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CANTIERE DI PROMOZIONE CULTURALE DELLA CSR
Educazione ambientale in Sicilia
Come far crescere una cultura cominciando dalla scuola
di Veronica Leotta
Premio Socialis 2015
Riproduzione riservata - ©2016
Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015)
1
INDICE
Introduzione
pag. 3
Educazione ambientale: insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado
5
Aziende e Fattorie Didattiche
10
Rete Fattorie educative
10
Rete Fattorie Sociali Sicilia
12
Centri di Educazione Ambientale (CEA)
17
Parchi Avventura e Tematici
18
“Dissodare cultura, seminare futuro”
19
Istituti scolastici siciliani che hanno aderito all’iniziativa
21
1. “A Scuola di Orto”
23
2. “Orto Didattico”
24
3. “Orto in Condotta”
25
4. “Un orto per giocare … e per capire”
26
Cutgana
27
ARPA Sicilia
28
Conclusioni
29
Ringraziamenti
30
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2
Introduzione
In Sicilia lo studio dell’educazione ambientale non può prescindere da un’analisi attenta e
accurata anche del suo territorio, di incommensurabile valore paesaggistico, naturalistico,
artistico, architettonico e culturale.
Stiamo parlando della più grande regione d’Italia, con una superficie di 25.426 km2. Il conteggio
ufficiale, però, tiene conto anche delle isole appartenenti ai vari arcipelaghi della Regione
(Eolie, Egadi, Ciclopi, Pelagie e altre isole minori) con cui si arriva a 25.711 km2. È l’isola più
grande del Mediterraneo con un territorio per il 61,4% collinare, per il 24,4% montagnoso e per il
14,2% pianeggiante. Il suo territorio è ripartito in 390 comuni a loro volta raggruppati in nove
province. È l’unica regione italiana ad annoverare due città fra le dieci più popolose del Paese:
Palermo (quinta) e Catania (decima). L’Isola è bagnata a nord dal Mar Tirreno, a sud ovest dal
Mar Mediterraneo e a sud est dal Mar Ionio. Attualmente in Sicilia sono presenti 3 Orti Botanici
(Catania, Messina e Palermo) e 94 aree naturali protette, vale a dire 1 Parco Nazionale, 5 Parchi
Regionali, 59 Riserve Naturali Orientate (RNO), 17 Riserve Naturali Integrali (RNI), 2 Riserve
Naturali Speciali (RNS), 6 Aree Marine Protette (AMP) e 4 siti naturali non inseriti, se non altro al
momento, nelle suddette tipologie, ma meritevoli comunque di tutela da parte delle autorità
competenti
in
virtù
delle
loro
peculiari
caratteristiche
geologiche,
paesaggistiche,
naturalistiche, ecc.
Il Parco dell’Etna (59.095 ha), istituito nel 1987, comprende 20 comuni della provincia di
Catania. Nel 2013 il vulcano siciliano è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità e
inserito nella World Heritage List. Esso è il quarto sito naturale italiano (dopo le Dolomiti, le
Isole Eolie e il Monte San Giorgio) a fregiarsi di questo straordinario riconoscimento.
Il Parco delle Madonie (39.941,18 ha), istituito nel 1989, comprende 15 comuni della provincia di
Palermo. Esso, così come l’area protetta Rocca di Cerere ricadente nella provincia di Enna, è
stato inserito nella Rete dei Geoparchi Europei. Un Geoparco è un territorio che possiede un
patrimonio geologico particolare e una strategia di sviluppo sostenibile supportata da un
programma europeo idoneo a promuovere tale progresso. Esso deve comprendere un certo
numero di siti geologici di particolare importanza in termini di qualità scientifica, rarità,
richiamo estetico e valore educativo.
Il Parco dei Nebrodi (88.887,18 ha), istituito nel 1993, comprende 24 comuni ricadenti nelle
province di Messina, Catania ed Enna. Esso è il più grande sito naturale protetto della Sicilia.
Il Parco dell’Alcantara (1.927,48 ha), istituito nel 2001, è l’unico parco fluviale della Sicilia e nel
suo territorio ricadono 14 comuni delle province di Messina e di Catania.
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L’ultimo Parco Regionale, in ordine di fondazione, è quello dei Monti Sicani (43.687,37 ha),
istituito nel 2014 e comprendente 12 comuni delle province di Agrigento e di Palermo.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 28 luglio 2016 ha firmato il decreto di
istituzione del Parco Nazionale Isola di Pantelleria che diventa, in ordine cronologico, il primo
parco nazionale della Sicilia e il 24esimo parco nazionale italiano. La repentina istituzione del
Parco di Pantelleria segue gli incendi dolosi che nella prima settimana dello scorso mese di
giugno hanno devastato 600 ettari di superficie verde dell’isola siciliana.
“Lo Stato, la Regione, il Comune – ha detto il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – hanno
dimostrato di saper fare fronte comune, di saper essere portatori di valori condivisi, di voler
rendere ancora più del passato la risorsa ambiente motore dello sviluppo e del futuro di
Pantelleria”.
AREE NATURALI PROTETTE - REGIONE SICILIANA
PROVINCE
Agrigento
Caltanissetta
Catania
Enna
Messina
Palermo
Ragusa
Siracusa
Trapani
Totale
RNO*
8
5
4
4
11
15
1
5
6
59
RNI*
2
2
3
0
1
4
0
3
2
17
RNS*
0
0
0
1
0
0
1
0
0
2
AMP*
1
0
1
0
0
2
0
1
1
6
AAP*
1
0
2
1
0
0
0
0
0
4
Totale
12
7
10
6
12
21
2
9
9
88
*RNO - Riserve Naturali Orientate
*RNI - Riserve Naturali Integrali
*RNS - Riserve Naturali Speciali
*AMP - Aree Marine Protette
*AAP - Altre Aree Protette (per es., parchi urbani, parchi geologici, oasi faunistiche, ecc.)
•
Enti gestori
• Azienda Foreste Demaniali
• CAI
• Cutgana
• Gruppi Ricerca Ecologica
• Italia Nostra
• Legambiente
• Lipu
• Rangers d’Italia
• WWF
• Prov. Caltanissetta
• Prov. Catania
• Prov. Enna
• Prov. Messina
• Prov. Palermo
• Prov. Ragusa
• Prov. Siracusa
• Prov. Trapani
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Educazione ambientale: insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado
L’educazione ambientale, denominata anche educazione ecologica, è un percorso formativo
transdisciplinare, olistico, integrato e trasversale, cioè un processo che prevede sia l’educazione
che l’istruzione. Si tratta di una disciplina sinergica che funge da ponte tra due aree disciplinari
diverse ma complementari: area umanistica, che si occupa di educazione, e area scientifica, che
si occupa di ambiente ed ecologia. L’educazione ambientale è una scienza che opera mettendo
in relazione le persone con l’ecosistema nell’intento di sviluppare comportamenti ecosostenibili
per la conservazione del patrimonio ambientale (arte, cultura, natura, storia, tradizioni, saperi
e sapori antichi, ecc.).
“L’educazione ambientale forma alla cittadinanza attiva e consente di comprendere la
complessità delle relazioni tra natura e attività umane, tra risorse ereditate, da risparmiare e
da trasmettere, e dinamiche della produzione, del consumo e della solidarietà. L’educazione
ambientale si protrae per tutta la durata dell’esistenza, prepara l’individuo alla vita e coinvolge,
direttamente e continuamente, tutte le generazioni sulla base del principio che ognuna ha
qualcosa da imparare dalle altre. […] L’educazione ambientale contribuisce a ricostruire il senso
di identità e le radici di appartenenza, dei singoli e dei gruppi, a sviluppare il senso civico e di
responsabilità verso la res publica, a diffondere la cultura della partecipazione e della cura del
proprio ambiente, creando anche un rapporto affettivo tra le persone, la comunità e il
territorio” (Carta dei Principi per l’Educazione Ambientale orientata allo Sviluppo Sostenibile e
Consapevole, Fiuggi, 24 aprile 1997).
L’educazione ambientale serve a costruire una società ecosostenibile attraverso la formazione
della cittadinanza terrestre e della coscienza ecologica, ma anche attraverso la promozione di
comportamenti e stili di vita compatibili con l’ambiente. Essa, inoltre, serve a creare un
rapporto empatico, o eco-empatico, tra le persone e la natura.
Questa disciplina è in continua evoluzione ed è sottoposta a una costante revisione critica sia
teorica che pratica, sia sui metodi che utilizza che sugli obiettivi che si prefigge. L’educazione
ambientale propone percorsi educativi profondi rivolti al cambiamento personale, sociale e
culturale, tende ad abbattere le differenze per promuovere le diversità, mira a costruire un
mondo multiculturale, equo, solidale, responsabile, migliore.
Il percorso di questa disciplina è strettamente legato alle questioni e alle problematiche
ecologiche che nel corso degli anni hanno richiamato l’attenzione dei diversi Paesi e delle
Organizzazioni Internazionali.
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Recentemente è stato proposto di sostituire il termine educazione ambientale (EA) con altri:
educazione allo sviluppo sostenibile (ESS), educazione all’ambiente e alla sostenibilità (EAS)
oppure educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile (EASS), poiché inserendo il concetto di
sviluppo sostenibile si farebbe implicito riferimento anche al fattore economico e sociale della
comunità globale.
Fino a qualche anno fa l’educazione ambientale veniva presentata nelle scuole di ogni ordine e
grado sotto le vesti di un progetto, di un’idea, di un percorso, di un concorso, di un itinerario o
di un modulo integrato a qualche altro insegnamento scolastico come le scienze, la matematica,
la storia, l’arte, ecc. La scelta di fare o non fare educazione ecologica a scuola è stata fino a
quel periodo una libera scelta dei docenti e dei dirigenti scolastici. Anche il metodo scientifico e
pedagogico adottato per condurre lezioni, progetti, percorsi, concorsi, itinerari e attività ludicocreative di educazione ambientale poteva essere poco rigoroso e strutturato sia per quanto
riguarda le regole da seguire sia per quanto concerne i tempi di apprendimento. Le iniziative,
fino a poco tempo fa, potevano provenire o direttamente dagli istituti scolastici oppure da parte
di cooperative, organizzazioni e associazioni ambientaliste no-profit attive anche in campo
ecologico-educativo.
Il 14 gennaio del 2015 è stato annunciato l’inserimento dell’educazione ambientale come
insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dall’anno scolastico
2015/2016. La notizia è stata resa nota durante una conferenza stampa, quando il
Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani, con delega all’educazione
ambientale, ha presentato il progetto, scritto in collaborazione con il Ministro all’Istruzione
Stefania Giannini e al prezioso contributo del Formez. Si tratta di un documento di circa 200
pagine che contiene le Linee Guida che dovrebbero far diventare l’educazione ambientale
strumento imprescindibile. Come ha sottolineato la Degani, l’ora di educazione ambientale
servirà a insegnare alle nuove generazioni a porsi correttamente nei confronti dell’ambiente che
li circonda. I giovani, per questa ragione, da quest’anno scolastico sono diventati i primi “nativi
ambientali”. L’educazione ambientale, nel progetto del Ministero dell’Ambiente, non dovrà più
essere discrezionale. Per Gian Luca Galletti, attuale Ministro dell’Ambiente, la diffusione di una
cultura e di una “coscienza ecologica” nelle nuove generazioni è fondamentale, tanto che ne ha
fatto una delle missioni principali del suo mandato. In realtà, non è stata ancora istituita un’ora
effettiva di educazione ambientale, ma gli otto temi individuati come spina dorsale della
disciplina sono stati ripartiti, per il momento, nelle ore degli altri insegnamenti scolastici, in
attesa che essa divenga a pieno titolo disciplina autonoma strutturata.
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Gli otto percorsi didattici proposti riguardano i seguenti temi, declinati per ordini e gradi di
istruzione:
1. “Tutela delle acque e del mare” (Infanzia, Primaria)
2. “Tutela della biodiversità: Flora e Fauna” (Infanzia, Primaria)
3. “Alimentazione sostenibile” (Infanzia, Primaria, Secondaria I grado, Secondaria II grado)
4. “Gestione dei rifiuti” (Infanzia, Primaria, Secondaria I grado)
5. “Tutela della biodiversità: servizi ecosistemici” (Secondaria I grado, Secondaria II grado)
6. “Green-economy: green jobs e green talent” (Secondaria II grado)
7. “La città sostenibile: inquinamento, consumo di suolo e rifiuti” (Secondaria II grado)
8. “Adattamento ai cambiamenti climatici: dissesto idrogeologico” (Secondaria II grado)
Il MATTM e il MIUR, a dire il vero, avevano già realizzato delle Linee Guida per l’educazione
ambientale e lo sviluppo sostenibile nel 2009. Al tempo erano ministri, rispettivamente, Stefania
Prestigiacomo e Mariastella Gelmini, ma l’insegnamento dell’educazione ambientale faceva leva
più che altro sulla buona volontà e sulla preparazione di maestri e professori.
Per tali ragioni, come si legge nelle Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo
sostenibile 2014, “assume un’importanza strategica lo sviluppo di specifiche competenze per i
docenti educatori. Come indicato dal documento UNECE 2012 “Learning for the future –
Competences in education for Sustainable Development” le competenze degli educatori allo
sviluppo sostenibile, sono classificabili relativamente alle seguenti tipologie: approccio olistico,
integrazione tra pensiero e pratica; immaginare il cambiamento esplorando futuri alternativi;
raggiungere la trasformazione attraverso il cambiamento del modo di imparare e nei sistemi di
supporto all’apprendimento”.
La pubblicazione delle Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile 2014 ha
preceduto tre tappe ecologico-ambientali cruciali:
•
Ottavo Congresso Mondiale di Educazione Ambientale (8th WEEC);
•
Conferenza di Parigi sul clima;
•
Legge italiana sulla green economy.
“Planet and People - how can they develop together?” è il titolo dell’Ottavo Congresso Mondiale
di Educazione Ambientale (8th WEEC - World Environmental Education Congress) tenutosi a
Gothenburg (Svezia) dal 29 giugno al 2 luglio 2015. Il Congresso Internazionale, che si ripete ogni
due anni, rappresenta un punto d’incontro per tutti coloro che lavorano nel campo
dell’educazione all’ambiente e allo sviluppo sostenibile o che sono interessati a questo settore.
L’evento offre l’opportunità di conoscere e approfondire i temi legati all’educazione ecologica
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per la sostenibilità, di discutere con persone provenienti da tutto il mondo, di presentare il
proprio lavoro o campo di ricerca e farlo conoscere anche agli altri, di apprendere conoscenze e
competenze nuove. Riduzione della povertà, città verdi, adattamento al cambiamento
climatico, politiche ambientali ed educative sono stati i temi principali dell’Ottavo WEEC, che
ha registrato 800 delegati di 73 nazionalità e giovani provenienti da diversi Paesi.
“Culturenvironment: Weaving new connections” è invece il titolo scelto per celebrare il Nono
WEEC, che si terrà dal 9 al 15 settembre 2017 a Vancouver (Canada).
L’obiettivo della Conferenza di Parigi sul clima (COP21), invece, che si è tenuta dal 30 novembre
al 12 dicembre 2015, è stato quello di concludere un Accordo vincolante e universale sulla
riduzione dei cambiamenti climatici, accettato a livello globale. Il testo di questo Patto ha
ottenuto il consenso dei rappresentanti dei 195 paesi partecipanti, ma diventerà giuridicamente
vincolante se verrà ratificato da almeno 55 Paesi che producono oltre il 55% delle emissioni
globali di gas serra. Le parti dovranno firmare l’Accordo a New York tra il 22 aprile 2016 e il 21
aprile 2017 e adottarlo anche all’interno dei propri sistemi giuridici. Il risultato chiave di questa
Conferenza è stato quello di prevedere un Accordo per fissare l’obiettivo di limitare
l’incremento del riscaldamento globale a meno 2 gradi Celsius (°C) rispetto ai livelli preindustriali. Il Patto prevede un’emissione antropica di gas serra pari a zero da raggiungere
durante la seconda metà del XXI secolo. Le parti coinvolte, inoltre, si impegneranno a limitare
l’aumento della temperatura di 1,5°C.
Da non dimenticare, inoltre, la legge del 28 dicembre 2015 n. 221 (Disposizioni in materia
ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di
risorse naturali), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 13 del 18 gennaio 2016 ed
entrata in vigore il 2 febbraio, che si è imposta nel panorama legislativo italiano come il primo
provvedimento di economia verde.
L’educazione ambientale mira, pertanto, ad acquisire sempre più competenze di tipo olistico. Le
Linee Guida, in tale prospettiva, diventano lo strumento e la traccia da cui partire per costruire
nuovi percorsi educativi, il mezzo di collegamento con i territori in cui si vive, uno stimolo per
operare verso uno sviluppo che sia orientato realmente verso la sostenibilità.
Adesso che l’educazione ambientale è stata inglobata nei piani di studio, bisogna seguire tre
semplici regole:
•
Non considerarla una materia di serie B, quasi facoltativa. Essa, piuttosto, dovrebbe
avere visibilità e piena dignità nei programmi di studio ai vari livelli;
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•
Non caricare la nuova materia di significati particolari, di aspettative utopistiche e
difficilmente perseguibili;
•
Lasciare alle scuole piena autonomia nel creare percorsi su misura, privilegiando gli
aspetti della disciplina che esse ritengono più utili per il raggiungimento degli obiettivi
prefissati.
A prescindere dalle Linee Guida, è possibile elencare tutta una serie di attività, sia interne che
esterne alle scuole, che ci dimostrano come gli istituti italiani, e nello specifico quelli siciliani,
siano molto in anticipo rispetto ai Ministeri in tema di educazione ambientale per la
sostenibilità. Negli ultimi anni, infatti, si sono affermate e moltiplicate, più o meno
repentinamente, realtà, azioni ed esperienze volte ad ampliare le forme e i contenuti
dell’insegnamento e dell’apprendimento per avvicinare alle tematiche ecologico-ambientali
bambini, ragazzi e adulti. I contesti nei quali l’educazione ambientale ha trovato terreno fertile
e nei quali ricopre un ruolo rilevante a livello formativo, educativo, ludico-creativo,
riabilitativo, terapeutico e socio-culturale sono i seguenti:
•
Aziende e Fattorie Didattiche
•
Fattorie educative
•
Fattorie Sociali
•
Centri di Educazione Ambientale (CEA)
•
Parchi Avventura e Tematici
•
Scuole all’aperto
A ricordarci come le scuole siano molto più avanti dei vari Ministeri lo dimostra, per esempio, il
boom di “Orti scolastici” che si sono moltiplicati in Italia e in modo particolare in Sicilia.
Provincia
Aziende
Didattiche
Fattorie
Didattiche
Fattorie
educative
Fattorie
Sociali
Centri
Educazione
Ambientale
Parchi
Avventura
e Tematici
Agrigento
Caltanissetta
Catania
Enna
Messina
Palermo
Ragusa
Siracusa
Trapani
4
6
11
6
5
7
1
11
5
7
1
4
1
2
7
0
1
1
0
2
6
2
1
0
0
3
0
3
5
43
9
6
19
4
6
5
4
3
5
3
3
9
2
1
5
0
1
8
2
5
4
2
2
2
TOTALE
56
24
14
100
35
25
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Aziende e Fattorie Didattiche
“Sono aziende agricole e/o zootecniche che, oltre all’attività produttiva tradizionale, offrono,
in un’ottica di multifunzionalità, servizi alla collettività promuovendo la scoperta e la
conoscenza dell’ambiente rurale, dell’origine degli alimenti, delle tecniche di lavorazione dei
prodotti tipici nel rispetto dell’ambiente e del territorio.”
In Sicilia, le Aziende e le Fattorie Didattiche accreditate dall’Assessorato Regionale
dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea al 31/12/2015 (D.D.G. n. 4129
del 29/06/2015) sono complessivamente 80 (56 Aziende Didattiche e 24 Fattorie Didattiche).
L’accreditamento come “Fattoria Didattica” è riservato alle aziende agricole in cui è presente
un’attività zootecnica. Una Fattoria Didattica, pertanto, deve continuare a svolgere le normali
attività legate all’agricoltura (arare, concimare, seminare, irrigare, raccogliere, ecc.) cercando
di trasmettere piacevolmente saperi e sapori legati a una determinata procedura agrozootecnica, senza trascurare, però, anche la componente ludica e creativa dei fruitori più
piccoli o esperienziale dei più grandi.
Le Fattorie Didattiche hanno una forte valenza socio-culturale poiché in esse si propone di:
•
valorizzare la relazione città-campagna,
•
favorire il recupero del valore culturale e ambientale del territorio;
•
valorizzare l’importanza e il ruolo sociale dell’agricoltura;
•
sensibilizzare al rispetto dell’ambiente e al ritmo della natura;
•
educare al consumo consapevole;
•
favorire la diversificazione dei redditi agricoli.
La popolazione scolastica regionale costituisce il maggiore potenziale fruitore di queste attività.
Rete Fattorie educative
Un’aggregazione libera di imprese agricole, che condivide idee, principi, metodi e progetti, ha
dato vita al contratto di “Rete” Fattorie educative. Tale organizzazione, così strutturata,
persegue l’obiettivo comune di rimettere chiunque, in particolar modo bambini e ragazzi, a
contatto diretto con la natura per riscoprire e valorizzare la cultura, l’attività e la tradizione
agricola, l’ambiente rurale, il ruolo dell’agricoltore, conoscere l’arte del coltivare e/o
dell’allevare, adottare uno stile di vita e alimentare sano e genuino.
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La Rete aggrega:
•
imprese agricole, in qualunque forma giuridica organizzate in possesso, ove
prescritto, del nullaosta per l’esercizio dell’attività (azienda/fattoria didattica,
agriturismo, fattorie sociali, agri-asilo, agri-nido e di educazione all’infanzia in
genere, city farm, ecc.);
•
imprese riconosciute di turismo rurale, in possesso di nullaosta per l’esercizio
dell’attività con annessa azienda agricola, che svolgono o intendono svolgere anche
attività di educazione;
•
imprese che svolgono attività in ambito educativo, ambientale e socio-culturale e di
valorizzazione del territorio, come per esempio le imprese agricole familiari.
Questo progetto prevede una serie di percorsi formativi, educativi e ludico-creativi finalizzati
alla riscoperta del senso di appartenenza alla Terra, alle tradizioni antiche, agli usi e ai costumi
tipici della vita contadina, ai saperi, sapori e valori del mondo rurale. Le aziende agricole hanno
sposato questo modello per i seguenti motivi:
•
condividere l’idea che l’agricoltura e le tradizioni del mondo rurale possono
contribuire
efficacemente
alla
crescita
e
allo
sviluppo
fisico,
psichico,
emotivo/affettivo e spirituale della persona;
•
offrire una conoscenza e una saggezza legata alla campagna ampia e articolata,
dando l’opportunità di fare esperienza in realtà produttive e territoriali diverse;
•
relazionarsi meglio con organizzazioni che raccolgono la domanda e l’offerta di
ruralità;
•
migliorarsi reciprocamente;
•
formulare proposte innovative, integrate, compatibili e sostenibili;
•
promuovere uno stile di vita – legato al cosiddetto concetto di “ben-essere” – che sia
modesto e naturale.
L’attività agricola e il contatto con la cultura rurale possono offrire importanti occasioni per
l’integrazione e l’approfondimento di percorsi educativi in ambito ambientale, alimentare, civile
e sociale. Quest’ultimi, anche se avviati in settori diversi, è probabile che innescano fruttuosi
rapporti di collaborazione tra il settore agricolo e i luoghi più tipici della formazione (famiglia,
scuola, associazioni, comunità riabilitative e terapeutiche, enti di assistenza per disabili, ecc.),
nei quali l’agricoltura può dare il proprio contributo anche alla crescita personale dell’individuo.
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Rete Fattorie Sociali Sicilia
Intevista al Dott. Salvatore Cacciola
Portavoce nazionale del Forum Agricoltura Sociale, sociologo, si occupa di promozione della
salute, di comunicazione sociale e di welfare locale. Presidente della Rete Fattorie Sociali Sicilia
- Forum Siciliano Agricoltura e del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza Sicilia
(CNCA). È impegnato nel mondo del volontariato e delle organizzazioni non profit. Ha curato la
guida all’agricoltura sociale in Sicilia. Dal 2013 è vice-presidente dell’Associazione Italiana per
l’Agricoltura Biologica Sicilia (AIAB). È autore di volumi e saggi sulle politiche sociali, collabora
con istituti di ricerca ed è docente a contratto presso l’Università degli Studi di Catania.
Che cosa sono le Fattorie Sociali?
Le Fattorie Sociali sono organizzazioni, sia profit che non profit, come le aziende agricole, le
cooperative sociali, le associazioni, i consorzi e le fondazioni, che sviluppano programmi di
inclusione lavorativa e sociale; progetti formativi di educazione ambientale e alimentare;
interventi di riabilitazione e cura della persona attraverso la pratica colturale delle piante e
l’ausilio degli animali. Le Fattorie Sociali offrono i loro servizi a persone con disagio sociale,
relazionale e con disabilità psico-fisica. Promuovono, inoltre, progetti finalizzati a migliorare la
qualità della vita e lo sviluppo sostenibile del territorio. In Sicilia questa realtà si è sviluppata
collegandosi alle esperienze delle aziende agricole e delle associazioni che si occupavano di
ambiente e di agricoltura biologica. L’agricoltura sociale in Sicilia è strettamente collegata con
la cultura ambientalista e con le realtà sociali promotrici di cambiamento, innovazione, legalità
e sviluppo sostenibile del territorio.
Una Fattoria Sociale, per definirsi tale, quali requisiti deve possedere?
Per rispondere a questo quesito ci viene in aiuto la legge quadro n. 141/2015 (Disposizioni in
materia di agricoltura sociale). Si attendono i decreti attuativi sui requisiti minimi che deve
possedere una Fattoria Sociale. Analizzando le pratiche di intervento sociale e le esperienze
realizzate nel territorio nazionale possiamo annoverare tra le Fattorie Sociali le imprese che si
occupano di programmi di inclusione sociale e in particolar modo di inserimento lavorativo.
Quest’ultimo è un elemento che ha caratterizzato, soprattutto in Italia, la tradizione
dell’agricoltura sociale. Inoltre, vengono considerate come pratiche di agricoltura sociale una
serie di ambiti di intervento: terapie assistite con l’ausilio degli animali, ortoterapia, attività di
turismo sociale, educazione ambientale, alimentare, alla salute e alla legalità, ecc. Tutte
queste pratiche sono state incluse nella stessa grande categoria della multifunzionalità
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dell’azienda agricola. L’esperienza siciliana nasce nel 2009, prima con un coordinamento e poi
trasformando quest’ultimo in un’Associazione di Promozione Sociale.
Quali sono le normative europee, nazionali e/o regionali che direttamente o
indirettamente disciplinano le Fattorie Sociali?
La legge quadro del 18 agosto 2015 n. 141 (Disposizioni in materia di agricoltura sociale),
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 208 del 08/09/2015 ed entrata in vigore il 23/09/2015,
disciplina le pratiche di agricoltura sociale in Italia. Questa legge ha già previsto una serie di
decreti attuativi che ancora devono essere emanati. Uno di questi decreti riguarderà proprio i
requisiti minimi per definire in modo formale, ufficiale e univoco ciò che sta dentro l’agricoltura
sociale. La legge quadro già contiene una serie di requisiti di carattere generale, che sono in
linea con quanto è stato elaborato in questi anni dalle ricerche sull’argomento e anche con le
osservazioni empiriche su ciò che in Italia è stato realizzato prima della normativa. La legge ha
recepito il dibattito culturale degli ultimi anni sul tema dell’agricoltura sociale, riconoscendo
come Fattorie Sociali anche le cooperative sociali che possono certificare un fatturato di almeno
il 30% in agricoltura.
Quante di queste Fattorie Sociali sono non profit?
Fino a questo momento, gli enti che fanno parte della Rete Fattorie Sociali sono 100:
56 Aziende agricole, 2 Cooperative agricole, 15 Cooperative sociali, 17 Associazioni, 8 Onlus, 1
Consorzio e 1 Fondazione. Sommando il dato numerico relativo alle Associazioni con quello delle
Onlus si arriva a 25 organizzazioni non profit.
Quante di queste si occupano di educazione ambientale?
Sono diverse le aziende che si occupano di educazione ambientale, in particolare quelle
impegnate nelle attività didattiche hanno una forte inclinazione verso l’educazione ecologica. In
quasi tutti i percorsi proposti dai nostri associati c’è sempre una parte che riguarda l’ambiente,
perché l’azienda viene vista dentro un sistema complesso di relazioni eco-sistemiche. Fino a
questo momento non abbiamo quantificato il numero, però possiamo stimare che tra i nostri
associati almeno il 50%, tra aziende e cooperative agricole, realizza interventi di educazione
ambientale.
Chi si occupa di educazione ambientale al loro interno?
Sono gli stessi titolari dell’azienda agricola a occuparsi dei percorsi di educazione ambientale,
tra l’altro la legge lo consente. Infatti l’imprenditore agricolo o un suo delegato, per ottenere
l’accreditamento come Fattoria e/o Azienda Didattica da parte dell’Assessorato Regionale
all’Agricoltura, è tenuto a frequentare uno specifico corso di abilitazione realizzato a cura dello
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stesso Assessorato. Così gli imprenditori agricoli diventano anche animatori dell’attività rurale
offrendo esperienze didattiche di vario tipo, e tra queste esperienze rientrano anche i percorsi
educativi di carattere ambientale. In particolare, ci sono delle nostre aziende accreditate anche
come
Fattorie
Didattiche
che
hanno
fatto
dell’educazione
ambientale
un
elemento
caratterizzante, allora in questo caso siamo di fronte a degli operatori che sono al contempo
imprenditori ma anche esperti del settore perché magari sono pure agronomi, biologi,
naturalisti, educatori o altro.
Che tipo di attività di educazione ambientale organizzano le Fattorie Sociali?
Non abbiamo fatto una statistica in tal senso. Noi svolgiamo un’azione costante di monitoraggio
e anche di ricerca su ciò che viene realizzato nelle nostre aziende, però ancora è molto alta
l’eterogeneità delle attività che si svolgono al loro interno. Abbiamo censito 98 percorsi
didattici/educativi, ma non sappiamo esattamente quanti di questi sono percorsi esclusivi di
educazione ambientale. Per noi l’educazione ecologica include tutti i temi legati al riciclo dei
materiali, alla raccolta differenziata dei rifiuti, al compostaggio, oltre che alla conoscenza
approfondita dell’ambiente e dell’ecosistema.
Le Fattorie Sociali siciliane, nel 2015, quanti fruitori hanno accolto?
Al momento non abbiamo dati statistici sui fruitori delle Fattorie Sociali. Prendendo come
esempio le collaborazioni tra la Rete Fattorie Sociali e l’Associazione Italiana Educazione
Sanitaria (AIES), abbiamo realizzato negli ultimi cinque anni dei programmi specifici di
educazione alla salute e di educazione alimentare. In questi programmi il numero più alto di
presenze è stato registrato nel 2012, con un progetto che ha coinvolto ben 4 province (Messina,
Catania, Siracusa e Caltanissetta) e 3000 bambini.
Quali e come sono le prospettive di lavoro in una Fattoria Sociale?
Le prospettive di lavoro sono legate a questa combinazione sinergica tra lavoro agricolo e lavoro
sociale, non c’è una possibilità di separazione di questi due ambiti. Chi svolge attività educativa
o attività sociale è comunque inserito, anche se parzialmente o per periodi limitati o a tempo
determinato, nell’attività dell’azienda agricola. In molti casi è lo stesso imprenditore o lo stesso
socio della cooperativa agricola ad attivare determinati progetti, ma in altre situazioni, per
esempio quando vengono attivati programmi di inclusione lavorativa, ci si avvale di profili
professionali esterni all’azienda, come l’educatore, il sociologo, lo psicologo, l’assistente sociale
o il tutor educativo.
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Quanto è importante l’etica ambientale in una Fattoria Sociale?
L’etica ambientale per noi è molto importante. L’Associazione Rete Fattorie Sociali ha redatto e
sottoscritto una “Carta di principi” nella quale emerge in modo preponderante il riferimento alla
tutela dell’ambiente. Noi, infatti, abbiamo scelto la pratica dell’agricoltura biologica e
comunque privilegiamo quelle pratiche colturali sostenibili e compatibili con l’ecosistema.
Che obiettivi si prefigge la Rete Fattorie Sociali?
Gli obiettivi che ci poniamo sono tanti e ambiziosi. Come Rete vogliamo essere,
contemporaneamente,
anche
soggetto
promotore
di
sviluppo
locale.
Noi
favoriamo
l’occupazione, il collocamento professionale e uno sviluppo che sia in sintonia anche con
l’identità territoriale, quindi che non procuri forme di sfruttamento né delle persone, né del
suolo, delle piante e degli animali. Questo tema viene declinato in vari modi, innanzitutto nella
corretta e buona produzione di cibo che diventa essenziale affinché si possa parlare seriamente
di agricoltura sociale e poi tutta una serie di relazioni tra l’impresa, i dipendenti e i
collaboratori che deve essere imperniata attorno al concetto di rispetto e non intorno a quello
dello sfruttamento, perché in agricoltura, per esempio, ci sono molti casi di speculazione e
addirittura di schiavizzazione. Pertanto, nella nostra “Carta di principi” abbiamo indicato che è
inammissibile un’azienda agricola che si fregia del titolo di Fattoria Sociale e poi, magari, non
garantisce il contratto nazionale di lavoro. Questo, poi, è l’elemento che spesso fa anche la
differenza rispetto ai costi di produzione. I più rigorosi tra di noi adottano un processo
produttivo eco-compatibile, differenziano correttamente i rifiuti, valorizzano tutto ciò che è
organico utilizzandolo per la concimazione dei terreni e per la produzione dei prodotti agricoli,
educano i bambini e gli ospiti che arrivano in visita presso le aziende verso il consumo
consapevole del cibo, la riduzione degli sprechi alimentari e il corretto uso dell’acqua. Molte
aziende, infatti, si occupano anche di ristorazione (agriturismi, B&B rurali, ecc.) e tendono ad
avere e a mantenere una grande coerenza tra le cose che pensano e che dicono e le azioni
concrete.
Quali sono le criticità della Rete Fattorie Sociali Sicilia? In cosa potrebbe essere
migliorata?
Le criticità ci sono sempre, perché chiaramente il nostro è un movimento in crescita e in
continua evoluzione. Ovviamente, esso tiene conto delle criticità insite nello stesso sistema
agricolo che presenta un anello debole, rappresentato dai cambiamenti climatici. Quest’ultimi
pregiudicano le caratteristiche del mercato dei prodotti agricoli e quindi anche la loro
collocazione commerciale a livello globale. Ci sono delle difficoltà legate anche a una
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trasformazione delle collaborazioni professionali e il passaggio dei contratti di lavoro dal tempo
determinato a quello indeterminato. L’altra criticità, estremamente importante, è quella legata
al credito, al microcredito e all’accesso facilitato al credito. I piccoli imprenditori agricoli,
organizzati in cooperativa o singolarmente, incontrano ancora oggi parecchie difficoltà per
accedere al credito bancario necessario per realizzare investimenti anche di breve periodo. In
tal senso, abbiamo già sottoscritto un accordo di intesa con Banca Etica, finalizzato a favorire e
sostenere gli investimenti dei nostri imprenditori e a superare le forme di precariato e di lavoro
part-time. Un’altra criticità è rappresentata dalla sicurezza nelle campagne. Basti pensare ai
problemi che hanno avuto le aziende del Consorzio Libera Terra Mediterraneo.
Come si svilupperà la Rete in futuro?
Noi intendiamo investire di più sull’informatica che riduce molto le distanze e facilita gli scambi
commerciali e di informazione. Le aziende agricole, infatti, non sono sotto casa. In una Regione
come la Sicilia, dove il sistema viario secondario è estremamente debole e anche molto
vulnerabile (frane, smottamenti, allagamenti, interruzioni continue, ecc.), la possibilità di un
collegamento telematico, la promozione, la valorizzazione e la conoscenza è di fondamentale
importanza. Per questi motivi, come Rete, abbiamo scelto di puntare e investire parecchio in
servizi di carattere informatico. A breve, per esempio, realizzeremo un App, riguardante
l’offerta delle attività didattiche residenziali, all’interno di un progetto che abbiamo chiamato
“AgriSocialTour” e che sarà presentato nel mese di maggio. Inoltre, sviluppiamo e manteniamo
forme di servizio attraverso le informazioni che diffondiamo sui social network come facebook.
Stiamo ridefinendo anche il nostro sito istituzionale in modo tale da facilitare, oltre che la
comunicazione, anche il trasferimento di informazioni verso nuovi utenti.
Quanto pesa il finanziamento pubblico sulla capacità di continuare? Quali altre modalità
di finanziamento avete previsto?
Non pesa niente perché non abbiamo finanziamenti pubblici. Non siamo il prodotto di una legge
e nemmeno di un finanziamento. Se invece mi avesse chiesto: “Meglio avere un finanziamento
pubblico che sostiene le attività oppure è meglio non averlo?” Avrei risposto, ovviamente,
meglio averlo! Le nostre attività attingono quasi tutte a fondi e investimenti provenienti dalle
casse dei singoli imprenditori o delle cooperative. Su circa 65 aziende agricole della Rete
Fattorie Sociali, credo che solo 3 o 4 abbiano utilizzato fondi provenienti dal PSR (Piano di
Sviluppo Rurale).
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Che tipo di valutazione adottate? (compilativa/numerica o di qualità/questionari)
Ancora non siamo giunti a degli standard di qualità, che certamente sono auspicabili. Fino a
questo momento l’iscrizione alla Rete Fattorie Sociali di ogni nuovo socio ha implicato, oltre alla
compilazione di una scheda, la sottoscrizione della “Carta di principi” e due visite effettuate dai
componenti del Consiglio direttivo della Rete. Quindi, il primo standard per noi è conoscere
effettivamente cosa dice e cosa fa concretamente il nostro potenziale socio. Un discorso a parte
va fatto per la formazione degli iscritti che hanno l’obbligo, durante il primo anno, di
partecipare ad almeno il 50% dei programmi di formazione organizzati dalla Rete. Dopo il primo
anno si diventa soci effettivi. Pertanto non esiste nessun automatismo.
Che rapporti avete con le altre regioni italiane? Siete in un network?
Siamo in diversi network. Recentemente sono stato eletto anche portavoce del Forum Nazionale
Agricoltura Sociale, un network che aggrega circa 400 soci in tutta Italia. Come Rete, inoltre,
siamo iscritti a Libera e al Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) che sono
altri network a carattere nazionale, il primo si occupa di legalità mentre il secondo di servizi
alle persone. La nostra realtà potrà crescere e migliorarsi ulteriormente se nel suo percorso
terrà conto della reputazione della Rete stessa e dei soci che ne fanno parte, della credibilità
che riesce a trasmettere, della qualità dei prodotti che produce e della disponibilità a stare
dentro un circuito virtuoso e positivo.
Centri di Educazione Ambientale (CEA)
Un Centro di Educazione Ambientale (CEA) è una struttura che realizza progetti e percorsi di
educazione all’ambiente e alla sostenibilità, con particolare riferimento al contesto territoriale
in cui è inserito. I CEA costituiscono un punto di riferimento per la cittadinanza, le scuole, le
agenzie educative, gli enti locali e le aziende che vogliono confrontare le proprie competenze
con i temi della sostenibilità. Una parte dei CEA è gestita da Associazioni ambientaliste come
WWF, Legambiente, Lipu, MareVivo, ecc. Alcuni di questi, ciascuno con una propria metodologia
nel proporre i temi legati alle scienze naturali, all’educazione ecologica, alimentare, alla salute,
alla legalità e allo sviluppo sostenibile, nel 2009 si sono raggruppati per istituire l’Associazione
“Centri per l’Educazione Ambientale della Sicilia”, in breve denominata anche “CEA Sicilia”,
formata da soggetti legalmente costituiti che operano in ambito regionale nel campo della
formazione, dell’educazione, della promozione, dell’informazione, della comunicazione,
dell’interpretazione e dell’animazione ambientale. I Centri sono attivi nel territorio con le
scuole, le università, i privati, gli enti locali e le aziende, così da essere poli d’attrazione per
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l’intera comunità locale. Spesso questi CEA hanno una propria vocazione territoriale poiché
sorgono in zone collinari, montane, costiere o urbane.
Parchi Avventura e Tematici
Il Parco Avventura è una tipologia di parco divertimento costituito generalmente da diversi
percorsi acrobatici, molti dei quali aerei, che con l’aiuto di liane, ponti tibetani, cavi
(teleferiche), reti e passerelle, permettono di transitare da un albero all’altro in estrema
sicurezza. I percorsi dei Parchi Avventura sono differenziati per difficoltà e impegno crescente e
sono l’ideale connubio fra attività ludica, esperienza formativa e pratica sportiva. Prima di poter
accedere ai percorsi è obbligatorio indossare un’apposita imbracatura con una doppia longe di
moschettoni e carrucola, casco e guanti. Successivamente si deve seguire una breve lezione
teorico-pratica (briefing) condotta da istruttori specificatamente formati. Dopo questa fase
introduttiva è possibile affrontare i diversi percorsi in autonomia e sicurezza. Solitamente si
distinguono le attività per bambini e quelle per adulti. Esistono percorsi per diversi livelli di
abilità, che per convenzione vengono contraddistinti con colori diversi (verde, blu, rosso, giallo,
arancione, viola, bianco, nero).
I Parchi Avventura si rivolgono alle scuole di ogni ordine e grado, alle famiglie, ai gruppi
organizzati, ai singoli, alle comitive, ai centri estivi, ecc. Essi propongono le seguenti attività:
•
percorsi acrobatici e orienteering,
•
laboratori didattico-naturalistici,
•
laboratori artigianali e ludico-creativi,
•
laboratori di educazione ambientale,
•
risparmio, riuso e corretta alimentazione,
•
attività con gli animali, ecc.
Il Parco Avventura è un’attività a stretto contatto con la natura e a basso impatto ambientale, è
un modo nuovo, diverso e intelligente di trascorrere un giorno all’aria aperta divertendosi ma
nel rispetto del territorio. Spesso rappresenta anche l’occasione per riqualificare aree boschive
abbandonate e degradate. Il Parco Avventura è un luogo in cui regna pace, armonia, silenzio,
equilibrio e tantissimo divertimento.
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“Dissodare cultura, seminare futuro”
A proposito di educazione ambientale per la sostenibilità, nei giorni 1 e 2 aprile 2016 si è tenuto
presso l’Università degli Studi di Catania un Convegno Internazionale e Forum Scolastico
Regionale Siciliano dal titolo “Dissodare cultura, seminare futuro”. L’evento, introdotto e
coordinato dalla Professoressa Maria S. Tomarchio del Dipartimento di Scienze della Formazione
dell’Università di Catania, è stato organizzato a conclusione del progetto di ricerca (FIR 2014)
“Asse natura-cultura. Progettazione educativa, sistema formativo integrato, configurazione del
territorio”. Il piano di lavoro ha coinvolto 3 Dipartimenti dell’Ateneo di Catania (Dipartimento di
Scienze della Formazione - DSF, Dipartimento di Architettura e Urbanistica - DAU, Dipartimento
di Medicina Clinica e Sperimentale - DMCS), 45 Istituti scolastici della Regione Siciliana, 2 Istituti
penali minorili e l’Assessorato alle Politiche Sociali, alle Pari Opportunità e all’Istruzione del
Comune di Acireale, per un numero complessivo di 6480 studenti. L’iniziativa, patrocinata dal
Centro Studi Paolo Borsellino, dall’Istituto Alcide Cervi e dall’Associazione Orti di Pace Sicilia, è
stata omaggiata dalla presenza di Rita Borsellino, sorella del compianto magistrato siciliano.
“Spazi formativi, modelli e pratiche di educazione all’aperto nel primo ‘900” è il tema che ha
inaugurato la prima giornata del Convegno, durante la quale si sono confrontati professori e
ricercatori delle Università italiane e straniere aderenti al progetto. “Scuole in campo. Territori
oltreconfine dell’innovazione educativo-didattica” è il tema che ha celebrato la seconda
giornata dell’incontro, nella quale gli insegnanti degli Istituti partecipanti hanno presentato i
lavori eseguiti dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado (infanzia, primaria, secondaria
di I e II grado).
Sono stati tanti, diversi e molto interessanti gli argomenti affrontati ed emersi durante il
Convegno: educazione operante, integrale e integrata; società multiculturale; cittadinanza
attiva e democratica; scuola attiva e didattica all’aperto; alimentazione naturale e consapevole;
formazione estetica legata ai diversi linguaggi della natura; metodo “en plein air”; paesaggi
educativi; ascolto e contemplazione; intelligenza ecologica ed empatica; ecologia profonda e
sistemica; coscienza ecologica e spirituale; e tanti altri.
Questo dibattito ha evidenziato che in Sicilia è molto diffuso il fenomeno delle cosiddette
“scuole all’aperto” perché questa Regione è, storicamente, legata in modo profondo alla terra e
alla tradizione agricola. “Il progetto di ricerca interdipartimentale – ha spiegato Maria S.
Tomarchio – è partito dalle esperienze didattiche ed educative delle scuole per poter giungere,
in conclusione, alla definizione di un modello teorico didattico-educativo da poter applicare
anche ad altri contesti formativi, sociali, culturali, ludico-creativi, riabilitativi e terapeutici.
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Quindi, poter esportare questo modello innovativo anche oltre i confini regionali e presentarlo
come modello pedagogico integrale e integrato”.
“Le prime scuole all’aperto (en plein air) – ha ricordato Gabriella D’Aprile del Dipartimento di
Scienze della Formazione – sono nate nel primo Novecento per esigenze sanitarie”. Questo tipo
di scuola, infatti, inizialmente è stato proposto proprio da medici luminari per diffondere uno
stile di vita migliore basato su quello che la natura spontaneamente può offrire.
Per Sergio Neri, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, “deve partire dalla scuola
l’idea che si deve vivere e godere in natura e di natura, che la terra ci fa crescere e ci può
migliorare. Bisogna educare i bambini e i ragazzi, ma bisogna educare anche la famiglia”.
“Assistiamo a una crisi d’identità dovuta a un processo di crescita economica, sociale,
strutturale. Tutto ciò è avvenuto negli ultimi settant’anni. Le grandi città, in particolare, sono
diventate obese, non sono più proporzionate, non hanno più le dimensioni. Questa grande
obesità urbana, ovviamente, ha un costo sociale. Il problema degli urbanisti, oggigiorno, non è
più quello di far crescere una città, ma quello di renderla funzionale ed efficiente”, ha ribadito
Filippo Gravagno del Dipartimento di Architettura e Urbanistica.
Maria S. Tormarchio ha concluso dicendo che “da questo Convegno è emersa tutta la vivacità
della scuola siciliana. Questo progetto non è solo educazione ambientale, non è solo inclusione
sociale, non è solo educazione alla salute e alla legalità, ma è tutto questo, tutte queste cose
messe assieme. È un progetto di educazione integrale. L’educazione integrale è una conquista,
una costruzione progressiva. Ora, però, tutto questo deve diventare sistema. Dobbiamo dare
visibilità alla scuola siciliana. Per tale motivo, tutte le esperienze scolastiche ed
extrascolastiche diventeranno esperienze di ricerca scientifica e quindi pubblicazioni
scientifiche. Pertanto, si spera che questo studio possa diventare anche un catalogo”.
Una “scuola aperta e all’aperto” è una scuola che non ha muri, dove i bambini e i ragazzi sono
cittadini della città, che diventa al contempo palestra di vita, luogo in cui fare esperienza, dove
si acquisiscono competenze trasversali, dove si progetta innovazione e cambiamento.
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Istituti scolastici siciliani che hanno aderito all’iniziativa
Agrigento
•
I.C.S. Maestro Lorenzo Panepinto - Santo Stefano Quisquina
•
I.C. G. Garibaldi - Realmonte
•
I.C.S. S. Quasimodo - Agrigento
Caltanissetta
•
I.C. Don L. Milani - Plesso Rodari - Caltanissetta
•
II C.D. Gela - Gela
Catania
•
I.C. Fontanarossa - Catania
•
III I.C. Giarre - Giarre
•
C.D. Don Lorenzo Milani - Randazzo
•
I.C.S. Santa Venerina - Santa Venerina
•
II C.D. Biancavilla - Biancavilla
•
I.C. Italo Calvino - Catania
•
I.C.S. Giovanni XXIII - Acireale
•
I C.D. Sante Giuffrida - Adrano
•
I.C. Maria Montessori - Caltagirone
•
S.S. di I grado Dante Alighieri - Catania
•
I.C.S. Deledda - Catania
•
I.C.S. Ercole Patti – Trecastagni
•
I.C. G. Verga di Fiumefreddo di Sicilia - Fiumefreddo di Sicilia
•
I.C. Vespucci - Capuana - Pirandello - Catania
•
Liceo Linguistico e delle Scienze Umane F. De Sanctis - Paternò
•
IPSSEOA Giovanni Falcone - Giarre
•
Liceo G. Lombardo Radice - Catania
•
Liceo Regina Elena (Liceo delle Scienze Umane - Liceo Economico Sociale - Liceo
Linguistico) - Acireale
•
IPSSAR Karol Wojtyla - Catania
•
Direzione Istituto penale per minorenni di Acireale
•
I.I.S. M. Amari - Giarre
•
III C.D. Giovanni Paolo II - Gravina
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•
II C.D. Giovanni XXIII - Paternò
•
D.D.S. I Circolo G. Lomabardo Radice - Paternò
•
C.D. G. Pizzigoni – Catania
Enna
•
I.C.S. F.P. Neglia - Enna
•
I.I.S. A. Volta di Nicosia. Servizi per L’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale - Nicosia
Messina
•
I.C. Novara di Sicilia - Novara di Sicilia
•
Istituto Alberghiero di Taormina
Palermo
•
D.D. Nicolò Garzilli - Palermo
•
I.C. Biagio Siciliano - Capaci
•
I.P.S. L. Einaudi - Palermo
•
I.C. Laura Lanza - Carini
•
Direzione Istituto penale per minorenni Malaspina di Palermo
•
I.C.S. Giovanni Falcone (ex Fondo Raffo) - Palermo
•
I.C. Ficarazzi – Ficarazzi
Ragusa
•
C.D. Giacomo Albo - Modica
•
I.I.S. Q. Cataudella - Scicli
Siracusa
•
II I.C. Falcone-Borsellino - Cassibile
•
III I.C. L. Capuana - Avola
•
I.I.S. Majorana Avola. Sezione Istituto Professionale per l’Agricoltura E. Mattei - Avola
Trapani
•
I.I.S. F. Ferrara - Mazara del Vallo
I progetti presentati dagli istituti scolastici siciliani erano carichi di entusiasmo, bravura,
impegno, costanza, creatività e simpatia. Fra tutti i lavori presentati sono emersi quelli esibiti
dalle seguenti scuole:
•
II Circolo Didattico Biancavilla (CT) - Progetto “A Scuola di Orto” - Relatori: Clara Fallica,
Rosaria Saccone
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•
Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII Acireale (CT) - Progetto “Orto Didattico” Relatori: Angela De Santis, Maria Grazia Patanè
•
Istituto Comprensivo Don L. Milani e Plesso G. Rodari Caltanissetta - Progetto “Orto in
Condotta” - Relatori: Maria Virginia Augello, Valentina Panzica
•
Istituto Comprensivo M. Montessori Caltagirone (CT) - Progetto “Un orto per giocare … e
per capire” - Relatore: Vita Polizzi
1. “A Scuola di Orto”
Il progetto del II Circolo Didattico di Biancavilla (CT), cominciato nel 2008, inizialmente ha
interessato solo le quinte classi. Ora, invece, le coinvolge tutte. L’Istituto sostiene e porta
avanti il programma dell’orto a scuola da quasi dieci anni. “Chiunque ama e capisce un giardino,
vi troverà dentro delle gioie” (proverbio cinese). Questa frase racchiude in sé le motivazioni che
hanno indotto le insegnanti a intraprendere l’attività colturale come metodo didattico.
Perché coltivare un orto?
•
È un’esperienza educativa
•
È prendersi cura degli altri, rispettarli e amarli
•
È trasversale
•
È pluridisciplinare
•
È un’attività interessante dove si mettono a frutto grandi abilità: rispetto dei tempi
dell’attesa, capacità previsionali e scelte responsabili.
L’orto diventa così attività propizia per riqualificare gli spazi esterni della scuola e ambiente
privilegiato per l’apprendimento, perché gli alunni ragionano sul da farsi, propongono idee, si
suddividono i compiti, osservano, ricercano, progettano, misurano, gestiscono una piccola parte
amministrativa, sperimentano in campo, realizzano foto e video.
L’orto da loro realizzato, inoltre, ha rispettato i seguenti criteri di coltivazione:
•
ecocompatibilità,
•
conduzione biologica,
•
rotazione delle colture.
L’esperienza dell’orto a scuola ha generato, parallelamente, altre attività complementari:
•
mercatino dei prodotti coltivati,
•
laboratorio scientifico (laboratorio delle erbe aromatiche),
•
dall’orto alla tavola.
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2. “Orto Didattico”
L’esperienza dell’Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII di Acireale (CT) nasce nel 2014 con
il progetto “Orti di Pace”, che ha rappresentato un barlume di speranza per le insegnanti che
gestivano pluriclassi di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e che hanno
trovato in questa attività una soluzione a tanti problemi ed esigenze. La classe V E è stata la
pioniera del progetto. L’insegnante di religione e referente d’Istituto Maria Grazia Patané,
ritiene che fare l’orto sia una metodologia. Il suo pensiero è singolare e offre spunti di
riflessione molto interessanti. La docente ha messo in evidenza che l’insegnamento della
religione cattolica (IRC) contribuisce alla formazione integrale della persona e si inserisce
pienamente nel quadro delle finalità della scuola. I suoi obiettivi, infatti, sono parte integrante
delle indicazioni nazionali. Come ogni disciplina, essa ha lo scopo di far acquisire all’alunno gli
“alfabeti” necessari a una lettura della realtà umana. Pertanto, contribuisce allo sviluppo di una
scuola flessibile, capace di trasmettere saperi e valori; prepara persone responsabili del futuro
del Pianeta; valorizza l’esperienza personale, sociale e culturale dell’alunno. L’azione del
docente, quindi, è un’azione di contestualizzazione delle finalità educative, un’azione di cura,
di accompagnamento e di guida dei processi, che scaturisce dall’attenta analisi dei bisogni
formativi di ogni singolo alunno. L’insegnante ha posto in relazione alcune fondamentali
conoscenze dichiarative della proposta didattica dell’IRC con l’esperienza dell’orto, nello
specifico:
•
scoprire l’armonia e la bellezza della realtà circostante,
•
conoscere che la vita è un dono,
•
sviluppare la capacità di osservazione in relazione alla realtà naturale e sociale e avere
cura del Creato.
Le esperienze formative effettuate sono state le seguenti:
•
“Pianta un seme e prenditene cura” (classi prime e seconde). Attività: piantare un seme,
averne cura, rispettare la natura, “la mia pianta dentro la bottiglia”.
•
“Riciclo creativo” (classi seconde e terze).
•
“Piantare un bulbo” (classi terze). In questo percorso didattico-educativo è stata allenata
la capacità di ascoltare, leggere e saper riferire alcune pagine bibliche fondamentali, in
particolare i racconti della Creazione. Inoltre, è stato chiarito che la religiosità dell’uomo
di tutti i tempi nasce dal bisogno di dare risposte alle domande di senso, tra cui quella
sull’origine del mondo (confronto tra scienza e Bibbia, tra scienze naturali e
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creazionismo). L’attività pratica si è sviluppata in tre fasi: creare il vaso delle meraviglie,
piantare un bulbo, aspettare la fioritura.
•
Le classi quarte, invece, hanno approfondito pagine bibliche ed evangeliche,
riconoscendone il genere letterario e individuandone il messaggio principale, per esempio
la parabola del seminatore, dal seme alla pianta, il senso della vita.
•
“Il solstizio e la luce” è il tema approfondito dalla classi quinte. In particolare è stato
analizzato il senso religioso del Natale a partire dalle narrazioni evangeliche e dalla vita
della Chiesa. I contenuti hanno considerato il solstizio d’inverno, inteso come periodo di
esposizione alla luce che genera buoni frutti, e l’avvento, interpretato come periodo di
attesa e pazienza. Questo percorso formativo teorico ha generato sette attività pratiche
correlate: l’orto a scuola, individuare i tempi della semina, realizzare un semenzaio,
trapiantare le plantule, averne cura, raccogliere buoni frutti e poi mangiarli.
I docenti che hanno curato tutte queste attività hanno notato che l’esperienza dell’orto a scuola
sviluppa osservazione, pazienza, conoscenza, spirito di cooperazione, rispetto dell’ambiente e
meraviglia. Il progetto “Orto Didattico” ha rappresentato un laboratorio a cielo aperto e un
ambiente ideale per l’apprendimento, perché è stato privilegiato il metodo “imparare facendo”,
che si snoda attraverso attività formative transdisciplinari. Realizzare un orto scolastico significa
fare educazione ambientale per la sostenibilità, perché contemporaneamente viene riqualificato
e valorizzato il cortile della scuola rendendolo un’aula all’aperto in cui bambini, insegnanti,
genitori, nonni e produttori locali condividono saperi, doveri, piaceri ed esperienze di
apprendimento da cui possono trarre qualcosa di nuovo sul mondo reale e naturale che li
circonda. Creare un orto a scuola significa educare alla convivenza democratica; organizzare
lavori collettivi utili a favorire l’autocontrollo, l’aiuto reciproco e la responsabilità personale;
favorire la creatività, la collaborazione nel gruppo e la socialità; educare alla salute, alla
legalità, all’ambiente e al buon gusto.
3. “Orto in Condotta”
L’Istituto Comprensivo Don L. Milani e Plesso G. Rodari di Caltanissetta vanta 11 anni di
esperienza in tema di orto. Tutto è cominciato nell’anno scolastico 2005/2006 e continua ancora
oggi. Il progetto ha interessato i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e tutte le
classi della scuola primaria (I, II, III, IV, V), per un numero complessivo di 311 bambini. “Orto in
Condotta” è un orto scolastico siglato Slow Food utilizzato come strumento principale per le
attività di educazione alimentare e ambientale. Insieme agli studenti, gli insegnanti, i genitori, i
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nonni e i produttori locali sono stati gli attori del progetto. “Orto in Condotta” ha previsto
percorsi formativi per gli insegnanti, attività di educazione alimentare e del gusto e di
educazione ambientale per gli studenti e seminari per genitori e nonni ortolani. L’Istituto ha
sviluppato il progetto privilegiando vari argomenti:
•
Conoscere e comprendere il concetto di piramide alimentare, di gruppo alimentare e di
nutriente.
•
Saper riconoscere gli errori in campo alimentare evitando così il “cibo spazzatura”.
•
Saper preparare il terreno, seminare, piantumare, osservare la crescita delle piante
orticole fino al raccolto. Ogni aspetto dell’ambiente è stato utilizzato come strumento
per far crescere nei bambini la consapevolezza di essere parte dell’ecosistema Terra. Per
esempio, sporcarsi le mani con la terra oppure mettere a dimora una piantina e
accompagnarla nella crescita sono stati straordinari maestri di vita. Gli input offerti sono
andati sempre nella direzione del buono, del pulito e del giusto.
•
È stata seguita la ruota delle stagioni poiché ogni stagione ha i suoi prodotti.
I piccoli contadini hanno preparato il terreno, seminato, osservato il ciclo di crescita delle
piante, raccolto, effettuato il compostaggio, ecc. Inoltre nella scuola, il 16 marzo 2012, è stato
impiantato pure un frutteto. Tra le attività svolte dai piccoli ortolani figurano anche il
laboratorio del pane e quello della marmellata, la “Festa dell’Albero”, la potatura del frutteto e
il laboratorio del gusto. L’11 novembre di ogni anno la scuola celebra la “Festa dell’Orto”.
Questo giorno, che coincide anche con la festa di S. Martino, rappresenta il momento più
propizio per esaltare tradizioni, usi, costumi e cultura attraverso il cibo.
4. “Un orto per giocare … e per capire”
Questo percorso di educazione ambientale, che ha coinvolto gli alunni della scuola dell’infanzia,
primaria e media dell’Istituto Comprensivo M. Montessori di Caltagirone (CT), è stato realizzato
nell’anno scolastico 2015/2016 con il prezioso contributo dell’Associazione “Ramarro Sicilia”.
L’iniziativa nasce dalla necessità di far conoscere alle giovani generazioni la provenienza degli
ortaggi e della frutta; di indirizzare gli alunni verso modelli ambientali e alimentari sostenibili,
compatibili e salutari; di ristabilire il rapporto uomo-campagna. In aula sono state svolte le
seguenti attività: presentazione di argomenti inerenti le attività pratiche, introduzione alla
sostenibilità ambientale, test somministrati ai bambini e ai ragazzi in forma ludico-didattica.
Caratteristica distintiva del progetto è stata la realizzazione di un bio-orto verticale nel cortile
dell’Istituto. Innanzitutto sono stati portati a scuola i contenitori (cassette in legno per la frutta
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in disuso e il compost misto a terra di bosco), che gli alunni hanno tinteggiato con vernice ad
acqua. Successivamente i contenitori sono stati rivestiti con cartone, juta e argilla espansa con
funzioni di vespaio (materiali che non impattano l’ambiente). Gli alunni, poi, hanno riempito i
contenitori col substrato e hanno pure creato e installato uno spaventapasseri. Inoltre, dalle
pareti del cortile della scuola sono stati cancellati i segni dell’inciviltà con un bellissimo sfondo
di girasoli e una staccionata. Questo progetto rappresenta un chiaro esempio di come sia
possibile coltivare anche in ambiente urbano e fuori terra, magari riciclando e utilizzando
materiali altrimenti destinati alla discarica.
Cutgana
Anche il Cutgana (Centro Universitario per la Tutela e la Gestione degli Ambienti Naturali e degli
Agro-ecosistemi)
dell’Università
degli
Studi
di
Catania,
attraverso
il
programma
“ScuolAmbiente”, promuove progetti di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile
concepiti come strumento imprescindibile per far conoscere agli studenti delle scuole le aree
protette che lo stesso Ente gestisce e il loro patrimonio naturalistico e paesaggistico. Il Cutgana
è un centro di ricerca multidisciplinare che realizza e sostiene, in collaborazione anche con altri
dipartimenti universitari, istituti scientifici nazionali e internazionali e con enti sia pubblici che
privati, ricerche e studi in materia di tutela, gestione e valorizzazione delle risorse naturali e
ambientali. Il Centro di Ricerca organizza e promuove attività di sensibilizzazione, formazione,
informazione ed educazione ambientale, workshop, seminari, convegni, stage, mostre e progetti
rivolti a studenti e insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, ai professionisti e ai tecnici
che operano sia in ambito pubblico che privato e all’intera collettività. Attraverso tali iniziative
l’Ente mira a sviluppare e a diffondere nella società contemporanea e nelle giovani generazioni
un maggiore rispetto verso la natura e le sue risorse. Il Cutgana gestisce sette riserve naturali
della Regione Siciliana e un’area marina protetta del Ministero dell’Ambiente, nelle quali
vengono sperimentati e attuati innovativi modelli di sviluppo e di gestione ambientale e
promosse nuove forme di turismo responsabile. Dal 2014 il Centro di Ricerca è anche membro
della International Union for the Conservation of Nature (IUCN). La missione del Cutgana è anche
quella di costruire e far vivere strumenti di informazione, formazione e aggiornamento degli
operatori dell’educazione ambientale formale, non formale e informale e di offrire un adeguato
supporto alle reti di attori dell’educazione a livello regionale e locale. È una “missione di
servizio” aperta ai singoli, alle organizzazioni e alla collettività, difficile e complessa, che può
proseguire solo con la partecipazione attiva e consapevole e con l’aiuto di quanti credono nelle
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buone pratiche di tutela e gestione degli ambienti naturali, nella ricerca e nell’educazione
ambientale come condizione necessaria e fondamentale per la conservazione degli ecosistemi
per le generazioni presenti e future.
ARPA Sicilia
Nell’ambito del Programma Regionale di Educazione Ambientale, l’ARPA Sicilia (Agenzia
Regionale per la Protezione dell’Ambiente), nella quale è incardinato il Laboratorio Regionale
In.F.E.A. (Informazione, Formazione, Educazione Ambientale), sviluppa e sostiene progetti di
educazione ecologica rivolti agli studenti delle scuole, si occupa di formare gli operatori di
settore e coordina le attività esistenti documentandole e mettendo in evidenza quelle pratiche
che presentano caratteristiche di un certo interesse e spessore.
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Conclusioni
Da questo Rapporto sullo stato dell’educazione ambientale in Sicilia è emerso un quadro vario e
articolato. Se fino a qualche tempo fa l’interesse per questo ambito disciplinare e di ricerca era
circoscritto quasi esclusivamente alle associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, G.R.E.,
Italia Nostra, Lipu, Marevivo, ecc.), oggi non è più così. Accanto a tante associazioni e
organizzazioni “green” operano anche altri “attori sociali”, non necessariamente catalogabili nel
settore no-profit, ma comunque sensibili verso la natura e le sue risorse, l’ambiente, l’ecologia
e la sostenibilità.
Realizzare una mappa che includesse le collaborazioni tra non profit ambientaliste e scuola non
è stato semplice, anche perché l’educazione ambientale come insegnamento scolastico è in
continua evoluzione. In Sicilia, inoltre, si stanno diffondendo un po’ ovunque attività, laboratori,
azioni ed esperienze ecologico-educative realizzate da Aziende e Fattorie Didattiche, Fattorie
educative e Sociali, Centri di Educazione Ambientale e Parchi Avventura, nei quali i maggiori
fruitori sono proprio gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Il mio interesse si è focalizzato sul Convegno Internazionale e Forum scolastico siciliano
“Dissodare cultura, seminare futuro”, tenutosi presso l’Università di Catania ad aprile 2016,
proprio perché in questa circostanza ho potuto estrarre l’essenza e la linfa vitale che circola
attualmente negli istituti scolastici siciliani a proposito di educazione ambientale per la
sostenibilità. L’incontro ha rappresentato una vetrina molto importante per tutte quelle scuole
che utilizzano la “pratica colturale” come metodo pedagogico fondamentale per trasmettere
saperi e valori inerenti discipline scolastiche diverse. L’occasione, inoltre, è stata propizia per
mettere a confronto, contemporaneamente, tanti istituti siciliani che hanno scelto di svolgere
alcune attività didattiche in natura, con la natura e per la natura nell’ottica di una “scuola
aperta e all’aperto” che adotta un modello educativo multifunzionale, olistico e integrato,
fondato sul concetto di “cittadinanza attiva” che deve essere democratica, condivisa e
partecipata.
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Ringraziamenti
L'autrice ringrazia per la cortese collaborazione:
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Regione Siciliana - Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della
Pesca Mediterranea
Rete Fattorie educative
Rete Fattorie Sociali Sicilia
Forum Nazionale Agricoltura Sociale
Associazione Orti di Pace Sicilia
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