casato mafioso così potente non si fosse mai occupato di politica. Qualche voce, però, era girata. Lo racconta Michele Carbone, candidato sindaco per Rifondazione comunista: «Sapevo del passato del padre di Leonardo Valle che era stato al 41 bis. Ne parlai con Cantalupo e Soldano». LE REAZIONI. Fli e Idv attaccano il centrodestra. Il Pd interroga Scopelliti sulle elezioni «Intrecci perversi, ora si proceda» La Napoli chiede tempi più celeri per l’inchiesta. Stumpo: «A nulla è valso il codice etico» IDV, Pd e l’Fli rincarano la dose. L’inchiesta giudiziaria “Infinito” dimostra per il centrosinistra come la ‘ndrangheta abbia collegamenti con la politica. Nico Stumpo, dirigente nazionale del Pd tira in ballo il governatore, Giuseppe Scopelliti, gli ricorda come è stato proprio lui a promuovere un codice etico per le ultime elezioni regionali che oggi, a leggere le intercettazioni, appare non aver avuto alcun esito. Il centrodestra non tace. Il Pdl tiene a sottolineare che quello che è accaduto non deve inficiare i lavori del consiglio regionale. Insomma non possono essere ricondotti tutti nello stesso calderone, per il centrodestra. Anche se l’arresto del consigliere regionale Francesco Morelli fa scattare in meno di due anni dalle elezioni regionali, il secondo arresto in maggioranza, per Palazzo Campanella (l’ex consigliere regionale Santi Zappalà è ancora in carcere). Da Roma il senatore di Idv, Luigi Li Gotti afferma: «L’operazione della magistratura contro la ’ndrangheta sull’asse Calabria-Lombardia, con il coinvolgimento del presidente delle misure di prevenzione di Reggio Calabria, - secondo Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia a palazzo Madama - dimostra il pesante inquinamento proprio nel settore di punta del contrasto alla mafia. Al solito compaiono i politici e qualche profes- Angela Napoli, Luigi Li Gitti, Maria Grazia Laganà sionista. Plaudiamo, con preoccupazione, all’inchiesta di una magistratura che dimostra di non avere riguardi per nessuno». Angela Napoli (Fli), componente della commissione parlamentare antimafia, non può fare a meno di dire che in fondo lo aveva già detto e dice: «Conosciamo tutti quale sia il clima torbido che si registra ormai da più tempo nella città di Reggio Calabria, ma lo scenario, già aperto con le inchieste «Meta», «Il Crimine» e «Il Caso Fallara», e oggi reso ancora più palese con la prosecuzione dell’operazione «Infinito», è davvero inquietante. Sarà compito della Magistratura giudicante - prosegue - verificare le responsabilità di coloro che oggi sono stati colpiti dagli interventi giudiziari, ma non è più accettabile che rimangano ancora coperti da ombre i ruoli di determinati personaggi. Gli intrecci perversi che accomunano pezzi della politica, delle Istituzioni, dell’imprenditoria, dei Servizi deviati e della ‘ndrangheta, vanno recisi con urgenza e nella loro totalità. La lunghezza dei tempi che intercorre tra la chiusura delle indagini e gli interventi giudiziari dovuti, - dice - nonchè la conseguente garanzia dell’impunità, non fanno altro che consentire inquinamento delle prove e consolidamento di quel sistema di illegalità diffusa che imperversa sulla città di Reggio Calabria e sulla sua provincia». Per Adriana Musella, presidente del coordinamento nazionale antimafia «Riferimenti», «constatando ciò che succede intorno a noi, non si può negare che la questione morale sia , oggi come ieri, più attuale che mai. Gli arresti di un politico e di un magistrato a Reggio Calabria come quelli di Milano, ci sconcertano - afferma - non poco ma, certa- mente, non ci meravigliano. Se la ‘ndrangheta è arrivata a certi livelli è perchè esiste la cosiddetta zona grigia o borghesia mafiosa fatta di politici, uomini delle Istituzioni e forze dell’ordine, burocrati, professionisti compiacenti collusi e conniventi con la criminalità organizzata. Sono questi la vera linfa della mafia che la alimentano e la ingrassano. È questa gente incensurata, insospettabile, che si presta come strumento negli affari sporchi». Un plauso alla magistratura per l’attività svolta nell’operazione anti ’ndrangheta anche da Maximiliano Granata, portavoce regionale dell’Adc, il quale esprime «pieno sostegno e grande fiducia nell’operato dei magistrati che svolgono la lotta contro la ‘ndrangheta e ogni forma di reato che impedisce il mancato decollo e sviluppo del nostro tessuto socio economico. Non basta però - prosegue - solo l’operato della magistratura, le forze politiche devono fare anche la loro parte, individuando dirigenti e amministratori di grande moralità che agiscano all’insegna della trasparenza e correttezza nella gestione della cosa pubblica». La deputata Maria Grazia Laganà Fortugno (Pd) afferma: «E’ uno spaccato assai inquietante, quello che emerge dall’operazione condotta dalla procura distrettuale antimafia di Milano, sotto il coordinamento di un magistrato attento e coraggioso come Ilda Boccassini. In Calabria e in Lombardia, terra ormai colonizzata dalle cosche, esiste una contiguità tra pezzi ben definiti del mondo delle istituzioni e consorterie della ‘ndrangheta. Ma a lasciare sconcertati in questo caso - prosegue la parlamentare - è il coinvolgimento di magistrati che, in ragione degli incarichi svolti e degli uffici ricoperti, avevano un ruolo fondamentale nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. La Calabria vive adesso un momento delicatissimo della sua storia. Se l’impianto accusatorio dovesse trovare pieno riscontro, emergerebbe l’esistenza di un vero e proprio verminaio. Confidiamo nell’azione della magistratura come istituzione - conclude la parlamentare democratica - affinchè l’accertamento delle responsabilità sia tanto incontestabile quanto celere». In Lombardia Interrogatori a Milano si parte subito con il clan Una volante della polizia OGGI la conferenza stampa a Milano per l’inchiesta “infinito” con Ilda Boccassini e Giuseppe Pignatone. Inizieranno, inoltre, sempre oggi, gli interrogatori di garanzia di alcune delle dieci persone arrestate nell’inchiesta della Dda di Milano che ha coinvolto la famiglia dei Valle-Lampada. Il gip di Milano Giuseppe Gennari si prepara a interrogare Giulio e Francesco Lampada, Leonardo Valle e Raffaele Ferminio, accusati fra gli altri reati di associazione di tipo mafioso. Domani verranno sentiti invece il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli, arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, e il giudice del Tribunale di Reggio Calabria Giuseppe Vincenzo Giglio, che sono stati già trasferiti in carcere a Milano, dopo che perl oro sono scattate le manette in Calabria. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - Dalle indagini della Procura milanese è emerso anche che il medico Vincenzo Giglio, cugino del magistrato di Reggio Calabria, avrebbe appoggiato la campagna elettorale di Leonardo Valle, arrestato ieri per associazione mafiosa, che si era candidato per le comunali del 7 giugno 2009 a Cologno Monzese, senza poi essere eletto. Lampada era candidato con la lista “Sinistra per Cologno Monzese”. Per i magistrati il clan Valle, cosca alleata con potente holding dei Condello di Reggio era scesa direttamente in campo in politica. L’uomo “investito” a rappresentare la ‘ndrangheta è Leonardo Valle, classe ’72, di Reggio Calabria. Il suo nome sta scritto nero su bianco nella lista dei Riformisti, area socialista, in appoggio a Mario Soldano, sindaco uscente di Cologno e capolista del Partito democratico. Centrosinistra, dunque. La mafia non fa differenza quando c’è da dare l’assalto alla nuova speculazione edilizia che nascerà attorno a questo paesone dell’hinterland. I Valle, dunque. Ecco cosa emerge da un’informativa del Reparto operativo dei carabinieri di Milano. «Francesco Valle, noto come don Ciccio, è il capo del clan Valle legato alla cosca Imerti-Condello. A suo carico figurano precedenti o pregiudizi penali per associazione mafiosa e sequestro di persona». Ma non è tutto. Leonardo Valle, meglio noto agli amici come Leo, è uno dei quattro figli di don Ciccio. «Anche lui scrivono gli uomini dell’Arma - ha precedenti o pregiudizi per associazione mafiosa, estorsione e usura». Un inquietante intreccio confermato da un fatto singolare. Capita, infatti, che il 12 Primo piano Giovedì 1 dicembre 2011 Primo piano 13 Giovedì 1 dicembre 2011 | L’asse Milano-Reggio L’uomo “malato” si faceva accompagnare in carcere per i colloqui Il notaio Borelli “socio” del clan soprattutto la costituzione di una società. E lo stesso avvocato a spiegare ai vertici della cosca i motivi della nascita di quella società in terra straniera e i vari passaggi della complessa ma necessaria operazione. Per gli inquirenti l’obiettivo erano uno solo: eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Una società americana al portatore che in caso di indagini non avrebbe portato le forze dell’ordine a scoprire il reale proprietario. Alla società erano stati destinati circa settantamila metri quadrati di terreni, tutti oggi sottoposti a sequestro dall’autorità giudiziaria. Stessa strategia l’avvocato aveva utilizzato anche per altre cosche in Lombardia, tra cui quella dei Valle-Lambada. E sempre con l’avvocato gli esponenti della cosca si confrontano. Ed è sempre lui a trovare soluzioni poco pulite. Quando Gesuele Misale gli comunica che bisogna far scarcerare qualcuno, il pensiero va subito alla moglie, a Teresa Gallico, la donna che per conto del clan riscuote le tangenti da imprenditori e commercianti di Palmi. E per riportarla in libertà c’è solo una strada, come suggerisce l’avvocato: ci vuole una malattia. Insomma, la testa frulla e si inizia a pensare al medico da avvicinare per diagnosticare una malattia e far ritornare a casa. E poi è sempre l’avvocato, secondo le intercettazioni in diversi penitenziari, a riportare all’esterno “comunicazioni” da parte dei vertici dell’organizzazione ristretti in cella. Ma c’è un altra circostanza che per i magistrati è di una gravità inaudita. A fine 2010 all’interno dello studio legale di Minasi si pensa ad un piano. Su esplicita richiesta di Teresa e Rocco Gallico l’avvocato si era detto disponibile ad adottare una serie di condotte illecite per far maturare il termine di prescrizione del reato, che coincideva con il 5 dicembre 2010. Secondo Minasi, infatti, per ottenere il decorso del termine prescrizionale e, conseguentemente, la prescrizione del reato sarebbe stato sufficiente spostare materialmente il fascicolo processuale che si trovava presso la Corte d’Appello di Reggio prima che venisse trasmesso in Cassazione o, meglio ancora, sottrarre dallo stesso una relata di notifica. Addirittura Teresa Gallico era pronta a chiedere a un cancelliere di sua conoscenza di nascondere il fascicolo per far decorrere i termini. Far sparire i fascicoli da Reggio per far decorrere i termini | IL CASO | Domenico Nasso pronto a uccidere Si era detto disponibile ad eliminare uno dei figli di Marcello Fameli REGGIO CALABRIA - Domenico Nasso, nipote acquisito dei Gallico, era uno dei pochi fedelissimi ancora in libertà. E lui era disposto a tutto per conto dell’organizzazione criminale della Piana di Gioia Tauro, a cui non faceva mai mancare il suo contributo e il suo sostegno. E in cambio aveva una vita agiata. Il suo reddito dichiarato era quasi sempre zero, e in altre circostanze si trattava di cifre che non corrispondevano per niente al suo tenore di vita. Con gli arresti di capi e gregari era diventato un punto di riferimento per tutti gli “amici” e parenti detenuti, recandosi spesso ai colloqui presso vari istituti di pena. Antonino Gallico In particolare faceva visita ad Antonino Gallico, Giuseppe e Rocco Gallico. Incontri che servivano a Nasso per mettere al corrente dei detenuti di quanto avveniva sul territorio reggino. E viceversa lui riceveva direttive, da eseguire direttamente o da comunicare ad altri sodali fuori dal carcere. E poi manteneva una fitta corrispondenza con Giuseppe Gallico, dal quale riceveva disposizioni, e con Domenico Gallico. In tutte queste circostanze, secondo le attività investigative, si era sempre mostrato disponibile a perpetrare vari reati nell’interesse del sodalizio palmese. Si dichiarò addirittura pronto ad ammazzare uno figli di Marcello Fameli, l’uomo storicamente “amico” della cosca Condello, ucciso il 2 settembre del 1997 in contrada Pietrosa di Palmi. Si temeva che i figli della vittima essendo diventati adulti, potessero in qualche modo avere propositi di vendicare per l’uccisione del padre. m. i. Per la suocera andava a fare la spesa con l’auto Lucia Morgante, suocera di Misale E infatti a chiarire in suo ruolo ad interim a Domenico Gallico è proprio Nasso che teneva sottolineare di aver ottenuto il privilegio a partecipare al colloquio proprio in ragione del fatto che Gesuele Misale era “malato” e lui era il suo accompagnatore. Il tutto tra i sorrisi dell’allegra comitiva. La circostanza veniva captata dagli investigatore e pertanto veniva appurato anche che l'asserita “malattia” di Misale, ormai in fase di guarigione, aveva costituito un semplice pre- testo per consentire a Nasso di partecipare ai colloqui in carcere con i detenuti. Adesso sia Nasso che Misale sono stati bloccati dagli agenti della squadra mobile di Reggio e da quelli del commissariato di Palmi. Dopo gli arresti per gli investigatori erano diventati personaggi di assoluto affidamento dei vertici della cosca e a cui veniva impartiti ordini precisi per gestire gli affari della consorteria sul territorio di Palmi. m. i. Teresa Gallico Era in libertà vigilata nella città di Brescia Da giugno è sparito Carmelo Gallico REGGIO CALABRIA - Il 28 marzo 2007 Carmelo Gallico veniva scarcerato e sottoposto a libertà vigilata, trovando una sistemazione a Brescia. Dalla città Lombarda l’uomo impartiva ordini ai suoi fedelissimi in Calabria. Ma da giugno scorso è scomparso dalla circolazione. Aveva l’obbligo di firma ma non si è più presentato alla questura di Brescia. Secondo gli investigatori aveva avuto il sentore che negli ultimi tempi era sotto osservazione. E così dopo un consulto con l’avvocato Vincenzo Minasi è sparito nel nulla. O meglio ha optato per una latitanza preventiva. E da giugno vani sono stati i tentativi delle forze dell’ordine di acciuffarlo. Lui tra l’altro è giù esperto di fughe. Era inse- Carmelo Gallico rito nella lista dei 500 ricercati più pericolosi quando nell’aprile del 2000 fu arrestato dalla Polizia a Terni. Gallico fu arrestato in esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare emesse dall’autorità giudiziaria di Reggio Calabria e Messina per associazione di stampo mafioso. Doveva scontare, per una serie di condanne, 20 anni di carcere. Latitante da otto anni, autorevole membro della ‘ndrangheta, considerato membro della cosca di famiglia, Carmelo Gallico fu fermato per accertamenti chiedendogli i documenti, ma gli agenti si accorsero che aveva una carta di identità rubata intestata ad un’altra persona. Condotto in questura per accertamenti, dal riscontro dattiloscopico fu poi identificato. A Terni, tuttavia, Gallico era stato arrestato nel 1982, quando aveva appena 19 anni, per aver fornito false generalità. Nel febbraio scorso Carmelo Gallico è stato scarcerato dalla corte di cassazione, prima sezione penale, che annullò l’ordine di custodia cautelare per l’omicidio Fameli per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Carmelo Gallico, mentre si trovava rinchiuso nel carcere di Brescia, nei primi giorni del mese di giugno 2010 aveva tentato il suicidio. Si salvò grazie al tempestivo intervento degli agenti di polizia penitenziaria. Carmelo Gallico è considerato l’intellettuale della famiglia, artefice a Palmi negli anni Ottanta della guerra di mafia contro i Condello. Carmelo durante la sua detenzione nel carcere di Fossombrone scrisse una serie di saggi, alcuni dei quali «Frammenti di vita» e «Sogni in frammenti», ritrovati nel bunker con tanto di dedica ai nipoti Alfonso e Lucia. Nonostante la sua appartenenza a una famiglia di ‘ndrangheta, in molte interviste televisive spiegò che era pronto a redimersi, ma non lo fece mai. Una sua pubblicazione è diventata una commedia che negli anni scorsi andò in scena nel teatro di Palmi. Aveva avvertito il fiato sul collo delle forze dell’ordine Marafioti si difende Riceveva l’integrazione dalla Ce L’avvocato Produzione di olive «Niente illeciti con il prestanome da parte mia» che non versava soldi REGGIO CALABRIA - «Ho messo a disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo allo svolgimento della difesa di Domenico Gallico, certo come sono di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato». Lo afferma, in una nota, l’avvocato Giovanni Marafioti, indagato dalla Dda di Reggio Calabria per favoreggiamento aggravato dalla finalità di sostegno alla cosca Gallico della 'ndrangheta. «Ho chiesto di essere interrogato – aggiunge Marafioti – per chiarire i fatti che nell’interpretazione dell’accusa sarebbero indizianti di favoreggiamento perchè essi riguardano lo svolgimento doveroso del rapporto, spesso difficile in ragione delle diverse Una toga di avvocato culture a confronto, con l’imputato assistito. I miei difensori, avvocati Armando Veneto e Giuseppe Milicia, avranno cura di esprimere il mio rammarico, ma anche la mia serenità, per essere stato raggiunto da un’accusa che reputo chiaramente infondata». «Consapevole che l’effetto immediato non può che essere, come chiunque avrebbe potuto immaginare all’atto di decidere l'invio dell’avviso di procedimento, quello di costringermi alla rinunzia alla difesa di Domenico ed Antonino Gallico – conclude l'avvocato Marafioti – vi provvederò alla prima udienza utile». Una panoramica di Palmi REGGIO CALABRIA - I terreni riconducibili alla cosca dei Gallico e poi trasferiti ad una società all’estero era fittiziamente intestati a Giuseppe Surace, alias “Peppino pastasciutta” e alla moglie Grazia Melissari. E lo erano da anni, secondo quanto raccontato anche dal testimone di giustizia Gaetano Saffioti. Punto di partenza per ricostruire i fatti contestati è in particolare un colloquio intercettato in un carcere della Campania tra Domenico Gallico e la sorella Teresa, la moglie di Milasi. E proprio in questa circostanza che la donna parla del titolare fittizio dei beni. E anche del furto dell’integrazione relativa ad un oliveto, o meglio soldi intascati per la produzione da parte della comunità europea. Teresa era andata su tutte le furie per questa questione visto che a loro non era stato dato un centesimo. La donna veniva calmata. A farla ragionare era il fratello. L’uomo temeva rivolgendosi in maniera brusca si potevano ottenere pochi benefici e molte grane. Si temeva che il prestanome potessse rivolgersi alle forze dell’ordine visto che non aveva nella sua disponibilità la somma percepita dall’intregrazione. A questo punto si decide di parlare con il prestanome e trovando un accordo: una mini rata mensile da versare mensilmente alla cosca di Palmi. Il racconto del pentito Marino Alla conquista della capitale REGGIO CALABRIA - Ad accusare il boss di Palmi Carmelo Gallico, c’è anche anche un collaboratore di Giustizia, Vincenzo Marino. Il pentito avrebbe raccontato ai magistrati titolari dell’inchiesta (il procuratore aggiunto Michele Prestipino ed i sostituti Roberto Di Palma e Giovanni Musarò) di aver conosciuto il capo mafia della cittadina tirrenica in occasione di un suo periodo di detenzione proprio nel carcere di Palmi. Marino non rivelerebbe episodi specifici riferibili a fatti di sangue, quanto dello spessore criminale el boss. Una testa pensante più che un killer, Gallico era temuto e riverito tra le mure del penitenziario. L’uomo gli avrebbe rivelato di alcuni episodi relativi al proprio ingresso in società. Affermando di “essere stato battezzato” in un campo di rose bianche. Una cerimonia, insomma riservata soltanto a personalità di un riconosciuto spessore ‘ndranghetistico. Sempre il pentito ha poi raccontato di come Carmelo Gallico fosse temuto dalle stesse guardie carcerarie, le quali evitavano di avere scontri con lui. Più in generale i calabresi che erano detenuti a Palmi, godevano della protezione di Gallico stesso che evidentemente trovandosi nel proprio territorio era tenuto a fare una sorta di onori di casi agli “amici”. Fatti di carcere e di mafia, in altri termini. Sempre Marino avrebbe poi spiegato come il boss appartenesse a una sorta di gruppo di intoccabili, mafiosi di primissimo piano. nella stessa descrizione si parla di gallico come di un uomo che si intratteneva a parlare volentieri con i detenuti “degni di questo nome”. E che lo facesse con il piglio del vecchio capomafia dispensando saggezze a destra e a manca. Insomma un boss che aveva smesso di uccidere con le armi per iniziare ad uccidere con la testa. I fatti raccontati dal collaboratore di giustizia risalgono agli anni 20052006. Un periodo ridotto, di poco più un mese, nel corso del quale tuttavia Marino aveva potuto vedere con i propri occhi i rapporti tra gli uomini del clan Gallico e quelli di altre famiglie calabresi. Ma soprattutto sufficiente a capire come Carmelo Gallico intrattenesse rapporti alla pari con altri boss di elevato lignaggio detenuti assieme a loro. REGGIO CALABRIA - Intrecci e legami tra famiglie che dalla Piana di Gioia Tauro vengono consolidati sotto i palazzi del potere della Capitale. La 'ndrina dei Gallico ha una storia di fedeltà che parte dal suo paesino d'origine, Palmi in provincia di Reggio Calabria. Se le sue attività illecite raggiungono Roma i componenti lo devono ai collegamenti che si sono creati negli anni con un'altra cosca del territorio della provincia di Reggio. È la 'ndrina Alvaro, famiglia originaria di Sinopoli a pochi chilometri da Palmi. Alvaro, infatti, è tra le cosche meglio organizzate nel Lazio. Sia nella Provincia di Roma che in quella di Latina (i territori nel sud del Lazio sono invece «lasciati» alla camorra). La presenza territoriale è ben conosciuta dalle forze di polizia. Gli affari tra le due famiglie nel campo degli stupefacenti in Calabria ha portato a una collaborazione anche su Roma. Qui, nella Capitale, i Gallico riciclano il denaro sporco attraverso attività apparentemente lecite come, per esempio, nel campo della ristorazione e della compravendita di immobili di pregio, spesso prossimi ai palazzi delle Istituzioni. Il sodalizio con gli Alvaro si è poi, affare dopo affare, allargato anche ad altre 'ndrine come i Pesce, i Bellocco e i Piromalli considerati dalla Direzione investigativa antimafia romana la più grossa 'ndrina dell'Europa occidentale. Il Comune denominatore è la presenza territoriale. Tutti arrivano dalla Piana di Gioia Tauro in una terra “florida” per far business da capogiro. Ma la cosca Gallico è solo un tassello nel puzzle che compone il panorama criminale della 'ndrangheta sul territorio di Roma. Non a caso nel recente passato sono state effettuate diverse operazioni antiriciclaggio da parte della Dia e delle altre forze di polizia. A Roma, dunque, la Calabria che delinque si muove silenziosamente. Da anni. Intreccia i propri legami coltivati in «patria» e colonizza i business che più contribuiscono allo sviluppo del suo impero criminale, attraverso l'attività di riciclaggio. Una fitta rete che soffoca la Capitale. Quel boss riverito A Roma riciclaggio in accordo anche tra le mura con gli Alvaro di un carcere E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - Il marito di Teresa Gallico, Gesuele Misale, aveva una pensione di invalidità con accompagnamento. Ma era pienamente attivo nella vita quotidiana. Quando la suocera lo chiamava sul cellulare era sempre alla guida di un’autovettura, spesso da solo, in giro per le strade di Palmi. La suocera lo chiamava per acquistare pane, verdura o magari per andare a prendere la nipote a scuola perchè magari pioveva. E lui era sempre disponibile. E sempre alla guida della sua autovettura. Oggi è tra le sei persone fermate dalla Dda di Reggio con un provvedimento firmato dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Giovanni Musarò. Ma la circostanza che balza agli occhi è che Misale utilizza la sua invalidità per essere accompagnato in carcere da un altro del gruppo per andare a far visito ad uno dei vertici della cosca. Stando agli ultimi accertamenti le condizioni di salute di Gesuele Misale era in netto miglioramento. L’uomo, insomma si era quasi completamente ristabilito tanto che oltre a guidare l’autovettura, si reca spesso a far visita ai detenuti, bada ai piccoli nipoti e all’anziana suocera Lucia Giuseppa Morgante, attualmente ristretta agli arresti domiciliari. Ma Misale si spinge oltre. Infatti approfittando del fatto di essere in “possesso” di una pensione di invalidità con relativo diritto all'accompagnamento, offre l’opportunità a Domenico Nasso di prendere parte di colloqui con i detenuti in qualità di “accompagnatore”. Per i Gallico crearono una società in America a cui “destinarono” circa 70mila metri quadrati di terreni di MICHELE INSERRA | Misale, giallo invalidità Le strategie dell’avvocato Minasi e del suo collega di Lugano REGGIO CALABRIA – Creavano società off-shore negli Stati Uniti a cui venivano ceduti i beni dei Gallico di Palmi per sottrarli ai sequestri dello Stato. A “tutelare” i patrimoni della ‘ndrangheta erano due professionisti: l’avvocato Vincenzo Minasi e il notaio Daniele Borrelli con studio a Lugano. Entrambi erano soci, entrambi sono stati arrestati dagli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria su disposizione della Dda della città dello Stretto. Sono due delle sei persone coinvolte nell’indagine reggina. Gli altri sono Gesuele Minasi, marito di Teresa Gallico, considerata al vertice della cosca della Piana di Gioia Tauro, Carmelo Gallico, Alfonso Rinaldi e Domenico Nasso, entrambi ritenuti organici alla cosca, e Carmelo Gallico, che residente in Lombardia impartiva direttiva ai sodali. Da quando erano finiti in cella i fratelli Giuseppe e Domenico era lui a reggere le redini del clan. E proprio dopo l’ok di Domenico, placet giunto all’avvocato Minasi attraverso Teresa Gallico, sorella del detenuto, che si decide di costituire una società per trasferire gli ingenti beni della cosca. Il rappresentante legale della società è proprio il notaio Daniele Borelli, con studio a Lugano, in Svizzera, e socio dell’avvocato Minasi. La costituzione della società doveva essere fatta in tempi brevi. Il clan sentiva il fiato sul collo degli investigatori e avvertiva pertanto la necessità di salvaguardare il patrimonio di famiglia. A mettere sulla strada giusta la cosca era stato l’avvocato Minasi, il difensore storico dei Gallico. L’uomo è tra l’altro difensore di Maria Valle, la giovane figlia del patriarca don Ciccio Valle, della quale tempo fa aveva ottenuto l’annullamento dell’arresto in Cassazione. E con l’operazione di ieri Maria Valle, moglie di Francesco Lampada è finita nuovamente in manette con l’accusa di corruzione e si trova adesso ristretta ai domiciliari. Minasi è stato inchiodato da intercettazioni telefoniche, ambientali all’interno del suo studio di Palmi e di e-mail. Da qui, secondo gli investigatori, era lui in prima persona a gestire i beni e deteneva ingenti somme per conto dell’organizzazione. Pertanto non si preoccupava solo di fatti rientranti nella sfera legale, come altri difensori dei Gallico. Nel mirino della procura finisce L’ESCAMOTAGE BREVI 24 ore Giovedì 1 dicembre 2011 A REGGIO OGGI DA REGGIO PROVINCIA DI CATANZARO Domani arriva il ministro Clini Parte il progetto “Gerbera Gialla” Chiesti 46,5 milioni per il maltempo DOMANI alle ore 11, a Reggio Calabria, il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ed il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti terranno una conferenza stampa. Sarà presentata “CalabriaInnova”, una rete al servizio di imprenditori e ricercatori. OGGI nella sala “Nicola Calipari» del Consiglio regionale, prenderà il via il Progetto «Gerbera Gialla» che si diffonderà successivamente con una serie di manifestazioni su tutto il territorio nazionale, per concludersi, con le giornate nazionali della «Gerbera gialla» a Maggio 2012. LA Provincia di Catanzaro chiede al governo la dichiarazione dello stato di calamità naturale di circa 46,5 milioni di euro per l’intero territorio colpito dall’eccezionale ondata di maltempo del 22 e 23 novembre scorsi, costata peraltro la vita ad un uomo. La Corte di assise di Locri assolve Martino e Panetta dall’accusa di aver ucciso il boss di Locri Cordì, condannato Curciarello La Procura è pronta a fare appello. Chiave di volta la perizia del Ris I Crinò respingono le accuse Il sindaco di Casignana e il fratello sentiti dal gip Laganà di GIOVANNI VERDUCI SIDERNO - Il sindaco di Casignana ha replicato a tutte le accuse che gli sono state mosse dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Ieri pomeriggio, Pietro Crinò e il fratello Antonio (responsabile tecnico della Zetaemme: la società che gestiva il sito per la raccolta dei rifiuti di Casignana) si sono trovati faccia a faccia con il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria Antonino Laganà: lo stesso che aveva firmato i provvedimenti di arresto per disastro ambientale. Il primo cittadino e il fratello ingegnere, assistiti dagli avvocati di fiducia Antonio Speziale e Giacomo Crinò, hanno offerto al giudice del tribunale di Reggio Calabria la loro verità sui fatti contestati dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico e dai magistrati della Procura antimafia. In particolare, Antonio Giovanni Crinò ha voluto spiegare ai giudici reggini la sua versione dei fatti legata all’interpretazione delle immagini registrate dalle tele- camere piazzate dai carabinieri nei pressi della discarica di Casignana. L’ingegnere ha spiegato al gip Laganà che il percolato che lo stesso avrebbe sversato non finiva nel vallone Rambrotta ma nelle vasche di decantazione, appositamente realizzate a valle del sito di raccolta dei rifiuti per raccogliere il fluido prodotto dalla macerazione della spazzatura. Il sindaco Pietro Armando Crinò, fra le altre cose, si è soffermato sulla telefonata registrata dagli inquirenti durante la quale chiedeva di essere contattato direttamente dal presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Per l’amministratore non si sarebbe trattato di un’azione speculativa, ma solo di un tentativo di parlare con il Governatore nei giorni in cui una crisi nel sistema di raccolta dei rifiuti stava soffocando il territorio della Locride. Al termine di questa settimana il gip dovrebbe rendere pubblica la sua decisione a carico di Pietro e Antonio Crinò e delle altre persone finito dentro l’inchiesta e che, in queste ore, saranno sentite dal giudice. Tribunale di Lamezia Terme Esec. n. 46/10 Reg.Es.Imm. G.E. Dr.ssa Adele Foresta Professionista Delegato alla vendita Notaio Dr. Mario Bilangione Lotto 1: in Falerna (CZ), loc. Marinella, C.da Cartolano snc, porzione immobiliare facente parte della palazzina residenziale e precisamente appartamento al p. quarto, cat. A/3, vani 4, composto da due stanze da letto, bagno, cucina-soggiorno e due ampi balconi. Lotto 2: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente magazzino al p. terra, consistenza catastale mq 52. Lotto 3: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. primo, int. 1, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi. Lotto 4: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. primo, int. 2, vani 6, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi. Lotto 5: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. secondo, int. 3, vani 5, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi. Lotto 6: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento allo stato rustico, al p. secondo, int. 4, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi. Lotto 7: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento allo stato rustico, al p. terzo-sottotetto, sup. lorda mq 110, composto da cucina-soggiorno, camera da letto, una sala più il bagno e un ampio terrazzo che corre tutto intorno all’appartamento. Lotto 8: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento al p. terzo-sottotetto, int. 6, vani 5, sup. lorda mq 110, composto da cucina-soggiorno, camera da letto, una sala più il bagno e un ampio terrazzo che corre tutto intorno all’appartamento. Vendita senza incanto 11.01.2012 ore 10.30 avanti al Notaio delegato, presso i locali dell’Associazione Notarile nel Palazzo di Giustizia di Lamezia Terme, Piazza della Repubblica, piano primo seminterrato. Prezzi base: Lotto 1 Euro 58.410,00; Lotto 2 Euro 23.400,00; Lotto 3 Euro 59.150,00; Lotto 4 Euro 59.150,00; Lotto 5 Euro 59.150,00; Lotto 6 Euro 59.150,00; Lotto 7 Euro 59.150,00; Lotto 8 Euro 93.500,00; Presentare offerte in busta chiusa presso l’Associazione Notarile sopra indicata, entro le ore 12.00 del giorno 5.01.2012, unitamente al deposito cauzionale. Eventuale vendita con incanto il 25.01.2012 alle ore 10.30, nello stesso luogo, con aumenti minini pari a Euro 2.950,50 per il lotto 1, Euro 1.170,00 per il lotto 2, Euro 2.957,50 per ciascuno dei lotti 3, 4, 5, 6 e 7, Euro 4.675,00 per il lotto 8. Custode Dr. Fabio Massimiliano Canzoniere con studio in Lamezia Terme, via dei Mille (tel. 0968/21885). Maggiori informazioni presso l’Associazione Notarile Procedure Esecutive di Lamezia Terme (tel. 0968/448695), sul sito internet www.asteannunci.it. za del Ris dei carabinieri, vodi PASQUALE VIOLI luta proprio dalla Corte LOCRI - Assoluzione per d'Assise, ha portato ad un Antonio Martino di Siderno nulla di fatto per Antonio e Antonio Panetta di Locri, Martino, sul quale non sono condanna all'ergastolo per state riscontrate particelle il sidernese Michele Curcia- di polvere da sparo, ma ha rello. E' questa la sentenza individuato due particelle della Corte d'Assise di Locri, su Michele Curciarello, parpresidente Amelia Monte- ticelle che con ogni probabileone con a latere Angelo lità hanno pesato sulla senAmbrosio, per il processo tenza di condanna all'ergasull'omicidio del boss di Lo- stolo. Per i giudici del Tribucri Salvatore Cordì, alias “u nale di Locri quindi il killer cinesi”, assassinato a Sider- che il 31 maggio del 2005 no il 31 maggio del 2005. Il pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria Antonio De Bernardo aveva chiesto l'ergastolo per tutti e tre gli imputati. Sullo sfondo della vicenda, e come movente del delitto, il magistrato antimafia ha inquadrato la storica faida di Locri tra i Cataldo e i Cordì. Per l'ufficio di procura fu Antonio Cataldo, già condannato a 30 anni, a ordinare l'omicidio di Salvatore Cordì, e per farlo, Il momento della lettura della sentenza secondo l'accusa, si è rivolto a persone di Si- sparò contro Salvatore Corderno. Il processo, durato dì nel pieno centro di Sideroltre due anni, ha visto sfila- no fu Michele Curciarello re in aula uomini della Poli- per il quale regge anche l'aczia di Stato, che hanno con- cusa di associazione mafiodotto le indagini e carabinie- sa. Non hanno trovato riri, pentiti e periti del Ris. A fare da prova regina ci scontro invece le scarse prosarebbe stato lo stub esegui- ve su Antonio Martino, ento su Martino e Cruciarello, trato a fare parte del procesuna prova dello sparo però so dopo che lui stesso, il che secondo una consulen- giorno del delitto di Cordì, si era presentato spontaneamente al Commissariato di Siderno per capire il motivo che aveva portato gli agenti di polizia a fermare lo zio Michele Curciarello. Su di lui oltre all'esito negativo della prova dello stub anche le scarse risultanze delle accuse mosse dai collaboratori di giustizia, mai precisi sul suo coinvolgimento. Anche su Antonio Panetta la Corte d'Assise ha espresso un giudizio di assoluzione, dichiarandolo innocente per non avere commesso il fatto. Su Panetta, oltre ad un precedente coinvolgimento nella storica operazione “Primavera”, pesava la vicinanza al clan Cataldo di Locri, lo stesso che secondo quanto riportato dall'accusa avrebbe ordinato l'omicidio di Salvatore Cordì. Alcuni collaboratori di giustizia lo indicavano come l'anello di congiunzione tra i mandanti di Locri e i killer di Siderno, ma anche sulla sua posizione i giudici non hanno trovato grandi riscontri. Antonio Martino, difeso dagli avvocati Salvatore Staiano, Cosimo Albanese e Mario Mazza, e Antonio Panetta, difeso dagli avvocati Giuseppe Mammoliti e Luca Maio, sono rientrati nelle loro abitazioni già nel primo pomeriggio di ieri. Dopo la conferma dell’incontro con il ministro Severino I giudici di pace oggi al lavoro di FRANCESCO CATIZONE COSENZA - Giudici di Pace da oggi di nuovo al lavoro, dopo la revoca dello sciopero che li ha tenuti lontani dalle aule di giustizia dal 21 novembre e che sarebbe dovuto durare fino a domani. La decisione è avvenuta a seguito dell'impegno assunto dal Ministro della Giustizia Paola Severino di convocare a breve un incontro per trovare una soluzione alle istanze sollevate dalla intera categoria. I Giudici di Pace, in particolare, chiedono la copertura fiscale e previdenziale (ad oggi del tutto negata) a beneficio dell'intera categoria e un intervento che assicuri la continuità delle funzioni, in modo da scongiurare la cessazione dal servizio di circa 700 giudici di pace in scadenza definitiva del mandato il 31 dicembre prossimo e dei restanti 1600 che, diversamente, scadranno alla fine del loro mandato quadriennale. L'astensione dalle udienze, indetta dall'Associazione Nazionale dei Giudici di Pace e da Unagipa - Unione Nazionale Giudici di Pace -, si è comunque protratta per dieci giorni, con una partecipazione di adesione che nel Distretto di Corte d'Appello di Catanzaro si è attestato oltre il 60%. L'astensione ha comportato, a livello nazionale, la mancata celebrazione di oltre 200.000 processi. “La situazione è divenuta gravissima afferma in una nota Vincenzo Crasto, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale dei Giudici di Pace -. Migliaia di magistrati da oltre 15 anni hanno lo status di lavoratori in nero, privi di coperture previdenziali ed assistenziali ed il mancato riordino della magistratura di pace, attesa da oltre un decennio, ha reso insostenibile la situazione. Solo con una riforma (negli anni sempre promessa, ma mai arrivata) che preveda la continuità nell'esercizio delle funzioni è possibile garantire la necessaria autonomia ed indipendenza del giudice e quindi il rispetto del diritto dei cittadini ad una giustizia giusta ed efficiente.». Negli ultimi anni i Giudici di Pace hanno rappresentato un valido strumento per cercare di rendere più efficace ed efficiente la macchina della giustizia, nonostante la preannunciata decisione di sopprimere un considerevole numero di uffici periferici. «I giudici di pace attualmente in servizio -si legge ancora nella nota - hanno definito circa 25 milioni di procedimenti civili, penali ed amministrativi, trattando il 100% delle espulsioni di clandestini extracomunitari, definite immediatamente, ed oltre il 50% degli affari civili, definiti in meno di un anno, a fronte di oltre 5 anni di durata del processo civile dinanzi ai Tribunali, con costi per l'Erario ben 15 volte inferiori a quelli sostenuti per i giudici di carriera». «Tutti i colleghi operanti nel nostro territorio hanno cercato di non rendere gravosa pergli utentil'astensione dalle aule», conclude Paola Lanzillotti dell'Associazione Nazionale dei Giudici di Pace. La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria partecipa accoratamente al lutto che ha colpito il collega Peppino Roma per la perdita della cara suocera TERESA FILIPPI Arcavacata di Rende, 30 novembre 2011 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 18 Calabria 25 Giovedì 1 dicembre 2011 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Villa San Giovanni Melito Porto Salvo Il sindaco attacca Consiglio comunale il vertice di Ferrovie dedicato ai Pisl a pagina 37 Locri Omicidio Cordì un ergastolo a pagina 38 a pagina 39 In appello Giuseppe Libri condannato a 9 anni, in primogrado erano 12 Testamento, assolto Labate Assoluzione piena per l’ex consigliere comunale e per il suo segretario di CLAUDIO CORDOVA ASSOLUZIONE piena anche in appello per Massimo Labate, l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Labate, già scagionato dalla sentenza di primo grado, emessa nel luglio 2010, si è visto confermare la pronuncia di non colpevolezza anche dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Assolto anche Enzo Pileio, l’amico-segretario di Labate che, nell’ottica degli investigatori, avrebbe rappresentato il trait d’union tra il politico e le cosche. La Corte d’Appello (Natina Pratticò presidente, Angelina Bandiera e Daniele Cappuccio a latere) ha poi ridotto le condanne per gli altri imputati, tutti presunti affiliati alla cosca Libri di Cannavò: Giuseppe Libri passa da una condanna a dodici anni di reclusione a una condanna a nove anni, Francesco Giuseppe Quattrone passa da una condanna a dodici anni a una sei anni e sei mesi, pena dimezzata per Alessandro Collu, da dodici a sei anni di reclusione, mentre sette anni sono stati inflitti a Bruno Crucitti, considerato dall’accusa l’imprenditore della cosca, che in primo grado era stato condannato alla pena di dieci anni di reclusione. Il processo “Testamento” scaturisce da un’operazione della Squadra Mobile del luglio 2007: il clan Libri e le sue presunte infiltrazioni nell’Amministrazione Comunale al centro dell’inchiesta dei sostituti procuratori della Dda Domenico Galletta e Giuseppe Lombardo. In quell’estate 2007 venne tratto in arresto anche Massimo Labate, che, a detta degli inquirenti, avrebbe favorito la cosca Libri per due attività pa- trocinate dal Comune di Reggio Calabria: una festa di quartiere, nel rione San Giorgio Extra, e una mostra pittorica presso il Castello Aragonese. Una condotta che Labate, ex poliziotto, avrebbe messo in atto con l’ausilio dell’amico Enzo Pileio, anch’egli accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma assolto sia in primo che in secondo grado. Il processo “Testamento” si è poi scisso in due tronconi, quello ordinario, e quello degli abbreviati, entrambi arrivati alla conclusione del grado d’appello. Labate e Pileio sono gli unici assolti insieme al genero di Pasquale Libri, Filippo Chirico, che in primo grado era stato condannato a sei anni e otto mesi. Chirico è stato giudicato con rito abbreviato in un processo in cui sono stati invece condannati Pasquale Libri, ritenuto il capo della cosca, a nove anni e otto mesi di reclusione, sette anni di reclusione sono stati inflitti al genero del defunto boss Mico Libri, Antonino Caridi, sei anni di reclusione per Antonino Sinicropi, tre anni e tre mesi di reclusione per Antonio Libri e Filippo Rodà, due anni per Cristofaro Zimbato, un anno e quattro mesi per Antonio Riccardo Artuso. Nonostante già in primo grado i legali di Labate, Domenico e Andrea Alvaro, avessero dimostrato la non colpevolezza dell’ex politico, in appello il sostituto pg Mollace aveva richiesto una condanna a dieci anni di reclusione, basandosi, soprattutto, sulle dichiarazioni del pentito Roberto Moio. Mollace aveva anche tentato, senza riuscirci, di far entrare nel processo le dichiarazioni di Orsola Fallara, dirigente del Settore Finanze del Comune di Reggio Calabria morta suicida circa un anno fa. Quattrone passa da una pena a 12 anni a una di sei La requisitoria del sostituto procuratore Cent’anni, richiesta di sentenza assolutoria per il sindaco di Gioia Massimo Labate L’ingresso del tribunale IL sostituto procuratore generale Fulvio Rizzo ha chiesto che venga confermata la sentenza assolutoria nei confronti dell’ex sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, coinvolto nel processo “Cent’anni di storia” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il sostituto pg Rizzo ha poi chiesto la conferma della sentenza di condanna per Antonio e Natale Alvaro condannati in primo grado a 9 anni ciascuno, Pietro D’Ardes, gestore della società cooperativa “Lavoro” di Roma, condannato a 11 anni di reclusione, l’avvocato Giuseppe Mancini, condannato a 9 anni e 6 mesi. Chiesta la conferma della sentenza di primo grado anche per Giuseppe Arena, condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione, per i due Girolamo Molè, classe 1961 e 1963: il primo punito in primo grado con 17 anni di reclusione, il secondo con 5 anni e 6 mesi. Chiesta la conferma della sentenza anche per Domenico Molè, condannato dal Tribunale di Palmi a 16 anni di reclusione. Uniche modifiche richieste dal sostituto pg Rizzo la condanna di Gianluigi Caruso, condannato a 5 anni di reclusione in primo grado, ma per il quale sono stati richiesti 6 anni e 8 mesi, e Pino Piromalli, per il quale sono stati richiesti 8 anni di reclusione. È deceduto Giuseppe Alvaro che in primo grado era stato condannato a 12 anni di galera. Prima di pronunciare la propria requisitoria, il sostituto pg Rizzo aveva avallato la decisione della Corte d’Appello di dichiarare inammissibile il ricorso del pubblico ministero contro la sentenza di primo grado. Il processo “Cent’anni di storia” nasce da un’indagine del sostituto procuratore della Dda, Roberto Di Palma, che andò a investigare sulle attività delle cosche della Piana all’interno del porto di Gioia Tauro. Un condizionamento che i clan avrebbero messo in atto attraverso il coinvolgimento di alcuni “colletti bianchi”. cl. co. I CONTROLLI Libri da applausi ...per gli scaffali ANCHE quest’anno la nostra città stupisce per la ricca e qualificata offerta culturale. Non c’è serata che non offra un dibattito di alto livello, con la presenza di fabbricanti di best sellers e con gli immancabili professionisti dell’antimafia di sciasciana memoria. Il popolo reggino si spella le mani ad applaudire il divo cartaceo di turno e si affatica a tal punto da non trovare poi la forza di recarsi in libreria per comprarne il relativo libro, che rimane desolatamente a impolverarsi negli scaffali. Minaccia la sua amica e aggredisce gli agenti, preso Arrestato un tunisino, entra in casa di una connazionale, la malmena e si ribella alla polizia I controlli della polizia NELL’AMBITO dell’attività di prevenzione e controllo del territorio disposta dal Questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, nella decorsa notte personale dell’U.P.G.S.P. ha tratto in arresto B.Y., un trentenne di nazionalità tunisina, responsabile del reato di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, oltre che di danneggiamento e violazione di domicilio ai danni di una connazionale. La storia è di ordinaria violenza. Tutto comincia quando R.G. 40 anni, una donna che chiede l’intervento delle volanti poiché il suo amico connazionale, il tunisino B.Y.,era entrato arbitrariamente nel suo appartamento e le aveva rivolto tutta una serie di minacce, non ultima quella di distruggere i documenti d’identità, con la presumibile intenzione di arrecarle problemi riguardo il suo soggiorno sul territorio nazionale. All’arrivo degli agenti, B.Y., in evidente stato di ubriachezza, non solo non dava segno di alcun ravvedimento, ma aveva una reazione inconsulta, diretta conseguenza dei fumi dell’alcol, tanto che gli operatori delle volanti hanno avuto non poche difficoltà per immobilizzarlo. L’arrestato, su disposizione del P.M. Sottosanti, è stato trattenuto presso le camere di sicurezza della Questura in attesa del rito direttissimo che sarà celebrato questa mattina. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 39 Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected] La Corte d’assise di Locri condanna Michele Curciarello. Scagionati e liberi Martino e Panetta Omicidio Cordì, un ergastolo La Procura ricorrerà in appello. Le difese: «Le sentenze vanno tutte rispettate» di PASQUALE VIOLI LOCRI - Secondo i giudici della Corte d'Assise di Locri sarebbe Michele Curciarello il killer di Salvatore Cordì, assassinato a Siderno il 31 maggio del 2005. Per questo il presidente Amelia Monteleone, con a latere Angelo Ambrosio, ha inflitto all'uomo di Siderno la condanna all'ergastolo. Assolti invece Antonio Martino e Antonio Panetta, per i quali cade anche il reato di associazione mafiosa. Dopo più di due anni di processo quindi secondo i giudici del Tribunale di Locri reggerebbe la tesi portata avanti dal pubblico ministero Antonio De Bernardo secondo cui i Cataldo, attraverso i Curciarello, ordinarono l'omicidio del boss Cordì aSiderno. A pesare sulla condanna di Michele Curciarello senza dubbio le particelle di polvere da sparo che sono statetrovate dopo l'esame stub. Le stesse particelle non rinvenute, invece, su Antonio Martino e che cono ogni probabilità lo hanno scagionato da ogni coinvolgimento. Non trovati riscontri neppure sulla posizione di Antonio Panetta, ritenuto dall'accusa uomo vicino alla cosca Cataldo ma per cui l'impianto probatorio in dibattimento non ha presentato prove certe. Per capirne di più si dovrà comunque aspettare il deposito delle motivazioni previsto entro 90 giorni. Intanto il magistrato della Dda Antonio De Bernardo ha già annunciato che ricorrerà in appello. «Una sentenza che rende giustizia alla posizione di Antonio Panetta - ha detto l'avvocato Luca Maio - per cui nessuna prova portava a ritenere plausibile un suo coinvolgimento nella vicenda né tanto meno nell'associazione mafiosa». Gli fa eco l'avvocato Cosimo Albanese. «Le sentenze si rispettano - ha detto il legale di Antonio Martino e Michele Curciarello - credo che siano il frutto del lavoro e della sofferenza del pubblico ministero, del collegio di difesa e della Corte d'Assise. Sono soddisfatto che quanto dimostrato in aula ha permesso di chiarire ogni aspetto della situazione di Antonio Martino, assolutamente estraneo alla vicenda, ma altrettanto sono convinto che in appello verrà dimostrata anche l'innocenza di Michele Curciarello». Mentre Pino Mammoliti, legale di Antonio Panetta, ha detto: «Sono soddisfatto per la posizione del mio assistito, ma mi sento di dire che a mio avviso è stato condannato un innocente. Resto amareggiato per la tra- smissione degli atti per i teste della difesa, a evidenziare che solo quelli dell'accusa sono validi». Già nella serata di ieri intanto sia Antonio Martino che Antonio Panetta sono rientrati nelle loro abitazioni da persone libere. Nell'emettere la sentenza la Corte d'Assise di Locri, oltre a determinare per Michele Curciarello l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha disposto il dissequestro ela restituzionea Panetta e Martino di quanto eventualmente sequestrato e ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica competente per indagare ulteriormente sulle dichiarazioni rese in udienza da Patrizia Viele, Fortunato Spadaro, Francesco Argirò, Francesco Sansalone e Emanuele Fimognari. Michele Curciarello Antonio Panetta L’indagine della polizia di Stato era partita dalle utenze telefoniche del gruppo Cataldo Le accuse dei pentiti senza riscontri certi LOCRI - E' il progressivo di intercettazione numero 659 la prova su cui per oltre tre anni si è discusso in aula dell'omicidio in diretta. Tutto partì da alcune indagini che spinsero gli uomini della polizia a mettere sotto controllo alcune utenze telefoniche, dopo che nel 2004, a Locri, si erano tornati a verificare alcuni eventi delittuosi che meritavano attenzione, in riferimento alla contrapposizione sul territorio delle famiglie Cataldo e Cordì. Tra l'aprile ed il maggio del 2004, alcuni degli esponenti di spicco delle due famiglie di Locri erano tornati in libertà dopo le condanne del processo “Primavera”. Fu in quel periodo che a Locri ricominciarono una serie di intimidazioni ai danni di alcuni commercianti. Gli investigatori misero sotto controllo le utenze di persone ritenute dagli inquirenti vicino ai Cataldo, da quelle utenze gli uomini della polizia cercarono di capire gli spostamenti del gruppo. E secondo l'accusa quello che si sente alle 17.29 del 31 maggio nel telefonino di Domenico Zucco sarebbe uno dei due colpi che uccise Cordì. La telefonata intercettata partì da telefonino di Domenico Zucco, una chiamata che avrebbe certificato la presenza del gruppo Cataldo sul luogo dell'omicidio ma che è stata smontata in aula dalle perizie della difesa. Zucco non era a Siderno quel 31 maggio, almeno questo può avere pensato la Corte d'Assise di Locri che lo ha assolto, e questo potrebbero avere pensato i giudici che ieri hanno scagionato anche Antonio Panetta, ritenen- dolo non responsabile e non partecipe dell'asse che portò alla morte Salvatore Cordì. La sua relazione con la figlia di Giuseppe Zucco non è una prova, e con ogni probabilità le indicazioni dei pentiti non forniscono dati certi per l'individuazione in Panetta di un partecipe dell'organizzazione dell'omicidio, né tanto meno della sua intraneità alla cosca. E la stessa valutazione potrebbe essere stata fatta dalla Corte d'Assise di Locri anche per Antonio Martino che nei verbali dei collaboratori di giustizia non è mai indicato. Su di lui in realtà, tranne la parentela con Curciarello, non è mai stata riscontrata alcuna prova certa. Le motivazioni della sentenza chiariranno comunque le valutazioni della Corte. p.v. Nessuno dei tre testimoni ha saputo fornire un identikit preciso del killer A lettura dispositivo In aula fra applausi e chi grida Nel pomeriggio del 31 maggio 2005 furono due i colpi mortali esplosi all’ingiustizia Agguato in centro per il boss LOCRI - Salvatore Cordì passava forse più tempo a Siderno che a Locri. E fu proprio a Siderno che il 31 maggio del 2005 in via Cesare Battisti due persone a bordo di uno scooter lo avvicinaronoe loammazzarano nelpieno centrodi Siderno. Uno dei primi ad avvicinarsi e seguire gli eventi fu il titolare di una pizzeria poco distante dalla chiesa di Porto Salvo, e a pochi metri da dove si è consumato l'omicidio. Quel giorno, alle 17.29, il commerciante era al telefono con la sua fidanzata, a parlare del più e del meno, quando a un certo punto udì un primo colpo, non ci fece caso, pensò fosse caduto qualcosa, ma a distanza di qualche secondo un nuovo boato destò la sua attenzione, e anche della fidanzata dall'altra parte della cornetta. «Pensai ad un incidente aveva raccontato in aula - ma non potevo vedere fuori, mi trovavo all'interno della pizzeria e da lì la strada non si vede, allora uscì e camminai un poco verso la chiesa, cercando di vedere se fosse successo qualcosa. Solo quando tornai ver- La Corte d’assise di Locri durante la lettura della sentenza so il locale vidi un uomo a terra e realizzai cosa era successo». Davanti alla Corte d'Assise, presieduta da Amelia Monteleone con a lataere Angelo Ambrosio, ci è passata in questi anni di processo anche la titolare del negozio di abbigliamento di fronte al quale venne ucciso Salvatore Cordì. Lei la vittima la conosceva, o meglio conosceva il fratello della vittima, ma sporadicamente anche con Salvatore Cordì scambiava qualche parola. Pure la donna intorno alle 17.30 del 31 maggio era al telefono, per parlare di lavoro con una ditta fornitrice. I tabulati telefonici danno l'avvio della chiamata alle 17.29 e una manciata di secondi. «Udì un forte scoppio ha raccontato più volte il teste in aula - come uno schianto e pensai a un incidente, poi dopo qualche istante, forse 6 o 10 secondi dopo, un secondo rumore, molto più forte del primo. Quando vidi il corpo di Cordì a terra pensai ancora si potesse essere trattato di un incidente, ma quando vidi il foro sul suo corpo capì cosa fosse successo». Ma il testimone che più di tutti quel delitto lo ricorda bene è un imprenditore di Sidernoche stavaparlandoproprio con Salvatore Cordì nel momento in cui i killer hanno agito. L'uomo e la vittima erano andati a prendere un caffè insieme, poi si erano fermati a parlare qualche minuto quando improvvisamente un colpo e un forte calore attraversarono l'aria circostante. L'imprenditore si buttò a terra, cercando, senza riuscirci, riparo vicino ad una macchina, Cordì tentò la fuga ma venne raggiunto dai colpi dell'assassino. Nessuno dei testimoni vide in faccia il killer, nessuno è riuscito a dare un'indicazione precisa, indicativa, su quello che è successo realmente il 31 maggio del 2005 in via Cesare Battisti. Quello che ad oggi certifica la sentenza è che Antonio Martino non era sul luogo del delitto come non si trovava lì neppure Antonio Panetta, fermato solo 15 minuti più tardi dai carabinieri davanti all'ospedale di Locri. p. v. LOCRI - Altalena di emozioni. Dentro l’aula della Corte d’assise di Locri, durante la lettura della sentenza, c’era chi applaudiva e chi inveiva gridando all’ingiustizia. Dietro i vetri blindati dello spazio riservato agli imputati Antonio Martino, da pochi minuti tornato un uomo libero, si apriva in un pianto liberatorio mentre Antonio Panetta guardava felice i propri familiari che dall’altra parte del vetro lo ricambiavano con baci e sorrisi. Michele Curciarello, invece, sembrava una sfinge. Sino all’ultimo è riuscito a trattenere le sue emozioni. Mentre una sua stretta congiunta si disperava di rabbia, urlando all’ingiustizia patita dal suo familiare, lui che era stato appena condannato all’ergastolo per l’omicidio del boss Salvatore Cordì cercava di placare gli animi accesi al di là del vetro e provava a tranquillizzare il giovane nipote. gio.ve. Antonio Martino Per il pm fu un fatto legato alla faida Pm e difensori in aula LOCRI - Lo aveva detto in aula il pm De Bernardo: «E' necessario comprendere e capire la storia e le dinamiche delle organizzazioni criminali del territorio per potere avere elementi ulteriori che siano utili a questo processo». Così aveva introdotto e spiegato la sua richiesta alla corte d'Assise di Locri, di acquisire agli atti del processo per l'omicidio di Salvatore Cordì le sentenze dei procedimenti denominati “Siderno group” e “Lettera morta”. La Corte, che aveva accolto le richieste del pubblico ministero, ha valutato le due sentenze insieme agli incartamenti dell'inchiesta “Shark”. La richiesta del pubblico ministero Antonio De Bernardo rientrava nell'ottica di ricostruire con attenzione tutti gli avvenimenti che dagli inizi degli anni '90 ad oggi hanno portato l'asse LocriSiderno a tessere nuove alleanze e a ridisegnare gli equilibri del potere all'interno delle consorterie mafiose. Con tutta probabilità la pubblica accusa ha voluto, riportando e servendosi di fatti storici, cercare di dimostrare come l'omicidio di Salvatore Cordì sia nato in un rapporto di alleanza tra i Cataldo di Locri e i Curciarello-Costa di Siderno. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Locride Giovedì 1 dicembre 2011 43 Ufficio di Corrispondenza: Piazzetta 21 Marzo, 9 - 89024 Polistena Tel/Fax 0966.935320 E-mail: [email protected] Si aggrava sempre di più la crisi nella società che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti “Piana Ambiente” senza futuro Lavoratori senza stipendio e già in stato di agitazione. Oggi nuova protesta di MICHELE ALBANESE GIOIA TAURO - Sull'orlo del baratro. Non c'è altro modo per definire la situazione della società di raccolta dei rifiuti Piana Ambiente. Un'azienda che arranca, fatica e che non sembra avere prospettive, nonostante gli impegni antichi e recenti dei comuni per in troppe situazioni si sono impegnati a garantire alla società le rimesse per i servizi svolti. Impegni da marinaio quelle dei comuni che non navigano anch'essi in buone acque, stretti da tagli sempre più marcati. E la società forse nata male e gestita alla buona sin dalla sua nascita tra mille problemi da affrontare mese dopo mese. Stamani, per l'ennesima volta, i lavoratori di Piana Ambiente già in stato di agitazione per il mancato pagamento degli stipendi, si autoconvocheranno per l'ennesima assemblea sindacale e per cercare di affrontare i disagi e i mancati pagamenti che subiscono a causa del grave stato finanziario in cui versa l'azienda. Un'assemblea all'autoparco insieme ai sindacalisti e forse anche al management aziendale che è stato invitato a partecipare ai lavori. Ma non è detto che ciò si verificherà. La condizione più disastrosa è quella vissuta dai lavoratori ma anche dai cittadini della piana. «Per due fondamentali questioni - dicono dalla Cgil che ha promosso l'assemblea dei lavoratori - con la prima è addebitabile ad una storica e scellerata gestione che nonostante gli ultimi sforzi dell'attuale presidenza non è stata superata. Dall'altra, per un ormai atavica e mai risolta inadempienza da parte dei comuni soci fruitori del servizio che non paga- Una recente protesta dei lavoratori di Piana Ambiente no le rimesse». «Questo rischia di comportare - sottolinea Valerio Romano della Cgil - la drammatica conseguenza che vedrà i lavoratori già sofferenti da parecchi mesi nella condizione di non poter ricevere il salario, causando notevoli disaggi anche alle proprie famiglie e tutto questo comporterà ulteriori disagi ai cittadini, che nonostante il pagamento di cospicue tasse fino ad oggi regolarmente eseguite e pagate, si ritroveranno con le città sommerse dalla spazzatura. Riteniamo che, ormai si sia arrivato realmente al giro di boa - afferma ancora Romano - la situazione finanziaria con molti comuni che ancora devono pagare le fatture alla società mista, rischia di far sprofondare l'azienda in una crisi senza fine. Riteniamo veramente insostenibile tutta questa situazione che rischia di portare i lavoratori in un vortice di incertezza senza via di uscita. Ribadiamo ancora oggi, che sia necessario un intervento tempestivo da parte dei sindaci della piana. Perché proprio loro che sono i primi cittadini ed i massimi rappresentanti delle nostre comunità, devono assumersi le responsabilità che fino ad oggi hanno delegato ad altri. Solo con la presa di posizione vera dei sindaci del territorio i problemi si potranno superare. Oggi purtroppo, assistiamo ad una situazione paradossale, dove i sindaci dimostrano di pensare a tutto tranne che ad alleviare i problemi dei lavoratori e dei cittadini. ancora una volta non riescono a trovare l'unità su questioni fondamentali per il territorio». Una situazione da “de profundis” o quasi. A Gioia Tauro lavori straordinari di bonifica per la messa in sicurezza del fiume Ripulito tratto del torrente Budello Rinvenuto di tutto sotto il ponte della Ferrovia: dai frigoriferi ai tronchi di alberi di ALESSANDRO TRIPODI GIOIA TAURO - C'era di tutto nel tratto del fiume Budello sottostante il ponte della ferrovia, dai frigoriferi ai tronchi di alberi. Ieri mattina l'ammasso di rifiuti e detriti è stato rimosso dagli operai della Cafissi-Alvaro che da settembre stanno svolgendo i lavori di messa in sicurezza del torrente. Un vero e proprio tappo che fungeva da diga e provocava l'innalzamento delle acque quando le piogge si intensificavano e quindi poteva facilmente provocare, ancora una volta, il dramma dell'esondazione del 2 no- vembre 2010. Ma adesso, possiamo dire, il pericolo è scampato. L'opera di messa in sicurezza sta procedendo celermente con una tabella di marcia in netto anticipo rispetto a quelli che erano i tempi previsti inizialmente per la fine dei lavori. Se le condizioni atmosferiche lo consentiranno il primo intervento di messa in sicurezza del torrente dovrebbe concludersi nel giro di due settimane, infatti l'argine destro è stato completato e quello sinistro è in fase di terminazione. L'alveo del fiume è stato reso maggiormente profondo, da 2,5 metri a circa 9. La pulitura del segmento del Bu- dello che scorre sotto il ponte della ferrovia rientra nell'ambito dei lavori ritenuti di somma urgenza, per i quali è stata programmata una durata massima di tre giorni. Il responsabile comunale del V Settore (Assetto del territorio) Francesco Mangione ha emanato un'ordinanza di chiusura temporanea al transito di tutti i veicoli nel tratto stradale di via Rosarno, rione Tre Palmenti, fino a domani. Allo stato attuale rimane solo da innalzare l'ultima porzione di barriera che andrà ad appoggiarsi sulponte divia DeRosa(la zonaopposta al ponte della ferrovia), e da concludere i ritocchi finali dell'opera. Il tratto del Budello ripulito Sopralluogo in contrada Mafalda a Cinquefrondi «Gli scavi strumenti culturali per combattere le cosche» di SIMONA GERACE CINQUEFRONDI - «Gli scavi in contrada Mafalda sono uno strumento culturale utile per combattere la 'ndrangheta». Queste le parole dell'assessore provinciale alla Cultura, Edoardo Lamberti Castronuovo, che, a due giorni dalla conclusione degli scavi, è giunto a Cinquefrondi, insieme alle ispettrici della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, Simonetta Bonomi e Maria Teresa Iannelli, per verificare lo stato dei luoghi e programmare gli interventi futuri. Sono stati tanti e interessanti i risultati ottenuti nel corso di questa campagna di scavi promossa dal consigliere provinciale, Giuseppe Longo, e condotta sotto la guida dell'archeologo Francesco Cuteri da studenti universitari, associa- zioni e gruppi di volontari. In contrada Mafalda è stata scoperta una struttura termale risalente al secondo secolo dopo Cristo e i resti di una domus romana del V secolo, con un pavimento in mosaico e tasselli di diversi colori. «L'ipotesi - ha spiegato Cuteri - è che questa villa, adiacente ad un ambiente piccolo e rettangolare prima di natura termale, poi utilizzato come ricovero per animali, sia stata una zona di produzione, come testimonierebbe il pavimento di coccio pesto». Sempre in contrada Mafalda, in località “San Demetrio” ci sono state altri ritrovamenti interessanti: un bollo di età romana e tre absidi risalenti uno al periodo tardo antico, l'altro all'undicesimo secolo e l'altro ancora al dodicesimo o tredicesimo secolo. Questo farebbe pre- Esperti al lavoro per collocare nel tempo la costruzione supporre l'esistenza di una chiesa di epoca normanna legata al culto bizantino e dedicata a San Demetrio. Poi la visita ai ruderi del convento di San Filippo D'Argirò, abitato dai bizantini o dai francescani presumibilmente nel 1200 e in seguito abbandonato nel 1700. Di esso, oltre ai muri La visita negli scavi in contrada Mafalda alti, alle finestre alle tracce di voltine, si possono vi- può anche creare un circuito di sitare i bagni, le latrine e il fron- pietre, magari controllato da tale di acquedotto costruito con qualche cooperativa locale». Sulla necessità di valorizzare la tecnica antica dei due lastroni che verrà ispezionato da un questi posti hanno anche congruppo speleologico di volon- cordato il consigliere provinciale Prc, Longo, l'ispettore Botari di Cosenza. «Bisogna stabilire un crono- nomi e il primo cittadino, Margramma degli interventi. - ha co Cascarano, mentre Iannelli affermato Lamberti Costro- ha ricordato la figura di Panuovo - Credo sia opportuno un squale Creazzo, il quale, per centro studi con ricostruzioni primo, aveva riconosciuto l'imvirtuali. Prima di tutto però, è portanza di quelle zone a Cinnecessario mettere in sicurez- quefrondi, ed è, anche per queza la zona con recinzioni e tele- sto, stato ritenuto folle dai procamere per preservarla, poi su pri concittadini. BREVI A PALMI Macchina bruciata PALMI - Ennesima autovettura incendiata durante la notte in una città della Piana di Gioia Tauro. L'episodio è avvenuto nel centro cittadino di Palmi, dove è andata in fiamme l'autovettura Volkswagen Taro di proprietà M.F., 54 anni, residente del posto. I carabinieri della locale Compagnia hanno avviato l'attività investigativa volta ad accertare l'origine dell'incendio. Nessuna ipotesi al momento è esclusa, compresa quella di origine dolosa. Anche se per accertare le cause dell’incendio si attenderà l’esito della perizia tecnica. Le indagini quindi puntano anche ad individuare gli eventuali esecutori. A ROSARNO Viola gli obblighi, arrestato ROSARNO - I carabinieri della Tenenza di Rosarno, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi, hanno tratto in arresto G.D., di 55 anni, residente del posto. L'uomo è finito in manette in quanto si è reso responsabile della reiterata violazione delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza cui era sottoposto. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Piana Giovedì 1 dicembre 2011 A Sellia Marina commozione per i funerali del regista Vittorio De Seta A Catanzaro La Casa del Cinema si chiamerà come lui di MARIA BAGNATO Il feretro di De Seta attraversa Sellia; un momento della cerimonia funebre «Con amore ricordiamo la sua grande umanità» di BRUNETTO APICELLA SELLIA MARINA (CZ) – Quell'occhio attento rivolto sempre verso il mondo dei sofferenti e dei più deboli. Perché il regista Vittorio De Seta, scomparso l'altra sera all'età di 88 anni, aveva una predilezione verso il mondo degli emarginati. E nelle sue opere emergeva quella particolare dedizione a raccontare, o meglio, a documentare il mondo dei più umili. Quasi una missione la sua, e la cui eco, ieri pomeriggio, è risuonata all'interno della Chiesa del Santissimo Rosario di Sellia Marina dove i familiari, gli amici più intimi e tutti coloro che in un modo nell'altro, soprattutto nell'ultimo periodo, hanno avuto a che fare con il grande regista, si sono riuniti per l'ultimo saluto al maestro. Un addio silenzioso, quasi sussurrato. Discreto. Accompagnato da una cerimonia semplice a tratti quasi riservata. Al pari di quella riservatezza che lo stesso regista che, negli anni ottanta aveva scelto località Feudo di Sellia Marina per vivere e costruire i propri progetti, ha voluto difendere sempre con forza. Erano passate da poco le 15 quando il feretro al cui interno era custodita la salma del regista ha fatto il suo ingresso nella Chiesa madre di Sellia Marina. A seguire la bara i familiari più stretti e coloro che nell'ultimo periodo sono stati più vicini al grande maestro. Dalla figlia Francesca alla nipote Vera, con la quale amava confrontarsi sui più svariati argomenti e soprattutto a cui si raccontava infondendole, nello stesso tempo, quella passione smisurata verso il mondo dell'arte, del cinema e della letteratura. E proprio Vera, ieri, durante la celebrazione, vinta dalla lacrime, ha tenuto lo sguardo sempre rivolto verso il feretro del nonno. È stato poi don Gesualdo De Luca, vicario episcopale territoriale intervenuto in rappresentanza del Vescovo della diocesi di Catanzaro – Squillace monsignor Vincenzo Bertolone, che ha presieduto la cerimonia funebre assieme a don Giovanni Scarpino e ai parroci di Sellia Marina, don Giuseppe e don Raffaele, a ricordare la figura del maestro De Seta sottolineando come il regista con il suo lavoro ha dimostrato quella particolare attenzione «verso l'uomo, verso la dignità dell'uomo, dei deboli, degli emarginati, dei ragazzi che soffrivano, degli immigrati». Per don Gesualdo, De Seta, è stato un'artista che ha messo la sua arte «a difesa dei soggetti deboli. Quando si lavora e si opera per la salvaguardia delle persone umane – ha proseguito - c'è lo Spirito del Signore che illumina». Don Gesualdo ha invitato poi tutti «a ricordare De Seta con amore per quello che ha fatto per l'umanità intera». Al termine della celebrazione è stato il sindaco di Sellia Marina, Giuseppe Amelio, a salire sull'altare e porgere il suo saluto non solo a nome dell'amministrazione comunale ma di tutta la cittadina «ad un grande uomo, un maestro che ha rappresentato per il nostro territorio e per la nostra Calabria qualcosa di forte». Gli insegnamenti del maestro De Seta, invece, sono stati al centro delle parole di Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria, che dall'altare ha poi ricordato: «Abbiamo adesso il compito di divulgare la sua arte. Il maestro Vittorio De Seta ci ha insegnato a voler documentare con rigore e a sentire con la sensibilità». Tra gli amici presenti all'ultimo saluto al maestro De Seta, anche l'attore catanzarese Maurizio Comito, e Filippo Curtosi, sindacalista e autore assieme a Giuseppe Candido de “La Calabria”, antologia dell'omonima rivista di letteratura popolare e di cui De Seta curò la prefazione. Il regista da giovane I MESSAGGI Addio a un maestro che restò umile Non si smorza il cordoglio di intellettuali e società civile calabresi SELLIA MARINA (CZ) - Continuano i messaggi di cordoglio per la scomparsa del regista. «Vittorio de Seta ha rappresentato e continuerà a rappresentare un pezzo di storia del cinema italiano, che ha saputo inventare veri e propri stili della macchina da presa, interpretando magistralmente tutto un periodo culturale particolarmente intenso del paese». Sono le parole dell'assessore allo Spettacolo di Catanzaro, Nicola Armignacca, all'indomani della scomparsa del regista. Per Armignacca «De Seta è stato documentarista e regista raffinato che ha formato giovani di ogni dove senza dimenticare mai il suo forte legame con la Cala- Banditi a Orgosolo bria. Nella Casa del Cinema abbiamo voluto commemorarlo, proiet- neato come De Seta «ha dato voce agli tando uno dei suoi capolavori più ce- invisibili ed ai dimenticati. La nostra lebri, “Banditi a Orgosolo” e stiamo amarezza – prosegue l'associazione pensando a soluzioni non episodiche è ancora più grande avendo con De Seper rendere omaggio alla sua ricca ta lavorato insieme alla organizzazione di una rassegna cinematografica produzione ed alle preziose opere». L'associazione “Il Pungolo per Ca- “Raffronti” che si è svolta, solo qualtanzaro” in una nota ha poi sottoli- che anno fa a Catanzaro e alla quale è stato fisicamente presente dando il suo preziosissimo contributo». Anche i giovani di “Ulixes” hanno espresso il suo cordoglio per la scomparsa dell'artista «la cui carriera è stata profondamente caratterizzata dall'amore per il meridione. Con il premio Itaca per la cultura nel 2007, Ulixes volle riconoscere i grandi risultati ottenuti da De Seta durante il proprio percorso artistico, ma soprattutto il merito di aver sempre posto al centro della propria opera le classi della popolazione maggiormente disagiate e il Sud Italia». «E’ stato un regista, un intellettuale che ha testimoniato con la sua espressione artistica e le sue scelte di vita il proprio impegno a fianco di ogni marginalità esistenziale», dicono gli «amici» del Circolo del Cinema Cesare Zavattini. «Ci resta il suo insegnamento e il suo esempio che ha sempre accompagnato l’artista con l’umiltà e la sapienza dei grandi». CATANZARO - La Casa del Cinema di Catanzaro potrebbe presto chiamarsi “De Seta”. E’ l’intento emerso dalla serata commemorativa svolta proprio presso la Casa del Cinema e promossa dal Presidente della Cineteca della Calabria, Eugenio Attanasio, dal direttore e dal coordinatore della Cineteca della Calabria, rispettivamente, Giovanni Scarfò e Davide Cosco, con la proiezione del celebre film di De Seta, “Banditi ad Orgosolo”. Ripercorrere il cinema di De Seta significa tuffarsi nella storia del cinema italiano. Come è stato ricordato nel corso dell’incontro, De Seta ha operato una scelta tematica ed estetica, avvertendo il valore etico della professione di regista. Il suo fare cinema è stato fondato sull'azione quotidiana della propria soggettività e compartecipe della vita degli uomini, allo scopo di mettere in luce l'autenticità, una volta che le singole immagini fossero state il risultato di un attento studio della situazione ambientale. “Banditi ad Orgosolo”, sceneggiato con la moglie Vera Gherarducci, è un film stilisticamente asciutto che arricchisce di una sensibilità più moderna e consapevole la lezione del neorealismo. «Vittorio - ha evidenziato Cosco - ha saputo inventare lessici unici e nuovi dettami estetici per descrivere quel mondo dondolante dei buoni, spesso degli ultimi, di quanti stentano nelle difficoltà, per cui De Seta ha saputo immaginare e fare intravedere allo spettatore una luce di speranza. Senza dimenticare ha aggiunto - come abbia formato intere generazioni di giovani. Con lui abbiamo avuto l'onore di collaborare in diverse esperienze formative ed indimenticabili e la Casa del Cinema farà del proprio meglio per onorare la sua memoria e valorizzare il prezioso patrimonio cinematografico». «Scompare uno degli ultimi maestri del grande cinema italiano - ricorda Eugenio Attanasio che con le sue opere ha fatto capire al mondo l'importanza della civiltà contadina, delle culture cosiddette “subalterne”, quel mondo che andava scomparendo con l'avvento della civiltà industriale». «E' stato - ha precisato Attanasio - un autore fondamentale per una generazione di nuovi registi ai quali ha insegnato non solo a “vedere” ma anche a “sentire” il cinema, con il suo rigore documentario e la sua grande sensibilità. Ancora oggi ci si commuove alla scena finale di “Diario di un maestro”. Tutti noi perdiamo prima di tutto un caro amico - ha concluso - e, stiamo pensando ad intitolargli la Casa del Cinema di Catanzaro». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Idee e Socieà 59 Giovedì 1 dicembre 2011 25 Giovedì 1 dicembre 2011 REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected] Corigliano Acri Santa Tecla, arringhe in vista della sentenza In diecimila in piazza in difesa dell’ospedale a pagina 43 Gli arresti a pagina 35 Il corteo davanti al Comune Alcuni dei detenuti ospitati nel carcere “Cosmai” avrebbero usufruito di tre cellulari Telefoni in cella, in 9 a giudizio Coinvolto un agente di polizia penitenziaria. L’accusa è corruzione e ricettazione di TIZIANA ACETO TRE telefonini affidati ai detenuti del carcere di Cosmai di Cosenza da una guardia carceraria in cambio di denaro. La vicenda dei cellulari in cella ha portato al rinvio a giudizio di nove persone. Gli imputati devono rispondere dell’accusa di corruzione e ricettazione. Il gup Cristofaro ieri ha rinviato a giudizio: l’agente di polizia penitenziaria Salvatore Gabriele, 44 anni di Lattarico; Erminio Mendico, 38 di Melito Porto Salvo; Fabio Bruni, 29 di Cosenza, attualmente detenuto a Voghera; Vincenzo Ciriello, 51 di Napoli, ora recluso a Caltanissetta; Luigi Cozza, 33 anni di Vibo Valentia, attualmente recluso a Cosenza; Antonio Albanese, 51 anni di Rosarno, ora detenuto a Biella; Giovanni Giannone, 42 anni di Cosenza, detenuto ad Enna; Bruno Dimitri, 23 anni di Belvedere Marittimo; Massimo Imbrogno, 49 anni di Cosenza, ora detenuto a Como. I fatti contestati sarebbero stati commessi dal settembre del 2010 all’8 ottobre dello stesso anno. Salvatore Gabriele è accusato di avere, “nella sua qualità di assistente capo della Polizia penitenziaria, in forza alla Casa circondariale Sergio Cosmai di Cosenza, accettato la promessa di denaro fattagli dai detenuti Mendico, Bruni e Cirello, tutti ristretti nell’anzidetto istituto penitenziario, allo scopo - si legge nel capo di imputazione - di compiere un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, consegnando loro ... tre telefoni cellulari e altrettante simcard di sua proprietà o in suo personale uso, onde consentire ai medesimi detenuti di effettuare colloqui non autorizzati”. Fabio Bruni è accusato di aver promesso denaro a Salvatore Gabriele, “affinchè compisse l’atto contrario ai suoi doveri d’ufficio” e di “aver ricevuto da altro detenuto non identificato un telefono cellulare e una sim-card”. Luigi Cozza, Giovanni Giannone, Bruno Dimitri, Massimo Imbrogno e Antonio Albanese sono anche loro accusati di aver ricevuto da un detenuto non identificato un telefono cellulare con relativa sim-card. Vincenzo Ciriello e Erminio Mendico di aver promesso all’agente Gabriele del denaro affinchè gli procurassero un cellulare. Il tutto venne a galla l'8 ottobre del 2010, quando cioè Gabriele fu visto dialogare da un suo collega con alcuni detenuti che si trovavano fuori dalla loro cella. L’agente fu così convocato nell’ufficio del comandante. Prima di essere sottoposto a perquisizione personale, consegnò spontaneamente al suo superiore i tre telefonini e le sim-card che aveva nascosto all’interno di una delle tasche dell’uniforme di servizio. Da qui il sequestro degli apparecchi e delle sim e la redazione di una informativa, che fu inviata in Procura, col pm Casciaro che indagò l’agente per corruzione. Gabriele ammise di aver ricevuto da Mendico, Girello e Bruni promesse di elargizione di denaro se avesse permesso loro di colloquiare con l’esterno. L’agente disse di aver ceduto perchè versava in condizioni di gravi difficoltà economiche. Ieri la decisione del rinvio a giudizio. Il 29 maggio si ritroveranno davanti al tribunale in seduta collegiale. Gli imputati sono difesi dagli avvocati: Filippo Cinnante, Cesare Badolato, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Rossana Cribari, Antonio Ingrosso e Giovanni Cadavero. Il processo partirà il prossimo 29 maggio L’intervento Murales Cambio idea perché sono pannelli di MARIO OCCHIUTO Il carcere di Cosenza Cronaca Scuola Ferito al centro di accoglienza Oggi l’incontro in Comune UN ragazzo egiziano è stato aggredito all’interno della struttura di Castiglione che accoglie i minori stranieri. La prognosi è di sette giorni. Nella rissa coinvolti un giovanissimo senegalese e un sedicenne di nazionalità egiziana. Con quest’ultimo che ha avuto la peggio. OGGI il sindaco e l’assessore Machì incontreranno i genitori per discutere del piano di dimensionamento scolastico e di una sua eventuale modifica. Le mamme della scuola elementare di via Misasi respingono le accuse di classismo. Un altro fronte di lamentele arriva da via Popilia. a pag. 34 La caserma dei carabinieri a pag. 27 L’assessore Machì HO LETTO con interesse e attenzione la lettera aperta indirizzata al sottoscritto da Daniela De Pietro a nome del Gruppo “Cusenza vecchia noi ci siamo”. Ne ho apprezzato la spinta al confronto e l’amore che dalle sue righe risalta per la parte antica della nostra città, per questi luoghi che, come sindaco-architetto, e naturalmente come cittadino, mi prefiggo di rispettare sempre, portando avanti politiche di rilancio che non siano solo passeggere ma che nel corso degli anni a venire ne preservino l’inestimabile valore con progetti mirati. Preciso subito di essere perfettamente d’accordo con quanto sostenuto da Daniela De Pietro riguardo al ragionamento urbanistico e concettuale da lei portato avanti. Sono d’accordo cioè quando afferma che sulla città vecchia non devono essere riversate velleità da città del tempo libero. Nel mio programma politico-amministrativo, credo sia utile ricordarlo, il centro storico viene continua a pag. 26 L’UDIENZA PRELIMINARE Morte tredicenne, sentito il consulente «DAL 9 marzo in poi Romano Marino presentava i sintomi che avrebbero consentito ai medici di diagnosticare la Sindrome da attivazione macrofagica» queste le parole della dottoressa Romina Gallizzi pronunciate davanti al gup Branda nel corso dell’udienza preliminare a carico di sette medici dell’Annunziata accusati di aver provocato la morte di un ragazzino di 13 anni. La consulente della Procura ha ribadito agli avvocati difensori che Romano è morto per quella sindrome e che molto probabilmente poteva essere salvato se i medici l’avessero diagnosticata in tempo. La dottoressa Gallizzi, dell’Unità operativa complessa di Genetica e immunologia pediatrica dell’Università degli Studi di Messina, ha ancheipotizzato la possibilità di una certa condotto omissiva anche da parte dei sanitari del reparto di Rianimazione che però in questa vicenda non sono indagati. Anche loro avrebbero potuto accorgersi di essere in presenza della sindrome Mas. Lunedi la prosecuzione dell’udienza con gli interventi e le domande poste alla consulente da parte degli avvocati difensori. I medici indagati sono Domenico Sperlì, originariodi Caccuri(Kr),Natale Dodaro,di Cosenza, Rosanna Camodeca, di Cosenza, Vittoria Greco, di Maida (Cz), Rosaria De Marco, nativa di Edmonton (Canada), Marianna Neri, di Reggio Calabria, e Clementina Rossi, di Cosenza. Sono stati chiamati in causa perchè, “in cooperazione tra loro, Sperlì in qualità di direttore dell'Unità operativa diPediatria eTerapia intensivapediatrica, tutti gli altri in qualità di sanitari in servizio presso l’Unità operativa di Pediatria e che ebbero in cura il piccolo Romano Marino, per imprudenza e imperizia consistita nel procedere auna superficiale valutazione del quadro clinico - non adeguato al caso di specie - cagionavano con errata e tardiva dia- gnosi la morte di Romano Marino, di anni tredici”. Romano, studente della media “Zumbini”, morì il 16 marzo del 2010 al Bambin Gesù di Roma, dove era giunto quando oramai non c’era più nulla da fare. I sintomi della malattia si erano manifestati il 3 marzo, con una febbre persistente, accompagnata da svenimenti. Da qui, il 7 marzo, il ricovero all’Annunziata, dove, a detta dei genitori, i medici non sarebbero subito giunti alla causa di quel male. «Semplicemente un uomo comune che avesse digitato su Google avrebbe potutorilevare -avevascritto l’avvocato Iacovino nell’esposto denuncia consegnato al procuratore capo Granieri - l’elevata concordanza tra i sintomi avvertiti dal giovane paziente (febbre, splenomegalia, iper ferritinemia e citopenia) ela malattia conosciutacome Sindrome da attivazione macrofagica». tiz. a. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza L’avvocato D’Ippolito parla di estraneità dei fratelli dell’ex sindaco Mario e Franco Straface Santa Tecla, arringhe finali Si chiude il processo con rito abbreviato. Il 15 dicembre i verdetti di MATTEO LAURIA IN “SANTA TECLA” si chiude la sequela degli interventi conclusivi affidati al nutrito collegio di difesa e ci si avvia al verdetto finale, programmato per il prossimo 15 dicembre. Dal rito abbreviato di “Santa Tecla” le ultime arringhe difensive destinate alle posizioni dell’imprenditore Mario Straface (il pm in sede di requisitoria ha chiesto 14 anni di reclusione), difeso dagli avvocati Ernesto D’Ippolito ed Emanuele Monte, di Antonio Piccoli (chiesti 20 anni), Arcangelo Conocchia senior, Pietro Longobucco, Giacomo Pagnotta, ed altri. A tenere banco il noto penalista D’Ippolito che ha sottolineato l’assoluta estranità dei fratelli Mario e Franco Straface riguardo ai fatti contestati. Fari puntati sul complesso turistico “Airone”, un affare dal quale - si tuona dall’ufficio di difesa - traeva beneficio l’attuale parte offesa Pino Curto attraverso il sistema della sovrafatturazione. A tal riguardo l’avvocato Monte ha integrato con prove documentale come lo stesso Curto traesse profitto dal sistema messo in piedi. Ancora D’Ippolito a rincarare la dose contro un uso distorto dei pentiti, mettendo finanche severamente in discussione l’attività d’indagine posta in essere dagli investigatori. Ha fatto riferimento al lido Snoopy, comprovando documentalmente la regolarità della struttura. Durante l’arringa il penalista ha banalizzato le accuse mosse da Curto ed ha evidenziato come l’intera opera (“Airone”) siasortacon l’avallo del noto gioielliere. A seguire, è stato ascoltato, per dichiarazioni spontanee, Mario Straface che ha riportato in lacrime alcuni appunti del fratello Franco (deceduto di recente a causa di un ictus) dai quali si evince l’assoluta innocenza. Anzi, emerge come gli Straface fossero vittime di estorsioni e di danneggiamenti. L’imprenditore ha illustrato riproduzioni fotografiche tutte protese a dimostrare il valore del complesso turistico, mettendo in luce come in tutto questo affare ad uscirne da vittimefossero proprio i fratelli Straface. Un accenno all’incendio dell’abitazione di uno dei familiari di Curto avvenuto però- secondo l’imprenditore- quando i rapporti con la parte offesa erano ottimi. Quindi, nessuna ipotesi di collegamento poteva adombrerarsi tra l’atto in sé e i contrasti tra le parti. Ribadito inoltre un altro aspetto, ossia, che tutti i soggetti ritenuti in odor di mafia e contigui all’affare “Airone” erano lì perché voluti da Curto. Ha preso la parola poi Davide Straface, figlio di Franco, che ha spiegato il meccanismo della fatturazione e di come fosse il Curto a contrattareper lecommittenze.L’avvocato Ettore Zagarese (Piccoli, Conocchia, Longobucco, Pagnotta) ha rimarcato la inutilizzabilità e la inattendibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, sottolineando vizi anche nell’impiego delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Contestata infine, l’esistenza di una struttura verticistica associativa. Sono intervenuti infine gli avvocati Fulvio Campolo e Carlo Esbarbo, ed altri legali rappresentanti le posizioni di imputati del milanese. Analizzato il rogo alla casa di un parente di Curto Un momento del blitz dell’operazione Santa Tecla L’associazione chiede un incontro ai commissari per gli istituti di Fabrizio Grande “Nuove risorse” in difesa delle scuole di LUCA LATELLA CORIGLIANO – Preoccupa e non poco il piano di dimensionamento scolastico del Ministero della Pubblica Istruzione. In questo contesto si inquadra la richiesta di un incontro del movimento politico e culturale “Nuove Risorse” ai commissari prefettizi. Nodo cruciale, le scuole di Fabrizio Grande, per le quali pare sia previsto un accorpamento all’Istituto Comprensivo di Cantinella, e al tempo stesso accorpamento anche dei Circoli didattici. “Sembra che la scuola elementare primaria e la scuola dell’infanzia, che conta oltre duecento iscritti – affermano da Nuove Risorse –ed appartenenti al II Circolo, possano essere accorpate all’Istituto Comprensivo di Cantinella”. Il movimento chiede un incontro agli amministratori prefettizi, pre- sentando tutta una serie di premesse. Tra queste, asseriscono, la circolare ministeriale del 7 ottobre scorso, attraverso la quale la Provincia “ha deciso di avviare leoperazioni didimensionamento soloperla scuoladell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, che obbligatoriamente vanno aggregati agli istituti comprensivi”. Ma v’è di più, perché un “eventuale accorpamento conle scuoledi Cantinella– sostengono ancora – creerebbe gravi e pesanti disagi per gli alunni, per il personale docente e non docente e per i genitori stessi sia a livello logistico che di raggiungimento degli uffici. Di certo non è sicuramente di nessuno aiuto a livello occupazionale seguire “rigidamente” la linea di stabilità che anzi, in questo caso specifico, si presenta come fattore poco rassicurante per gli opera- toridel settorediruoloo precari”.“Nuove Risorse” rammenta anche che al momento esistono “gravi problematiche che stanno colpendo la già martoriata comunità scolastica di Fabrizio” come “la mancata accensione a tutt’oggi dei riscaldamenti, sia per la mancanza di gas –evidenziano –che per il cattivo funzionamento di alcuni caloriferi”. Il movimento segnala anche servizi sanitari inutilizzabili, serrande delle aule e della mensa rotte, mancanza di scuolabus, dei vigili urbani o del “nonno vigile” negli orari di entrata e uscita dalla scuola. Tra i problemi anche la mancata rimozione dei cassonetti della spazzatura, carenze nei servizi di pulizia del verde esterno e del decoro urbano nella piazza antistante con la richiesta di mettere in funzione una pensilina per la fermata dell’autobus. Il ragazzo era ritenuto avulso dal contesto criminale. Incongruenze in aula Perciaccante sul delitto Acquesta Il pentito incalzato dal pubblico ministero Luberto sull’omicidio del giovane IN “TIMPONE Rosso” si chiude l’esame al super pentito Pasquale Perciaccante, alias “Cataruozzo”, 45 anni, collaboratore di giustizia, gregario del clan dei nomadi di Cassano. Ieri mattina in Corte D’Assise a Cosenza la parola al pubblico ministero Vincenzo Luberto che ha incalzato il pentito su alcuni fatti di sangue, in particolare sull’omicidio di Antonio Acquesta (il cui luogo di seppellimento è stato indicato dallo stesso pentito), un giovane ritenuto avulso dal contesto criminale, ragion per cui si rendeva difficile ricostruire il movente del delitto. Dopo la rilevazione di alcune incongruenze, la corte si riunisce in camera di consiglio e rinvia l’udienza al prossimo 7 dicembre, giorno in cui sarà sentita la testimone di giustizia Elvira Benedetto, sorella di Sergio Benedetto. In tutto la provincia di Cosenza vi era l’intenzione di metter su una organizzazione criminale facente capo a Francesco Abbruzzese alias “Dentuzzo”, Celestino Abbruzzese alias “Cicciu u zingaru”, Damiano Pepe alias “Tripolino”. Il tutto attraverso la eliminazione di aderenti e fiancheggiatori alle organizzazioni di ‘ndrangheta operanti Udienza aggiornata al 7 dicembre Il ritrovamento dei resti umani nel luogo indicato da Perciaccante come sepoltura di Acquesta e di un rom nell’area, restii ad accettare il nuovo assetto criminale. E’ in questo contesto che viene pianificato l’omicidio di Sergio Benedetto, verso cui venivano esplosi più colpi d’arma da fuoco, almeno quindici dei quali lo attingevano in varie regioni corporee, provocandone il decesso. I militari del R.O.S. di Catanzaro avevano cercato di convincere Benedetto a collaborare dopo l’omicidio di Carmine Pepe. Benedetto ,piu’ volte, aveva vacillato ma non aveva collaborato per timore di ritorsioni piu’che nei suoi confronti nei confronti dei propri familiari. Gli investigatori rivelano che Benedetto sapeva chi lo aveva colpito e chi aveva ucciso il cugino, si limitava a dire che i militari a loro volta , sapevano il nome dei suoi attentatori . Era chiaro che avesse riconosciuto i killer del nipote . E il prossimo 7 dicembre sarà ascoltata la sorella Elvira, dalla quale si rileva che aveva detto agli investigatori quali erano i killer del povero cuginetto. Il pro- blema è che si era sempre rifiutata di verbalizzare. Il dato è importante perchè dimostra che la collaborazione della donna era già possibile subito dopo l’agguato e diventa effettiva dopo la morte di Benedetto Sergio che determina quello che i sociologi definiscono un “corto circuito” cioè un’eccezionale deroga alle regole di omertà. Tutto questo è quanto emerge dal faldone del voluminoso e complesso fascicolo di “Timpone Rosso”. m. l. Ospedale Assolto Ritrovato ASSOLTO perché il fatto non sussiste. La vicenda della sospensione delle attività interne alla divisione di Neurologia del presidio ospedaliero “Compagna” inizia a schiarisci. Prosciolto dall’accusa di omissione in attid’ufficio il dirigentemedico SalvatoreRitrovato denunciato nell’estate del 2010 perché non avrebbe risposto nei termini a una chiamata in pronta disponibilità effettuata dai sanitari del nosocomio coriglianese. Il dirigente Ritrovato, difeso dall’avvocato Libero Bellintani, già in sede amministrativa risultava indenne da “qualsivoglia rilievo o responsabilità, ciò a seguito di uno specifico provvedimento adottato dal direttore sanitario della struttura ospedaliera di Corigliano, Pierluigi Carino. Alla base del contenzioso, che sfociava nel penale, evidenti contrasti tra Ritrovato e il primario di Neurologia, con il quale i rapporti si rinvengono da più tempo tesi, tanto da confluire nella carta bollata. Dissidi che, evidentemente, rappresentavano una delle concause a fondamento della sospensione delle attività all’interno dello stabilimento sanitario, con grave nocumento per l’utenza. Non a caso nel luglio del 2011, all’indomani dell’accertata incompatibilità ambientale tra i due camici bianchi, l’azienda sanitaria provinciale nominava Ritrovato responsabile dell’ambulatorio di Neurologia ed elettromiografia dell’ospedale di Corigliano, separando lostesso dall’originario reparto di Neurologia diretto dal collega primario. L’udienza si è celebrata presso il Tribunale di Rossano davantial giudiceper l’udienza preliminare. Ritrovato nei giorni scorsi è stato soggetto ad attacchi mediatici da parte di rappresentanti espressione di movimenti civici. Una bufera politico-sanitaria che non farà mancare ulteriori reazioni sul piano giudiziario. L’auspicio è,invece, che presto possa riaprire la divisione di Neurologia. m. l. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza 43 Corigliano e costa jonica Giovedì 1 dicembre 2011 Al centro della vicenda un presunto caso di malasanità. Nuova udienza il 21 febbraio Medici indagati, cambia il gup Accolta la richiesta di astensione del giudice Mellace. Il fascicolo passa alla Macrì di TERESA ALOI LA scorsa udienza il giudice per le udienze preliminari, Abigail Mellace, aveva chiesto di astenersi dal trattare il procedimento. Una richiesta accolta e così il fascicolo processuale è stato assegnato alla collega Tiziana Macrì che lo tratterrà il prossimo 21 febbraio. Sarà in quella data che si tornerà a parlare di quell'inchiesta portata avanti dal sostituto procuratore Simona Rossi che coinvolge tre medici dell'ospedale Pugliese Ciaccio - l'ex primario di Chirurgia pediatrica dell'ospedale Pugliese-Ciaccio Renato Rubino, il chirurgo della stessa struttura operativa complessa Giuseppe Stranieri e il medico della struttura operativa complessa di Radiologia diagnostica Sinibaldo Esposito- nei cui confronti la Procura della Repubblica, ipotizza a vario titolo, i reati di lesioni colpose e falso. Secondo la ricostruzione dell'accusa, il bimbo nato con una patologia all'intestino sarebbe stato sottoposto, dopo la visita medica, ad intervento chirurgico all'ospedale catanzarese ma subito dopo le sue condizioni del bambino sarebbero peggiorate tanto da richiedere il ricovero all'ospedale pediatrico "Bambin Gesù" di Roma, dove il piccolo è stato sottoposto ad una serie di altri interventi chirurgici. Un vero e proprio calvario affrontato dalla famiglia del piccolo, fatto di difficoltà quotidiane legate anche alla necessità di spostarsi dal capoluogo di regione alla Capitale. Ed era stata la segnalazione dei genitori del piccolo, originari di un comune crotonese, a far partire l'inchiesta della Procura della Repubblica. Loro, che avevano chiesto che venisse appurato se eventuali negligenze dei medici calabresi possano aver determinato l'aggravarsi delle condizioni del bambino. Dagli accertamenti investigativi sarebbe emersa l'alterazione delle cartella clinica, contenente anche i referti degli esami radiologici ai quali sarebbe stato sottoposto il piccolo nel corso del primo ricovero all'ospedale Pugliese-Ciaccio. Da qui l'accusa di falso, contestata dagli indagati così come quella di lesioni. Ipotesi tutte da verificare, in relazione alle quali gli avvocati della difesa portaranno avanti le loro tesi a sostegno della non colpevolezza dei propri assistiti. L’ospedale “Pugliese Ciaccio” Udienza preliminare “Rinascita” Rinviata la sentenza SLITTA al 13 dicembre prossimo la sentenza del processo che si sta celebrando con il rito abbreviato a carico di 56 imputati coinvolti nella maxi-operazione antidroga della Direzione distrettuale antimafia da battezzata “Rinascita” per i quali il pubblico ministero Vincenzo Capomolla ha sollecitato pene per oltre 710 anni. L’udienza è stata rinviata per eventuali repliche del pm al termine delle arringhe della difesa che si sono concluse a tarda sera. t.a. La donna è stata condannata a 30 anni di reclusione Omicidio Duro, rigettato il ricorso Ornella Bevilacqua resta in carcere RESTA in carcere Ornella Bevilacqua, 38 anni, sottoposta a custodia cautelare in carcere dopo la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione subìta nell’ambito del processo per l’omicidio di Nicola Duro, ucciso il 17 giugno 2010 davanti ad un bar a Viale Isonzo. Il Tribunale del riesame ha rigettato il ricorsopresentato dai legali della donna, gli avvocati Antonio Ludovico e Salvatore Staiano, che aveva sollecitato una misura meno afflittiva per la propria assistita. La donna, è stata arrestata pochi minuti dopo la lettura del dispositivo di condanna e trasferita nel carcere di Castrovillari. Ornella Passalacqua, era infatti l'unica imputata che si trovava in libertà dopo la scarcerazione disposta dal Tribunale del riesame lo scorso 15 luglio, e che il 19 novembre è invece tornata in custodia cautelare in carcere. Lei, come tutti gli altri, era inizialmente finita in carcere nell'ambito dell'operazione “Cross revenge”, scattata ad opera della Squadra Mobile all'alba del 3 luglio 2010 per l'esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del pubblico ministero Simona Rossi. Per l’omicidio di Nicola Duro, sono stati condannati - sempre a 30 anni di reclusione - il marito di Ornella Bevilac- qua. Donato Passalacqua, 41 anni, ritenuto uno dei capi carismatici degli zingari di viale Isonzo, a Catanzaro, accusato di essere con la moglie il mandante dell’omicidio Duro; il loro figlio, Antonio Passalacqua, di 19 anni, che avrebbe materialmente sparato a Duro; mentre 16 anni la condanna per Samuele Pezzano, 21 anni, che secondo l’accusa avrebbe accompagnato con l’auto e poi atteso il killer sul luogo in cui Nicola Duro è stato ucciso, e Domenico Romagnino, che assieme al minorenne M. P., avrebbe attirato la vittima sul luogo dell’agguato. t.a. Ornella Bevilacqua Presentata la giornata di studi promossa per venerdì Illustrata la storica pubblicazione della Benemerita L’amministrazione incontra Dall’Unità d’Italia al 1914 gli Ordini professionali nel calendario dell’Arma di ADELE CANNISTRÀ di GIOVANNI FAZÌA STRINGERE rapporti tra ordini professionali e pubblica amministrazione dal momento che lo stesso Comune, ogni anno, tratta qualcosa come un migliaio di giudizi nelle più disparate materie giuridiche. Questo il senso della giornata di studio che sarà ospitata venerdì all'auditorium Casalinuovo e presentata ieri a Palazzo de Nobilialla presenzadel vicesindaco Maria Grazia Caporale, dell'assessore comunale al personale Massimo Lomonaco, del presidente dell'Ordine degli avvocati di Catanzaro, Giuseppe Iannello, del dirigente del settore avvocatura Saverio Molica e dell'addetto stampa Sergio Dragone. “L'amministrazione pubblica tra tutela legale e tutela giurisdizionale”, questo il titolo scelto per una giornata che verdá impegnati specialisti del settore come il consigliere del Tar Calabria Vincenzo Lopilato e neo consigliere del Consiglio di Stato, l'avvocato dello Stato Giampiero Scaramuzzino, il rettore dell'università Magna Grecia Aldo Quattrone e ancora lo stesso presidente dell'Ordine degli avvocati Giu- FEDELTÀ, coraggio, dedizione fino all’estremo sacrificio, sobrietà nell’atto eroico come nella vicinanza quotidiana alla gente, rigore morale: valori che si intrecciano nel filo rosso che lega l’Arma dei carabinieri all’Italia. Dal 13 luglio 1814, ogni giorno è il rinnovarsi di un impegno che accompagna la storia di un popolo, di una Nazione. A raccontarlo, come ogni anno, è il Calendario storico dell’Arma, che nell’edizione 2012 prosegue il percorso verso il bicentenario della fondazione della Benemerita intrapreso dodici mesi fa con il tema “Dalle origini all’Unità d’Italia”. L’attesa pubblicazione – ormai oggetto d’arte, di culto e di collezione con una tiratura di 1.350.000 copie di cui 8000 in inglese, francese, spagnolo e tedesco - è stata presentata alla stampa ieri presso il Comando provinciale dei carabinieri dal colonnello Salvatore Sgroi. L’edizione 2012 racconta, attraverso le tavole realizzate da Luciano Iacus, “I secondi cinquant’anni” Da sinistra: Molica, Lomonaco, Iannello, Caporale e Dragone seppe Iannello, l'avvocato Alfredo Gualtierie ilprofessore ordinario di diritto amministrativo presso l'università Magna Graecia Fabio Saitta. Una giornata, dunque, che vuole seguire le linee guida dettate dal primo cittadino Michele Traversa, assente perché impegnato a Roma, in campagna elettorale, come ribadito dall'assessore Lomonaco. Perché l'amministrazione comunale ha bisogno di essere rinnovata al fine ultimo di diventare un punto di riferimento per cittadini e amministrazioni perché termometro della qualità e della sicurezza della vita del cittadino, come auspicato dal vice sindaco nel corso del suo intervento. Ecco allora che la collaborazione con la Curia catanzarese si inserisce in un più ampio progetto che vuole fornire risposte più adeguate a tutti i cittadini. Perché come sottolineato da Maria Grazia Caporale i pochi mesi di amministrazione hanno palesato la difficile sfida «a cui l'amministrazione tutta é chiamata per restituire alla città il suo orgoglio di capoluogo». Un'apertura questa, volta al rapporto e alla collaborazione con tutti gli ordini professionali che ha ricevuto il plauso del presidente dell'Ordine degli avvocati di Catanzaro e presidente dell'Unione ordini forensi della Calabria Giuseppe Iannello perché in grado di dimostrare un'unita di intenti che non ha precedenti nella storia della nostra amministrazione. Il colonnello Salvatore Sgroi durante la presentazione del calendario dell’Arma, dal 1864 al 1914. L’Arma dagli albori dell’unità d’Italia, dunque, ma anche il carabiniere come presidio di quei valori e quei simboli che rappresentano le radici della Nazione. Dall’immagine di copertina del militare che cinge la Bandiera di Guerra dell’Arma con sullo sfondo il Parlamento, che il 24 giugno 1864, afferma l’interesse della Nazione per l’Arma definendola “Benemerita”, all’emblematica illustrazione che ritrae le tre figure di riferimento di ogni municipalità (il comandante della Stazione dei carabinieri, il sindaco, il parroco e il farmacista) insieme, si sottolinea – come fa osservare il gene- rale di Corpo d’Armata Leonardo Gallitelli, comandante generale dell’Arma quell’ “essere al servizio degli altri” che è l’ «essenza della missione dei Carabinieri da 198 anni». La narrazione prosegue poi passando, tra l’altro per la lotta al brigantaggio, la terza Guerra di Indipendenza, , l’arresto di Garibaldi, la nascita del reparto dei Corazzieri, Roma liberata e lo straripamento del Tevere, l’assistenza alla popolazione nelle epidemie di colera, nei cataclismi del 1908, le missioni in Cina e in Crimea. La storia di uomini silenziosi e fedeli al servizio di un popolo. Anche oltre i confini dell’Italia. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Catanzaro 29 Giovedì 1 dicembre 2011 43 Giovedì 1 dicembre 2011 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] La sentenza del Tribunale a un giorno da quella della Cassazione che riconosce la cosca Maesano Puma, raffica di assoluzioni Soltanto tre condanne lievi (una sola per mafia) e 23 imputati scagionati di ANTONIO ANASTASI RAFFICA di assoluzioni nel processo Puma definitosi ieri sera in primo grado. Ben 26. Soltanto tre le condanne. Ma anche i tre condannati sono stati assolti da buona parte delle accuse loro contestate. L'accusa più grave, quella di associazione mafiosa, ha retto nei confronti del solo Giovanni Puccio, al quale, a fronte di una richiesta di condanna a 14 anni di reclusione avanzata dal pm Pierpaolo Bruni, sono stati inflitti tre anni e due mesi grazie anche alla concessionedi attenuanti generiche. Gli altri due condannati sono l'ex amministratore del villaggio Praialonga, Luigi Bumbaca, di Botricello, imputato chiave perché secondo l'accusa sarebbe stato piazzato dal clan Maesano di Isola Capo Rizzuto a gestire il condominio al posto del “defenestrato” Stefano Forleo, e Michele D'Alfonso, di Santa Severina, cognato dell'ex assessore regionale Dionisio Gallo la cui condanna per corruzione è stata annullata con rinvio dalla Cassazione un giorno prima della sentenza di ieri, emessa dopo oltre 50 ore di camera di consiglio. Sia Bumbaca che D'Alfonso sono stati ritenuti colpevoli di corruzione, esclusa l'aggravante mafiosa, e condannati rispettivamente a due anni e sei mesi e due anni e quattro mesi. Ma sono stati anche assolti da una sfilza di capi d'imputazione ruotanti attorno a vicende di voto di scambio politico-mafioso. Per tutti gli altri assoluzioni piene. Questo non significa che la mafia a Praialonga non esisteva, secondo il Tribunale penale presieduto da Giuseppe Labonia (e composto, inoltre, da Gilda Del Borrello e Raffaella Dattolo, cancelliera Giovanna Morabito), perché Puccio è statocondannato per associazione 'ndranghetistica. Un'associazione della quale, evidentemente, essendo stati ieri assolti i coimputati di mafia, Puccio avrebbe fatto parte insieme a quanti sono stati condannati in via definitiva nel troncone del processo svoltosi col rito abbreviato, e che proprio un giorno prima della sentenza di ieri è approdato al vaglio della Cassazione che, come già riferito, ha confermato le condanne per tre esponenti di vertice del clan e ha annullato con rinvio, tra le altre, le condanne dell'imprenditore Raffaele Vrenna, dell'ex consigliere regionale Gallo e dell'ex assessore provinciale Giuseppe Puccio. Incassa con ovvia soddisfazione la folta pattuglia dei difensori, che nel corso dell'istruttoria dibattimentale si è scagliata contro Forleo, per minarne l'attendibilità. Al punto che il pm Bruni, nella sua requisitoria, esordì affermando che «non si è celebrato un processo di mafia ma un processo nei confronti della parte offesa». Ma, nonostante la tesi dell'esistenza di una cosca che gestiva il villaggio Praialonga sia stata avallata Il villaggio turistico Praialonga su cui s’incentrava l’inchiesta Puma anche dalla Suprema Corte, l'accusa di mafia per buona parte degli imputati che hanno scelto il rito ordinario è caduta. La sentenza arriva a quasi cinque anni dall'operazione che nel dicembre 2006 azzerò la cosca Maesano e fece luce su vicende di voto di scambio politicomafioso. Il pm aveva proposto, dunque, 23 condanne e tre assoluzioni per presunti mafiosi e colletti bianchi accusati di contiguità con i clan. Lo aveva fatto dopo aver rivolto una critica serrata alla cosiddetta «società civile che si straccia le vesti a ogni piè sospinto quando si tratta di indignarsi contro la criminalità organizzata, fare manifestazioni contro la criminalità organizzata, suggerire ricette contro la criminalità organizzata». Perché nel corso del processo hanno sfilato «fior di Non colpevoli i politici Megna e Grano professionisti» - i testi citati dalla difesa - grazie ai quali si è fatta «un'ulteriore scoperta: e cioè - aveva detto ironicamente Bruni - che la cosca Maesano non ha mai operato a Praialonga». Perché quei professionisti «tessevano le lodi di soggetti che nelle intercettazioni si accusavano di gravissimi fatti reato». Tra le assoluzioni spicca quella dell'ex assessore comunale all'Urbanistica di Botricello Antonio Puccio ( afronte di una richiesta di 10 anni) che il pm accusava di «reciprocità di interessi» con Bumbaca, amministratore succeduto a Forleo e del quale Fiorello Maesano, presunto reggente del clan, diceva che gli «appartiene». Fiorello Maesano, per inciso, è il fratello di Santo, definito «pericolo azionista», imputato nel processo ordinario. Per Santo Maesano il pm aveva chiesto dieci anni, ma è stato assolto anche lui. Interessi reciproci, si diceva, tanto più che l'elezione di Bumba- ca, per cui Bruni aveva chiesto 14 anni, «non è libera espressione del voto», sempre per l'accusa, non potendo valere il requisito della professionalità poiché il suo primo bilancio fu bocciato dal condominio e lo stesso consulente della difesa in aula ne rilevò «l'assoluta inidoneità». Quel Bumbaca la cui posizione, secondo l'accusa, andava trattata «unitamente» a quella di Michele D'Alfonso (chiesti per lui nove anni), «procacciatore di voti e condomino di Praialonga» che pranza con Bumbaca, il quale si dice suo «amico» vantando «appoggi a tutti i livelli». Il discorso verteva sia sulla ricandidatura di Gallo alle regionali del 2005 che su delle «cose da sistemare a Praialonga». «Soldi sicuri». Il riferimento era a un incontro con Gallo che rassicurava circa l'invio di operai idraulico-forestali per la sistemazione di un costone roccioso. Un episodiocostatola condanna,maal di fuori di un contesto di ma- fia, a Bumbaca e D'Alfonso. Ma gli altri implicati nella stessa vicenda? Tra le assoluzioni c'è anche quella dell'ex presidente del Consorzio di bonifica, Gennaro Marrazzo, dell'architetto Domenico Calabretta,che elaboròilprogetto per la sistemazione di un canalone per cui Gallo erogò il finanziamento. I «soldi sicuri» che Bumbaca «ostentava con sicurezza». Tra gli assolti anche il consigliere provinciale Gianfranco Grano, per cui erano stati chiesti tre anni per corruzione elettorale con l'aggravante mafiosa, Antonio Megna, ex assessore provinciale candidato alle regionali 2005 e accusato di voto di scambio nonché l'ex consigliere provinciale Lucio Cosentino, che doveva rispondere di tentata estorsione (ma per gli ultimi due lo stesso pm aveva proposto l'assoluzio- ne). LA DIFESA «L'aspetto fondamentale della sentenza è aver ritenuto che Bumbaca non avesse avuto nulla a che fare con la 'ndrangheta. E' stata esclusa anche l'aggravante mafiosa oltre a molti reati fine. Ma tutto era stato costruito intorno alla mafia di cui Bumbaca doveva essere la longa manus». E' il commento a caldo dell'avvocato Gregorio Viscomi. Mentre l'avvocato Luigi Morrone, difensore di D'Alfonso, ha detto di «accettare il verdetto dei giudici pur non condividendo le condanne perché la sistemazione geologica della zona è un'opera da considerarsi di pubblica utilità e quindi non può ritenersi corruttivo l'operato di chi la caldeggia». Morrone, però, esprime «soddisfazione per la riconosciuta estraneità di D'Alfonso a consorterie mafiose non senza rimarcare l'anomalia della richiesta del pm integralmente poggiata sulle motivazioni di una sentenza resa inunprocesso acuinonaveva partecipato il mio assistito - ha detto ancora il legale - non ancora passata in giudicato e successivamente fatta a pezzi dalla Corte di Cassazione». Tra i numerosi difensori impegnati nel processo anche Pietro Pitari, Francesco Laratta, Luigi Falcone, Saverio Loiero, Valentino Torchia, Mario e Tiziano Saporito, Luigi Villirilli, Mario Prato. LE PARTI CIVILI Nessun risarcimento a Forleo, i cui legali avevano chiesto 500.000 euro per il danno morale. Il solo Puccio è stato condannato a risarcire Regione e Comune di Isola (rappresentati dall'avvocato Giovanni Iedà) e il villaggio Praialonga (avvocato Pantaleone Sulla). Cade l’ipotesi del voto di scambio LE POSIZIONI Ecco tutte le decisioni dei giudici ECCO le decisioni dei giudici (in parentesi le richieste del pm). Santo Maesano, di Isola Capo Rizzuto, di 53 anni, operaio, imputato di associazione mafiosa, armi: assolto(10 anni di reclusione); Giovanni Puccio, di Botricello, di 63 anni, imprenditore, associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, violazione di domicilio e danneggiamento a colpi d'arma da fuoco al fine di intimidire l'ex amministratore di Praialonga, corruzione, voto di scambio: 3 anni e due mesi per associazione mafiosa, assolto per il resto (14 anni); Antonio Puccio, di Botricello, di 54 anni, imprenditore, associazione mafiosa estorsione aggravata, corruzione, voto di scambio: assolto (10 anni); Luigi Bumbaca, di Botricello, di 54 anni, ex amministratore dei villaggi Praialonga, Santa Cristina e Costa del Turchese, associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento, corruzione, voto di scambio, abuso d'ufficio: 2 anni e due mesi per corruzione esclusa l'aggravante mafiosa, assolto per il resto (14 anni); Michele Leonardo Bruno, di Cutro, di 51 anni, guardia giurata del villaggio Praialonga, associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso: assolto (6 anni); Antonio Bumbaca, di Botricello, di 27 anni, studente, accusato di ricettazione: assolto (6 anni); Giuseppe Battaglia, di Isola Capo Rizzuto, di 63 anni, guardia giurata in pensione, associazione mafiosa: assolto(8 anni); Agostino Biondi, di Isola Capo Rizzuto, di 58 anni, dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Isola, corruzione e falso (accuse secondo il pm da riqualificare in abuso d'ufficio): assolto (6 mesi); Giuseppe Oliva, di Petilia, di 45 anni, dirigente regionale, corruzione, distruzione di atti, associazione mafiosa: assolto (3 anni e 6 mesi); Antonio Megna, di Crotone, di 62 anni, ex assessore provinciale, voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa: assolto (assoluzione); Cosimo Veneziano, di Catanzaro, di 50 anni, voto di scambio: assolto(assoluzione); Natale Salvatore Stella, di Strongoli, di 45 anni, operaio, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Gianfranco Grano, di Mesoraca, di 35 anni, consigliere provinciale Udc, corruzione: assolto (3 anni); Rocco Bruno, di Isola Capo Rizzuto, di 46 anni, ex segretario provinciale Udc, corruzione: assolto (3 anni); Francesco De Rose, di Strongoli, di 47 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Salvatore Antonio Martucci, di Strongoli, di 54 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Michele Fragola, di Strongoli, di 63 anni, idraulico, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Salvatore Cosentino, di Strongoli, di 51 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Gaetano De Tursi, di Strongoli, di 51 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Giuseppe Cristodaro, di Isola Capo Rizzuto, di 49 anni, operaio, danneggiamento: assolto (4 anni); Luigi Gareri, di Isola Capo Rizzuto, di 53 anni, custode, associazione mafiosa, estorsione, abuso d'ufficio: assolto (8 anni); Domenico Calabretta, di Isola Capo Rizzuto, di 60 anni, architetto e presidente della sezione di Le Castella della Lega navale italiana, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione: assolto (4 anni); Lucio Cosentino, di Cotronei, di 51 anni, ex capogruppo Ds in consiglio provinciale, estorsione aggravata: assolto (assoluzione); Gennaro Marrazzo, di Isola Capo Rizzuto, di 61 anni, presidente del Consorzio di bonfica Le Castella, corruzione, abuso d'ufficio: assolto (5 anni); Michele D'Alfonso, di Santa Severina, di 69 anni, corruzione, distruzione di atti, abuso d'ufficio: 2 anni e 4 mesi per corruzione esclusa l'aggravante mafiosa, assolto per il resto (9 anni); Angela Tortello Cannata, di Crotone, di 52 anni, corruzione: assolta (1 anno e 6 mesi). E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone Giovedì 1 dicembre 2011 Otto persone accusate di droga, armi e tentata estorsione Sfrontati. I testi a favore di Bonavota maresciallo ci disse Il tenente dei carabinieri Spadaro «Il che avrebbe fatto riferisce sulla genesi dell’inchiesta chiudere il locale» di GIANLUCA PRESTIA PROCEDE il processo che vede imputate sette persone accusate, a vario titolo, di associazione, detenzione di droga, tentata estorsione, detenzione e traffico di armi. Imputati nel procedimento penale Pasquale Siciliano, 35 anni (entrambi di Sorianello e difesi dall'avvocato Michele Ciconte); Giuseppe Muzzupappa, 38 anni di Nicotera (assistito dall'avvocato Giovanni Vecchio); Antonio e Cosimo Rugolo, di 40 e 39 anni, entrambi di Nicotera (avvocato Gregorio Cacciola); Carmine Cocciolo, 29 anni di Spilinga, (avvocati Patrizio Cuppari e Antonio Porcelli); Antonio Polimeni, 37 anni di Nicotera (avvocato Benito Infantino); Vincenzo Raimondo, 35 anni di Soriano, (avvocato Domenico Ioppolo); Andrea Simoncini, 28 anni di Soriano (avvocati Giuseppe Orecchio e Gaetano Servello). Tre i testimoni chiamati dal pm Boninsegna a deporre sul banco dei testimoni., il primo dei quali è stato il tenente Domenico Spadaro, all'epoca dei fatti (il 20072008) comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo. È stato lui condurre l'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed a riferire, nell'udienza di ieri mattina, della genesi dell'inchiesta che ha preso spunto da un'altra attività d'indagine. «Il pm, a seguito di intercettazioni aveva aperto uno stralcio che avevafatto emerger le modalità di spacci dello stupefacente. La tecnica di coltivazione della droga (marijuana, ndr) consisteva ne coltivare piccoli quantitativi in diverse aree, mentre l'attività di spaccio avveniva a Soriano Calabro dopo essere stato acquistato nella città di Giuseppe Muzzupappa Antonio Rugolo Pasquale Siciliano Nicotera». Il militare ha riferito in seguito del linguaggio criptico utilizzato dagli imputati che identificavano lo stupefacente con i termini più svariati: Erano soliti dire “storia”, “caffè”, “buste”, “arance” e quant'altro”, aggiungendo che, a supporto delle intercettazioni ambientali e telefoniche, vi erano stati i sequestri di droga, specialmente quelli che avevano portato all'arresto di Congestrì e Criseo, il 19 marzo 2007, nel corso di un servizio mirato. In quell'occasione erano stato rinvenuto mezzo chilo di marijuana. L'altro arresto aveva riguardato, l'1 luglio sempre dello stesso anno, proprio Muzzupappa, che veniva chiamato con l'appellativo di “marocchino”, sorpreso ad innaffiare 13 piantine di canapa indiana. Ha poi deposto il maresciallo Antonino Scarcella che ha riferito dell'attività intercettiva e successivamente il luogotenente Alfredo Anselmo, comandante della stazione di Chiaravalle, che ha parlato dell'arrestodi Siciliano il 2 febbraio 2008 per detenzione di marijuana e di cartucce di fucile all'interno della sua attività di ricambi per autovetture. Infine, l'ultimo a salire sul banco dei testimoni è stato l'appuntato Gianfranco Genovese che si era occupato del riconoscimento vocale e visivo di Simonicini, parlano anche della circostanza in cui questi si incontrò con Carmelo Cocciolo a Soriano. Conversazione del 4 luglio 2007 avvenuta all'interno di un'autovettura e intercettata dalle cimici messe dai carabinieri. Infine, il pm Boninsegna ha depositato la sentenza di primo grado del processo che ha visto la condanna a cinque anni di Filippo De Masi e a pochi mesi di Antonio Gullì, coinvolti nell'inchiesta e che avevano optato per il giudi- zio abbreviato. In più, sempre il pubblico ministero della Dda ha chiesto la riformulazione del capo di imputazione per Simoncini con la contestazione suppletiva della cessione di droga per un quantitativo di 500 grammi. Le indagini avevano rivelato che, oltre ad occuparsi dell’attività illecita legata allo spaccio anche dentro un villaggio turistico di Nicotera Marina, Rugolo Antonio e Muzzupappa Giuseppe, considerati al vertice dell’associazione, coltivavano piante di canapa indica, mentre a Cocciolo era stato affidato il “compito” di procacciare i clienti in vacanza nella struttura ricettiva. Sulla base delle risultanze investigative gli inquirenti stimavano che, nel periodo dell'indagine, le persone indagate avessero prodotto e spacciato decine di chilogrammi di marijuana. Prossima udienza l'1 febbraio 2012. «Lo spaccio avveniva a Soriano» Ulteriore contestazione per Simonicini NUOVO capitolo, presso stati chiamati dal marel'aula bunker del palazzo di sciallo Cannizzaro il quale giustizia di via Lacquari, ci ha detto che se Gaetano e del processo “sfrontati” Bonavota avessero aperto che vede imputate tre per- il locale, lui l'avrebbe fatto sone: Salvatore Bonavota, chiudere entro 10 giorni». Giulio Castagna e Gian- A seguito di ciò, dopo circa franco Russo (il primo ri- un mese e mezzo «durante stretto in carcere, gli altri il quale ero riuscito a rivendue in regime di arresti do- dere la merce acquistata in miciliari) accusati a vario precedenza», era «subentitolo di usura nei confron- trato Ceccato che si era proti del commerciante Dario posto per la gestione del riCeccato, rappresentato storante e con il quale avedall'avvocato Giovanna vo concordato il versamenFronte. Nell'udienza di ieri to di 1500 euro, mille per mattina davanti al tribuna- Bonavota e 500 per me, le in composizione colle- mensili per rientrare dalle spese di ristrutgiale (pres. turazione del loGiancarlo cale per un totaBianchi, a latele di circa re i giudici 13.000 euro. Alessandro PiPagamenti che scitelli e Maavvenivano tranuela Gallo) mite assegni dopo il non acdal mio bloccoglimento chetto. Ma - ha dell'eccezione aggiunto il tepresentata dalste in risposta l'avvocato Salad una domanvatore Staiano, da del presidendifensore di Cate Bianchi - non stagna, sulla sono mai avvenullità del denuti». creto che dispoSuccessivaneva il giudizio Giancarlo Bianchi mente ha depoimmediato, si è assistito alla deposizione di sto il figlio Gaetano che ha, due testi a discarico portati sostanzialmente, conferdai legali di Bonavota (gli mato la versione resa dal avvocati Francesco Muzzo- genitore. Prossima udienza il 25 pappa e Nicola Cantafora) che hanno riferito sui rap- gennaio 2012 con le depoporti commerciali con l'im- sizioni degli operatori della squadra mobile Garisto e putato. Il primo a rispondere alle Leone e del maresciallo domande delle parti è stato Cannizzaro, chiamato, coNicola Lo Schiavo proprie- me visto, in causa dai due tario della Trattoria “La Pi- testi a discarico. Il procedimento penale si gnata”, a Sant'Onofrio, che aveva lasciato successiva- avvierà a conclusione enmente, nel settembre del tro la fine del mese di feb2007, al figlio Gaetano e a braio anche per evitare la Salvatore Bonavota dai scadenza dei termini di cuquali aveva ricevuto il pa- stodia cautelare degli imgamento di tre mesi antici- putati. Nelle prossime pati per una somma di udienze saranno, pertan4.500 euro. «Ma dopo qual- to, ascoltati gli ultimi testi che giorno - ha affermato dopo di chè avverrà la rerispondendo all'avvocato quisitoria del pm BoninseMuzzopappa e di seguito al gna seguita dalle arringhe pm Giampaolo Boninse- del collegio difensivo. gna - io e mio figlio siamo gl. p. Raffaele Serratore bloccato dalla polizia a Torino Stava staccando le cassette dal muro di una casa Giovane vibonese sorpreso Furto di energia elettrica con 2 kg di cocaina e hashish Arrestato in flagrante SONO arrivati a lui dopo aver raccolto una serie di informazioni nell'ambiente dello spaccio di droga. Un'attività d'indagine con pedinamenti ed osservazioni che si è conclusa nella giornata di martedì scorso con il suo arresto. A finire in manette un giovane originario della provincia Vibonese, di Filadelfia per la precisione. Per lui, Raffaele Serratore, 29 anni, domiciliato nell'Astigiano, l'accusa e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. Gli agenti della Squadra Mobile di Torino lo hanno fermato in via Nizza, a Torino, in prossimità della stazione Porta Nuova, dove è sceso dalla sua macchina, è entratoin unbarene èuscito per poi avvicinarsi e aprire un'altra vettura, diversa da quella con cui era arrivato, che i poliziotti stavano tenendo sotto osservazione. Dopo averlo bloccato, hanno perquisito i veicoli. Sulla macchina (la seconda, una Fiat Punto) è stato trovato un kg di cocaina confezionata in un panetto di cellophane di colore salmone con sopra impresso il numero 71, mentre L’istituto penitenziario di Torino in un vicino box auto (in via Felizzano) la Polizia ha trovato un altro mezzo chilo di cocaina e mezzo chilo di hashish nonché la strumentazione per confezionare la droga, compresa la pressa della capacità di 10 tonnellate. Particolare, questo, che induce gli investigatori a ritenere che nello stesso garage siano già passati alcuni chilogrammi di sostanze che sarebbero già stati venduti o ceduti a terzi. La polizia stava tenendo d'occhio il giovane da qualche tempo dopo aver, come detto, raccolto una serie di informazioni nell'ambiente dello spaccio. A seguito dell'assunzione delle testimonianze da parte dei compratori dello stupefacente, gli uomini della Mobile torinese, avevano stretto sempre più il cerchio attorno al giovane vibonese riuscendo a sorprenderlo in flagrante. Dopo le formalità di rito, Serratore è stato tradotto presso l'istituto penitenziario “Le Vallette”, del capoluogo piemontese, in attesa dell'udienza di convalida. gl. p. COLTO in flagrante e, quindi, arrestato con l'accusa di furto di energia elettrica. Quando la pattuglia dei Carabinieri della Stazione di Vibo Marina è passata vicino all'ex-camping Kursal ed ha sentito uno strano ed incessante martellare ha deciso di verificare cosa stesse accadendo all'interno della struttura ricettiva, ormai abbandonata da anni. Una curiosità che ha spinto i militari della Compagnia Carabinieri di Vibo Valentia, coordinati dal capitano Stefano Di Paolo, ad entrare con discrezione da uno dei molti fori della recinzione e raggiungere in silenzio la fonte di quel rumore. Appena gli uomini dell'Arma hanno girato l'angolo si sono trovati davanti Onofrio Meddis, 50 anni, residente nella frazione Longobardi, già noto alle forze dell'ordine, che con tanto di martello e cacciavite stava staccando dal muro delle cassette elettriche. Alla vista del personale in divisa guidat0 dal mare- Onofrio Meddis sciallo Riccardo Astorina l'uomo, capendo di essere stato scoperto, non ha opposto resistenza e non ha detto una parola. Silenzio che ha tenuto anche quando i militari dell'Arma hanno avviato la perquisizione della propria abitazione dove, oltre a verificare la presenza di altro materiale elettrico misteriosamente scomparso dal camping, hanno accertato come la corrente elettrica giungesse da una fonte ignota e, soprattutto, gratuita. Infatti i militari non hanno potuto non notare come l'abitazione, nonostante fosse priva di contatore, per qualche strano fenomeno fisico, fosse illuminata a giorno da numerose lampadine nonostante fuori vi fosse un sole splendente. I Carabinieri, con l'ausilio dei tecnici dell'Enel hanno così risalito i cavi elettrici, in gran parte murati e che hanno richiesto un vero e proprio lavoro di demolizione per essere portati allo scoperto, fino ad arrivare ad una cassetta di derivazione che il Meddis aveva forzato e manomesso. Per l'uomo, che in una sola giornata si è visto caricare addosso l'accusa di ben 2 furti aggravati, sono così scattate le manette e, dopo gli atti di rito, si sono aperte le porte del carcere di Vibo Valentia. gl. p. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 28 Vibo Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006 anno VI numero 331 giovedì 1 dicembre 2011 € 1,00 direttore piero sansonetti LOCRI Ergastolo a Curciarello E’ il killer di Cordì Ieri la sentenza. Ci sono anche due assolti quotidiano d’informazione regionale LOCRI Un ergastolo e due assoluzioni. Si chiude in questo modo, con il giudice che legge in aula dopo sei giorni di camera di consiglio, il dispositivo della sentenza, il primo grado di giudizio del processo per la morte di Salvatore Cordì, il noto boss della ’ndrangheta ucciso a Siderno nel maggio 2005. ESCLUSIVA CO Piango De Seta Maestro dimenticato > pagina 14 ECCO LA BOCCASSINI! arrestati giudici e politici In manette il consigliere regionale Morelli e il magistrato Giglio Sono accusati di aver aiutato il clan milanese dei Valle-Lampada Il magistrato antimafia amico delle cosche di Ilario Filippone pagina 8 pagina 9 Il politico in società con gli affiliati di Annalia Incoronato Tutti al Café de Paris per gli affari e gli accordi di Consolato Minniti pagina 7 > da pagina 6 a pagina 13 Colonizzate politica e magistratura DI PIERO SANSONETTI “Ilda la Rossa”, cioè il procuratore Boccassini, è sbarcata in Calabria. E' arrivata come fosse una bufera, ha gettato lo scompiglio, ha fatto arrestare un giudice anti-mafia di Reggio e un consigliere regionale, che era considerato insospettabile, e poi un maresciallo e varia altra gente, e in più ha messo sotto accusa un altro giudice antimafia, di Palmi. Diciamo che ha lanciato la sfida alla famosa “borghesia grigia”, appena due giorni dopo la denuncia del giudice Lombardo, che aveva accusato la magistratura calabrese di essere timida e di non sapere andare a fondo nel- PIZZO Sequestrati per ore e derubati in casa Una rapina in stile "Arancia meccanica" è stata portata a termine da tre delinquenti nella villetta di un grossista di gioielli di Tropea. I banditi sono entrati nell'abitazione ed hanno preso in ostaggio un'intera famiglia, l'uomo, la moglie ed i due figli. I quattro sono stati legati, quindi i rapinatori si sono impossessati di beni preziosi per un valore di decine di migliaia di euro. I malviventi hanno atteso il ritorno a casa del grossista e lo hanno affrontato col volto coperto da caschi e armati di pistola. Una volta all'interno hanno immobilizzato tutti. > pagina 15 le inchieste, e più precisamente di non volere sfiorare gli intoccabili. E' arrivata “Ilda la Rossa” e in poche ore ha sconvolto l'establishment calabrese. Ha messo sotto accusa magistratura e politica. Ha destabilizzato gli equilibri, ha lasciato capire che non mollerà la presa. Ha mandato i suoi poliziotti ad arrestare e sequestrare. Si è fatta portare a Milano, nei cellulari con le sbarre, gli imputati, perché forse non si fida troppo delle carceri calabresi. > segue a pagina 7 > pagina 14 CATANZARO Strage ferroviaria sfiorata Nuovo sopralluogo nell’Amato LUNA ROSSA di Pasquino Il fumo e l'arrosto Avevamo perso il diritto alla prima pagina. Lo riacquistiamo con l' inchiesta della Procura milanese che spedisce in carcere il magistrato Vincenzo Giglio e il consigliere regionale pidiellino Franco Morelli, oltre che un maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, l'avvocato Vincenzo Minasi, il dottor Vincenzo Giglio. Secondo la scuola della Santa Inquisizione, dove c'è fumo, c'è arrosto. DI MARTIN SCORSESE Sono rimasto scioccato dalla notizia della morte di Vittorio De Seta. La sua vita è stata lunga e sana, e l’ultima volta che lo vidi, solo qualche anno fa, sembrava che gli rimanessero da vivere altri 50 anni, scoppiava di energia creativa. De Seta è uno dei grandi, trascurati registi tra i più grandi italiani, e il suo lavoro meriterebbe di essere molto più conosciuto di quanto non sia. Negli anni ’60, lo conoscemmo attraverso il suo straordinario “Banditi a Orgosolo”. Ma dopo, molti anni dopo, vedemmo i suoi documentari a colori che girò negli anni ’50, poetiche cronache di vita nell’Italia del sud, della Sardegna e della Sicilia. Chi vide queste immagini, prima note solo a pochi, ne rimase ammaliato. Sono registrazioni preziose di costumi e modi di vivere che stavano scomparendo. Ma De Seta non documentò solo con la sua videocamera e il suo microfono, egli catturò il ritmo del lavoro, i suoni delle vette delle montagne e quelli nelle case, il passare del tempo nei villaggi e tra i pescatori nel mare, l’arco della vita, la consistenza della terra e l’aria. De Seta ritornò a quelle immagini solo qualche anno fa, rimasterizzò il colore, cambiò i ritmi, e affinò le colonne sonore. Nel loro insieme, esse sono una delle meraviglie del cinema. Vittorio De Seta fu veramente un grandioso, dinamico artista, e io piango la sua scomparsa. > in macondo > pagina 16 Scopelliti contro il patto di stabilità LAMEZIA TERME La Calabria non chiede altri soldi, chiede solo di potere spendere quelle somme che già ha. Così Scopelliti sul patto di stabilità che a detta del governatore, «crea un momento di grande difficoltà» per la regione. dal POLLINO alloSTRETTO calabria ora GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 6 ’ndrine, giudici e politica Il terremoto Boccassini fa tremare il Palazzo Arrestati il consigliere regionale Morelli e il giudice Giglio REGGIO CALABRIA Ieri mattina lo aspettavano in aula per presiedere la consueta udienza del mercoledì, ma in tribunale, il giudice Vincenzo Giglio, non c’è mai arrivato. Lo hanno arrestato all’alba gli uomini della Squadra mobile di Milano, in collaborazione con i colleghi reggini, nell’ambito dell’operazione denominata “Infinito” e condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Il provvedimento restrittivo, emesso dal gip Giuseppe Gennari, riguarda anche il consigliere regionale Francesco Morelli, un maresciallo della Guardia di finanza, un avvocato ed un medico, nonché altri soggetti ritenuti appartenenti alla consorteria L’operazione mafiosa dei Valle-Lampada, originari è stata condotta di Archi, zona nord di Reggio Calabria, ma operanti nel territorio milanese. In dal pm della tutto sono dieci i destinatari dell’ordiDda milanese nanza emessa dal gip su richiesta del Ilda Boccassini procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini. Di questi nove sono finiti in carcere ed una è andata ai domiciliari. Si tratta di Maria Valle, moglie del presunto boss Francesco Lampada. Un vero e proprio terremoto, dunque, quello abbattutosi sulla Calabria e, più in particolare sulla città di Reggio. Giuseppe Vincenzo Giglio, infatti, è un magistrato molto conosciuto. Si tratta del presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, nonché presidente di Corte d’assise ed esponente di “Magistratura democratica”. Per lui le accuse sono pesantissime: corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa. Secondo la Dda il giudice sarebbe stato corrotto al fine di favorire la carriera lavorativa della moglie, Alessandra Sarlo, diventata commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia, struttura poi inquisita per infiltrazioni mafiose. Ma il ciclone proveniente da Milano ha travolto anche il mondo della politica: nella bufera c’è il consigliere regionale Francesco Morelli, eletto in quota Pdl e presidente della II commissione Bilancio, una delle più delicate dell’intero consiglio regionale calabrese. Morelli è stato tratto in arresto con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione. Tra i destinatari del provvedimento anche il medico Vincenzo Giglio, cugino del giudice, il quale è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver appoggiato la campagna elettorale di Leonardo Valle, candidatosi in un comune milanese ma risultato non eletto. La stangata alla “zona grigia” non ha risparmiato neppure la classe forense. In manette è finito l’avvocato del foro di Palmi, Vincenzo Minasi, legale con studi anche a Como ed a Milano. Anche per lui la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e intestazione fittizia di beni. Minasi, tra l’altro, è il legale difensivo di Maria Valle, moglie del boss Francesco Lampada, anch’egli colpito dal provvedimento, sebbene già in carcere, con l’accusa di intestazione fittizia di beni. Gli uomini della Squadra mobile, infatti, hanno stretto le manette ai polsi di alcuni presunti esponenti di spicco della famiglia Valle-Lampada e, oltre a Francesco, anche Giulio Lampada (accusato di associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d’ufficio, intestazione fittizia di beni), Raffaele Fermino e Leonardo Valle. Tra gli “infedeli” dello Stato vi è anche un maresciallo capo della Guardia di finanza in servizio a Monza, ovvero Luigi Mongelli, accusato di corruzione. Non è tra gli arrestati, ma è indagato per corruzione, anche il magistrato Giancarlo Giusti, in servizio al Tribunale di Palmi. Nei suoi confronti è stato emesso un decreto di perquisizione da parte della Dda di Reggio Calabria. Secondo l’accusa Giusti sarebbe stato corrotto attraverso dei viaggi a Milano, con relativo soggiorno, ed avrebbe anche beneficiato delle prestazioni di diverse escort, tutto pagato da soggetti vicini al clan Lampada. Gli uomini della Squadra Mobile stanno adesso indagando per cercare di capire quali siano stati i benefici che la cosca avrebbe ricevuto in cambio di tali servigi. Perquisizioni sono state effettuate anche negli studi legali degli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del foro di Vibo Valentia che risulterebbero indagati a piede libero. Visto il coinvolgimento del magistrato Enzo Giglio, già ieri ci si chiedeva se la competenza non fosse quella di Catanzaro. Ma a spazzare i dubbi è stato lo stesso gip Gennari spiegando che essendo il reato principale quello di associazione mafiosa, anche i reati satellite finiscono per essere di competenza della magistratura milanese. Nella mattinata di oggi, infine, è prevista una conferenza stampa nella città lombarda alla presenza, tra gli altri, del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del procuratore della Dda reggina, Giuseppe Pignatone. L’inchiesta, in buona sostanza, è un filone dell’indagine “Meta” che, dalle mani del pm Giuseppe Lombardo, è passata a quelle dei giudici di Milano per competenza territoriale. CONSOLATO MINNITI [email protected] Videopoker e politica Il business dei Valle MILANO Dall’usura ai videopoker, fino agli agganci con il mondo della politica. Sono gli interessi della cosca Valle, strettamente legata a quella dei Lampada, e con base tra Milano e Pavia, documentati nelle ultime indagini della Dda di Milano che nei mesi scorsi hanno portato prima in carcere e poi a processo il patriarca Francesco Valle, 73 anni, e alla condanna, tra gli altri, del figlio del boss, Carmine Valle. L’operazione contro i presunti affiliati alla cosca Valle, scattata il primo luglio del 2010, era stata un “assaggio” del maxiblitz che alcuni giorni dopo, il 13 luglio, aveva fatto piazza pulita delle infiltrazioni della mafia calabrese in Lombardia. Nell’ambito del blitz era stato arrestato anche Francesco Lampada, raggiunto ieri da una nuova misura cautelare. Dalle indagini però era emerso anche il ruolo di Giulio Giuseppe Lampada, fratello di Francesco e finito ieri in carcere, ritenuto una sorta di “braccio politico-imprenditoriale” dei Valle, attivo nel settore delle slot-machine e dei videopoker a Milano. Il legame tra i Valle e i Lampada sta anche nel fatto che Maria Valle (ai domiciliari), la giovane figlia del patriarca Francesco, è sposata con Francesco Lampada. Il capoclan viveva in una specie di quartier generale: un ristorante-masseria nella zona sud-ovest di Milano, al confine con Pavia. Con tanto di telecamere e impianti d’allarme. Dalle indagini era emerso che il clan avrebbe anche ottenuto le licenze per aprire un mini casino, una discoteca e attività di ristorazione nel comune di Pero (Milano) nell’ambito di un progetto di riqualificazione «in virtù del prossimo Expo», grazie all’interessamento dell’assessore comunale Davide Valia. Secondo quanto si legge nell’ordinanza inoltre i Valle-Lampada «sono in rapporti di affari ed intrettengono relazioni paritarie con un impressionante numero di soggetti di spicco della criminalià organizzata calabrese». Tra questi compaiono i clan reggini dei Condello e dei Tegano e diversi personaggi considerati affiliati alla ’ndrangheta: Antonino Cotroneo, legato ai Condello-Imerti, Alfonso Molinetti, legato ai Tegano-De Stefano, il “compare” Cosimo Vallelonga e Andrea Carmelo Vazzana, nipote di Pasquale Condello. < dalla prima POLITICA E MAGISTRATURA COLONIZZATE I lda la Rossa è arrivata menando fendenti, conquistandosi subito le prime pagine dei quotidiani e l’apertura dei telegiornali, e minaccia anche di fermarsi qui, di stabilirsi in Calabria. Da diversi mesi si sussurra della sua possibile nomina a procuratore di Reggio - l’indiscrezione l’avevamo anticipata proprio noi di “Calabria Ora” e l’avevano ripresa tutti i giornali – e questo blitz eccezionale sembra confermare quell’idea. Non è chiarissimo se l’operazione della Procura di Milano sia una specie di sfiducia verso il procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone – che oltretutto da diversi mesi è in guerra aperta con altri magistrati importanti, come Mollace, Cisterna, Macrì e adesso, forse, anche Lombardo – o se invece Pignatone abbia avuto una parte importante e da protagonista in questa inchiesta. Finora era sembrato di capire che Pignatone e Boccassini lavorassero di comune accordo. Stavolta, francamente, qualche dub- bio è legittimo. Magari in forma “dolce”, e con la collaborazione volontaria dei “commissariati”, ma questo intervento di Boccassini sembra proprio un commissariamento della Procura di Reggio. È un bene? Sarà la volta buona che qualcuno riuscirà a fare pulizia e a spezzare i legami tra politica e ’ndrangheta? Naturalmente è interesse di tutti che si intervenga per spezzare questi legami, se ci sono. E la Boccassini è considerata unanimemente una magistrata con grandi doti investigative, una professionista coi fiocchi (anche se i processi contro Berlusconi sono sembrati più un regalo allo spettacolo che alla giustizia) e quindi se decidesse di mettere le sue capacità al servizio di questa regione potrebbe essere una cosa buona. Resta però forte l’impressione di una nuova colonizzazione. E cioè di una decisione, presa al Nord, per liquidare la Calabria definitivamente, relegandola al ruolo di regione della malavita, e che si merita solo ba- 7 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O In carcere anche un avvocato e un maresciallo delle Fiamme gialle calabria A L L O S T R E T T O ora Indagato per corruzione un magistrato del Tribunale di Palmi ’ndrine, giudici e politica E il Vaticano nominò Giulio Lampada cavaliere Politici, magistrati, avvocati, banchieri, medici. Le indagini hanno fatto luce su una vasta zona grigia. Non c’è luogo dove i Lampada non riescano a entrare. E il Vaticano non fa eccezione. Riporta l’ordinanza che «in data 9 novembre 2009 alle ore 19:08 Giulio Lampada informa l’avvocato Minasi, con toni amichevoli, che il giorno precedente è stato nominato cavaliere di San Silvestro dal Vaticano con nomina del monsignore Tarcisio Bertone ed ha avuto targhetta, distintivo, e l’alta uniforme, che si farà fare su misura ed in tutte le “... ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono eccellenza... di pari grado ad eccellenza... mi devono chiamare eccellenza...”». Sempre in Vaticano Giulio Lampada riuscirà a far battezzare suo figlio. Dunque anche sullo Stato della Chiesa, scrive il giudice nell’ordinanza, «si allungano le mani della famiglia mafiosa. E come spesso accade questo mondo rimane fuori dell’area punibilità. Carenza di fattispecie incriminatorie idonee non consentono di punire personaggi dei quali non si riesce a dire che siano organici all’associazione, ma che sicuramente offrono sponde essenziali (sovente palesemente consapevoli) per la crescita economica e sociale del gruppo mafioso». Quella cena romana con Alemanno al Café de Paris Così il clan entrava in affari con la politica All’incontro anche Chiaravalloti e Bonfiglio UN CICLONE DAL NORD Il procuratore aggiunto della Dda milanese Ilda Boccassini. È stata lei a coordinare l’operazione che ha portato in manette, tra gli altri, un giudice, un consigliere regionale, un avvocato e un maresciallo della Guardia di finanza In carcere anche esponenti di spicco del clan valle-Lampada stonate, arresti, manette e misure di polizia. Intendiamoci bene: non è nostra intenzione né difendere – ma nemmeno condannare – i vari personaggi di rilievo che sono stati indiziati o messi in carcere. Che esista una zona grigia tra mafia e politica è quasi certamente vero. Naturalmente non basta dirlo, né fare degli arresti: bisognerà dimostrare la colpevolezza degli imputati. Tuttavia, oggi, oltre alla questione giudiziaria non riusciamo a non vedere anche il rischio delle conseguenze politiche. Quali conseguenze? Soprattutto quella della totale delegittimazione della Calabria. Certo che non è colpa della Boccassini se questo avverrà. Lei, mi pare, si limita a fare il suo lavoro. Con la passione (talvolta persino eccessiva) di sempre. Il problema drammatico è quello di una classe dirigente calabrese che ieri ha dato di sé la solita pessima immagine: incapace di parlare, di giudicare, di dire la sua, eventualmente di reagire. E poi c’è il problema della magistratura calabrese, dentro la quale sono aperte troppe lotte di potere, troppi regolamenti di conti – denunce tra i giudici, sospetti, indagini, arresti – per poter pretendere credibilità. Piero Sansonetti REGGIO CALABRIA Metti una cena al Café de Pa- la sua presenza a Roma in quella data). «Eravamo i vip, ris, locale storico di Roma, con personaggi politici ed im- diciamo la Reggio bene» racconta Lampada al suo interprenditoriali di primo piano. Facevano sul serio i Valle- locutore. Per il gip «questa vicenda è la dimostrazione Lampada. Avevano capito che era indispensabile entra- delle potenzialità che è in grado di produrre la strategia re negli ambienti che contano per poter avere ancora di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenmaggiori vantaggi economici; entrare nei gangli delle ze concatenate possono arrivare agevolmente ai vertici istituzioni e dall’interno provare ad ottenere ciò che de- politici ed entrare in contatto con personaggi di rilievo sideravano. Per questo avevano puntato in alto, fino al governativo e nazionale». Secondo Gennari «ciò che conministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno, che ta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determia quella serata vi partecipò assolutamente ignaro della nate relazioni personali di favori alla quale mai avrebbe reale identità dei soggetti che l’avevano organizzata. Ma potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di comalla cena non vi era soltanto l’attuale sindaco di Roma piacenze mafiose». E di Alemanno si parla anche in (peraltro non indagato ed estraneo all’inchiesta), ma an- un’altra parte dell’ordinanza, e cioè in occasione della cresima della figlia del consigliere regioche l’ex governatore della Calabria e vinale Morelli, la quale sarebbe stata cresicepresidente dell’Autorità garante per Morelli, Sarra mata proprio da Alemanno. la protezione dei dati personali, Giusepe Fedele tra i Ma chi erano i politici che i Valle-Lampe Chiaravalloti. Assieme a loro anche il pada avrebbero sostenuto? Ecco l’elenco deputato Buonfiglio. Erano tutti al Capolitici aiutati stilato dal gip sulla base delle risultanze fé de Paris, locale confiscato dallo Stato dalla cosca investigative: Alberto Sarra, per le regioperché ritenuto di proprietà della cosca alle elezioni nali in Calabria dell’aprile 2005 (non Alvaro di Sinopoli (il provvedimento di venne eletto, ndr), attualmente sottosesequestro, ironia della sorte, venne emesso nel 2009, poi proprio dalla sezione misure pre- gretario alle Riforme e semplificazione amministrativa; venzione del Tribunale reggino). È lo stesso Giulio Lam- Giuseppe Adolfo Alati, nelle elezioni al Comune di Regpada a raccontare, in una conversazione del 3 aprile gio Calabria del maggio 2007 e della Regione Calabria del 2008, quanto avvenuto nel noto locale romano. L’inter- maggio 2010; Antonio Oliverio, alle elezioni per il Comulocutore è Mario Giglio. Lampada ricorda come «l’altra ne di Milano del maggio 2006, assessore della Provincia sera mi hanno presentato Gianni Alemanno». Ecco co- di Milano agli Affari generali, Turismo e moda, fino a me descrive la serata il presunto boss: «Tu immagina il maggio 2009; Francesco Morelli, per le regionali in Caministro con il microfono in mano, seguimi, “ringrazio labria del marzo 2010, attualmente consigliere regionail gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano, le; Tarcisio Zobbi, alle elezioni politiche dell’aprile 2008, e il dottore Vincenzo Giglio” (medico e cugino del magi- consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al strato), noi in un angolino che gli alzavamo la mano ti- 2009; Armando Vagliati, nelle elezioni alla Provincia di po “cià, cià, cià”». Insomma, Alemanno aveva anche vi- Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia del sto in quel gruppo imprenditoriale un esempio di posi- marzo 2010; Luigi Fedele, alle elezioni per la Regione tività calabrese. Peccato che l’attuale sindaco di Roma Calabria del maggio 2010, attualmente consigliere renon avesse la minima idea che quegli imprenditori, in re- gionale. Tutte posizioni, ovviamente, che sono state oggetto altà, erano persone affiliate alla ’ndrangheta. Lampada non riesce a trattenere la soddisfazione per aver vissuto d’attenzione da parte della magistratura e il cui sosteuna serata da “very important person”. Così elenca i pre- gno elettorale, da parte della cosca, viene riferito sulla basenti, da Buonfiglio a Francesco Morelli passando per se delle indagini effettuate dalla polizia giudiziaria e sulChiaravalloti e per il professor Quattrone, primario del- le intercettazioni. Insomma, i Valle-Lampada avevano le l’unità operativa di neurologia del policlinico “Madonna mani sulla politica, non solo quella calabrese. cons. min. della Consolazione” (che con una nota, ha già smentito 8 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica il profilo Il magistrato antimafia diventato la talpa delle cosche Le informazioni riservate per il consigliere e i rapporti con Zumbo GIUDICE Finisce in manette il presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Vincenzo Giglio «Un uomo al servizio dei clan e del consigliere Morelli» SIDERNO (RC) Il presidente della Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giglio, bollato come un giudice corrotto dalla politica e dalla mafia. Il suo nome spunta nei dialoghi degli uomini d’onore della ’ndrangheta. «E’ un mangiataro», un mangione, dissero gli intercettati padrini della Cupola a casa del boss Giuseppe Pelle, dei Pelle “Gambazza” di San Luca. Il togato, all’alba di ieri, è stato arrestato dai carabinieri. Per la Procura distrettuale di Milano, era una spia, la talpa dei clan e del consigliere regionale Francesco Morelli, il fedelissimo del governatore Giuseppe Scopelliti. «Ha rivelato al consigliere notizie riservate, tra cui il fatto che a Reggio Calabria non vi era alcun procedimento penale nei suoi confronti, otteParlano di lui nendo in cambio la noa casa del mina della moglie a Commissario delboss Giuseppe l’azienda sanitaria di Pelle: «È un Vibo Valentia», annota il giudice per le indagimangiataro» ni preliminari, Giuseppe Gennari. Dopo il voto per il nuovo governo della Calabria, il magistrato Vincenzo Giglio divenne l’inesauribile fonte segreta della mafia con buone entrature anche negli uffici investigativi di Catanzaro. E si sbatteva per trovare una collocazione alla sua consorte, Alessandra Sarlo. Per ammanicarla, il 10 aprile 2010 invia un sms al suo amico Francesco Morelli: «Ti confesso un piccolo segreto: mia moglie fa parte della piccola cerchia di persone a cui piace lavorare molto. Perciò, quale sia la destinazione, che sia un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza». Una settimana dopo è il politico che scrive:«Enzo è stato consumato un vero atto di killeraggio. Ora attendiamo sviluppi». La toga, però, non si rassegna. Il 21 maggio maneggia il cellulare e invia l’ennesimo messaggio a «Franco». L’sms all’amico suona così:«Lunga e inutile discussione con mia moglie. La prospettiva individuata è quella del trasferimento definitivo al Consiglio. Nell’immediatezza, se è possibile. Ale gradirebbe arrivare subito in Consiglio, anche con formule provvisorie, che però bo Valentia». Per gli investigatori, il tengono conto della sua qualifica dirigiudice Vincenzo Giglio era l’insospetgenziale. Ci possiamo riuscire o stiamo tabile al servizio del clan Valle-Lampachiedendo troppo? Luigi può fare qualda. Un giorno parlarono di lui anche i cosa, può impegnarsi in questo senso? mafiosi della Cupola calabra. E’ il 13 Un marito stressato». Non c’è mossa marzo 2010. Al boss Giuseppe Pelle redella toga o profilo degli uomini che la stano quattro mesi di sorveglianza specircondano che non vengano battezzaciale. Il padrino è nella sua abitazione. ti dalla Procura di Milano come oscuri. Con lui ci sono un uomo d’onore della A cominciare proprio dal rapporto con famiglia Ficara e il commercialista GioFrancesco Morelli. Il fedelissimo del governatore Scovanni Zumbo, una spia con buoni ganpelliti è ansioso perchè ci in Procura. «Ho teme di essere ammaquattro mesi di sorveVincenzo Gigli nettato per associazione glianza, non c’è qualcutranquillizza a delinquere di stampo no che me li può toglieMorelli: Non c’è re? Giglio me la mafioso? Ci pensa l’amico «Enzo» a tranquillizfa…giorno 24 me la niente, nessun zarlo. Inviando un fax. fa?», chiede il boss di procedimento «Guarda che non c’è San Luca ai suoi interniente», scrisse il giudilocutori. Ficara si rivolge alla talpa Zumbo: ce. L’esponente del Pdl si trova nei pa«Gli dici a Giglio “guarda che sono riraggi? «Enzo» lo invita a casa sua: «Se masti quattro mesi a questa hai tempo e voglia puoi fermarti a pranpersona…che è malato”…gli dici di tozo». Il consigliere regionale vuole gliere questi quattro mesi…che poi anscambiare due chiacchiere? «Enzo» ordiamo a mangiare i ghiri». Quel giorno ganizza un incontro e salda «il caffè al i tre parlarono pure di un’indagine in bar». Del resto, un ritorno ci sarebbe. corso. «Come ha detto che si chiama, L’assunzione della moglie, la titolatissiGiglio? Tenacia?», domandò il capoma Alessandra Sarlo, dice il gip del tribunale di Milano. mafia Ficara. «Tenacia, operazione TeIl magistrato Giglio, il 18 giugno nacia», rispose Zumbo. « Dalle indagi2010, ringrazia «Franco», l’autorevole ni tecniche emerge che l’indagato è staesponente della maggioranza che soto per lungo tempo un uomo al servizio stiene il governatore Scopelliti. Con dei clan e del consigliere regionale l’ennesimo sms:«Grande novità, Ale Francesco Morelli», annota il gip. Per sarà nominata commissario dell’Asp di l’uomo d’onore Giulio Lampada, il toVibo Valentia. E’ un impegno preso digato di Reggio Calabria era «Sua eccelrettamente e inaspettatamente dal golenza bello». Quando gli inquirenti intercettano il dialogo tra i due è il 13 agovernatore. Incrociamo le dita, ovviasto 2009. Con il magistrato, quel giormente ti comunicherò le novità». Dono, c’era anche il politico Francesco cumentano gli inquirenti:«L’indagato, Morelli, il consigliere regionale arrestail 14 luglio 2010, ottiene, con decreto to per mafia. del Presidente della giunta regionale, la nomina della moglie a Commissario ILARIO FILIPPONE dell’azienda sanitaria provinciale di [email protected] Schivo e rigoroso amava il casual ed i convegni Lo ricordano tutti per aver sequestro l’impero economico del re dei videopoker Giacchino Campolo: un patrimonio da 330 milioni di euro. Ma è stato in prima linea anche nell’aggressione ai patrimoni della cosca Pesce con sigilli per 190 milioni di euro. È un magistrato molto schivo, Vincenzo Giglio. Nel suo ufficio, al sesto piano del Cedir, solo di rado si concedeva a qualche breve scambio di battute. Poi sempre davanti alla sua scrivania o in aula. Si spostava dalla sezione misure prevenzione alla Corte d’assise. Di entrambe era presidente. Insomma, Enzo Giglio non era certo un magistrato sprovveduto. Basti pensare che mai ha avuto problemi a comminare ergastoli. Quando circolava per gli uffici del Cedir c’erano due elementi che lo contraddistinguevano: l’abbigliamento e la toga. Il primo sempre casual (giacca, jeans e scarpe da tennis), la seconda perennemente sotto braccio quasi a voler portare con sé la “fatica” di essere magistrato. Persona assai temuta nel mondo giudiziario per la sua risolutezza ed il suo essere rigido durante le udienze. Uno di quei pochi magistrati verso i quali vigeva ancora un certo timore reverenziale. Eppure, Enzo Giglio, non era certo un giudice che si limitava soltanto ad emettere sentenze. Era un esponente di spicco della corrente di “Magistratura democratica” ed insegnava pure nella scuola di specializzazione per le professioni legali dell’università Mediterranea. Insomma, un uomo con mille interessi e presente a decine di convegni da dove non ha risparmiato strali anche verso il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, dal quale lo dividevano alcune opinioni di fondo. Lo scorso anno era stato tirato in ballo in un articolo pubblicato da CO proprio su presunti rapporti con i ValleLampada. Replicò duro e stizzito. Oggi, però, come afferma il gip, quella lettera era «zeppa di falsità». (c.m.) Quegli accordi per aiutare la moglie Il giudice sarebbe stato corrotto per favorire la carriera della Sarlo La dirigente Alessandra Sarlo, ex commissario dell’Asl di Vibo REGGIO CALABRIA Un dipartimento ad hoc per ci e incontri nell’abitazione del magistrato, con un accela moglie del giudice. Dopo lo scioglimento dell’Azien- so dibattito sulla possibilità di far rientrare la signora, il da sanitaria provinciale di Vibo Valentia per infiltrazio- 12 luglio la giunta regionale approva una delibera che ni mafiose, Alessandra Sarlo non istituisce il dipartimento controllo. Esigenze altissime è rimasta per molto tempo a fa- per preservare la qualità dell’ente, si capisce. A guidarre la casalinga. Grazie ai contat- lo sarà la dirigente Alessandra Sarlo. Un’operazione che ti tra il marito Vincenzo Giglio, in realtà non ha convinto molto nemmeno il consiglio rispettato giudice di Reggio Ca- dei ministri che, dopo poco, ha impugnato il provvedilabria, e il consigliere regionale mento. A metterci il carico da undici è arrivata anche la CorFranco Morelli, è stato trovato il giusto escamotage per farla rien- te Costituzionale che lo ha definito incostituzionale. La soluzione della questione era stata individuata da Giglio trare in un posto dignitoso. L’accusa per il politico cosen- come un passaggio «nell’immediato», se possibile, deltino è di corruzione. Giglio face- la Sarlo al consiglio regionale. Il problema, faceva notava pressioni di «un marito stres- re Luigi Fedele al collega Morelli, era che «sul consiglio sato» su Morelli per trovare alla al momento non c’è proprio la possibilità tecnica, perché non ci sono le aree… quindi devomoglie un’occuno fare una modifica alla struttura… pazione che fosse Giglio faceva alla pianta organica… e tu sai che queoperativa e copressioni su ste cose, insomma, richiedono… del munque non inferiore alla qualifica diritempo». L’intercettazione è del maggenziale che già possedeva. Morelli ha Morelli che gio 2010. Di tempo infatti ne è passacoinvolto il collega di partito Luigi Fedecoinvolge il to. E la soluzione è stata trovata. le, capogruppo del Pdl in consiglio regiocollega Fedele a.i. nale. Dopo una serie di contatti telefoni- 9 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica l’intercettazione Alemanno: prenditi ’sta commissione... Le ambizioni frustrate di Morelli per diventare assessore regionale, al punto che il suo referente politico Alemanno gli dice: «Eh, prenditi sta presidenza di commissione». È quanto emerge dall’ordinanza del gip Gennari, che riporta anzitutto un’intercettazione - del 20 aprile 2010 - tra Morelli e il senatore – alemanniano anch’egli – Franco Bevilacqua: il neo consigliere si sfoga spiegando che «per verificare l’effettiva esistenza di indagini a suo carico che avrebbero precluso la nomina ad assessore si è dovuto attivare su più fronti». Dice Morelli a Bevilacqua: «Ho messo in moto Dio per sapere una serie di cose... i motivi sono molto semplici si sono messi d’accordo Gentile e... gli altri...». C’è molta preoccupazione anche nell’entourage di Morelli: la tesi di un suo collaboratore è che - si legge nell’ordinanza - «il senatore Gentile abbia mosso le acque in commissione antimafia... per far uscire delle voci su Morelli...». Per Morelli le porte della Giunta restano chiuse, per questo il 6 maggio 2010 si rivolge ad Alemanno. Alemanno confida a Morelli di aver parlato con il neo governatore Scopelliti: «Lui - riferisce Alemanno a Morelli in una conversazione allegata all’ordinanza – dice che chiuderebbe ’sta vicenda con le due commissioni, commissione bilancio per te...e fra un anno ci sarebbe il rimpasto... e nel frattempo lui mi ha detto... che bisogna fare per confutare queste illazioni e vediamo un po’... Più di questo non sono riuscito a ottenere... Prenditi sta presidenza di commissione... Mi dispiace ma più di così non riesco a fare... Se continua su questa strada (il riferimento è a Scopelliti, ndr) poi gliela faremo pagare presto o tardi, però adesso non abbiamo grandi armi...». L’8 giugno 2010 Morelli diventa presidente della commissione Bilancio del Consiglio regionale. ant.cant. «Il grimaldello che apre le porte ai Lampada» È Morelli a sostenere tutte le iniziative del clan «Non è solo lo spregiudicato che cerca voti» I BEI TEMPI Alemanno con Morelli durante la campagna elettorale REGGIO CALABRIA Franco Morelli in Calabria è un volto molto noto. A dire il vero è abbastanza conosciuto anche fuori dalla regione. Ha parecchi amici con cui intrattiene anche rapporti economici. In particolare con la famiglia Lampada, stabilitasi da anni in Lombardia. Il giudizio del gip è estremamente chiaro e diretto: «Morelli - scrive nell’ordinanza di custodia cautelare - non è solo il politico spregiudicato che cerca i voti della ’ndrangheta. Morelli è in tutto e per tutto un sostegno costante alle iniziative, lecite e illecite, dei Lampada. Morelli è il grimaldello che consente ai Lampada di entrare nel grande mondo della politica e delle istituzioni». Tra Giulio Lampada e il politico calabrese si istaurano rapporti che si consolidano nel tem- Spesso telefonava da cabine pubbliche: ricorreva a tecniche di contrasto di indagine degne di un terrorista. Si espone in prima persona accompagnando Giulio Lampada agli incontri romani po. Morelli partecipa a una festa di battesimo della famiglia Lampada celebrata a Roma con grande sfarzo. Si impegna in prima persona nel 2009 nel tentativo di scalata alla concessione dei Monopoli, sfumata per diverse vi- cende concomitanti. Morelli entra come socio direttamente in tre società, salvo poi lasciarle a prestanome dopo la pubblicazione sui giornali di notizie che legavano i Lampada ad ambienti criminali. Nella Andromeda srl per l’esercizio del Punto.it e del gioco legale a distanza figurano soci Giuseppa Immacolata Zema al 90% e il politico arrestato con il 10%; stessa divisione di quote con la Pegasus srl, società concessionaria dei Monopoli di Stato che esercita attività connesse a lotterie e scommesse; e poi la Orion srl che offre servizi. In questo affare l’apporto di Morelli, precisa il gip, «non è economico, ma squisitamente politico». Le conversazioni intercettate «evidenziano un coinvolgimento totale del personaggio politico, il quale si espone in prima persona accompagnando Giulio Lampada a plurimi incontri romani e curando personalmente la presentazione della domanda per l’ottenimento della concessione». Morelli avrebbe anche accettato 50mila euro dai Lampada. L’episodio ricostruito dagli investigatori si riferisce al settembre 2009. Giulio Lampada chiede al fratello Francesco di mettere insieme la somma che avrebbe dovuto consegnare a qualcuno per una cosa importante, «una cosa che ci interessa più di quello che pensi». La cognata si lamenterà del fatto che i soldi in realtà non erano disponibili ma hanno dovuto racimolarli per forza. L’ipotesi è che siano finiti nelle mani di Morelli perché il politico si trovava a Milano quel giorno e ha trascorso del tempo insieme a Giulio Lampada. Sente per telefono il fratello Francesco e gli chiede dove si trovi, pregandolo di fare presto perché «questo deve andare via non per altro». Sarà la moglie, arrabbiata, a dire al marito «io sapevo che praticamente oggi c’era Franco». Il gip precisa che non si sa quale fosse la destinazione di quel denaro, forse poteva essere indirizzato ad “amici” romani. In ogni caso si tratta di un fatto «gravissimo» scrive il giudice, che rappresenta «una conferma notevole del grado di coinvolgimento di Morelli nelle attività delittuose dei Lampada». Il politico calabrese stava molto attento all’uso del telefono. Aveva un’utenza telefonica intestata al fantomatico El Arousy Said, verosimilmente fornitagli da Giulio Lampada perché lui stesso aveva un’altra sim con uguale intestazione. La cosa più strana è che Morelli spesso telefonava da cabine pubbliche a Roma, di notte, per brevi conversazioni. «L’uomo delle istituzioni –rileva il gip- o che almeno tale dovrebbe essere, ricorre a delle tecniche di contrasto di indagine degne di un terrorista». ANNALIA INCORONATO [email protected] «Votate per lui è l’uomo giusto» Alemanno sostenne la sua candidatura. Eletto con oltre 13mila preferenze Immortalato dalle telecamere di “Anno Zero” Morelli venne inquadrato mentre si avvicinava al collega di aula Mimmo Crea - già “chiacchierato” per un suo coinvolgimento nel caso Fortugno - e lo abbracciava dicendogli: «Il compare del mio compare è tuo compare». COSENZA La massima visibilità mediatica Franco Morelli l’ha avuta a margine di un Consiglio regionale agli inizi del 2006, a poche settimane di distanza dall’uccisione del vicepresidente dell’assemblea Franco Fortugno. Immortalato dalle telecamere di “Anno Zero” Morelli venne inquadrato mentre si avvicinava al collega di aula Mimmo Crea - già “chiacchierato” per un suo coinvolgimento nel caso Fortugno - e lo abbracciava dicendogli: «Il compare del mio compare è tuo compare». Fu uno choc a livello nazionale, una ribalta inattesa per un personaggio che per il resto ha generalmente lavorato nell’ombra, pur essendo dentro i meccanismi giusti, nei quali si è sempre mosso con agio eccezionale grazie alla sua proverbiale predisposizione alla mediazione, alle buone maniere e al linguaggio forbito. Amicizie e rapporti di quelli che contano e pesano, per Franco Morelli, nato a San Benedetto Ullano 53 anni fa, sposato con due figlie e laurea in Giurisprudenza. E una carriera in continua anche se discreta escalation. “Grand commis” dell’amministrazione e poi big politico. Con aderenze strepitose: legatissimo agli ambienti della Chiesa, in particolare all’Opus Dei, poi l’impegno con la Dc e col suo “mentore” Riccardo Misasi prima di traghettare in Alleanza nazionale con la fine della “Balena bianca”. Sono gli albori degli anni 2000, gli anni in cui Morelli è all’apice della Regione Calabria, mente raffinata a disposizione del governatore Peppino Chiaravalloti, della cui Giunta è capo di gabinetto e stratega dietro le quinte. Un Letta in salsa calabrese... Nel frattempo Morelli intensifica la militanza in An, infittisce un rapporto quasi di simbiosi, e comunque di profondo legame personale, con uno dei “colonnelli” del partito di Fini, l’oggi sindaco di Roma Gianni Alemanno, all’epoca ministro dell’Agricoltura. Alemanno subito lo ricambia con un incarico, commissario dell’ “Unire”, letteralmente Unione incremento razze equine: un ente che ai più non dice niente ma che in realtà è una formidabile macchina di drenaggi o di fondi pubblici e anche di consenso e clientela. Sotto l’ala protettiva di Alemanno, Morelli diventa un personaggio di punta di An in Calabria: nel 2005 viene eletto in consiglio regionale, per una delle legislature più tormentate, con un numero enorme di colleghi che finisce nel mirino della magistratura. Anche Morelli “inciampa” restando impigliato nell’inchiesta “Why Not”, che però non ne frena la scalata, che diverrà inarrestabile con la riconferma a palazzo Campanella alle Regionali del 2010 con il Pdl: un bagno di preferenze - 13.671 per la precisione - al quale contribuisce anche Alemanno, che in campagna elettorale a Cosenza lo lancia affermando che «per cambiare la Calabria servono persone preparate, e io credo che quella giusta si chiami Franco Morelli». Ora la corsa di Morelli si è fermata: un brutto colpo per un personaggio che - si legge nel suo profilo sul sito del Consiglio regionale - ha «tra i suoi hobby la lettura di favole e i fumetti con una predilezione per Topolino». Quella di adesso tutto è tranne che una favola... ANTONIO CANTISANI [email protected] 10 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica “L’anello era Giglio, il medico” Gli inquirenti: manteneva lui i rapporti tra la politica e la criminalità CATANZARO Il gran cerimoniere nei rapporti tra la malavita d’alto borgo e gli inquilini delle stanze istituzionali indossava il camice bianco. Dicono i giudici di Milano. Anche lui si chiama Vincenzo Giglio, cugino omonimo del magistrato. E avrebbe fornito «un apporto (esterno) all’associazione mafiosa quantomeno dal 2008», come anello di congiunzione tra «i membri del sodalizio e ambienti istituzionali, politici ed imprenditoriali…», in particolare tra i fratelli Lampada ed il consigliere regionale Franco Morelli. Fu proprio Giglio il medico ad invitare l’esponente politico calabrese a quella sontuosa serata elettorale per le politiche organizzata al Café de Paris di Roma, locale simbolo della movida (e della ’ndrangheta) capitolina, nell’aprile del 2008. C’era l’elite del centrodestra romano, Gianni Alemanno in testa, e c’era pure Giulio Lampada, il mafioso che stringeva mani accreditandosi sotto le mentite spoglie di un facoltoso imprenditore. Tutte persone di «qualità», scriveva Morelli in un sms inviato il giorno successivo al dottor Vincenzo, che ringraziava per la «bellissima attestazione di stima» e la «graziosa disponibilità». Si cementava un’amicizia. Preziosa tanto per Morelli quanto per Giglio, trait d’union non solo con la politica. Sì, perché - e siamo sempre al 2008 - gli inquirenti coglievano un altro evento, utile all’indagine, che dimostrava come il medico certi rapporti amasse coltivarli anche nella magistratura. Nel mese di settembre, infatti, sarebbe stato proprio lui ad organizzare il viaggio che condusse il giudice Giancarlo Giusti - quello dei soggiorni a Milano e delle notti hard a spese della mala a Venezia, per un convegno. E qui, in laguna, presentò la toga al boss reggino. Vincenzo il medico è personaggio centrale, che nel tempo tiene i contatti con i componenti della cricca criminale calabro-lombarda i quali, all’occorrenza, scendevano a Reggio per sincerarsi delle indagini a loro carico, giovandosi ovviamente di segreti carpiti e spifferati. Un tipo dinamico, il dottore, anche nell’organizzare le campagne elettorali dei “suoi” candidati alle amministrative, tanto in Lombardia, per Armando Vagliati e Leonardo Valle, quanto in Calabria, per Franco Morelli e - dicono sempre i giudici di Milano, ovviamente - Luigi Fedele. E poi cene su cene, nei luoghi più caratteristici della cucina tipica reggina, da Gioia Tauro a Bova Marina. Con politici, imprenditori, professionisti e, anche, indiziati di mafia. D’altronde, diceva lo stesso Franco Morelli, nell’ormai celeberrimo saluto a Mimmo Crea filmato da Annozero, «il compare del mio compare è mio compare». E lui Vincenzo Giglio, medico chirurgo, al “comparaggio” da vasi comunicanti, sarebbe stato particolarmente avvezzo, almeno secondo quanto emerge dalle carte. Non foss’altro perché fu proprio grazie al suo “accompagnamento” che Giulio Lampada, il mafioso, finì col rendere omaggio a Vincenzo Giglio, il giudice, entrandogli direttamente in casa. Si faceva in quattro, tanto per gli amici quanto per i parenti. Fu lui - si legge nell’ordinanza - ad «intercedere con Morelli e Fedele» affinché Alessandra Sarlo, consorte del cugino omonimo magistrato, fosse nominata direttore generale dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia. Il presidente Giuseppe Scopelliti firmò il decreto di nomina nel luglio del 2010, ma lei rimase in carica per tre mesi: fu “defenestrata” dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che firmò lo scioglimento dell’Asp per infiltrazioni mafiose. Pochi mesi dopo il governatore la riciclò affidandogli la direzio- ne generale di un settore nuovo di zecca, il «Controllo strategico». Buone maniere, gran cuore e tante amicizie per il dottor Vincenzo. Amicizie importanti. E talvolta inquietanti. Prese «contatto», e incontrò, perfino il colonnello Antonio Cristaudo «al fine - si legge nelle carte dell’indagine - di avere conferma delle investigazioni in corso nei confronti dei fratelli Lampada». Il colonnello Cristaudo, capocentro dell’Aisi, il servizio segreto interno. Pietro Comito Sarra e quei rapporti “delicati” Dall’ordinanza gli imbarazzanti riferimenti al sottosegretario CATANZARO Premessa: non è stato raggiunto da alcun provvedimento. Fatto: la Procura di Milano continua ad occuparsi di lui. E lui è Alberto Sarra. L’ex assessore regionale, oggi sottosegretario del governatore Scopelliti, era stato sfiorato dall’indagine “Redux-Caposaldo”, adesso su di lui tornano ad addensarsi i sospetti alla luce dei suoi rapporti compromettenti con Giulio Lampada, il boss reggino trapiantato a Milano, col quale intrattenne lunghe conversazioni, incontri e frequentazioni. Nell’ordinanza che ieri ha portato all’arresto di un altro onorevole calabrese, Franco Morelli, i magistrati sviscerano quell’imbarazzante rapporto ricostruendo altresì tutta la sua carriera politica, rammentando come in Regione, in un passato mica tanto lontano, avesse avuto come capostruttura il Giovanni Zumbo di “Crimine”, il commercialista con «solidi legami coi servizi segreti del Paese» e che i segreti li carpiva e li spifferava all’elite della ‘ndrangheta. Con la famiglia Lampada, d’altronde, Sarra ha una vecchia conoscenza, anche perché Mario Lampada, zio dei fratelli Lampada ieri finiti in arresto, dal 2005 al 2007 ha lavorato nella sua segreteria. Anche per questo l’attuale sottosegretario regionale viene indicato dai magistrati milanesi come «uno dei principali punti di riferimento politico per i Lampada». Nelle carte dell’indagine finiscono diverse conversazioni, ed in alcune di queste, Sarra e Giulio Lampada, con tono confidenziale, parlano di politica, di Formigoni piuttosto che del vicepresidente del Parlamento europeo Mauro, ma anche di affari: la costru- zione dell’aeroporto di Milazzo, oppure la costituzione di un’agenzia finanziaria a Milano... Un affare più che sospetto, quest’ultimo, stante il tenore utilizzato dai magistrati nel provvedimento vergato ieri, sul quale parte delle conversazioni vengono censurate e nel quale lo stesso Sarra, che avrebbe poi offerto il proprio sostegno per vicende più squisitamente politiche, avrebbe avuto un interesse diretto. p. com. Alberto Sarra: non è stato raggiunto da alcun provvedimento, ma dall’indagine traspare netta e imbarazzante la sua frequentazione con esponenti della famiglia Lampada l’arresto, i fermi, le perquisizioni Doppia misura restrittiva per l’avvocato Minasi CATANZARO Un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano ed un provvedimento di fermo vergato dai pm di Reggio Calabria. Due arresti, per fatti diversi, nella stessa giornata, a carico dell’avvocato Vincenzo Minasi. Di Palmi, 55 anni, domiciliato a Fino Mornasco (Milano) ha studio sia a Milano che a Como, entrambi sottoposti ieri a perquisizione. Oltre che nell’inchiesta lombarda finisce in una prosecuzione delle indagini di “Cosa mia”, condotta nel giugno del 2010 contro la cosca Gallico di Palmi. Nell’inchiesta milanese, Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla fi- nalità di favorire l’associazione mafiosa. In quella reggina é indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Gli altri tre fermati da Reggio sono Domenico Nasso, 28 anni, di Taurianova, Gesuele Misale, 53 anni di Palmi, e Alfonso Rinaldi, 51 anni di Palmi. I primi due sono accusati di associazione mafiosa, il terzo di intestazione fittizia di beni. Nell’ambito dell’indagine reggina sono finiti sul registro degli indagati anche gli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del foro di Vibo Valentia, anche loro sottoposti ieri a perquisizione. L’avvocato Marafioti, in una nota diffusa ieri sera, ha spiegato di aver messo a disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo alla difesa di Domenico Gallo «certo - scrive - di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato». Affidando la sua difesa ai colleghi Armando Veneto e Giuseppe Milicia, ha chiesto di essere interrogato al più presto per chiarire la sua posizione rispetto a «un’accusa - scrive - che reputo chiaramente infondata». Ha altresì annunciato la volontà di lasciare la difesa di Antonio e Domenico Gallico sin dalla prossima udienza del processo “Cosa mia”. 11 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica il primario quattrone Se le perizie sono «bene impostate» PALMI (RC) E’ primario dell’unità operativa di neurologia del policlinico “Madonna della Consolazione” di Reggio, Gabriele Quattrone. Un medico molto conosciuto in città, considerato come un vero e proprio luminare della mente umana. Un medico che però ama ampliare le proprie conoscenze tra le persone in vista in città, senza farsi troppe domande. Un medico che, scrive il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano che firma l’ordinanza, appartiene «a quella borghesia reggina, fatta dei Giglio, dei Giusti (dal quale il medico riceve incarichi), dei Morelli, che vediamo protagonisti in questa indagine». Non è la prima volta che il gip Gennari si trova ad avere a che fare con il primario reggino. Già nel novembre del 2010 infatti il togato milanese aveva rigettato una richiesta di scarcerazione nei confronti di Maria Valle, che era stata descritta, in una perizia di parte commissionata dall’avvocato Minasi, proprio da Quattrone come incompatibile al regime carcerario. Una perizia che secondo gli inquirenti andava fatta a tutti i costi, tanto che sono numerosissimi i contatti telefonici e via email lungo il triangolo Lampada/Minasi/Quattrone. Una perizia che, sostengono gli inquirenti, sarebbe stata nella sostanza solo vistata e firmata dal primario di neurologia, visto che, come dice lo stesso medico primario a Minasi «vedo di impostare bene la perizia della fanciulla». Una cosina da niente che lo stesso Quattrone deve incastrare tra «un’intervista a Elle e una all’Herald Tribune di New York che devo rilasciare oggi». La richiesta, rigettata dal tribunale di Milano, arriva pochi mesi dopo un incontro che vede protagonisti lo stesso medico, suo figlio Diego, il presunto boss Giulio Lampada e il consigliere regionale Francesco Morelli. Un incontro nelle campagne di Gambarie, messo su come ringraziamento per il posto alla Commissione europea che il gruppo ha garantito per il pargolo del professore che riferendosi al boss (padrino Giulio) e al consigliere scopellitiano ringraziandoli «perché non avrei mai pensato nella mia vita di poter fare questo». vimp Quel giudice che voleva fare «il mafioso» Il magistrato Giancarlo Giusti beneficiò di oltre 27mila euro della ’ndrangheta PALMI (RC) E’ amante delle donne, il giudice Giancarlo Giusti (in foto a destra). Delle donne e della bella vita pagate dai mafiosi. E il mafioso, magari, lo avrebbe potuto anche fare, come si vanta in un’intercettazione captata dagli inquirenti con uno ’ndranghetista: «Non hai capito chi sono io... sono una tomba, peggio di... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice». Tra vitto, alloggio, e prostitute il giudice del tribunale di Palmi fa sborsare più di 27mila euro ai fratelli ’ndranghetisti Francesco e Giulio Lampada, tra il 2008 e il 2009. Un “investimento”, quello dei due reggini finiti in carcere nella giornata di ieri, per poter contare sulla vicinanza di un membro della magistratura a cui appoggiarsi nei momenti opportuni. Giusti parla liberamente al telefono con i fratelli della mala calabrese trasferiti a Milano e si incontra nel capoluogo lombardo e a Reggio Calabria con loro. Si dà de tu, parla del lavoro e dà consigli - come nel casoo della presentazione di un’offerta dei Lampada per un’asta non andata a buon fine - fissa appuntamenti a Milano per «rilassarsi un paio di giorni» in compagnia di una ventina di escort. E’ uno spaccato inquietante quella tratteggiato dalla magistratura milanese nei confronti del giudice Giusti. Uno spaccato fatto di legami personali intrattenuti da un rappresentante dello Stato con esponenti di spicco (e conclamati) della ’ndrangheta reggina, seppur trapiantati al Nord. Dalle intercettazioni telefoniche e dai riscontri investigativi, la reputazione del giudice reggino ne esce segnata, compromessa da quelle con- versazioni messe nero su bianco dagli investigatori. In riferimento alla partecipazione dei Lampada all’asta al tribunale di Reggio, sono impressionanti due conversazioni captate dagli inquirenti. Nella prima i fratelli Giulio e Francesco parlano di una conversazione che il primo ha avuto con il giudice: Giulio: ... Poi io più figlio di puttana inc... gli faccio... “Giancarlo? Gioia mia... ma tu sei con me?... in qualsiasi cosa io faccio? A bleffo gli ho detto... non questo ti volevo sentir dire... mi fa lui? ...io glielo ho detto... per sentire quella risposta... che poi abbiamo capito male... non mi interessa... perché... io lunedì faccio fare la presentazione... Francesco: Come bisogna presentare... la? Giulio: ... con la Indris Immobiliare... mi ascolti? Francesco: Sì Giulio: Siccome non si chiude qua... domani... o martedì... aprono le buste... e dicono ci sono 10 partecipanti... il 21 aprile fanno l’asta... se non presentano nessuna busta... chi l’ha presentata l’ha vinta... ci sei fino a qua... E puntualmente, annotano gli inquirenti, il 21 aprile 2009 «il sodalizio si era presentato proprio con la Indris immobiliare srl, appartenente al coindagato avvocato Minasi Vincenzo». Il 26 giugno, però, in un’altra conversazione telefonica intercettata, Giulio Lampada chiede conto a Giusti dell’esclusione della sua domanda dall’asta. Lampada: Ti volevo chiedere una cosa Mongelli, il maresciallo “infedele” Il complice dei Lampada usufruiva di viaggi all’estero e di escort d’eccezione PALMI (RC) Ci sono i viaggi in Brasile e in Thailandia da saldare, e i regalini da acquistare nelle gioiellerie di mezza Milano; e poi le cene nei ristoranti dell’hinterland meneghino e le parcelle per le professioniste del sesso che rendono meno solitarie le notti del maresciallo della Guardia di finanza Luigi “Pinotto” Mongelli. Nella monumentale ordinanza di fermo sugli intrecci tra mafia, mondo delle professioni e giustizia deviata, c’è tutto lo squallore dello sbirro infedele, che da controllore per conto dello Stato che gli paga lo stipendio, diventa, a suon di migliaia di euro, complice del gruppo criminale che fa capo ai fratelli Lampada. Una storia di corruzione spicciola e video poker, sullo sfondo di una città come Milano che con il crimine organizzato calabrese ha dimostrato di sapere, e volere, scendere a patti. Una storia possibile solo grazie ai fiumi di denaro che passano di mano dai fratelli Lampada - che gestiscono in città, tra le altre cose, anche un proficuo giro d’affari che gravita attorno alle infernali macchinette mangia soldi di bar e sale giochi - all’esponente delle fiamme gialle, che avrebbe dovuto impedire che le stesse macchinette venissero manomesse, gabbando così gli sprovveduti giocatori e, soprattutto, le casse dello Stato che grazie al giro vorticoso di controlli “addomesticati” di soldi, sostengono gli inquirenti, ne hanno persi parecchi. Il sistema è sempre lo stesso, consolidato da anni di contatti frenetici e incontri continui. Qualche sms inviato ai Lampada da “Pinotto” Mongelli (così lo chiamano tra di loro i Lampada quando si tratta di conteggiare la “quota” da stornare verso il maresciallo) nei giorni immediatamente precedenti i controlli delle fiamme gialle alle numerose società gestite dal gruppo criminale, e poi i contatti nei giorni immediatamente successivi alle verifiche delle forze dell’ordine, per confermare che tutto sia andato come era stato stabilito. Secondo le indagini effettuate dalla distrettuale antimafia milanese, tra i gestori delle macchinette videopoker e il maresciallo “traditore” passano di mano, in poco meno di tre anni somme che sfondano il muro dei 200mila euro. Una somma considerevole che serve a Mongelli per “integrare” uno stipendio statale che evidentemente considerava troppo magro e che almeno in parte, sostengono ancora gli inquirenti, lo stesso maresciallo infedele girava a sua volta ai colleghi che i controlli li facevano sul campo, per “comprare” la loro collaborazione. Mongelli infatti sarebbe solo la punta di questo maleodorante iceberg, visto che i controlli alle società gestiti da Giulio e Francesco Lampada, materialmente, erano effettuati da altri esponenti delle fiamme gialle milanesi. Sono in tre, sempre gli stessi: Michele Di Dio, Michele Noto e Luciano Russo. Il gruppo di militari gestito da Pinotto esegue i “controlli” in continuazione, tanto che i Lampada li conoscono bene e i loro nomi escono fuori in diverse intercettazioni telefoniche. Un aspetto che non è sfuggito al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Gennai che descrive il maresciallo traditore come «collettore attraverso il quale vengono convogliate somme di denaro ad altri pubblici ufficiali». Vincenzo Imperitura Giancarlo, quella cosa che hanno presentato dicono che era sbagliata... non so che devono fare ora... Giusti: Ma chi Mario? Lampada: Quell’atto di quell’asta che aveva partecipato l’Indres. Giusti: Eh sbagliato? In che senso sbagliato? Lampada: Gliel’ha rigettata il dottor Campagna che ha... perché Giusti: Ma non che era sbagliato, e come mai rigettato? Perché un intollerabile... è palese, è palese... Lampada: Ma non ti hanno detto niente? Giusti: non eh! Io non so niente, non mi dicono niente, io sono qua posso pure intervenire per te... il mio telefono è aperto anche di notte, non so mai niente di cose importanti, ma dimmelo per tempo. Non ho saputo che era stato presentato, né quando c’era l’udienza, niente ho saputo... per poter mettere anche... ma dico io una... una cazzata. Conversazioni usate dai magistrati per ricostruire i viaggi compiuti da Giusti a Milano ospite in un noto hotel dei fratelli Lampada. Nove viaggi, annotano gli investigatori tra il 2008 e il 2009, dei quali il magistrato si sarebbe intrattenuto con una ventina di escort, pagate (naturalmente) dai fratelli Lampada per un conto che si dovrebbe aggirare, solo per l’albergointorno ai 27mila euro. Conto dal quale restano fuori i soldi sborsati per i viaggi in aereo, le cene nei locali chic di Milano e le prostitute, circa una ventina, di cui avrebbe goduto Giusti. Francesco Altomonte le reazioni L’Anm: sconcertati per le toghe coinvolte ROMA «I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda della procura della Repubblica di Milano nei confronti anche di magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione». Lo sostiene l’Anm. «Al di là di ogni valutazione sul merito delle accuse secondo l’associazione - non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata che emerge dalle indagini, con evidente compromissione della funzione giudiziaria e dell’immagine della magistratura». «Ribadiamo ancora una volta - prosegue l’Anm - che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti dei singoli contrari alla legge. Proprio per questo - sottolinea - ha il dovere, come sempre ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno comportamenti quali quelli qui ipotizzati». 12 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica A Palazzo Campanella a caccia di prove Sequestrati dagli agenti della Dda computer e documenti Nella foto, il presidente del Consiglio Francesco Talarico con Franco Morelli, presidente della commissione regionale Bilancio REGGIO CALABRIA Atmosfera tetra a Palazzo Campanella nel giorno più difficile dall’inizio della legislatura Scopelliti. L’operazione partita da Milano che ha portato all’arresto del consigliere del Pdl Franco Morelli ha scosso l’astronave fin dalle fondamenta. Per l’ennesima volta la massima assemblea elettiva calabrese ha dovuto subire una perquisizione da parte delle forze dell’ordine. Intorno alle 8 cinque agenti della Dda hanno fatto il loro ingresso a palazzo chiedendo di essere accompagnati negli uffici del presidente della Commissione “Bilancio”, collocati al secondo piano dell’edificio. A loro disposizione si è messo Pasquale Crupi, capo di gabinetto del presidente Francesco Talarico. Gli agenti hanno passato al setaccio la stanza del presidente e gli uffici limitrofi sequestrando computer e documenti. Un’operazione durata circa tre ore anche se gli uffici reg- gini erano poco frequentati da Morelli che vi si recava soltanto in concomitanza delle riunioni di Commissione o di Consiglio. il dibattito sulla sanità, sul Si tratta della seconda fequale si era arenata la precerita aperta nella maggiorandente seduta dell’assemblea. za dalla magistratura ad apC’è da immaginare che il clipena un anno dall’arresto ma sarà surreale e che, diffidel consigliere Santi Zappacilmente, si potrà evitare di là. prendere posizione in meriTutti sono coscienti che le to all’accaduto, salvo attirarscosse di assestamento nei si ulteriori e pesantissimi prossimi giorni saranno dustrali. Il consigliere Morelli rissime. E nei corridoi di Pasarà sospeso dalle funzioni lazzo Campanella c’è poca in attesa delle comunicaziogente e poca voglia di parlani ufficiali da Ministero e re. La commissione Bilancio Prefettura. Subito dopo, alla prevista per oggi è stata rinprima seduta utile, si dovrà viata. Anche la commissione procedere alla sua surroga. Ambiente ha preferito agIl primo dei non eletti del Pdl giornare i propri lavori, nella circoscrizione di Cosconvocando la seduta presenza è Ennio Morrone che vista per la giornata di ieri. dovrebbe essere chiamato a Deserta la bouvette. Neanfare il suo ingresso in aula. che tra funzionari e i dirigenImmediati i parallelismi ti c’è molta voglia di comcon la precementare dente legislal’accaduto. Setacciato tura Loiero In tanti si l’ufficio del che fu falcidicono sordiata da arrepresi, Morelpresidente della sti e surroli era conocommissione ghe. “Il consciuto a pa“Bilancio” siglio degli lazzo sopratindagati” vetutto per niva allora definito Palazzo modi garbati e signorilità. Campanella. Cambiato il seTra i politici, invece, il rigno dell’amministrazione serbo è assoluto. I pochi in passata al centrodestra, il ricircolazione aspettano di cosultato pare il medesimo. noscere meglio motivazioni L’emergenza continua e in e documenti prima di prouna situazione così dura e nunciarsi, ma esprimono drammatica appare impresa piena fiducia nell’operato titanica poter riuscire a guidella magistratura. dare la Calabria fuori dalle Coincidenza vuole che secche in cui si trova. proprio per domani sia convocata una seduta di consiRICCARDO TRIPEPI glio regionale per riprendere [email protected] Morrone, dalla “dissidenza” al rientro? COSENZA Non ha commentato, Ennio Morrone. E non si sarebbe fatta scappare una sola parola - non in pubblico, almeno - sull’arresto di Franco Morelli. Per un semplice motivo: nell’ipotesi di surroga l’ingegnere cosentino potrebbe subentrare al travet arbreshe a Palazzo Campanella. Morrone nel 2010 non ce l’aveva fatta per un soffio. Precisamente, per una manciata di voti in meno rispetto a Fausto Orsomarso. Non l’aveva presa bene, tant’è che aveva provato a ricorrere al Tar. A vuoto. Ciononostante, non ha mai creato fratture o fastidi nel Pdl. Di estrazione socialista ma assai distante dai fratelli Gentile, Ennio Morrone ha giocato le proprie carte nell’area centrista. Soprattutto nell’Udeur, dove i propri consensi gli sono valsi nel 2006 il seggio a Monteci- torio. Un mini-risarcimento per lo “smacco” dell’anno prima dove, lui capolista del partito di Mastella, era stato battuto dall’amanteano La Rupa. Mentre l’esperienza di Prodi si avviava alla fine, Morrone decise di tagliar corto con il centrosinistra. Nel 2008 si avvicinò al Pdl, in cui per lui ci sarebbe stato più spazio che in Fi, e tentò, due anni dopo, la scalata a Palazzo Campanella. Non prima di aver schierato, nel 2009, i suoi nelle liste che sostenevano Pino Gentile alla Provincia di Cosenza. Nel 2011 ha ottenuto un buon risultato: suo figlio, Luca, candidatosi a supporto di Occhiuto, è diventato presidente del consiglio comunale. Ora Ennio si trova in una posizione privilegiata per entrare. Se e quanto attenda quest’ingresso è da verificare. (s. p.) reazioni Laganà: inquietante. I dubbi di Laratta: qualcosa non quadra «Dunque: Morelli arrestato. Come sappiamo è un consigliere regionale del Pdl di Scopelliti». Il deputato del Pd Franco Laratta si pone qualche dubbio commentando l'inchiesta della Dda di Milano che ha portato, tra l'altro, all'arresto del consigliere regionale Morelli. «Il giudice reggino Giglio - aggiunge - viene arrestato. La moglie del giudice è stata prima nominata commissario dell'Asp di Vibo, mentre attualmente è dirigente generale del dipartimento controlli della Regione nominata da Scopelliti. Le indagini e gli ordini di arresto provengono dalla Procura di Milano. Qualcosa non quadra». «Uno spaccato assai inquietante», afferma la parlamentare del Pd Maria Grazia Laganà Fortugno. «A lasciare sconcertati in questo caso – prosegue la Laganà – è il coinvolgimento di magistrati che, in ragione degli incarichi svolti e degli uffici ricoperti, avevano un ruolo fondamentale nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata (...). Se l'impianto accusatorio dovesse trovare pieno riscontro, emergerebbe l'esistenza di un vero e proprio ver- minaio». Allarmata anche Laura Garavini, capogruppo Pd in commissione Antimafia. Plauso alla magistratura da parte del senatore Luigi Li Gotti, capogruppo di Idv in commissione Giustizia: «L'operazione della magistratura contro la ’ndrangheta sull'asse Calabria-Lombardia, con il coinvolgimento del presidente delle misure di prevenzione di Reggio Calabria, dimostra il pesante inquinamento proprio nel settore di punta del contrasto alla mafia. Al solito compaiono i politici e qualche professionista. Plaudiamo, con preoccupazione, all'inchiesta di una magistratura che dimostra di non avere riguardi per nessuno». Duro l’intervento di Nico Stumpo, responsabile Organizzazione nella segreteria nazionale del Pd: «Fu Scopelliti a garantire che le liste del centrodestra erano state fatte tenendo presenti l’etica e la lotta alle mafie. Oggi è stato coinvolto dalla magistratura il secondo consigliere regionale. Ci spieghi dunque Scopelliti se non si sente almeno politicamente responsabile di questa debacle». 13 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica Scopelliti:primafatemileggerelecarte Laconico il commento del governatore. Nuova tegola per la maggioranza Nella foto a destra, Morelli tra Franco Zoccali, direttore generale della Presidenza della giunta regionale, e Peppe Scopelliti, presidente della Regione La salita adesso è diventata ripidissima. Il governatore Scopelliti, il Pdl e il resto della maggioranza di centrodestra si apprestano a vivere il momento più complicato ad un anno e mezzo dal trionfo alle regionali del 2010. L’operazione che ha portato all’arresto del presidente della commissione “Bilancio” Franco Morelli è un colpo durissimo all’istituzione e alla stessa tenuta della maggioranza. Si tratta del secondo consigliere pidiellino, dopo Santi Zappalà, che viene coinvolto in pesanti indagini che rivelano ancora inquietanti intrecci tra criminalità organizzata, politica e istituzioni. Il silenzio del governatore durante la giornata di ieri è emblematico della situazione di imbarazzo in cui si è venuto a trovare. «Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo nessuna notizia». Il laconico commento rilasciato ieri da Scopelliti a Lamezia Terme dove era stata convocata una conferenza stampa sul patto di stabilità regionale. Il partito sarà comunque chiamato a rispondere e Scopelliti, oltre ad essere presidente della Regione, è anche coordinatore regionale dei pidiellini. Il colpo arriva, peraltro, in un momento già difficile dal punto di vista politico e amministrativo. L’azione della giunta Scopelliti ha subito negli ultimi tempi più di una battuta d’arresto. Sanità, fondi comunitari, emergenza ambientale si sono dimostrati banchi di prova terribili anche per chi, nel suo programma elettorale, aveva come obiettivo quello di imprimere una svolta epocale. La crisi economica ha fatto il resto e, adesso, proprio mentre si dovrebbe aprire la sessione di bilancio per la preparazione della manovra di previsione per il 2012, la maggioranza si ritrova anche senza il presidente della commissione competente. In pieno corso, inoltre, erano le discussioni interne sia per il possibile rimpasto della giunta che per l’avvio della stagione congressuale del Pdl. Entrambi passaggi di snodo che adesso si rivelano molto più complicati. Probabile che il governatore decida di accelerarli entrambi per tentare di dare un segnale alle truppe e restituir loro fiducia. Celebrare i congressi in tempi rapi- di pare necessario come non mai per ridare legittimità ad una classe dirigente che è ai minimi storici di gradimento. Mettere mano all’esecutivo, invece, potrebbe rinsaldare equilibri interni ed evitare sfilacciature ulteriori in un momento di estrema incertezza. Da valutare, infine, sarà l’impatto che l’operazione di ieri avrà a livello nazionale. Quello mediatico è già stato devastante e lo sarà anche durante le prossime giornate. Quello interno al partito è ancora tutto da valutare. I big nazionali per il momento tacciono. I parlamentari e lo stesso segretario nazionale Alfano non hanno in alcun modo commentato, nonostante nell’ordinanza dei magistrati milanesi sia finito anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno. È naturale pensare, però, che qualche spiegazione sulle modalità con cui vengono approntate le liste sarà chiesta a chi di dovere. Nel frattempo incombono le scadenze e già domani dovrebbe tenersi una seduta di consiglio regionale durante la quale, sempre che la stessa si svolga, potrà raccogliersi qualche elemento in più in ordine alla rotta futura. (ric. trip.) Il Consiglio... degli inquisiti Legislature a confronto: dal caso Crea all’arresto di Zappalà CATANZARO Nei 19 mesi trascorsi nell’attuale consiliatura regionale sono stati arrestati i consiglieri regionali Santi Zappalà e, ieri, Franco Morelli. Nel rapporto mesi/unità il dato rappresenta il 10,53%. Nella passata consiliatura, nei 60 mesi complessivi, il rapporto è stato del 10%; in quanto, tra arrestati e decaduti per problemi giudiziari di varia natura, i consiglieri regionali interessati furono sei. Franco Pacenza, Pasquale Tripodi (entrambi successivamente prosciolti ampiamente), Enzo Sculco, Dionisio Gallo, Domenico Crea e Franco La Rupa. Dunque, appare, tra le due assemblee, un’omogeneità coercitiva nei confronti dei vari consiglieri regionali. Come si dice in questi casi: senza soluzione di continuità. Sembra proiettarsi nell’immaginario collettivo la legge del perseverare. Un allarme che inesorabilmente si perpetua. Nella passata consiliatura passò l’idea, attraverso le cronache e i com- L’arresto di Santi Zappalà menti della stampa, ma anche nel convinciment0 diffuso dell’opinione pubblica, che la massima assemblea istituzionale fosse un covo di indagati. Perché, oltre alla rimozione forzata dei soggetti interessati, ci furono tanti avvisi di garanzia, molti dei quali finiti poi in bolle di sapone. Ma anche nei casi più evidenti e imbarazzanti per il buon nome dell’istituzione la cosiddetta “casta” ha sempre difeso, qualche volta con ragione ma spesso anche con un’autoassoluzione generale, o quando non ha addirittura taciuto, l’aurea dell’aula; tenendo lontani i sospetti e gli effetti che essi producevano e affidando a una sorta di episodicità gli eventi che via via si andavano producendo. Come se fossero accidentalmente mele marce in un pa- niere sano. E bisognerebbe continuare a credere che il paniere sia sano. Ma, al di là della dialettica, vuoi assolutoria e vuoi colpevolista, resta il fatto che il turbamento è nei numeri, nelle dimensioni, nella specificità degli argomenti. Non si tratta, per intenderci, di multe per divieto di sosta. E comunque, a pagina 242 della relazione Commissione parlamentare antimafia, approvata all’unanimità il 19 febbraio 2008, si legge: «Le continue inchieste della magistratura che, pur in assenza di sentenze definitive (in alcuni casi poi arrivate successivamente ndr), colpiscono esponenti di primo piano di tutti i partiti, gli avvisi di garanzia che investono buona parte del Consiglio regionale, assessori regionali o ex assessori regionali in carcere per reati collegati alla mafia o esponenti di primo piano dei partiti sotto processo o già condannati per corruzione, rappresentano, purtroppo, la fotografia della realtà». Ricordiamo che nel 2008 l’allora segretario re- il capogruppo del pdl Fedele: nessun rapporto con i Valle-Lampada REGGIO CALABRIA Due ieri le note del capogruppo regionale del Pdl Luigi Fedele. Nella prima commenta l’arresto del consigliere Franco Morelli: «Il mio più sincero augurio è che il consigliere Morelli possa dimostrare, a breve, la sua estraneità ai fatti. In ogni caso, la responsabilità dei singoli non può inficiare, di certo, la validità dell’intera classe amministrativa che guida la nostra Regione. Chiediamo, pertanto, si giudichi quando sarà ultimato il percorso investigativo». Il tutto in linea con l’intervento del presidente del consiglio regionale Franco Talarico: «Il nostro auspicio è che il consigliere Morelli possa presto chiarire la sua posizione, dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati». Più tardi, chiamato in causa dalle agenzie di stampa, Fedele interviene di nuovo: «Purtroppo, in tanti anni di attività politica, non ho avuto la possibilità di risolvere qualsiasi problematica in seno al consiglio regionale della Calabria. Né durante la mia attuale carica di capogruppo del Pdl, né durante la legislatura in cui svolgevo il ruolo di presidente del Consiglio. In più, non ho mai avuto nessun tipo di rapporto, e tantomeno di amicizia, con la famiglia Lampada-Valle». «Quello che risulta vero, invece - afferma il pidiellino -, è il sostegno elettorale ricevuto della signora Sarlo e dalla sua famiglia durante le ultime elezioni regionali. Una cosa nota a tutti, infatti, è che la famiglia Sarlo risulta essere tra i nuclei familiari più apprezzati e stimati della città di Reggio. Pertanto, ho ritenuto un fatto che rientrava nella normalità delle cose, quello di farmi sostenere elettoralmente dalla loro famiglia (in considerazione anche della presenza di un magistrato, quale marito di Alessandra Sarlo). È vero, anche, che la signora Sarlo aveva auspicato un suo trasferimento dalla Provincia, ente in cui lavorava, al consiglio regionale. Ma, per questo, non si è mai creata l’opportunità. E, nei successivi incarichi, assegnati alla signora Sarlo, non ho mai avuto nessun tipo di influenza, com’è tra l’altro facilmente dimostrabile. Di certo, la signora Sarlo ha ottenuto gli incarichi successivi esclusivamente per la sua professionalità». gionale del Pd, Marco Minniti, chiese e non ottenne lo scioglimento anticipato di un anno (ossia per il 2009) del consiglio regionale. E lo spirito autoreferenziale del consiglio regionale si materializzò il 22 dicembre 2010, il giorno dopo l’arresto di Zappalà, quando, chiamato a commentare l’evento, esso si ridusse in un breve discorso del presidente Franco Talarico e in un accenno di richiesta di dibattito da parte di Idv. Troppo poco. BRUNO GEMELLI [email protected] 14 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O treno deragliato CATANZARO Non è sfuggita a carabinieri del Noe di Catanzaro, guidati da Gerardo Lardieri, la denuncia filtrata dal programma “Striscia la notizia” in merito al fatto che il deragliamento del treno a Marcellinara, frettolosamente e immediatamenteimputato al maltempo dei giorni scorsi, in realtà, non solo fosse qualcosa di evitabile ma anche qualcosa che era prevedibile se solo i controlli fossero stati costanti e più stringenti. Subito dopo la piena del fiume che colpì la zona nel 2010 e dopo la denuncia che arrivò sempre da Striscia la notizia ad aprile dello stesso anno. I carabinieri hanno fatto ieri un sopralluogo nella zona della Valle Amato e in particolare nei pressi del fiume Amato. Controlli che potrebbero essere solo il LOCRI (RC) Un ergastolo e due assoluzioni. Si chiude così, con il giudice che legge in aula il dispositivo della sentenza, il primo grado di giudizio del processo per la morte di Salvatore Cordì, il boss della ‘ndrangheta ucciso a Siderno nel maggio 2005. Dopo sei giorni di camera di consiglio, il presidente della Corte d’assise di Locri, Amelia Monetelone, scagiona gli imputati Antonio Martino e Antonio Panetta, entrambi accusati di omicidio, e condanna al carcere a vita il detenuto Michele Curciarello. L’uomo è ufficialmente il sicario che, un pomeriggio di primavera di sei anni fa, liquida il capomafia del clan Cordì. Quel giorno, per la procura distrettuale di Reggio Calabria, il pregiudicato di Siderno era sulla moto assieme al nipote, Antonio Martino. Nel processo, i due erano difesi dagli avvocati Salvatore Staiano, Cosimo Albanese e Mario Mazza: «Attendo il deposito della motivazione, mi stupisce la condanna inflitta Indagini del Noe sul ponte crollato I militari dell’Arma stanno verificando le responsabilità dei manutentori prologo di ulteriori provvedimen- zia. Questa sottrazione di sabbia è ti. La questione, sollevata dal pro- continuata per tutto il 2011, fino gramma di Ricci supportata da al- ad arrivare alla settimana scorsa cune testimonianze di cittadini, quando la prima abbondante piogverte sul fatto che gia ha trovato un anno fa, quanun’area indebolita Il sospetto è che do per la piena del che comunque si sia prelevata fiume crollò il avrebbe ceduto. ponte, le ditte in- sabbia dal fiume Insomma quelcaricate della mal’immagine del vicino ai pilastri nutenzione non ritreno deragliato, della struttura pristinarono gli arche è diventata il gini del fiume. Di simbolo della setpiù. Pare che si siano limitati a timana di mal tempo che ha colpiportar via la sabbia, sembra, e que- to la provincia catanzarese, in realsto sarà da verificare, per rivender- tà si sarebbe potuta verificare in la sul mercato parallelo dell’edili- qualsiasi altro momento in consi- derazione del fatto che nella zona, se le indagini accerteranno i fatti denunciati, era in atto un vero e proprio dissesto idrogeologico. L’occhio lungo dei carabinieri del Noe si è spinto fino a fare delle verifiche anche sulle aziende che della manutenzione del fiume si sarebbero dovute occupare. Il sospetto che le telecamere hanno rivelato e alcune testimonianze hanno suffragato è che la sabbia che in quei cantieri è ammucchiata, non arrivi, come dovrebbe dalle cave, da dove uscirebbe lavorata e quindi senza massi, ma proprio dal letto del fiume che invece doveva essere sì ripulito ma soprattutto mantenuto. Nelle prossime ore comunque le verifiche del Noe dovrebbero approdare a delle decisioni o a dei provvedimenti. Giulia Zampina Delitto Cordì, ergastolo per «il sicario» Curciarello Ieri la sentenza sull’assassinio del boss. Due le assoluzioni Il padrino di Siderno, alias “u Cinese” viene assassinato il 31 maggio del 2005 a Curciarello», è il commento a caldo dell’avvocato Staiano. Il pubblico ministero, Antonio De Bernardo, aveva chie- Michele Curciarello (foto piccola). Sopra, il tribunale di Locri sto tre ergastoli. Il magistrato, nella sua lunga requisitoria, ha assegnato un ruolo di assoluto rilievo anche ad Antonio Panetta, bollato come «l’uomo del clan Cataldo» complice dei killer. L’imputato è stato assolto. È il 31 maggio 2005, quando in via Cesare Battisti, a Siderno, si consuma un agguato. Due tipi su una moto fanno secco il boss Salvatore Cordì alias “u Cinesi”. Dopo mesi di indagini condotte senza sosta, gli agenti del commissariato di polizia arrestano cinque uomini, tra cui Antonio Cataldo, “Papuzzella”. Il padrino, battezzato come il mandante, è stato condannato a 30 anni di reclusione con la formula del rito abbreviato. Ha pianificato il delitto, è l’assunto della pubblica accusa, per vendicare l’uccisione del cugino, assassinato nel febbraio 2005. «I due omicidi rientrano nella faida di Locri, una guerra di mafia che ha radici lontane, documentata dall’inchiesta Primavera», ha ripetuto in aula il pubblico ministero. Per il difen- sore di fiducia di Antonio Panetta, l’avvocato Giuseppe Mammoliti, la morte del boss Salvatore Cordì resta un giallo che si infittisce. «Anche se sono contento per il mio assistito, siamo ancora lontani dalla verità, è stato condannato all’ergastolo un innocente», ha dichiarato il legale, che si è detto «indignato per le accuse mosse nei confronti dei testimoni della difesa». La Corte d’assise, lo scorso dicembre, ha scarcerato Domenico Zucco. L’uomo è stato cinque anni recluso al 41 bis perché considerato uno dei complici dei sicari. Il giudice Amelia Monteleone, ieri, ha ordinato la trasmissione degli atti alla Procura, chiedendo di procedere nei confronti di cinque testi. Patrizia Viele, la mamma di Domenico Zucco, Fortunato Spadaro, Francesco Argirò, Francesco Sansalone ed Emanuela Fimognari, quando chiamati a deporre al banco dei testimoni, avrebbero reso false testimonianze. ILARIO FILIPPONE [email protected] Percolato, l’ex sindaco si difende «Seguivo le direttive di Melandri» REGGIO C. «La discarica? Altro che strumento politico, mi ha procurato più grattacapi che altro». Pietro Crinò, ex sindaco di Casignana arrestato nel corso dell’operazione “Black Garden” è stato ascoltato ieri dal Gip Antonino Laganà, davanti al quale si è dichiarato estraneo alle accuse contestate. Così come ha fatto anche il fratello Antonio Giovanni Crinò che, come ha riferito il legale dei due fratelli Antonio Speziale, ha chiarito «alcuni aspetti che nell’informativa risultano travisati». Il responsabile tecnico della Zetaemme, ritenuto dagli inquirenti «autentica mente ideologica e fattuale dell’intera vicenda delittuosa», ha dunque spiegato al giudice quanto catturato dalle telecamere, nel momento in cui lo stesso veniva ripreso nel corso «del doloso sversamento del percolato fuori dalla discarica». Un’immagine ancora una volta, secondo l’avvocato Speziale, «fuorviante», visto che Antonio Crinò avrebbe cercato «di evitare la fuoriuscita di percolato, che non ve- niva sversato nel torrente, bensì durante le pioggie, per evitare che il liquido debordasse dalle vasche, veniva incanalato in altre condutture affinchè finisse nelle vasche di raccolta». Allo stesso modo Pietro Crinò ha sostenuto che il conferimento dei rifiuti nell’impianto «seguiva le direttive provenienti dall’ufficio del commissario Graziano Melandri», l’unico con il potere di stabilire i turni e i luoghi per il conferimento. Nel corso dell’interrogatorio, l’ex sindaco di Casignana si è dunque difeso sostenendo il proprio intervento per garantire una gestione legale della discarica che impedisse «conferimenti indiscriminati», quelli contestati dagli stessi inquirenti alloquando fanno riferimento agli accordi verbali tra il sindaco di Gioiosa Jonica Mario Mazza e Crinò. Il sindaco di Gioiosa, si legge nell’ordinanza firmata da Laganà, «affermava di aver parlato con il primo cittadino di? Casignana e quest'ultimo lo aveva autorizza- L’ex sindaco Pietro Crinò e la discarica di Casignana to a conferire rifiuti, ma senza ufficialita?». Ma l’avvocato Speziale smorza le accuse. «Non ci sono prove di un rapporto diretto afferma - dall’informativa non si desume in modo chiaro». Mazza, però, nel corso del consiglio comunale di martedì scorso, conferma l’esistenza di un accordo con Crinò. «Le telefonate ci sono state solo per stipulare accordi verbali per poter scaricare», ha dichiarato. Crinò ha infine anche chiarito i riferimenti al governatore Giuseppe Scopelliti e all’assessore Francesco Pugliano. «Essendo responsabile della discarica - ha chiosato Speziale - voleva affrontare con loro la necessità di rivedere il piano di smaltimento dei rifiuti, visto che le altre discariche erano ferme per diversi motivi». Simona Musco 15 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O Labate assolto anche in Appello Processo “Testamento”, ridefinita per gli altri la sentenza di primo grado REGGIO CALABRIA Assolto anche in appello. Dopo circa due ore di camera di consiglio è arrivata una nuova pronuncia d’innocenza per Massimo Labate (in foto). La corte d’appello di Reggio Calabria (Pratticò presidente, Bandiera e Cappuccio a latere), infatti, ha emesso ieri la sentenza di secondo grado del processo “Testamento” assolvendo da tutte le accuse l’ex consigliere comunale che doveva rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa. Non è stata accolta, dunque, la richiesta del sostituto procuratore generale Francesco Mollace, che aveva chiesto per Labate (difeso dagli avvocati Domenico ed Andrea Alvaro) una condanna a 10 anni di reclusione in riforma della sentenza emessa in primo grado. Confermata l’as- soluzione anche per l’amico e segretario Enzo Pileio (difeso dagli avvocati Corrado Politi e Carlo Morace). Per il resto, l’impianto accusatorio ha tenuto alla grande, con solo qualche ritocco di pena rispetto al primo grado. Per tutti sono state escluse delle aggravanti e concesse le atte- nuanti generiche. Così la cor- cinanza dell’ex consigliere te ha ridefinito le condanne Massimo Labate alla cosca inflitte agli imputati: Giusep- Libri. Le accuse di Moio avepe Libri (difeso dall’avvocato vano trovato eco anche nelle Lorenzo Gatto e da Saverio parole del procuratore MolPutortì) 9 anni di reclusione, lace, il quale aveva sostenuto Alessandro con forza coCollu (difeso me l’ex espoConfermato dagli avvocanente di An e il verdetto di ti Gatto e di professioManagò), sei innocenza anche ne poliziotto, anni di recluavrebbe doper Pileio, amico vuto sione, Bruno essere dell’ex consigliere dichiarato Antonino Crucitti (dicolpevole del feso dagli avvocati Marco Pa- reato di concorso esterno nella e Nico D’Ascola), sette poiché i suoi voti sarebbero anni di reclusione, Francesco stato frutto dell’impegno del Giuseppe Quattrone (difeso clan di Cannavò. dagli avvocati Gatto e PuntoNella giornata di ieri, inolrieri) sei anni e sei mesi di re- tre, vi è stato l’intervento delclusione. l’avvocato difensore Andrea Non hanno sortito alcun Alvaro, il quale ha rimarcato, effetto dunque le parole pro- per la posizione di Massimo nunciate nell’aula della corte Labate, come non vi fosse ald’appello dal collaboratore di cun elemento nuovo rispetto giustizia Roberto Moio, il al primo grado, e come fosse quale aveva riferito di una vi- dimostrato il mancato raffor- zamento della cosca, per un patto politico-mafioso che non era mai esistito. Il legale ha messo in risalto quelli che erano, a suo avviso i punti deboli del ricorso del pubblico ministero, ed ha sottolineato che l’unica condotta di Labate è stata quella di una sollecitazione per l’erogazione di un finanziamento ad un’associazione. «Tale condotta - ha concluso Alvaro - non può essere ritenuta penalmente rilevante». Una tesi che è stata sposata dalla corte d’appello di Reggio Calabria che, intorno alle 16.20 ha letto il dispositivo con cui ha confermato l’innocenza di Labate e Pileio da tutte le accuse mosse nei loro riguardi. Si attende adesso la motivazione della decisione, prevista entro i prossimi 90 giorni. CONSOLATO MINNITI [email protected] Mario Straface: pagavamo il pizzo Operazione “Santa Tecla”, parla in aula il fratello di Pasqualina CORIGLIANO CALABRO (CS) Il cinquantottenne Mario Straface, fratello dell’ex sindaco di Corigliano e imputato nella maxioperazione antimafia “Santa Tecla” ha rilasciato ieri delle dichiarazioni spontanee dinanzi al giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro Tiziana Macrì nell’ambito del giudizio con il rito abbreviato che lo vede alla sbarra insieme ad altri 72 imputati. Una lunga disamina delle accuse mossegli dall’imprenditore Pino Curto (presunta vittima di estorsione e parte civile nel processo unitamente alla moglie) nonché dagli inquirenti, che lo ritengono imprenditore di riferimento del “locale” di Corigliano, quella effettuata da Mario Straface, che non ha nascosto le lacrime quando ha letto alcuni passi degli appunti che il fratello Franco, imputato anche lui in “Santa Tecla” e deceduto lo scorso 12 novembre per un ictus, gli aveva spedito con una lettera: «Oggi non le può più leggere lui queste cose - ha detto il 58enne - e lo faccio io al posto suo». Professandosi innocente, Mario Straface ha prodotto anche foto e documenti per illustrare i lavori realizzati al villaggio turistico L’Airone e mostrare lo stato dei luoghi. Il tutto al fine di dimostrare, dal suo punto di vista, che i soldi chiesti a Curto non mascheravano alcuna estorsione ma erano solo il compenso per i lavori svolti. «In tutto questo affare ha detto Straface - siamo stati proprio noi i primi a rimetterci». Sui rapporti con Curto, sui quali si è poi soffermato anche il giovane Davide Straface (figlio di Franco) nelle sue di- chiarazioni spontanee, l’im- to di demolire il castello accuprenditore li ha definiti buoni, satorio anche per quel che rianche e soprattutto nel perio- guarda la contestata sovrafatturazione che do in cui Curavrebbe celato subì un atto I difensori hanno to il pizzo incendiario concluso le loro nonché in «Pagavamo il merito alla atpizzo anche arringhe. Attesa tendibilità dei noi - ha detto la sentenza per collaboratori infine - e anil 16 dicembre di giustizia che noi abbiache accusano mo subito una serie di danneggiamenti gli Straface. L’udienza di ieri si che abbiamo sempre denun- era aperta con la lunga e articiato». Gli avvocati difensori colata arringa dell’avvocato EtEmanuele Monte e Ernesto tore Zagarese (difensore di AnD’Ippolito, nelle arringhe di ie- tonio Piccoli, Arcangelo Cori, hanno poi affrontato tenta- nocchia alias “Dottore”, Giaco- rapina Legati in casa e derubati dei gioielli PIZZO (V.V.) Una rapina in stile “arancia meccanica” è stata portata a termine da tre delinquenti nella villetta di un grossista di gioielli originario di Tropea. I banditi sono entrati nell’abitazione ed hanno preso in ostaggio un’intera famiglia, l’uomo, la moglie e i due figli, un maschio ed una femmina. I quattro sono stati dapprima legati, quindi i rapinatori hanno saccheggiato la villetta facendosi dare indicazioni - sotto minaccia - dal gioielliere, per impossessarsi di beni preziosi per un valore di decine di migliaia di euro. I malviventi hanno atteso il ritorno a casa del grossista e lo hanno affrontato col volto coperto da caschi e armati di pistola. Una volta all’interno hanno immobilizzando tutti i componenti del nucleo familiare e poi, sotto la minaccia delle armi, hanno intimato al professionista di indicare dove erano nascosti i preziosi, facendoseli consegnare. Dopo alcuni minuti, il grossista è riuscito a liberarsi e a chiamare i carabinieri. mo Pagnotta e Pietro Longobucco) il quale ha sostenuto l’insussistenza di una struttura associazionistica soffermandosi poi sui singoli episodi che non sarebbero riconducibili ad una ipotesi associativa. Non solo. Il legale, oltre alla inutilizzabilità delle intercettazioni, ha eccepito anche l’inutilizzabilità delle propalazioni dei collaboratori di giustizia nonché la loro inattendibilità, in quanto vi sarebbero numerose discrasie e mancherebbe la “convergenza del molteplice”. Così come mancano, ha ribadito il difensore, i riscontri Tribunale di Catanzaro. Nel riquadro, Mario Straface alle loro chiamate in correità. Con le discussioni, tra gli altri, degli avvocati Carlo Esbardo e Fulvio Campolo, ieri sera si sono concluse le arringhe della difesa. Si torna in aula il 16 di- cembre per le eventuali repliche del pm Vincenzo Luberto e l’attesa sentenza di primo grado. ROSSELLA MOLINARI [email protected] lite in piazza Furibonda rissa tra cognati Ferito un carabiniere. Tre arresti CIRÒ MARINA (CZ) È finita con una notte tra- rabinieri intervenuti sono giunte altre pattuglie delscorsa in cella di sicurezza, la rissa scatenatasi mer- la stazione di Cirò Marina: insieme, i militari sono coledì pomeriggio, tra congiunti che se le sono date riusciti ad isolare i quattro e a condurli in caserma. Dagli accertamenti è poi risultato che la rissa sadi santa ragione. Un violento litigio tra parenti, scoppiato, sembra, per futili motivi, ha destato l’allarme rebbe scaturita da problemi e contrasti tra due codei vicini che, preoccupati, hanno invocato l’inter- gnati, G.S. coltivatore diretto di 48 anni di Cirò Mavento dei carabinieri. Giunti sul porina e P.P. autotrasportatore sessansto, in via Mantova di Cirò Marina, tenne di Cropalati, contro il terzo i militari dell’Arma hanno trovato B.C. pensionato di 56 anni di Cirò quattro persone, intenti a dirsene di Marina ed il proprio figlio minorentutti i colori ed a menarsi senza ne. Per i tre cognati sono scattate le esclusione di colpi. manette con l’accusa di rissa aggraGli uomimi del nucleo radiomovata e resistenze a pubblico ufficiale, mentre il minorenne, è stato debile di Cirò hanno tentato di sedare ferito in stato di libertà al compela rissa, cercando di dividere i lititente Tribunale per i minori di Cagiosi cognati, senza non poche diffitanzaro. coltà, tant’è che uno dei militari, nel Ieri mattina i tre rissosi cognati, tentativo di bloccare uno dei litiganNecessario dopo una notte in camera di sicuti, è rimasto ferito in modo seppur l’intervento di lieve ma tale da dovere ricorrere alrezza, sono stati condotti nel tribule cure del pronto soccorso. nale a Crotone dove il giudice, dotpiù pattuglie per La situazione era talmente surritoressa Giulia Proto, ha disposto la riuscire a sedare scaldata che a supporto dei primi cascarcerazione di tutti e tre. la scazzottata 19 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 calabria ora R E G G I O Da “Meta” ai beni confiscati Comune, il risarcimento per il restyling delle strutture prese alle ’ndrine I due milioni liquidati al Co- afferma il primo cittadino – mune nell’ambito del processo così come è obbligo per un en“Meta” verranno destinati alla te importante a livello territosistemazione dei beni confi- riale quale il Comune sostenescati. Ad annunciarlo, dopo la re le altre istituzioni che si imrecente sentenza della magi- pegnano quotidianamente per combattere le stratura che ha stabilito A palazzo San attività della maxirisarciGiorgio liquidati criminalità menti nei organizzata confronti di che soffoca il due milioni palazzo San tessuto ecoEra parte civile Giorgio e denomico e proal processo gli altri sogduttivo della getti costituinostra realtisi parte civile contro la tà». Arena, oltre a questa, fa ‘ndrangheta, attraverso un co- due considerazioni in merito municato stampa, è il sindaco alla costituzione di parte civile Demi Arena. da parte di palazzo San Gior«Il principio di legalità deve, gio. Una legata alle dinamiche sempre e comunque, rappre- di sensibilizzazione civica. sentare il binario guida delle «Si tratta di una decisione azioni da intraprendere a livel- che assume un rilevante valolo politico-amministrativo – re simbolico – scrive il sinda- RISARCITO Palazzo San Giorgio sede del Comune co – un passaggio che testimonia, in maniera tangibile, come paghi schierarsi apertamente, e sempre, dalla parte della giustizia e dello Stato». E un’altra, più polemica, connessa alle dinamiche politiche che si sviluppano dentro e fuori palazzo di città. «La costituzione di parte civile del- l’ente travalica concretamen- costituirsi parte civile». «Alla te i continui, demagogici e po- luce dell’importanza del provco opportuni accostamenti vedimento ho deciso di convoche ci vengono attribuiti con care, in via straordinaria, l’eseindirizzi strumentali da alcu- cutivo municipale: una riunioni soggetti politici – prosegue ne che è servita alla giunta per il primo cittadestinare le dino – ancora somme rice«Travalicati una volta, invute in sede gli accostamenti processuale fatti, l’ammialla “Risistenistrazione demagogici mazione dei comunale diattribuitici da beni confiscamostra di socerta politica» ti alla crimistenere, sennalità in posza dubbio alcuno, la legalità, assumendo sesso dell’amministrazione un ruolo di primo piano nel comunale” – termina il suo indifficile e delicato percorso di tervento Arena – anche quecontrasto alla criminalità or- sto gesto deliberato dal goverganizzata, anche in considera- no cittadino vuole essere un zione del fatto che il processo simbolo in grado di sottolinea“Meta” non è l’unico procedi- re ulteriormente lo sforzo delmento nel quale palazzo San le forze dell’ordine e della maGiorgio ha ritenuto doveroso gistratura». piano strutturale comunale Giunta, esultanza per il Psc Porcino e Morisani: «Si dà corpo alla città metropolitana» Sul Psc non si ferma l’esul- to tra la cittadinanza, le asso- ne» Porcino sostiene come già tropolitana dello Stretto che si tanza di centrodestra e giunta ciazioni di categoria, gli ordini col preliminare ,«si dà corpo e è dotata di uno strumento di comunale. Ieri, attraverso due professionali: soggetti con i contenuto al concetto di Città programmazione e di rinasciquali ben arti- Metropolitana». Per il vicesin- ta urbanistica ed economica distinti cocolato e profi- daco si tratta di «un documen- che le consentirà di trasformunicati Il vicesindaco: è stato il to di ampio respiro, elastico, marsi in una città dinamica, stampa, a sa«Documento di cuo rapporto in- capace di prevedere grandi moderna e funzionale». Il prolutare il prelitercorso, in scenari futuri, di guardare con getto, firmato Karrer, è poi «il minare del ampio respiro particolare ambizione allo sviluppo del frutto di un lavoro svolto con costituendo elastico e dal durante le nostro territorio, contemplan- coerenza fin dalla scorsa legiPiano struttugrande futuro» prime fasi di do, contemporaneamente - slatura». Un progetto che ha rale comunaredazione del conclude - la situazione attua- dovuto ottenere per ben due le hanno pensato il vicesindaco Porcino, che preliminare al Piano Struttu- le e le evoluzioni inevitabili volte disco verde dalla compoi è stato anche l’assessore di rale». Ringraziati il primo cit- connesse ad ogni scenario ur- missione Assetto del territorio. riferimento nel periodo clou di tadino, Demetrio Arena, e il bano». Ad esultare pensa an- Il primo sì, reso inutile dal progettazione e approvazione suo successore all’urbanistica, che Morisani. Per l’assessore mancato voto in consiglio nelin giunta, e il collega di giunta Luigi Tuccio, che «hanno volu- ai lavori pubblici «si tratta di la scorsa legislatura, arrivò Pasquale Morisani (lavori to imprimere una seria accele- una svolta epocale nel cammi- proprio quando a presiedere pubblici). «Dopo quarant’anni razione alla sua approvazio- no di sviluppo della città me- quella commissione era Mori– entusiasta Porcino – viene finalmente adottato, seppur in via preliminare, lo strumento la protesta urbanistico tramite il quale si disegnerà il futuro di Reggio Calabria. In qualità di assessore all’Urbanistica ho avuto il privilegio, insieme ai progettisti, al sindaco Giuseppe Scopelliti, prima, ed al sindaco Giuseppe Raffa poi, di poter Il Comune lascia al buio Cataforio. Ad del quartiere si mobilitano. «Il Comitato seguire i diversi stadi che hanannunciarlo è un comitato di cittadini del di quartiere ha riunito la popolazione e no contraddistinto il Psc, in quartiere, di cui fa parte anche il giornali- chiede un intervento urgente al sindaco. particolare i passaggi di studio sta Paolo Bolano. «L'Enel ha tagliato la Molti cittadini hanno proposto di bloccare che hanno individuato, consecorrente elettrica lungo i tre chilometri di la strada e poi di portare la protesta sotto guentemente, le scelte stratestrada che collegano San Sperato con Ca- il palazzo comunale. Qualcuno - dicono - a giche finalmente approvate taforio - si legge nella lettera firmata - Ha questo punto si sveglierà». Tra gli altri prodal Consiglio». E se il lavoro lasciato al buio più di 4miblemi attenzionati dal cosul Psc «mi ha permesso di pola abitanti. Pare che i debimitato sono: quello legato «I debiti ter arricchire ulteriormente il ti del Comune nei confronal depuratore «mai in fundel Comune mio bagaglio culturale», anche ti dell'ente abbiano supezione e la fogna scarica ansulla tempistica monstre (21 rato i 20 milioni di euro e hanno superato cora sul torrente Sant'Agamesi tra approvazione in giunl'Enel reagisce in questo ta»; la strada che «è perii 20 milioni ta e ok del consiglio), oggi, vemodo. Eppure i cittadini colosa e spesso impercorricon Enel» de il bicchiere mezzo pieno. continuano a pagare le tasbile a causa di continue «Ritengo – precisa il vicesinfrane», ma anche «priva di se». Per il Comitato, «pian daco – non siano stati vani o piano viene fuori il vero "Modello Reggio", marciapiedi e muretti laterali per cui è vieperduti, bensì abbiano conquello dei debiti che non si pagano». Un tata a chi la percorre a piedi». Tra i temi disentito di assumere maggiori modello che Scopelliti vorrebbe esportare scussi anche quello della rete fognaria che consapevolezze rispetto ad un su scala regionale. «Il povero sindaco Are- manca «in tutta la zona». percorso così significativo per na, a questo punto, cosa farà? - si chiede il Per tutte queste ragioni «i cittadini del la città di Reggio. Un periodo comitato - Continuerà a fare il pupo? Op- Comitato di quartiere di Cataforio - concludurante il quale il documento pure per uscire indenne da questa tragedia de la lettera - chiedono un intervento urha potuto essere ancor magsi dimetterà?». Nel frattempo i cittadini gentissimo al sindaco Arena». giormente oggetto di confron- Cataforio al buio, residenti imbufaliti Costituito il Comitato di quartiere. Chiesto l’intervento di Arena VICESINDACO Porcino ASSESSORE Morisani sani. Per l’assessore si tratta di «un percorso attento e ponderato che è stato tarato sulle necessità del territorio ed anche in considerazione della particolare situazione geomorfologica della nostra città. Questostrumento sarà fondamentale - conclude - non soltanto sotto il profilo strettamente urba- nistico, ma anche sotto quello della salvaguardia del territorio. Infatti il documento è nato soltanto in seguito alla realizzazione di una particolareggiata analisi di “valutazione ambientale” che ne costituisce, pertanto, uno degli aspetti qualificanti». catona Rom, niente scuolabus Energia pulita insorge Niente scuolabus per i bambini rom di Arghillà. A denunciare la sospensione del servizio per le scuole Dante Alighieri e Lombardo Radice di Catona è il movimento Energia pulita. «Da ieri infatti non usufruiscono più del servizio scuolabus». Prestazioni concesse dall’Atam in cambio di un canone annuale «di 25 euro a bambino e che non facciamo fatica a considerare puntualmente disatteso». Una cifra di 2.250 euro totale considerata «risibile» da Energia pulita a fronte del diritto allo studio. «I bambini - tuona il movimento - non si toc- cano. Comprendiamo che la difficile situazione finanziaria non permetta all’azienda troppi margini di manovra per quella che è da tempo un’operazione in deroga. Tuttavia in seguito alle recenti maggiorazioni dei costi nei servizi, ricordiamo che in deroga c’è pure la pazienza di una cittadinanza, vessata e stanca, da aumenti non certo in linea con l’inflazione e men che meno con la sostenibile accortezza del buon padre di famiglia che vedrà aumentare del 25% il prezzo del biglietto autobus e del 100% quello dei parcheggi». GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 27 l’ora della Piana Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected] PORTO AUTORITA PORTUALE OSPEDALI 0966 588637 CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911 0966 765369 DOGANA GUARDIA DI FINANZA 0966 51123 POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610 CARABINIERI 0966 52972 0966 52111 VIGILI DEL FUOCO GIOIA TAURO FARMACIE 0966 52203 PALMI 0966 267611 CITTANOVA 0966 660488 OPPIDO 0966 86004 POLISTENA 0966 942111 TAURIANOVA 0966 618911 Rosarno Ioculano 0966 51909 Rechichi 0966 52891 Tripodi 0966 500461 Alessio 0966 773237 Borgese 0966 712574 Cianci 0966 774494 Paparatti 0966 773046 Palmi Barone Galluzzo Saffioti Scerra Stassi 0966 479470 0966 22742 0966 22692 0966 22897 0966 22651 Taurianova Ascioti 0966 643269 Covelli 0966 610700 D’Agostino 0966611944 Panato 0966 638486 Cosca Gallico, perquisiti gli studi di tre avvocati Arrestato Vincenzo Minasi, indagati Cardone e Marafioti PALMI Tre arresti per associazione mafiosa e tre avvocati indagati per favoreggiamento aggravato dalle modalità mafiose. E’ l’esito di una operazione della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria e della polizia che ha visto protagonista la potente cosca Gallico di Palmi. Agli arresti sono finiti tre presunti affiliati al clan palmese, Domenico Nasso, 28 anni, Gesuele Misale, 53 anni, e Alfonso Rinaldi, 51. I primi due sono accusati di associazione mafiosa, il terzo di intestazione fittizia di beni. Nell’ambito dell’indagine reggina sono finiti sul registro degli indagati anche gli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, Giovanni Marafioti, del foro di Vibo Valentia, accusati di favoreggiamento aggravata dalle modalità mafiose. I loro studi legali sono stati sottoposti ieri a una lunga e meticolosa perquisizione. Il terzo professionista finito nell’indagine dell’antimafia è Vincenzo Minasi, 51enne avvocato del foro di Palmi, ma con studio a Milano e Como. Quest’ultimo è stato colpito nella stessa L’INDAGINE La perquisizione allo studio Cardone giornata da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano per l’operazione “Lampada” e da un provvedimento di fermo vergato dai pubblici ministeri della Dda di Reggio Calabria. Due arresti, per fatti diversi, nella stessa giornata, a carico dell’avvocato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa, nell'inchiesta milanese; in quella reggina, invece, è indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Una giornata, quella di ieri, segnata quindi dall’arresto dei tre presunti appartenenti al clan Gallico, cosca che sta un processo da alcune settimane davanti alla Corte d’assise di Palmi nell’ambito del procedimento della Dda reggina, denominato “Cosa mia”. La villa di via Buozzi della famiglia Gallico è stata oggetto di una perquisizione, della quale però non si conosce l’esito. Contestualmente, la polizia ha perquisito lo studio legale di via Battisti dell’avvocato Cardone e quello di CINEMA Gioia Tauro Vibo del suo collega Marafioti. I due legali, così come Minasi, sono impegnati nel processo Cosa mia, e la “visita” delle forze dell’ordine sarebbe mirata a vagliare la documentazione che i lagali possiedono sul conto del clan di Palmi. Secondo quanto appreso nella giornata di ieri, pare che l’accusa mossa a Cardone e Marafioti sia quella di avere mantenuto i contatti tra i membri della cosca in carcere e quelli a piede libero. Secondo quanto appreso, i legali avrebbero collaborato con le forze dell’ordine, tanto che a fine serata l’avvocato Marafioti ha diramato un comunicato stampa nel quale si dice «certo - scrive di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato» chiedendo di essere interrogato al più presto per chiarire la sua posizione rispetto a «un’accusa – aggiunge – che reputo chiaramente infondata». Ha annunciato infine la volontà di lasciare la difesa di Antonio e Domenico Gallico sin dalla prossima udienza del processo “Cosa mia”. FRANCESCO ALTOMONTE [email protected] Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498 Chiuso Cittanova “Gentile” 0966 661894 Chiuso Polistena “Garibaldi” 0966 932622 Chiuso Laureana “Aurora” Chiuso piana ambiente Comuni ancora morosi Oggi assemblea sindacale GIOIA T. Nulla da fare per Piana Ambiente. Il piano di rientro concordato nelle scorse settimane, in virtù del quale i Comuni morosi avrebbero dovuto versare, entro la giornata di ieri, una prima tranche da 500mila euro, evidentemente non sta funzionando. Ed ecco il nuovo campanello d’allarme lanciato dai sindacati, con un’assemblea dei lavoratori, già in stato d’agitazione, che si terrà questa mattina all’autoparco della società. Ad annunciare l’iniziativa, «per i disagi e i mancati pagamenti che subiscono a causa del grave stato finanziario in cui versa l’azienda», il sindacato della Cgil, con una nota congiunta del segretario comprensoriale Nino Calogero e del segretario della Filcams Valerio Romano. Il sindacato denuncia una «condizione disastrosa sulle spalle dei lavoratori e dei cittadini della Piana per due fondamentali questioni: la prima è addebitabile ad una storica e scelleta gestione che non ostante gli ultimi sforzi dell’attuale presidenza non si è riuscita a superare, dall’altra parte per un ormai atavica e mai risolta inadempienza da parte dei comuni soci fruitori del servizio». Quindi, a cascata, i rischi legati ad un’interruzione del servizio di raccolta rifiuti svolto dalla società mista, in caso di “serrata” da parte dei lavoratori esasperati per il mancato pagamento degli stipdendi. «Tutto questo comporterà ulteriori disagi ai cittadini- prosegue la nota della Cgil- che nonostante il pagamento di cospicue tasse fino ad oggi pagate, si ritroveranno con le città sommerse dalla spazzatura. Riteniamo che, ormai si sia arrivato realmente al giro di boa, la situazione finanziaria con molti comuni che ancora devono pagare le fatture alla società mista, rischia di far sprofondare l’azienda in una crisi senza fine». Infine, l’ennesimo appello ai primi cittadini della Piana: «Oggi purtroppo- conclude la Cgil- assistiamo ad una situazione paradossale, dove i sindaci dimostrano di pensare a tutto tranne che ad alleviare i problemi dei lavoratori e dei cittadini, non riuscendo a trovare l’unità su questioni fondamentali per il territorio». Francesco Russo cent’anni di storia Appello, le richieste del Pg Chiesta l’assoluzione dell’ex sindaco di Gioia Dal Torrione PALMI Il Procuratore generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria Fulvio Rizzo, durante la requisitoria per il secondo grado del processo “Cent’anni di storia” ha, nella sostanza, chiesto al Presidente della Corte Iside Russo, la conferma delle condanne inflitte in primo grado dal giudice palmese Fulvio Accurso. Durante l’udienza di ieri l’accusa, si è vista rigettare dalla tribunale, su richiesta degli avvocati difensori, la richiesta di aumento delle pene formulata dal Pm in sede di presentazione di do- manda d’appello, e ha chiesto quindi la conferma delle pene (per il solo Pino Piromalli la richiesta è scesa a 8 anni in continuazione) e ha formalizzato la richiesta di archiviazione per l’ex primo cittadino di Gioia Tauro Giorgio Dal Torrione. In primo grado la condanna più pesante, 17 anni di reclusione, era stata comminata dal collegio nei confronti di Girolamo Molè (avvocati Francesco Calabrese e Giuseppe Milicia) (classe 1961), capo dell’omonima cosca che sta scontando l’ergastolo. Quindici anni e 12 anni erano stati inflitti a Giuseppe Alvaro (avvocato Alvaro). Le altre condanne erano state disposte nei confronti dell’ergastolano Domenico Molè (avvocato Calabrese) (16 anni), fratello di Girolamo; dell’imprenditore romano Pietro D’Ardes (avvocati Roberto Loscerbo e Nico D’Ascola) (11 anni); dell’avvocato romano, di origine calabrese, Giuseppe Mancini (avvocato Giuseppe Fonte) (9 anni e sei mesi); Antonio e Natale Alvaro (difesi rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Mazzetti e Alvaro) (9 anni); Gianluigi Caruso (avvocati Vincenzo Ioppoli e Gosuè Naso) (cinque anni); Girolamo Molè REQUISITORIA La Corte d’Appello di Reggio Calabria (classe 1963) (avvocato Michele Gullo), (cinque anni e sei mesi) e Giuseppe Arena (avvocato Antonino Napoli) (quattro anni e otto mesi). Assolti, oltre a Dal Torrione, anche Marco Fantone (avvocato Titta Mania), Vincenzo Priolo (avvocato Carmelo Ielo e Belca- stro) e Lorenzo Aricidaco (avvocato Carlo Monaco). Tra i mesi di gennaio e aprile sono state calendarizzate le arringhe dei difensori; subito dopo è prevista la sentenza. VINCENZO IMPERITURA [email protected] 34 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 calabria ora L O C R I D E Arriva il biologico antimafia Siglato un accordo per il commercio dei prodotti contro la ’ndrangheta promuovere gli agricoltori calabresi che si oppongono alla 'ndrangheIl consorzio sociale Goel e Ctm ta. I prodotti, lanciati circa un anno Altromercato, ente no- profit di fa con il marchio “GOEL Bio”, si caBotteghe del Mondo, avente per so- ratterizzano per essere tipici e bioci circa 130 cooperative e associa- logici: per essi viene corrisposto un zioni attive nel commercio equo e prezzo equo ai produttori soci, per solidale, lanciano i prodotti bio de- consentire il più rigoroso rispetto gli agricoltori contro la ‘ndranghe- dei diritti dei lavoratori e la più rata. dicale estraneità ai circuiti malaviIl gruppo cooperativo della Locri- tosi. de ha infatti siglato Ctm Altromercaun accordo con soto, un soggetto guiL’iniziativa del lidale italiano altroda, a livello nazionaGoel coerente mercato per la dile ed internazionale, stribuzione in Italia nella promozione e con la mission dei prodotti agroanella realizzazione del consorzio limentari a mardi iniziative di ecosociale chio Goel Bio, prenomia solidale per diligendo così i cirl'autosviluppo dei cuiti del commercio equo e solidale popoli, contadini e artigiani sopratcoerenti con le caratteristiche eti- tutto, nel Sud del mondo la maggioche delle mission di entrambi i re organizzazione di commercio Gruppi. equo e solidale in Italia e la seconIl Gruppo Cooperativo Goel nato da a livello mondiale, aveva già adenella Locride per operare un riscat- rito nel 2008 all'alleanza con la Loto della Calabria contrapponendosi cride e la Calabria , lanciata da Goda alla 'ndrangheta e alle massone- el per opporsi alla criminalità orgarie deviate, recentemente, ha crea- nizzata in Calabria e nel resto d'Itato una cooperativa sociale agricola lia. con lo scopo di aggregare, tutelare e Ctm, da parte sua, da il via alla liLOCRI nea Solidale Italiano Altromercato, che commercializza prodotti alimentari di alta qualità e origine italiana, provenienti da realtà marginalizzate come le economie carcerarie e i territori assediati dalla mafia. Alla conferenza stampa di presentazione dell'accordo, tenutasi a Milano a Palazzo Marino, hanno partecipato il presidente del Grup- po Cooperativo Goel, Vincenzo Linarello; il direttore generale Ctm Altromercato, Paolo Paloma; l’assessore alla sicurezza e legalità del Comune di Milano, Marco Granelli; Carlo Casti, fiduciario Slow Food Milano e Stefano Granata, consigliere delegato del Gruppo Cooperativo Nazionale Cgm, gruppo sempre attento al tema delle impre- Bando Civitas, boom di adesioni Oltre 80 le domande presentate per il progetto di servizio civile LOCRI Mentre la crisi investe anche il terzo settore con i tagli sui progetti del servizio civile, a Locri l’ultimo bando emesso dalla Regione Calabria Ha attirato l’attenzione di circa 80 giovani. Ragazzi e ragazze dai 18 ai 28 anni hanno presentato domanda presso la Civitas Solis che, anche quest’anno, ha attivato il progetto socio educativo “Potenziale giovani”. Moltissime le domande giunte presso la sede dell'associazione sita a Palazzo Nieddu del Rio a Locri, con una proporzione di dieci giovani candidati per ogni posto messo a bando per la gestione del progetto – si legge nella nota stampa diffusa dall’associazione-. L'attività di durata annuale prevede l'ammissione all'impiego part time di volontari che avranno il compito di affiancare il team operativo dell'associazione nella gestione di attività legate alle politiche giovanili e alla educazione non formale con i giovani. Il progetto, ammesso a finanziamento da parte della Regione Calabria, e realizzato in coprogettazione con il Comune di Sant’Ilario dello Jonio, si è piazzato al primo posto nella graduatoria provinciale redatta dalla Regione Calabria. Le selezioni mireranno a valutare la precedente esperienza in ambito socioculturale, la spiccata disposizione alle relazioni interpersonali e di gruppo, la conoscenza delle lingue straniere, lo spirito di iniziativa dei candidati. L'alto numero di domande giunte all'associazione, che se da una parte dimostra l'interesse dei giovani per il settore dell'impegno sociale e per le attività di Civitas Solis, dall'altro segnala il forte disagio occupazionale nelle fasce giovanili della Locride. In sostanza, per i dirigenti dell'associazione locrese, nove giovani su dieci non potranno cogliere l'opportunità di una esperienza sia lavorativa che formativa di particolare valore sociale. Una opportunità che rischia di essere completamente azzerata dai drastici tagli operati dall'ultimo decreto sviluppo varato dal governo Berlusconi. A tal proposito Civitas Solis, ha sottoscritto la petizione promossa dal coordinamento nazionale degli Enti per il Servizio Civile e dal Forum Nazionale del Terzo settore denominata «non tagliate il futuro dell'Italia». L'appello sottolinea come in Italia migliaia di giovani che svolgono il servizio civile nazionale sono protagonisti di un impegno che favorisce la coesione sociale «Operare tagli indiscriminati al Servizio Civile – chiosa il direttore di Civitas Solis Francesco Mollace- significa non dare ai giovani le adeguate opportunità per fare la propria parte per la comunità». Domenica Bumbaca Consorzio di bonifica, eletti i nuovi membri Coldiretti soddisfatta: «Una scelta per venire incontro alle esigenze dei sindaci» CAULONIA Per i dirigenti della Coldiretti l’elezione dei nuovi organi del consorzio di bonifica dell’alto jonio reggino, rappresentano «Una buona soluzione che riconosce l’esito del risultato elettorale, che aveva visto l’affermazione delle liste e dei programmi della Coldiretti ma che garantisce una immediata governabilità dell’ente di Bonifica evitando lungaggini che ne potevano indebolire l’azione e l’importanza nel territorio». Il vice presidente della Coldiretti reggina, Gianluigi Hyerace ed il vice direttore Nino Maesano hanno commentato positivamente l’elezione all’unanimità quale presidente del Consorzio di Arturo Co- manifestato la necessità del territorio di sta e dei componenti della deputazione avere subito nella piena operatività l’Enamministrativa, ossia di Pasquale Perri te di Bonifica, per allontanare lo spettro in qualità di vice presidente e Nicola Co- del commissariamento che sarebbe staluccio componente. to uno schiaffo alla vo«Abbiamo voluto – lontà popolare e ai bisoSi chiude una affermano i dirigenti dei consorziati, dei fase di stallo che gni - fare una scelta precicittadini e delle imprese. sa in direzione del Una cosa è certa, a fare aveve portato “bene comune” e veda cornice all’attività del a pensare a nire incontro all’esiConsorzio sarà il pronuove elezioni genza espressa dai gramma della Coldiretti, sindaci, verso i quali che rappresenterà il punnutriamo un grande rispetto per il loro to di riferimento per una azione efficaimportante ruolo istituzionale e dal lo- ce dell’ente». Si chiude così una fase di ro rappresentante, il sindaco di Sant’Ila- stallo, che aveva portato a pensare a rio dello Jonio Pasquale Brizzi, che ha nuove elezioni. (gi. ca.) se sociali, in quanto non solo etiche ma anche modello di un'economia virtuosa. « Il Gruppo Cooperativo Nazionale Cgm, di cui fa parte il gruppo cooperativo Goel - ha dichiarato Stefano Granata, consigliere delegato del gruppo cooperativo nazionale Cgm - vive questa partnership come una valida opportunità per mettere in rete le indiscusse capacità imprenditoriali degli attori coinvolti. L’accordo dimostra che l’attività di impresa sociale sul territorio è uno strumento privilegiato di cambiamento che si inserisce in un sistema di cooperazione capace di opporsi alle organizzazioni criminali. Cgm è orgogliosa che in questa importante iniziativa sia coinvolto il consorzio sociale Goel, eccellenza della rete nazionale ». L’obiettivo comune è valorizzare un modello economico agricolo basato sul rispetto dell’uomo e dell’ambiente, attraverso la commercializzazione nelle oltre 300 Botteghe Altromercato e, gradualmente, negli scaffali equo-solidali della grande distribuzione. Rita Maria Stanca il progetto La Recosol in campo: «Non solo accoglienza» CAULONIA Non solo accoglienza. La “Rete dei comuni solidali” pensa oltre e si impegna affinché le persone che arrivano in Italia, in Calabria e nella Locride, dai Paesi extracomunitari, abbiano ciò che spetterebbe loro. Da qui l’appuntamento di sabato presentato ieri in conferenza stampa. Nel salone della biblioteca comunale di Caulonia il titolo del dibattito sarà “Campagna per i diritti di cittadinanza”. Dando un’occhiata al manifesto dell’iniziativa, tra i relatori, spiccano i nomi dei sindaci dei comuni coinvolti in prima in linea nei programmi di ospitalità. Il padrone di casa, Ilario Ammendolia e i suoi omologhi Domenico Lucano, sindaco di Riace, Maria Carmela Lanzetta a capo della giunta di Monasterace e Rosario Rocca, primo cittadino di Benestare. A loro si aggiungono Gloria Petrolo e Giovanni Maiolo della Recosol. Di grande rilievo la partecipazione della ragazza nigeriana Blessing Odeh. Lei che da tre anni è nel nostro Paese e ancora non è riuscita ad avere il permesso di soggiorno. Lungaggini burocratiche, uffici intasati, carte che non si sbloccano. La giovane lancerà un appello al governo regionale così da sensibilizzare i vertici dell’esecutivo calabrese rispetto alla sua causa. Il Governatore Giuseppe Scopelliti sarà, peraltro a Caulonia, il giorno prima, venerdì, in occasione della inaugurazione della rotatoria sulla 106 alla periferia nord della città. La nigeriana vorrebbe cogliere la chance della venuta sulla jonica del Presidente per rilanciare le sue ragioni. Sabato sarà, inoltre, avviata la petizione per il diritto di voto ai migranti e per l’assegnazione della cittadinanza ai figli di coloro che nascono in Italia vantando soltanto lo “ius soli” sullo “ius sanguinis” e cioè il diritto del suolo sul diritto di sangue. Sull’argomento abbiamo raggiunto al telefono Giovanni Maiolo che aggiunge: «I nascituri continuano: l’ultimo è un bambino venuto alla luce nei giorni scorsi a Caulonia da due genitori di origine tunisina. Altri parti sono in procinto anche a Riace e a Monasterace. Questa della cittadinanza è il vero valore aggiunto del nostro lavoro». Angelo Nizza ora calabria M & GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 37 ACONDO tutto quanto fa spettacolo Redazione centrale: c.da Lecco, 8 - 87030 Rende (Cs) • mail: [email protected] L’ultimo saluto al maestro Ecco l’intervento per CO del regista di “Easy Rider” di Martin Scorsese G razie maestro”, riecheggia tra il suono delle campane nell’ultima scena di Vittorio De Seta, qui nel suo Sud, nella sua Calabria. “Grazie maestro”, dice la gente semplice, quella che lui amava di più, quella del popolo, lui che quando, in questa Calabria, lo chiamavano «marchese», si difendeva sempre, «regista, non marchese». Nel giorno dell’addio del grande documentarista c’è la gente della Calabria a ricordarlo, ci sono i giovani, ci sono i professori, gli intellettuali, ci sono gli attori venuti da Roma, ci sono in prima fila l’amata figlia Francesca e l’adorata nipote Vera, eredi spirituali di De Seta. In una giornata di sole, tra i suoi ulivi e i fichi d’India, il corteo funebre a Sellia parte verso la chiesa del paese, in alto, a guidarlo la figlia e la nipote, qui nel paese dove De Seta aveva cercato e ritrovato le sue origini e la materia più vera della sua ispirazione, il Sud, la terra, il lavoro duro, la lontananza, la separazione. « Erano gli ultimi quelli che interessavano a Vittorio De Seta, erano i soggetti deboli, i fragili, gli immigrati, i diseredati, erano i ragazzi di borgata, i poveri - ha ricordato Don Gesualdo, il vicario episcopale ha celebrato la messa portando i saluti del vescovo - per questo il grande intellettuale lascerà qualcosa di immortale, perché con la sua arte e la sua scienza ricercava, come nel messaggio cristiano, la giustizia. Per ciò di quest’uomo rimarranno per sempre forti le idee, i film e i documentari che resteranno per l’umanità intera. Un maestro, un esempio» – ha concluso don Gesualdo , e poi ci sono stati i saluti anche questi commossi del Ieri a Sellia i funerali di De Seta Tra i presenti studenti e ammiratori sindaco di Sellia Marina, Mario Amelio «Un maestro modesto – è il ricordo – un grande uomo, che ha rappresentato per il Sud qualcosa di bello, di vero e forte, che ancora vive nel ricordo di tanti anziani, il regista veniva da una grande famiglia, il casato De Seta, e però non ha mai smesso di essere un uomo semplice, questa era la sua essenza, questa era a sua arte. Non ho scritto un discorso Dov’erano le istituzioni catanzaresi, ma anche quelle regionali, nel giorno del saluto a uno dei più grandi maestri che ancora il cinema ci aveva lasciato e che la Calabria ha avuto l’onore di ospitare negli ultimi 30 anni? Com’è possibile che non c’erano, tra le prime file, a dare l’ultimo saluto a un regi- Ricordi e commozione tra amici e parenti ufficiale, uso le parole che mi vengono da dentro come un uomo semplice come lui avrebbe voluto». Con la voce segnata dall’ emozione al grande documentarista ha voluto porgere il suo saluto anche Gianni Attanasio della Cineteca della Calabria. «Dietro la macchina da presa c’era l’uomo, questo è quello che per prima cosa si deve dire – ha ricordato – mai potrò dimenticare il nostro forte rap- I was shocked by the news of Vittorio de Seta’s death. He led a long, healthy life, but the last time I saw him, just a few years ago, he looked like he would live another 50 years, and he was bursting with creative energy. De Seta is one of the great, overlooked directors from the heyday of Italian moviemaking, and his work deserves to be far better known than it is. In the 60s, we came to know him through his extraordinary Bandits of Orgosolo. But then, many years later, we saw the color documentaries he made in the 50s, poetic chronicles of life in southern Italy, Sardinia in Sicily. Everyone who saw these pictures, previously known to only a few, was bowled over. They are precious records of customs and ways of living that were in the process of disappearing. But de Seta didn’t just document with his camera and his microphone, he captured the rhythms of work, the sounds on the mountaintops and in the houses, the passing of time in the villages and among the fishermen at sea, the arc of life, the texture of the earth and the air. He went back to those pictures just a few years ago, remastered the color, shifted the rhythms, refined the soundtracks. Taken together, they are one of the wonders of cinema. Vittorio de Seta was a truly great, dynamic artist, and I mourn his passing. *testo raccolto da Nunzia Capitano porto d’amicizia, la sua opera immortale. De Seta ci ha insegnato a guardare con rigore documentario e a sentire con sensibilità.E’ stato fondamentale nella mia formazione come in quella di tutti noi». La gente in chiesa ha partecipato composta al saluto del grande intellettuale, e c’erano giovani, studenti, quelli che ancora non erano nemmeno nati quando la Rai trasmetteva il “Diario di un Quella Calabria che non c’era sta della levatura di Vittorio De Seta? Non c’erano i rappresentanti delle istituzioni catanzaresi. Un’assenza che è saltata agli occhi. Non c’erano, nemmeno, Mimmo Calopresti, che pure era atteso, non c’e- ra, e anche questo lascia perplessi, Mario Foglietti e nessuno della Fondazione Politeama. Non poteva non essere notata, questa assenza. Perché se è vero che Sellia Marina era intorno al grande regista, SELLIA M. (CZ) «Ricercava “la ragione identitaria”, il maestro, lui che, dall’alto del suo metro e ottantasette, si piegava sui ginocchi per andare a lavorare dentro le solfatare», ricorda pieno di commozione l’amico, il professore Vincenzo Santopolo. «Lui doveva fotografare, questo “vizio” non gli passava, doveva fotografare fino all’ultimo, anche con quelle mani, che, a 88 anni gli tremavano», è il ricordo di un altro giovane amico di Vittorio De Seta, il fotografo Davide Ionà. Istantanee dal Sud degli utimi anni del grande intellettuale, nelle parole di quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, di avvicinarlo, raccoglierne una confidenza, una riflessione. Era riservato, Vittorio De Seta, al paese lo sapevano tutti, era introspettivo, come possono esserlo solo certi intellet- maestro”, negli anni ’70, epopea dei ragazzi di borgata su quali il documentarista indagava con sguardo introspettivo. Se n’è andata verso il cimitero della terra di Sellia infine, la processione che ha accompagnato il maestro nell’ultima scena, al suono delle campane di un piccolo paese del Sud, mentre il sole scendeva sui suoi amati ulivi e sui fichi d’India. Laura Cimino ed è stato sentito il ricordo del sindaco così come quello di Attanasio della cineteca della Calabria, ci si aspettava anche il saluto istituzionale del capoluogo e di tutta la regione verso quel regista che tanto era amato in tutto il mondo, fino a Martin Scorsese, che era “pazzo di lui”. (l.cim.) tuali. E quello di un uomo garbato, che aveva ritrovato le sue origini, la terra, il sudore dei contadini e l’amato Sud è il ricordo degli amici, di quelli che riuscivano a parlare con lui, per il quale il buen retiro calabrese restava luogo prescelto per la continua riflessione, per la ricerca intellettuale. Non abitava in paese, ma nella tenuta in località Feudo, sulla 106, il maestro. Parlava poco, amava la natura e la sua tenuta, ereditata dalla madre, ne pressi del paese. E al paese ancora lo ricordano ancora con rispetto e con devozione anche dal circolo del cinema “I cento passi”, ricordano De Seta che non aveva mai smesso di amare la Calabria, la terra atavica nel quale era sempre restava intento a ritrovare “la ragione identitaria”. l.cim. 18 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A Telefonini ai detenuti Otto rinvii a giudizio la protesta Sospeso lo sciopero dei Giudici di pace Tra gli imputati anche un ex poliziotto penitenziario Il gip del tribunale di Cosenza ha disposto il rinvio a giudizio per l’ex agente della polizia penitenziaria di Cosenza accusato di ricettazione e corruzione per aver fatto entrare illegalmente a beneficio di alcuni detenuti dei telefoni cellulari nel carcere di via Popilia. Saranno processati anche i detenuti che avrebbero beneficiato di quei telefonini per comunicare con l’esterno. Gli imputati, otto in tutto, sono Salvatore Gabriele (l’ex agente della polizia penitenziaria), Erminio Mendico, Fabio Bruni, Vincenzo Ciriello, Luigi Cozza, Antonio Albanese, Giovanni Giannone, Bruno Dimitri e Massimo Imbrogno. Il processo a loro carico inizierà il 29 maggio prossimo a Palazzo di Giustizia.Il protagonista principale della vicenda ovviamente è Salvatore Gabriele. Senza di lui quei cellulari non sarebbero mai potuti entrare nella casa circondariale “Sergio Cosmai”. Resosi conto della gravità della situazione e ormai scoperto, l’uomo aveva confessato le proprie responsabilità, facendo anche il nome dei detenuti ai quali aveva fatto avere il telefono cellulare e consegnando egli stesso gli apparecchi ai propri superiori. Le indagini – coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Casciaro – erano iniziate nel settembre del 2010. I rapporti tra l’allora guardia penitenziaria e alcuni detenuti avevano insospettito i colleghi, che La casa circondariale di via Popilia in cui l’agente avrebbe fatto entrare illecitamente alcuni cellulari mettendoli a disposizione dei detenuti in cambio di denaro si misero all’opera per scoprire cosa ci fosse sotto. In seguito, l’imputato disse di aver favorito quei detenuti in cambio di denaro che gli serviva per risolvere gravi difficoltà economiche dalle quali non sapeva come uscire. Considerata la gravità del reato, nei suoi confronti, il gip del tribunale di Cosenza aveva anche emesso un provvedimento di sospensione dal servizio. Un problema, però, che Salvatore Gabriele aveva già risolto collocandosi in congedo, probabilmente perché aveva capito cosa stesse per accadergli. La vicenda destò sconcerto e stupore nel- cronaca Investimento o malore? Giallo in via Popilia Il giallo di un investimento di una donna tutto ancora da chiarire, al vaglio della polizia municipale, è accaduto in via Popilia nelle prime ore di ieri mattina. Una donna si ritrova a terra, accanto a una Smart condotta da un’automobilista che ha prestato subito soccorso alla 82enne, trasportata in ospedale dai sanitari del 118. Il conducente ha riferito ai vigili urbani intervenuti per i rilievi di aver visto la donna, mentre attraversava la strada cadere per terra e di essersi fermato ad aiutarla. Di fatto la vettura non riporta nessun segno sulla carrozzeria. L’investita ha riportato un trauma cranico e una frattura all’omero con un ricovero di 30 giorni in ortopedia. La donna non ricorda nulla se non di essersi ritrovata a terra accanto all’autovettura. deb. fur. Creolina nella scuola Lezioni sospese all’Itc Ancora creolina a scuola per saltare un giorno di lezioni. Il fatto è stato scoperto ieri mattina intorno alle nove nelle aule dell’istituto tecnico commerciale di via Bendicenti. I bidelli, nell’aprire la struttura scolastica sono stati assaliti dal forte odore del liquido. La consultazione con il preside e la chiamata alla sala operativa del 113. Sul posto gli agenti della squadra volante diretti dal vice questore aggiunto Gerace e coordinati dall’ispettore superiore Lupo, hanno effettuato un sopralluogo. Il vetro di una finestra nella parte posteriore dell’edificio che da su via Fratelli Bandiera è stato rotto permettendo ai vandali di penetrare all’interno della scuola e versare la creolina nei corridoi del piano terra e del piano rialzato. La polizia di stato ha rinvenuto due bottiglie contenente ancora del liquido. Sul posto è intervenuto anche il reparto della scientifica per procedere al sequestro del materiale ritrovato e documentare il caso. deb. fur. l’opinione pubblica. Se ne parlò molto anche nel mondo della politica e delle istituzioni. La deputata del Partito democratico calabrese Doris Lo Moro aveva anche presentato una interrogazione parlamentare sul caso del carcere di Cosenza. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Antonio Quintieri, Cesare Badolato, Giovanni Cadavero, Filippo Cinnante, Antonio Ingrosso, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Nicola Rendace, Rossana Cribari e Pietro Sammarco. ALESSANDRO BOZZO [email protected] L’Associazione nazionale giudici di pace, ha deliberato la sospensione dello sciopero proclamato 11 giorni fa a partire. Da oggi, quindi, gli uffici torneranno a operare regolarmente. Nel frattempo l’associazione di categoria attende la convocazione del ministro Paola Saverino. Lo ha annunciato Paola Lanzillotti, responsabile circondariale dell’Unione nazionale dei giudici di pace. È stato proprio il mutato atteggiamento del ministero a sbloccare la vertenza. Lunedì scorso, infatti, ha affermato di avere esaminato con attenzione le richieste dei giudici di pace, riservandosi di convocarli in tempi brevi, una volta acquisito il quadro della situazione. Il Ministro ha parlato dell’urgenza di procedere alla riforma della magistratura onoraria, preservando le peculiarità delle figure professionali che la compongono (giudici di pace, giudici onorari di tribunale e viceprocuratori onorari) e, dall’altra, il patrimonio irrinunciabile delle esperienze acquisite dai giudici in servizio (continuità del rapporto). «I giudici di pace –fa sapere Paola Lanzillotti – porteranno al Ministro le proprie istanze storiche: la necessità di abbandonare le proroghe trimestrali a favore di una reale continuità nell’esercizio delle funzioni. Evidenzieremo altresì che siamo forse gli unici cittadini che nel nostro Paese non godono di alcuna tutela previdenziale ed assistenziale, in caso di maternità, malattia e infortuni sul lavoro, né di ferie e che in tutte queste evenienze in buona sostanza subiamo una perdita delle retribuzioni». Ecco il nuovo calendario dell’Arma È dedicato agli anni tra l’Unità d’Italia e la prima guerra mondiale Dal 1864 al 1914. E’questo il stabilire l'ordine». Tutto que- istituzionalmente garanti. Non cinquantennio ripercorso que- sto e non solo. Due secoli di serve infatti spingersi oltre i st’anno dal calendario storico storia non sono semplici da due secoli precedenti, alle pordell’Arma dei carabinieri. Se- riassumere, eppure tra la com- te dell'unità del bel paese, per condo appuntamento previsto posizione grafica che lo rende rendersi conto che l’impegno nel ciclo dei “Calendari della da sempre appetibile per i col- dell'arma continua a rinnovarmemoria” dedicati al bicente- lezionisti e le annotazioni bre- si di giorno in giorno. «Anche oggi – ha infatti rinario della “benemerita”, per- vi ed incisive, lo storico calencorso storico iniziato lo scorso dario dell'arma riesce ancora badito il colonnello Leonardo una volta a Gallitelli, comandante generaanno e destinato ad arricLo ha presentato narrare la sua le nella prefazione del calendario – l'arma si propone quachire anche il ieri il colonnello complessa storia nel mo- le testimone ed interprete di prossimo quei sentimenti tratteggiati do più sembiennio. A Ferace plice e rap- dalle tavole del calendario e presentarlo al Comando che ispirano il vissuto quotidiapresentativo. alla città, punprovinciale In copertina no delle nostre popolazioni e tuale come un carabinie- generano la fiduciosa speranza ogni anno, è l'arma dei carabinieri di Cosen- re cinge la bandiera di guerra in un prospero futuro per i noza che trova voce nel suo mas- dell'arma consegnata a Roma stri figli. I carabiniere contisimo rappresentante, il colon- dal re Umberto nel marzo del nueranno ad essere vigili e afnello Francesco Ferace, co- 1894 sullo sfondo dell'assem- fidabili sentinelle». Constatamandante provinciale. «Ormai blea parlamentare del 1864, in zione che suona quasi come – ha spiegato quest'ultimo – il cui l'arma fu riconosciuta co- una promessa, una delle poche calendario è diventato un cult, me “Benemerita”, emblemati- forse in cui è ancora possibile un oggetto da collezione, capa- ca definizione che ancora oggi credere. ce di ripercorrere la storia del- rende giustizia a coloro che LIDIA PASSARELLI Il collonnello Francesco l'arma e di presentare grafica- quotidianamente se ne fanno [email protected] Ferace mostra il calendario mente i momenti emblematici del percorso compiuto dai carabinieri. Dall’azione svolta il dato contro il brigantaggio dopo l'unità d'Italia alla epica carica di Pastrengo, pietra miliare della nostra storia, passando Il fenomeno delle frodi creditizie, realizzate dell’Osservatorio Crif mettono in evidenza una poi per le missioni di pace con furto di identità e conseguente utilizzo ille- crescita pari al 40% nel I semestre 2011 Questo compiute lontani dalla madrecito dei dati personali e finanziari altrui, si con- pone la provincia al secondo posto nella poco patria ed anche attraverso tutferma avere dimensioni preoccupanti. Relativa- invidiabile classifica su base regionale, preceti i molteplici tentativi di sovmente alla provincia di Cosenza, le rilevazioni duta solo da Vibo Valentia (+101%) versione, momenti in cui i carabinieri sono stati capaci di ri- Frodi creditizie in aumento a Cosenza 19 GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A Processo Garden, a volte ritornano Giudizio da rifare per l’ex “primula” Baratta. Prima udienza il 17 aprile Un romanzo che sembrava ormai consegnato alla storia torna, invece, d'attualità. E' la maxi-inchiesta “Garden”, il primo grande processo alle cosche cosentine celebratosi a metà degli anni '90. Tre verdetti, però, non sono bastati a mettere fine alla vicenda. Il prossimo 17 aprile, infatti, “Garden” ricomincerà da capo, ma alla sbarra non ci saranno più i 151 imputati di un tempo, bensì un uomo solo: Mario Baratta, 60 anni, alias “Il sudamericano”. Questo perché a maggio del 2010, la Cassazione aveva annullato la sua condanna all'ergastolo per l'omicidio di Mariano Muglia (1983) in virtù di un errore procedurale scovato dai suoi legali: la mancata notifica della sentenza di primo grado che, di fatto, aveva leso il suo diritto alla difesa. A seguito di quel provvedimento, Baratta era uscito di galera, dopo più d'un decennio trascorso in carcere e ora affronterà da uomo libero il processo che avrà inizio a primavera inoltrata. Insomma, un vero e proprio tuffo nel passato. Nel primo processo “Garden”, Baratta fu condannato per aver fatto parte dell'associazione mafiosa diretta da Franco Perna e Mario Pranno, ma a far scattare per MR. ZANARDI Mario Baratta all’epoca del suo arresto avvenuto nel 2001 dopo un periodo di latitanza in Brasile lui il carcere a vita, fu il suo la sua abilità nel pilotare le aucoinvolgimento nell'omicidio tovetture. Secondo il pentito di Mariano Muglia, consuma- Franco Garofalo, inoltre, era lo to a maggio del 1983 nel pieno smembramento e la distruziodella guerra di mafia che, in ne dei corpi un'altra pratica per quel periodo, cui l'uomo impazzava in mostrava parLa Cassazione città. Quel progli ha cancellato ticolare giorno, il suo pensione. compito saQuando nel l’ergastolo rebbe stato 1994 vennero rimettendolo quello di guispiccati i in libertà dare l'auto mandati d'arcon a bordo i resto per killer (Salvatore Pati e Giusep- “Garden”, però, Baratta riuscì a pe Vitelli). Non a caso, nume- evitare la cattura, riparando in rosi collaboratori di giustizia, Brasile. Qui visse alcuni anni tanto in “Garden” quanto in al- sotto mentite spoglie (si faceva tri processi, avevano diffusa- chiamare Mario Zanardi) per mente parlato a proposito del- sette anni, con un breve inter- strage in alto mare vallo di tempo trascorso nel carcere di Bangù da quale, però, riuscì a evadere corrompendo le guardie. La sua latitanza, però, si concluse nel 2001 quando la polizia locale lo ammanettò a Goiana, città della regione di San Paolo. Dopo essere stato restituito alle autorità italiane, Baratta venne assegnato al penitenziario di Rebibbia prima e Viterbo poi, dov'è rimasto fino a un anno fa, quando inaspettata per lui, è giunta la libertà. Di recente, poi, aveva incassato un'ulteriore condanna a 23 anni di reclusione nell'ambito del processo “Missing” che lo vede, però, imputato a piede libero. In quel caso, fu riconosciuto colpevole di 2 omicidi che avrebbe contribuito a eseguire, sempre durante la guerra di mafia: quelli di Giovanni Drago e di Francesco Scaglione, avvenuti rispettivamente nel 1981 e nell'83. Con riferimento a quei fatti, è in corso il processo d'appello che riprenderà proprio domani con l'arringa di uno dei difensori di Baratta (il legale Piergiuseppe Cutrì). Gli altri avvocati che, per ora, lo hanno tirato fuori dal carcere sono Paolo Pisani e Giuseppe Belcastro. MARCO CRIBARI [email protected] l’interrogatorio Colpo alla Credem di Rende Un rapinatore confessa Ha confessato le sue responsabilità Salvatore Magnone, pregiudicato cosentino di 35 anni, arrestato martedì poche ore dopo aver commesso una rapina alla Credem di Rende in compagnia di un complice ancora ricercato. Ieri pomeriggio è stato interrogato dal gip Luigi Branda, che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere richiesta dal pm Antonio Cestone. L’accusa è rapina aggravata dall’uso del taglierino con cui ha minacciato il cassiere e dal fatto che ha commesso il reato mentre era sottoposto alla sorveglianza speciale. Magnone (difeso dagli avvocati Roberto Loscerbo e Antonio Granieri) ha anche fornito indicazioni che hanno consentito di ritrovare il giubbotto usato per la raSalvatore Magnone pina: l’aveva gettato via nell’area industriale di Rende. Magnone non ha fornito elementi utili, invece, per risalire all’identità del complice. La rapina risale a martedì. Era mezzogiorno quando Magnone entrato nella Credem di via Rossini. Si è messo in fila e quando si è presentata l’occasione giusta Magnone ha preso il cassiere per un polso minacciandolo con il taglierino. A quel punto è entrato in azionel’altro rapinatore, che è girato dietro la cassa e ha arraffato il denaro (1.500 euro circa). Magnone è stato acciuffato dai carabinieri perché a differenza del complice era senza passamontagna. Indossava un cappellino e occhiali scuri ma è stato riconosciuto, avendo numerosi precedenti, grazie alle foto segnaletiche. (a. b.) incendio in municipio Arrestati due scafisti: annegarono 25 persone E Tallarico promette rivelazioni sorprendenti Gettavano i migranti vivi e legati, da un barcone al largo delle coste di Lampedusa, per riti propiziatori. La squadra mobile della di Cosenza all’alba di ieri ha tratto in arresto due dei cinque extracomunitarinell’ambito di una inchiesta della Procura di Agrigento. Si chiamano Adam Mohamed e Ahmokugo Kujo originari del Ghana, rispettivamente di 28 e 44 anni, entrambi dimoranti presso il centro Cara di Rogliano. Sono accusati di omicidio plurimo doloso, pluriaggravato dai “motivi abietti e futili e dalle circostanze di tempo e di luogo”. Le indagini partirono il 4 agosto scorso, quando la capitaneria di porto intercettò a 88 miglia dalla costa di Lampedusa una imbarcazio- Le foto dei due scafisti arrestati ne in avaria. Veniva dalla Libia e aveva a bordo 367 persone: tutti africani. Sul na- stina e di omicidio. Il secondo, dalle testitante c’era anche un cadavere. La polizia di monianze raccolte, avrebbe tentato la fuga Agrigento si è avvalsa della collaborazione gettandosi nel mare per raggiungere un’aldelle questure di Taranto, Napoli, Caserta, tra imbarcazione, ma di lui si sono perse le Avellino, Reggio Calabria e della squadra tracce. Un gruppo di cinque extracomunitari ha deciso di prendere il mobile di Cosenza diretta controllo con crudeltà e dal commissario capo AnSono accusati violenza pensando di utitonio Miglietta. Gli uomini di omicidio lizzare dei riti magici prodel Questore Anzalone, piziatori per riuscire a saldella seconda divisione criplurimo per Le vittimeerano scelminalità diffusa e prostitui fatti dell’agosto varsi. te a caso, fra uomini e donzione (Claudio Sole, Franscorso ne, legate mani e piedi e cesco Esposito, Giuseppe gettate nel mare dove troDe Rose, Pantaleo Gianvavano la morte per annenone, Franco Borrescio, Paolo Micino, ndc) hanno lavorato per quattro mesi ascoltan- gamento. Non si conosce il numero precido i 100 immigrati presenti nel centro di so del sacrificio umano anche se sembreaccoglienza di Rogliano e riuscendo a rico- rebbero aggirarsi intorno alle 25 vittime. E’ struire ctutte le fasi del viaggio, la condotta stato il cadavere trovato a bordo durante le e il ruolo degli indagati. Uno dei due scafi- operazioni di soccorsoa innescare le indasti è stato tratto in arresto per il reato di fa- gini all’arresto dei due scafisti. Deborah Furlano voreggiamento dell’immigrazione clande- È fissato per oggi pomeriggio l’interrogatorio di garanzia di Francesco Tallarico, 45 anni, dirigente dell’area urbanistica del Comune di San Fili, arrestato martedì mattina con l’accusa di peculato e falso in atto pubblico per aver intascato oneri e diritti che privati e costruttori edili versavano al Comune. Nell’inchiesta della Procura di Cosenza figurano anche i nomi di altri due dipendenti del Comune di San Fili: il dirigente dell’area lavori pubblici Francesco Spizzirri (57 anni) e Paola Sicilia (45). Tallarico – che nel dicembre scorso aveva rischiato di morire nel tentativo di incendiare il municipio per cancellare le prove delle sue malefatte – è difeso dall’avvocato Ro- Francesco Tallarico berto Loscerbo. E sembra sia intenzionato a rivelare particolari interessanti ai fini del- no proseguite con l’esame della documenle indagini, che proseguono e che riguarde- tazione – che nonostante l’incendio non erano riusciti a distruggere – e la raccolta rebbero almeno una decina di persone. Le indagini erano iniziate il 20 dicem- di decine di testimonianze di privati che bre dell’anno scorso quando il sindaco di avevano consegnato al dirigente dell’ufficio tecnico il denaro di perSan Fili Ottorino Zuccarela costruire, onori di li si presentò dai carabinieSarà interrogato messi urbanizzazione, etc. Semri e denunciò ammanchi oggi il dirigente bra che Tallarico e i suoi di denaro scoperti attracomplici falsificassero i verso una ricognizione sui comunale bollettini postali e bancari crediti dell’ente a proposiarrestato per indispensabili per dimoto degli oneri e dei diritti peculato e falso strare l’avvenuto pagaconnessi al rilascio delle mento. L’attività investigaconcessioni edilizie. Aventiva – svolta dai carabiniedo capito di essere stato ormai scoperto due giorni dopo Tallarico e un complice (il ri della Compagnia di Rende – ha consentito agli inquirenti di contestare a Tallarico commerciante Francesco Belmonte) appiccarono il fuoco, nottetempo, all’ufficio 104 capi d’imputazione. Sequestrati anche tecnico del Comune. Fu un tentativo assai un conto corrente bancario e un deposito maldestro, visto che si trasformarono in di risparmio – entrambi intestati all’indatorce umane, finirono in pronto soccorso e gato – per un ammontare di quasi 45mila vennero scoperti. Da allora le indagini so- euro. (a. b.) Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 2 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 3 Primo Piano Primo Piano . . Inchiesta della Dda lombarda svela la rete di rapporti eccellenti del clan Valle-Lampada REGGIO Accusato dai suoi colleghi milanesi di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale Nuovo tornado giudiziario sull’asse Milano-Reggio Arrestato il giudice Vincenzo Giglio Secondo il gip Gennari esiste il sospetto che ci siano altre “talpe” tra le toghe catanzaresi In manette un magistrato, un politico, un sottufficiale della Finanza, un avvocato. Perquisiti due studi legali e l’ufficio di un altro giudice Paolo Toscano REGGIO CALABRIA Tremano i palazzi giudiziari e della politica calabrese. Ha gli effetti di un tornado l’inchiesta della Dda di Milano che ieri mattina ha portato all’arresto di un magistrato, un consigliere regionale e altre otto persone. Contemporaneamente la Dda di Reggio ha disposto tre fermi e la perquisizione degli studi di un altro magistrato e due avvocati coinvolti nell’inchiesta che ha svelato la rete di rapporti importanti intessuti da esponenti del clan composto dai nuclei familiari Valle-Lampada, originari di Archi e legati ai Condello, ma da tempo residenti in Lombardia dove hanno il centro dei loro interessi nel settore delle slot machine. Agenti della Mobile milanese, in collaborazione con i colleghi reggini hanno eseguito l’ordinanza del gip del capoluogo lombardo Giuseppe Gennari. Con l’accusa di aver agevolato la ’ndrangheta è finito in manette Vincenzo Giglio, 52 anni, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. A Giglio, esponente di Magistratura democratica, il procuratore aggiunto milanese Ilda Boc- cassini e i sostituti Paolo Storari e Alessandra Dolci contestano i reati di corruzione, favoreggiamento personale di un esponente del clan Lampada, con l’aggravante dell’agevolazione per fini mafiosi. Il politico calabrese finito nel mirino della Dda è il consigliere regionale Francesco Morelli, 53 anni, cosentino, eletto nella lista “Pdl-Berlusconi per Scopelliti”, vicino al sindaco di Roma Gianni Alemanno che l’aveva appoggiato in campagna elettorale dove con 13.211 preferenze era stato il secondo tra i più votati. Morelli è stato arrestato con l’accusa di aver fatto da tramite tra le cosche e la politica nazionale. Nel gorgo dell’inchiesta è finito anche l’avvocato Vincenzo Minasi, 55 anni, di Palmi. Impegnato in processi importanti celebrati all’ombra della Madonnina, Minasi ha difeso, fra gli altri, Maria Valle, la giovane figlia di Francesco, considerato il “patriarca” dell’omonima famiglia, arrestato nell’ambito del maxi blitz del 13 luglio 2010, ottenendo di recente l’annullamento dell’arresto in Cassazione. Al penalista sono contestati anche i reati di rivelazione di segreto d'ufficio e intestazione fittizia di beni. Il consigliere regionale Morelli e il giudice Giglio, secondo l’accusa, sarebbero stati legati da uno scambio: Morelli avrebbe beneficiato dei controlli interni fatti dal magistrato sull’esistenza di possibili inchieste a suo carico; Giglio avrebbe goduto dell’interessamento del politico per la nomina della moglie Alessandra Sarlo, a commissario straordinario dell’Asl di Vibo Valentia. Ma Giglio non è l’unico magistrato coinvolto nell’inchiesta. Tra gli indagati c’è anche Giancarlo Giusti, già giudice della sezione fallimentare del Tribunale reggino, attualmente gip del Tribunale di Palmi. Giusti, che non è destinatario di provvedimenti restrittivi ma ha avuto la perquisizione dell’ufficio, risulta indagato per corruzione in atti giudiziari. I colleghi milanesi gli contestano di aver usufruito di nove soggiorni gratuiti in un albergo di Milano nel 2008 e nel 2009, per un controvalore di circa 27 mila euro, e anche delle prestazioni di escort. Nell’elenco degli arrestati figurano un maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, 43 anni, pugliese, in servizio a Monza, per l'ipotesi di corruzione e il medico reggino Vincen- zo Giglio, 57 anni (cugino del magistrato), al quale è contestato il concorso esterno in associazione mafiosa. In carcere sono finiti anche Francesco e Giulio Lampada, 34 e 40 anni, Leonardo Valle, 39 anni, e Raffaele Ferminio, 46 anni, tutti reggini di mascita ma residenti tra Milano e Cologno Monzese. Agli arresti domiciliari è stata collocata Maria Valle, 25 anni, moglie di Francesco Lampada, indagata per corruzione. L’operazione ha portato anche al fermo, disposto dalla Dda reggina di Gesuele Misale, Alfonso Rinaldi e Domenico Nasso. Misale è accusato di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, Nasso di associazione mafiosa e Rinaldi di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. Infine, sempre su disposizione della Dda di Reggio, sono stati perquisiti gli studi degli avvocati Francesco Cardone, del Foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del Foro di Vibo Valentia, indagati nella stessa inchiesta. La Dda di Reggio Calabria ha confermato che il provvedimento di custodia cautelare è del gip di Milano, su richiesta della Dda del capoluogo lombardo, mentre la Dda di Reggio Calabria ha emesso il provvedimento di fermo. Piero Gaeta REGGIO CALABRIA Il procurato aggiunto di Milano Ilda Boccassini ha coordinato l’indagine LA COSCA LOMBARDA GUARDAVA CON INTERESSE ANCHE ALLA COSTRUZIONE DEL NUOVO AEROPORTO MESSINESE I Valle Lampada riciclavano per Condello e puntavano su Milazzo REGGIO CALABRIA. Dall’usura ai videopoker, fino agli agganci con il mondo della politica. Sono gli interessi della cosca della ’ndrangheta dei Valle, strettamente legata a quella dei Lampada, e con base tra Milano e Pavia, documentati nelle ultime indagini della Dda di Milano che nei mesi scorsi hanno portato prima in carcere e poi a processo il patriarca del clan Francesco Valle, 73 anni, e alla condanna, tra gli altri, del figlio del boss, Carmine Valle. Ma il clan Lampada aveva voglia di inserirsi all’interno dei la- vori legati alla realizzazione di un nuovo scalo aeroportuale a Milazzo. È questo in sintesi il contenuto di una conversazione del 2 novembre 2007 tra Giulio Lampada e tale Alberto, riportata nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip di Milano Giuseppe Gennari. Lampada dice al suo interlocutore: «Allora, Alberto! non vedi niente su cosa si possa realizzare, che ci possa tornare utile sul discorso... davanti alla costruzione di un Aeroporto?...». Alberto risponde: «Sai cos'è... Bisogna valutare perchè l’aeroporto di SUPERENALOTTO Combinazione vincente 4 23 39 41 78 81 SiVinceTutto Nessun “sei” Ai 2 “cinque” *: € 1.861.256,99 Ai 307 “quattro”: € 3.053,17 Ai 12.151 “tre”: € 359,80 Ai 198.850 “due”: € 10,69 * Realizzati a Rodrigo (Mantova) e a San Severo (Foggia) Lotto a cura di Luigi Bernava Scelto come capogioco, il 90 (la paura) ci ha portato fortuna. Con il 34 (la culla), infatti, abbiamo centrato un ambo a Genova; altri due ambi li abbiamo realizzati a Milano con il 21 (la donna nuda) e con il 55 (la musica). Per il resto la prima estrazione della settimana non è stata generosa con i giocatori in quanto i due “centenari” sono stati confermati e le “serie ordinate” sulla ruota di Roma hanno fornito soltanto il terno delle “cadenze” 5-35-45 (la mano, l’uccello, il computer). PREVISIONI: proponiamo come nuovo capogioco il 64 (la giostra) e gli ambi 3-64; 4-64; 8-64; 22-64; 33-64; 52-64; 61-64; 73-64; 79-64; 89-64. Tabella riepilogativa dei numeri “anziani” BARI CAGLIARI FIRENZE GENOVA MILANO NAPOLI PALERMO ROMA TORINO VENEZIA NAZIONALE 80 (60) 68 (69) 34 (87) 13 (93) 73 (59) 34 (101) 29 (138) 41 (55) 64 (82) 21 (80) 6 (82) 62 (56) 14 (67) 71 (65) 46 (80) 1 (53) 36 (72) 57 (67) 60 (55) 58 (64) 50 (75) 90 (69) 9 (54) 10 (61) 54 (62) 64 (79) 24 (51) 64 (52) 28 (65) 16 (54) 67 (56) 31 (65) 62 (56) 84 (53) 26 (55) 36 (60) 85 (74) 7 (42) 75 (45) 68 (60) 68 (49) 73 (47) 33 (58) 30 (52) 58 (42) 61 (54) 65 (51) 27 (69) 25 (40) 8 (42) 54 (60) 40 (49) 37 (47) 78 (55) 81 (50) 60 (39) 41 (49) 16 (43) 67 (62) 30 (39) 56 (41) 66 (59) 7 (46) 26 (44) 86 (54) 47 (47) Milano eh!!... Bisogna vedere, potrebbe pure affondare quello di Reggio». Dopo i due passano a parlare di argomenti generici, tra cui le conoscenze nel mondo politico nazionale. Lampada G.: «A Formigoni come lo vedi? Alberto!». Alberto: «Bene! Dicono che sia lui...». Lampada G.: «Il futuro?». Alberto: «Eh!». Lampada G.: «Al posto del Berlusca?». Alberto: «Dicono cosi!». - Lampada G.: «Lo vedo preparato anch’io!». Alberto: «A me piace!». Lampada G.: «Sono stato a cena io con Formigoni!... Eravamo da ... alla fe- L’ipotesi progettuale dell’aeroporto di Milazzo sta del ... (inc.) che fanno insieme ad Armando! (Vagliati, ex consigliere comunale, ndr) Tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali... C'era pure il presidente del parlamento europeo Mario Mauro... Sempre tramite... (inc.), ed Armando (inc...) eravamo nel tavolo, io, lui... una bella cosa... in una villa d’epoca». L’inchiesta “Infinito”, coordinata dalla Procura di Milano è il prosieguo dell’indagine “Meta” avviata dalla Dda di Reggio Calabria sulla rete di fiancheggiatori del boss Pasquale Condello, catturato la notte del 19 febbraio 2008 nella frazione Pellaro dai carabinieri del Ros. Gli uomini dell’Arma, in concomitanza all’arresto del “Supremo”, avevano effettuato centinaia di intercettazioni telefoniche sulle utenze di decine di sospettati di fare parte della cosca, con compiti anche di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita sulla piazza di Milano. «Subito dopo la cattura di Pasquale Condello – affermano fonti investigative – abbiamo avvertito un forte sbandamento tra i suoi fiancheggiatori che si scambiavano continue telefonate sul da farsi. Il tempo ci ha confermato l’imponenza della rete costruita dal Condello che, grazie ai Lampada-Valle, aveva portato a termine importanti compravendite nel settore dei servizi commerciali».(p.g.) IL MAGISTRATO DEL TRIBUNALE DI PALMI INDAGATO DAI PM MILANESI UNA TELEFONATA TRA GIGLIO E MORELLI Giusti: «Non hai capito chi sono io... «Le iniziative antimafia? Dovevo fare il mafioso, non il giudice» Servono e fanno fico» REGGIO CALABRIA. Secondo i REGGIO CALABRIA. In una con- pm antimafia milanesi, il giudice presso il Tribunale di Palmi Giancarlo Giusti sarebbe stato corrotto da Giulio Giuseppe Lampada con alcuni viaggi nel nord Italia e con alcune escort. Da quello che emerge dall’indagine in cui Giusti è indagato per corruzione in atti giudiziari , Lampada avrebbe pagato al magistrato una ventina di viaggi al Nord mettendogli a disposizione delle escort con le quali avrebbe intrattenuto rapporti in un hotel milanese della zona del quartiere San Siro. «Non hai capito chi sono io ... sono una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice». Così il gip di Palmi, Giancarlo Giusti si esprime parlando al telefono con Giulio Lampada (arrestato). È una delle intercettazioni contenute nell’ordinanza firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari. Lampada, intercettato dalla Procura milanese, propone a Giusti di convocare «qualche versazione telefonica intercettata dagli inquirenti milanesi e riportata negli atti dell’indagine che ha portato a dieci arresti di persone vicine alle cosche Valle-Lampada, il giudice Vincenzo Giglio, rivolgendosi a Franco Morelli, parla di iniziative antimafia che «fanno fico». La conversazione verte sulla necessità di preparare una mozione di solidarietà al procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, vittima di un attentato intimidatorio il 27 maggio 2010. «Allo scopo di accreditarsi nei confronti dei magistrati della Dda di Reggio Calabria – scrive il gip – Morelli, approfittando del momento e anticipando gli altri esponenti politici regionali, chiede a Giglio di “preparare una mozione a sostegno dei magistrati di Reggio Calabria impegnati nella lotta alla ’ndrangheta”». La verità, però, secondo il gip, è un’altra: «A Morelli, come si desume dalla conversazione di seguito riportata, a La sede degli uffici giudiziari di Palmi giorno su a Milano» anche il «nostro Presidente» (secondo gli investigatori nno ci sarebbero dubbi che sia «il Presidente delle misure di prevenzione di tutta Reggio Calabria», Giuseppe Vincenzo Giglio, il magistrato arrestato nell’inchiesta perchè accusato di aver favorito il clan). E Giusti risponde: «L’idea di portarci il Presidente a Milano non è male, sai?! ... Lo «Il giudice Giglio fa la cosa peggiore per chi, come lui, riveste un ruolo istituzionale delicatissimo e di garanzia della legalità: egli strumentalizza il proprio ruolo e la propria autorevolezza per interessi privati... e lo fa con un livello di spregiudicatezza veramente inquietante». Suonano quasi come una condanna preventiva le considerazioni del giudice per le indagini preliminari di Milano Giuseppe Gennari, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato in carcere Vincenzo Giglio, 51 anni, da 25 in Magistratura. Nel Tribunale di Reggio Calabria, oltre alla sezione Misure di prevenzione, Giglio presiedeva anche la prima sezione della Corte d’assise. Noto in città in città come un magistrato rigoroso e severo, Vincenzo Giglio è anche docente di Diritto penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università Mediterranea e fa parte della componente di Magistratura democratica. Il gip di Milano infierisce nella sua ordinanza aggiungendo che «dietro la veste del garante rigoroso delle istituzioni, Giglio accetta ogni compromesso, fornisce riservate a dei mafiosi, vorrei vedere di fronte ad una stoccona». Ieri mattina, intanto, sono state effettuate perquisizioni ed è stato eseguito sequestro di materiale ai fini probatori presso gli uffici del magistrato Giancarlo Giusti, a Palmi. Sul posto è intervenuta la Polizia coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino.(p.g.) nulla interessa della solidarietà alla magistratura, interessa soltanto avere “un po’ di visibilità”». Nella telefonata, Giglio definisce la proposta di scrivere una mozione «una mossa da un lato corretta.... profondamente istituzionale e dall’altro abile...» e discute con Morelli della possibilità di tagliare le spese al Consiglio regionale e destinare dei fondi alle forze di polizia «che sono in condizioni precarie» e di potenziare i programmi per «l’educazione alla legalità», anche nelle scuole. «Iniziative concrete – dice Giglio –, di quelle che fanno..., come dire, direbbe un mio amico “fanno fico”, insomma....». Lo stesso Giglio scrive il testo della mozione poi presentata da Morelli, accompagnato da una e-mail: «Caro Franco, ligio al dovere e seppur ancora in preda ai fumi dell’alcol tracannato in gran quantità nel relax eoliano, invio il contributo che mi hai chiesto. Servitene pure come meglio credi».(p.g.) fornisce parimenti riservate a un politico, adotta cautele nel comunicare di un associato a delinquere, richiede favori per la moglie con una protervia che non ammette rifiuto». E proprio l’accusa di corruzione contestata al consigliere regionale Franco Morelli è da mettere in relazione alla nomina della moglie del giudice Vincenzo Giglio, Alessandra Sarlo, a commissaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Alessandra Sarlo è attualmente dirigente generale del settore Controllo strategico della Regione Calabria, assunta dopo essere stata commissaria dell’Asp di Vibo Valentia. Secondo le indagini dei pm antimafia meneghini, Morelli, avrebbe caldeggiato la nomina della moglie del giudice Vincenzo Giuseppe Giglio, Alessandra Sarlo, a commissario dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Per riuscirci, Morelli scomoda anche il capogruppo del Pdl Luigi Fedele. «Ed è proprio il ruolo assunto da Fedele in Regione – scrive il gip – che poi gli permetterà di accontentare le richieste di Giglio, passate a Fedele tramite Morelli». D’altronde, prosegue il gip, «la Sarlo era stata una delle grandi elettrici di Fedele, per il quale aveva fatto intensa campagna elettorale». Tornando alla figura del giu- Il giudice Vincenzo Giglio, 51 anni, e la moglie Alessandra Sarlo, dirigente della Regione Calabria dice Giglio, per il gip Gennari, dagli atti delle indagini emerge un ritratto complessivo del magistrato reggino «estremamente negativo. È il ritratto di un personaggio considerato notoriamente “avvicinabile” in ambienti criminali di elevato spessore» anche se la sua unica preoccupazione «è quella di preservare la sua immagine pubblica». Ieri mattina, intanto, il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, nel momento in cui al secondo piano del Cedir (il palazzo che ospita i Tribunali) ve- nivano effettuate le perquisizioni negli uffici del presidente Vincenzo Giglio, ha evitato di rispondere alle numerose domande dei giornalisti presenti nel suo ufficio, trincerandosi in un fermo riserbo: «È un’inchiesta dei colleghi di Milano – le uniche parole proferite dal capo della dda reggina – e tuttavia spero che almeno non si dica più che le indagini della magistratura si fermano sulla soglia della cosiddetta “zona grigia”». Anzi, l’ombra di questa dannata “zona grigia” potrebbe estendersi ed allungarsi fino al palazzo di Giustiza di Catanza- ro. Secondo il gip di Milano Gennari, infatti, esiste il fondato sospetto che ci sia qualche “talpa” annidata anche tra le toghe di Catanzaro. Per il gip «va notato un particolare assai allarmante», dopo alcune «visite» al giudice Vincenzo Giglio del tribunale di Reggio, Francesco Lampada, presunto boss, anche lui arrestato, «aveva riferito alla moglie che lì a Reggio il controllo era stato fatto», ma che il «capo struttura intendeva fare un controllo totale, a 360 gradi». Questo, secondo il gip, si riferisce a eventuali indagini in corso. «Ora – annota ancora il INDAGATO PER FAVOREGGIAMENTO. IL LEGALE: «MAI COMPIUTI ATTI ILLECITI NELL’ADEMPIMENTO DEI MIEI DOVERI» A Vibo perquisito lo studio dell’avvocato Giovanni Marafioti Nicola Lopreiato VIBO VALENTIA «Mi dovete spiegare se debbo andare a chiedere il permesso al Procuratore della Repubblica su come difendere un mio assistito...». Non usa mezzi termini l’avvocato Armando Veneto che insieme con l’avvocato Giuseppe Milicia ha assunto la difesa dell’avvocato Giovanni Marafioti del Foro di Vibo Valentia, indagato dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria per avere «travalicato i limiti del suo mandato» portan- do ai familiari di Domenico Gallico, ergastolano di Palmi, alcuni messaggi che lo stesso legale avrebbe ricevuto durante un colloquio in carcere con il suo suo assistito. Per questa vicenda l’avvocato Marafioti ha ricevuto un avviso di garanzia e nello stesso tempo ieri mattina agenti della Polizia di Stato hanno perquisito il suo studio in via Jan Palach, a Vibo Valentia. Una perquisizione avvenuta alla presenza del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Roberto Di Palma. L’avvocato Giovanni Marafioti tra i penalisti più in vista di Vibo Sulla vicenda l’avv. Marafioti ha diramato una nota nel corso della quale ha riferito «di aver messo a disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo allo svolgimento della difesa di Domenico Gallico, certo come sono – ha detto il penalista – di non aver mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato. Ho chiesto di essere interrogato per chiarire i fatti che nella interpretazione dell’accusa sarebbero indiziati di favoreggiamento, poiché essi riguardano lo svolgimento doveroso del rapporto – spesso difficile in ragione delle diverse culture a confronto – con l’imputato assistito. I miei difensori – ha poi aggiunto Marafioti – avranno cura di esprimere il mio rammarico ma anche la mia serenità per essere stato raggiunto da un’accusa che reputo chiaramente infondata». Il legale ha quindi annunciato di avere immediatamente rinunciato alla difesa di Domenico e Antonino Gallico, suoi assistiti nel procedimento a loro carico. Si tratta di persone coinvolte nella sanguinosa fai- gip – viene fuori che i Lampada hanno avuto garanzie sull’eventuale iscrizione nel registro degli indagati sia per quanto riguarda Reggio Calabria che per quanto concerne Catanzaro. Ma Catanzaro – prosegue il giudice – non è la sede giudiziaria del magistrato! Come ha fatto a reperire notizie sul quel distretto? Dobbiamo immaginare che lo stesso si sia rivolto ad altri colleghi o a soggetti istituzionali di quel distretto? L’ipotesi – conclude il gip – non è peregrina e dovrà sicuramente essere accertata nella prosecuzione delle indagini». L’arresto del giudice Vincenzo Giglio (che sarà interrogato domani nel carcere di Milano) ha già ricevuto l’attenzione del comitato di presidenza del Csm che ha trasmesso gli atti relativi all’arresto al procuratore generale della Corte di Cassazione a alla prima commissione dello stesso Csm al fine di avviare una indagine. Per Giglio si prospetta il rischio della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio: in caso di arresto di un magistrato e in presenza della richiesta del procuratore generale della Cassazione, che però al momento non è ancora arrivata al Csm, per la sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli la sospensione costituisce un atto dovuto. da di Palmi che per oltre un decennio vide contrapposti i Gallico ai Condello e che fece circa 50 morti ammazzati. Una vicenda, quella che ha interessato l’avv. Marafioti, che ha destato un comprensibile sconcerto negli ambienti forensi vibonesi. Il legale in città gode di una profonda stima ed è tra i professionisti più in vista e apprezzati. Il suo curriculum professionale è piuttosto importante essendo da decenni impegnato nei più grossi processi di mafia che si celebrano nei tribunali della Calabria e in diverse parti d’Italia. In passato era stato componente della Camera penale e consigliere comunale di Vibo Valentia sotto l’amministrazione guidata dal sindaco Alfredo d’Agostino. I RAPPORTI CON I LAMPADA-VALLE, GLI INTERESSI IN ALCUNE SOCIETÀ E LE SOFFIATE ALLA COSCA IL GIP SCAGIONA IL SINDACO DI ROMA Morelli utilizzava schede telefoniche fittizie Arcangelo Badolati COSENZA Franco il “cattolico”. Il consigliere regionale finito in manette ostentava, dietro una riservatezza di maniera, l’appartenenza all’Opus Dei. Un’appartenenza a dire il vero mai pienamente confermata dall’Opera fondata da San Josè Maria Escrivà. Eppure l’abitudine di frequentare ambienti clericali, il piacere di mostrarsi in compagnia di prelati e l’assidua presenza alla messa domenicale (spesso seguita assiso sui banchi della chiesa di Santa Teresa a Cosenza) hanno tuttavia fatto crescere a dismisura il mito di un Morelli legatissimo agli ambienti cattolici e alla chiesa. Ambienti che non hanno – a dire il vero – mai disdegnato le sue premure e la sua amicizia. Un’amicizia che lui ha sempre amato definire «condivisione». Nelle intercettazioni che gli sono costate l’arresto, l’esponente del Pdl – che negli ultimi tempi aveva accolto con fervore l’ex ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, giunto in visita istituzionale in Calabria – ripeteva al giudice Vincenzo Giglio la sua «condivisione» rispetto alle istanze che il togato gli avanzava. «Tra amici – spiegava Morelli al magistrato afflitto dalla necessità di sistemare degnamente la moglie in ambito lavorativo – non esiste gratitudine ma condivisione». Di tutt’altro tenore erano, invece, i colloqui intrattenuti con Giulio Lampada, ritenuto dagli inquirenti esponente di spicco della cosca mafiosa Lampada-Valle. A lui, Franco il “cattolico” aveva consegnato una scheda telefonica intestata a un cittadino marocchino inesistente dal nome improbabile di Said El Arousy, residente a Roggiano Gravina (Cosenza). Con Lampada non parlava di «condivisione» ma di «uccellino che canta dietro» e di «angioletti» usando un linguaggio che i pm di Milano hanno naturalmente definito «criptico». E dei Lampada-Valle, il consigliere regionale Morelli era pure socio in affari atteso che Ilda Boccassini e Paolo Storari lo ritengono partecipe del capitale sociale (con il 10 per cento) di imprese come la Andromeda srl, Franco Morelli specializzata nel gioco legale a distanza; Orion service srl, per la gestione dei servizi che opera nella consulenza amministrativa; della Pegasus srl che sercita attività connesse a lotterie e scommesse. Le tre società vengono costituite tutte lo stesso giorno – il 19 novembre del 2009 – e Morelli provvede il primo settembre del 2010 alla cessione delle sue quote, a seguito degli arresti avvenuti nel luglio dello stesso anno. «Ciò – annotano i pm milanesi – con l’evidente scopo di non essere coinvolto in alcun modo con le vicende giudiziarie». L’esponente del Pdl riceve pure 50.000 euro in contanti il 15 settembre del 2009, recandosi appositamente in via Dolci, sede logistica dei Lampada-Valle, prendendo parte a un incontro cui erano presenti Francesco e Giulio Lampada e Maria Valle che aveva procurato il denaro. E ancora – questa la tesi di accusa – prende parte alla campagna elettorale di Leonardo Valle, candidato al consiglio comunale di Cologno Monzese alle amministrative del 2009, organizzando incontri e riunioni e partecipando alla cena organizzata il 19 novembre di quello stesso anno in casa di Giulio Lampada. Ma la posizione di Franco il “cattolico” si complica giudiziariamente perchè al sostegno politico e societario ai Lampada-Valle aggiunge pure quello informativo. Il nove dicembre del 2009 viene infatti sorpreso a comunicare a Giulio Lampada ed al suo avvocato, Vincenzo Minasi, le notizie apprese circa le indagini avviate nei confronti del sodalizio. E per telefonare usa un telefono pubblico di Roma, ubicato in piazzale delle Province 9, poco distante dalla propria abitazione. Morelli chiama peraltro Lampada sull’utenza riconducibile alla scheda intestata all’extracomunitario che lui stesso gli ha procurato. Il testo della conversazione è riportato nell’ordinanza di custodia cautelare. Leggiamo: «La stessa cosa ha detto...Franco dopo due giorni... pwerchè dopo che ci siamo visti con Enzo...a Cosenza...e franco mi ha detto la stessa cosa...ha detto che sul registro non c’è scritto niente né a Catanzaro né a Reggio stanno soltanto controllando...ci vengono dietro per vedere cosa facciamo...cosa non facciamo...». Franco Morelli, che è presidente della Commissione Bilancio della Regione, è difeso dall’avv. Franco Sammarco del foro di Cosenza. L’interrogatorio dell’uomo politico è fissato a brevissimo. Il legale non ha inteso rilasciare alcuna dichiarazione. «Alemanno paga il cinismo del suo compagno di partito» MILANO. Gianni Alemanno «paga il cinismo e lo spessore criminale del suo compagno di partito e seguace Franco Morelli. Morelli non si fa alcuno scrupolo ad avvicinare uomini come Lampada e Alemanno, ben sapendo quale fosse lo spessore del primo e quali le ricadute per l’immagine del secondo, una volta scoperte le cose». Lo scrive il gip di Milano Giuseppe Gennari nella ordinanza che ha portato all’arresto di dieci persone vicine alle cosche Valle-Lampada. Alemanno partecipò come padrino alla cresima della figlia di Morelli, che si celebrò in una grande azienda agricola di Lamezia Terme e fu officiata in forma privata dal vescovo. Alla cresima parteciparono anche esponenti del clan dei Lampada. Ma, secondo il gip Gennari, il primo cittadino di Roma, Gianni Alemanno, non aveva idea di chi fossero i Lampada. «Attraverso il meccanismo delle conoscenze concatenate – osserva il gip – i Lampada, partendo da un sodale ben introdotto, possono arrivare agevolmente ai vertici politici ed Gianni Alemanno entrare in contatto con personaggi di rilievo governativo e nazionale. Che Alemanno – così come è – non avesse idea alcuna di chi fossero in realtà i Lampada conta poco o nulla. Quello che conta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni personali di favore alle quali mai avrebbe potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di compiacenze mafiose». 27 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 Calabria . GLI EFFETTI DELL’INCHIESTA MILANESE Il Csm trasferisce gli atti dell’arresto di Giglio alla Pg della Cassazione, Morrone sostituirà Morelli in Consiglio regionale Politica e Magistratura scosse dalle manette Anm e Md severe. Scopelliti vuole leggere le carte. Talarico difende l’Istituzione. Angela Napoli attacca Tonio Licordari REGGIO CALABRIA E adesso cosa succederà? Per quanto riguarda l’arresto di Franco Morelli, il presidente del Consiglio regionale Talarico, una volta ricevuto il decreto, provvederà a sospenderlo e ad avviare le pratiche per la surroga con il primo dei non eletti nella lista del Pdl a Cosenza che è l’ex consigliere Ennio Morrone. Esattamente un anno fa è avvenuta la stessa cosa per surrogare Santi Zappalà, arrestato e sostituito da Gesuele Vilasi del Pdl reggino. Zappalà però una volta finito in galera si era dimesso, togliendo dall’imbarazzo l’Istituzione. Per quanto riguarda l’arresto del giudice Giuseppe Giglio, il Comitato di presidenza del Consiglio superiore della Magistratura ha trasmesso gli atti al procuratore generale della Corte di Cassazione e alla prima commissione dello stesso Csm per l’indagine del caso. Non mancano le reazioni sulla nuova tempesta che si abbatte su Palazzo Campanella e sulla Magistratura reggina in seguito all’indagine milanese. Il governatore Giuseppe Scopelliti, nel ribadire la sua fiducia negli organi di Giustizia, «intende vedere le carte» prima di esprimere giudizi. Estrema cautela, insomma. Da parte sua il presidente del Consiglio regionale Franco Talarico premette: «Ho grande fiducia nel lavoro della Magistratura e delle Forze dell’ordine, che intensificando sempre di più gli sforzi su tutto il territorio nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro tutte le mafie e ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da considerare tra le cause principali del mancato sviluppo e della debolezza civile della nostra regione». Quindi aggiunge: «Il nostro auspicio è che il consigliere Franco Morelli possa presto chiarire la sua posizione, dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati. In questo momento avvertiamo la forte responsabilità di tutelare e distinguere ruolo e funzioni della massima Assemblea legislativa della regione, continuando, con serenità e supplemento d’impegno, in un percorso di rispetto delle regole e di valorizzazione della legalità, punto fermo della nuova legislatura, che vogliamo intensificare sempre di più, mirando a coinvolgere, sinergicamente le istituzioni tutte, la società civile e le nuove generazioni». Dalla politica alle toghe. Piergiorgio Morosini, segretario generale di Magistratura democratica (Giglio fa parte della sua stessa corrente) commenta: «Al di là dei risvolti penali, la vicenda sollecita ogni magistrato ad una particolare cautela nelle frequentazioni non solo nelle “terre di mafia” e gli organi di autogoverno alla massima incisività nei controlli Leoluca Orlando (Idv) Angela Napoli (Futuro e Libertà) Franco Corbelli (Diritti civili) Ennio Morrone (Pdl) sulla correttezza dei comportamenti dei singoli non solo con riferimento allo stretto esercizio delle funzioni giurisdizionali». A proposito dei due giudici coinvolti, Morosini osserva: «Senza entrare nel merito, anche questa vicenda dimostra come la Magistratura italiana, nei comportamenti concreti, coltivi il principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Occorre avere fiducia nella serietà e nella scrupolo professionale dei magistrati chiamati a svolgere il delicato compito di accertare la verità. Vale naturalmente, anche in questo caso come in tutti gli altri, la presunzione di non colpevolezza dell’indagato sino ad una pronuncia definitiva dell’autorità giudiziaria». Per l’Associazione nazionale magistrati «i fatti che emergono dall’indagine appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione. Al di là di ogni valutazione sul merito delle accuse non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata. Si ribadisce che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti dei sindaci». Tra le prime a reagire l’on. Angela Napoli, componente della Commissione parlamentare antimafia, per la quale «gli intrecci perversi che accomunano pezzi della politica, delle istituzioni, dell’imprenditoria, dei servizi de- viati e della 'ndrangheta, vanno recisi con urgenza e nella loro totalità. La lunghezza dei tempi che intercorre tra la chiusura delle indagini e gli interventi giudiziari dovuti, nonchè la conseguente garanzia dell’impunità, non fan- no altro che consentire inquinamento delle prove e consolidamento di quel sistema di illegalità diffusa che imperversa sulla città di Reggio e sulla sua provincia». Nico Stumpo, responsabile dell’organizzazione del Pd, ricorda che fu «Scopelliti a garantire le liste di centrodestra alle regionali. Ora che è stato coinvolto dalla Magistratura il secondo consigliere regionale del Pdl, ci spieghi il governatore se non si sente politicamente responsabile di questa debacle». Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd, aggiunge: «Fa molta impressione leggere tra gli arrestati i nomi di un magistrato, di un politico e di professionisti conosciuti. Ma questa non è che l’ennesima prova della pervasività della ’ndrangheta in tutti gli strati sociali dei territori che controlla». L’on. Leoluca Orlando (Italia dei valori) afferma che «ancora una volta la politica si trova ad essere coinvolta in inchieste giudiziarie per reati di gravissima rilevanza penale. La credibilità di un Paese non dipende solo da necessarie manovre finanziarie, ma anche dall’onestà e dalla trasparenza della sua classe politica che dovrebbe dare l’esempio». Va controcorrente, infine, il presidente dei Diritti civili Franco Corbelli che si schiera in difesa di Franco Morelli, al quale esprime «forte solidarietà». «Il suo arresto – sostiene – mi lascia sgomento perché colpisce una persona perbene, un uomo generoso, unanimemente conosciuto e apprezzato come un galantuomo». I nomi rivelati dall’ordinanza del gip, Luigi Fedele reagisce Quali candidati calabresi e milanesi si affidavano ai clan Valle e Lampada? MILANO. Oggi magari nella confe- renza stampa che si terrà a Milano si potrà sapere di più. Soprattutto in chiave politica. L’indagine si sofferma anche sugli appuntamenti elettorali degli ultimi sette anni e rivela che i tre presunti affiliati alla 'ndrangheta Giulio Lampada, Leonardo Valle e Raffaele Firminio «hanno ostacolato il libero esercizio del voto, in occasione di competizioni elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini». Lo scrive il gip di Milano Giuseppe Gennari nell’ordinanza, nella quale si fa riferimento alle «regionali in Calabria dell’aprile 2005», «alle elezioni politiche dell’aprile 2008» e, fra le altre cose, «alle elezioni alla Provincia di Milano del giugno 2009». I tre esponenti mafiosi, come scrive il gip, avrebbero fatto confluire i voti verso candidati «a loro vicini, tra i quali Aberto Sarra per le regionali in Calabria dell’aprile 2005, attualmente sottosegretario alle Riforme e semplificazione amministrativa (della Giunta regionale, ndr); Giuseppe Adolfo Alati, nelle elezioni al comune di Reggio Calabria del maggio 2007 e della Regione Calabria del maggio 2010; Oliverio Antonio, alle elezio- Luigi Fedele (Pdl) ni per il comune di Milano del maggio 2006, assessore della Provincia di Milano agli Affari generali, Turismo e moda, fino a maggio 2009; Franco Morelli per le regionali in Calabria del marzo 2010, attualmente consigliere regionale». E poi ancora: «Tarcisio Zobbi, alle elezioni politiche dell’aprile 2008, consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al 2009; Armando Vagliati, nelle elezioni alla Provincia di Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia ALLA CENA PRESENTI CHIARAVALLOTI E BUONFIGLIO. LE SMENTITE DI GABRIELE QUATTRONE Giulio Lampada: così incontrai Alemanno al Cafè de Paris MILANO. Una serata organizzata al Cafè de Paris a Roma nella quale Giulio Lampada, una delle persone arrestate nell’ambito del blitz contro la 'ndrangheta, ha conosciuto l’allora ministro delle Politiche agricole forestali Gianni Alemanno, e alla quale erano presenti anche Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente della Autorità garante per la protezione dei dati personali, e il deputato Buonfiglio. Della cena si parla nell’ordinanza dell’inchiesta della Dda di Milano. A descriverla in una conversazione telefonica del 3 aprile 2008 è lo stesso Giulio Lampada al telefono con Mario Giglio. Lampada spiega che «l'altra sera mi hanno presentato Gianni Alemanno». «Tu immagina il ministro con il microfono in mano, seguimi, “ringrazio il gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano, e il dottore Vincenzo Giglio, noi in un angolino che gli alzavamo la mano tipo 'cià, cià, cià». Vincenzo Giglio è il medico cugino del giudice anche Il presunto boss è stato nominanto cavaliere di San Silvestro lui arrestato ieri. Giulio Lampada continuando nella sua descrizione spiega che «c'era il deputato Buonfiglio», Francesco Morelli, consigliere regionale della Calabria, e anche Chiaravalloti e altri noti esponenti della borghesia di Reggio Calabria, nonchè rappresentanti delle istituzioni locali. «Eravamo i vip, diciamo la Reggio bene», ha aggiunto. Per il giudice «questa vicenda è la dimostrazione delle potenzialità che è in grado di produrre la strategia di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenze concatenate (...) possono arrivare agevolmente ai vertici politici ed entrare in contatto con personaggi di rilievo governativo e nazionale». «Che Alemanno – così com'è – non avesse idea alcuna di chi fossero in realtà i Lampada – osserva ancora il giudice – conta poco o nulla. Quello che conta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni personali di favori alla quale mai L’esterno del Cafè de Paris a Roma il giorno del sequestro avrebbe potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di compiacenze mafiose». Nell’ordinanza è stato fatto notare inoltre che il Cafè de Paris di Roma nel luglio del 2009 venne sottoposto a sequestro dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria in quanto «nella diretta disponi- bilità della famiglia mafiosa Alvaro e in particolare di Vincenzo Alvaro, attraverso prestanome». Il nome di Alemanno ricorre anche in un’altra parte dell’ordinanza, quando si riportano una serie di dialoghi tra Morelli e Lampada tra settembre e ottobre 2009 nei quali si segnala che i Lampada erano stati invitati al- Dopo l’elezione voleva fare l’assessore regionale all’Agricoltura Le mani della ’ndrangheta in Vaticano? Le aspettative deluse di Franco Morelli REGGIO CALABRIA. «Anche in Vati- cano – dove Giulio Lampada otterrà di battezzare suo figlio – si allungano le mani della famiglia mafiosa». Lo scrive il gip di Milano Giuseppe Gennari nella ordinanza che ha disposto l’arresto di 10 persone. «E come spesso accade – continua il giudice per le indagini preliminari del Tribunale menghino – questo mondo rimane fuori dall’area punibilità. Carenza di fattispecie incriminatorie idonee non consentono di punire personaggi dei quali non si riesce a dire che siano organici all’associazione, ma che sicuramente offrono sponde essenziali (sovente palese- mente consapevoli) per la crescita economica e sociale del gruppo mafioso». Nell’ordinanza il gip riporta una telefonata del 9 novembre 2009 in cui Giulio Lampada informa l’avvocato Minasi con toni amichevoli che il giorno precedente è stato nominato cavaliere di San Silvestro dal Vaticano con nomina del Monsignor Tarcisio Bertone e avuto targhetta, distintivo e l’alta uniforme che si farà fare su misura. «Ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono Eccellenza... Di grado pari a Eccellenza... Mi devono chiamare Eccellenza...». Nell’introdurre quest’intercettazione, il gip premette: «Entria- del marzo 2010; Luigi Fedele alle elezioni per la Regione Calabria del maggio 2010, attualmente consigliere regionale». I tre arrestati, scrive il gip, si sarebbero fatti carico «in alcuni casi, nel corso degli anni, di organizzare eventi e/o riunioni, in prossimità delle competizioni elettorali». Tra questi eventi il gip cita anche una serata al Cafè de Paris a Roma qualche giorno prima delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile del 2008, «a cui parteciparono, tra gli altri, lo stesso Morelli, il medico Vincenzo Giglio, Giuseppe Chiaravallori vice presidente autorità garante per la protezione dei dati personali e l’on. Antonio Buonfiglio». (Il servizio in questa stessa pagina). A proposito di questa ordinanza, il consigliere regionale Luigi Fedele ha diffuso una nota nella quale sostiene di non conoscere né i Valle e né i Lampada, ma di aver avuto rapporti solo con la dottoressa Alessandra Sarlo «persona che stimo e che alle ultime regionali mi ha votato. Per i suoi incarichi non ho mai avuto alcun tipo di influenza. Di certo, la signora Sarlo ha ottenuto gli incarichi esclusivamente per la sua professionalità». mo nella zona più delicata e pericolosa delle indagini, quella delle relazioni abilmente costruite dalla famiglia Lampada con esponenti della vita politica, sociale e professionale; tutti personaggi in grado di ottenere vantaggi dalla famiglia mafiosa e che in cambio sono altrettanto in grado di offrire una contropartita allettante. Qui vedremo passare individui di ogni estrazione. Più spesso politici, ventre molle dell’infiltrazione mafioso e sempre disponibili a offrire una sponda in cambio di voti. Altre volte bancari, avvocati, medici, magistrati... Nessun ambiente rimane estraneo a questa contaminazione...». REGGIO CALABRIA. Il gip, ricostruendo gli stretti rapporti tra Morelli e il giudice Vincenzo Giglio, affronta anche la cronistoria delle «aspettative di governo» del consigliere regionale, aspettative che si scontrano con le voci che circolano di indagini sul suo conto. Nell’aprile 2010, infatti, Morelli viene eletto il Consiglio regionale e, scrive il gip, «i voti ottenuti giustificavano, per l’abile Morelli, aspettative di governo (...) alla guida dell’assessorato per l’Agricoltura e Forestazione». Ma, prosegue il gip, «che le cose non vadano come Morelli si aspettava già viene fuori da una conversazione con Alemanno del 13 aprile 2010. Alemanno: «Sen- ti, mi dice La Russa che ... eh ... nella lista mandata a Scopelliti per gli assessori in Calabria il tuo nome non ci sarebbe, ti risulta?». Morelli: «Eh! Mi risulta sì!». Il gip spiega che «il grimaldello per fare fuori Morelli sarà proprio quello di temuti guai giudiziari. E il giudice Giglio – chiarisce il gip – è colui che si adopera per disinnescare l’inghippo». Il 18 aprile 2010, «Morelli – ricostruisce il gip – esce da casa del giudice, e telefona subito al sen. Francesco Bevilacqua che gli riferisce di aver parlato con Alemanno che, a sua volta, è stato al telefono per due giorni con Scopelliti e con La Russa per risolvere la situazione». Giglio, in quei giorni, come scrive il gip, invia «un fax a Morelli dal quale risulta che a carico di quest’ultimo non vi sarebbero indagini in corso». Il 6 maggio 2010, poi, in una telefonata intercettata, Alemanno dice a Morelli: «Senti io ieri sera finalmente sono riuscito a parlare con Scopelliti a quattr'occhi». E più avanti gli spiega ancora: «Tu potresti subentrare da assessore se nel frattempo tutte quelle vicende sono state chiarite, e nel frattempo faresti il presidente della commissione bilancio». E Morelli: «Va bene». L’8 giugno Morelli viene nominato e, conclude il gip, «il giudice Giglio si compiace per ciò, inviando un messaggio all’amico politico: “Bene. Questa è fatta”».(p.g.) la cresima della figlia del consigliere regionale, cui il sindaco di Roma sarebbe stato padrino. Il giudice scrive tra l’altro che le intercettazioni hanno rivelato che «la funzione religiosa è stata celebrata in forma privata dal vescovo, in una grande azienda agricola di Lamezia Terme ove era presente anche Alemanno». Nella stessa ordinanza si legge che Franco Morelli su sollecitazione di Giulio Lampada avrebbe «fatto piazzare anche il figlio del noto medico reggino, Gabriele Quattrone, a Bruxelles con un incarico di studio presso la Comunità europea. Nella stessa ordinanza si legge che Gabriele Quattrone, neurologo, risulta indagato dalla Dda di Catanzaro «per false perizie in favore di Maria Valle». Da parte sua il professionista reggino, dopo aver letto le note di agenzia, ci ha chiamato per smentire: «Mio figlio Diego non è mai stato a Bruxelles, non ha avuto alcun incarico. Io sono indagato a Catanzaro, ma per altro». Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 34 Cronaca di Reggio . CORTE D’APPELLO Concluso il processo nato da un’inchiesta sulla cosca Libri. Con l’ex consigliere comunale giudicato innocente anche Vincenzo Pileio Testamento, confermata l’assoluzione di Labate Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Pene ridotte agli altri quattro imputati Paolo Toscano Il verdetto del processo “Testamento” è arrivato dopo una camera di consiglio durata circa tre ore. La Corte d’appello (Natina Pratticò presidente, Angelina Bandiera e Daniele Cappuccio giudici) ha confermato l’assoluzione dell’ex consigliere comunale Massimo Labate e del suo amico e segretario Vincenzo Pileio con la formula perché il fatto non sussiste. Assoluzione piena, dunque, come era stato in primo grado. La Corte non ha accolto l’impugnazione della procura che aveva chiesto 10 anni per Labate e 8 per Pileio. La Corte ha confermato la condanna degli altri quattro imputati riducendo, però, leggermente le pene. Per associazione mafiosa è stato condannato a 9 anni Giuseppe Libri, figlio del defunto boss Mico (in primo grado aveva avuto 12 anni); condannati rispettivamente a 6 anni e 6 anni e 6 mesi per gli imprenditori edili Alessandro Collu e Francesco Giuseppe Quattrone (entrambi avevano avuto 12 anni); infine Bruno Crucitti, imprenditore nel settore del calcestruzzo, è stato condannato a 7 anni (in primo grado 10 anni). La Corte d’appello reggina ha escluso per tutti l’aggravante prevista al sesto comma dall’articolo 416 bis relativa alla banda armata e ha concesso agli imputati Collu e Quattrone le circostanze generiche ritenendole equivalenti alle aggravanti contestate. Il processo “Testamento” è nato da un’inchiesta della Dda sulle attività della cosca Libri che il 20 luglio 2007 aveva portato a una raffica di arresti. Massimo Labate, all’epoca in servizio alla sezione catturandi della squadra mobile della Questura cittadina, era finito in manette insieme con altre quattordici persone. L’ex consigliere comunale di An aveva trascorso un lungo periodo di detenzione in un carcere militare. Nei suoi confronti era stata formulata l'accusa di avere favorito in più occasioni, adoperandosi per l’elargizione di contributi comunali, alcune associazioni culturali dietro le quali si sarebbero celati gli interessi della cosca Libri, in particolare di Antonino Caridi, genero del defunto boss Mico Libri. Il processo di primo grado, celebrato nelle forme del rito ordinario davanti al Tribunale, si era concluso con l’assoluzione di Labate e Pileio, e le condanne degli altri quattro imputati. La sentenza era stata appellata dai condannati e dalla Procura in relazione alle due assoluzioni. E nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Francesco Mollace ha chiesti alla Corte di ribaltare quanto deciso in primo grado e di condannare Massimo Labate e Vincenzo Pi- COMUNE Iniziativa del sindaco Arena Il risarcimento di Meta servirà per sistemare i beni confiscati Angelina Bandiera, Natina Pratticò e Daniele Cappuccio, componenti della Corte che ha giudicato gli imputati del processo “Testamento” IN SINTESI L’OPERAZIONE. Era stata condotta dalla squadra mobile della Questura, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia reggina, il 20 luglio 2007 nell’ambito di una inchiesta sulle attività criminali della cosa Libri, una delle più potenti organizzazioni nel panorama della ’ndrangheta attiva in riva allo Stretto. L’ex consigliere comunale Massimo Labate assolto anche in appello Avv. Andrea Alvaro leio rispettivamente a 10 e 8 anni di reclusione. Dopo le richieste del rappresentante dell’accusa, in difesa dell’ex consigliere comunale era intervenuto nella discussione l’avvocato Domenico Alvaro. Ieri è stata la volta del codifensore, l’avvocato Andrea Alvaro. Il gio- della festa rionale a San Giorgio Extra: «Una condotta – ha sottolineato Alvaro – che non poteva mai costituire un rafforzamento concreto della consorteria». Il penalista ha sostenuto, inoltre, che gli elementi probatori emersi nel corso del dibattimento di primo grado, avevano escluso la fondatezza di tutte le altre condotte originariamente contestate a Massimo Labate. Chiuso positivamente anche il capitolo d’appello di questi procedimento, per Massimo Labate sempre nel contesto della stessa vicenda, se ne è aperto un altro con il suo rinvio a giudizio, insieme con altri, per concorso in abuso d’ufficio con Orsola Fallara, la dirigente del settore Finanze del Comune morta suicida nel dicembre dello scorso anno. Il pg Mollace aveva chiesto la condanna di Labate e Pileio a 10 e 8 anni Giuseppe Libri ha avuto una riduzione della pena rispetto al primo grado Dopo una settimana rientra la protesta Scordo: i giudici di pace sospendono lo sciopero I giudici di pace, dopo una settimana di sciopero, ritornano al lavoro. Ne dà notizia il presidente della sezione distrettuale dell’Associazione nazionale di Reggio Antonino Scordo dopo aver ricevuto assicurazioni dal nuovo ministro Paola Severino di una convocazione a breve di tutte le rappresentanze della categoria. La protesta che aveva portato alla sospensione del lavoro era iniziata il 22 novembre e aveva registrato la massiccia Antonino Scordo vane penalista ha censurato le argomentazioni contenute nell’impugnazione della Procura rappresentando che, diversamente da quanto sostenuto in aula dal sostituto procuratore generale Francesco Mollace, non vi era alcuna prova del patto politico-mafioso che sarebbe stato stipulato, secondo l’assunto accusatorio, tra Massimo Labate e la cosca Libri, in quanto era certo che l’ex consigliere comunale non avesse avuto appoggio elettorale nelle amministrative del 2007. Il legale ha rappresentato ancora che l’unica condotta che risultava provata a carico di Labate era soltanto il sollecito del pagamento per rimborso delle spese sostenute dall’associazione culturale nell’organizzazione partecipazione della categoria. Il presidente Scordo, a bocce ferme, parla di una adesione registrata nella prima settimana pari al 90% su tutto il territorio nazionale. Un risultato che conferma la compattezza dei giudici di pace. Ed è facile immaginare che è stata la paralisi che si è determinata in tutto il comparto ad indurre il neo ministro ad occuparsi del disagio che ha investito queste figure professionali, ritenute indispensabili nel dirimere questione che sono di competenza della magistratura di pace. Il ministro ha infatti parlato «dell’urgenza di procedere alla riforma della magistratura onoraria».(r.rc) GLI ARRESTATI. Tra i quattordici finiti in manette figuravano anche Massimo Labate, all’epoca consigliere comunale e poliziotto in servizio alla squadra mobile reggina, e il suo segretario Vincenzo Pileio, entrambi accusat di concorso esterno in associazione mafiosa. «Il principio di legalità deve, sempre e comunque, rappresentare il binario guida delle azioni da intraprendere a livello politico-amministrativo, così come è obbligo, per un Ente importante a livello territoriale quale il Comune, sostenere le altre Istituzioni che si impegnano quotidianamente per combattere le attività della criminalità organizzata che soffoca il tessuto economico e produttivo della nostra realtà». È questo il commento del Sindaco Demetrio Arena a seguito dello sviluppo del processo “Meta” la cui sentenza, tra l’altro, ha determinato la liquidazione di maxirisarcimenti nei confronti delle parti civili che si erano costituite in giudizio tra cui, appunto, il Comune di Reggio Calabria, definendo in due milioni di euro la cifra d’indennizzo per quest’ultimo. «Quella assunta del gup Adriana Trapani – prosegue il primo cittadino – è una decisione che assume un rilevante valore simbolico: un passaggio che testimonia, in maniera tangibile, come paghi schierarsi apertamente, e sempre, dalla parte della Giustizia e dello Stato». «La costituzione di parte civile del Comune, travalica, altresì – dichiara Arena –, concretamente i continui, demagogici e poco opportuni accostamenti che ci vengono attribuiti, con indirizzi strumentali, da alcuni soggetti politici». «Ancora una volta, infatti – aggiunge il sindaco Arena –, quest’Amministrazione Comunale ha dimostrato di sostenere, senza dubbio alcuno, la legalità, assumendo un ruolo di primo piano nel difficile e delicato percorso di contrasto alla criminalità organizzata, anche in considerazione del fatto che il processo Meta non è l’unico procedimento nel quale Palazzo San Giorgio ha ritenuto doveroso costituirsi parte civile». «Alla luce dell’importanza del provvedimento deciso dal giudice – ribadisce Demetrio Arena – ho deciso di convocare, in via straordinaria questa sera (ieri per chi Il sindaco Demetrio Arena ha riunito d’urgenza la Giunta legge, ndr.) la Giunta Municipale: una riunione che è servita per decidere di destinare le somme ricevute in sede processuale alla “Risistemazione dei beni confiscati alla criminalità in possesso dell’Amministrazione comunale”». «Anche questo gesto deliberato dal governo cittadino – conclude il sindaco Arena – vuole essere un simbolo in grado di sottolineare ulteriormente lo sforzo compiuto delle Forze dell’Ordine e della Magistratura contro il crimine organizzato».(p.g.) IL PROCESSO. In primo grado, a conclusione del processo celebrato con il rito ordinario, Labate e Pileio erano stati assolti con formula piena mentre gli altri quattro imputati avevano avuto condanne che andavano dai 10 ai 12 anni di reclusione. Nel processo d’appello c’è stata la conferma delle due assoluzioni e del giudizio di responsabilità per gli altri quattro imputati che, comunque, hanno avuto sconti di pena. Il processo Meta si è svolto nell’aula bunker del viale Calabria Alle 10.30 l’incontro al Consiglio regionale che apre l’iniziativa promossa da Riferimenti Al via il nuovo percorso della Gerbera Gialla I semi della Gerbera Gialla si piantano oggi al Consiglio regionale con un appuntamento che apre il percorso 2011-2012 del progetto promosso dall’associazione Riferimenti. Un percorso itinerante che dalla Calabria si snoderà lungo tutto il territorio nazionale per concludersi a maggio con le “Giornate della Gerbera Gialla”. Ad aprire questa nuova edizione del progetto sarà il direttore centrale della Polizia criminale Francesco Gratteri che interverrà nel corso dell’incontro che si terrà questa mattina (con inizio alle 10.30) al Con- siglio regionale. Nel corso della giornata che sarà aperta dall'intervento del presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico, sarà proiettato e presentato il calendario 2012 di “Riferimenti”, dedicato agli anniversari del decennio di sangue 1982-1992 e destinato come strumento didattico alle scuole. Alla manifestazione parteciperanno delegazioni di studenti provenienti da varie zone della Calabria, che potranno ascoltare, la musica di Andrea Lucisano artista e filosofo napoletano di origine calabrese. Autore di di- verse colonne sonore per documentari e per film Lucisano ha pubblicato il libro Il Cantico dell’Uva, con la prefazione di Edoardo Bennato, De Angelis editore. Nel 2008 gira a Cinecittà di Roma “Socrate e la nuvola rosa”, film psichedelico che riprende l’Apologia di Platone, utilizzando la musica elettronica, le animazioni ed un rap in greco antico tratto dalla lettera di Epicuro sulla felicità. Il progetto che oggi prende il via ufficialmente fa seguito al protocollo d’intesa siglato tra il Consiglio regionale della Cala- bria e il Coordinamento nazionale antimafia Riferimenti. L'azione progettuale educativa è mirata alla sensibilizzazione pubblica come prevenzione nella lotta alla criminalità organizzata ad ogni forma di violenza organizzata con particolare riferimento al mondo giovanile. L'obiettivo è la predisposizione di interventi mirati onde impedire la penetrazione della 'ndrangheta nel tessuto sociale. Il percorso didattico ha come base la memoria considerata chiave di lettura dei processi umani passati, presenti e futuri.(e.d.) Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 37 Cosenza - Provincia . CORIGLIANO Il fratello dell’ex sindaco ha rilasciato dichiarazioni spontanee durante l’udienza preliminare del processo “Santa Tecla” che s’è tenuta ieri Mario Straface parla in aula: sono innocente Anche il nipote Davide, figlio del defunto Franco, s’è difeso dalle accuse mosse dalla Dda di Catanzaro Emilia Pisani CORIGLIANO È stata fissata per il prossimo 15 dicembre l’udienza conclusiva per il rito abbreviato al quale sono sottoposti 73 degli imputati nel maxi processo Santa Tecla. In quella data il giudice delle udienze preliminari della distrettuale di Catanzaro, Tiziana Macrì, leggerà la sentenza di primo grado. Ieri nell’aula bunker del tribunale di Catanzaro si è conclusa anche l’arringa difensiva dell’imputato Mario Straface, presente in aula, coinvolto nell’inchiesta insieme a numerosi dei suoi familiari. La posizione della famiglia dell’ex sindaco di Corigliano Pasqualina Straface è rappresentata legalmente dagli avvocati Emanuele Monte ed Ernesto D’Ippolito. Nella mattinata l’udienza si è concentrata principalmente sulle arringhe difensive del cosiddetto gruppo milanese, vale a dire quelle persone coinvolte nel traffico di droga che sarebbe stato allestito tra il capoluogo lombardo e la città di Corigliano. Successivamente nel pomeriggio la parola è passata alla difesa degli Straface. Mario Straface ha voluto rilasciare alcune spontanee dichiarazioni in aula, professandosi oltre che innocente, completamente estraneo ai fatti che la pubblica accusa e l’imprenditore Giuseppe Curto gli rivolgono. All’alba del 21 luglio del 2010 insieme a Mario Straface veniva tratto in arresto con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso anche il fratello Franco Straface, stroncato da un ictus meno di venti giorni fa mentre era sottoposto agli arresti domiciliari. Mario Straface ha ricordato in buona parte dei suoi passaggi, interrotti da una comprensibile emozione, l’estraneità anche del fratello e dei suoi familiari (sono coinvolti nell’inchiesta pure Fabio, Lucia, Rossella, Davide, Santo e Santino Straface per i quali il pm Luberto ha chiesto un anno di pena). Mario Straface ha riferito in merito alla attività imprenditoriale costruita negli anni insieme al fratello affermando di essere stati essi stessi imprenditori vessati dalla criminalità di Corigliano. Straface ha poi riferito in merito ai rapporti intercorsi con l’imprenditore Giuseppe Curto, ai tempi della costruzione della struttura ricettiva di Contrada Ricota Grande a Corigliano. L’avvocato D’Ippolito ha definito il gioielliere Pino Curto come un calunniatore in merito a quanto riferito sugli Straface. Anche Franco Straface avrebbe voluto rilasciare dichiarazioni spontanee in aula al gup Macrì, ma il malore fulminante glielo ha impedito, per questo ci ha pensato il figlio Davide che ieri in aula ha parlato della figura del padre defunto in un clima di grande commozione, fornendo della documentazione in merito ai lavori eseguiti dalla Straface srl al complesso Airone. Davide Straface ha poi riferito, occupandosi per l’azienda di famiglia di riscuotere i compensi dai clienti, dei rapporti economici intrapresi con il Curto al fine di realizzare i lavori presso la struttura. In concreto secondo la difesa la ditta Straface oltre ad aver eseguito e bene i lavori ci avrebbe anche rimesso economicamente con il Curto. La lunga arringa della difesa degli Straface oltre a voler dimostrare l’estraneità ai fatti contestati in merito alla “vicenda Airone” avrebbe avvalorato la tesi secondo la quale gli Straface non potevano essere vicini all’organizzazione malavitosa coriglianese in quanto essi stessi vittime del malaffare. CORIGLIANO L’asfalto disastrato e le colpe dei camion Una delle aziende sequestrate agli Straface durante il blitz “Santa Tecla” L’ingresso dell’aula bunker di Catanzaro dove si sta svolgendo il processo CORIGLIANO Il dirigente medico era stato denunciato dal primario di Neurologia Omissione in atti d’ufficio, assolto Ritrovato CORIGLIANO. È stato assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di omissione d’atti d’ufficio Salvatore Ritrovato, dirigente medico in servizio presso il reparto di Neurologia dell’ospedale “Compagna” di Corigliano. L’attività lavorativa all’interno del reparto del medico era stata oggetto nell’estate del 2010 di una serie di relazioni scritte a firma del primario del reparto ospedaliero, il quale accusava il Ritrovato di aver volutamente omesso atti del proprio ufficio ed in particolare di non aver risposto nei termini ad una chiamata in pronta disponibilità da parte del medesimo nosocomio. Il dottor Ritrovato già in sede amministrativa era risultato indenne dai rilievi e dalle responsabilità attribuitegli a seguito anche di uno specifico provvedimento adottato dallo stesso direttore sanitario della struttura ospedaliera coriglianese. una vicenda questa che ha contribuito a generare uno stato di “agitazio- TARSIA L’ente gestore delle Riserve ottengono consensi alla Conferenza in materia ne” all’interno del reparto, recentemente interessato da una sospensione dei ricoveri. Salvatore Ritrovato è stato anche nominato dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza responsabile dell’ambulatorio di Neurologia ed Elettromiografia dell’ospedale. In merito alla vicenda giudiziaria Ritrovato ha dichiarato di aver affrontato la questione con grande serenità e di aver avuto completa ed incondizionata fiducia nel corso della giustizia.(emi.pis.) L’ospedale di Corigliano SPEZZANO A. Lascia il vicesindaco La tutela dell’ambiente al primo posto Clamorosa sorpresa Ernesto Paura TARSIA Molti consensi hanno riscosso “Gli Amici della Terra Italia”, in qualità di ente gestore delle Riserve naturali regionali del Lago di Tarsia e della Foce del Crati, a conclusione della “due giorni” dei lavori della Conferenza regionale sull’educazione ambientale, svoltasi presso l’Università degli Studi della Calabria nei giorni scorsi. Lo stand dedicato alle riserve e al centro di esperienza ambientale della Rete Infea Calabria: “A scuola nelle Riserve”, allestito presso il “Village Crea”, è stato, infatti, visitato da un pubblico numeroso, costituito principalmente da studenti e docenti di scuole di ogni ordine e grado, interessati ad ac- Studenti in visita alle Riserve quisire informazioni sulle diverse attività promosse dalle “Riserve”, soprattutto riguardo all’educazione ambientale e alla tutela e valorizzazione della biodiversità. Con la partecipazione a tale iniziativa, l’Ente gestore delle “Riserve”, attraverso suggestive immagini e gigantografie a colori, ha voluto promuovere la straordinaria biodiversità delle due, ed uniche (ad oggi) riserve istituite dalla Regione Calabria. Ha voluto, inoltre, far conoscere – fanno rilevare gli stessi gestori – «i diversi servizi e le numerose attività portate avanti per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione delle risorse naturali. In particolare è stato fornito ai numerosi docenti delle scuole che hanno visitato lo stand la pubblicazione “Le attività di educazione ambientale delle Riserve-Programmi e percorsi educativi e formativi a favore delle scuole di ogni ordine e grado”. Una guida dettagliata che illustra i servizi creati, le attività condotte ed i percorsi educativi e formativi attivati dalle Riserve nel settore dell’educazione e della formazione ambientale». Al “CreaVillage”, gli “Amici della Terra” hanno allestito anche la mostra: “Che cos’è la Biodivertà”, inserita nell’ambito della campagna di educazione ed informazione ambientale avviata – lo ricordiamo – lo scorso anno, in occasione dell’anno internazionale per la Biodiversità, per contribuire alla salvaguardia dello straordinario patrimonio ambientale. SAN DEMETRIO CORONE In programma progetti a tutela delle minoranze linguistiche Approvata all’unanimità la partecipazione ai Pisl Pasquale De Marco SAN DEMETRIO CORONE Il consiglio comunale ha approvato all’unanimità – prassi davvero inconsueta di condivisione programmatica tra maggioranza e opposizione – la partecipazione all’avviso pubblico della Regione per la selezione dei Pisl (Progetti integrati di sviluppo locali). Tre gli ambiti di intervento: “Qualità della vita”, “Sistemi produttivi” e “Centri storici e borghi d’eccellenza”, per un importo complessivo di due milioni e centomila euro. Rinviata, invece, in attesa dell’emanazione da parte della Regione delle linee guida, l’adesione ai Pisl riferiti alla “Tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio etnoantropologico delle Minoranze linguistiche della Calabria”. I progetti presentati – hanno spiegato il sindaco Cesare Marini e il consigliere delegato alla Cultura, Salvatore Mauro – sono stati elaborati, così come prevede il regolamento, da un “Partenariato di ambito” costituito tra i Comuni di Acri, Bisignano, San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, Santa Sofia D’Epiro, Terranova da Sibari, Tarsia e Vaccarizzo Albanese. Nei Pisl “Qualità della vita”, per quanto concerne San Demetrio, sono stati programmati il completamento del Teatro del folklore e delle tradizioni albanesi” e la creazione di un “Percorso urbano della salute” (419.000 euro) con spazi attrezzati all’aperto di aggregazione sociale, pratica sportiva e attività ricreative. Gli interventi dei “Sistemi produttivi” prevedono la realizzazione di un “Centro commerciale naturale e servizi di fruibilità ed accessibilità per la rivitalizzazione economica del centro storico di San Demetrio Corone: un modello ecocompatibile” (400.000 euro). Sono anche previsti finanziamenti da erogare ai privati, mediante appositi bandi, finalizzati alla nascita o all’ampliamento di microimprese e attività artigianali per promuovere crescita economica e occupazionale. Con i fondi richiesti per i Pisl “Centri storici e borghi di eccellenza”, infine, si intende realizzare il “Museo del Festival della canzone arbëreshe” (437.000 euro) e il “Museo di Arte contemporanea” collegato alla Biennale “Magna Grecia” (417.000). Quest’ultimo progetto include anche l’attivazione servizi propedeutici per la certificazione di borgo di eccellenza ed il conseguente inserimento nei circuiti turistici. durante il Consiglio Serra dimissionario Johnny Fusca SPEZZANO ALBANESE Colpo a sorpresa nel consiglio comunale tenutosi ieri sera a Spezzano Albanese: il vicesindaco Luigi Serra s’è dimesso. A darne notizia – l’interessato non ha presenziato all’assise – è stato il primo cittadino Giovanni Cucci, che ha letto ai colleghi consiglieri e ai cittadini presenti alla seduta che s’è tenuta presso la sala consiliare il documento protocollato ieri mattina dallo stesso Serra. Nella breve nota, l’ex vicesindaco afferma di aver lasciato l’incarico perché più volte non in linea con le decisioni prese dalla maggioranza e a seguito dell’incapacità mostrata nel gestire il problema dell’acqua inquinata. Serra specifica infine che resta come consigliere «per realizzare una Spezzano migliore rispetto a quella attuale». Parole che suonano come un messaggio alla cittadinanza teso a sottolineare il distacco dall’azione della squadra di governo e, implicitamente, un’ammissione di insoddisfazione sulla Spezzano odierna, governata negli ultimi due anni e mezzo dalla giunta Cucci. Nel commentare quanto accaduto, il primo cittadino ha detto che la decisione di Serra lo ha colto «impreparato», precisando quindi che i tempi sono adesso maturi per «verificare se la maggioranza ha i requisiti giusti per portare avanti l’azione politica. Ho l’obbligo di fare questa verifica», ha detto il sindaco, subito però “bacchettato” dal consigliere di opposizione Giuseppe Liguori, il quale ha rimarcato sia la gravità delle motivazioni espresse da Serra sia il fatto che le stesse, da sole, né reggano né giustifichino il fatto che la maggioranza sia arrivata “impreparata” alle dimissioni. Dai consiglieri di minoranza Ferdinando Nociti e Fernando Iannuzzi sono arrivati gli inviti al sindaco a dimettersi. E Cucci stavolta non ha escluso l’ipotesi: «Ci sono buone possibilità che, da qui a qualche giorno, io non sia più il sindaco di Spezzano», ha detto, precisando però di voler prima capire «se la maggioranza mi sostiene ancora». A proposito di “numeri”, conti alla mano adesso le cose si complicano: Cucci ha dalla sua 11 consiglieri, ma 3 fanno parte di Voce del Popolo e Serra è in rotta con il gruppo. A Cucci restano insomma sette pedine “sicure”. Morale: se i quattro consiglieri “vaganti” decidessero di votare con i 5 colleghi di minoranza i numeri non sarebbero più dalla parte del sindaco. CORIGLIANO. Sono ancora le cattive condizioni dell’asfalto delle principali strade cittadine a suscitare il rammarico dei coriglianesi. In particolare ad intervenire con una lettere aperta indirizzata ai commissari prefettizi è il signor Armando Benvenuto, membro della segreteria Fnp Cisl di Corigliano. «Nei mesi di novembre e dicembre – scrive il cittadino – in concomitanza con il periodo della raccolta degli agrumi le strade comunali e quelle rurali vengono congestionate e percorse da auto, camion e mezzi di trasporto pesanti. Alcune strade richiedono però un immediato intervento per quello che riguarda il ripristino del loro manto stradale. Le condizioni della strada di contrada Cardame, Torre di Mezzo dopo le piogge è peggiorata terribilmente tanto da sembrare un letto di un torrente. La stessa, assai trafficata, necessita di un manto stradale di circa 2 chilometri e nell’immediato la chiusura delle numerose buche divenute profonde e impraticabili». Ad aggravare ulteriormente le condizioni delle strade cittadine poi la circolazione, incontrollata di mezzi pesanti in tutte le zone del territorio.(emi.pis.) CORIGLIANO Promenzio ha rischiato di entrare nel Governo Alfonso Di Vincenzo CORIGLIANO Luigi Promenzio, 40 anni di Corigliano, medico ortopedico considerato tra i migliori a livello nazionale e già presidente nazionale del Sipal, nei giorni scorsi è stato considerato per la nomina a sottosegretario di Stato alla Sanità. Il suo alto livello di preparazione, le sue capacità e un curriculum che lo vede anche insegnare presso la scuola di specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università di Tor Vergata, lo hanno posto tra coloro i quali sono stati valutati per questa alta carica istituzionale. La notizia è trapelata nei giorni scorsi, con l’inserimento del nome del coriglianese tra i probabili incaricati come sottosegretari di Stato, con Luigi Promenzio seriamente candidato ad entrare al Ministero della Sanità. Chiaramente Corigliano è orgogliosa di un figlio che rappresenta per propri meriti quell’eccellenza che questo territorio è in grado di offrire. I riconoscimenti e i risultati che Luigi Promenzio, assieme ad altri noti coriglianesi che nel mondo dello sport e della ricerca scientifica stanno raggiungendo negli anni rappresentano traguardi importanti anche per questo lembo di Calabria. 39 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 Reggio Tirrenica . IL PROCESSO In corte d’appello la requisitoria del procuratore generale che ha ribadito i ruoli dei dieci imputati già condannati in primo grado “Cent’anni di storia”, sentenza da confermare Il magistrato ha ribadito la richiesta di assoluzione nei confronti dell’ex sindaco Giorgio Dal Torrione Ivan Pugliese PALMI La conferma dell’assoluzione di Giorgio Dal Torrione e del dispositivo di sentenza di condanna, con qualche piccola eccezione, emesso in primo grado dal Tribunale di Palmi. Si è celebrato nella giornata di ieri il processo d’appello relativo all’operazione “Cent’anni di storia” dinanzi alla Corte d’Appello di Reggio Calabria (presidente Iside Russo con a latere i dottori Napoli e Campagna). Accolta l’opposizione presentata dagli avvocati Domenico Alvaro e Michele Gullo, alla quale si sono poi associate tutte le difese, di non accoglimento della richiesta della Procura che aveva appellato la sentenza di primo grado non ritenuta quantitativamente adeguata come pene comminate. Dopo la richiesta di produzione documentale relativa alla posizione di Giuseppe Piromalli (avvocati Domenico Infantino e Marcella Belcastro) sulla liceità di alcune conversazioni intercettate e il deposito della sentenza di giudizio abbreviato del medesimo procedimento da parte dell’accusa, è stata la volta del procuratore generale di Reggio Calabria, Fulvio Rizzo, dare il via alla propria requisitoria. Un paio di ore sono servite al Pg per descrivere in modo attento ed articolato le varie vicende che hanno ruotato attorno all’operazione “Cent’anni di Storia”. Al termine del suo intervento il Pg ha chiesto la conferma delle condanne comminate in primo grado e l’accoglimento della richiesta di condanna per gli imputati che erano stati assolti ad eccezione del Dal Torrione. Il Pg ha chiesto anche il non doversi procedere nei confronti di Giuseppe Alvaro, considerato dagli inquirenti a capo dell’omonima associazione, condannato a 12 anni di reclusione in primo grado, per sopraggiunta morte dello stesso proprio alcuni giorni fa. Anche Vincenzo Priolo, assolto in primo grado, ha trovato la morte lo scorso 8 luglio a seguito di una rissa scoppiata sulla statale 111 a Gioia Tauro. In primo grado sono state comminate altre 10 condanne: Girolamo “Mommo” Molè classe ’61, 17 anni di reclusione; Domenico Molè classe ’62 condannato a 16 anni; entrambi considerati dagli inquirenti ai vertici dell’omonima famiglia. Girolamo Molè classe ’63 detto “Il gancio” condannato a 5 anni e 6 mesi. Antonio e Natale Alvaro condannati a 9 anni di reclusione. Per Giuseppe Piromalli, considerato dagli inquirenti ai vertici dell’omonima cosca, condanna a 15 anni. Pietro D’Ardes, l’imprenditore a capo della cordata romana che acquisì la Cooperativa “All Service”, 11 anni di reclusione; l’avvocato Giuseppe Mancini condannato a 9 anni. Per Giuseppe “Pino” Arena, considerato dall’accusa intraneo alla cosca Molè in quanto uomo di fiducia della famiglia per la tentata scalata della “All Service” 4 anni e 8 mesi. Per Gianluigi Caruso, uno dei liquidatori “All Service”, accusato dagli inquirenti di essere stato partecipe della cosca “Alvaro” favorendo la scalata della cordata romana, la condanna è stata a 5 anni. Quindi è seguito l’intervento delle parti civili. Il processo “Cent’anni di storia” prende il nome dall’omonima operazione che portò allo scioglimento di alcune amministrazione della Piana di Gioia Tauro e ad una raffica di arresti tra alcune delle famiglie mafiose più potenti della zona. GIOIA Un Comitato per la sicurezza Emergenza criminalità il sindaco invoca interventi del prefetto Giuseppe Piromalli Pietro D’Ardes Vincenzo Toscano Giuseppe Mancini Girolamo Molè GIOIA TAURO L’ex sindaco Giorgio Dal Torrione GIOIA TAURO In primo piano i problemi del porto e dell’ospedale Nasce la sezione giovani dell’Udc Gioacchino Saccà GIOIA TAURO Nasce a Gioia Tauro la sezione giovanile dell’UdC. «I giovani e la politica rappresentano invero due mondi troppo distanti fra loro – afferma Nicola Pulimeni coordinatore dell’UdC della Piana – ma forse adesso le cose stanno cambiando. Fino ad ora c'è stato quasi disinteresse da parte dei giovani per il presente ed il futuro della città. Mostrano di volersi riscattare e di voler riscattare un territorio caratterizzato dalla presenza di un grande porto che va difeso e per il quale bisogna operare per il suo recupero ed il suo rilancio». In attesa che vengano nominati gli organi statutari il gruppo è guidato da Luigi Longobucco e da Ivan De Maio. «Il primo passo – dice ancora Pulimeni – sarà sicuramente quello di affiancare e sostenere l’Amministrazione comunale nella lotta per la difesa del territorio e delle risorse locali». La nascita della sezione giovanile UdC è è fortemente impegnata a seguire le vicende e le sorti del porto «ormai stremato» così come i problemi legati «alla vita ovvero al presente ed al futuro dell’ospedale Giovanni XXIII perchè alcuni reparti continuano a restare chiusi. Una realtà che fa temere che a lungo andare l’intera struttura chiuderà battenti». Il sindaco, avv. Renato Bellofiore, in relazione agli ultimi avvenimenti delinquenziali verificatisi in città, ha richiesto al Prefetto dott. Varratta la convocazione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica «per l’adozione di misure di contrasto della criminalità». «Mi vedo costretto dai gravissimi attacchi alla legalità e all’ordine pubblico che la mia città, negli ultimi giorni, subisce assieme a tutti i suoi abitanti ed alle sue Istituzioni, affranta e schiacciata da un’escalation criminale senza precedenti – scrive Bellofiore – ad avanzare richiesta al Prefetto di convocazione del Comitato per l`ordine e la sicurezza pubblica. Rapine, attentati dinamitardi - addirittura con l’uso di mitragliette - contro esercizi commerciali, incendi di automobili quasi tutte le sere, atti di vandalismo contro beni comunali, sono ormai episodi che hanno assunto una frequenza impressionante e allarmante. I cittadini, ma soprattutto i commercianti, quotidianamente rivolgono appelli alla mia persona timorosi per la propria incolumità e per le sorti dell’attività portate avanti con enormi sacrifici e che rischiano di esporre gli esercenti a gravi rischi anche fisici». «Solo pochi giorni fa – riferisce il Sindaco - la titolare di una tabaccheria è stata colpita al volto con il calcio di una pistola da un gruppo di balordi, fortunatamente assicurati alla giustizia dalla immediata efficacia azione dei carabinieri, durante un tentativo di rapina. Episodi come questi testimoniano la recrudescenza di un fenomeno di espansione criminale che non si ferma dinanzi a niente e che ci atterrisce e getta nello sconforto un’intera comunità». Bellofiore sottolinea che «è motivo di soddisfazione per questa Amministrazione evidenziare i grandi risultati che l’azione sul campo delle Forze dell’Ordine e della Magistratura ha consentito di raggiungere negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi difficili mesi. Questi successi testimoniano che la strada della cooperazione istituzionale è la soluzione adeguata e vincente». Il sindaco Renato Bellofiore ha sollecitato un comitato per la sicurezza 43 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 Reggio Ionica . PALIZZI Indetta per oggi una riunione con le associazioni per discutere il regolamento MELITO Il presidente della Fondazione Marino per l’autismo Gestione degli impianti sportivi «Una sfida durata tre anni: fine ce l’abbiamo fatta» Il sindaco convoca tutti i cittadini alla Concluso il progetto finanziato dalla Regione «Una vera e propria “conferenza” in cui le proposte saranno ben accolte» Giuseppe Toscano Pietro Parisi MELITO PALIZZI Tre anni di lavoro, di sperimentazione sul campo. Un impegno ad ampio spettro in ambito scientifico, portato avanti con l’obiettivo esclusivo di migliorare le condizioni di vita dei soggetti affetti da sindrome autistica. L’esperienza vissuta ha consentito alla Fondazione Marino per l’autismo di fare conoscere e apprezzare il proprio centro operativo a Prunella, nel comune di Melito Porto Salvo. Proprio nella giornata di oggi si chiude il triennio di sperimentazione concesso e finanziato dal Dipartimento regionale della Salute. «Per i nostri ragazzi e per tutto il personale si è trattato di una sfida. Siamo orgogliosi – commenta il fondatore del centro, Giovanni Marino – nel dichiarare che la sfida è stata un successo. La Fondazione è un esempio di organizzazione, di professionalità e di risultati riconosciuta da tutto il mondo scientifico nazionale che si occupa di questa patologia. Abbiamo prodotto una serie di lavori presentati nei più prestigiosi convegni nazionali e internazionali e abbiamo pubblicato molti articoli presso le maggiori riviste italiane ed europee». La qualità del servizio riabilitativo-promozionale rivolto agli autistici nel centro di Prunella già riconosciuta ha acquisito ulteriori crediti proprio nel periodo della sperimentazione. «Siamo una struttura – evidenzia il presidente della Fondazione – che è presa a modello sia organizzativo che educativo a livello nazionale. Abbiamo contribuito in maniera determinante alla elaborazione delle linee guida nazionali per conto dell’Istituto Il sindaco Sandro Autolitano ha invitato per oggi pomeriggio cittadini e associazioni sportive per discutere il nuovo regolamento comunale sulla gestione degli impianti sportivi. L’incontro, una vera e propria “conferenza sullo sport”, si svolgerà, con inizio alle ore 18, presso la sala della biblioteca. L’invito del sindaco alla cittadinanza ed alle associazioni sportive non ha solo il fine di aumentare il tasso di democrazia, attraverso la partecipazione di tutti alla discussione sulla fruizione di un bene pubblico, anche se sempre di proprietà dell’Ente. Il fine è anche, se non soprattutto, quello di un contributo d’idee da parte di semplici cittadini, praticanti e associazioni, sulla gestione degli impianti sportivi che insistono nella cittadina e che devono essere al servizio di tutti. Anzi, a questo proposito, è opportuno ricordare che l’articolo 6 del nuovo regolamento – approvato all’unanimità, in una delle ultime sedute del Consiglio – recita testualmente che «l’accesso agli impianti deve essere garantito a tutti quelli che ne fanno richiesta, secondo la programmazione annuale, nel rispetto dei principi d’uguaglianza e senza discriminazioni, favorendo i soggetti che sono in situazione di svantaggio fisico e morale». Il regolamento, che è stato redatto, vale la pena di sottolinearlo, con il contributo dei consiglieri d’opposizione, è L’ingresso del centro polivalente di Palizzi composto da 16 articoli. Le norme, dopo l’individuazione degli impianti stessi (campo di calcio e palazzetto dello sport), prevedono le modalità di gestione e d’affidamento a terzi; la durata della convenzione; le condizioni di gestione; il contratto di servizio e concessione; il rispetto per gli impianti e le attrezzature, assieme alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria. Previste anche le eventuali manifestazioni pubbliche e le penalità e il divieto di subconcessione. Nella riunione di oggi pomeriggio, oltre ai privati in- teressati alla gestione del palazzetto dello sport, un impianto fornito di tribuna, campo da tennis, pallavolo, basket, calcio a cinque, sala conferenze e servizi, saranno presenti anche i dirigenti delle varie società sportive, tra cui l’Associazione sportiva Palizzi e le rappresentanti del calcio a cinque femminile. Per quanto riguarda, infine, la partecipazione alla discussione di chiunque voglia esprimere e fornire idee, l’assessore allo Sport, Angelo Nucera, ha delineato i confini entro i quali l’Amministrazione è disposta SALINE La proposta del presidente della Pro Loco Romeo ad accettare suggerimenti. «Il regolamento – ricorda Nucera – è stato approvato all’unanimità dal Consiglio e quello rimane, anche se siamo aperti, per esempio, alle modalità di gestione degli impianti. Un esempio? Ai concessionari non faremo pagare l’acqua o l’energia elettrica e faciliteremo, per quanto possibile, la loro opera. Ovviamente – chiarisce l’assessore – terremo conto di suggerimenti di natura strutturale, indirizzati ad una migliore gestione di tutte le attrezzature sportive di proprietà del Comune». Il presidente Giovanni Marino davanti al Centro di Prunella superiore di sanità. Con i nostri limitati mezzi abbiamo ispirato e collaborato con il Censis a una ricerca epidemiologica su tutto il territorio nazionale i cui risultati saranno pubblicati a inizio del prossimo anno. Siamo impegnati in un lavoro di monitoraggio dell’utilizzazione della melatonina come coadiuvante della stabilizzazione del sonno poiché è un ormone molto utilizzato sulle persone con autismo e, benché sia accertata l’assenza di ogni effetto collaterale, non è mai stato prodotto uno studio sistematico sulla sua efficacia. In primavera saremo in grado di pubblicare i risultati». Ovviamente c’è grande attenzione su quanto emerso dal lavoro di ricerca, anche perché l’autismo continua a rappresentare un tabù con cui sono costretti a fare i conti famiglie ed enti. «Conoscendo a fondo il problema – evidenzia Marino – non ci siamo proprio risparmiati nell’impegno. Abbiamo messo anche a punto, ed è in corso il brevetto, un ausilio di comunicazione ed allo stesso tempo di abilitazione e monitoraggio dei dati per rendere la persona con autismo, ma più in generale quelli privi del linguaggio, indipendenti ed autonomi per le richieste sulla sfera dei bisogni primari. Insomma, abbiamo lavorato con il cuore per rendere confortevole la vita dei nostri ragazzi e con la testa per sviluppare i migliori strumenti e le migliori strategie possibili per migliorare la conoscenza e renderla disponibile a tutti quelli che ne hanno bisogno. Dal primo dicembre l’avventura continuerà grazie alla grande disponibilità dell’Azienda sanitaria che, credendo nella nostra missione, ci ha promesso la stipula della convenzione». BOVA MARINA La triade per l’accesso al Comune avrà altri 90 giorni di tempo Centrale a carbone? No, grazie Prorogata la commissione antimafia Meglio un complesso turistico Domenico Pangallo BOVA MARINA Il prefetto Luigi Varratta ha prorogato per altri tre mesi l’attività della commissione d’accesso antimafia nel Comune di Bova Marina. La triade composta dalla dott. Emma Caprino, vice prefetto e dai funzionari dott. Antonio Corvo e dott. Patrizia Cisterna avrà ulteriori 90 giorni per verificare l’eventuale sussistenza di elementi comprovanti tentativi di infiltrazioni e condizionamenti delle organizzazioni criminali al fine di incidere sulle procedure amministrative del Comune e sugli indirizzi generali dati dagli organi elettivi nonché sulla funzionalità e sul buon andamento della stessa amministrazione. Il pre- Federico Strati MONTEBELLO JONICO Un insediamento turistico polivalente da realizzare sul sito dell’ex Liquichimica per scongiurare l’ipotesi centrale a carbone. A proporre l’alternativa all’insediamento industriale è la Pro Loco di Saline Joniche che, per voce del suo presidente Mimmo Romeo, spiega nel dettaglio la proposta. «Abbiamo pensato – afferma – ad un villaggio turistico di tipo residenziale, dotato all’interno di strutture ricettive e sportive in grado di rendere gradevole la permanenza del turista. Di tali strutture potrebbe usufruire anche la popolazione del comprensorio, non solo durante la stagione estiva, ma anche durante quella invernale, venendo così a colmare una domanda locale insoddisfatta per l’assenza di infrastrutture e servizi. In palinsesto c’è anche la destinazione di una parte delle banchine del bacino portuale alle imbarcazioni da diporto». Ovviamente, previa riqualificazione dell’invaso, che in questo momento – ancora una volta – è insabbiato: basta una mareggiata perché lo scalo sia inutilizzabile. Il turismo per Romeo è l’unico punto dal quale ripartire per superare definitivamente la realtà industriale fallimentare degli ultimi quarant’anni: «In Calabria, dove ci sono 738 chilometri di costa, il turismo costituisce la tipologia Il porto di Saline Joniche ancora una volta insabbiato di offerta ampiamente prevalente. Lungo questa fascia – spiega Romeo – si individuano aree consolidate per l’alta ricettività alberghiera ed extralberghiera, aree in via di sviluppo turistico dotate di un sufficiente livello di ricettività e aree potenziali dotate di ricchezze ambientali: fra queste ultime rientra Saline Joniche, dove poche sono le possibilità di trasformazione produttiva degli impianti e dove, invece, molte sono le soluzioni di recupero a scopi funzionali dell’area industriale dismessa». Un’area che – prosegue Romeo – vista la sua posizione strategica adiacente al bacino portuale, rende attualissima la formula porto/villaggio con tanto di insediamento turistico polivalente». La proposta della Pro Loco è certamente ambiziosa ma, per attuarla, bisognerebbe prima acquisire i terreni e poi trovare chi è disposto a finanziare il tutto. Senza dimenticare la necessità improcrastinabile di ripristinare la piena funzionalità del porto, elemento strategico per lo sviluppo dell’intera area. In tal senso la Regione (tramite il vicepresidente del Consiglio regionale Alessandro Nicolò, l’assessore alle Attività produttive Antonio Caridi, il consigliere Candeloro Imbalzano e il dirigente generale del dipartimento Lavori pubblici Giovanni Laganà) ha di recente dato ampie rassicurazioni sulla propria volontà di riqualificare la struttura portuale, anche mediante l’istituzione di un tavolo tecnico congiunto. del consiglio comunale disposto dal prefetto a causa delle dimissioni contestuali presentate dalla maggioranza assoluta dei consiglieri. Il commissario prefettizio si occupa della provvisoria gestione dell’ente locale con i poteri spettanti al sindaco, al consiglio e alla giunta sino alla prima tornata elettorale utile. Sul ritorno alle urne pende come una spada di Damocle la relazione della commissione d’accesso. Un eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose , infatti, disposto con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, comporterebbe il commissariamento dell’Ente per non meno di diciotto mesi. fetto aveva disposto l’accesso, ai sensi della normativa antimafia, «sulla base di un’attività di monitoraggio svolta successivamente all’insediamento del Consiglio eletto il 13 e 14 aprile 2008». In tale tornata elettorale le urne premiarono la lista “Nuovi orizzonti”, guidata da Giovanni Squillaci, con più di 1600 voti di preferenza. A poco più di un mese dall’insediamento, nell’ambito dell’operazione “Bellu lavuru”, che ha svelato gli interessi delle cosche sui lavori della strada statale 106, veniva tratto in arresto Sebastiano Altomonte, consigliere comunale di maggioranza, condannato in appello. Intanto il Comune è guidato dalla dott. Francesca Crea, vice prefetto, dopo lo scioglimento La dott. Francesca Crea MELITO Proseguono gli incontri politico-programmatici tra gli esponenti della coalizione Elezioni, centrosinistra alla ricerca del leader MELITO. Terzo incontro tra i par- titi in vista delle amministrative di primavera. Come nelle occasioni precedenti, anche in quest’ultima circostanza la discussione è ruotata attorno a punti programmatici e alle possibili alleanze da stringere in occasione della tornata elettorale che porterà al rinnovo del consiglio comunale. «Continua – evidenziano i responsabili degli schieramenti politici che stanno animando le riunioni – il confronto avviato fra le forze politiche melitesi, nella prospettiva della prossima campagna elettorale che vedrà il rinnovo del consiglio comunale. All’incontro, tenutosi nella sede del circolo Italia dei valori, hanno partecipato, per i partiti del centrosinistra Antonino Minniti e Mario Alberti, rispettivamente presidente e segretario del circolo Idv, Concetto Laganà, segretario cittadino del Partito democratico, Sebastiano Romeo, referente cittadino di Sel, Angelo Marra e Agostino Casile del Partito dei Comunisti italiani. Erano presenti anche i rappresentanti dei partiti di centro nelle persone di Luigi Marcianò, segretario cittadino di Api, Carmelo Laganà, referente di Fli». I rappresentanti dei partiti hanno dimostrato piena condivisione dei punti programmatici sviluppati nelle riunioni precedenti. «Punti programmatici – viene chiarito – caratterizzati dalla necessità di porre una netta discontinuità amministrativa rispetto al passato; lanciare un patto etico con la città; riaffermare il no alla centrale a carbone; riproporre con forza la questione ospedale e i servizi sanitari ai cittadini dell’area; programmare uno sviluppo ecosostenibile del territorio». Sulla scelta del leader da porre, nella veste di candidato a sindaco, alla guida della lista che verrà formata, i partecipanti all’incontro «hanno evidenziato l’importanza di una figura che sia rappresentativa della coalizione del centrosinistra, espressione dei movimenti e della società civile, che condivida gli aspetti programmatici che sono stati elaborati al tavolo di confronto fra i partiti». Gli stessi esponenti di partito, «pur ribadendo che la lista sarà sicuramente civica», hanno stabilito «che ci dovrà essere una cabina di regia politica a sovrintendere all’azione politico-programmatica della costruenda compagine di governo».(g.t.) 41 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 Reggio Tirrenica . ROSARNO Ribaltata la scelta della Commissione straordinaria PIANA Rigassificatore, il Consiglio comunale rafforza il fronte del no e revoca la delibera In vendita patrimonio immobiliare della Provincia PIANA DI GIOIA TAURO. Prose- Bocciata anche la richiesta di istituire un nucleo d’indagine sul taglio degli alberi Giuseppe Lacquaniti ROSARNO Si schiera contro la costruzione del rigassificatore il Consiglio comunale di Rosarno. Nella seduta di martedì sera, ha revocato la delibera del 2009 della Commissione straordinaria, con la quale veniva dato parere favorevole alla realizzazione del megaimpianto. Così, dopo Gioia Tauro, Rosarno è il secondo Comune ad opporsi alla costruzione del rigassificatore, dei tre municipi (l’altro è San Ferdinando) commissariati, tra il 2008 e il 2009, per condizionamenti mafiosi. Nel documento proposto, per conto della maggioranza di centrosinistra, da Maria Borgese (Pd) vengono messi in rilievo gli effetti devastanti che il rigassificatore potrebbe comportare in un’area sismica di primo grado, a fronte di una Valutazione di Impatto Ambientale (Via) del tutto carente, nonché di ricadute occupazionali assolutamente trascurabili. Assente per impegni di famiglia il sindaco Elisabetta Tripodi, a votare a favore della revoca della delibera commissariale del 2009 sono stati gli 11 consiglieri di maggioranza (Borgese, Bruzzese, Calarco, D’Agata, Italiano, Il Grande, del Pd; Bottiglieri, Papasidero, Pronestì di Sel; Ascone e Palaia dell’Udc), mentre si sono astenuti i 6 della minoranza Pdl (Barone e Paparatti), “Grande Sud” (Careri e Saccomanno), “Scopelliti Presidente” (Carrozza e Sorrenti) L’avv. Raimondo Paparatti (Pdl) ha censurato il comportamento della maggioranza per avere portato in Consiglio un documento non sottoposto al vaglio preventivo delle altre forze politiche, su un tema, quale il rigassificatore, «meritevole di essere approfondito da un apposito Consiglio aperto alla cittadinanza con l’apporto di esperti». Per l’avv. Saccomanno (Grande Sud) è tardiva la presa di posizione della maggioranza, che non potrà avere conseguenze sull’iter procedurale del progetto, già in stato avanzato. «Si rende invece indispensabile proseguire la battaglia da noi intrapresa contro i danni provocati alla nostra Piana con gli impianti già in funzione: inceneritore, centrale elettrica di Rizziconi, megadepuratore di Gioia Tauro». Vani sono risultati gli appelli alla minoranza per un voto unanime, con la promessa della convocazione di un Consiglio apposito su rigassificatore e questioni ambientali, lanciati dai consiglieri D’Agata, Italiano, Il Grande, Papasidero. L’altro argomento scottante, di cui si è occupato il civico Consesso, riguarda la proposta avanzata da un gruppo di maggioranza, l’Udc, di istituire una commissione consiliare d’inchiesta, «tesa a far luce definitivamente» sul noto episodio del taglio degli ulivi di proprietà comunale. L’istanza dell’Udc è stata considerata improponibile dal presidente del Consiglio, Antonio Bottiglieri, che nei giorni scorsi aveva richiesto in merito un parere alla Segretaria generale del Comune. Secondo l’articolata risposta della dott. Maria Alati non è fattibile l’istituzione della Commissione su una vicenda in atto al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, «in quanto viene ipotizzata una violazione di precetti penali da parte di ignoti; indagine esitata da denuncia dell’Amministrazione comunale e nella quale il Comune è persona offesa di reato». LA PROTESTA Il vicesindaco: mai forniti servizi agli agricoltori Varapodio fuori dal Consorzio di bonifica «Stop alle vessazioni di un ente inutile» Vincenzo Vaticano VARAPODIO Con delibera del Consiglio, adottata con voto unanime, è stato approvato lo schema di protocollo d’intesa relativo al Progetto integrato di sviluppo locale (Pisl) che il Comune, unitamente ad altri comuni consorziati, si appresta a presentare alla Regione per ottenere i finanziamenti necessari al conseguimento degli obiettivi prefissati nell’ambito delle tre linee guida che caratterizzano tale progetto: “Sistema produttivo locale”, “Qualità della vita”, “Valorizzazione dei centri storici e dei borghi di eccellenza in Calabria”. Il vice sindaco Orlando Fazzolari ha illustrato, per sommi capi, i contenuti del progetto integrato che, predisposto ancora in forma preliminare, concorrerà alla selezione - effettuata da un apposito nucleo di valutazione costituito presso la Regione - per l’accesso ai finanziamenti comunitari disponibili per la provincia (96 milioni di euro per un totale di 16 progetti). Nello schema di protocollo approvato figurano i partner privati (Università e altri enti) aderenti al Pisl. L’arch. Fortunato Cozzupoli , nominato coordinatore, sarà coadiuvato dall’ufficio tecnico del Comune. Esperita la fase relativa ai progetti integrati, il civico consesso ha proceduto, anche Il Consiglio comunale a Varapodio questa volta con il voto favorevole dei due consiglieri di minoranza presenti (Bonarrigo e Cosma), ad adottare una delibera che costituirà un precedente che molti altri Comuni potrebbero prendere ad Il Consiglio comunale di Rosarno che ha revocato la delibera sul rigassificatore SULLO SCEMPIO AMBIENTALE LA MAGGIORANZA SI DIFENDE «C’è un’inchiesta della Procura in corso» ROSARNO. A difesa della commissione d’inchiesta sul taglio degli alberi sul terreno comunale sono intervenuti il capogruppo Antonino Ascone («volevamo dare anche alle minoranze lo strumento per accertare eventuali responsabilità») e l’avv. Giuseppe Palaia, che ha ribadito come all’Udc non interessino i profili penali della vicenda, ma esclusivamente quelli di ordine amministrativo, alfine di accertare o escludere se ci sono implicazioni da parte di amministratori o dipendenti comunali. «Tardiva, strana ed inutile», è stata eti- esempio. Il Consiglio, facendo propria la proposta inserita all’ordine del giorno, ha infatti deciso di svincolarsi e recedere, in modo unilaterale, dal Consorzio di bonifica della Piana di Rosarno. Una decisione che, verosimilmente, rappresenterà il presupposto necessario per attivare tutte quelle procedure, anche di carattere legale – è stato spiegato – per «affrancare i cittadini dalle vessazioni subite, in termini di pagamento di tasse, a volte esose, da parte un ente che non ha mai prodotto interventi a favore degli agricoltori varapodiesi e di tutto ilcomprensorio». «Se tale Consorzio pur gestendo milioni di euro non fornisce alcun servizio e assume sempre di più le sembianze di un’entità astratta basata sul nulla, senza alcuna utilità per gli associati – ha sottolineato Fazzolari – è legittimo sottrarsi ad un obbligo in base ad un elementare principio che nulla è dovuto in mancanza della relativa controprestazione». LAUREANA DI BORRELLO Lascia un bagaglio di pubblicazioni e scritti ironici L’addio al prof. Nardo poeta e spirito critico Michelangelo Monea LAUREANA DI BORRELLO Una piccola folla di estimatori si è ritrovata nella chiesetta di San Pietro al centro di Laureana per rendere l’estremo saluto al Prof. Domenico Nardo deceduto l’altro ieri presso l’ospedale di Polistena dove era stato ricoverato a seguito di una caduta accidentale. Aveva 85 anni e nonostante qualche acciacco conservava la sua perfetta lucidità. Mimmo, così come era chiamato in famiglia e dagli amici, ha voluto egli stesso funerali semplici, anzi una semplice benedizione che gli è stata impartita dal giovane vice parroco don Antonio Lamanna. Figura eclettica, maestro elementare, poeta e scrittore. Per molti anni ha insegnato a Roma. Poi, ritiratosi nella sua modesta dimora di Laureana, si è dedicato ai suoi studi e alla stesura di tante sue pubblicazioni e lascia un concreto bagaglio di opere in lingua italiana, in versi dialettali e soprattutto la sua pungente ironia nei confronti delle persone e dei personaggi più rappresentativi del suo paese natale. La biblioteca locale ne raccoglie tutti i suoi lavori e tra i più noti ricordiamo: “L’impegno sociale di àcumpari micu - restatini - Salimori - Penzeri e palori - La cummedia”. Non sempre è stato osannato per il suo stile critico, per i suoi atteggiamenti, per il suo carattere scontroso e qualche volta è stato considerato alla stregua di quel poeta medievale che “di tutti disse mal fuorché di Cristo, scusandosi col dir non lo conosco”. In effetti Mimmo Nardo con le sue salaci poesie in vernacolo e con le altre sue opere è stato un fustigatore e abile critico anche nei confronti di amici e conoscenti e persino di quel clero a cui non voleva affatto bene. Politicamente è stato sempre schierato a sinistra ma mai impegnato direttamente. In qualche sua opera ha ripercorso il periodo storico dalla fine del Fascismo all’avvento della Repubblica, rievocando tra i tanti episodi, vissuti direttamente, quello del tragico I° maggio di sangue a Laureana di Borrello durante il quale in piazza Carmine è morto un manifestante e ne sono rimasti feriti una dozzina per una bomba a mano lanciata dal vecchio palazzo del fascio durante la manifestazione del 1° maggio 1946. Alla cerimonia di commiato era presente il vice sindaco Paolo Alvaro, assessore alla cultura. chettata la proposta dell’Udc da parte di Paparatti, che ha dichiarato di attendere ancora la risposta del sindaco all’interrogazione avanzata dal Pdl «per sapere se all’interno era stata fatta una verifica amministrativa per accertare eventuali responsabilità». Mentre per Saccomanno sarà difficile pervenire all’individuazione dei colpevoli «per l’omertà che regna sovrana, anche se i cittadini sanno bene come si sono svolti i fatti ed ognuno è in grado di fare le dovute riflessioni». Risposta a stretto giro di Il Grande (Pd), secondo cui «non c’è stata nessuna omertà da parte dell’Amministrazione», e di Papasidero (Sel) che invita ad attendere l’esito delle indagini penali, «concluse le quali se ci saranno responsabilità, l’Amministrazione si comporterà senza guardare in faccia nessuno». Approvazione unanime, invece, del nuovo Regolamento del Cimitero, previa relazione dell’assessore Scriva e del democrat Bruzzese, in sostituzione del precedente atto deliberato nel 2010 dalla Commissione straordinaria, contenente “gravi disfunzioni e anomalie procedurali”.(g.l) gue il viaggio della Provincia di Reggio Calabria per la dismissione dei beni di sua proprietà nella Piana di Gioia Tauro. Si tratta di immobili che l’ente intende alienare per esigenze di cassa oltre che per liberarsi da veri e propri fardelli che sono improduttivi che hanno bisogno di manutenzione. Nel 2012 sarà alienata la casa cantoniera a San Giorgio Morgeto (valutazione 6.000 euro), due relitti stradali tra Seminara e Barritteri (20 mila euro circa) e un terreno a Serrata per un valore di 30 mila euro. Altra ex cantoniera Provinciale messa al bando nel 2013 sarà quella di Varapodio sita in contrada “Casello”; infine nel 2014 sarà alienata quella di Rizziconi per un importo di 29mila euro. Già a marzo la Provincia aveva messo al bando con un’unica procedura di alienazione diversi beni tra i quali: l’ex Caserma dei Carabinieri di Oppido Mamertina, le case cantoniere di Palmi e Laureana di Borrello e 4 terreni siti nel comune di San Pietro di Caridà. Adesso si attende la pubblicazione dei singoli bandi per ogni anno di riferimento, ma il tutto prima dovrà passare per il consiglio Provinciale; anche in questo caso sarà prevista la facoltà di acquisto da parte dei comuni e della Regione. Tutti i beni potranno dal momento dell’acquisto essere adibiti a qualunque tipo di attività. Il responsabile del procedimento è Roberta Amadeo, le somme incassate serviranno alla Provincia per far fronte all’indebitamento e anche alle spese di investimento.(a.n) CINQUEFRONDI La campagna di scavi GIOIA TAURO Mettere in sicurezza i tesori archeologici di contrada Mafalda Domani convegno sui vincoli paesaggistici Attilio Sergio CINQUEFRONDI Giornata importante, ieri, per Cinquefrondi. Infatti, la dott.ssa Simonetta Bonomi, responsabile della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria e l’assessore provinciale alla cultura dott. Eduardo Lamberti Castronuovo, accompagnati dal consigliere provinciale cinquefrondese Giuseppe Longo, hanno potuto ammirare le eccezionali scoperte venute alla luce dalla campagna di scavi ancora in corso, patrocinata dalla Provincia, in contrada Mafalda (edificio termale ospitato nell’area residenziale di una villa romana di età imperiale, tra il II e V secolo dopo Cristo) e, nella stessa contrada, in località San Demetrio (tombe e resti di una chiesetta del X, XI secolo), nonché la maestosità dei resti del Convento di San Filippo d’Argirò di contrada Busale. In contrada Mafalda è stato l’archeologo Francesco Cuteri, responsabile degli scavi in atto a Cinquefrondi, a mostrare gli splendidi mosaici (pavimenti) ed intonaci che i giovani volontari hanno scoperto nell’area termale della Domus romana. Al sopralluogo hanno anche partecipato la dott.ssa Maria Teresa Iannelli responsabile archeologa dell’area per la Soprintendenza ai beni archeologici, il sindaco di Cinquefrondi Marco Cascarano accompagnato dagli assessori Condoluci e Macrì, il vice presidente della Comunità montana Macedonio. Eduardo Lamberti Castronuovo, nel dirsi emozionato nel vedere giovani volontari lavorare in dei siti archeologici che rappresentano «una vera e propria miniera d’oro per la Calabria», ha auspicato che Cinquefrondi possa divenire un laboratorio permanente di studio e di lavoro, utilizzando risorse locali (cooperative di giovani), in modo da entrare a far parte, a pieno titolo, nel circuito di “teatri di pietre” che la Provincia ha intenzione di mettere in rete. Certo, l’emergenza adesso è rappresentata dal mettere subito in sicurezza gli scavi di contrada Mafalda, provvedendo anche al consolidamento degli splendidi mosaici del II e III secolo. La visita è continuata sui resti venuti alla luce in località San Demetrio, in un’altra zona di contrada Mafalda, rappresentati da ben 3 absidi in 2 metri, di 3 epoche diverse, in cui probabilmente in età normanna sorgeva una chiesetta, oltre ad una serie di tombe facenti parte di un cimitero. Ci si è quindi spostati in contrada Busale, dove, grazie all’eccezionale lavoro di pulitura da parte degli operai della Comunità Montana, si sono potuti raggiungere ed ammirare i resti monumentali del Convento di San Filippo d’Argirò, articolato in più livelli, probabilmente fondato in età bizantina, abitato dal 1200 al 1700 prima dai bizantini e poi dai francescani. GIOIA TAURO. Domani (venerdì due dicembre) a Palazzo Baldari, per iniziativa dell’associazione culturale “Kairòs”, si parlerà del vincolo paesaggistico che da lunghissimi anni interessa il territorio di Gioia Tauro. Sullo stesso, applicato nel 1967, relazionerà citando fonti storiche e documenti il geometra Tonino Toscano, vicepresidente della stessa associazione e profondo conoscitore per motivi di carattere professionali del problema. I lavori saranno aperti dalla presidente di “Kairòs”, prof. Milena Marvasi Panunzio, e dal sindaco di Gioia Tauro, avv. Renato Bellofiore. Al convegno hanno confermato la propria adesione con interventi programmati i parlamentari calabresi Maria Grazia Laganà, Angela Napoli, Elio Belcastro e Mario Tassone nonchè il dott. Attilio Battaglia responsabile dell’avvocatura della Provincia di Reggio. «Conoscere i problemi della propria città è sicuramente un diritto – afferma la presidente Marvasi Panunzio – ed informarsi è un dovere. Abbiamo per questo deciso di affrontare un argomento, ovvero quello del vincolo paesaggistico in vigore da anni e che a tanti e tanti cittadini ha creato problemi diversi, nella piena convinzione di poter offrire ai Gioiesi un servizio destinato a fare chiarezza».(g.s) 45 Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 Reggio Ionica . LOCRI Sentenza della Corte d’assise per l’uccisione del boss Salvatore Cordì alias “u cinesi” OPERAZIONE “BLACK GARDEN” Discarica di Casignana i fratelli Crinò Assolti Martino e Panetta. Già inflitti 30 anni al presunto mandante Cataldo interrogati dal gip Ergastolo a Michele Curciarello Rocco Muscari LOCRI Michele Curciarello è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Locri che lo ha ritenuto il killer che il pomeriggio del 31 maggio del 2005 ha ucciso Salvatore Cordì, intesto “u cinesi”, sparandogli contro due colpi di fucile calibro dodici. I giudici dell’Assise, presidente Amelia Monteleone a latere Angelo Ambrosio, hanno accolto la richiesta del pm Antonio De Bernardo dichiarando Curciarello colpevole del reato di omicidio, con la conseguente condanna alla massima pena e infliggendo tre mesi di isolamento diurno, oltre che al pagamento delle spese processuali e a quelle relative al proprio mantenimento durante la custodia cautelare in carcere. La Corte ha assolto dall’accusa di omicidio Antonio Martino, e da quelle di associazione per delinquere di stampo mafioso e di presunto organizzatore dell’agguato l’imputato Antonio Panetta, per insufficienza di prove. I giudici hanno di conseguenza dichiarato la perdita di efficacia della misura custodiale a carico di Panetta e Martino, applicata nel dicembre del 2008, denominata “Operazione Pioggia”, ordinandone l’immediata scarcerazione, che di fatto è avvenuta nella tarda serata di ieri. Alla lettura del dispositivo i sono vissuti momenti di tensione, allorquando l’Assise ha pronunciato la pena nei confronti di Michele Curciarello, la sorella, dapprima commossa per l’avvenuta assoluzione del figlio Antonio Martino, è rimasta dolorosamente colpita dalla condanna inflitta al fratello e, Michele Curciarello e accanto la lettura del verdetto: da sinistra i giudici Ambrosio e Monteleone rivolgendosi ai giudici, ha più volte ripetuto la frase: “Vi siete sbagliati”. La disperazione dei familiari di Curciarello, proseguita anche all’esterno del Palazzo di Giustizia, è stata sommessa, e comunque non si sono registrati particolari tensioni anche grazie alla professionalità con la quale hanno agito i carabinieri della Compagnia di Locri, guidata dal capitano Nico Blanco presente in aula insieme a tenente Lorenzo Provenzano. Un peso determinante per la pena inflitta a Michele Curciarello potrebbe aver rivestito l’individuazione di quattro particelle ternarie riconducibili alla presenza di residui di polvere da sparo rinvenute su parti del corpo del 49enne sidernese. La risultanza dello stub, quindi, In sintesi Il pomeriggio del 31 maggio 2005 a Siderno venne ucciso Salvatore Cordì, inteso “u cinesi”, sparandogli contro due colpi di fucile cal. 12. Ieri la Corte d’Assise di Locri ha condannato Michele Curciarello, quale esecutore materiale, all’ergastolo. La Corte ha assolto dall’accusa di omicidio Antonio Martino, e da quelle di associazione di stampo mafioso e presunto organizzatore dell’agguato Antonio Panetta, per insufficienza di prove. potrebbe essere stata decisiva ai fini della convinzione della colpevolezza dell’imputato. Il movente del delitto di Salvatore Cordì, ritenuto al vertice dell’omonima famiglia di Locri, stando all’ipotesi sostenuta dal pm De Bernardo sarebbe da ricercare all’interno della doppia logica mafiosa e personale. In particolare la causale di clan, per l’accusa, è riconducibile alla ripresa della faida di Locri tra i Cataldo ed i Cordì, con i primi che avrebbero dato “mandato” a seguito del delitto di Giuseppe Cataldo, (cl. 69), assassinato nel febbraio del 2005, mentre quella personale è individuabile nella vendetta posta in essere da Curciarello contro i presunti autori materiali dell’omicidio del cognato Pietro Caccamo, ucciso a Siderno nel dicembre del 2000, tra l’altro fratellastro del Cataldo. Quale presunto mandante è stato condannato a 30 anni di reclusione Antonio Cataldo, detto “Papuzzedda”, per il quale pende il ricorso in Cassazione, fissato all’otto maggio prossimo. Lo stub sugli indumenti di Antonio Martino, (assistito dagli avvocati Salvatore Staiano, Cosimo Albanese e Mario Mazza, anche per Curciarello), sui quali sono stati rinvenute delle particelle ternarie, non ha pesato sulla richiesta di ergastolo dell’accusa, forse in considerazione di possibili fonti di inquinamento involontario che possono aver inciso sul risultato di laboratorio e che, di conseguenza, hanno determinato un dubbio nei giudicanti. Dal dispositivo emerge chiaro che i giudici dell’Assise hanno ritenuto incerte anche le prove a carico di Antonio Panetta, (difeso dagli avvocati Luca Maio e Giuseppe Mammoliti), per il quale probabilmente avrà pesato in maniera a lui positiva l’assoluzione disposta al cognato Domenico Zucco da altra Corte. Nel corpo del dispositivo i giudici Monteleone e Ambrosio hanno ordinato la trasmissione degli atti alla Procura competente nei confronti di Patrizia Viele, Fortunato Spadaro, Francesco Argirò, Francesco Sansalone e Emanuele Fimognari, per come richiesto dall’accusa che ha ipotizzato il reato di falsa testimonianza. Infine la Corte ha indicato in novanta giorni il termine per i deposito delle motivazioni della sentenza, avverso la quale proporranno appello le parti interessate. LOCRI. I fratelli Pietro e Antonio Crinò hanno spiegato al Gip di Reggio Calabria, Antonino Laganà, la loro posizione rispetto alle accuse mosse dalla Distrettuale antimafia che, nell’ambito dell’operazione “Black Garden”, contesta loro gravi reati in materia ambientale, relativi alla gestione della discarica consortile di Casignana. I fratelli Crinò, difesi entrambi dagli avvocati Antonio Speziale e Giacomo Crinò, sono agli arresti domiciliari. Ieri, nel corso di un lungo dell’interrogatorio di garanzia, tenutosi anche alla presenza del sostituto procuratore della Dda reggina Sara Ombra, titolare dell’indagine, Pietro Crinò, sindaco di Casignana, sospeso dalla carica dal prefetto dopo la misura coercitiva, ha esposto al Gip Laganà una serie di passaggi a sostegno della propria estraneità alle contestazioni dell’accusa. Anche l’altro fratello, l’ingegnere Antonio Crinò, responsabile tecnico della società “Zetaemme srl” che gestisce la discarica ubicata nel territorio dello stesso comune locrideo, ha chiarito la propria posizione in particolare con riferimento al contenuto delle varie informative redatte dall’Arpacal, e che per la Distrettuale assumono un peso rilevante ai fini della contestazione. Gli avvocati Antonio Speziale e Giacomo Crinò hanno preannunciato che nei prossimi giorni verrà avanzata istanza di scarcerazione per i loro assistiti. Riguardo l’interrogatorio di garanzia reso dall’architetto Massimo Lafronte, assistito dagli avvocati Antonio Russo e Angela Lafronte, l’indagato, Pietro Crinò anche lui posto ai domiciliari come lo Zoccali, ha offerto tutte le spiegazioni tecniche a proposito della discarica di Casignana, ed in particolare ai lavori di ampliamento, anche attraverso l’utilizzo della planimetria riportante lo stato dei luoghi prima e dopo lo sviluppo dell’area interessata allo smaltimento dei rifiuti, altresì depositando agli atti una copiosa documentazione. L’arch. Lafronte, inoltre, ha ampiamente chiarito i dubbi circa l’interpretazione di alcune intercettazioni telefoniche, nelle quali gli investigatori avevano individuato alcuni punti di interesse operativo. Gli interrogatori davanti al magistrato sono proseguiti fino a tarda serata con l’esame delle posizioni di Giuseppe Saverio Zoccoli, difeso dall’avv. Marco Tullio Martino, e Stefano Tallariti, assistito dall’avv. Caterina Condemi.(r.m.) BRANCALEONE L’anziana vittima, che abita a Palizzi, era stata aggredita da un terzetto BOVALINO Approvata a maggioranza LOCRI Rapina aggravata e sequestro di persona Macrì condannato a 6 anni di reclusione Una variazione di bilancio accende gli animi in Consiglio “Infinito”, Antonio Maiolo ai domiciliari LOCRI. Condannato a 6 anni di reclusione Marco Macrì, imputato di rapina aggravata e sequestro di persona commesso in danno di un’anziana signora di Palizzi. Il 28enne è stato riconosciuto colpevole dal Gup presso il Tribunale di Locri, giudice Caterina Capitò, che ha disposto anche una multa e tre anni di sorveglianza speciale al termine del periodo di detenzione. Nei confronti del Macrì l’accusa, rappresentata dal pm Simona Ferraiuolo, aveva chiesto la pena ad 8 anni di carcere, comprensiva della diminuente della scelta del rito abbreviato. Il magistrato inquirente, infatti, ha ritenuto che a carico di Marco Macrì, (assistito dall’avvocato Giampaolo), sussisteva anche l’aggravante della reiterazione del reato. Il pm Ferraiuolo, nel corso della requisitoria, si è riportata all’esito delle indagini svolte dai militari dell’Arma che hanno eseguito gli accertamenti subito dopo la rapina avvenuta nel febbraio del 2010 a Palizzi, ed ai risultati del Dna, rinvenuto sulla scena del crimine, riconducibile al giovane di Brancaleone. Dalle indagini è risultato che il Macrì, che avrebbe agito con altri due giovani, di cui uno fungeva da palo, per i quali si procede separatamente, con volto travisato da passamontagna, e arma- Marco Macrì ti, irrompeva all’interno dell’abitazione dell’anziana signora R.L. di Palizzi, passando da una finestra posta al piano terra nell’ingresso della casa. Dopo aver immobilizzato la donna con degli stracci e del nastro adesivo, le venivano sottratti circa 250 euro in denaro contante e gioielli per un valore di circa 700 euro. Nel corso dell’azione i malviventi, per entrare in casa, hanno rotto un vetro di una finestra sul quale i carabinieri riuscivano a repertare delle impercettibili tracce di sangue, che attraverso l’esame del Ris di Messina sono state comparate con quelle del Macrì di fatto incastrato dall’esame di laboratorio.(r.m.) AFRICO Allagati i locali e dati alle fiamme due scrivanie e il portone d’ingresso Grave azione vandalica nell’Istituto comprensivo Antonello Lupis ROCCELLA Vandali e delinquenti in azione ad africo. Ad essere, stavolta, presi di mira – e non è la prima volta che accade – sono stati i locali dell’Istituto scolastico comprensivo. Dopo aver fatto irruzione all’interno della scuola mediante il danneggiamento di una delle finestre situate ai lati dell’edificio, persone non ancora identificate, verosimilmente giovani della zona, si sono introdotte in diverse aule e all’interno dei servizi igie- nici scatenandosi in modo davvero selvaggio e incomprensibile. Dopo, infatti, aver messo a soqquadro, come se da lì fosse passato un branco di cinghiali, gran parte delle aule, gli incoscienti e sfrontati delinquenti hanno aperto i rubinetti dell’acqua situati nei bagni provocando in pochissimo tempo l’allagamento di diversi locali della scuola. Ma non è tutto. Prima di porre fine al loro ignobile e grave raid più delinquenziale che vandalistico, gli ignoti hanno posto davanti al porto- ne della scuola due scrivanie e una porta in legno, appiccando in seguito un incendio. Il rogo, vista la massiccia presenza di legno, sviluppatosi in poco tempo ha seriamente danneggiato l’intero portone d’ingresso dell’istituto scolastico comprensivo. Ad accorgersi e a segnalare il grave danneggiamento ai carabinieri sono stati alcuni passanti e un paio di responsabili della scuola dell’obbligo. Sul posto, quindi, sono subito intervenuti i carabinieri della stazione di Africo, i militari della sezione investigati- va della compagnia carabinieri di Bianco e i vigili del fuoco. Sulla gravissima azione delinquenziale (non è la prima volta, come prima accennato, che nella cittadina costiera della Locride i locali della scuola vengono preso di mira e danneggiati) stanno svolgendo indagini i carabinieri di Africo e Bianco che hanno tutta l’intenzione di assicurare alla giustizia gli autori di questa inqualificabile “bravata” che danneggia, prima di tutti, gli utenti - alunni e docenti della scuola. LOCRI. Il gup milanese Ro- Giuseppe Pipicella BOVALINO Quella che sembrava una riunione consiliare di routine è finita, invece, per scoperchiare un “pentolone” che pare mettere a rischio il prosieguo del quinquennio Mittiga. Il tutto quando si è trattato di ratificare una variazione di bilancio. Quando il consigliere di maggioranza Mario Ientile ha fatto notare che erano stati superati i termini di legge e che, quindi, era tecnicamente corretto parlare non di ratifica ma di “salvaguardia “ ai sensi del comma 5 dell’articolo 175 del TU 267 / 2000, si è aperta ufficialmente la “falla” e gli interventi successivi degli assessori Muscari e Maesano ne sono stati logica conseguenza tanto da sollevare anche la questione sulle funzioni di capogruppo, non più esercitate da Ientile che si sarebbe dimesso verbalmente e mai per iscritto, portando il vicesindaco Maesano ad affermare «non mi sento di avere un capogruppo». E’ stata perciò evidente che la situazione interna alla maggioranza è logora e non è facile prevedere come si potranno rimettere a posto i “cocci” anche se il sindaco Tommaso Mittiga e il presidente Franco Signati stanno cercando di gettare acqua sul fuoco. Dopo gli interventi dei consiglieri di opposizione Zurzolo, Zappavigna e Tramontano, alla fine la delibera è stata votata Franco Signati dalla sola maggioranza facendo salva l’osservazione tecnica proposta da Ientile. Una seconda delibera è stata ratificata all’unanimità. La riunione si era aperta con la presa d’atto dell’assegnazione al patrimonio indisponibile del Comune di alcuni beni confiscati in via Bricà e in via Calfapetra per essere adibiti a finalità sociali o ad uffici municipali, ricovero automezzi ecc. per i quali l’esecutivo ha già chiesto al Ministero dell’Interno adeguati finanziamenti con i fondi Pon per la messa in sicurezza. Sul rinnovo della convenzione per la gestione del servizio economico-finanziario ci sono state delle diversità di vedute all’interno della stessa maggioranza e tra maggioranza e opposizione e alla fine, anche in questo caso, c’è stato il solo voto favorevole della maggioranza. berto Arnaldi, accogliendo l’istanza dell’avv. Leone Fonte, ha concesso gli arresti domiciliari al 25enne Antonio Maiolo, di Milano, coinvolto nell’operazione “Infinito” nel troncone che riguardava l’indagine sugli stupefacenti e nei suoi confronti era stato applicata anche l’aggravante mafiosa per aver “agevolato” la ‘ndrangheta in Lombardia. In particolare quella della locale di Pioltello, nell’ambito della quale il padre, Cosimo Maiolo, secondo l’accusa rivestiva la carica di “capo società” ed organizzatore, per come indicato da altri imputati nel corso di intercettazioni ambientali. Tesi energicamente contestata nel corso del giudizio abbreviato dall’avv. Fonte, difensore anche di Cosimo Maiolo. Antonio Maiolo è stato condannato in rito abbreviato dal Gup Arnaldi a 4 anni e 8 mesi di reclusione per i reati di droga. Con la stessa sentenza il Gup milanese aveva escluso l’aggravante mafiosa e, a seguito di ciò, l’avv. Fonte ha avanzato istanza di scarcerazione evidenziando, tra l’altro, che non vi era più alcun ostacolo legislativo alla concessione di una misura cautelare più mite. Di diverso avviso il Pm, che aveva espresso parere contrario. (r.m.) Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 35 Catanzaro - Provincia . SOVERATO Sono stati in tanti i giovani scolari volontari che hanno aiutato a ripulire le strade dal fango Quei magnifici ragazzi chiamati angeli In loro solo un imperativo: fare tutto per amore lontano da protagonismi Maria Anita Chiefari SOVERATO La gente di Soverato li ha soprannominati gli “angeli del fango”. Forse l’unica nota positiva di questa tragedia, che ha sepolto nel fango la cittadina, sono proprio loro, ma chi sono gli angeli del fango? Non sono gli uomini della Protezioni Civile o i Vigili del Fuoco o le Forze dell’Ordine o gli amministratori locali, insomma coloro che sono deputati ad agire in queste terribili occasioni, sono davvero degli angeli? A distanza di poche ore da quella notte dell’alluvione, ricordiamo era la notte tra il 22 e il 23 novembre, la Caritas di Soverato aveva messo su una sorta di quartier generale presso i locali dell’Oratorio, in cui si ricevevano le richieste di aiuto dei privati, che avevano subìto danni dalle onde di acqua e di fango, e i soccorsi venivano distribuiti in base alle priorità delle urgenze. Il coordinamento delle chiamate spettava a due rappresentanti della Caritas, ossia Teresa Pirritano e Mariella Pisano, che, con spirito amorevole, hanno cercato di reperire risorse in pochissime ore. È partita così una gara d’amore, sono partiti degli sms, sono arrivati gli angeli, capitanati dal prof. di matematica, nonché animatore salesiano Ivan Sinopoli. Prima erano dieci, poi venti, poi trenta, poi quaranta, per poi arrivare a un centinaio. Si è formato così un vero e proprio “esercito” armato di pala, impermeabili e stivali per spalare il fango, per liberare i magazzini, le strade, le case, i cortili condominiali, pulire La bara di Vittorio De Seta seguita da alcuni familiari SELLIA MARINA Chiesa del SS. Rosario Molta gente comune per l’ultimo saluto a Vittorio De Seta Rosario Stanizzi SELLIA MARINA I tanti giovani che, ogni giorno, calzavano gli stivali e si armavano di vanghe hanno deciso di non cedere a protagonismi pavimenti, buttare il mobilio rovinato. Inizialmente erano solo gli animatori dell’Oratorio Parrocchiale “San Domenico Savio”, poi i ragazzi delle scuole superiori, poi gli studenti delle scuole medie. I ragazzi, con un sorriso e con tanta voglia di aiutare, hanno lavorato dalla mattina alla sera, si recavano all’Oratorio solo per dei brevi break per pranzare e per rifocillarsi. Infatti nel quartier generale della Caritas c’era un gruppo di mamme che preparavano loro la colazione o il pranzo, e che probabilmente pregavano affinché questi giovani fossero protetti in questa loro difficile missione. Vi era una media anagrafica compresa tra i 16 e 17 anni. Era importante esserci e dare una mano. Sorprendenti sono stati i ragazzetti, che hanno avuto tanta forza nelle braccia per sgombrare i luoghi intasati dal mare di fango. Tanti gli interventi fatti: la zona dello Stadio, la Galleria “Maria Vittoria”, via San Giovanni Bosco, via Nenni, tanti i box, tante le case liberate dalla melma. «Il sorriso dei nostri ragazzi - ha così spiegato il prof. Sinopoli - ha trasmesso serenità alla gente che era davvero disperata. È stato un bel servizio perché è emersa la capacità di aiutare gli altri ad ogni costo. Si sono visti gesti di affetto e di solidarietà che non si possono descrivere per l’intensità emotiva con cui sono stati fatti». Il vero volontariato è questo: darsi per gli altri, senza telecamere, senza foto, senza riconoscimenti. Forse è dai più piccoli che dovremmo imparare ad essere cristiani, prima di essere dei cittadini. Gli “angeli del fango” hanno approfittato della chiusura delle scuole per aiutare la gente. Domenica, invece, hanno fatto una bella dormita perché il lunedì avrebbero ripreso ad andare a scuola e avrebbero riposto nell’armadio la pala e l’impermeabile, ma rimarranno sempre degli angeli senza ali! Grazie ragazzi per esserci stati! Un funerale semplice, assolutamente in linea con il suo stile di vita. È stato questo il saluto che la comunità di Sellia Marina, gli amici e i congiunti, hanno voluto donare a Vittorio De Seta, lo storico regista e documentarista che si è spento lunedì nella sua casa di campagna nel centro della costa ionica della provincia di Catanzaro. Le esequie sono state celebrate dal parroco della chiesa del Santissimo Rosario, don Giuseppe Cosentino, alla presenza di tanta gente comune, ma anche di alcuni rappresentanti istituzionali. In prima fila la figlia del regista, Francesca, e la nipote Vera. Dopo il saluto del sindaco di Sellia Marina, Giuseppe Amelio, Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria, ha evidenziato la figura di De Seta, sottolineando il suo grande amore per l’arte e le tante pellicole firmate con grande successo. Il regista, nativo di Palermo, aveva deciso di trascorrere gli ultimi anni nella cittadina alle porte di Catanzaro, dove è stata tumulata la salma. Negli anni scorsi aveva ricevuto il premio “Mare Jonio” sezione cultura, a Cropani, uno dei pochi riconoscimenti ottenuti in Calabria. De Seta si era ritirato dall’attività di cineasta, ed alcuni anni fa aveva perso la moglie, Vera Gherardetti, alla quale era molto legato. Nel 2006 aveva firmato la regia del suo ultimo lungometraggio, “Lettere dal Sahara”, presentato fuori concorso alla Mostra internazionale del cinema di Venezia. A Sellia Marina, De Seta ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, in compagnia della lettura, sua passione da sempre, circondato dall’affetto dei suoi cari. Un legame molto forte quello tra il regista e la Calabria, dove aveva girato molte sue opere e dove aveva deciso di trasferirsi, nell’assoluta tranquillità, senza sfarzi e cerimonie di gala. Nel corso della sua importante carriera, è stato un celebre autore di documentari, premiati in Italia e all’estero. Tra questi “Un giorno in Barbagia”, “Banditi ad Orgosolo”, “Lu tempu di lu pisci spata” e “Diario di un maestro”. SOVERATO Un successo l’iniziativa dell’Osservatorio “Falcone-Borsellino-Scopelliti” SOVERATO SOVERATO Indagano i militari dell’Arma Cittadinanza onoraria a don Alfano, sì della gente Civico consesso Tanti i punti da discutere Rubano sulla “106” camion con bobcat e spariscono nel nulla Cesare Barone SOVERATO È rimasto nel cuore di tutti don Alfonso Alfano, il salesiano che ha inventato l’oratorio a Soverato. Il prete di strada che, seguendo l’insegnamento di don Bosco, cercava di trovare anche nelle “mele marce” un buon cristiano. Ha talmente lasciato il segno che l’Osservatorio “Falcone – Borsellino – Scopelliti” ha deciso di avviare una petizione popolare per conferirgli la cittadinanza onoraria. In una conferenza stampa, alla presenza del padre spirituale dell’Osservatorio, don Roberto Corapi, e del presidente Carlo Mellea, sono state illustrate le motivazioni che hanno indotto la decisione. « Non un prete comune - ha affermato il responsabile dell’Osservatorio Carlo Mellea - ma un religioso che ha dedicato parte della sua vita ai giovani. Allontanarli dagli ambienti pericolosi e toglierli dalle strade. Si è battuto per costituire l’oratorio, ci è riuscito. Negli anni in cui ha fatto il salesiano a Soverato ha contribuito fortemente a creare un amalgama di giovani che, tentati dalle cattive abitudini, stavano per imboccare strade non legali. La cittadinanza onoraria per don Alfonso rappresenta proprio per questo un arricchimento per la cittadina ionica e, nello stesso tempo, un elevazione culturale oltre che spirituale.» Don Alfonso Alfano Don Roberto Corapi, dal canto suo, nel corso di un suo breve ma incisivo intervento nel corso della conferenza stampa, partendo da un passo di San Paolo ha ribadito: « Dobbiamo essere figli della luce, non delle tenebre. Ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. Il sacerdozio deve servire proprio a questo e don Alfano ne è l’esempio: un sacerdozio vissuto in mezzo alla gente, fuori dal tempio alla ricerca della verità e libertà.» La petizione popolare, fatta all’indomani della conferenza stampa, in pochissimo tempo ha sortito gli effetti sperati: sono state raccolte infatti ben cinquecento firme a sostegno della cittadinanza onoraria di don Alfano. Domani l’incontro culturale organizzato dal “Gruppo archeologico Paolo Orsi” Il tesoretto di Soverato all’istituto professionale Gianni Pitingolo SOVERATO In seguito all’ordinanza del sindaco di Soverato, Leonardo Taverniti, che ha disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado per l’allagamento provocato in città dal nubifragio della settimana scorsa, l’incontro culturale del venerdì – nel corso del quale era prevista la presentazione del volume «Anime sulla collina» di Menotti Ranieri – organizzato dall’Università della terza età e del tempo libero «Magno Aurelio Cassiadoro» è stato rinviato ad altra data che sarà comunicata in tempo utile ai soci dell’Uniter. Per domani sempre all’istituto professionale alberghiero di Stato di via Giacomo Leopardi a cura del «Gruppo Archeologico Paolo Orsi» di Soverato sarà presentata l’opera di Angela Maida ed Eliana Iorfida «Il tesoretto di Soverato». Un volume in elegante veste tipografica edito da Calabria Letteraria che nelle sue 110 pagine contiene testimonianze e fotografie di 32 monete d’argento di età ellenica rinvenute nel gennaio 1915 dal soveratese Giacomo Maida e oggi custodite in parte nei depositi della Soprintendenza Archeologica della Calabria. Come ha scritto nella prefazione l’allora sindaco della città di Soverato, Raffaele Mancini «questa pubblicazione è un anello importante nella catena di iniziative che si prefiggono di allargare la consapevolezza in tutte quelle persone che amano la storia e l’archeologia». Domani, quindi, dopo il saluto da parte dell’associazione culturale, a cura di Francesco Grisafi, relazioneranno nell’ordine la ricercatrice Angela Maida e l’archeologa Eliana Iorfida. Seguirà la proiezione della secolare documentazione acquisita nel volume e delle monete elleniche rinvenute quasi un secolo orsono sul territorio di Soverato. SOVERATO. Oggi, alle 16, nella sala conferenze dell’Istituto tecnico per geometri di Soverato si terrà il convegno “Lavori pubblici: tra concorsi e affidamenti”. In calendario interventi di Biagio Cantisani (presidente dell’Ordine degli architetti di Catanzaro) e Saverio Putortì (dirigente dell’assessorato Urbanistica della Regione Calabria). SOVERATO. Sono nove i punti all’ordine del giorno del consiglio comunale di oggi pomeriggio. Gli argomenti, tutti di importanza strategica, partono dall’informativa del sindaco sugli eventi alluvionali del 22 e 23 novembre che hanno colpito la città, per poi arrivare a discutere di equilibri di bilancio con relativa approvazione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2010. L’assise cittadina si occuperà anche di approvare i criteri generali per l’ordinamento degli uffici e dei servizi in recepimento delle disposizioni introdotte dalla riforma “Brunetta”. La massima assemblea elettiva avrà, inoltre, il compito di deliberare in merito all’avviso pubblico per la presentazione e la selezione dei progetti integrati di sviluppo locale (“Pisl”) e in particolare dovrà approvare il protocollo d’intesa per la costituzione del partenariato di progetto per l’elaborazione e attuazione del progetto denominato “Insieme per la qualità della vita”. Infine i consiglieri dovranno occuparsi di esaminare la richiesta dell’amministrazione provinciale di Catanzaro riguardante il progetto dei lavori di ampliamento dell’istituto professionale di Stato per i servizi alberghieri. Una seduta che durerà sicuramente fino a tarda sera con un dibattito parecchio animato.(c.b.) Si sono perse le tracce del mezzo pesante e del bobcat SOVERATO. Erano appena arri- vati sul luogo di lavoro a bordo di un autocarro. Giusto il tempo di scendere dal mezzo pesante per rendersi conto sui lavori da effettuare allontanandosi per circa un centinaio di metri che ignoti sono saliti a bordo dell’ “Iveco 130” dileguandosi. È accaduto ieri pomeriggio a Montepaone Lido. Vittima del furto un’impresa che doveva effettuare, per conto dell’amministrazione provinciale, dei lavori sulla statale 106 ionica vecchia sede. Increduli e sbigottiti per non aver trovato l’autocarro gli operai hanno subito avvisato i carabinieri della Compagnia di Soverato, i cui militari operano agli ordini del capitano Emanuele Leuzzi. Sul veicolo era caricato un “bobcat” che sarebbe servito a ripulire il ciglio della strada dai detriti di fango e altro materia- le lasciati dal maltempo dei giorni scorsi. Una volta scattato l’allarme tutte le pattuglie della zona sono state fatte convergere in direzione Montepaone e Catanzaro Lido, nella speranza che potessero intercettare l’autocarro. Passate al setaccio tutte le cave della zona, tutti gli angoli del litorale sono stati minuziosamente controllati dai militari con esito negativo. Indagini sono in corso per verificare se a rubare il mezzo industriale siano state una o più persone. Nella zona, purtroppo, non erano presenti telecamere o impianti di videosorveglianza che avrebbero dato certamente una mano d’aiuto agli investigatori. I controlli proseguiranno anche nei prossimi giorni e saranno sentiti una serie di soggetti con precedenti specifici che potrebbero aiutare i carabinieri a ritrovare l’autocarro. (c.b.) Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 36 Cronaca di Lamezia Convegno sul turismo all’Unioncamere Si parla di Turismo sabato all’Unioncamere alle 16.30 con gli operatori del settore e i sindaci Corso Nicotera 215, - Cap 88046 Tel. e Fax 0968.448193 [email protected] . La Sorical pretende il pagamento di 4,6 milioni di arretrati, ma la Multiservizi non rispetta le scadenze per i pagamenti PDL L’acqua sarà ridotta del 30 per cento Benincasa difende Lo Moro dagli attacchi dei regionali Abramo: abbiamo spese da sostenere. Miletta: troppi lametini morosi e non abbiamo soldi Vinicio Leonetti Meno docce, occhio a lavatrici e lavastoviglie, e soprattutto attenzione alle perdite dei rubinetti. Perchè fra qualche giorno l’acqua in città sarà razionata. La Sorical, società mista che gestisce il servizio idrico in Calabria, rivendica il pagamento di 4,6 milioni di euro dalla Multiservizi, l’utility controllata dal Comune. I soldi non arrivano, e la fornitura d’acqua giornaliera verrà presto ridotta di un terzo. «Stiamo facendo così con 39 comuni calabresi morosi, e faremo lo stesso a Lamezia, anche se non è un cattivo pagatore», spiega Sergio Abramo presidente di Sorical, azienda controllata dalla Regione col 53,5% e partecipata dal colosso francese Veolia attraverso Enel Hydro al 46,5%. Si tratta di una società per azioni che vanta dai comuni crediti per 180 milioni. «Abbiamo avviato un piano di rientro con rateizzazioni per i comuni creditori», dice Abramo, «ma gli enti non rispettano le scadenze. E noi erogheremo il minimo consentito dalla legge, perchè abbiamo delle spese da sostenere come i consumi d’energia da pagare all’Enel per far funzionare gli impianti. E le banche ci hanno chiuso i rubinetti. Ora i comuni dovranno pagare il dovuto». Fernando Miletta dalla presidenza della Multiservizi, una Spa anche questa ma totalmente controllata da Palazzo Maddamme, conferma che le due rate da 350 mila euro per il rientro del debito alla Sorical sono scadute venerdì scorso. «Sette giorni fa abbiamo pagato due rate da 90 mila euro, ma adesso non abbiamo più liquidità. Ecco perchè abbiamo chiestop una proroga a Sorical». Che, a sentire il presidente Abramo, non è propensa a concedere altro tempo a chi non riesce a pagare. «Il problema vero è che i cittadini non pagano le bollette di acqua e depurazione. L’incasso annuo dovrebbe essere di circa 4 milioni di euro, ma quello effettivo non supera il 90%. C’è un piano di recupero affidato ad Equitalia». Quindi i lametini si preparino a pagare le bollette dell’acqua dei mesi passati che Il debito La società erogatrice dell’acqua è la Sorical che rivendica il pagamento di arretrati alla Multiservizi per 4,6 milioni di euro. L’azienda presieduta da Fernando Miletta non ha più soldi perchè dei 4 milioni di euro all’anno che dovrebbe incassare riesce a raccoglierne il 90%. Sergio Abramo Soprattutto le imprese ma anche le famiglie non pagano i consumi dell’acqua per tempo. Cè un piano di rientro affidato ad Equitalia per recuperare i soldi dovuti, che possono essere dilazionati anche in 18 mesi. Fernando Miletta La fontanella davanti al Palazzo di Città arriveranno con inclusi gli interessi di mora. La situazione peggiore, sottolinea Miletta, è quella delle imprese che non pagano, nonostante gli si offrono piani di rientro con rateizzazione a 18 mesi. Quando era attiva la discarica di località Stretto questi problemi non c’erano. Con gli incassi dei rifiuti la Multiservizi riusciva a far fronte alle spese del servizio idrico, pagando Sorical con puntualità. Adesso che la discarica è venuta meno, e non tutti i lametini pagano l’acqua che consumano, il problema s’è aggravato. «L’acqua potrebbe cominciare a non esserci intorno alle 8 del mattino. Ci saranno delle difficoltà per tutti», annuncia Miletta, «ma abbiamo chiesto a Sorical in quali serbatoi diminuirà l’erogazione, così potremo predisporre un piano. Per evitare che i rubinetti restino a secco per troppe ore». La replica del capogruppo di Fli all’assessore comunale Il magistrato arrestato ieri a Reggio per corruzione Grandinetti: Crimi confonde il mercatino natalizio con altro Vincenzo Giglio è candidato alla presidenza del Tribunale «Le dichiarazioni dell’assessore Giusi Crimi a proposito del mercatino di Natale non sono affatto rassicuranti. Denotano il solito pressapochismo con cui si gestisce la cosa pubblica e lo scarso interesse e la conseguente disinformazione su quanto avviene nella città». È l areplica di Francesco Grandinetti all’assessore Crimi: il primo aveva denunciato la mancata previsione di spazi per il mercatino natalizio, l’esponente della giunta ha risposto che l’iniziativa è invece prevista dal Comune. Per Grandinetti si fa confusione tra il mercatino d iNatale e quello dell’artigianato artistico e tradizionale. Scrive: «Non è così per una serie di motivi: perché il mercatino di Natale non è solo artigianato artistico ma anche editoria, agricoltura biologica, gastronomia e tanto altro. Non è così perché non i singoli ma tutto il gruppo del mercatino fa richiesta e organizza luoghi, tempi e modalità della manifestazione. Poi questa iniziativa per le sue caratteristiche necessita di un luogo unico e preferibilmente al chiuso da allestire in maniera omogenea, com’è stato il Chiostro di San Domenico negli ultimi anni, e non tanti piccoli gazebo dove probabilmente saranno presenti anche altri imprenditori in forma autonoma. È per questi motivi che il mercatino di Natale quest’anno non potrà essere realizzato, ci saranno probabilmente bancarelle e merci esposte ma non sarà quello degli anni passati». Secondo il capogruppo di Fli al Comune «l’amministrazione municipale ben dovrebbe conoscere tutto questo perché il mercatino di Natale c’è da circa vent’anni, e perché è stato organizzato durante la prima e la seconda legislatura Speranza. È chiaro quindi come il bando sia stato scritto in maniera un po’fantasiosa, senza tener conto in nessun modo della realtà lametina sia economica che sociale, né delle attività esistenti sul territorio». È ancora ufficialmente in corsa per la presidenza del Tribunale lametino il giudice Vincenzo Giuseppe Giglio, presidente di sezione del Tribunale di Reggio Calabria. Il suo nome infatti risulta nella lista dei sedici magistrati aspiranti alla poltrona di numero uno del Palazzo di giustizia di Piazza delle Repubblica, dallo scorso gennaio retto dal presidente di sezione penale Pino Spadaro. Anche lo stesso Spadaro concorre alla presidenza. Vincenzo Giuseppe Giglio è stato arrestato ieri mattina nell’ambito dell’inchiesta “Infinito” contro la ‘ndrangheta condotta dai pool antimafia di Il Tribunale lametino Milano e Reggio. Il magistrato è accusato di corruzione, favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio. Il comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura ha trasmesso gli atti relativi all’arresto al procuratore generale della Cassazione a alla prima commissione dello stesso Csm per avviare un’indagine. Giglio è presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale reggino. La nomina a presidente del Tribunale lametino da parte del Consiglio superiore della magistratura, sulla base dei curricula inviati dai magistrati, dovrebbe avvenire prima del prossimo Natale. Il posto è vuoto da quando il presidente Ercole Scaglione l’ha lasciato per andare in pensione. «L’anatema contro la deputata del Pd Doris Lo Moro da parte dei consiglieri regionali del Pdl Orsomarso, Pacenza e Salerno è espressione “personale” di un metodo che non è condivisibile all’interno di un partito impegnato in prima linea a costruire una grande area moderata alternativa alla sinistra». La dichiarazione è di Teresa Benincasa, consigliere comunale dello stesso partito di chi ha invece attaccato Lo Moro per la sua presenza all’inaugurazione di un’azienda nell’area ex Sir ina formata da Camastra Freddo Srl della Locride e il Gruppo Veronesi del Veneto. I fratelli Camastra sono finiti in un’inchiesta sul contrabbando di gasolio in Calabria che arricchisce la ‘ndrangheta. «Non sarei onesta se in quelle parole accusatorie non denunciassi l’errore di metodo», sottolinea Benincasa, «a prendere di mira una persona e trasformarla in un bersaglio. Lo trovo sbagliato e sento la necessità di far sapere ai consiglieri regionali del mio partito che il Pdl non può scendere nella schermaglia politica senza mantenere dritta la barra dei valori su cui il partito si fonda e riceve il suo consenso. C’è bisogno di un clima nuovo dentro e fuori il confronto politico». Ancora: «Politicamente condivido l’idea del primato della politica e non considero le ipotesi di scioglimento delle amministrazioni adeguate per le garanzie dei diritti di cittadinanza. Ma alle interrogazioni parlamentari di un certo peso non si può rispondere con dichiarazioni sproporzionate. L’impegno politico a mio avviso è quello di dare risposte adeguate, senza accuse ritorsive che rischiano di condannare i calabresi a fare cento passi indietro. Mi scuseranno gli onorevoli consiglieri regionali del Pdl se voglio fare emergere un distinguo tra le loro dichiarazioni che considero a titolo personale e il modo di concepire l’impegno politico in questa terra». Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 38 Lametino . PIANOPOLI Oggi il gip di Lamezia ascolterà il perito che ha eseguito le verifiche lungo il fiume Gaccia LAMEZIA TERME Lo denuncia Sel «La discarica di Pianopoli tra meno di un anno L’Amministrazione affida l’incarico ad un legale per verificare eventuali danni subiti sarà completamente piena» La questione rifiuti in tribunale Luigina Pileggi LAMEZIA TERME La questione dei rifiuti nel fiume Gaccia approda in Tribunale. Questa mattina infatti il giudice per le indagini preliminari Barbara Borelli sentirà il perito che ha eseguito delle verifiche, su mandato della Procura, lungo il fiume i cui argini sono imbottiti di immondizia. Il professionista ha effettuato infatti dei controlli lungo le sponde del corso d’acqua, a seguito di un’inchiesta avviata dalla Procura che portò all’invio di avvisi di garanzia ad amministratori, dipendenti del Comune e persone legate alle ditte che effettuarono dei lavoro lungo il Gaccia. Sulla mega discarica presente nel fiume pendono infatti due procedimenti penali aperti dalla Procura della Repubblica. Perito che è stato chiamato in causa dallo stesso Comune di Pianopoli. La Giunta comunale guidata da Gianluca Cuda ha infatti dato mandato, con una delibera del 10 novembre scorso (presenti il vicesindaco Antonio Gaetano, gli assessori Domenico Curcio e Paola Chiefalo, assenti il sindaco Cuda e l’assessore Pedro Andreaggi) all’avvocato Italo Reale di intraprendere «le necessarie azioni davanti all’autorità giudiziaria al fine di accertare eventuali responsabilità penali a carico del Ctu nominato nell’ambito dell’incidente probatorio riferito a due procedimenti penali o a carico di chiunque dovesse risultare corresponsabile e, comunque, a richiedere il risarcimento del danno arrecato al territorio e all’Ente». «In ordine ai procedimenti penali numero 463/2010 e 1206/2010 – si legge nella delibera di Giunta – questo Ente ha assunto determinazioni con le delibere di Giunta comunale numero 75/2010, 105/2010 e 138/2010. In relazione a queste determine, la stessa Procura della Repubblica ha richiesto un incidente probatorio, ammesso dal giudice delle indagini preliminari, ai fini della redazione di una perizia sullo stato dei luoghi e sul potenziale danno ambientale lungo il corso del fiume Gaccia nel territorio del Comune di Pianopoli». «Dalla relazione di un consulente di parte – ha prosegue l’Amministrazione comunale – trasmessa a questo Ente e regolarmente acquisita agli atti, risulta che nelle operazioni disposte dal Ctu per la verifica dello stato di inquinamento dei luoghi, a causa della loro errata esecuzione, hanno determinato inquinamento della falda acquifera con ripercussioni, nel tempo, sulle acque del fiume Gaccia». «In ragione della gravità di quanto avvenuto – insiste l’Amministrazione di Pianopoli – si rende indispensabile incaricare legale di fiducia di questo Comune, nella personale dell’avvocato Italo Reale, del foro di Lamezia Terme, per intraprendere ogni utile del predetto Ctu e di chiunque dovesse risultare corresponsabile». Nella delibera, la Giunta ha anche incaricato il responsabile del servizio competenze ad assumere gli atti di gestione per l’erogazione, in favore dell’avvocato Reale, dell’acconto di 516 euro, oltre Iva e Cnpa, per come prevede la legge». Intanto, mentre la giustizia e le carte bollate fanno il loro corso, il fiume Gaccia continua a “restituire” la spazzatura. Quin- Giuseppe Maviglia LAMEZIA TERME Sopra i rifiuti lungo il fiume Gaccia. Sotto il sopralluogo nei giorni scorsi quando è crollata una strada tali di immondizia sotterrati lungo gli argini del corso d’acqua, che è diventato così una discarica abusiva. Una bomba ecologica che ogni giorno di più sta devastando il territorio. Basta infatti un pò di pioggia per riportare alla luce lo scempio di anni e anni di illegalità. Proprio come è successo nei giorni scorsi, quando addirittura è crollata parte di una stradina adiacente al fiume. Sul posto oltre i proprietari dei terreni limitrofi, si sono recati l’ex consigliere comunale Alba Nanci e i carabinieri. I rifiuti stanno venendo sempre più a galla, finendo poi nel fiume, fino ad arrivare al mare. Provocando così un inquinamento che non ha precedenti nel nostro territorio. Tutto questo, mentre la giustizia cerca i responsabili di tanto degrado. «Si ponga fine al commissariamento per l’emergenza rifiuti che ha fallito e la Regione prenda in mano la questione con un nuovo Piano. In molto meno di un anno la discarica di Pianopoli sarà colma. Voglia quindi il commissario Vincenzo Maria Speranza requisirla, facendola passare ad una gestione pubblica, considerate le vicissitudini e l’importanza a livello regionale». A chiederlo è Sinistra ecologia e libertà nella conferenza stampa con il coordinatore provinciale di Sel e presidente della Lamezia Multiservizi Fernando Miletta e Valerio Calzolaio, coordinatore nazionale Ambiente del partito ed ex sottosegretario all’Ambiente col centrosinistra. Sel articola la sua richiesta alla Regione con delle proposte in 5 punti: attivazione di tutti i poteri per un nuovo Piano regionale dei rifiuti; passaggio da una gestione commissariale ad una normale; ridefinizione degli Ambiti territoriali, coinvolgendo i Comuni e individuando un capofila nella gestione degli Ato; pianificazione delle risorse disponibili sulla base delle peculiarità che incentivi la raccolta differenziata e affidamento di tutto il ciclo dei rifiuti ad un soggetto pubblico o a prevalente capitale pubblico. Dura la denuncia di Miletta: «La gestione dei rifiuti in Calabria ha un rilievo nazionale. Infatti, la relazione della Commissione parlamentare antimafia parla di infiltrazioni mafiose in questo settore. Non si tratta dunque di annunciare disastri. Ci sono già. E il peggio arriverà presto. Dopo la chiusura della discarica di Alli, alle circa 1700 tonnellate al giorno che arrivano a Pianopoli, se ne aggiungeranno altre 100. A queste, si devono sommare le 120 tonnellate provenienti da Catanzaro e i rifiuti speciali delle altre regioni. Siamo vicini pertanto alle 2 mila tonnellate e a breve la discarica sarà colma». Nonostante il quadro non sia dei più rassicuranti, secondo Miletta «all’orizzonte non c’è alcuna soluzione. Anzi, la Regione ha delegato al commissario Speranza senza pretendere atto di quanto detto dalla Commissione parlamentare antimafia. E cosa più grave, non si vede un sistema nuovo rispetto all’esperienza fallimentare del commissariamento, nonostante le risorse per affrontare la questione ci sono: 60 milioni di euro di fondi Por e 101 di quelli Par-Fas». Il coordinatore provinciale infine affronta l’argomento “differenziata”: «La città viaggia verso il 40 per cento. Ma fino a quando la gestione delle discariche resterà in mano ai privati, la raccolta differenziata non partirà mai seriamente». Calzolaio accusa la Regione di «ordinaria inadempienza», con l’auspicio che «rivendichi i propri poteri in materia di rifiuti». E sul commissario Speranza dice: «Gli auguro di lavorare in maniera più efficace rispetto ai fallimenti del passato». Tuttavia, l’esponente nazionale ritiene che «prima finisce il commissariamento meglio è». Prosegue Calzolaio: «Il nostro slogan nazionale è “verso rifiuti zero”, che significa zero sporco sui rifiuti. Cioè: in fase di produzione dobbiamo prestare la massima attenzione affinché tutto si realizzi nel modo più gestibile. È mancata una gestione ottimale delle discariche calabresi. Tanto è vero che da queste non si è prodotta energia. Tutt’altro. Spesso sono balzate alla cronaca per storie di sprechi». CONFLENTI Tre consiglieri di minoranza chiedono la convocazione del civico consesso FALERNA SOVERIA M. Console: è un a vergogna L’aula discuta della frana davanti alla chiesa Disposta la pulitura straordinaria degli alvei Investiti due randagi ma nessun ente è intervenuto in aiuto FALERNA. Protezione civile è anzitutto prevenzione. Questo vale anche nella gestione del territorio. Che dev’essere attenta e puntuale per evitare che particolari eventi meteorologici possano provocare danni alle persone e alle cose come, purtroppo, continuano a dimostrare sciagure che si ripetono nei vari angoli del Paese. L’oculata gestione del territorio è un aspetto da tenere nella massima considerazione specie in vista dei mesi invernali, restituendo all’originaria funzione idraulica gli alvei dei corsi d’acqua. Per questo l’amministrazione municipale ha deciso di provvedere con urgenza alla manutenzione straordinaria dei fossi e dei canali pubblici. Da un sopralluogo tecnico è emersa in particolare la necessità d’intervenire con la massima celerità sul tratto del canale Noce tra il sottopasso autostradale e quello ferroviario. Qualora le acque dello stesso canale si gonfiassero oltremodo, la presenza di erbacce, detriti e altro potrebbe causarne la tracimazione con serie conseguenze per le abitazioni circostanti. L’Amministrazione considera la pulizia dei fossi un’emergenza per il Comune, giacché eventuali esondazioni, a seguito di piogge copiose, procurerebbero danni irreparabili, sebbene prevedibili.(g.c.) SOVERIA Giovambattista Caravia SAN MANGO D’AQUINO L’opposizione consiliare di Conflenti chiede la convocazione del Consiglio comunale. Promotori, con una missiva inviata al primo cittadino Giovanni Paola e al presidente del consiglio comunale, così come previsto dalle norme che disciplinano il funzionamento del civico consesso, i tre consiglieri del gruppo di minoranza “Conflenti nel Cuore” Serafino Pietro Paola, Raffaele Mastroianni e Franco Colosimo. Ordine del giorno “Azioni amministrative per la messa in sicurezza del piazzale antistante la Chiesa dell’Immacolata”. La richiesta dei tre, del resto, era già stata preannunciata al- cune settimane fa in occasione della visita fatta dai stessi consiglieri agli abitanti residenti nella zona di piazza dell’Immacolata, interessata da un «forte cedimento strutturale». In quell’occasione, secondo i tre, l’unica responsabile dell’annunciato crollo, poi verificatosi nel giugno di quest’anno, era da ricercare nella precedente amministrazione comunale (anno 2009) «poco interessata ai fenomeni che si erano manifestati». Insomma, sembrerebbe che allo stato attuale la situazione sia rimasta invariata anzi, l’iniziativa amministrativa, sempre secondo i tre consiglieri di minoranza, si sarebbe concretizzata solamente in «implorazioni di aiuto senza il necessario supporto documentale, tecnico e finan- Serafino Paola ziario». Qualche intervento pare, comunque, ci sia stato nei mesi passati per la messa in sicurezza dell’area interessata alla frana ma, riguarderebbe solo dei sondaggi geologici che hanno, tra l’altro, sostituito gli annunciati “micropali”. Adesso quindi la ferma volontà del gruppo “Conflenti nel cuore” di mettere fine, una volta per tutte, ad una tale condizione di emergenza ed incuria ambientale che, come sostengono i tre consiglieri all’opposizione «serve solo a procurare una visione falsata di Conflenti agli occhi degli estranei ma , soprattutto, agli occhi della stessa popolazione residente che smarrita continua a vigilare costantemente sulla propria incolumità». PLATANIA Giornate di preghiera in parrocchia con la statua di Madjugorje L’effigie della Madonna “visita” gli ammalati PLATANIA. Maria, “Pellegrina d’amore”, da lunedì scorso (giorno precedente l’inizio del novenario in onore dell’Immacolata Concezione) è in mezzo al popolo di Platania con la visita alle famiglie, ma soprattutto alle persone ammalate, . Si tratta della “Peregrinatio Mariae” ossia il pellegrinaggio della statua della Regina della Pace di Medjugorje che, portata tutti i giorni in processione, sarà ospitata nella case in cui risiedono persone non autosufficienti per prendere parte alla tradizionale novena che si celebra in chiesa. Le famiglie ospitali prepareranno una degna dimora abbellita da luci e fiori per l’accoglienza della statua della Madonna in missione. Con questa iniziativa religiosa la comunità di San Michele Arcangelo, patrono di Platania, diventa missionaria con l’annuncio del Vangelo e con un’opera di preghiera, di catechesi e di evangelizzazione subito dopo l’avvio all’anno catechistico durante il quale il vescovo emerito di Lamezia Terme monsignor Vincenzo Rimedio ha dato il mandato ai catechisti della parrocchia nel- la solenne celebrazione a riguardo. Nel pomeriggio ci sarà l’incontro di preghiera, al quale prenderanno parte il gruppo missionario parrocchiale, gli ammalati e le famiglie del rione, e ancora la recita del Santo Rosario, una appropriata catechesi mariana e la consacrazione della famiglia alla Madonna. «Maria, Regina della pace, viene a fare alle nostre famiglie una visita speciale e a Lei – sottolinea la catechista Maddalena Cimino – si chiederà che, come allora visitò Santa Elisa- betta portando in grembo il Verbo di Dio, anche oggi lo porti nelle nostre famiglie». Il parroco don Pino Latelli afferma che «la Peregrinatio Mariae se da una parte evoca il pellegrinaggio che ciascuno è chiamato a compiere per riscoprire la propria fede, dall’altra offre una buona occasione per stare accanto agli ammalati facendo sentire loro la vicinanza e l’affetto dell’intera comunità. L’augurio – conclude il sacerdote – è che la Vergine Santa conforti quanti sono segnati dalla malattia e dalla solitudine». MANNELLI. «Purtroppo la storia si ripete, purtroppo pare che le leggi in materia di randagismo e tutela di animali d'affezione nei Comuni della provincia di Catanzaro sono un optional». La denuncia è di Francesca Console, presidente dell’associazione “Anima randagia” per la tutela degli animali in Calabria che in particolare racconta quanto sta avvenendo a Soveria Mannelli. «Nei giorni scorsi - ha affermato Console – una componente dell'associazione “Anima randagia” ha telefonato disperata, perchè alle 16 un camion ha investito due cuccioli randagi di circa un mese. Non stiamo a descrivere la trafila di telefonate che si sono susseguite fino alle 21 della stessa sera. La polizia municipale, a quanto pare, oltre gli orari di ufficio non ha reperibilità. A questo punto, qualora dovesse succedere qualcosa di più "grave" che l'investimento di un animale, i cittadini cosa dovrebbero fare?» Porte chiuse anche dalla forze dell’ordine. «Per i carabinieri non è loro competenza – ha proseguito la presidente del sodalizio – per l’Azienda sanitaria provinciale non c'è intervento se non su segnalazione dei vigili urbani. E allora che si fa? Cosa deve fare un cittadino per Cani randagi essere tutelato e sostenuto in queste situazioni? Si porta l'animale ferito in casa agonizzante nell'attesa che muoia tra atroci sofferenze». Per la presidente dell’associazione “Anima randagia” tutto questo «è vergognoso». «Polizia, carabinieri e vigili urbani – prosegue Francesca Console – sono tenuti ad intervenire per legge. Per questo è stato modificato il Codice della Strada in materia di soccorso animali feriti». «Profondamente indignati – ha concluso nel suo intervento la presidente dell’associazione “Anima randagia” – sono tutti i membri dell'associazione, che chiedono chiarezza su quanto accaduto prima di procedere per vie legali contro i responsabili di queste omissioni». Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011 39 Cronaca di Crotone Piazza Resistenza, 17 - Cap 88900 Tel. 0962.29786 / Fax 0962.29791 [email protected] Straniera arrestata per resistenza e lesioni Arrestata dalla Polizia ventisettenne nigeriana per resistenza, violenza e lesioni personali a pubblico ufficiale Concessionaria: Publikompass S.p.A. Piazza Resistenza, 17 - Cap 88900 Tel./Fax 0962.905002 [email protected] . Il Tribunale penale al terzo giorno di camera di consiglio ha emesso la sentenza nei confronti dei ventisei imputati ed ha inflitto solo tre condanne Al processo “Puma” ventitrè assoluzioni Tre anni e 4 mesi a Giovanni Puccio, 2 anni e 6 mesi a Luigi Bumbaca, 2 anni e 4 mesi a Michele D’Alfonso Una sola condanna per mafia e due altre condanne per accuse di corruzione e voto di scambio. Poi ben ventitrè assoluzioni. Così ha deciso ieri il collegio del Tribunale di Crotone che dopo 60 ore circa di camera di consiglio ha emesso il verdetto per le ventisei persone imputate in uno dei due procedimenti scaturito dall'operazione "Puma" del 28 dicembre 2006. Un processo che come è noto ruotava intorno alle attività della cosca Maesano di Isola che avrebbe controllato per trarne profitto i villaggi turistici sulla costa tra Isola e Botricello, e soprattutto quello di Praialonga. Si basava infatti per la gran parte su vicende accadute in questo grosso condominio di palazzine e case abitate durante le vacanze estive da crotonesi e non solo, l’inchiesta condotta dalla Dda e dai Carabinieri. La ricostruzione accusatoria prefigurava anche episodi corruttivi che coinvolgevano politici e loro collaboratori. E poi erano ipotizzati estorsioni e danneggiamenti all’ex amministratore di condominio Stefano Forleo per costringerlo a cedere l’amministrazione del villaggio agli uomini della cosca. Ma davanti al Tribunale ha retto solo una piccola parte dell’ipotesi accusatoria. Il collegio presieduto da Guglielmo Labonia (a latere Gilda Del Borrello e Raffaella Dattolo giudice onorario; can- celliere: Giovanna Morabito ), ha infatti condannato solo Giovanni Puccio (63 anni di Botricello, per associazione mafiosa alla pena di tre anni e 2 mesi di reclusione. Lo stesso Puccio, difeso dall’avv. Pietro Pitari è stato assolto da tutti gli altri capi d’imputazione che gli venivano contestati. Assolto dalle accuse di mafia anche Luigi Bumbaca, amministratore di Praialonga nel periodo dei fatti oggetto del processo, e considerato uomo dei Maesano. Bumbaca che è stato difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi, è stato condannato a due anni e 6 mesi di reclusione per due episodi di corruzione e voto di scambio e nei suoi confronti il Tribunale ha escluso l’aggravante della mafiosità. Un aggravante esclusa anche per Michele D'Alfonso cognato dell'ex assessore regionale alla forestazione Dionisio Gallo. D'Alfonso per la pubblica accusa tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005, aveva fatto da tramite tra Bumbaca espressione dei Maesano e l'allora assessore regionale che secondo la tesi dell'accusa per ottenere voti avrebbe accolto alcune richieste dello stesso Bumbaca inviando per esempio operai forestali del consorzio a Praialonga. Ebbene il Tribunale ha condannato D’Alfonso (difeso dagli avvocati Luigi Morrone e Livia Apa), a due anni e 4 mesi di Il palazzo di Giustizia sede del Tribunale penale reclusione per un solo episodio corruttivo legato a un’ipotesi di voto di scambio assolvendolo da tutti gli altri capi d’imputazione che gli venivano contestati. Il collegio presieduto dal giudice Labonia ha poi condannaLa pubblica accusa è stata rappresentata dal Pm Bruni to Giovanni Puccio al risarcimento danni in favore della Regione Calabria, del Comune di Isola Capo Rizzuto e del Condominio di Praialonga, assistite rispettivamente dall’avv. Panico, dall’avv. Giovanni Iedà e dall’avv. Leo Sulla. È stato parte offesa nel processo anche Stefano Forleo, rappresentato dagli avvocati Graziella e Attilio Scola. Il pm Pierpaolo Bruni aveva chiesto di infliggere 23 condanne per un totale di 118 anni e 6 mesi di reclusione e solo 3 assoluzioni. Ma il collegio del Tribunale ha deciso al contrario mandando assolti da tutte le accuse sia gli imputati accusati di associazione mafiosa (Santo Maesano, Antonio Puccio, Michele Leonardo Bruno), sia gli imputati che erano accusati di singoli episodi di voto di scambio per ipotizzate promesse pre-elettorali con l’allora assessore regionale Gallo, sia infine gli altri accusati di aver aiutato la cosca ad assumere il control- È accusato di avere omesso di dichiarare ricavi di impresa ed Iva La vertenza dei dipendenti di Villa Giose Maxi evasore fiscale (per 2 milioni) scoperto e denunciato dalla Finanza Avviate le procedure per mettere in mobilità i lavoratori della clinica È accusato di aver nascosto al fisco ricavi per circa due milioni di euro, ma avrebbe anche omesso di versare all’erario almeno 100.000 euro di ritenute operate come sostituto d’imposta. Un imprenditore del settore abbigliamento è stato denunciato dalla Guardia di Finanza per una maxievasione fiscale. Si tratta di un 60enne che risiede a Cutro ed è titolare di una società di capitale che gestisce un’azienda che lavora nel settore della confezione di vestiario. Gli specialisti della Compagnia della Guardia di Finanza al comando del capitano Mario Celso, hanno scoperto l’evasione milionaria durante un verifica fiscale mirata. L’attività ispettiva condotta dalle Fiamme Gialle della Compagnia su disposizione del comandante provinciale colonnello Teodosio Marmo, ha permesso inoltre di accertare anche altre irregolarità. Nello specifico i finanzieri del capitano Celso hanno accertato che l’imprenditore sessantenne non aveva presentato la dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto per le annualità 2007 e 2009. Non presentando le dichiarazioni Iva e quelle dei redditi avrebbe nascosto al fisco ricavi conseguiti nell’esercizio dell’impresa, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni di euro. Insieme a questo i finanzieri hanno inoltre, rilevato violazioni all’obbligo di versamento delle ritenute operate in qualità di sostituto d’imposta, per un importo totale di 100.000 euro. È non è finita qui. La situazio- I militari della Guardia di Finanza impegnati in una verifica ne dell’impresa è risultata infatti irregolare anche per quanto attiene la riscossione dell’Iva, in quanto il debito d’imposta risultante dalle dichiarazioni relative alle annualità 2006 e 2008, per un totale di 220.000 euro, non è stato versato. Non è la prima volta che l’imprenditore sessantenne viene segnalato come evasore dai finanzieri crotonesi, che avevano già condotto, nel corso del 2010, analoga attività ispettiva nei confronti di un’altra società amministrata dallo stesso imprenditore. Anche in quel caso precedente, era risultato che il 60enne non aveva dichiarato i ricavi conseguiti nel periodo d’imposta 2004, per un importo di 2.600.000 euro ed aveva impiegato anche una quarantina di lavoratori irregolari. La maxievasione fiscale per la mancata dichiarazione reddituale sui ricavi sottratti all’imposizione è stata possibile grazie all’esecuzione di specifici controlli incrociati nei confronti dei clienti, nonché all’acquisizione di altri dati o elementi utili ad orientare la successiva attività d’accertamento. Alla fine dei controlli il legale rappresentante della società verificata è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Crotone per le violazioni penali di cui all’art 5 (omessa dichiarazione) e 10 ter (omesso versamento di Iva) del D.Lgs nr. 74/2000, in quanto le imposte evase e non versate hanno superato la soglia di punibilità richiesta dalla norma penale tributaria. L’autorità Giudiziaria è stata interessata anche per l’adozione della misura cautelare del sequestro per equivalente.(l. ab.) È stato avviato l’iter per il licenziamento collettivo di 58 dipendenti della clinica Villa Giose, la cui società (omonima) è stata dichiarata fallita dai giudici della sezione fallimentare del Tribunale di Crotone con sentenza emessa lo scorso 13 aprile. A confermare l’avvio delle procedure per il licenziamento collettivo è stato il curatore fallimentare incaricato dal Tribunale, Pietro Riillo. «Si tratta – ha spiegato il dottore commercialista – di un iter obbligato visto che il prossimo 31 dicembre scadrà per i 58 dipendenti la Cassa integrazione in deroga senza possibilità di rinnovo e, al momento, non si prospetta una ripresa dell’attività sanitaria per la clinica». Circa il futuro che attende adesso i lavoratori, il curatore fallimentare ha anticipato: «Avvieremo le consultazioni con le parti sociali e istituzionali per la messa in mobilità dei 58 dipendenti secondo il normale iter previsto dalla legge». Nel mese di ottobre scorso, attraverso un bando pubblico, la curatela fallimentare aveva anche provato ad affidare la clinica a privati attraverso un contratto d’affitto di ramo d’azienda. Ma come specificato dallo stesso Riillo «si è trattato di due offerte che erano al di sotto della cifra proposta nel bando». «Le trattative – ha aggiunto il curatore – stanno comunque proseguendo in queste settimane». La comunicazione circa l’avvio delle procedure di licenzia- L’ingresso della clinica Villa Giose mento collettivo sono giunte nel frattempo anche ai sindacati. Ieri la sede Cgil di via Pantusa era affollata di lavoratori della clinica. «Abbiamo appena ricevuto – confermava Franco Grillo segretario provinciale della Fp-Cgil – la comunicazione della curatela fallimentare che annuncia il licenziamento collettivo sulla scorta di quanto previsto dalla legge 223 del 1991». «Noi – ha annunciato Grillo – abbiamo già chiesto il cosiddetto esame congiunto con la curatela: in quell’occasione valuteremo ogni opportunità per il futuro dei lavoratori, premettendo che se non c’è un ripresa delle attività all’interno della clinica, la messa in mobilità resta un passaggio obbligato». (g. ca.) lo del Villaggi o di averne facilitato i progetti come l’ex presidente del Consorzio di bonifica Gennaro Marrazzo anch’egli assolto. LA SENTENZA. Queste nel dettaglio le decisioni dei giudici: Santo Maesano (53 anni di Isola C. R), assolto (il pm aveva chiesto una condanna a 10 anni di reclusione); Giovanni Puccio (63, Botricello), condannato a tre anni e mesi due di reclusione (chiesti 14 anni); Antonio Puccio (54, Botricello), assolto (chiesti 10 anni); Luigi Bumbaca (55, Botricello), assolto (chiesti 14 anni); Michele Leonardo Bruno (51, Cutro), assolto (chiesti 6 anni); Antonio Bumbaca (27 di Botricello), assolto (chiesti 6 anni); Giuseppe Battaglia (63, di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 8 anni); Domenico Calabretta (60 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 4 anni di reclusione); Agostino Biondi (58 di Isola Capo Rizzuto), assolto , (chiesti 6 mesi); Michele D'Alfonso (59, di Santa Severina), condannato a due anni e mesi quattro di reclusione (chiesti 9 anni); Gennaro Marrazzo (59 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 5 anni di reclusione); Giuseppe Oliva (45 di Mormanno), assolto (chiesti 3 anni e 6 mesi) Gianfranco Grano (35, di Mesoraca, consigliere provinciale), assolto, (chiesti 3 anni); Rocco Bruno (46 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 3 anni); Angela Tortello Cannata (52 di Crotone), assolta (chiesto un anno); Francesco De Rose (47 di Strongoli), assolto (chiesto un anno e 6 mesi); Salvatore Antonio Martucci (54 di Strongoli), assolto (chiesto un anno e 6 mesi); Michele Fragola (63 di Strongoli), assolto (chiesto un anno e sei mesi); Salvatore Natale Stella (45 di Strongoli), assolto (chiesto un anno e 6 mesi); Salvatore Cosentino (51 di Strongoli), assolto (chiesti un anno e 6 mesi); Gaetano De Tursi (51 di Strongoli), assolto (chiesto un anno e 6 mesi); Giuseppe Cristodaro (49 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 4 anni); Luigi Gareri (53 di Isola Capo Rizzuto), assolti (chiesti 8 anni di reclusione) . Lucio Cosentino (51 anni di Cotronei), assolto (chiesta assoluzione); Antonio Megna (62 di Crotone), assolto (chiesta assoluzione), Cosimo Veneziano (50 di Rosarno), assolto (chiesta assoluzione. Gli imputati assolti sono stati difesi da un nutrito collegio composto tra gli altri dagli avvocati: Francesco Laratta, Mario Prato, Luigi Falcone, Luigi Villirilli, Saverio Loiero, Anselmo Torchia, Francesco Scalzi, Salvatore Iannotta, Giancarlo Pittelli, Sergio Rotundo, Antonio Sciarrotta, Domenico Sirianni, Eugenia Perri e Mario Saporito.(l. ab.) Agenda telefonica cittadina FARMACIA DI TURNO CAPUTO - Via Roma FARMACIA NOTTURNA DE VENNERA - Via Silvio Messinetti GUARDIE MEDICHE Dalle 14 del sabato alle 8 del giorno successivo al festivo. BELVEDERE S. tel. 0962555805 CACCURI tel. 0984975010 CARFIZZI tel. 0962818805 CASABONA tel. 0962818804 CASTELSILANO tel 0984975012 CERENZIA tel. 0984995325 CIRÒ tel. 0962373005 CIRÒ MARINA tel. 0962372207 CROTONE tel. 096227655 COTRONEI tel. 096244225 CRUCOLI tel. 0962373006 CRUCOLI TORR. tel 0962373008 CUTRO tel. 0962775800-1 ISOLA CAPO RIZZUTO tel. 0962791970 LE CASTELLA tel. 0962795216 LORICA tel. 0984975011 MARCEDUSA tel. 0961932556 MELISSA tel. 0962818806 MELISSA T. tel. 0962865506 MESORACA tel. 0962434801 PAGLIARELLE tel. 0962434804 PALLAGORIO tel. 0962908054 PAPANICE tel. 0962908055-6 PETILIA POL. tel. 0962434800 ROCCA BER.DA tel. 0962555801 ROCCA DI NETO tel. 0962818808 SAN G.NI IN FIORE tel 0984979201 SAN MAURO M. tel. 0962555803 SAN NICOLA ALTO tel. 0962818810 SANTA SEVER. tel. 0962555800 SAVELLI tel. 0984975013 SCANDALE tel. 0962555804 STRONGOLI tel. 0962818802 UMBRIATICO tel. 0962908052 VERZINO tel. 0962908053 PRONTO SOCCORSO Emergenza tel. 118 Ospedale civile tel. 0962924111 CROCE ROSSA CROTONE tel. 096221616 SERVIZIO SOCIO-SANITARIO TOSSICODIPENDENZE Tel. 0962924211 CONSULTORI FAMILIARI CROTONE: Via Cutro, 17 tel. 09629248 CUTRO: Via G.nni XXIII tel. 0962774857 PETILIA POL.: Via Arringa, 0962434800 ROCCABERNARDA: Viale Trieste tel. 0962909063 SAN GIOVANNI IN FIORE: Via Gran Sasso tel. 0984979422 - 0984979419 STRONGOLI: Piazza Duomo tel. 0962818802 COMUNITA RECUPERO TOSSICODIPENDENTI AGORA KROTON - Centro terapeutico residenziale: Soverato di Isola C. Rizzuto tel. 795368. Sede legale e laboratorio via Spiaggia delle Forche, 24 tel. 0962901674 EMERGENZA INFANZIA Tel. 114 (24 ore su 24) sulla salute psico-fisica di bambini e adolescenti in pericolo immediato. TELEFONO AZZURRO Linea di emergenza tel. 19696 (gratuito) Linea istituzionale tel. 051481048 CARABINIERI Pronto intervento tel. 112 POLIZIA Soccorso pubblico tel. 113 GUARDIA DI FINANZA Pronto intervento tel. 117 VIGILI DEL FUOCO Chiamata soccorso tel. 115 CAPITANERIA DI PORTO Guardia Costiera tel. 1530 “n. blu” CORPO FORESTALE DELLO STATO Pronto intervento tel. 1515 ITALGAS Segnalazione guasti tel. 096223076 ENEL Segnalazione guasti tel. 800900800 PREFETTURA Centralino tel. 0962663611 Polizia Amministrativa, 09626636453 Protezione Civile tel. 09626636441 Pubbliche Relazioni e Reclami tel. 0962901124 Ufficio Affari Sociali tel. 09626636453 PROVINCIA Centralino tel. 0962901829 Numero verde Ambiente Natura tel. 167-298363 SERVIZI COMUNALI Numero verde tel. 167-299000 Acquedotto numero verde 800900.999 Segnalazione guasti pronto intervento idrico 800457911 Comando Polizia Municipale tel. 0962921538 - 096221569 Emergenza Sociale pronto intervento tel. 096221508 Manutenzione verde tel. 0962921536 Pubblica Illuminazione, 0962921559 Servizi Tecnici tel. 0962921551 Stato Civile tel. 0962921218 NETTEZZA URBANA Tel. 096229918 STAZIONE FERROVIARIA Tel. 096224458 AEROPORTO «S. ANNA» Tel. 0962794388 AZIENDA TURISTICA Infoturismo numero verde 800431543 TAXI CROTONE piazza Pitagora, 096227934 CINEMA APOLLO: Riposo SALA RAIMONDI: “La pelle che abito” Spettacoli ore: 17 - 19 - 21 42 Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud Cronaca di Vibo Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900 Tel. 0963.44034-472005 / Fax 0963.44192 [email protected] Circolo Acli “Don Luigi Sturzo” Domani (ore 17) inaugurazione all’Ist. di Scienze religiose del Circolo Acli “Don Luigi Sturzo”. Concessionaria: Publikompass S.p.A. Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900 Tel./Fax 0963.45551 [email protected] . Il noto penalista indagato dalla Dda di Reggio per favoreggiamento. Avrebbe portato «messaggi» ai familiari di un suo assistito condannato all’ergastolo L’avv. Marafioti: «Mai compiuti atti illeciti» Durissima la reazione dell’avvocato Armando Veneto: in questo modo si intimidisce la difesa Nicola Lopreiato «La polizia in via Palach... Ma che cosa è successo...?». «Forse c’è stata una rapina...». Le voci si sono rincorse per tutta la mattinata di ieri in città, ma alla fine, a sgombrare il campo da ogni equivoco è stato lo stesso interessato. L’avvocato Giovanni Marafioti ha fatto pervenire una nota a sua firma attraverso la quale ha annunciato di aver ricevuto un avviso di garanzia in seguito al quale, ha detto di avere messo a «disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo allo svolgimento della difesa di Domenico Gallico. Ritengo di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato». In pratica l’avv. Marafioti, tra i penalisti più in vista della città e della regione, è indagato dalla Dda di Reggio Calabria per «favoreggiamento». Avrebbe, secondo l’accusa, travalicato i limiti del suo mandato, portando ai familiari del suo assistito alcuni messaggi affidatigli durante un colloquio in carcere dal suo “cliente”. Un’ipotesi di reato che il penalista non riesce proprio a digerire in «nome del diritto alla difesa» e per questo motivo ha fatto sapere di avere «chiesto di essere interrogato per chiarire i fatti» che gli vengono addebitati e che «riguardano lo svolgimento doveroso del rapporto (spesso difficile in ragione delle diverse culture a confronto) con l’imputato assistito». Ad assumere la difesa di Marafioti sono stati gli avvocati Armando Veneto e Giuseppe Milicia i quali «avranno cura di esprimere – ha detto il penalista vibonese – il mio rammarico, ma anche la mia serenità per essere stato raggiunto da un’accusa che reputo chiaramente infondata». E la ferma presa di posizione dell’avv. Amando Veneto nella serata di ieri non si è fatta attendere: «Vuol dire che d’ora in avanti chiederemo ai Procuratori come impostare le nostre linee difensive... Quello che voglio dire è che si respira un’aria preoccupante per quanto concerne la difesa. Quando un avvocato riceve un avviso di garanzia legato all’espletamento delle sue funzioni è chiaro che la difesa viene ad essere intimidita. Entrare nel rapporto tra avvocato e cliente – ha poi aggiunto l’avv. Veneto – non è consentito a nessuno». Parole forti destinate ad avere delle inevitabili ripercussioni anche all’interno delle Camere penali e degli stessi ordini forensi. La vicenda legata al coinvolgimento dell’avv. Marafioti si interseca con la difesa assunta dal noto penalista nei confronti PROVINCIA Barbieri (Pd) assicura De Nisi: «Sono sereno» L’avvocato Giovanni Marafioti coinvolto in una indagine della Dda di Reggio Calabria. Accanto, l’avvocato Armando Veneto di Domenico e Antonino Gallico, entrambi in carcere e coinvolti nella sanguinosa faida di Palmi che negli anni passati vide contrapposte le cosche dei Gallico con quelle dei Condello. Una guerra di mafia che fece all’incirca cinquanta morti ammazzati. Ieri mattina la polizia del Commissariato di PalIl sostituto procuratore della Dda di Reggio Roberto Di Palma Il rapporto illustrato ieri pomeriggio da don Bruno Di Domenico mi e il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Roberto Di Palma, si sono presentati allo studio dell’avv. Marafioti dove hanno acquisito tutta la documentazione necessaria relativa al caso in questione. Una vicenda che ha colto di sorpresa non solo lo stesso legale ma che ha destato non poco sconcerto in città. In passato l’avv. Marafioti è stato anche componente del consiglio della Camera penale e consigliere di maggioranza durante l’amministrazione guidata dal sindaco Alfredo D’Agostino. In sintesi Un avviso di garanzia è stato fatto recapitare all’avvocato Giovanni Marafioti nell’ambito di un’inchiesta sviluppata dalla Dda di Reggio Calabria all’interno della quale viene contestato il reato di «favoreggiamento». In pratica il legale, nell’espletamento delle sue funzioni, avrebbe portato dei “messaggi” ai fa- miliari di Domenico Gallico, dopo aver avuto dei colloqui in carcere. L’avv. Marafioti , ha ribadito di avere sempre agito con correttezza e di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei suoi doveri. La polizia ha acquisito una serie di documento all’interno del suo studio. Non sono certo piaciute le affermazioni del presidente della Provincia, Francesco De Nisi, all’ex assessore Paolo Barbieri relativamente ad alcune affermazioni pronunciate nell’ambito di una trasmissione televisiva (rete Kalabria) all’interno di uno spazio autogestito dalla Provincia. «Non posso – ha detto Barbieri in una lettera inviata a De Nisi – che esprimere il mio vivo disappunto e stigmatizzare quanto affermato, direi con poco stile di funzione istituzionale, nei confronti della mia persona...». Barbieri, fatto fuori dall’esecutivo per fare posto a un esponente di Socialismo ecologia e libertà, con toni piuttosto ironici ha poi rassicurato De Nisi «sulla sua serenità d’animo» sottolineando che non vive alcun «momento particolare» anche perché «non penso che il presidente abbia i titoli professionali per poter giudicare e certificare lo stato di salute delle persone». PROVINCIA Obiettivo delle forze politiche è quello di rilanciare l’amministrazione Dossier della Caritas nazionale De Nisi, Pd e Sel a 5 mesi dall’accordo sul fenomeno dei migranti varano un programma di fine legislatura Lino Fresca Presentato ieri pomeriggio il dossier statistico sull’immigrazione. Il rapporto, commissionato dalla Caritas nazionale, è stato illustrato da don Bruno Di Domenico alla presenza del vescovo mons. Luigi Renzo, del prefetto Luisa Latella, dell’arciprete del Duomo di San Leoluca mons. Giuseppe Fiorillo, dell’assessore regionale al Lavoro, Francescantonio Stillitani, l’assessore provinciale al Lavoro Rossella Valenzisi e del sindaco Nicola D’Agostino. Ha introdotto i lavori il direttore della Caritas diocesana don Fortunato Figliano il quale ha affermato che «il 21esimo rapporto sull’immigrazione consente di intervenire con precisione chirurgica sui bisogni delle persone provenienti da ogni parte del mondo». Don Di Domenico, nel presentare il dossier, ha detto che «i dati contenuti al suo interno costituiscono il filo rosso delle riflessioni sull’immigrazione. Questi “numeri” consentono di mostrare come il fenomeno della mobilità possa andare di pari passo con la solidarietà. L’Italia è soggetta a un crescente processo di invecchiamento, rispetto al quale l’immigrazione costituisce un rimedio. Più che opporsi alla loro presenza e alla loro funzione di sostegno, bisogna invece interrogarsi sulle modalità più consone per accompagnarle». Il sacerdote, soffermandosi sul fenomeno immigrazione calabrese ha aggiunto: «La corretta lettura del fenomeno migratorio in Calabria non può non conside- Nicola D’Agostino, mons. Luigi Renzo e Antonio Morelli rare i complessi mutamenti di ordine internazionale che hanno visto susseguirsi momenti drammatici sulle coste calabresi. L’emergenza Nord Africa, ha prodotto il movimento di migliaia di migranti, prima dalla Tunisia, con l’evidente obiettivo di raggiungere Francia, Belgio e Germania, poi dalla Libia, con flussi di nazionalità mista in prevalenza dei paesi sub-sahariani. Travolti dall’emergenza Nord Africa, si rischia di dimenticare che la Calabria è interessata da lungo tempo dalle stabilizzazioni di immigranti nel lavoro, negli affetti familiari, nel senso di appartenenza ad una regione sempre meno terra di transito e sempre più territorio di insediamento stabile». In Calabria gli immigrati sono circa 80mila. Solo nella provincia di Vibo sono 5.801. La fascia di età più presente dei migranti in Calabria è quella compresa tra i 18 e i 39 anni. I paesi più rappresentati sono Romania e Marocco. Altro dato importante è quello legato alla frequenza scolastica. In Calabria sono circa 10.174 gli iscritti, di cui 1.010 nel Vibonese. «I nostri immigrati – ha sottolineato don Bruno Cannatelli – ci chiedono lavoro e case. Per aiutarli ad inserirsi facciamo la nostra parte». Molto importante il lavoro che sta portando avanti il vescovo mons. Renzo il quale sta offrendo tutti i supporti logistici di Caritas e Casa di Nazareth. Solo la Casa di Nazareth giornalmente aiuta decine di immigrati attraverso la consegna di pacchi di alimenti e di vestiti. In prima persona mons. Fiorillo è costretto ad intervenire con fondi parrocchiali e personali per le esigenze primarie di queste persone. L’accordo i partiti lo avevano siglato nell’estate scorsa, quando Sinistra ecologia e libertà è stata chiamata a sostenere l’amministrazione provinciale guidata da Francesco De Nisi, la cui maggioranza negli ultimi tempi ha perso pezzi per strada per via del passaggio di quattro consiglieri nel gruppo dell’Udc, che alla Provincia siede sui banchi dell’opposizione. In quelle trattative piuttosto convulse tra dirigenti del Partito democratico, il presidente De Nisi e i vertici di Sel si diede precedenza all’organigramma e non alle cose da fare, e benché Sel avesse chiesto una vera e propria inversione di rotta e l’azzeramento totale dell’esecutivo le cose andarono avanti ugualmente ma senza tanti scossoni. A “subire” l’ingresso di Sel di fatto è stato solo l’assessore Paolo Barbieri, esponente del Pd ed elemento di spicco di Modem. Il suo posto, infatti, è stato rimpiazzato con un esponente di Sel: Rosella Valenzise. A distanza di cinque mesi però i partiti che sostengono De Nisi hanno ritenuto siglare un programma di fine legislatura per rilanciare l’azione della Provincia. Il piano è stato messo a punto dal commissario del Pd Franco De Luca, dal coordinatore provinciale di Sel Gregorio Cosentino e dallo stesso presidente della Provincia. «Prima della sigla – ha detto De Nisi – il documento è stato oggetto di una riunione alla Aiello, De Luca, Cosentino, Citton e il presidente De Nisi quale hanno partecipato tutti gli assessori e i consiglieri di maggioranza, che lo hanno pienamente condiviso». Nel documento programmatico Pd e Sel indicano in maniera sintetica le tematiche ritenute prioritarie al fine di perseguire gli obiettivi dichiarati e portare a termine l’attuale consiliatura «incrementando i risultati amministrativi a favore del territorio e dei cittadini». Al primo punto del programma di fine legislatura vi è l’ottimizzazione delle finanze dell’ente, che ha accumulato debiti fuori bilancio per un importo di circa 6 milioni. Secondo quanto viene evidenziato nel nuovo programma «assume particolare urgenza agire sull’efficace recupero dei tributi provinciali, sull’alienazio- ne del patrimonio immobiliare non funzionale alle competenze specifiche dell’ente e sulla riduzione dei fitti passivi. «Occorre altresì continuare – si legge ancora – sulla strada della riduzione dei fitti passivi e del personale; coscienti del sovradimensionamento dell’attuale pianta organica, programmare interventi mirati alla salvaguardia e riqualificazione del personale, nonché limitare al minimo indispensabile gli incarichi e le consulenze esterne. Allo stesso modo, è necessario continuare a ridurre i costi della politica, diminuendo ulteriormente le indennità ed i rimborsi spese che riguardano i componenti della Giunta e del Consiglio, sebbene sia da sottolineare che già molto è stato fatto in questa direzione, con riduzio- ni considerevoli attuate negli ultimi due esercizi finanziari». Altro argomento importante le opere pubbliche e la viabilità. In questo caso diventa prioritario il completamento di alcune grandi opere, come la Tangenziale est e la Strada del mare, nonché il nuovo auditorium in fase di realizzazione all’interno della vecchia chiesa dello Spirito Santo. Per quanto attiene lo sviluppo e le politiche del lavoro, il programma prevede «l’attivazione di tutti gli strumenti disponibili per favorire le attività economiche capaci di generare occupazione, con particolare riferimento ai comparti turistico, industriale e agroalimentare. In tale direzione devono essere indirizzate azioni sia di tipo organizzativo (Stl, aree industriali e filiere territoriali di qualità) sia direttamente come soggetto proponente che attraverso l’esercizio delle funzioni di coordinamento sovracomunale proprie dell’Ente provinciale. In materia di lavoro, invece, deve essere ottimizzata e intensificata l’azione dei Centri per l’impiego, al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta, con azioni di tutoraggio e di assistenza online per chi è in cerca di occupazione». Altri aspetti caratterizzanti del programma di fine legislatura riguardano: tutela ambientale e salvaguardia del territorio, trasparenza e legalità e sostengo delle iniziative culturali.