Nucleare: l`Iran “confessa”

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Nucleare: l`Iran “confessa”
ESTERI
laPADANIA
Venerdì 24 ottobre 2003
11
Ricostruzione dell’Iraq,
a Madrid si fanno i conti
APERTA LA CONFERENZA DEI PAESI DONATORI
MADRID - L’Onu, una
sessantina di Paesi e una
ventina di associazioni
non governative stanno
cercando di tirare le somme su quanto potrà costare la ricostruzione dell’Iraq, e su quanto ammontano i fondi stanziati
o promessi dalle varie nazioni interessate alla rinascita di un Paese che
mantiene un potenziale
economico elevatissimo,
pur essendo stato messo
in ginocchio da guerre a
ripetizione e 24 anni di
Saddam Hussein.
Il ministro degli Esteri
spagnolo, Ana Palacio, e il
segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, hanno aperto ieri a
Madrid i lavori della Conferenza dei Paesi donatori
per la ricostruzione dell’Iraq, due giorni di dibattito fra governi e aziende il cui obiettivo è radunare i fondi necessari
per rilanciare l’economia
del Paese arabo. L’obiettivo è di raccogliere almeno 30 miliardi di dollari per la ricostruzione
dell’Iraq.
POLEMICHE
IN GERMANIA
La Conferenza, tuttavia, ancora prima di incominciare, ha già fatto
segnalare uno spunto polemico. Mentre la maggior
parte dei Paesi hanno inviato esponenti di spicco
dei rispettivi esecutivi
(per l’Italia, ad esempio, è
presente il ministro degli
Esteri Franco Frattini),
Francia e Germania hanno mandato esponenti di
secondo piano. In Germania, in particolare, l’opposizione di centrodestra
ha criticato la mancata
presenza alla Conferenza
di Madrid di ministri tedeschi. L’esperto di politica estera della Cdu Ruprecht Polenz ha puntato
il dito in particolare contro il ministro per gli aiuti
allo sviluppo Heidemarie
Wieczorek-Zeul (Spd)
che, al pari del ministro
degli esteri Joschka Fischer (Verdi), non si è recata nella capitale spagnola. La Germania è rappresentata dal vice di
Wieczorek-Zeul, Erich
Stather.
«IL POPOLO IRACHENO
DEVE PARTECIPARE»
La “padrona di casa” e il
segretario dell’Onu hanno puntato i loro discorsi
introduttivi alla Conferenza sulla massima partecipazione del popolo
iracheno alla ricostruzione. Gli iracheni, ha detto
Ana Palacio, devono «impegnarsi con animo di ri-
conciliazione e partecipare in modo attivo alla ricostruzione non solo economica ma anche sociale
ed istituzionale del loro
paese». Il ministro degli
Esteri spagnolo ha sottolineato che la riunione
di Madrid si apre nel «segno gioioso» della risoluzione 1511, approvata all’unanimità dal Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni
Unite, ha salutato la presenza a Madrid dei Paesi
vicini dell’Iraq, il cui ruolo
sarà «essenziale» per garantire la stabilità della
regione e si è congratulata con l’Onu per «l’ammirevole lavoro» che sta
svolgendo nel Paese arabo.
La Conferenza, ha detto
dal canto suo Kofi Annan
nel suo discorso, segna
«un momento di speranza
per il popolo iracheno» dopo anni di «privazioni,
conflitti, sanzioni, e indicibili abusi dei diritti
umani». «Un’era terribile
si è chiusa - ha aggiunto il
segretario generale dell’Onu - ma gli iracheni
continuano a soffrire per
l'insicurezza, la violenza
criminale e il caos» e per
questo è necessaria «l’assistenza della comunità
internazionale» per ricostruire un Paese segnato
da anni di sofferenza. L’Iraq «si attende un segnale
da parte della comunità
internazionale», ha proseguito Annan, per dimostrare che «è pronto e disposto a vivere pacificamente con sé stesso e con
i suoi vicini», anche se
«tutti siamo consci che i
bisogni del momento sono di scala monumentale», a cominciare dall’«immediata necessità in
campo umanitario».
La ricostruzione dell’Iraq «non può aspettare» la
nascita di un governo iracheno sovrano, ha detto
ancora Kofi Annan, al
quale proprio ieri il Parlamento europeo ha conferito il premio Sakharov.
«Noi tutti aspettiamo la
creazione al più presto
possibile di un governo
iracheno sovrano, ma
l’avvio della ricostruzione
non può aspettare fino a
quel giorno», ha detto Annan, facendo appello ai
Paesi donatori «a donare,
e donare generosamente».
STRASBURGO BOCCIA
L’AUMENTO DI AIUTI
I primi conti sugli aiuti
all’Iraq li fa anche l’Unione Europea. Dai donatori
internazionali riuniti a
Madrid dovrebbero arrivare nove miliardi di dollari per la ricostruzione
dell’Iraq: la previsione è
del commissario europeo
per le relazioni esterne,
Chris Patten, convinto
che, grazie all’impegno di
Giappone, Paesi europei e
Banca Mondiale, si arriverà alla cifra necessaria
per il prossimo anno. I
nove miliardi si aggiungono ai 20 già stanziati
dagli Stati Uniti, ha precisato Patten, secondo
cui l’Unione Europea con-
Quanto si dovrà spendere
e quanti soldi ci sono
I costi della ricostruzione dell’Iraq nel periodo
2004-2007 sono stimati intorno ai 55-56 miliardi
di dollari, di cui 17,5 necessari per il prossimo
anno. Di seguito, l’elenco degli stanziamenti già
decisi da alcuni Paesi ed organizzazioni.
Stati Uniti
Banca Mondiale
Giappone
Gran Bretagna
Fmi
Spagna
Unione Europea
Canada
Corea del Sud
Parigi: simulato attentato
chimico in metropolitana
PARIGI - Oltre 500 tra agenti di polizia, vigili del fuoco
e personale medico hanno partecipato a una simulazione di un attacco chimico nel metrò di Parigi.
L’esercitazione ha simulato un attentato alla stazione
Les Invalides con un gas tossico simile al Sarin. Nella
foto, un momento dell’esercitazione.
Africa, stupri per guarire l’Aids
Aiuti: fermiamo la barbarie
L'immunologo Ferdinando Aiuti. dell’Anlaids, invita l'opinione
pubblica a ribellarsi contro una pratica di pregiudizio e violenza
che si sta sviluppando nel Sud Africa: si è sparsa la voce che
avere rapporti sessuali con una persona vergine faccia guarire
dall’Aids. Questo ha portato, spiega il medico, ad una epidemia
di stupri e al contagio di ragazzi e ragazze innocenti, molti dei
quali sono rimasti uccisi durante queste crudeli violenze.
20 miliardi di dollari
da 3 a 5 miliardi
1,5 miliardi
900 milioni
400 milioni
300 milioni
200 milioni
200 milioni
200 milioni
tribuirà con 1,4 miliardi
di dollari da qui al 2004.
Tuttavia proprio ieri
l’Europarlamento ha respinto un emendamento
presentato dal Ppe per
stanziare nel bilancio
2004 dell’Unione 500 milioni di euro per la ricostruzione in Iraq. La proposta della Commissione
Ue è per un finanziamento di 200 milioni di euro,
cifra sulla quale non sem-
brano esserci difficoltà,
ma sulla quale l’Europarlamento non si è ancora
formalmente pronunciato. Allo stato, lo stanziamento provvisorio per gli
aiuti all’Iraq è di 30 milioni di euro, in attesa di
reperire il rimanente dei
200 milioni con «gli strumenti della flessibilità»,
come ha spiegato il relatore del provvedimento
Jan Mulder (Eldr).
Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan e il ministro degli Esteri spagnolo, Ana Palacio
Il ritorno dei “guerrieri per la pace”
In Lombardia per essere curata una delle due donne irachene assistite dall’Umanitaria Padana
m
STEFANIA PIAZZO
Guerrieri per la
pace. La solidarietà dell'Umanitaria Padana
onlus è tornata
da una nuova
missione in Iraq
nella serata di
ieri, a conferma
di un dato storico: la gente del Nord
ha il cuore in mano. Questa volta
però Sara Fumagalli, coordinatrice
del grande progetto dell'Umanitaria
Padana onlus, la prima associazione
privata di volontariato proveniente
dall'Italia ad aver portato nell'agosto
scorso a Bagdad e Nasiriyah aiuti alla
popolazione e ai bambini iracheni,
non è tornata da sola. Nel rientro
dall’ultimo viaggio dalla Mesopotamia alla Padania, accanto a lei c’è
una donna irachena di 38 anni gravemente malata, colpita da un tumore al seno. Doveva esserci con loro
anche un’altra giovane orfana di 18
anni, malata di tumore alla testa ma
le sue critiche condizioni di salute
non ne hanno consentito al momento
il trasporto. Resta per ora all’ospedale
da campo della Croce Rossa militare
Family Quarter di Nasiriyah,
La macchina del volontariato padano è comunque in pieno movimento: lunedì scorso da Roma i nostri volontari hanno fatto tappa a
Kuwait City con un volo civile organizzato dal ministero della Difesa.
Da Kuwait, infine, a bordo di un
aereo militare C 130, hanno raggiunto Talil-Nassiriya.
Per le due donne irachene assistite
dall'Umanitaria Padana onlus, si
profila un intervento chirurgico all'ospedale Niguarda.
Sara Fumagalli ci ha spiegato i
dettagli dell'operazione.
Signora Fumagalli, sembra tutto
'semplice'. E' davvero così? Ci spieghi come è nata questa nuova missione.
«A seguito del nostro primo intervento umanitario a Nassiriya abbiamo ricevuto due accorati appelli
per salvare la vita di due giovani
Da sinistra Sara Fumagalli e Pietro Velio in un accampamento di
beduini vicino alle strutture militari italiane a Nasiriyah
donne. La prima richiesta è arrivata
dall'Italian task force in Iraq a firma
dell'allora vicecomandante di Brigata
(promosso comandante al ritorno in
Italia, ndr), Brigadiere Generale Giovan Battista Borrini; la seconda ci è
giunta direttamente dall'arcivescovo
mons. Mikhael Al Jamil, Procuratore
Patriarcale di Antiochia dei Siri presso la Santa Sede».
Può raccontarci la storia di queste due donne per le quali si è
messa in moto la macchina della
solidarietà padana?
«La donna di 38 anni, di Bagdad, è
ammalata di tumore maligno al seno,
purtroppo con infiltrazioni avanzate.
Monsignor Al Jamil, che ne è lo zio,
aveva già avanzato in passato diverse
richieste ad alcune istituzioni ma
l'urgenza del caso si scontrava con la
burocrazia. Un medico che aveva recentemente visitato la nipote aveva
fatto chiaramente capire che in Iraq
le dotazioni mediche le avrebbero offerto ben poca speranza di vita. In
Italia, invece, l'assoluta curabilità del
male».
Oltre a questa donna c'è un'altra
giovane. Ce ne può parlare?
«Si tratta di una ragazza musulmana di 18 anni. L'abbiamo conosciuta personalmente all'orfanatrofio
di Nasiriyah, dove ci eravano recati
per portare aiuti alimentari. A se-
Nucleare: l’Iran “confessa”
Consegnato dossier a El Baradei: «Sembra esauriente ma verificheremo»
VIENNA - Con una settimana
di anticipo, il regime di Teheran obbedisce all’ultimatum
delle Nazioni Unite sul nucleare e ammette di aver tenuto
nascoste alcune delle sue attività, ma solo per timore dell’embargo. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica
(Aiea) ha ricevuto ieri la documentazione completa relativa alle attività nucleari dell’Iran degli ultimi 30 anni. Il
direttore dell’Aiea, Mohammed El Baradei, ha detto ai
giornalisti che il dossier gli è
stato consegnato dal rappresentante di Teheran presso
l’Agenzia, Ali Akbar Salehi. La
documentazione era stata richiesta dall’Aiea il 12 settembre scorso con la risoluzione
con la quale si poneva l’ultimatum del 31 ottobre come
data limite entro cui l’Iran deve
dimostrare che il suo programma nucleare ha scopi pacifici. Tre giorni fa, Teheran si
è impegnata a firmare il protocollo aggiuntivo del Trattato
di non proliferazione nucleare
e a sospendere il programma
di arricchimento dell’uranio, a
seguito di una missione in Iran
dei ministri degli Esteri di
Francia, Germania e Gran
Bretagna.
L’Iran ha ammesso di aver
mantenuto il riserbo in passato su parte del proprio programma nucleare, ma ha assicurato di non aver più alcun
segreto ora che ha consegnato
all’Aiea una dichiarazione
completa su tutte le proprie
attività nucleari.
«La cosa importante da notare è che l’Iran ha dovuto
condurre in passato parte delle proprie attività con grande
discrezione a causa delle sanzioni che sono state imposte
contro il nostro paese negli
ultimi 25 anni», ha affermato
Ali Akbar Salehi. «Quelle attività erano legali... il nostro
paese era nel diritto di svolgerle... ma tuttavia lo ha dovuto fare con discrezione», sostiene l’ambasciatore iraniano
all’Aiea.
Questo ovviamente dovrà
essere verificato: il direttore
generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica,
Mohammed El Baradei, ha
detto che gli iraniani gli hanno
assicurato di aver messo a
punto «una dichiarazione accurata e completa». «Sono diversi documenti», ha annunciato El Baradei. «Ora dovremo
dare il via alle verifiche ma ci
vorrà del tempo per analizzare
tutto nel dettaglio e ricostruire
l’intera storia del program-
ma».
Russia e Francia hanno
espresso “soddisfazione” per la
dichiarazione inviata dall’Iran
all’Aiea sui propri programmi
nucleari, per la disponibilità
iraniana a sottoscrivere il protocollo aggiuntivo del trattato
di non proliferazione e per l’annuncio della sospensione delle
attività di arricchimento dell’uranio.
Lo hanno sottolineato ieri i
ministri degli Esteri dei due
Paesi, Igor Ivanov e Dominique
de Villepin, durante una conversazione telefonica i cui contenuti sono stati resi noti ieri
dall’ufficio stampa del ministero degli esteri a Mosca.
Nel corso del colloquio, Villepin ha tra l’altro informato
dettagliatamente il collega dell’esito della missione compiuta
nei giorni scorsi a Teheran dai
capi delle diplomazie di Francia, Germania e Gran Bretagna.
I due ministri hanno poi
concordato ulteriori iniziative
diplomatiche convergenti di
Mosca, Parigi, Londra e Berlino per risolvere definitivamente la crisi legata ai programmi nucleari dell’Iran, «nel
rispetto - è stato precisato delle risoluzioni del Consiglio
di sicurezza dell’Onu».
gnalarci il suo caso, come anticipato,
fu proprio il vicecomandante della
Brigata Garibaldi. La ragazza è affetta da un tumore, probabilmente
benigno, alla testa. Soffre da anni,
tanto che la malattia, oltre a provocarle continue nevralgie, l'ha portata via via alla completa sordità, alla
deformazione del volto e a problemi di
mobilità e forza agli arti destri, come
peraltro aveva potuto constatare anche il dottor Pietro Velio, dell’Associazione Medica Padana, durante la
nostra prima missione e che anche in
questi giorni mi accompagna. La ragazza ci aveva pregati di aiutarla con
le lacrime agli occhi. Il generale Borrini l'aveva inviata anche a Bagdad
per una visita: i medici hanno suggerito un'operazione in Italia».
Come mai il contingente militare e il patriarca si sono rivolti a
voi?
«Erano state tentate diverse strade
per aiutare queste giovani donne, ma
evidentemente sul loro cammino
hanno trovato troppe procedure e
tempi lunghi, oltre che la difficoltà di
reperire le strutture disponibili anche sotto il profilo economico. E poi,
noi siamo la prima e ancora, incredibilmente, unica organizzazione
privata di volontariato presente sul
teatro iracheno».
Come siete riusciti in questa 'im-
Ong britannica
denuncia: spariti
7mila miliardi
LONDRA - Un’organizzazione
non governativa britannica, la
Christian Aid, ha denunciato
ieri la “scomparsa” di quattro
miliardi di dollari destinati alla ricostruzione dell’Iraq. Secondo le accuse della Ong,
l’Autorità provvisoria della
coalizione guidata da Paul
Bremer avrebbe fatto “sparire” dai bilanci ufficiali il denaro proveniente dalle entrate petrolifere ed altre somme
accumulate dopo la caduta di
Saddam Hussein nell’aprile
scorso. La Christian Aid ha
calcolato che da allora l'Autorità ha ricevuto cinque miliardi di dollari, ma solo uno è
stato inserito nei bilanci,
mentre gli altri sarebbero spariti in «un buco nero finanziario». Secondo uno degli autori del rapporto di denuncia,
Dominic Nutt, è possibile che
il denaro “sparito” sia stato
usato in modo legittimo, tuttavia l’Autorità non lo ha dimostrato, così come richiesto
sulla base del mandato delle
Nazioni Unite. Alle accuse una
portavoce dell’Autorità a Baghdad ha replicato ribadendo
l’impegno «ai più alti standard
di trasparenza e responsabilità» nella gestione dei fondi
iracheni.
presa', che è una lotta contro il
tempo per salvare delle vite umane?
«L'Umanitaria Padana onlus, in risposta agli appelli, si è subito attivata
per verificare dove fosse possibile in
Italia, avere un'assistenza sanitaria
di questo tipo. Era necessaria una
copertura finanziaria dell'intera operazione. Guarda caso, la risposta
l'abbiamo trovata ... in Lombardia,
che, come sappiamo, anche sul piano
sanitario ed umanitario è assolutamente all'avanguardia: una quota del
fondo sanitario della nostra Regione è
infatti riservata ogni anno a interventi di assistenza a favore di cittadini stranieri per i quali non siano
effettuabili interventi adeguati nel
paese d'origine».
La Lombardia curerà le due pazienti straniere?
«Certo. La Regione, assumendosi
gli oneri, ha emesso un decreto per
curare le due donne, individuando
nel Niguarda la struttura ospedaliera
in cui verranno presto operate. La
richiesta accolta dal presidente Roberto Formigoni di emettere il decreto, ha aperto le porte che restavano ancora chiuse per realizzare il
viaggio della speranza».
Senza decreto lombardo non c'erano altre strade?
«Diciamo che più soggetti hanno
reso possibile la missione, che non si
conclude in sala operatoria. C'era più
di un problema da affrontare: da una
parte la Regione Lombardia ha garantito la copertura degli interventi
sanitari. Per il trasporto, invece, è
entrato in scena il COI (Comitato
operativo interforze) del Ministero
della Difesa. Per le autorizzazioni necessarie all'ingresso e alla permanenza temporanea in Italia delle due
ragazze abbiamo lavorato con la Sezione speciale italiana di interessi a
Bagdad (in sostanza, l'ambasciata) e
con l'Unità di Crisi delMinistero degli
Esteri. Ma c'era da risolvere anche il
'dopo'».
Si riferisce alla degenza postoperatoria?
«Appunto. Ci siamo coordinati con
l'arcivescovo Al Jamil che ha individuato nel centro di accoglienza
“Suore della carità” di via Poma a
Milano (dove vi sono anche religiose
infermiere) il luogo dove intanto verrà
ospitata la donna malata di tumore al
seno, in attesa che arrivi poi anche la
diciottenne. Infine, per il periodo delle
cure saranno necessari dei trasferimenti da e per l'ospedale e qui ci
affideremo all'Associazionismo padano, in particolare a Padanassistenza. E' stato un duro lavoro di coordinamento, dove tutti hanno ed
avranno un ruolo attivo».
Quando potrà partire la giovane
orfana?
«Speriamo presto - ci spiega il dottor Velio, dell’Associazione Medica
Padana - purtroppo, con dolore abbiamo dovuto rimandarne il viaggio.
Le sue condizioni di salute, che sono
peggiorate da quando l’avevamo lasciata l’ultima volta, non consentono
al momento la trasportabilità».
Signora Fumagalli, questa volta
la vostra associazione ha derogato
al principio di “aiutarli a casa loro”?
«Purtroppo ora siamo in una fase
di emergenza e non potevamo dare
una risposta negativa a chi riponeva
in noi l'ultima speranza, ma, certamente, al di là di casi singoli e
limitati, non può essere questa la
soluzione generale. Tant'è vero che il
nostro progetto prevede l'organizzazione di un bimestre di formazione in
Italia per medici iracheni, affinché
possano essere loro i primi ad aiutare
in patria il proprio popolo. La cosa più
importante, infatti, è che in Iraq si
ricreino al più presto le condizioni di
sviluppo per un ritorno alla normalità, dopo i danni provocati dal regime
di Hussein, dall’embargo Onu e dalle
guerre. Se tutti dessero una mano,
invece che cercare pretesti di polemica, al loro ritorno in patria le
nostre ragazze potrebbero trovare un
Iraq migliore».