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CANTIERE DI PROMOZIONE CULTURALE DELLA CSR Educazione ambientale in Sicilia Come far crescere una cultura cominciando dalla scuola di Veronica Leotta Premio Socialis 2015 Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 1 INDICE Introduzione pag. 3 Educazione ambientale: insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado 5 Aziende e Fattorie Didattiche 10 Rete Fattorie educative 10 Rete Fattorie Sociali Sicilia 12 Centri di Educazione Ambientale (CEA) 17 Parchi Avventura e Tematici 18 “Dissodare cultura, seminare futuro” 19 Istituti scolastici siciliani che hanno aderito all’iniziativa 21 1. “A Scuola di Orto” 23 2. “Orto Didattico” 24 3. “Orto in Condotta” 25 4. “Un orto per giocare … e per capire” 26 Cutgana 27 ARPA Sicilia 28 Conclusioni 29 Ringraziamenti 30 Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 2 Introduzione In Sicilia lo studio dell’educazione ambientale non può prescindere da un’analisi attenta e accurata anche del suo territorio, di incommensurabile valore paesaggistico, naturalistico, artistico, architettonico e culturale. Stiamo parlando della più grande regione d’Italia, con una superficie di 25.426 km2. Il conteggio ufficiale, però, tiene conto anche delle isole appartenenti ai vari arcipelaghi della Regione (Eolie, Egadi, Ciclopi, Pelagie e altre isole minori) con cui si arriva a 25.711 km2. È l’isola più grande del Mediterraneo con un territorio per il 61,4% collinare, per il 24,4% montagnoso e per il 14,2% pianeggiante. Il suo territorio è ripartito in 390 comuni a loro volta raggruppati in nove province. È l’unica regione italiana ad annoverare due città fra le dieci più popolose del Paese: Palermo (quinta) e Catania (decima). L’Isola è bagnata a nord dal Mar Tirreno, a sud ovest dal Mar Mediterraneo e a sud est dal Mar Ionio. Attualmente in Sicilia sono presenti 3 Orti Botanici (Catania, Messina e Palermo) e 94 aree naturali protette, vale a dire 1 Parco Nazionale, 5 Parchi Regionali, 59 Riserve Naturali Orientate (RNO), 17 Riserve Naturali Integrali (RNI), 2 Riserve Naturali Speciali (RNS), 6 Aree Marine Protette (AMP) e 4 siti naturali non inseriti, se non altro al momento, nelle suddette tipologie, ma meritevoli comunque di tutela da parte delle autorità competenti in virtù delle loro peculiari caratteristiche geologiche, paesaggistiche, naturalistiche, ecc. Il Parco dell’Etna (59.095 ha), istituito nel 1987, comprende 20 comuni della provincia di Catania. Nel 2013 il vulcano siciliano è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità e inserito nella World Heritage List. Esso è il quarto sito naturale italiano (dopo le Dolomiti, le Isole Eolie e il Monte San Giorgio) a fregiarsi di questo straordinario riconoscimento. Il Parco delle Madonie (39.941,18 ha), istituito nel 1989, comprende 15 comuni della provincia di Palermo. Esso, così come l’area protetta Rocca di Cerere ricadente nella provincia di Enna, è stato inserito nella Rete dei Geoparchi Europei. Un Geoparco è un territorio che possiede un patrimonio geologico particolare e una strategia di sviluppo sostenibile supportata da un programma europeo idoneo a promuovere tale progresso. Esso deve comprendere un certo numero di siti geologici di particolare importanza in termini di qualità scientifica, rarità, richiamo estetico e valore educativo. Il Parco dei Nebrodi (88.887,18 ha), istituito nel 1993, comprende 24 comuni ricadenti nelle province di Messina, Catania ed Enna. Esso è il più grande sito naturale protetto della Sicilia. Il Parco dell’Alcantara (1.927,48 ha), istituito nel 2001, è l’unico parco fluviale della Sicilia e nel suo territorio ricadono 14 comuni delle province di Messina e di Catania. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 3 L’ultimo Parco Regionale, in ordine di fondazione, è quello dei Monti Sicani (43.687,37 ha), istituito nel 2014 e comprendente 12 comuni delle province di Agrigento e di Palermo. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 28 luglio 2016 ha firmato il decreto di istituzione del Parco Nazionale Isola di Pantelleria che diventa, in ordine cronologico, il primo parco nazionale della Sicilia e il 24esimo parco nazionale italiano. La repentina istituzione del Parco di Pantelleria segue gli incendi dolosi che nella prima settimana dello scorso mese di giugno hanno devastato 600 ettari di superficie verde dell’isola siciliana. “Lo Stato, la Regione, il Comune – ha detto il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – hanno dimostrato di saper fare fronte comune, di saper essere portatori di valori condivisi, di voler rendere ancora più del passato la risorsa ambiente motore dello sviluppo e del futuro di Pantelleria”. AREE NATURALI PROTETTE - REGIONE SICILIANA PROVINCE Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani Totale RNO* 8 5 4 4 11 15 1 5 6 59 RNI* 2 2 3 0 1 4 0 3 2 17 RNS* 0 0 0 1 0 0 1 0 0 2 AMP* 1 0 1 0 0 2 0 1 1 6 AAP* 1 0 2 1 0 0 0 0 0 4 Totale 12 7 10 6 12 21 2 9 9 88 *RNO - Riserve Naturali Orientate *RNI - Riserve Naturali Integrali *RNS - Riserve Naturali Speciali *AMP - Aree Marine Protette *AAP - Altre Aree Protette (per es., parchi urbani, parchi geologici, oasi faunistiche, ecc.) • Enti gestori • Azienda Foreste Demaniali • CAI • Cutgana • Gruppi Ricerca Ecologica • Italia Nostra • Legambiente • Lipu • Rangers d’Italia • WWF • Prov. Caltanissetta • Prov. Catania • Prov. Enna • Prov. Messina • Prov. Palermo • Prov. Ragusa • Prov. Siracusa • Prov. Trapani Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 4 Educazione ambientale: insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado L’educazione ambientale, denominata anche educazione ecologica, è un percorso formativo transdisciplinare, olistico, integrato e trasversale, cioè un processo che prevede sia l’educazione che l’istruzione. Si tratta di una disciplina sinergica che funge da ponte tra due aree disciplinari diverse ma complementari: area umanistica, che si occupa di educazione, e area scientifica, che si occupa di ambiente ed ecologia. L’educazione ambientale è una scienza che opera mettendo in relazione le persone con l’ecosistema nell’intento di sviluppare comportamenti ecosostenibili per la conservazione del patrimonio ambientale (arte, cultura, natura, storia, tradizioni, saperi e sapori antichi, ecc.). “L’educazione ambientale forma alla cittadinanza attiva e consente di comprendere la complessità delle relazioni tra natura e attività umane, tra risorse ereditate, da risparmiare e da trasmettere, e dinamiche della produzione, del consumo e della solidarietà. L’educazione ambientale si protrae per tutta la durata dell’esistenza, prepara l’individuo alla vita e coinvolge, direttamente e continuamente, tutte le generazioni sulla base del principio che ognuna ha qualcosa da imparare dalle altre. […] L’educazione ambientale contribuisce a ricostruire il senso di identità e le radici di appartenenza, dei singoli e dei gruppi, a sviluppare il senso civico e di responsabilità verso la res publica, a diffondere la cultura della partecipazione e della cura del proprio ambiente, creando anche un rapporto affettivo tra le persone, la comunità e il territorio” (Carta dei Principi per l’Educazione Ambientale orientata allo Sviluppo Sostenibile e Consapevole, Fiuggi, 24 aprile 1997). L’educazione ambientale serve a costruire una società ecosostenibile attraverso la formazione della cittadinanza terrestre e della coscienza ecologica, ma anche attraverso la promozione di comportamenti e stili di vita compatibili con l’ambiente. Essa, inoltre, serve a creare un rapporto empatico, o eco-empatico, tra le persone e la natura. Questa disciplina è in continua evoluzione ed è sottoposta a una costante revisione critica sia teorica che pratica, sia sui metodi che utilizza che sugli obiettivi che si prefigge. L’educazione ambientale propone percorsi educativi profondi rivolti al cambiamento personale, sociale e culturale, tende ad abbattere le differenze per promuovere le diversità, mira a costruire un mondo multiculturale, equo, solidale, responsabile, migliore. Il percorso di questa disciplina è strettamente legato alle questioni e alle problematiche ecologiche che nel corso degli anni hanno richiamato l’attenzione dei diversi Paesi e delle Organizzazioni Internazionali. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 5 Recentemente è stato proposto di sostituire il termine educazione ambientale (EA) con altri: educazione allo sviluppo sostenibile (ESS), educazione all’ambiente e alla sostenibilità (EAS) oppure educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile (EASS), poiché inserendo il concetto di sviluppo sostenibile si farebbe implicito riferimento anche al fattore economico e sociale della comunità globale. Fino a qualche anno fa l’educazione ambientale veniva presentata nelle scuole di ogni ordine e grado sotto le vesti di un progetto, di un’idea, di un percorso, di un concorso, di un itinerario o di un modulo integrato a qualche altro insegnamento scolastico come le scienze, la matematica, la storia, l’arte, ecc. La scelta di fare o non fare educazione ecologica a scuola è stata fino a quel periodo una libera scelta dei docenti e dei dirigenti scolastici. Anche il metodo scientifico e pedagogico adottato per condurre lezioni, progetti, percorsi, concorsi, itinerari e attività ludicocreative di educazione ambientale poteva essere poco rigoroso e strutturato sia per quanto riguarda le regole da seguire sia per quanto concerne i tempi di apprendimento. Le iniziative, fino a poco tempo fa, potevano provenire o direttamente dagli istituti scolastici oppure da parte di cooperative, organizzazioni e associazioni ambientaliste no-profit attive anche in campo ecologico-educativo. Il 14 gennaio del 2015 è stato annunciato l’inserimento dell’educazione ambientale come insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dall’anno scolastico 2015/2016. La notizia è stata resa nota durante una conferenza stampa, quando il Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani, con delega all’educazione ambientale, ha presentato il progetto, scritto in collaborazione con il Ministro all’Istruzione Stefania Giannini e al prezioso contributo del Formez. Si tratta di un documento di circa 200 pagine che contiene le Linee Guida che dovrebbero far diventare l’educazione ambientale strumento imprescindibile. Come ha sottolineato la Degani, l’ora di educazione ambientale servirà a insegnare alle nuove generazioni a porsi correttamente nei confronti dell’ambiente che li circonda. I giovani, per questa ragione, da quest’anno scolastico sono diventati i primi “nativi ambientali”. L’educazione ambientale, nel progetto del Ministero dell’Ambiente, non dovrà più essere discrezionale. Per Gian Luca Galletti, attuale Ministro dell’Ambiente, la diffusione di una cultura e di una “coscienza ecologica” nelle nuove generazioni è fondamentale, tanto che ne ha fatto una delle missioni principali del suo mandato. In realtà, non è stata ancora istituita un’ora effettiva di educazione ambientale, ma gli otto temi individuati come spina dorsale della disciplina sono stati ripartiti, per il momento, nelle ore degli altri insegnamenti scolastici, in attesa che essa divenga a pieno titolo disciplina autonoma strutturata. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 6 Gli otto percorsi didattici proposti riguardano i seguenti temi, declinati per ordini e gradi di istruzione: 1. “Tutela delle acque e del mare” (Infanzia, Primaria) 2. “Tutela della biodiversità: Flora e Fauna” (Infanzia, Primaria) 3. “Alimentazione sostenibile” (Infanzia, Primaria, Secondaria I grado, Secondaria II grado) 4. “Gestione dei rifiuti” (Infanzia, Primaria, Secondaria I grado) 5. “Tutela della biodiversità: servizi ecosistemici” (Secondaria I grado, Secondaria II grado) 6. “Green-economy: green jobs e green talent” (Secondaria II grado) 7. “La città sostenibile: inquinamento, consumo di suolo e rifiuti” (Secondaria II grado) 8. “Adattamento ai cambiamenti climatici: dissesto idrogeologico” (Secondaria II grado) Il MATTM e il MIUR, a dire il vero, avevano già realizzato delle Linee Guida per l’educazione ambientale e lo sviluppo sostenibile nel 2009. Al tempo erano ministri, rispettivamente, Stefania Prestigiacomo e Mariastella Gelmini, ma l’insegnamento dell’educazione ambientale faceva leva più che altro sulla buona volontà e sulla preparazione di maestri e professori. Per tali ragioni, come si legge nelle Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile 2014, “assume un’importanza strategica lo sviluppo di specifiche competenze per i docenti educatori. Come indicato dal documento UNECE 2012 “Learning for the future – Competences in education for Sustainable Development” le competenze degli educatori allo sviluppo sostenibile, sono classificabili relativamente alle seguenti tipologie: approccio olistico, integrazione tra pensiero e pratica; immaginare il cambiamento esplorando futuri alternativi; raggiungere la trasformazione attraverso il cambiamento del modo di imparare e nei sistemi di supporto all’apprendimento”. La pubblicazione delle Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile 2014 ha preceduto tre tappe ecologico-ambientali cruciali: • Ottavo Congresso Mondiale di Educazione Ambientale (8th WEEC); • Conferenza di Parigi sul clima; • Legge italiana sulla green economy. “Planet and People - how can they develop together?” è il titolo dell’Ottavo Congresso Mondiale di Educazione Ambientale (8th WEEC - World Environmental Education Congress) tenutosi a Gothenburg (Svezia) dal 29 giugno al 2 luglio 2015. Il Congresso Internazionale, che si ripete ogni due anni, rappresenta un punto d’incontro per tutti coloro che lavorano nel campo dell’educazione all’ambiente e allo sviluppo sostenibile o che sono interessati a questo settore. L’evento offre l’opportunità di conoscere e approfondire i temi legati all’educazione ecologica Riproduzione riservata - ©2016 7 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) per la sostenibilità, di discutere con persone provenienti da tutto il mondo, di presentare il proprio lavoro o campo di ricerca e farlo conoscere anche agli altri, di apprendere conoscenze e competenze nuove. Riduzione della povertà, città verdi, adattamento al cambiamento climatico, politiche ambientali ed educative sono stati i temi principali dell’Ottavo WEEC, che ha registrato 800 delegati di 73 nazionalità e giovani provenienti da diversi Paesi. “Culturenvironment: Weaving new connections” è invece il titolo scelto per celebrare il Nono WEEC, che si terrà dal 9 al 15 settembre 2017 a Vancouver (Canada). L’obiettivo della Conferenza di Parigi sul clima (COP21), invece, che si è tenuta dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, è stato quello di concludere un Accordo vincolante e universale sulla riduzione dei cambiamenti climatici, accettato a livello globale. Il testo di questo Patto ha ottenuto il consenso dei rappresentanti dei 195 paesi partecipanti, ma diventerà giuridicamente vincolante se verrà ratificato da almeno 55 Paesi che producono oltre il 55% delle emissioni globali di gas serra. Le parti dovranno firmare l’Accordo a New York tra il 22 aprile 2016 e il 21 aprile 2017 e adottarlo anche all’interno dei propri sistemi giuridici. Il risultato chiave di questa Conferenza è stato quello di prevedere un Accordo per fissare l’obiettivo di limitare l’incremento del riscaldamento globale a meno 2 gradi Celsius (°C) rispetto ai livelli preindustriali. Il Patto prevede un’emissione antropica di gas serra pari a zero da raggiungere durante la seconda metà del XXI secolo. Le parti coinvolte, inoltre, si impegneranno a limitare l’aumento della temperatura di 1,5°C. Da non dimenticare, inoltre, la legge del 28 dicembre 2015 n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 13 del 18 gennaio 2016 ed entrata in vigore il 2 febbraio, che si è imposta nel panorama legislativo italiano come il primo provvedimento di economia verde. L’educazione ambientale mira, pertanto, ad acquisire sempre più competenze di tipo olistico. Le Linee Guida, in tale prospettiva, diventano lo strumento e la traccia da cui partire per costruire nuovi percorsi educativi, il mezzo di collegamento con i territori in cui si vive, uno stimolo per operare verso uno sviluppo che sia orientato realmente verso la sostenibilità. Adesso che l’educazione ambientale è stata inglobata nei piani di studio, bisogna seguire tre semplici regole: • Non considerarla una materia di serie B, quasi facoltativa. Essa, piuttosto, dovrebbe avere visibilità e piena dignità nei programmi di studio ai vari livelli; Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 8 • Non caricare la nuova materia di significati particolari, di aspettative utopistiche e difficilmente perseguibili; • Lasciare alle scuole piena autonomia nel creare percorsi su misura, privilegiando gli aspetti della disciplina che esse ritengono più utili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. A prescindere dalle Linee Guida, è possibile elencare tutta una serie di attività, sia interne che esterne alle scuole, che ci dimostrano come gli istituti italiani, e nello specifico quelli siciliani, siano molto in anticipo rispetto ai Ministeri in tema di educazione ambientale per la sostenibilità. Negli ultimi anni, infatti, si sono affermate e moltiplicate, più o meno repentinamente, realtà, azioni ed esperienze volte ad ampliare le forme e i contenuti dell’insegnamento e dell’apprendimento per avvicinare alle tematiche ecologico-ambientali bambini, ragazzi e adulti. I contesti nei quali l’educazione ambientale ha trovato terreno fertile e nei quali ricopre un ruolo rilevante a livello formativo, educativo, ludico-creativo, riabilitativo, terapeutico e socio-culturale sono i seguenti: • Aziende e Fattorie Didattiche • Fattorie educative • Fattorie Sociali • Centri di Educazione Ambientale (CEA) • Parchi Avventura e Tematici • Scuole all’aperto A ricordarci come le scuole siano molto più avanti dei vari Ministeri lo dimostra, per esempio, il boom di “Orti scolastici” che si sono moltiplicati in Italia e in modo particolare in Sicilia. Provincia Aziende Didattiche Fattorie Didattiche Fattorie educative Fattorie Sociali Centri Educazione Ambientale Parchi Avventura e Tematici Agrigento Caltanissetta Catania Enna Messina Palermo Ragusa Siracusa Trapani 4 6 11 6 5 7 1 11 5 7 1 4 1 2 7 0 1 1 0 2 6 2 1 0 0 3 0 3 5 43 9 6 19 4 6 5 4 3 5 3 3 9 2 1 5 0 1 8 2 5 4 2 2 2 TOTALE 56 24 14 100 35 25 Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 9 Aziende e Fattorie Didattiche “Sono aziende agricole e/o zootecniche che, oltre all’attività produttiva tradizionale, offrono, in un’ottica di multifunzionalità, servizi alla collettività promuovendo la scoperta e la conoscenza dell’ambiente rurale, dell’origine degli alimenti, delle tecniche di lavorazione dei prodotti tipici nel rispetto dell’ambiente e del territorio.” In Sicilia, le Aziende e le Fattorie Didattiche accreditate dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea al 31/12/2015 (D.D.G. n. 4129 del 29/06/2015) sono complessivamente 80 (56 Aziende Didattiche e 24 Fattorie Didattiche). L’accreditamento come “Fattoria Didattica” è riservato alle aziende agricole in cui è presente un’attività zootecnica. Una Fattoria Didattica, pertanto, deve continuare a svolgere le normali attività legate all’agricoltura (arare, concimare, seminare, irrigare, raccogliere, ecc.) cercando di trasmettere piacevolmente saperi e sapori legati a una determinata procedura agrozootecnica, senza trascurare, però, anche la componente ludica e creativa dei fruitori più piccoli o esperienziale dei più grandi. Le Fattorie Didattiche hanno una forte valenza socio-culturale poiché in esse si propone di: • valorizzare la relazione città-campagna, • favorire il recupero del valore culturale e ambientale del territorio; • valorizzare l’importanza e il ruolo sociale dell’agricoltura; • sensibilizzare al rispetto dell’ambiente e al ritmo della natura; • educare al consumo consapevole; • favorire la diversificazione dei redditi agricoli. La popolazione scolastica regionale costituisce il maggiore potenziale fruitore di queste attività. Rete Fattorie educative Un’aggregazione libera di imprese agricole, che condivide idee, principi, metodi e progetti, ha dato vita al contratto di “Rete” Fattorie educative. Tale organizzazione, così strutturata, persegue l’obiettivo comune di rimettere chiunque, in particolar modo bambini e ragazzi, a contatto diretto con la natura per riscoprire e valorizzare la cultura, l’attività e la tradizione agricola, l’ambiente rurale, il ruolo dell’agricoltore, conoscere l’arte del coltivare e/o dell’allevare, adottare uno stile di vita e alimentare sano e genuino. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 10 La Rete aggrega: • imprese agricole, in qualunque forma giuridica organizzate in possesso, ove prescritto, del nullaosta per l’esercizio dell’attività (azienda/fattoria didattica, agriturismo, fattorie sociali, agri-asilo, agri-nido e di educazione all’infanzia in genere, city farm, ecc.); • imprese riconosciute di turismo rurale, in possesso di nullaosta per l’esercizio dell’attività con annessa azienda agricola, che svolgono o intendono svolgere anche attività di educazione; • imprese che svolgono attività in ambito educativo, ambientale e socio-culturale e di valorizzazione del territorio, come per esempio le imprese agricole familiari. Questo progetto prevede una serie di percorsi formativi, educativi e ludico-creativi finalizzati alla riscoperta del senso di appartenenza alla Terra, alle tradizioni antiche, agli usi e ai costumi tipici della vita contadina, ai saperi, sapori e valori del mondo rurale. Le aziende agricole hanno sposato questo modello per i seguenti motivi: • condividere l’idea che l’agricoltura e le tradizioni del mondo rurale possono contribuire efficacemente alla crescita e allo sviluppo fisico, psichico, emotivo/affettivo e spirituale della persona; • offrire una conoscenza e una saggezza legata alla campagna ampia e articolata, dando l’opportunità di fare esperienza in realtà produttive e territoriali diverse; • relazionarsi meglio con organizzazioni che raccolgono la domanda e l’offerta di ruralità; • migliorarsi reciprocamente; • formulare proposte innovative, integrate, compatibili e sostenibili; • promuovere uno stile di vita – legato al cosiddetto concetto di “ben-essere” – che sia modesto e naturale. L’attività agricola e il contatto con la cultura rurale possono offrire importanti occasioni per l’integrazione e l’approfondimento di percorsi educativi in ambito ambientale, alimentare, civile e sociale. Quest’ultimi, anche se avviati in settori diversi, è probabile che innescano fruttuosi rapporti di collaborazione tra il settore agricolo e i luoghi più tipici della formazione (famiglia, scuola, associazioni, comunità riabilitative e terapeutiche, enti di assistenza per disabili, ecc.), nei quali l’agricoltura può dare il proprio contributo anche alla crescita personale dell’individuo. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 11 Rete Fattorie Sociali Sicilia Intevista al Dott. Salvatore Cacciola Portavoce nazionale del Forum Agricoltura Sociale, sociologo, si occupa di promozione della salute, di comunicazione sociale e di welfare locale. Presidente della Rete Fattorie Sociali Sicilia - Forum Siciliano Agricoltura e del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza Sicilia (CNCA). È impegnato nel mondo del volontariato e delle organizzazioni non profit. Ha curato la guida all’agricoltura sociale in Sicilia. Dal 2013 è vice-presidente dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica Sicilia (AIAB). È autore di volumi e saggi sulle politiche sociali, collabora con istituti di ricerca ed è docente a contratto presso l’Università degli Studi di Catania. Che cosa sono le Fattorie Sociali? Le Fattorie Sociali sono organizzazioni, sia profit che non profit, come le aziende agricole, le cooperative sociali, le associazioni, i consorzi e le fondazioni, che sviluppano programmi di inclusione lavorativa e sociale; progetti formativi di educazione ambientale e alimentare; interventi di riabilitazione e cura della persona attraverso la pratica colturale delle piante e l’ausilio degli animali. Le Fattorie Sociali offrono i loro servizi a persone con disagio sociale, relazionale e con disabilità psico-fisica. Promuovono, inoltre, progetti finalizzati a migliorare la qualità della vita e lo sviluppo sostenibile del territorio. In Sicilia questa realtà si è sviluppata collegandosi alle esperienze delle aziende agricole e delle associazioni che si occupavano di ambiente e di agricoltura biologica. L’agricoltura sociale in Sicilia è strettamente collegata con la cultura ambientalista e con le realtà sociali promotrici di cambiamento, innovazione, legalità e sviluppo sostenibile del territorio. Una Fattoria Sociale, per definirsi tale, quali requisiti deve possedere? Per rispondere a questo quesito ci viene in aiuto la legge quadro n. 141/2015 (Disposizioni in materia di agricoltura sociale). Si attendono i decreti attuativi sui requisiti minimi che deve possedere una Fattoria Sociale. Analizzando le pratiche di intervento sociale e le esperienze realizzate nel territorio nazionale possiamo annoverare tra le Fattorie Sociali le imprese che si occupano di programmi di inclusione sociale e in particolar modo di inserimento lavorativo. Quest’ultimo è un elemento che ha caratterizzato, soprattutto in Italia, la tradizione dell’agricoltura sociale. Inoltre, vengono considerate come pratiche di agricoltura sociale una serie di ambiti di intervento: terapie assistite con l’ausilio degli animali, ortoterapia, attività di turismo sociale, educazione ambientale, alimentare, alla salute e alla legalità, ecc. Tutte queste pratiche sono state incluse nella stessa grande categoria della multifunzionalità Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 12 dell’azienda agricola. L’esperienza siciliana nasce nel 2009, prima con un coordinamento e poi trasformando quest’ultimo in un’Associazione di Promozione Sociale. Quali sono le normative europee, nazionali e/o regionali che direttamente o indirettamente disciplinano le Fattorie Sociali? La legge quadro del 18 agosto 2015 n. 141 (Disposizioni in materia di agricoltura sociale), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 208 del 08/09/2015 ed entrata in vigore il 23/09/2015, disciplina le pratiche di agricoltura sociale in Italia. Questa legge ha già previsto una serie di decreti attuativi che ancora devono essere emanati. Uno di questi decreti riguarderà proprio i requisiti minimi per definire in modo formale, ufficiale e univoco ciò che sta dentro l’agricoltura sociale. La legge quadro già contiene una serie di requisiti di carattere generale, che sono in linea con quanto è stato elaborato in questi anni dalle ricerche sull’argomento e anche con le osservazioni empiriche su ciò che in Italia è stato realizzato prima della normativa. La legge ha recepito il dibattito culturale degli ultimi anni sul tema dell’agricoltura sociale, riconoscendo come Fattorie Sociali anche le cooperative sociali che possono certificare un fatturato di almeno il 30% in agricoltura. Quante di queste Fattorie Sociali sono non profit? Fino a questo momento, gli enti che fanno parte della Rete Fattorie Sociali sono 100: 56 Aziende agricole, 2 Cooperative agricole, 15 Cooperative sociali, 17 Associazioni, 8 Onlus, 1 Consorzio e 1 Fondazione. Sommando il dato numerico relativo alle Associazioni con quello delle Onlus si arriva a 25 organizzazioni non profit. Quante di queste si occupano di educazione ambientale? Sono diverse le aziende che si occupano di educazione ambientale, in particolare quelle impegnate nelle attività didattiche hanno una forte inclinazione verso l’educazione ecologica. In quasi tutti i percorsi proposti dai nostri associati c’è sempre una parte che riguarda l’ambiente, perché l’azienda viene vista dentro un sistema complesso di relazioni eco-sistemiche. Fino a questo momento non abbiamo quantificato il numero, però possiamo stimare che tra i nostri associati almeno il 50%, tra aziende e cooperative agricole, realizza interventi di educazione ambientale. Chi si occupa di educazione ambientale al loro interno? Sono gli stessi titolari dell’azienda agricola a occuparsi dei percorsi di educazione ambientale, tra l’altro la legge lo consente. Infatti l’imprenditore agricolo o un suo delegato, per ottenere l’accreditamento come Fattoria e/o Azienda Didattica da parte dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura, è tenuto a frequentare uno specifico corso di abilitazione realizzato a cura dello Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 13 stesso Assessorato. Così gli imprenditori agricoli diventano anche animatori dell’attività rurale offrendo esperienze didattiche di vario tipo, e tra queste esperienze rientrano anche i percorsi educativi di carattere ambientale. In particolare, ci sono delle nostre aziende accreditate anche come Fattorie Didattiche che hanno fatto dell’educazione ambientale un elemento caratterizzante, allora in questo caso siamo di fronte a degli operatori che sono al contempo imprenditori ma anche esperti del settore perché magari sono pure agronomi, biologi, naturalisti, educatori o altro. Che tipo di attività di educazione ambientale organizzano le Fattorie Sociali? Non abbiamo fatto una statistica in tal senso. Noi svolgiamo un’azione costante di monitoraggio e anche di ricerca su ciò che viene realizzato nelle nostre aziende, però ancora è molto alta l’eterogeneità delle attività che si svolgono al loro interno. Abbiamo censito 98 percorsi didattici/educativi, ma non sappiamo esattamente quanti di questi sono percorsi esclusivi di educazione ambientale. Per noi l’educazione ecologica include tutti i temi legati al riciclo dei materiali, alla raccolta differenziata dei rifiuti, al compostaggio, oltre che alla conoscenza approfondita dell’ambiente e dell’ecosistema. Le Fattorie Sociali siciliane, nel 2015, quanti fruitori hanno accolto? Al momento non abbiamo dati statistici sui fruitori delle Fattorie Sociali. Prendendo come esempio le collaborazioni tra la Rete Fattorie Sociali e l’Associazione Italiana Educazione Sanitaria (AIES), abbiamo realizzato negli ultimi cinque anni dei programmi specifici di educazione alla salute e di educazione alimentare. In questi programmi il numero più alto di presenze è stato registrato nel 2012, con un progetto che ha coinvolto ben 4 province (Messina, Catania, Siracusa e Caltanissetta) e 3000 bambini. Quali e come sono le prospettive di lavoro in una Fattoria Sociale? Le prospettive di lavoro sono legate a questa combinazione sinergica tra lavoro agricolo e lavoro sociale, non c’è una possibilità di separazione di questi due ambiti. Chi svolge attività educativa o attività sociale è comunque inserito, anche se parzialmente o per periodi limitati o a tempo determinato, nell’attività dell’azienda agricola. In molti casi è lo stesso imprenditore o lo stesso socio della cooperativa agricola ad attivare determinati progetti, ma in altre situazioni, per esempio quando vengono attivati programmi di inclusione lavorativa, ci si avvale di profili professionali esterni all’azienda, come l’educatore, il sociologo, lo psicologo, l’assistente sociale o il tutor educativo. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 14 Quanto è importante l’etica ambientale in una Fattoria Sociale? L’etica ambientale per noi è molto importante. L’Associazione Rete Fattorie Sociali ha redatto e sottoscritto una “Carta di principi” nella quale emerge in modo preponderante il riferimento alla tutela dell’ambiente. Noi, infatti, abbiamo scelto la pratica dell’agricoltura biologica e comunque privilegiamo quelle pratiche colturali sostenibili e compatibili con l’ecosistema. Che obiettivi si prefigge la Rete Fattorie Sociali? Gli obiettivi che ci poniamo sono tanti e ambiziosi. Come Rete vogliamo essere, contemporaneamente, anche soggetto promotore di sviluppo locale. Noi favoriamo l’occupazione, il collocamento professionale e uno sviluppo che sia in sintonia anche con l’identità territoriale, quindi che non procuri forme di sfruttamento né delle persone, né del suolo, delle piante e degli animali. Questo tema viene declinato in vari modi, innanzitutto nella corretta e buona produzione di cibo che diventa essenziale affinché si possa parlare seriamente di agricoltura sociale e poi tutta una serie di relazioni tra l’impresa, i dipendenti e i collaboratori che deve essere imperniata attorno al concetto di rispetto e non intorno a quello dello sfruttamento, perché in agricoltura, per esempio, ci sono molti casi di speculazione e addirittura di schiavizzazione. Pertanto, nella nostra “Carta di principi” abbiamo indicato che è inammissibile un’azienda agricola che si fregia del titolo di Fattoria Sociale e poi, magari, non garantisce il contratto nazionale di lavoro. Questo, poi, è l’elemento che spesso fa anche la differenza rispetto ai costi di produzione. I più rigorosi tra di noi adottano un processo produttivo eco-compatibile, differenziano correttamente i rifiuti, valorizzano tutto ciò che è organico utilizzandolo per la concimazione dei terreni e per la produzione dei prodotti agricoli, educano i bambini e gli ospiti che arrivano in visita presso le aziende verso il consumo consapevole del cibo, la riduzione degli sprechi alimentari e il corretto uso dell’acqua. Molte aziende, infatti, si occupano anche di ristorazione (agriturismi, B&B rurali, ecc.) e tendono ad avere e a mantenere una grande coerenza tra le cose che pensano e che dicono e le azioni concrete. Quali sono le criticità della Rete Fattorie Sociali Sicilia? In cosa potrebbe essere migliorata? Le criticità ci sono sempre, perché chiaramente il nostro è un movimento in crescita e in continua evoluzione. Ovviamente, esso tiene conto delle criticità insite nello stesso sistema agricolo che presenta un anello debole, rappresentato dai cambiamenti climatici. Quest’ultimi pregiudicano le caratteristiche del mercato dei prodotti agricoli e quindi anche la loro collocazione commerciale a livello globale. Ci sono delle difficoltà legate anche a una Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 15 trasformazione delle collaborazioni professionali e il passaggio dei contratti di lavoro dal tempo determinato a quello indeterminato. L’altra criticità, estremamente importante, è quella legata al credito, al microcredito e all’accesso facilitato al credito. I piccoli imprenditori agricoli, organizzati in cooperativa o singolarmente, incontrano ancora oggi parecchie difficoltà per accedere al credito bancario necessario per realizzare investimenti anche di breve periodo. In tal senso, abbiamo già sottoscritto un accordo di intesa con Banca Etica, finalizzato a favorire e sostenere gli investimenti dei nostri imprenditori e a superare le forme di precariato e di lavoro part-time. Un’altra criticità è rappresentata dalla sicurezza nelle campagne. Basti pensare ai problemi che hanno avuto le aziende del Consorzio Libera Terra Mediterraneo. Come si svilupperà la Rete in futuro? Noi intendiamo investire di più sull’informatica che riduce molto le distanze e facilita gli scambi commerciali e di informazione. Le aziende agricole, infatti, non sono sotto casa. In una Regione come la Sicilia, dove il sistema viario secondario è estremamente debole e anche molto vulnerabile (frane, smottamenti, allagamenti, interruzioni continue, ecc.), la possibilità di un collegamento telematico, la promozione, la valorizzazione e la conoscenza è di fondamentale importanza. Per questi motivi, come Rete, abbiamo scelto di puntare e investire parecchio in servizi di carattere informatico. A breve, per esempio, realizzeremo un App, riguardante l’offerta delle attività didattiche residenziali, all’interno di un progetto che abbiamo chiamato “AgriSocialTour” e che sarà presentato nel mese di maggio. Inoltre, sviluppiamo e manteniamo forme di servizio attraverso le informazioni che diffondiamo sui social network come facebook. Stiamo ridefinendo anche il nostro sito istituzionale in modo tale da facilitare, oltre che la comunicazione, anche il trasferimento di informazioni verso nuovi utenti. Quanto pesa il finanziamento pubblico sulla capacità di continuare? Quali altre modalità di finanziamento avete previsto? Non pesa niente perché non abbiamo finanziamenti pubblici. Non siamo il prodotto di una legge e nemmeno di un finanziamento. Se invece mi avesse chiesto: “Meglio avere un finanziamento pubblico che sostiene le attività oppure è meglio non averlo?” Avrei risposto, ovviamente, meglio averlo! Le nostre attività attingono quasi tutte a fondi e investimenti provenienti dalle casse dei singoli imprenditori o delle cooperative. Su circa 65 aziende agricole della Rete Fattorie Sociali, credo che solo 3 o 4 abbiano utilizzato fondi provenienti dal PSR (Piano di Sviluppo Rurale). Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 16 Che tipo di valutazione adottate? (compilativa/numerica o di qualità/questionari) Ancora non siamo giunti a degli standard di qualità, che certamente sono auspicabili. Fino a questo momento l’iscrizione alla Rete Fattorie Sociali di ogni nuovo socio ha implicato, oltre alla compilazione di una scheda, la sottoscrizione della “Carta di principi” e due visite effettuate dai componenti del Consiglio direttivo della Rete. Quindi, il primo standard per noi è conoscere effettivamente cosa dice e cosa fa concretamente il nostro potenziale socio. Un discorso a parte va fatto per la formazione degli iscritti che hanno l’obbligo, durante il primo anno, di partecipare ad almeno il 50% dei programmi di formazione organizzati dalla Rete. Dopo il primo anno si diventa soci effettivi. Pertanto non esiste nessun automatismo. Che rapporti avete con le altre regioni italiane? Siete in un network? Siamo in diversi network. Recentemente sono stato eletto anche portavoce del Forum Nazionale Agricoltura Sociale, un network che aggrega circa 400 soci in tutta Italia. Come Rete, inoltre, siamo iscritti a Libera e al Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) che sono altri network a carattere nazionale, il primo si occupa di legalità mentre il secondo di servizi alle persone. La nostra realtà potrà crescere e migliorarsi ulteriormente se nel suo percorso terrà conto della reputazione della Rete stessa e dei soci che ne fanno parte, della credibilità che riesce a trasmettere, della qualità dei prodotti che produce e della disponibilità a stare dentro un circuito virtuoso e positivo. Centri di Educazione Ambientale (CEA) Un Centro di Educazione Ambientale (CEA) è una struttura che realizza progetti e percorsi di educazione all’ambiente e alla sostenibilità, con particolare riferimento al contesto territoriale in cui è inserito. I CEA costituiscono un punto di riferimento per la cittadinanza, le scuole, le agenzie educative, gli enti locali e le aziende che vogliono confrontare le proprie competenze con i temi della sostenibilità. Una parte dei CEA è gestita da Associazioni ambientaliste come WWF, Legambiente, Lipu, MareVivo, ecc. Alcuni di questi, ciascuno con una propria metodologia nel proporre i temi legati alle scienze naturali, all’educazione ecologica, alimentare, alla salute, alla legalità e allo sviluppo sostenibile, nel 2009 si sono raggruppati per istituire l’Associazione “Centri per l’Educazione Ambientale della Sicilia”, in breve denominata anche “CEA Sicilia”, formata da soggetti legalmente costituiti che operano in ambito regionale nel campo della formazione, dell’educazione, della promozione, dell’informazione, della comunicazione, dell’interpretazione e dell’animazione ambientale. I Centri sono attivi nel territorio con le scuole, le università, i privati, gli enti locali e le aziende, così da essere poli d’attrazione per Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 17 l’intera comunità locale. Spesso questi CEA hanno una propria vocazione territoriale poiché sorgono in zone collinari, montane, costiere o urbane. Parchi Avventura e Tematici Il Parco Avventura è una tipologia di parco divertimento costituito generalmente da diversi percorsi acrobatici, molti dei quali aerei, che con l’aiuto di liane, ponti tibetani, cavi (teleferiche), reti e passerelle, permettono di transitare da un albero all’altro in estrema sicurezza. I percorsi dei Parchi Avventura sono differenziati per difficoltà e impegno crescente e sono l’ideale connubio fra attività ludica, esperienza formativa e pratica sportiva. Prima di poter accedere ai percorsi è obbligatorio indossare un’apposita imbracatura con una doppia longe di moschettoni e carrucola, casco e guanti. Successivamente si deve seguire una breve lezione teorico-pratica (briefing) condotta da istruttori specificatamente formati. Dopo questa fase introduttiva è possibile affrontare i diversi percorsi in autonomia e sicurezza. Solitamente si distinguono le attività per bambini e quelle per adulti. Esistono percorsi per diversi livelli di abilità, che per convenzione vengono contraddistinti con colori diversi (verde, blu, rosso, giallo, arancione, viola, bianco, nero). I Parchi Avventura si rivolgono alle scuole di ogni ordine e grado, alle famiglie, ai gruppi organizzati, ai singoli, alle comitive, ai centri estivi, ecc. Essi propongono le seguenti attività: • percorsi acrobatici e orienteering, • laboratori didattico-naturalistici, • laboratori artigianali e ludico-creativi, • laboratori di educazione ambientale, • risparmio, riuso e corretta alimentazione, • attività con gli animali, ecc. Il Parco Avventura è un’attività a stretto contatto con la natura e a basso impatto ambientale, è un modo nuovo, diverso e intelligente di trascorrere un giorno all’aria aperta divertendosi ma nel rispetto del territorio. Spesso rappresenta anche l’occasione per riqualificare aree boschive abbandonate e degradate. Il Parco Avventura è un luogo in cui regna pace, armonia, silenzio, equilibrio e tantissimo divertimento. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 18 “Dissodare cultura, seminare futuro” A proposito di educazione ambientale per la sostenibilità, nei giorni 1 e 2 aprile 2016 si è tenuto presso l’Università degli Studi di Catania un Convegno Internazionale e Forum Scolastico Regionale Siciliano dal titolo “Dissodare cultura, seminare futuro”. L’evento, introdotto e coordinato dalla Professoressa Maria S. Tomarchio del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania, è stato organizzato a conclusione del progetto di ricerca (FIR 2014) “Asse natura-cultura. Progettazione educativa, sistema formativo integrato, configurazione del territorio”. Il piano di lavoro ha coinvolto 3 Dipartimenti dell’Ateneo di Catania (Dipartimento di Scienze della Formazione - DSF, Dipartimento di Architettura e Urbanistica - DAU, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale - DMCS), 45 Istituti scolastici della Regione Siciliana, 2 Istituti penali minorili e l’Assessorato alle Politiche Sociali, alle Pari Opportunità e all’Istruzione del Comune di Acireale, per un numero complessivo di 6480 studenti. L’iniziativa, patrocinata dal Centro Studi Paolo Borsellino, dall’Istituto Alcide Cervi e dall’Associazione Orti di Pace Sicilia, è stata omaggiata dalla presenza di Rita Borsellino, sorella del compianto magistrato siciliano. “Spazi formativi, modelli e pratiche di educazione all’aperto nel primo ‘900” è il tema che ha inaugurato la prima giornata del Convegno, durante la quale si sono confrontati professori e ricercatori delle Università italiane e straniere aderenti al progetto. “Scuole in campo. Territori oltreconfine dell’innovazione educativo-didattica” è il tema che ha celebrato la seconda giornata dell’incontro, nella quale gli insegnanti degli Istituti partecipanti hanno presentato i lavori eseguiti dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado (infanzia, primaria, secondaria di I e II grado). Sono stati tanti, diversi e molto interessanti gli argomenti affrontati ed emersi durante il Convegno: educazione operante, integrale e integrata; società multiculturale; cittadinanza attiva e democratica; scuola attiva e didattica all’aperto; alimentazione naturale e consapevole; formazione estetica legata ai diversi linguaggi della natura; metodo “en plein air”; paesaggi educativi; ascolto e contemplazione; intelligenza ecologica ed empatica; ecologia profonda e sistemica; coscienza ecologica e spirituale; e tanti altri. Questo dibattito ha evidenziato che in Sicilia è molto diffuso il fenomeno delle cosiddette “scuole all’aperto” perché questa Regione è, storicamente, legata in modo profondo alla terra e alla tradizione agricola. “Il progetto di ricerca interdipartimentale – ha spiegato Maria S. Tomarchio – è partito dalle esperienze didattiche ed educative delle scuole per poter giungere, in conclusione, alla definizione di un modello teorico didattico-educativo da poter applicare anche ad altri contesti formativi, sociali, culturali, ludico-creativi, riabilitativi e terapeutici. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 19 Quindi, poter esportare questo modello innovativo anche oltre i confini regionali e presentarlo come modello pedagogico integrale e integrato”. “Le prime scuole all’aperto (en plein air) – ha ricordato Gabriella D’Aprile del Dipartimento di Scienze della Formazione – sono nate nel primo Novecento per esigenze sanitarie”. Questo tipo di scuola, infatti, inizialmente è stato proposto proprio da medici luminari per diffondere uno stile di vita migliore basato su quello che la natura spontaneamente può offrire. Per Sergio Neri, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, “deve partire dalla scuola l’idea che si deve vivere e godere in natura e di natura, che la terra ci fa crescere e ci può migliorare. Bisogna educare i bambini e i ragazzi, ma bisogna educare anche la famiglia”. “Assistiamo a una crisi d’identità dovuta a un processo di crescita economica, sociale, strutturale. Tutto ciò è avvenuto negli ultimi settant’anni. Le grandi città, in particolare, sono diventate obese, non sono più proporzionate, non hanno più le dimensioni. Questa grande obesità urbana, ovviamente, ha un costo sociale. Il problema degli urbanisti, oggigiorno, non è più quello di far crescere una città, ma quello di renderla funzionale ed efficiente”, ha ribadito Filippo Gravagno del Dipartimento di Architettura e Urbanistica. Maria S. Tormarchio ha concluso dicendo che “da questo Convegno è emersa tutta la vivacità della scuola siciliana. Questo progetto non è solo educazione ambientale, non è solo inclusione sociale, non è solo educazione alla salute e alla legalità, ma è tutto questo, tutte queste cose messe assieme. È un progetto di educazione integrale. L’educazione integrale è una conquista, una costruzione progressiva. Ora, però, tutto questo deve diventare sistema. Dobbiamo dare visibilità alla scuola siciliana. Per tale motivo, tutte le esperienze scolastiche ed extrascolastiche diventeranno esperienze di ricerca scientifica e quindi pubblicazioni scientifiche. Pertanto, si spera che questo studio possa diventare anche un catalogo”. Una “scuola aperta e all’aperto” è una scuola che non ha muri, dove i bambini e i ragazzi sono cittadini della città, che diventa al contempo palestra di vita, luogo in cui fare esperienza, dove si acquisiscono competenze trasversali, dove si progetta innovazione e cambiamento. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 20 Istituti scolastici siciliani che hanno aderito all’iniziativa Agrigento • I.C.S. Maestro Lorenzo Panepinto - Santo Stefano Quisquina • I.C. G. Garibaldi - Realmonte • I.C.S. S. Quasimodo - Agrigento Caltanissetta • I.C. Don L. Milani - Plesso Rodari - Caltanissetta • II C.D. Gela - Gela Catania • I.C. Fontanarossa - Catania • III I.C. Giarre - Giarre • C.D. Don Lorenzo Milani - Randazzo • I.C.S. Santa Venerina - Santa Venerina • II C.D. Biancavilla - Biancavilla • I.C. Italo Calvino - Catania • I.C.S. Giovanni XXIII - Acireale • I C.D. Sante Giuffrida - Adrano • I.C. Maria Montessori - Caltagirone • S.S. di I grado Dante Alighieri - Catania • I.C.S. Deledda - Catania • I.C.S. Ercole Patti – Trecastagni • I.C. G. Verga di Fiumefreddo di Sicilia - Fiumefreddo di Sicilia • I.C. Vespucci - Capuana - Pirandello - Catania • Liceo Linguistico e delle Scienze Umane F. De Sanctis - Paternò • IPSSEOA Giovanni Falcone - Giarre • Liceo G. Lombardo Radice - Catania • Liceo Regina Elena (Liceo delle Scienze Umane - Liceo Economico Sociale - Liceo Linguistico) - Acireale • IPSSAR Karol Wojtyla - Catania • Direzione Istituto penale per minorenni di Acireale • I.I.S. M. Amari - Giarre • III C.D. Giovanni Paolo II - Gravina Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 21 • II C.D. Giovanni XXIII - Paternò • D.D.S. I Circolo G. Lomabardo Radice - Paternò • C.D. G. Pizzigoni – Catania Enna • I.C.S. F.P. Neglia - Enna • I.I.S. A. Volta di Nicosia. Servizi per L’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale - Nicosia Messina • I.C. Novara di Sicilia - Novara di Sicilia • Istituto Alberghiero di Taormina Palermo • D.D. Nicolò Garzilli - Palermo • I.C. Biagio Siciliano - Capaci • I.P.S. L. Einaudi - Palermo • I.C. Laura Lanza - Carini • Direzione Istituto penale per minorenni Malaspina di Palermo • I.C.S. Giovanni Falcone (ex Fondo Raffo) - Palermo • I.C. Ficarazzi – Ficarazzi Ragusa • C.D. Giacomo Albo - Modica • I.I.S. Q. Cataudella - Scicli Siracusa • II I.C. Falcone-Borsellino - Cassibile • III I.C. L. Capuana - Avola • I.I.S. Majorana Avola. Sezione Istituto Professionale per l’Agricoltura E. Mattei - Avola Trapani • I.I.S. F. Ferrara - Mazara del Vallo I progetti presentati dagli istituti scolastici siciliani erano carichi di entusiasmo, bravura, impegno, costanza, creatività e simpatia. Fra tutti i lavori presentati sono emersi quelli esibiti dalle seguenti scuole: • II Circolo Didattico Biancavilla (CT) - Progetto “A Scuola di Orto” - Relatori: Clara Fallica, Rosaria Saccone Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 22 • Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII Acireale (CT) - Progetto “Orto Didattico” Relatori: Angela De Santis, Maria Grazia Patanè • Istituto Comprensivo Don L. Milani e Plesso G. Rodari Caltanissetta - Progetto “Orto in Condotta” - Relatori: Maria Virginia Augello, Valentina Panzica • Istituto Comprensivo M. Montessori Caltagirone (CT) - Progetto “Un orto per giocare … e per capire” - Relatore: Vita Polizzi 1. “A Scuola di Orto” Il progetto del II Circolo Didattico di Biancavilla (CT), cominciato nel 2008, inizialmente ha interessato solo le quinte classi. Ora, invece, le coinvolge tutte. L’Istituto sostiene e porta avanti il programma dell’orto a scuola da quasi dieci anni. “Chiunque ama e capisce un giardino, vi troverà dentro delle gioie” (proverbio cinese). Questa frase racchiude in sé le motivazioni che hanno indotto le insegnanti a intraprendere l’attività colturale come metodo didattico. Perché coltivare un orto? • È un’esperienza educativa • È prendersi cura degli altri, rispettarli e amarli • È trasversale • È pluridisciplinare • È un’attività interessante dove si mettono a frutto grandi abilità: rispetto dei tempi dell’attesa, capacità previsionali e scelte responsabili. L’orto diventa così attività propizia per riqualificare gli spazi esterni della scuola e ambiente privilegiato per l’apprendimento, perché gli alunni ragionano sul da farsi, propongono idee, si suddividono i compiti, osservano, ricercano, progettano, misurano, gestiscono una piccola parte amministrativa, sperimentano in campo, realizzano foto e video. L’orto da loro realizzato, inoltre, ha rispettato i seguenti criteri di coltivazione: • ecocompatibilità, • conduzione biologica, • rotazione delle colture. L’esperienza dell’orto a scuola ha generato, parallelamente, altre attività complementari: • mercatino dei prodotti coltivati, • laboratorio scientifico (laboratorio delle erbe aromatiche), • dall’orto alla tavola. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 23 2. “Orto Didattico” L’esperienza dell’Istituto Comprensivo Statale Giovanni XXIII di Acireale (CT) nasce nel 2014 con il progetto “Orti di Pace”, che ha rappresentato un barlume di speranza per le insegnanti che gestivano pluriclassi di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e che hanno trovato in questa attività una soluzione a tanti problemi ed esigenze. La classe V E è stata la pioniera del progetto. L’insegnante di religione e referente d’Istituto Maria Grazia Patané, ritiene che fare l’orto sia una metodologia. Il suo pensiero è singolare e offre spunti di riflessione molto interessanti. La docente ha messo in evidenza che l’insegnamento della religione cattolica (IRC) contribuisce alla formazione integrale della persona e si inserisce pienamente nel quadro delle finalità della scuola. I suoi obiettivi, infatti, sono parte integrante delle indicazioni nazionali. Come ogni disciplina, essa ha lo scopo di far acquisire all’alunno gli “alfabeti” necessari a una lettura della realtà umana. Pertanto, contribuisce allo sviluppo di una scuola flessibile, capace di trasmettere saperi e valori; prepara persone responsabili del futuro del Pianeta; valorizza l’esperienza personale, sociale e culturale dell’alunno. L’azione del docente, quindi, è un’azione di contestualizzazione delle finalità educative, un’azione di cura, di accompagnamento e di guida dei processi, che scaturisce dall’attenta analisi dei bisogni formativi di ogni singolo alunno. L’insegnante ha posto in relazione alcune fondamentali conoscenze dichiarative della proposta didattica dell’IRC con l’esperienza dell’orto, nello specifico: • scoprire l’armonia e la bellezza della realtà circostante, • conoscere che la vita è un dono, • sviluppare la capacità di osservazione in relazione alla realtà naturale e sociale e avere cura del Creato. Le esperienze formative effettuate sono state le seguenti: • “Pianta un seme e prenditene cura” (classi prime e seconde). Attività: piantare un seme, averne cura, rispettare la natura, “la mia pianta dentro la bottiglia”. • “Riciclo creativo” (classi seconde e terze). • “Piantare un bulbo” (classi terze). In questo percorso didattico-educativo è stata allenata la capacità di ascoltare, leggere e saper riferire alcune pagine bibliche fondamentali, in particolare i racconti della Creazione. Inoltre, è stato chiarito che la religiosità dell’uomo di tutti i tempi nasce dal bisogno di dare risposte alle domande di senso, tra cui quella sull’origine del mondo (confronto tra scienza e Bibbia, tra scienze naturali e Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 24 creazionismo). L’attività pratica si è sviluppata in tre fasi: creare il vaso delle meraviglie, piantare un bulbo, aspettare la fioritura. • Le classi quarte, invece, hanno approfondito pagine bibliche ed evangeliche, riconoscendone il genere letterario e individuandone il messaggio principale, per esempio la parabola del seminatore, dal seme alla pianta, il senso della vita. • “Il solstizio e la luce” è il tema approfondito dalla classi quinte. In particolare è stato analizzato il senso religioso del Natale a partire dalle narrazioni evangeliche e dalla vita della Chiesa. I contenuti hanno considerato il solstizio d’inverno, inteso come periodo di esposizione alla luce che genera buoni frutti, e l’avvento, interpretato come periodo di attesa e pazienza. Questo percorso formativo teorico ha generato sette attività pratiche correlate: l’orto a scuola, individuare i tempi della semina, realizzare un semenzaio, trapiantare le plantule, averne cura, raccogliere buoni frutti e poi mangiarli. I docenti che hanno curato tutte queste attività hanno notato che l’esperienza dell’orto a scuola sviluppa osservazione, pazienza, conoscenza, spirito di cooperazione, rispetto dell’ambiente e meraviglia. Il progetto “Orto Didattico” ha rappresentato un laboratorio a cielo aperto e un ambiente ideale per l’apprendimento, perché è stato privilegiato il metodo “imparare facendo”, che si snoda attraverso attività formative transdisciplinari. Realizzare un orto scolastico significa fare educazione ambientale per la sostenibilità, perché contemporaneamente viene riqualificato e valorizzato il cortile della scuola rendendolo un’aula all’aperto in cui bambini, insegnanti, genitori, nonni e produttori locali condividono saperi, doveri, piaceri ed esperienze di apprendimento da cui possono trarre qualcosa di nuovo sul mondo reale e naturale che li circonda. Creare un orto a scuola significa educare alla convivenza democratica; organizzare lavori collettivi utili a favorire l’autocontrollo, l’aiuto reciproco e la responsabilità personale; favorire la creatività, la collaborazione nel gruppo e la socialità; educare alla salute, alla legalità, all’ambiente e al buon gusto. 3. “Orto in Condotta” L’Istituto Comprensivo Don L. Milani e Plesso G. Rodari di Caltanissetta vanta 11 anni di esperienza in tema di orto. Tutto è cominciato nell’anno scolastico 2005/2006 e continua ancora oggi. Il progetto ha interessato i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e tutte le classi della scuola primaria (I, II, III, IV, V), per un numero complessivo di 311 bambini. “Orto in Condotta” è un orto scolastico siglato Slow Food utilizzato come strumento principale per le attività di educazione alimentare e ambientale. Insieme agli studenti, gli insegnanti, i genitori, i 25 Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) nonni e i produttori locali sono stati gli attori del progetto. “Orto in Condotta” ha previsto percorsi formativi per gli insegnanti, attività di educazione alimentare e del gusto e di educazione ambientale per gli studenti e seminari per genitori e nonni ortolani. L’Istituto ha sviluppato il progetto privilegiando vari argomenti: • Conoscere e comprendere il concetto di piramide alimentare, di gruppo alimentare e di nutriente. • Saper riconoscere gli errori in campo alimentare evitando così il “cibo spazzatura”. • Saper preparare il terreno, seminare, piantumare, osservare la crescita delle piante orticole fino al raccolto. Ogni aspetto dell’ambiente è stato utilizzato come strumento per far crescere nei bambini la consapevolezza di essere parte dell’ecosistema Terra. Per esempio, sporcarsi le mani con la terra oppure mettere a dimora una piantina e accompagnarla nella crescita sono stati straordinari maestri di vita. Gli input offerti sono andati sempre nella direzione del buono, del pulito e del giusto. • È stata seguita la ruota delle stagioni poiché ogni stagione ha i suoi prodotti. I piccoli contadini hanno preparato il terreno, seminato, osservato il ciclo di crescita delle piante, raccolto, effettuato il compostaggio, ecc. Inoltre nella scuola, il 16 marzo 2012, è stato impiantato pure un frutteto. Tra le attività svolte dai piccoli ortolani figurano anche il laboratorio del pane e quello della marmellata, la “Festa dell’Albero”, la potatura del frutteto e il laboratorio del gusto. L’11 novembre di ogni anno la scuola celebra la “Festa dell’Orto”. Questo giorno, che coincide anche con la festa di S. Martino, rappresenta il momento più propizio per esaltare tradizioni, usi, costumi e cultura attraverso il cibo. 4. “Un orto per giocare … e per capire” Questo percorso di educazione ambientale, che ha coinvolto gli alunni della scuola dell’infanzia, primaria e media dell’Istituto Comprensivo M. Montessori di Caltagirone (CT), è stato realizzato nell’anno scolastico 2015/2016 con il prezioso contributo dell’Associazione “Ramarro Sicilia”. L’iniziativa nasce dalla necessità di far conoscere alle giovani generazioni la provenienza degli ortaggi e della frutta; di indirizzare gli alunni verso modelli ambientali e alimentari sostenibili, compatibili e salutari; di ristabilire il rapporto uomo-campagna. In aula sono state svolte le seguenti attività: presentazione di argomenti inerenti le attività pratiche, introduzione alla sostenibilità ambientale, test somministrati ai bambini e ai ragazzi in forma ludico-didattica. Caratteristica distintiva del progetto è stata la realizzazione di un bio-orto verticale nel cortile dell’Istituto. Innanzitutto sono stati portati a scuola i contenitori (cassette in legno per la frutta 26 Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) in disuso e il compost misto a terra di bosco), che gli alunni hanno tinteggiato con vernice ad acqua. Successivamente i contenitori sono stati rivestiti con cartone, juta e argilla espansa con funzioni di vespaio (materiali che non impattano l’ambiente). Gli alunni, poi, hanno riempito i contenitori col substrato e hanno pure creato e installato uno spaventapasseri. Inoltre, dalle pareti del cortile della scuola sono stati cancellati i segni dell’inciviltà con un bellissimo sfondo di girasoli e una staccionata. Questo progetto rappresenta un chiaro esempio di come sia possibile coltivare anche in ambiente urbano e fuori terra, magari riciclando e utilizzando materiali altrimenti destinati alla discarica. Cutgana Anche il Cutgana (Centro Universitario per la Tutela e la Gestione degli Ambienti Naturali e degli Agro-ecosistemi) dell’Università degli Studi di Catania, attraverso il programma “ScuolAmbiente”, promuove progetti di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile concepiti come strumento imprescindibile per far conoscere agli studenti delle scuole le aree protette che lo stesso Ente gestisce e il loro patrimonio naturalistico e paesaggistico. Il Cutgana è un centro di ricerca multidisciplinare che realizza e sostiene, in collaborazione anche con altri dipartimenti universitari, istituti scientifici nazionali e internazionali e con enti sia pubblici che privati, ricerche e studi in materia di tutela, gestione e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali. Il Centro di Ricerca organizza e promuove attività di sensibilizzazione, formazione, informazione ed educazione ambientale, workshop, seminari, convegni, stage, mostre e progetti rivolti a studenti e insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, ai professionisti e ai tecnici che operano sia in ambito pubblico che privato e all’intera collettività. Attraverso tali iniziative l’Ente mira a sviluppare e a diffondere nella società contemporanea e nelle giovani generazioni un maggiore rispetto verso la natura e le sue risorse. Il Cutgana gestisce sette riserve naturali della Regione Siciliana e un’area marina protetta del Ministero dell’Ambiente, nelle quali vengono sperimentati e attuati innovativi modelli di sviluppo e di gestione ambientale e promosse nuove forme di turismo responsabile. Dal 2014 il Centro di Ricerca è anche membro della International Union for the Conservation of Nature (IUCN). La missione del Cutgana è anche quella di costruire e far vivere strumenti di informazione, formazione e aggiornamento degli operatori dell’educazione ambientale formale, non formale e informale e di offrire un adeguato supporto alle reti di attori dell’educazione a livello regionale e locale. È una “missione di servizio” aperta ai singoli, alle organizzazioni e alla collettività, difficile e complessa, che può proseguire solo con la partecipazione attiva e consapevole e con l’aiuto di quanti credono nelle Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 27 buone pratiche di tutela e gestione degli ambienti naturali, nella ricerca e nell’educazione ambientale come condizione necessaria e fondamentale per la conservazione degli ecosistemi per le generazioni presenti e future. ARPA Sicilia Nell’ambito del Programma Regionale di Educazione Ambientale, l’ARPA Sicilia (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), nella quale è incardinato il Laboratorio Regionale In.F.E.A. (Informazione, Formazione, Educazione Ambientale), sviluppa e sostiene progetti di educazione ecologica rivolti agli studenti delle scuole, si occupa di formare gli operatori di settore e coordina le attività esistenti documentandole e mettendo in evidenza quelle pratiche che presentano caratteristiche di un certo interesse e spessore. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 28 Conclusioni Da questo Rapporto sullo stato dell’educazione ambientale in Sicilia è emerso un quadro vario e articolato. Se fino a qualche tempo fa l’interesse per questo ambito disciplinare e di ricerca era circoscritto quasi esclusivamente alle associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, G.R.E., Italia Nostra, Lipu, Marevivo, ecc.), oggi non è più così. Accanto a tante associazioni e organizzazioni “green” operano anche altri “attori sociali”, non necessariamente catalogabili nel settore no-profit, ma comunque sensibili verso la natura e le sue risorse, l’ambiente, l’ecologia e la sostenibilità. Realizzare una mappa che includesse le collaborazioni tra non profit ambientaliste e scuola non è stato semplice, anche perché l’educazione ambientale come insegnamento scolastico è in continua evoluzione. In Sicilia, inoltre, si stanno diffondendo un po’ ovunque attività, laboratori, azioni ed esperienze ecologico-educative realizzate da Aziende e Fattorie Didattiche, Fattorie educative e Sociali, Centri di Educazione Ambientale e Parchi Avventura, nei quali i maggiori fruitori sono proprio gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Il mio interesse si è focalizzato sul Convegno Internazionale e Forum scolastico siciliano “Dissodare cultura, seminare futuro”, tenutosi presso l’Università di Catania ad aprile 2016, proprio perché in questa circostanza ho potuto estrarre l’essenza e la linfa vitale che circola attualmente negli istituti scolastici siciliani a proposito di educazione ambientale per la sostenibilità. L’incontro ha rappresentato una vetrina molto importante per tutte quelle scuole che utilizzano la “pratica colturale” come metodo pedagogico fondamentale per trasmettere saperi e valori inerenti discipline scolastiche diverse. L’occasione, inoltre, è stata propizia per mettere a confronto, contemporaneamente, tanti istituti siciliani che hanno scelto di svolgere alcune attività didattiche in natura, con la natura e per la natura nell’ottica di una “scuola aperta e all’aperto” che adotta un modello educativo multifunzionale, olistico e integrato, fondato sul concetto di “cittadinanza attiva” che deve essere democratica, condivisa e partecipata. Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 29 Ringraziamenti L'autrice ringrazia per la cortese collaborazione: • • • • • • Regione Siciliana - Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea Rete Fattorie educative Rete Fattorie Sociali Sicilia Forum Nazionale Agricoltura Sociale Associazione Orti di Pace Sicilia Cutgana Riproduzione riservata - ©2016 Osservatorio Socialis testata giornalistica on line (Reg. Trib. Roma n.93 del 14/05/2015) 30