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Università degli Studi di Torino
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Comunicazione e Culture dei Media
Tesi di Filosofia della Comunicazione
TESI DI LAUREA
La comunicazione online di Slow Food:
tra brand e movimento
Candidato:
Michela Locati
Relatore:
Prof. Ugo Volli
Correlatore:
Dott.ssa Simona Stano
A. A. 2011/2012
Indice
INTRODUZIONE .......................................................................................................................I
1.
Slow Food: un “nuovo mondo possibile”.................................................................... 1
1.1
La genesi e le prime fasi associative .......................................................................... 1
1.2
Un’associazione globale: la diffusione e le attività .................................................... 4
1.3
Alla volta del piacere: gli obiettivi e le finalità .......................................................... 5
1.4
Slow contro Fast ......................................................................................................... 6
1.5
Il discorso di marca ......................................................................................................................... 9
2.
Slow Food online ......................................................................................................... 11
2.1
Il web 2.0 .................................................................................................................. 11
2.2
I canali ...................................................................................................................... 12
2.3
Il sito web internazionale .......................................................................................... 14
2.4
I social media............................................................................................................ 14
2.5
Facebook e l’approccio narrativo ............................................................................. 15
2.6
Twitter: l’informazione e la mobilitazione ............................................................... 18
2.7
YouTube accorcia le distanze ................................................................................... 21
2.8
Pinterest: nuove ispirazioni ...................................................................................... 26
2.9
Le App: marketing e servizi per tecnologia mobile ................................................. 29
3.
Analisi dei testi ............................................................................................................ 32
3.1
I generi del web......................................................................................................... 32
3.2
Un portale verticale .................................................................................................. 33
3.3
Analisi visiva dell’homepage ................................................................................... 34
3.4
Analisi del linguaggio verbale utilizzato in homepage ............................................ 39
3.5
Il logo e le scelte cromatiche .................................................................................... 40
3.6
Un racconto in quattro soggetti ................................................................................ 45
3.7
Facebook cover image .............................................................................................. 49
3.8
Prospettive per il futuro................................................................................................................ 52
4.
Una doppia natura: brand e movimento politico-sociale ........................................ 54
4.1
Le strategie enunciative ............................................................................................ 54
4.2
La dialettica del coinvolgimento .............................................................................. 57
4.3
Slow Food e il lessico politico .................................................................................. 62
4.4
Il cambiamento: Slow Food tra reazione e rivoluzione ............................................ 65
4.5
Una strategia enunciativa mista ................................................................................ 67
CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 70
Bibliografia ............................................................................................................................... 71
Materiali e saggi disponibili online .......................................................................................... 74
Sitografia .................................................................................................................................. 75
INTRODUZIONE
Slow Food è un’associazione senza scopo di lucro che opera nell’ambito delle pratiche e delle
produzioni alimentari, la cui filosofia e le cui attività sono diffuse e note a livello
internazionale. Il proposito di questa tesi risiede nell’analisi, per mezzo degli strumenti della
semiotica e della socio-semiotica, delle strategie e dei prodotti di comunicazione online di
Slow Food e nell’individuazione degli approcci tramite i quali l’associazione veicola i propri
contenuti sul World Wide Web. Per farlo, si limiterà il campo di ricerca a quei canali e quei
testi in essi organizzati che vivono sul web e rispettano le sue norme di rappresentazione,
sfruttandone al contempo le potenzialità.
Nel Capitolo 1, si ripercorreranno la genesi di Slow Food e le prime fasi associative,
esaminando in particolare le scelte comunicative rintracciabili nel Manifesto originale di Slow
Food1.
Successivamente, all’interno del Capitolo 2, si effettuerà una valutazione della presenza
online dell’associazione, individuando una mappatura dei siti web, dei social media e delle
piattaforme ufficiali e descrivendone funzionamento e peculiarità.
Nel Capitolo 3 si proverà a selezionare e a studiare semioticamente alcuni tra i testi più
salienti ed emblematici contenuti all’interno dei diversi canali online di Slow Food.
Infine, nell’ultimo capitolo, si evidenzieranno le diverse strategie enunciative adottate
dall’associazione, cercando di individuare
e descrivere i molteplici approcci che ne
caratterizzano la comunicazione sul web.
Un ulteriore passaggio, ad analisi conclusa, si concentrerà sull’elaborazione dei risultati
fornendo alcune considerazioni anche di tipo propositivo, in ottica di una strategia
comunicativa adeguata alle prerogative dell’associazione
Un apporto significativo a questa indagine verrà fornito dai recenti studi di semiotica dei
nuovi media, che si rivela funzionale nell’ambito della comunicazione online, grazie
all’attenzione riposta nei segni involontari, di cui il web è gremito. Inoltre questa disciplina
specifica, permette, in assenza di descrizioni paradigmatiche per quanto riguarda i generi
testuali e le strategie enunciative, di individuare gli elementi che si rivelano costanti e dotati
di significato.
1
Cfr www.slowfood.it/9/statuti-e-documenti-ufficiali.
I
1. Slow Food: un “nuovo mondo possibile”
1.1
La genesi e le prime fasi associative
Le origini di Slow Food sono rintracciabili nell’attività di diverse associazioni, strettamente
legate alla politica locale langarola e più specificatamente all’area di Bra e ai cenacoli
cultural-gastronomici nati intorno ad Arci Langhe1. È proprio il circolo Arci piemontese,
insieme a un gruppo attivo di intellettuali e appassionati, accomunati dall’obiettivo di aprire
uno spazio di attivismo e di studio politico in ambito enogastronomico, a organizzare nel
1979 la prima edizione di Cantaieuv, rassegna di canti popolari esplicitamente tratta da una
tradizione regionale.
Il gruppo organizzatore, guidato da Carlo Petrini2, che in quel momento era un consigliere
comunale di Bra, dopo il successo dell’iniziativa, si costituisce in associazione nel 1981 con il
nome di Libera e Benemerita Associazione Amici del Barolo, il cui slogan recita “il Barolo è
democratico, o quanto meno può diventarlo”3; la frase è una spia evidente di quanto già nella
fase embrionale la dimensione politica del movimento, fosse preponderante.
Lo slancio iniziale, vede il gruppo collaborare strettamente con il circolo Arci Langhe, dando
vita ad alcune cooperative e a un’osteria con annessa rivendita alimentare, ma soprattutto
intraprendere quell’attività editoriale fortemente tematica che ancora oggi caratterizza
l’associazione. Lo stesso Petrini infatti, dopo la pubblicazione della rivista «La Gola», nel
1983 inizia a scrivere per «Barolo & Co», che lo porta poi nel 1987 alla pubblicazione della
guida Vini d’Italia.4
Nel 1986, annata infelice per la produzione vinicola italiana a causa dello scandalo legato
ai solfiti nel vino, viene costituita, nelle Langhe, la lega gastronomica autonoma Arcigola,
durante il cui congresso fondativo, Petrini viene eletto Presidente all’unanimità. La neo-nata
associazione, sempre legata strutturalmente ed economicamente all’Arci locale, inizia a
1
Comitato Territoriale associato Arci, in provincia di Cuneo.
2
Colui che diventerà Presidente Internazionale di Slow Food.
3
Grossi A. (2010) Politica e cooperazione internazionale in Slow Food, [tesi di dottorato], Dipartimento di
Scienze
Politiche
e
Sociali,
Università
di
Bologna,
disponibile
online
all’indirizzo:
amsdottorato.cib.unibo.it/2651/1/TESI_GROSSI_ALBERTO.pdf (consultato 8 ottobre 2012).
4
Autorevole guida enologica relativa alla produzione vinicola italiana di alta qualità.
1
prendere le distanze dalla componente fortemente politica che aveva caratterizzato le sue
prime fasi costitutive.
Nel marzo dello stesso anno il materializzarsi di un nemico concreto spinge Arcigola ad
assumere nuovamente un ruolo di opposizione attiva, seppur entro i confini dell’ambito enogastronomico e della difesa del territorio: in Piazza di Spagna a Roma, viene infatti aperto il
secondo grande ristorante italiano della catena McDonald’s 5 , antagonista simbolico per
eccellenza, e portatore rappresentativo dei valori opposti a quelli promossi da Petrini e dai
suoi soci, e promotore ufficiale di uno stile di vita malsano e dell’omologazione alimentare.
Come reazione diretta al modello proposto dalla multinazionale americana, il 9 novembre
1989, nelle sale dell’Opera Comique di Parigi, nasce Slow Food International Movimento
Internazionale per la Difesa e il Diritto al Piacere, palesando così fin da subito la volontà di
dare un respiro internazionale al progetto. Il Manifesto, presentato per la prima volta il 19
Settembre del 1987 a Vignale, durante una riunione dei fiduciari e dei governatori di
Arcigola, è redatto dal poeta Folco Portinari e firmato da Carlo Petrini, da Stefano Bonilli
(direttore del Gambero Rosso), Valentino Parlato (direttore de «Il Manifesto»), Gerardo
Chiaromonte (senatore del Pci e direttore dell’«Unità»), e da altri intellettuali e artisti di fama
nazionale, fra cui: Dario Fo, Francesco Guccini, Gina Lagorio, Enrico Manduni, Antonio
Porta, Ermete Realacci, Gianni Sassi e Sergio Staino.
Successivamente il documento viene tradotto in diverse lingue e sottoscritto da alcuni
delegati provenienti da Argentina, Austria, Brasile, Danimarca, Francia, Germania, Giappone,
Italia, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria e Venezuela; poiché come
spiega lo stesso Petrini: “occorreva andare oltre e uscire dai confini dell’associazionismo
improntato a logiche municipali e corporative su cui si fondano le compagnie della buona
tavola destinate alla morte per vecchiaia”6.
Qui di seguito il Manifesto di Slow Food, nella sua versione originale7:
Questo secolo è nato, sul fondamento di una falsa interpretazione della civiltà industriale, sotto il
segno del dinamismo e dell’accelerazione: mimeticamente, l’uomo inventa la macchina che
deve sollevarlo dalla fatica, ma al tempo stesso adotta ed eleva la macchina a modello ideale e
comportamento di vita. Ne è derivata una sorta di autofagia, che ha ridotto l’homo sapiens a una
specie in via di estinzione, in una mostruosa ingestione e indigestione di sé.
5
Catena multinazionale di ristoranti fast food, cfr. www.mcdonalds.it.
6
Grossi A., Op. cit., p. 8.
7
È possibile reperire la versione aggiornata e ufficiale nelle pagine del sito web italiano, all’indirizzo
www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.
2
È accaduto così che, all’alba del secolo e giù giù, si siano declamati e urlati manifesti
scritti in stile sintetico, «veloce», all’insegna della velocità come ideologia dominante. La fast life
come qualità proposta ed estesa a ogni forma e a ogni atteggiamento, sistematicamente, quasi una
scommessa di ristrutturazione culturale e genetica dell’animale-uomo.
Uno stile adeguato al fenomeno, pubblicitario ed emozionale, di slogan intimidatori più che
di razionali considerazioni critiche. Giunti alla fine del secolo non è che le cose siano di molto
mutate, anzi, se la fast life si è rinchiusa a nutrirsi nel fast food.
Due secoli abbondanti dopo Jenner, i sistemi di vaccinazione contro ogni male endemico ed
epidemico si sono oramai imposti come gli unici che diano garanzie. Perché non seguire, allora, e
assecondare la scienza nella sua lezione di metodo? Bisogna prevenire il virus del fast con tutti i
suoi effetti collaterali. Perciò contro la vita dinamica proponiamo la vita comoda. Contro coloro, e
sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata
porzione di piaceri sensuali assicurati da un praticarsi in lento e prolungato godimento. Da oggi i
fast food vengono evitati e sostituiti dagli slowfood, cioè da centri di goduto piacere. In altri
termini, si riconsegni la tavola al gusto, al piacere della gola.
È
questa
la
sommessa
proposta
per
un
progressivo
quanto
progressista
recupero
dell’uomo, come individuo e specie, nell’attesa bonifica ambientale, per rendere di nuovo vivibile
la vita incominciando dai desideri elementari. Il che significa anche il ripristino di una
masticazione
giustamente
lenta,
la
ri-acquisizione
delle
norme
dietetiche
salernitane,
ingiustamente obsolete, nel recupero del tempo nella sua funzione ottimale, di organizzazione del
piacere (e non della produzione intensiva, come vorrebbero i padroni delle macchine e gli ideologi
del fast). D’altra parte gli efficientisti dai ritmi veloci sono per lo più stupidi e tristi: basta
guardarli.
Se poi, imbarbariti dallo stile di comunicazione dominante, si reclamassero gli slogan a tutti i
costi, certo non mancherebbero: a tavola non si invecchia, per esempio, sicuro, tranquillo,
sperimentato da secoli di banale buonsenso. Oppure: lo slow-food è allegria, il fast-food è isteria.
Sì, lo slow food è allegro!
D’altra parte sappiamo da millenni che il pieveloce Achille non raggiungerà mai la tartaruga, la
quale esce vittoriosa dalla corsa. Con bella lezione non solo matematica ma morale.
Ecco, noi siamo per la tartaruga, anzi, per la più domestica lumaca, che abbiamo scelto come segno
di questo progetto. È infatti sotto il segno della lumaca che riconosceremo i cultori della cultura
materiale e coloro che amano ancora il piacere del lento godimento. La lumaca slow8.
8
Cfr www.editore.slowfood.it/editore/Riviste/SLOWFOOD/IT/19/articoli/slowfood19_05.pdf.
3
1.2
Un’associazione globale: la diffusione e le attività
Slow Food International, oggi, è un’associazione no-profit che conta millecinquecento sedi
locali in centocinquanta paesi diversi. Gli iscritti in tutto il mondo si aggirano intorno alle
100.000 unità.
La peculiarità della rete internazionale di Slow Food è rintracciabile nella rapida espansione a
largo raggio che negli anni ha visto crescere in maniera esponenziale il numero di convivia
(sedi locali) su livello nazionale, regionale e comunale, nella cui organizzazione è
rintracciabile una struttura gerarchica che prevede diversi uffici interni e il rispetto di regole
comuni.
Petrini, oggi Presidente di Slow Food International, insieme ai collaboratori del nucleo
fondativo, continua a esercitare una visibile influenza e a essere riconosciuto come portavoce
e anima del progetto.
Tra le principali azioni di diffusione del “verbo slow” si annovera, come già accennato, la
ricca produzione editoriale, che implica la fondazione di Slow Food Editore9.
Le attività dell’associazione/movimento, sono infatti molteplici e complesse e vanno dalla
promozione della ricerca orientata alla salvaguardia della biodiversità, all’istituzione di
presidi sul territorio mondiale, atti a promuovere un lavoro di catalogazione di prodotti italiani
a rischio di scomparsa, per giungere poi ai progetti educativi sulla salute e sulla cultura
alimentare, fino alla creazione di reti collaborative con i produttori e con le comunità del cibo.
Un’attenzione particolare va rivolta inoltre agli eventi indirizzati a un ampio pubblico non
specializzato e di respiro internazionale, organizzati e patrocinati da Slow Food; tra questi il
Salone del Gusto di Torino e la kermesse Cheese, dedicata al mondo dei latticini e Slow Fish a
Genova10.
Slow Food negli anni si è poi dedicato in maniera capillare ed estremamente eclettica
all’educazione al gusto e al diritto al piacere enogastronomico, organizzando inoltre rassegne
cinematografiche tematiche e campagne di sensibilizzazione, e inoltre promuove complessi
progetti di cooperazione internazionale come Terra Madre.11
La comunicazione, sia online che offline, svolge un ruolo determinante nella diffusione del
“verbo”, per quanto riguarda la componente educativa e quella divulgativa, ma anche per ciò
9
Cfr www.editore.slowfood.it.
10
Tutti gli eventi sono organizzati secondo un impianto fieristico a cui seguono seminari e conferenze
divulgative, altamente pubblicizzate dai media nazionali.
11
È una rete mondiale che raggruppa le comunità del cibo in tutti i continenti.
4
che concerne la costruzione di un’identità e di un immaginario immediatamente riconoscibile
e accessibile anche ai meno informati.
Insieme all’attività editoriale cartacea, Slow Food gestisce e coordina, oltre a un portale
internazionale divenuto punto di riferimento online dell’associazione, numerosi siti web
tematici che approfondiscono le diverse aree di interesse, e forniscono continuamente
informazioni, contribuendo a creare e alimentare una comunità forte intorno al movimento.
1.3
Alla volta del piacere: gli obiettivi e le finalità
Le finalità dichiarate di Slow Food, come esplicitato precedentemente, possono essere
riassunte in tre azioni: educare, salvaguardare e promuovere. L’educazione riguarda la
fruizione, il consumo e la produzione; la salvaguardia si riferisce alla biodiversità, ma anche
ai saperi e alle tradizioni, mentre la promozione consiste nella diffusione di un modello e di
una “nuova” cultura dell’alimentazione.
Uno degli obiettivi di natura più generale e forse sostanziale consiste, sin dalle origini del
movimento, nell’affermare la piena dignità della cultura alimentare, ossia elevare questa
tematica da passione di nicchia o interesse periferico e politicamente neutro, a vero e proprio
oggetto di studio e dibattito, in chiave etica, economica, storica, scientifica e sociale.
Secondo questa nuova ricercata interpretazione, il cibo deve divenire un collettore di
tematiche di interesse mondiale, e non occupare più un posto di secondo piano nelle attività di
salvaguardia ambientale e di rivendicazione sociale. E se a livello macroscopico l’obiettivo
sembra essere quello di incidere sulla sfera istituzionale, sia locale che nazionale, a un micro,
la finalità dell’associazione consiste nell’instillare buone pratiche, da rendere effettive nel
quotidiano. Per questo motivo, uno dei più evidenti propositi di natura pragmatica
dell’associazione è la fidelizzazione di ampie porzioni di consumatori “consapevoli”, e di
conseguenza l’iscrizione e la partecipazione di questi ultimi alle attività, in modalità
volontaria. “Slow Food opera per promuovere l'interesse legato al cibo come portatore di
piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei
territori e delle tradizioni locali”12.
La definizione che Slow Food dà dei propri obiettivi nella sezione Cosa è Slow Food? del
suo sito web ufficiale, mette in luce un elemento di grande interesse: l’accento delle attività
divulgativa, educativa, scientifica e bioetica di Slow Food non viene posto essenzialmente sul
cibo, ma sulle pratiche a esso legate, sulla potenziale modifica di queste abitudini in vista di
12
Cfr Cosa è Slow Food?, www.slowfood.it/1/associazione.
5
uno stile di vita “migliore”, “giusto” ossia conforme ai concetti di giustizia sociale negli
ambienti di produzione e di commercializzazione, attento alle risorse disponibili e alla
preservazione di quelle a rischio. Senza contare inoltre, il continuo richiamo al “piacere” del
cibo, diritto insindacabile secondo il motto originale di Arcigola, e obiettivo primario da
perseguire e da difendere secondo il “verbo slow” di Petrini. Secondo il presidente di Slow
Food, tale soddisfazione dipende infatti dalle qualità organolettiche di un alimento, ed è legata
allo stesso tempo alle modalità di fruizione, agli aspetti sociali attinenti al cibo, e a quelli
emotivi e affettivi legati al consumo e a tutte le fasi che lo precedono.
1.4
Slow contro Fast
Il testo del Manifesto, che, come osserva Marrone, è di “extrema riqueza semántica y
complejidad semiótica”13, palesa già dal principio come Slow Food si proponga come un
catalizzatore di valori, in opposizione a una lunga serie di controvalori, come i cattivi
comportamenti alimentari, di produzione e di consumo.
La costruzione identitaria dell’associazione, che nelle sue fasi embrionali deve molto alle
dinamiche, alle politiche e al linguaggio di movimento, si basa dunque sull’individuazione di
un antisoggetto14, di una forza negativa da isolare, conoscere e poi contrastare apertamente.
A partire dal nome scelto per l’associazione sono chiari gli intenti e valori ispiratori: il cibo
come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, non solo alimentare,
rispettoso dei territori e delle tradizioni locali, il rallentamento dei i ritmi, e il ritorno ai piaceri
del gusto.
Sempre nelle parole del Manifesto, e grazie a una lettura interpretativa e attenta dello slogan
ufficiale (nonché titolo di un saggio dello stesso Petrini 15 ), si rileva una volontà di
contrapposizione di più ampio respiro e più profonda che applica a un livello collettivo,
sociale e politico, l’opposizione tra valori e controvalori.
Come afferma Marrone16, il processo di auto-definizione dell’associazione prende le mosse
da una battaglia ideologica contro un nemico reale, il fast-food, e nello specifico la sua più
temibile manifestazione “brandizzata”, ossia il colosso multinazionale McDonald’s.
13
Marrone G., "Brand on the run: mirada semiótica sobre Slow Food", in Formas de la lentitud I., Tópicos del
Seminario, 26. Puebla Mexico 2001, p. 65.
14
Cfr Greimas A. J., Del senso, Tascabili Bompiani, Milano 2001, pp. 329.
15
Petrini C., Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino 2005, pp. X-266.
16
Marrone G., Op.cit., p.65.
6
Contrapponendosi direttamente sin dalla sua genesi a un brand di portata mondiale, Slow
Food sviluppa parallelamente l’accezione più dichiarata di movimento politico e sociale, e al
contempo di marca stessa.
Questi gli assi semantici essenziali che contribuiscono, sempre secondo Marrone, a una prima
definizione da parte di Slow Food della propria duplice identità:
fast food vs slow food
esigenza pratica di ristorarsi
piacere del mangiare
divertimento e trasgressione
convivialità e socialità
produzione industriale
produzione contadina
modernità del presente
tradizione del passato
velocità
lentezza
Tabella 1: Tabella degli assi semantici in opposizione17.
La contrapposizione iniziale a un antisoggetto di natura commerciale, a un marchio è la
testimonianza di come la doppia natura identitaria sia proposta da Slow Food stessa, a partire
dal Manifesto ufficiale e dalla scelta del logotipo, la famosa chiocciola.
Va però sottolineato che l’analisi eseguita da Marrone si concentra su un documento che
risale a una fase embrionale del progetto Slow Food, il quale ha subito negli anni molteplici
evoluzioni, sia nella definizione di se stesso, sia nella maniera di proporsi a un pubblico
ampio a livello internazionale.
Pur non abbandonando, la doppia natura identitaria sopra esplicitata, Slow Food ha
progressivamente lasciato negli anni, la forte componente politica di protesta che connota
fortemente
il
Manifesto
originale,
per
avvicinarsi
maggiormente
al
linguaggio
dell’associazionismo e delle organizzazioni non governative basate su una struttura reticolata.
Col passare del tempo Slow Food sembra aver abbandonato, da un punto di vista meramente
comunicativo, quella tensione all’attivismo fortemente politico che emerge invece dalle parole
usate nel Manifesto originale del 1987in favore di un linguaggio meno poetico-enfatico, ma
più positivo e propositivo del Manifesto del 198918, oggi considerato ufficiale.
17
Ibidem.
18
Cfr www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso
7
Per dichiarazione stessa dell’associazione su un documento di presentazione sul sito web
italiano, del primo Manifesto di Slow Food, infatti quella divenuta ufficiale è la:
versione edulcorata, accorciata e semplificata /…/. Ma ne esiste una forma archetipa, apparsa sulla
newsletter rosmarino nel novembre 1987, firmata dagli storici 13 “padri fondatori”e intitolata in
quel modo un po' arcaico, manifesto dello slow-food , scritto proprio così: in minuscolo e col
trattino di separazione che poi scomparve. in occasione del ventennale l'abbiamo voluto
rispolverare nella sua versione originaria, per regalarlo a chi non l'aveva mai letto e per rendere
omaggio alla poetica prosa del suo estensore19.
Nella versione “archetipa” del Manifesto, ad esempio, per chiamare in causa l’antisoggetto
che nel Manifesto ufficiale viene identificato con la “velocità” o la “fast life”, ci si appella a
esso con i termini “padroni delle macchine” e “ideologi del fast”, dove i lemmi “padrone” e
ideologo” sembrano essere un retaggio di quella comunicazione politica di sinistra
caratteristica degli anni delle Lotte Operaie. La presenza di questi e altri termini impiegati
nella prima stesura del documento, firmata dalla mano del poeta e socio fondatore di Slow
Food Folco Portinari, evidenzia una netta evoluzione, nella stesura appunto “edulcorata” del
nuovo Manifesto, la cui chiusura inedita evidenzia una spinta inclusiva e positiva: “Lo Slow
Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare diventare questo moto
(lento) un movimento internazionale, di cui la chiocciolina è il simbolo.”20
È forse grazie a questa nuova posizione comunicativa che Slow Food si fa carico di istanze
che prendono le mosse dalle proteste di movimento, proponendo però un modello entusiata e
rassicurante molto vicino alla pubblicità e alla comunicazione commerciale.
Questa considerazione porta a chiedersi dunque, quanto la dimensione di brand o marca sia
determinate per quanto riguarda le strategie comunicative di Slow Food, e da quali espedienti,
messaggi, testi e processi enunciativi essa venga resa evidente.
19
Documento del 13 maggio 2006, pubblicato online all’indirizzo:
www.editore.slowfood.it/editore/Riviste/SLOWFOOD/IT/19/articoli/slowfood19_05.pdf in occasione del
Ventennale di Slow Food.
20
Cfr www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.
8
1.5
Il discorso di marca
Il brand, “quintessenza” dell’impresa da un punto di vista comunicativo, consiste nell’insieme
degli elementi che agiscono in maniera sinergica per produrre l’immagine pubblica di
un’azienda o di un servizio.
“Tutti i fenomeni di marca si sostengono su un’isotopia intertestuale di un certo nome proprio
(e delle sue componenti, tanto sul piano dell’espressione che del contenuto)”21. La stessa
isotopia che contribuisce a conciliare marca e prodotto, per mezzo – ad esempio – di un logo,
elemento che verrà analizzato semioticamente nel Capitolo 3, e di una denominazione, è
rintracciabile nell’attività di Slow Food, tenendo presente che in questo caso non si può
parlare né di prodotti proprietari, nè di appartenenza. Slow Food. Infatti, fatta eccezione per
alcuni oggetti di merchandising e per i volumi pubblicati presso Slow Food Editore, è
completamente estranea al mondo della produzione. A un’attenta osservazione, però si
intuisce come il discorso di brand non sia del tutto alieno all’azione dell’associazione: essa
infatti tra le principali iniziative, “preserva e valorizza l'identità storico-culturale di un
territorio specifico, cui si lega una particolare produzione, in particolare attraverso
l'istituzione di Presìdi per la difesa della biodiversità”22, ossia estende il proprio segno di
garanzia e in un certo senso di appartenenza su gruppo di produzioni. Inoltre organizza fiere
ed eventi, selezionando progetti e produttori, utilizzando il proprio marchio come insieme
collettivo e distintivo.
Se si esula da un discorso di profitto, elemento caratterizzante dell’attività di impresa, alla
stregua dei fenomeni di marca, Slow Food risolve il problema dell’anonimato del contenuto,
caratterizzando all’interno del grande panorama della comunità del cibo a livello mondiale,
alcuni prodotti specifici, portandone alla luce in occasione degli eventi-fiere e tramite
l’istituzione dei Presidi, nome e storia. Dall’altra parte Slow Food, sempre in sintonia con la
funzione dei brand, si fa autore, garantendo per i prodotti e prendendosene la responsabilità.
L’attività di Slow Food, non si discosta da quella delle grandi marche moderne, costruendo
intorno ai prodotti che promuove e tutela, un sistema assiologico che conferisce loro certi
attributi determinanti, come ad esempio qualità e sostenibilità. Seguendo lo studio sulle
funzioni della marca di Thoenig e Kepferer23, si può affermare che Slow Food risponde
21
Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 85.
22
Dal testo Cosa fa Slow Food?, all’indirizzo: www.slowfood.it/29/cosa-fa-slow-food.
23
Kapfer J.-N. e J.-C. Thoenig, La marca. Motore della competitività delle imprese e della crescita
dell’economia, Guerini e Associati, Milano 1991, p. 103.
9
adeguatamente alla funzione di identificazione, nel senso in cui seleziona e individua i punti di
forza dei prodotti che tutela e promuove, aiutando al contempo la propria community a
comprenderne le caratteristiche e deciderne il valore, ed espletando in questo modo la
funzione di orientamento. La funzione ludica24 è garantita dal grande quantitativo di occasioni
sociali, tra cui: eventi, fiere, momenti educativi per l’infanzia, “passeggiate del gusto” e
tradizioni popolari rivisitate, promosse e organizzate da Slow Food. La garanzia è la più
evidente tra le funzioni del movimento/brand, il quale estende il proprio segno di
“approvazione”, la propria presenza, sui prodotti di cui si occupa attivamente.
Tentando di attuare un parallelismo tra lo schema narrativo proprio della semiotica generativa
greimasiana e il caso Slow Food, possiamo osservare come l’associazione/brand assuma il
ruolo attanziale di destinante, proponendo un contratto ai soggetti (soci, clienti, sostenitori), la
cui sanzione prevede la soddisfazione di tutti gli attanti in seguito al raggiungimento di un
nuovo modo di vivere e concepire il mondo dell’alimentazione. L’opponente o antisoggetto,
al quale si è già accennato nel paragrafo 1.4, è identificabile nella fast life, il modello di
consumo e di vita che già dalle parole del primo Manifesto di Slow Food, minaccia la serena
riuscita dell’impresa25.
24
Per la valorizzazione ludica in testi pubblicitari cfr Floch, J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione.
Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 278.
25
Cfr Volli U., Op. cit., p. 76-77.
10
2. Slow Food online
2.1
Il web 2.0
L’espressione web 2.01, tratta da un articolo del 2005 di Tim O’Really2, fa riferimento non a
una versione aggiornata a livello tecnologico o informatico del Word Wide Web, bensì a una
evoluzione nell’uso del web da parte degli utenti e dei programmatori. L’accento è dunque
posto sulla metodologia di fruizione e non essenzialmente sulla sostanza, sulla struttura o sui
contenuti.
Un altro punto in comune tra l’associazione e la nuova veste del web è rintracciabile nel
concetto di “community attiva” e di condivisione. Divenute un fenomeno di massa le
comunità virtuali, nate in realtà negli anni Settanta, rivestono oggi un ruolo preponderante
nello sviluppo di conversazioni e di narrazioni online, e rappresentano un terreno fertile per
un’associazione di livello internazionale che ha come propositi primari la creazione di una
rete e la diffusione di una filosofia, di uno stile di vita.
Il Web 2.0 stimola e permette, per conformazione strutturale in quanto spazio di interazione,
la partecipazione attiva degli utenti, la condivisione in tempo reale di notizie, informazioni,
materiali in modalità peer to peer.
In maniera coerente con la tendenza che contraddistingue l’associazione, ossia ribadire e
difendere il forte legame con la cultura agricola non in maniera nostalgica e reazionaria, ma in
chiave moderna e consapevole, si nota come la presenza di Slow Food sul web sia il segno di
sapiente conoscenza dei nuovi media, dei nuovi paradigmi della comunicazione online e delle
sue potenzialità.
Nonostante la sua opposizione alla velocità, alla “fast life” e alla “globalizzazione”, il
brand/movimento Slow Food ha infatti scelto di servirsi dei nuovi media, rappresentazione
massima della velocità, intesa come rapidità di diffusione delle informazioni a favore di un
pubblico mondiale.
L’analisi della presenza online di Slow Food e dei suoi mezzi di comunicazione sul web che
verrà svolta in questo capitolo, prende le mosse da una prima fase imprescindibile: la
1
Cfr Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 164.
2
Fondatore di O’Really Media, sostenitore del movimento a favore della condivisione open-source di materiale
e softwares.
11
mappatura dei canali ufficiali, dove per ufficiale si intende una struttura che raccoglie e
veicola contenuti prodotti, riconosciuti e gestiti direttamente da un ufficio interno alla realtà
associativa.
Se l’ufficialità è palesata in maniera non contestabile dalla dicitura contenuta nel footer, che
riporta nella parte inferiore dei siti web, il codice fiscale dell’associazione e ne afferma la
proprietà di tutti i diritti, nelle piattaforme social è più arduo stabilire l’istituzionalità delle
pagine. In questo caso specifico, i link ipertestuali ai social media presenti sulle home page
dei siti, permettono un’ individuazione certa dei canali ufficiali, evitando di inserire
erroneamente nella mappa della presenza di Slow Food sul web i profili fasulli, generati dagli
utenti e dagli appassionati, e non riconosciuti dall’associazione centrale.
2.2
I canali
Il punto di partenza per una mappatura completa e organica delle piattaforme di
comunicazione sul web è sicuramente il sito istituzionale www.slowfood.com; a partire dal
quale, utilizzando la tecnica efficace dei link ipertestuali si risale a una “pagina fan”3 di
Facebook4, uno dei principali social media su scala mondiale, e a un “profilo” Twitter5
(@SlowFoodHQ), entrambi indirizzati a un pubblico internazionale.
Ritornando al website ufficiale, più opportunamente definito “portale”, si possono facilmente
rintracciare nel footer a piè di pagina, sette collegamenti ai siti web relativi alle associazioni di
respiro nazionale, rispettivamente: Italia, Stati Uniti d’America, Germania, Svizzera, Gran
Bretagna, Giappone e Olanda. Altre associazioni, per ragioni non chiare, non sono citate
nell’elenco sopra riportato, come ad esempio Slow Food Canada, ma possiedono anch’esse un
proprio sito web ufficiale.
La maggior parte dei website nazionali ospita nella home page una sezione dedicata ai link
ai principali social media. Di conseguenza è possibile rintracciare numerose Facebook
fanpage e profili Twitter ufficiali, legati alle realtà nazionali. Più difficile invece è reperire il
collegamento al profilo Linkedin6 e al canale YouTube7 delle diverse sezioni associative.
3
Una pagina fan o fan page di Facebook è un particolare profilo dedicato alla promozione di aziende, persone o
associazioni.
Gli
utenti
possono
iscriversi
alla
pagina,
ma
la
relazione
è
univoca.
Cfr
www.facebook.com/pages/create.php.
4
Cfr www.facebook.com.
5
Cfr www.twitter.com.
6
Cfr www.linkedin.com.
7
Cfr www.youtube.com.
12
Non vi è ancora traccia di una presenza ufficiale di Slow Food International su Pinterest,8
nuovo social media dalla rapida e recente diffusione su scala mondiale, dedicato
essenzialmente alla condivisione di “pins”, ossia di immagini, link e video filtrabili per
categorie o parole chiave. Solo le Condotte Slow Food di Shoreline, Quad Cities, Western
Slope, Austin, Baltimore e Columbia sembrano aver colto le potenzialità della piattaforma,
benché il loro livello di attività non sia ancora rimarchevole.
La presenza online dell’associazione di Petrini, è dunque rappresentabile tramite la
metafora della rete, in coerenza con la conformazione tipica del web, che presuppone nodi
virtuali collegati tra loro reciprocamente, ma svela, inoltre, una tendenza piramidale: in questo
modo dal sito web internazionale, unico grande portale, si scende di un gradino individuando
un numero limitato di siti nazionali. Muovendosi ancora più in profondità, ossia navigando
all’interno dei siti nazionali, si scopre come a ognuno di essi sia collegato un numero assai
superiore di siti web relativi alle associazioni Slow Food regionali e ad alcune Condotte
locali. Ad esempio, solo partendo dal sito italiano, www.slowfood.it, sono reperibili i link a
tredici siti regionali, i quali a loro volta rimandano a un livello ancora inferiore. Anche la
maggior parte delle associazioni locali e regionali è presente sui social media con una pagina,
un profilo o un canale ufficiale. Inoltre molte realtà più piccole, per questioni economiche o di
competenze, non posseggono un sito web ufficiale, ma gestiscono blog9 gratuiti, su alcune
delle piattaforme più diffuse come Blogger e Wordpress.10
Tra le pagine online che veicolano il messaggio di Slow Food, vanno senz’altro annoverati i
siti web tematici, di approfondimento o dedicati a progetti e iniziative specifiche
dell’associazione, ai quali a loro volta sono associate le rispettive pagine social.
Questo breve percorso in profondità, per tracciare una mappatura della presenza online di
Slow Food svela l’entità di una rete virtuale mondiale, i cui nodi sono difficili da quantificare
e individuare. In sede decisionale e amministrativa, le sedi regionali e locali di Slow Food
fanno riferimento alla linea dettata dagli organi centrali, rispettandone le regole e il manifesto,
ma dimostrano una notevole autonomia di gestione; allo stesso modo i numerosi canali online
dimostrano una coerenza tra di loro e un allineamento figurativo e contenutistico, ma vengono
gestiti separatamente, dando vita a differenze sostanziali e percepibili.
8
Cfr www.pinterest.com.
9
Dall’unione di web e log, consiste in un sito web di discussione o informazione, generalmente incentrato su una
tematica molto specifica, contraddistinto dalla pubblicazione di notizie brevi visualizzabili in ordine cronologico
contrario. Cfr http www.wikipedia.org/wiki/Blog.
10
Piattaforme web che offrono la possibilità di strutturare e pubblicare blog gratuitamente. Per maggiori
informazioni si rimanda a www.wordpress.com e www.blogger.com.
13
Qui di seguito si tenterà non solo di individuare i canali online, selezionati da Slow Food per
veicolare i propri contenuti e interagire con una community di appassionati e addetti ai lavori,
ma si approfondiranno anche le prerogative, dal punto di vista dell’utilizzo e delle
potenzialità, dei singoli canali; ci si soffermerà infine sull’uso specifico dei suddetti, da parte
del brand/movimento per poi entrare nel merito dell’analisi di alcuni testi, nel capitolo
successivo.
2.3
Il sito web internazionale
Il portale di Slow Food International11, esplorabile in nove lingue diverse, costituisce il nodo
centrale della rete di canali web dell’associazione, il collettore virtuale di tutte le informazioni
relative alla struttura centrale e internazionale, crocevia di collegamenti ipertestuali a un
numero sostanzioso si pagine web delle Condotte (o Convivia) nazionali e locali e a siti
internet tematici o legati a iniziative specifiche.
I diversi siti web, a una prima impressione, presentano una certa coerenza per quanto riguarda
l’aspetto grafico ma dopo un’analisi più approfondita, sia la struttura, che i particolari da un
punto di vista figurativo e le scelte cromatiche, sono in realtà distanti. In seguito a
un’osservazione attenta della struttura, delle scelte visive, del design e dell’organizzazione dei
contenuti, si sono riscontrate notevoli affinità tra il sito internazionale e quello italiano,
entrambi contraddistinti da una forte coerenza con l’immagine coordinata dell’associazione e
con tutti i prodotti di comunicazione esterna, come si potrà notare più avanti12, nell’ambito
dell’analisi del sito web internazionale di Slow Food13.
2.4
I social media
I social media, secondo la definizione di Andreas Kaplan14, consistono in “un gruppo di
applicazioni basate sul web e costruite sui paradigmi (tecnologici e ideologici) del web 2.0
che permettono lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti”15; rappresentano
dunque un mezzo per condividere informazione all’interno di una community. composta da
11
Cfr www.slowfood.com.
12
Cfr Capitolo 3, paragrafo 3.
13
Cfr www.slowfood.com.
14
Dalla
pagina
inglese
di
Wikipedia
dedicata
alla
definizione
di
social
media,
ww.en.wikipedia.org/wiki/Social_media.
15
Professore ordinario di Marketing presso la ESCP Europe Business School di Parigi.
14
individui uniti tra loro da un interesse, un item, un argomento di discussione e messi in
relazione tramite gli strumenti di comunicazione propri del web.
Nel caso di Slow Food si è scelto di utilizzare la locuzione social media networking, per
analizzare le azioni e le interazioni che si svolgono online all’interno di una comunità virtuale
raccoltasi intorno alle tematiche veicolate dall’associazione, tramite l’ausilio dei social media.
Questi ultimi vengono a loro volta considerati come mezzi di comunicazione, dei veri e propri
software, dei programmi informatici composti, che presentano un’interfaccia utente gremita di
icone, indici e simboli che consentono la navigazione e una serie di contenuti uniti tra loro e
raggiungibili tramite collegamenti ipertestuali.
Alla stregua del portale web, i diversi social media di cui Slow Food, a livello locale e
internazionale, si serve per creare intorno a sé una community di appassionati e addetti ai
lavori, verranno analizzati in questa sede, secondo la teoria della semiotica dei nuovi media16,
in qualità di testi autonomi: sistemi di segni che innescano relazioni di rimando, i cui elementi
costitutivi sono in rapporto tra loro e attingono a un’ enciclopedia cognitiva di riferimento.
Come evidenziato precedentemente, la mappatura dei social media legati ufficialmente a
Slow Food rivela la presenza di un elevatissimo numero di pagine, profili e canali,
appartenenti alle diverse espressioni nazionali, regionali e locali dell’associazione. Per una
maggiore semplicità di analisi si è scelto quindi di prendere in considerazione le pagine e i
profili internazionali, ossia quelli legati al “quartier generale” di Slow Food, stabilita la loro
rilevanza a livello rappresentativo e la dimensione più allargata delle community di
riferimento.
2.5
Facebook e l’approccio narrativo
Percepito a livello internazionale come il social media per antonomasia, chiamato
erroneamente social network, secondo il criterio esplicitato precedentemente, nelle
conversazioni informali e su diversi mezzi di informazione di massa, Facebook è un sito
internet lanciato nel 2004, a Cambridge (USA) da Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin, Dustin
Moskovitz e Chris Hughes, con il seguente obiettivo: “Facebook aiuta a connetterti e
rimanere in contatto con le persone della tua vita”17.
16
Cosenza G., Op. cit., p. 3.
17
Pay off pubblicato saltuariamente dal gruppo sulla pagina di benvenuto di Facebook, all’indirizzo
www.facebook.com.
15
Coerentemente con la descrizione che i suoi creatori danno della piattaforma, Facebook si
propone come network, come servizio di rete sociale. La rete in realtà costituisce
l’implicazione strumentale del sito, che è a tutti gli effetti un servizio, un software online con
la prerogativa specifica di tenere in contatto costante e in tempo reale i suoi utenti.
Ma la locuzione descrittiva presente sulla pagina ufficiale è a oggi limitativa: l’utilizzo dei
termini “persone” non esplicita completamente la funzione attribuita effettiva del social
media. Oggi Facebook come si può notare facilmente esplorando i vari profili e osservando le
interazioni, rappresenta, infatti, uno spazio di dialogo tra privati ma coinvolge anche brand,
associazioni di diversa natura, partiti, istituzioni e movimenti politico-sociali. Su Facebook, e
anche su diversi altri social media, si può osservare empiricamente come si verifichi in
maniera lampante ed esemplare il fenomeno della personificazione di una marca, o di una
realtà istituzionale o associativa. Durante l’interazione con una di queste forme aggregative, si
ha la sensazione di stabilire un dialogo con l’ente, dimenticandosi dell’utente che in quella
data situazione ne fa le veci.
I brand o i movimenti, così come i partiti e le associazioni, utilizzano le stesse strutture
comunicative dei privati e la stessa interfaccia; l’unico discrimine possibile è garantito dalla
differenziazione formale tra “pagina fan”, “gruppo” 18 e “profilo utente”, secondo una
convenzione stabilita dai programmatori del sito e accettata dai suoi utenti.
Si è scelto in questa sede di concentrare l’analisi su alcuni testi contenuti all’interno delle
pagine Slow Food International19, e di Slow Food Italia20, poiché entrambe detengono un
grande numero di fan (rispettivamente 16.000 e 18.000) e per mantenere una continuità con
l’analisi dei website, dal momento che viene effettuato un utilizzo incrociato dei canali. Una
seconda motivazione è che, fatta eccezione per la pagina internazionale che rappresenta
l’headquarter dell’associazione sul web, i contenuti della pagina italiana sono maggiormente
intellegibili per chi scrive, non solo da un punto di vista linguistico.
Rispetto alla fan page internazionale, quella italiana è dunque più seguita, ma anche più ricca
a livello contenutistico se si considera il numero di tab21 e la frequenza degli aggiornamenti.
18
Pagina Facebook dedicata alle conversazioni tra gruppi limitati di utenti. Può essere aperta o chiusa ed è
caratterizzata
da
una
gerarchia
gestionale
esplicita,
alla
stregua
dei
forum.
Cfr
www.facebook.com/about/groups.
19
Cfr www.facebook.com/slowfoodinternational.
20
Cfr www.facebook.com/italia.slowfood.
21
Funzione introdotta insieme all’interfaccia “Timeline”. Consiste in un link interno a Facebook, rappresentato
da un’immagine evocativa.
16
La nuova struttura a “diario”, introdotta nel 2011 stabilita come interfaccia standard nel
2012 sia per quanto riguarda i profili personali che per le pagine fan, si presta notevolmente a
quell’approccio storytelling22che ha ampiamente influenzato la comunicazione pubblicitaria
in occasione della diffusione dei social media. La Facebook Timeline (in italiano tradotta
come “diario”) viene dunque utilizzata dai marchi per raccontarsi attraverso post testuali,
immagini e video, in una dimensione narrativa che privilegia l’ordine cronologico, in una sua
rappresentazione verticale, in cui l’aggiornamento più recente si trova in alto, alla stregua dei
blog.
La novità introdotta da questa visualizzazione temporale, permette alle realtà commerciali di
adottare una nuova metodologia comunicativa, in cui la brand awareness23 si costruisce
raccontando e non convincendo, narrando se stessi invece di focalizzarsi sulle qualità dei
propri prodotti. Ecco ad esempio che su una pagina Facebook possono essere indicate le tappe
fondamentali dell’evoluzione di un brand, e associate alla data relativa: la fondazione, il
lancio dei primi prodotti, l’espansione, fino agli ultimi aggiornamenti attuali. Molti brand che
puntano sui valori della tradizione e dell’”anzianità” e dell’esperienza, utilizzano il diario per
fornire una testimonianza visiva delle proprie origini e della propria evoluzione.
Sulla pagina Facebook internazionale, ad esempio, grazie alla modalità Timeline, si può
facilmente risalire alla data di apertura della pagina, il 14 febbraio del 2011, e leggere il primo
post pubblicato dagli amministratori: “Welcome to Slow Food International's official
facebook page... keep up with the the network's activities around the world, join discussion
groups and share your own news, campaigns and events”24.
Si può notare come non sia stata presa in considerazione la possibilità di evidenziare le
tappe salienti della vita associativa di Slow Food, anche precedenti all’apertura del canale,
come invece fanno numerosi brand tra cui ad esempio Burberry, nota marca d’abbigliamento
che insiste particolarmente con l’accezione storica dell’azienda: dal diario della pagina
Facebook ufficiale25 del brand, infatti, è possibile risalire, fino al 1856, data della fondazione,
e ripercorrere la storia di Burberry lungo tutto il Novecento, grazie alla pubblicazione di
fotografie d’epoca e numerose didascalie. Anche alcuni movimenti/associazioni, della portata
22
Tradotto letteralmente dall’inglese: “narrazione”. In marketing indica un approccio strategico relativo alla
comunicazione aziendale.
23
Notorietà di marca, stimabile grazie a indicatori di ricordo. Cfr Brondoni, S., Pubblicità collettiva, notorietà di
prodotto e immagine di marca, Giuffrè, Milano 1987, pp. VIII-266.
24
Post testuale del 14 febbraio 2011, pubblicato su www.facebook.com/slowfoodinternational.
25
Cfr www.facebook.com/burberry.
17
ad esempio di Greenpeace26, utilizzano questo valido strumento di narrazione per esplicitare
le proprie radici e registrare le proprie conquiste e le proprie evoluzioni, negli anni in cui non
era possibile condividerle tramite i social media.
L’utilizzo della pagina Facebook di Slow Food Italia e Slow Food International è molto
simile da un punto di vista contenutistico. La pagina italiana è stata aperta qualche mese
prima di quella internazionale, il 18 novembre 2010; i post, ossia le pubblicazioni testuali, per
immagini, link o video sono frequenti (circa uno al giorno) su entrambi i profili, e si
intensificano in concomitanza con gli eventi di respiro internazionale come il Salone del
Gusto, il convegno di Terra Madre, Cheese e Slow Fish. In questi casi, le pubblicazioni sono
molto frequenti e di natura differente, a partire dai banner grafici che pubblicizzano le
iniziative, fino ai video che documentano alcuni degli interventi dei relatori.
La comunicazione di Slow Food su Facebook è principalmente focalizzata sugli eventi e sui
progetti. È raro, infatti che vi siano post che attestino l’esistenza di un vero e proprio piano
editoriale strutturato su diverse tematiche non legate al periodo o alla contingenza.
Tali pianificazioni di contenuti, sono tipiche di una strategia di comunicazione di brand e
marche commerciali, i quali strutturano le proprie pubblicazioni sui social media sulla base di
tematiche come ad esempio le informazioni istituzionali, le notizie di lifestyle legate al mondo
del brand o del prodotto in questione, e infine anche gli eventi pubblici.
Sporadicamente vengono pubblicati sulle due pagine Facebook qui analizzate, contenuti di
natura informativa ed educativa, come ad esempio consigli sulla stagionalità di frutta e
verdura, o messaggi generici che vertono sulla natura di Slow Food, e sulla sua filosofia
associativa, ma come esplicitato precedentemente si perdono nel rumore provocato dalle
notizie sulle fiere, sulle kermesse e sulle attività specifiche.
Successivamente27 si avrà modo di approfondire come l’interazione tra Slow Food e i suoi
utenti su Facebook sia emblematica di una strategia enunciativa specifica che si ritrova sui
diversi canali online dell’associazione.
2.6
Twitter: l’informazione e la mobilitazione
A partire dal sito Slow Food International, cliccando sull’icona di Twitter nell’area social
media ospitata nella colonna di destra, si viene inviati alla pagina ufficiale di Slow Food il cui
nome Twitter è @SlowFoodHQ, dove “HQ” sta per Headquarters, in italiano “sede centrale”.
26
Cfr www.greenpeace.org/international/en.
27
Cfr Capitolo 4, paragrafo 1.
18
Come accade anche per alcuni dei social media qui analizzati, il profilo internazionale conta
meno followers (secondo il linguaggio di Twitter, gli utenti che seguono la pagina) di altre
profili nazionali o locali: gli utenti iscritti agli aggiornamenti, sono infatti circa 6000 contro i
15.000 della pagina italiana e i 264.000 di quella USA28.
Il dato porta a ipotizzare, escluso il caso degli USA, in cui il social media è notevolmente più
popolare, generalista e utilizzato rispetto ai paesi europei, che le pagine nazionali svolgano
un’attività di engagement maggiore puntando soprattutto sugli eventi specifici e localizzati,
mentre sul profilo Headquarters vengono veicolate informazioni più generiche che generano
sicuramente meno traffico sul web. D’altro canto gli stessi numeri potrebbero essere ricondotti
a un’azione di management differenziata a seconda dei diversi profili.
L’acquisizione dei followers deriva infatti da un lungo lavoro di gestione, e da un
considerevole impegno in quello che nell’ambito del web viene chiamato “dialogo”. È
interessante notare che il profilo di Slow Food International è gestito in Italia, ma tutti i
contenuti vengono prodotti e pubblicati in lingua inglese.
Twitter è un servizio di microblogging, un social media gratuito in cui gli utenti possono
produrre testi (nei quali possono anche essere inclusi link a immagini caricate su un database
relazionato al social media) di 140 caratteri. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla
Obvious Corporation di San Francisco e vanta oggi una diffusione mondiale, contando più di
500 milioni di utenti attivi.
Tra le caratteristiche d’uso più rimarchevoli vi sono l’impiego come strumento di giornalismo
partecipativo e il live posting29 durante eventi sociali e commerciali, conferenze, concerti e
lezioni e i dialogo diretto con membri delle istituzioni e celebrità.
L’utilizzo di Twitter da parte dei brand non ha avuto gli stessi sviluppi rispetto a Facebook,
dove le inserzioni promozionali sono state permesse e incentivate grazie all’introduzione di
servizi come Facebook Ads e Facebook Offers.30 A oggi esiste la possibilità di creare tweet
(denominazione del messaggio istantaneo da 140 caratteri) sponsorizzati, ma il servizio si
trova ancora in una fase embrionale.
Un ulteriore utilizzo diffuso del sito è il customer care, ossia l’assistenza ai clienti per quanto
riguarda i prodotti, ma anche il dialogo con questi ultimi su diversi piani.
28
Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati.
29
Grazie alla funzione hashtag, è possible utilizzare Twitter per commentare eventi e conferenze in tempo reale.
Cfr www.support.twitter.com/articles/253564-cosa-sono-le-etichette-hashtag#.
30
Servizi forniti da Facebook alle aziende per pubblicare annunci pubblicitari in aree dedicate o proporre offerte
agli utenti in cambio dell’iscrizione alla pagina. Cfr www.facebook.com/help/offers.
19
L’attendibilità informativa e la serietà dei contenuti sono i principali risultati percettivi, anche
se superficiali e limitativi, che distinguono Twitter da altre piattaforme social e fanno in modo
che brand, associazioni, movimenti e istituzioni si servano del medium, in maniera peculiare,
differenziando il tone of voice ma anche la natura stessa dei messaggi.
Uno strumento, che conferisce a Twitter una posizione interessante e peculiare nell’ambito
della comunicazione online è l’hashtag. Introdotti nel 2007, gli hashtag consistono in metatag
utilizzati su Twitter e su altri social media come Instagram31 e Google+32 (Google Plus) e
hanno la funzione di connotare un tweet come attinente e correlato a un dato argomento.
In questo modo tutti gli utenti possono effettuare una ricerca per temi, e orientarsi facilmente
nell’immensa mole di messaggi brevi quotidiani pubblicati sul social media. L’hashtag è
quindi un metodo per selezionare le notizie, a prescindere dal mittente, e leggere o proseguire
una conversazione tematica molto specifica. Spesso questi termini preceduti da “#”, vengono
decisi e comunicati dagli enti o dai brand per diffondere iniziative precise o permettere di
seguire un evento in diretta leggendo informazioni user generated.
Un’ulteriore implementazione del sito, avvenuta nel 2009, ha introdotto nell’interfaccia
una barra di ricerca e una categoria denominata “Temi di Tendenza”, o “Trending Topics”,
che elenca gli argomenti di maggiore tendenza, ora anche a livello nazionale.
Afferma Biz Stone, co-fondatore e direttore creativo di Twitter:
Ogni aggiornamento pubblico inviato a Twitter da qualsiasi parte del mondo può essere
immediatamente indicizzato e utilizzato per la ricerca in tempo reale. Con questa funzione che
Twitter ha recentemente lanciato, è diventato, a sorpresa, un motore di ricerca per trovare ciò che
sta accadendo ora33.
Com’è noto, il social media ha avuto un forte peso nell’ambito della cosiddetta Primavera
Araba34, dal punto di vista delle comunicazioni da parte dei partecipanti alle rivolte verso
l’esterno, e soprattutto in direzione dei paesi occidentali. La funzione di live twitting, inoltre,
31
Social media app basata sulla tecnologia mobile, adibito alla condivisione di fotografie digitali, modificate con
un effetto vintage, grazie a un filtro fornito dalla piattaforma .web; cfr www.instagram.com.
32
Social
media
di
Google
basato
sul
sistema
delle
“cerchie”
di
conoscenza,
cfr
www.google.com/intl/en/+/learnmore.
33
Traduzione dall’inglese dal post pubblicato da Biz Stone, il 30 aprile , 2009 dal titolo "Twitter Search for
Everyone!" sull’autorevole blog dedicato a Twitter rintracciabile all’indirizzo www.blog.twitter.com.
34
Per approfondimenti: “Il ruolo dei Social Network nelle Rivolte Arabe”. Osservatorio di Politica
Internazionale, n. 40, settembre 2011, approfondimento a cura del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali),
reperibile su www.parlamento.it.
20
permette in numerosi casi di sperimentare forme assembleari partecipate, a livello cittadino,
grazie all’installazione nelle piazze di schermi giganti e la distribuzione di un hashtag
dedicato all’iniziativa: i presenti possono in questo modo esprimere il loro intervento
utilizzando i centoquaranta caratteri del tweet, proiettato pubblicamente e quindi visibile da
tutti. Emerge dunque da queste caratteristiche d’uso il carattere fortemente politico di Twitter
che ha la sua dimostrazione nella trasparenza informativa, grazie al “giornalismo dal basso”,
la tempestiva comunicazione dei fatti in tempo reale e la possibilità di dialogo diretto con le
istituzioni, i cui vicari possiedono profili Twitter ufficiali tramite i quali emettono diverse
dichiarazioni pubbliche.
L’utilizzo che Slow Food fa del social media, come si può notare ripercorrendo i Tweet
sulla pagina di Slow Food Italia 35 verte nuovamente sugli eventi in corso, e quindi
sull’emergenza informativa e il coinvolgimento attivo in attività offline, più legate
all’intrattenimento, alla scoperta delle tradizioni, che alle rivendicazioni di natura politica e
sociale. Molto sovente i testi pubblicati contengono link ad articoli pubblicati sui diversi siti
web legati all’associazione, allo scopo di diffonderli maggiormente utilizzando la rete di
followers. L’attività sul sito di micro-blogging , ancora una volta mette in luce due dati
fondamentali: da una parte le battaglie di natura politica e sociale di Slow Food non passano,
per quanto riguarda la comunicazione online, per la contestazione o per la rivendicazione, ma
prediligono la strada dell’educazione, dell’informazione e del coinvolgimento attivo;
dall’altra è sempre più evidente come Slow Food tenda a celarsi dietro gli eventi e i progetti
che patrocina, promuove e organizza, mettendo in secondo piano rispetto a essi, una
comunicazione più istituzionale, cioè incentrata sulla narrazione di sé stessa.
2.7
YouTube accorcia le distanze
YouTube36 è il terzo sito web più visitato al mondo, dopo Google e Facebook. Fondato nel
2005 da tre dipendenti di PayPal37, è divenuto proprietà della Google Inc. nel 2006. Ad oggi
rappresenta la piattaforma di video sharing più utilizzata su scala internazionale38. Gran parte
dei video vengono prodotti e caricati sul sito dagli utenti, anche se diverse emittenti televisive
35
Cfr www.twitter.com/slow_food_italy.
36
Cfr www.youtube.com.
37
Servizio di e-commerce multinazionale che permette di effettuare pagamenti online. Cfr www.paypal.com.
38
Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati.
21
o case di produzione pubblicano sulla piattaforma una gran quantità di materiale. YouTube è
gratuito, sia per quanto riguarda la fase di upload che quella di fruizione.
“Broadcast yourself”39 recita il pay off ufficiale, concetto al limite del paradossale che allude a
un modello di broadcasting, il quale però ha origine dagli utenti e non da una singola
emittente. La frase sembra avere un intento provocatorio, poiché YouTube è l’esempio più
rappresentativo della sovversione di un sistema di comunicazione, e soprattutto di
trasmissione di prodotti audio-visivi, secondo uno schema uno a molti.
YouTube è anche un social media: permette agli utenti, ai brand, alle associazioni o alle
istituzioni di creare un profilo personale, denominato “canale”, e di completarlo con dati,
immagini, informazioni e una veste grafica personalizzata. Dunque, gli utenti che dispongono
un canale sono identificabili e possono interagire con gli altri tramite l’area dedicata ai
commenti, sottostante a ogni video.
Le relazioni tra questi ultimi, non alludono alla sfera dell’affettività come su Facebook, ma
denotano una maggiore distanza. Un utente non invia una richiesta d’amicizia virtuale a un
altro, per stabilire un contatto e condividere contenuti user-generated, ma si iscrive al suo
canale. La distanza messa in atto conferisce un’autorevolezza a ogni canale e a quindi a ogni
utente che lo gestisce: tutti quanti possono divenire gli emittenti, e al contempo essere i
destinatari di nuovi contenuti.
Su YouTube vengono caricati ogni minuto sessanta ore di video40. Molti documentano il
quotidiano, e fanno riferimento alla sfera del privato che, grazie alla potenza di diffusione del
mezzo, immediatamente diventa pubblico. Basta accedere al sito e navigare tra i canali per
accorgersi che molti dei contenuti pubblicati sul social media sono invece di natura
promozionale o pubblicitaria.
È ormai d’uso per molti brand, per citarne alcuni FIAT41 e
IKEA, produrre materiale promozionale in forma audiovisiva, indirizzato specificatamente
alla distribuzione su YouTube. Il canale ufficiale IKEAItalia42, ad esempio propone diverse
categorie video, tra le quali spiccano un raccolta di spot TV (“SPOT TV e dintorni”) e una
sezione denominata “IDEE in più”, che dimostra come i brand più all’avanguardia
nell’ambito della comunicazione online, utilizzino Youtube per fornire e organizzare
materiale aggiuntivo, approfondimenti tematici dedicati a chi esprime intenzionalmente una
volontà di approfondimento.
39
Il pay off compare accanto a Youtube nel testo sei risultati di ricerca di Google.
40
Cfr www.onehourpersecond.com.
41
Cfr www.youtube.com/user/fiatontheweb.
42
Cfr www.youtube.com/user/ikeaitalia.
22
Lo spazio d’azione per le aziende e le marche commerciali su questo social media è
particolarmente ampio rispetto ad esempio a Twitter e alla piattaforma di recente diffusione
Pinterest: i brand possono infatti aprire, pagando una quota, canali con funzioni specifiche e
possono veicolare contenuti pubblicitari attraverso spazi creati ad hoc come i masthead43 o i
banner laterali. Una novità introdotta nel 2011, impone la visione di alcuni contenuti
pubblicitari al principio e alla fine di molti tra i video più visionati.
I brand colgono, grazie alle prerogative d’uso e grammaticali del mezzo, l’opportunità di
variare da un punto di vista tecnico e contenutistico parte della loro comunicazione
pubblicitaria, di prodotto e istituzionale, caricando spesso sul sito contenuti di natura
differente rispetto agli schemi canonici del video advertising, i quali continuano a essere
rispettati nel caso degli spot TV: video realistici dal taglio amatoriale, interviste, candid
camera, making of di eventi, riprese di conferenze e interventi pubblici e attività di guerrilla
marketing44, sono alcuni dei nuovi linguaggi mutuati da altri usi della produzione audiovisiva,
e fatti propri dai brand su YouTube.
Il social media risponde positivamente a molte diverse esigenze strategiche. Prima tra tutte
la viralità, garantita anche dall’ausilio diffusivo di altri social media come Facebook, intesa
come la diffusione capillare o il passaparola virtuale, tra gli utenti di una realtà reticolare, di
un contenuto contraddistinto da una certa originalità. In secondo luogo il dialogo alla pari,
permessa da un mezzo che fa del rifiuto della logica del broadcasting il suo paradigma, e che
si costituisce territorio neutrale. Gli utenti privati e i brand su YouTube hanno accesso alle
stesse informazioni e alle medesime risorse (fatta eccezione per quelle economiche e per gli
spazi pubblicitari a pagamento). Entrambi possono pubblicare video e diffonderli attraverso la
propria rete di contatti e potenzialmente ottenere una visibilità su scala mondiale. Questa
consapevolezza ha permesso alle marche, e in realtà anche alle istituzioni e ad alcune
associazioni di portata internazionale, di tramutare la pariteticità in un vantaggio strategico: i
brand hanno cominciato, come si è già accennato, a fare propri alcuni paradigmi linguistici
tipici dei video amatoriali più virali e più apprezzati, avvicinandosi ancora di più al proprio
pubblico potenziale, assumendo un tono informale e amichevole e quindi conquistando la
fiducia degli utenti.
In realtà alcuni di questi linguaggi, tra cui la diffusione sul web di riprese di manifestazioni
pubbliche, video-interviste e dimostrazioni creative in territorio urbano tramite strumenti non
43
44
Banner video generalmente interattivo posto nella fascia superiore dell’homepage di YouTube.
Strategia di comunicazione, prevalentemente offline, che prevede costi ridotti e un approccio non
convenzionale. Cfr www.gmarketing.com.
23
convenzionali, come ad esempio i graffiti, sono propri già da molti anni delle associazioni e
dei movimenti politico sociali, come si può notare ad esempio osservando alcune iniziative
della già citata Greenpeace, o del recente movimento giovanile Occupy Wallstreet45, avvenute
offline, per le strade delle città ad esempio, ma veicolate in tutto il mondo tramite il web.
Basti esplorate sul sito internazionale di Greenpeace, la sezione Victories timeline 46 che
contiene un riassunto in ordine cronologico di tutte le istanze dell’associazione-movimento e
delle relative azioni comunicative.
Un altro aspetto per cui YouTube risponde adeguatamente alle esigenze dei brand, è quello
che in marketing viene definito storytelling, ossia l’approccio narrativo.
Ciclicamente nel mondo della pubblicità commerciale i brand provano ad abbandonare una
retorica delle emozioni, assai legata al mondo dell’advertising televisivo, per indirizzare i
propri prodotti di comunicazione verso la narrazione, ossia il marketing del racconto. Ciò
accade quando si acquista la consapevolezza che ciò che si mira a ottenere non è
l’approvazione o il convincimento del pubblico ma la sua compartecipazione e solo
l’esperienza diretta e il coinvolgimento in un’azione interattiva possono portare a essa.
La narrazione accorcia le distanze tra due soggetti, innesca procedimenti mimetici e favorisce
l’immedesimazione, ingaggiando al contempo la sfera delle emozioni e quella dell’identità
dell’individuo.
Lo storytelling è un approccio, come si è già potuto riscontrare, che contraddistingue molti dei
canali di comunicazione online e offline di Slow Food. Per quanto riguarda il canale YouTube
SlowFoodItalia47, che conta, a settembre 2012, 333 iscritti, 184 video caricati e circa 61.000
visualizzazioni, la dimensione narrativa è predominante: una serie di video, caricata e poi
veicolata anche sui siti web è denominata proprio “Terra Madre Tales”, letteralmente
dall’inglese Storie di Terra Madre. Direttamente collegati al progetto di rete internazionale, i
video, dal taglio documentaristico, coinvolgono alcuni esponenti delle “comunità del cibo”48 e
le loro storie di produzione, cultura e abitudini alimentari. I video relativi a un’altra iniziativa
di Slow Food, Cibi che cambiano il mondo49, offrono agli utenti la possibilità di conoscere le
storie incredibili di produzioni agricole e tradizioni culinarie di esigue realtà sociali, ai confini
45
Movimento di contestazione pacifica nato il 17 settembre 2011 a Zuccotti Parl (USA). Per approfondimenti si
rimanda a www.occupywallst.org.
46
Cfr www.greenpeace.org/international/en/about/history/Victories-timeline.
47
Cfr www.youtube.com/user/SlowFoodItalia.
48
Cfr www.terramadre.info.
49
Terra Madre Tales e Cibi che cambiano il mondo consistono in due filoni tematici veicolati tramite il canale
YouTube di Slow Food Italia.
24
del mondo. L’obiettivo che Slow Food si prefigge di perseguire con una strategia
comunicativa di tipo narrativo, utilizzando la piattaforma di video sharing più diffusa sul web,
non è di natura commerciale, ma informativo ed educativo. Si può dunque affermare che pur
non essendo un brand in senso stretto, Slow Food utilizzi il mezzo YouTube e i prodotti
audiovisivi, alla stregua di molte marche, scegliendo cioè di raccontare alcune storie che
contribuiscono a coinvolgere gli utenti, rilasciando al contempo informazioni sull’argomento
di trattazione e sull’emittente stesso del messaggio.
Slow Food utilizza il canale con adeguata disinvoltura e conoscenza del mezzo, come
collettore di materiali audiovisivi d’archivio e di nuova produzione. Un altro elemento
caratterizzante dell’attività dell’associazione su YouTube è la trasparenza, non in senso
semiotico ma in senso amministrativo. I video infatti sono organizzati in playlist, una
funzione di YouTube che permette di inserire le clip in cartelle tematiche che verranno
riprodotte in sequenza. Ogni playlist sul canale SlowFoodItalia è dedicata a un tema, come ad
esempio “Salone del Gusto” e “Cos’è Slow Food?”. Due di questi temi sono particolarmente
emblematici del tentativo dell’associazione di conferire trasparenza, e quindi pubblicità, nel
senso giuridico di conoscibilità del proprio operato, delle misure politiche e organizzative: si
tratta della “cartella” dedicata al materiale video del VII Congresso Nazionale di Slow Food
Italia50 tenutosi nel 2010 ad Abano Terme.
La pubblicazione delle immagini e degli interventi relativi al momento istituzionale più
determinante per la vita associativa, è una scelta strategica che avvicina questa volta Slow
Food a realtà partitiche e associative di alto livello, nonché a diversi movimenti politici e
sociali che fanno della trasparenza un valore fondativo e sono generalmente propensi alla
diffusione pubblica di momenti assembleari, elettivi e ufficiali.
L’ultimo tema, la cui playlist conta ventiquattro video, è completamente dedicato alla figura
di Carlo Petrini, personalità simbolo di un movimento, guida in campo teorico e pragmatico,
editore dei “libri sacri” che ispirano e comunicano verso l’esterno l’attività e la filosofia
dell’associazione. La “cartella” dedicata al Presidente Internazionale di Slow Food, raccoglie
alcuni dei suoi interventi pubblici più emblematici, avvenuti in occasione di manifestazioni,
conferenze ed eventi dedicati a temi come la sostenibilità ambientale, la preservazione della
bio-diversità e la promozione di nuove abitudini alimentari. La dimensione associativa e
politica è nuovamente in evidenza: l’accento sul leader carismatico del movimento, la delega
simbolica a esso di un intero sistema valoriale, fanno pensare a una strategia comunicativa
ben ponderata in cui viene designato un unico narratore d’eccezione.
50
Cfr www.slowfood.it/16/vii-congresso-di-slow-food-italia.
25
Il canale di YouTube di Slow Food International 51 , conta solo ottantacinque iscritti e
cinquantotto video caricati, alcuni dei quali sono le versioni sottotitolate in inglese dei video
presenti su SlowFoodItalia. L’organizzazione in playlist non è presente, e le interazioni e le
visualizzazioni da parte degli utenti sono scarse.
Una delle motivazioni alla base di un’attenzione limitata da parte del pubblico, deriva
probabilmente dell’assenza dell’icona di YouTube sul sito web internazionale, e quindi del
link al rispettivo canale. Persino la descrizione dell’associazione nell’area dedicata è
praticamente assente e riporta solo il collegamento al sito www.slowfood.com.
In questo caso si può parlare di un uso del medium YouTube come archivio: non sembra
esserci dunque nessuna strategia dietro all’utilizzo del canale e all’organizzazione dei video, i
quali vengono caricati probabilmente per poi essere inseriti tramite link o incorporati su altri
supporti come le pagine Facebook o i siti web52.
2.8
Pinterest: nuove ispirazioni
Un nuovo sito web, annoverabile tra i social media più visitati su scala mondiale, ma di
recente diffusione, conta a circa due anni dalla sua apertura in versione beta, cioè in fase di
collaudo, 12 milioni di iscritti53, Pinterest54 è una piattaforma di image content curation,
consente cioè di raccogliere in “bacheche virtuali” tematiche dette board diversi link e
immagini considerate degne di interesse da parte degli utenti o rilevanti e rappresentative da
parte di marche commerciali, riviste, istituzioni e associazioni. Il nome del social media
deriva dalla felice crasi tra i termini pin (verbo inglese to pin, in italiano “appendere”) e
interest (letteralmente tradotto dall’inglese “interesse”).
La prerogativa caratterizzante di Pinterest risiede nella sua interfaccia: le immagini (grafiche e
fotografiche) detengono una posizione di netta preponderanza rispetto agli altri elementi. Il
social media viene utilizzato alla stregua delle diverse piattaforme di social bookmarking55
51
Cfr www.youtube.com/user/SlowFoodInt/videos.
52
Per inserire un contenuto video in un sito web, è preferibile aggiungere un link o “incorporare” ilvideo nel
codice di programmazione (embed). Questo verrà riprodotto sul sito in questione, ma tramite il player di
Youtube.
53
Sulla base dei dati tratti da www.audiweb.it/dati.
54
Cfr www.pinterest.com.
55
Condivisione online di “segnalibri” virtuali, ossia link a contenuti del web, organizzati per tematiche e
catalogati tramite metatag.
26
come ad esempio Delicious56, per segnalare e conservare immagini e video degni di nota
reperiti sul web, e organizzarli tramite categorie tematiche, in modo da facilitare la
condivisione e la reperibilità da parte degli altri utenti interessati al medesimo argomento. Le
immagini possono consistere in link di contenuti presenti su altre piattaforme online, oppure
possono essere caricate direttamente su Pinterest, grazie al tasto upload. Il risultato è una
composizione di fotografie o elaborazioni grafiche inserite in schede di diverse dimensioni,
contenenti una descrizione testuale e diversi tasti per la condivisione. La componente social
del sito deriva dalle tre possibilità di interazione offerte agli utenti relativamente a ogni pin57,
ossia Repin, Like e Comment: la prima permette di pubblicare sul proprio profilo un elemento
a partire dalla bacheca Pinterest di un altro utente; il tasto “Like” denota il gradimento di
un’immagine mentre “Comment” si riferisce alla possibilità di rilasciare un commento
personale a un pin.
Pinterest non è solo un collettore di “segnalibri” virtuali ma si propone esplicitamente come
“bacheca di ispirazioni”, come si evince dal pay off ufficiale: “Organize and share things you
love”58 .
Il social media ha cominciato a destare l’interesse dei brand, per la sua funzione di “vetrina
dei desideri”. La natura commerciale di Pinterest è confermata anche da una delle principali
categorie di ricerca dei pins, denominata Gifts, (in italiano, “Regali”), che permette agli utenti
di filtrare le immagini (o i video) in base al prezzo, con lo scopo specifico di trovare
ispirazioni per gli acquisti.
Un altro aspetto che interessa le marche è la veicolazione di traffico sul proprio sito web:
trattandosi di link, infatti, i pins organizzati nelle diverse cartelle costituiscono dei veri e
propri collegamenti ipertestuali diretti a contenuti esterni.
Come già specificato precedentemente, la presenza di Slow Food su questo nuovo social
media basato sulla condivisione di immagini evocative, è limitata ad alcune realtà locali
prevalentemente canadesi e statunitensi. Non vi è traccia di un profilo internazionale né di uno
italiano, segno dell’assenza di una strategia di comunicazione unitaria e coordinata:
naturalmente Pinterest ha registrato, come spesso accade per le piattaforme di comunicazione
digitale, una più rapida e precoce espansione in America del Nord.
56
Cfr www.delicious.com.
57
Dall’inglese, spillo o puntina. Deriva dal verbo inglese to pin, appendere.
58
Pay off ufficiale della piattaforma pubblicato sulla pagina di “benvenuto”. Compare prima di effettuare il
login.
27
Il medium però denota delle incredibili potenzialità comunicative, adatte al tipo di strategia
che Slow Food applica generalmente tramite i suoi canali online. Pinterest si presta, infatti,
come piattaforma ideale per operazioni di visual storytelling, ossia di narrazioni per immagini
finalizzate alla promozione di un prodotto, un brand, un’iniziativa. Visitando le pagine
Pinterest delle diverse condotte statunitensi, si rileva in quasi tutte la presenza di un board
dedicato agli eventi di portata cittadina e regionale organizzati dall’associazione o da enti
partner. Tra le altre bacheche tematiche spiccano quelle che raccolgono link a ricette e
tradizioni culinarie locali e le Garden Tips & Ideas, ossia consigli e proposte per un
giardinaggio creativo. Degna di nota sulla pagina Pinterest di Slow Food Columbia59, il board
denominato “Education resources for Tasty Tomato Festival July 15, 2012”60 che raccoglie
diverse immagini grafiche informative, relative alle diverse tipologie di pomodoro.
Per esprimere una valutazione generale in merito alla strategia d’azione di Slow Food su
Pinterest, si dovrà probabilmente attendere che il social media goda di una maggiore
diffusione, anche in Europa e che la nuova piattaforma desti l’interesse dell’ associazione a
livello internazionale.
I maggiori brand e le più grandi multinazionali, generalmente pionieri assoluti dei nuovi trend
comunicativi, si sono accorte del potenziale di Pinterest e stanno sperimentando le prime
pratiche di advertising interattivo, come i concorsi e i progetti che prevedono la
partecipazione attiva dell’audience. Degna di nota, ad esempio, l’iniziativa Color Me Inspired
Contest61 promossa dalla pagina Pinterest di Guess, nota marca d’abbigliamento: il brand
chiedeva agli utenti di creare delle board tematiche, organizzate cioè per colore, con
l’obiettivo di premiare l’utente la cui bacheca avrebbe ottenuto più like. Operazioni di questo
tipo hanno la funzione di creare traffico e conversazione online attorno a una marca,
coinvolgendo e divertendo gli utenti in un’attività ludica che contribuirà alla reputazione
positiva del brand.
Per quanto riguarda le associazioni/movimenti e le organizzazioni non governative, le pagine
di Amnesty International62 e di Greenpeace63 offrono un esempio virtuoso di come potrebbe
essere utilizzato Pinterest a livello di campagne di sensibilizzazione e narrazione dei fatti di
interesse politico e sociale. Sul profilo Pinterest di Greenpeace Australia64, ad esempio, si può
59
Cfr www.pinterest.com/slowfoodcola.
60
Cfr www.pinterest.com/slowfoodcola/education-resources-for-tasty-tomato-festival-july.
61
Cfr www.pinterest.com/guessinc/color-me-inspired-contest.
62
Cfr www.pinterest.com/amnestyusa.
63
Cfr. www.pinterest.com/greenpeace.
64
Cfr www.pinterest.com/greenpeaceaustp/
28
notare come le numerosi immagini pubblicate siano suddivise in board tematiche molto
specifiche: alcune sono dedicate ai momenti di mobilitazione attiva, altre a composizioni
grafiche tematiche che riassumono alcuni concetti base dell’associazione, altre ancora
propongono immagini “positive” di paesaggi e meraviglie naturali, puntando sulla loro
componente emotiva. La grande potenzialità di Pinterest risiede nella sua struttura visiva “a
vetrina”: con un solo sguardo è possibile dunque individuare tutte le tematiche di interesse, le
istanze, le attività, per quanto riguarda un’associazione, una marca, un movimento, e
raccogliere le prime informazioni utili sull’identità di un ente e le sue strategie comunicative.
2.9
Le App: marketing e servizi per tecnologia mobile
Finora l’analisi della comunicazione online di Slow Food, ha evidenziato un numero
consistente di canali web, attraverso i quali l’associazione veicola i suoi contenuti, le
informazioni su sé stessa e sugli eventi in corso. In forme e intensità differenti, su tutti i media
attraverso i quali si è svolta l’indagine, si registra la presenza sia di una comunicazione
aziendale o di marca, sia di una comunicazione di movimento. È dunque l’uso,
l’organizzazione dei contenuti, la frequenza di aggiornamento, l’utilizzo dei termini e degli
elementi visivi e figurativi che denota la differenza tra i due approcci strategici, che come si
comincia a evincere, non si dimostrano comunque molto distanti.
Vi è un ambito della comunicazione digitale, di recente diffusione, al quale, però osservando
l’elenco delle applicazioni in commercio sui due principali mercati, i movimenti politicosociali sembrano avvicinano ancora con circospezione, al contrario dei brand e delle
istituzioni.
Si tratta delle azioni di marketing e dei servizi destinati alla tecnologia mobile: essi consistono
nella distribuzione di prodotti e software, a scopo informativo, di intrattenimento o
promozionale su dispositivi mobile, quali telefoni cellulari dotati di specifiche funzioni
(comunemente denominati smartphone), tablet e palmari. Questa nuova area della
comunicazione prende in prestito linguaggi, sia informatici che verbali, strutture ed elementi
grafici dai canali web, rimediandoli65 e adattandoli alle interfaccia di più esigue dimensioni e
alle prerogative tecniche e d’uso dei device portatili.
65
Si allude alla teoria della “rimedi azione”. Per approfondimenti: Bolter J. D. e R. Grusin, Remediation.
Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano 2003, pp.315.
29
In realtà si può affermare con fermezza che la comunicazione mobile, in una delle sue
espressioni più interessanti, ossia le applicazioni o app, sia direttamente collegata ai servizi e
ai canali web, anzi ne faccia parte a tutti gli effetti.
Le applicazioni, infatti, vengono scaricate dagli utenti a partire dalla rete e alcune di esse
garantiscono il proprio funzionamento solo in caso di collegamento a Internet (con rete di dati
a pacchetto66 o connessione Wi-Fi).
Oltre alle app, vanno segnalate inoltre le versioni per mobile di un grande quantitativo di siti
web: questi ultimi vengono adattati ai device, garantendo un elevato livello di usabilità e una
maggiore facilità di lettura dei contenuti, nel caso di accesso da cellulare o tablet.
Se nel secondo caso, riscontriamo l’utilizzo dello strumento multimediale da parte di alcuni
movimenti politici e sociali, nel caso delle app, si tratta di un ambito in cui questi ultimi non
hanno ancora imposto la loro presenza in maniera massiccia quanto invece i brand
commerciali.
Le motivazioni possono essere molteplici e vanno dalla difficoltà di programmazione di
un’applicazione (esistono linguaggi di programmazione open source ma non vi sono ancora
piattaforme facilitate per la scrittura di programmi mobile come ad esempio Wordpress per la
costruzione di un sito-blog gratuito), ai costi: a differenza delle piattaforme di blogging e dei
social media, lo sviluppo di applicazioni per dispositivi portatili implica l’affiliazioni a
mercati chiusi e privati, che comporta una procedura. I mercati interessati sono ad esempio
l’Android Market, Samsung Apps e l’AppStore per iPhone e iPad (siti web che distribuiscono
gratuitamente o a pagamento applicazioni mobile per principali sistemi operativi), tramite il
quale ad esempio è possibile distribuire la propria applicazione a partire da circa ottanta Euro
all’anno. Ai costi di inserimento nei diversi market online e ai costi di design e sviluppo,
vanno aggiunte le consultazioni di esperti legali, poiché in molti casi esistono problematiche
legate alla sicurezza e alla gestione della privacy. Alcune applicazioni permettono, inoltre, la
gestione di dati, per cui nascono esigenze di sincronizzazione tra database locali e altri remoti.
Non sempre i movimenti politici vantano una disponibilità economica elevata, e le risorse
vengono dirottate raramente sui nuovi media e su mezzi di comunicazione digitale, fatta
eccezione per quelle organizzazioni politicizzate nate in concomitanza con lo sviluppo del
web 2.0 e la diffusione dei social media.
Un’altra motivazione alla base della scarsa attenzione dei movimenti nei confronti del mobile
marketing è rintracciabile nella porzione di pubblico che solitamente accede a queste
piattaforme: si tratta di un target specifico che non coincide con la totalità degli utenti web;
66
Connessione a internet tramite rete mobile.
30
deve essere in possesso di un telefono cellulare o un tablet dotato di sistema operativo e
connessione a Internet, prerogativa che restringe molto il campo, in questa fase in cui non è
ancora avvenuta una penetrazione completa di queste tecnologie e vi ancora un rimarchevole
divario digitale67 tra gli utenti.
Molti movimenti, lontani da qualsiasi forma di organizzazione partitica, generalmente non
sono dotati di un struttura tale da poter avvalersi di un ufficio di comunicazione interna e di
conseguenza da poter attuare strategie comunicative complesse, come la progettazione e la
messa sul mercato di un’ app, che implicano una scelta accurata dei canali, una pianificazione
coordinata e organica e un impiego di ingenti risorse tecniche ed economiche.
In questo senso la struttura interna e l’organizzazione di Slow Food si avvicinano
maggiormente a quelle di un brand: come si è potuto notare dai paragrafi precedenti, infatti vi
è nell’associazione una notevole attenzione nei confronti dei nuovi media68 e un forte impiego
di risorse in quella che risulta essere una strategia di comunicazione integrata e capillare. A
confermare questo dato vi sono le numerose applicazioni per smartphone e tablet, realizzate
sia per il mercato Apple che per quello afferente ad Android. Alcune di esse, a pagamento
consistono nella versione per mobile di alcune guide come Locande d’Italia69 e Gambero
Rosso70. Altre invece, gratuite, riguardano diversi eventi e kermesse71 e contengono numerosi
materiali consultabile sia online che offline: informazioni per orientarsi nei luoghi dell’evento,
appuntamenti e oratori, materiale aggiuntivo, notizie brevi e curiosità e social release, ossia
tweet
67
e
post
pubblicati
dagli
utenti
e
pertinenti
all’evento.
Digital divide; definisce la differenza d’accesso alle nuove tecnologie e ai mezzi di informazione digitale da
parte di porzioni di popolazione. Cfr www.digitaldivide.net.
68
Cosenza G., Op. cit. p. 9
69
Cfr www.itunes.apple.com/it/app/locande-ditalia-2013-la-guida/id526987602?mt=8.
70
Cfr www.itunes.apple.com/it/app/gambero-rosso-magazine/id401148186?mt=8.
71
Cfr www.play.google.com/store/apps/details?id=it.riot.client.android&hl=en. App relativa al Salone del Gusto
e Terra Madre 2012.
31
3. Analisi dei testi
3.1
I generi del web
Nel tentativo di analizzare alcuni testi specifici legati all’attività di comunicazione online di
Slow Food, utilizzando gli strumenti della semiotica, si è deciso di focalizzare un primo
sforzo di lettura interpretativa sulla home page del portale internazionale dell’associazione,
individuabile con l’url www.slowfood.com. L’analisi del sito web o di alcune porzioni del suo
contenuto, soprattutto mirata a rintracciare (in esso) alcune strategie comunicative
appartenenti al mondo dei brand e dei movimenti politico-sociali, non può prescindere da una
chiarificazione per quanto riguarda i generi del web.
In base alla composizione visiva, figurativa e plastica ai contenuti e agli obiettivi specifici
è possibile suddividere i siti web in diversi generi. Come osserva Piero Polidoro nel suo
articolo Teoria dei generi dei siti web: “I generi non sono più caselle rigide che coprono tutto
il campo testuale e hanno valore prescrittivo, ma sono raggruppamenti di testi che
manifestano costanze e similitudini e sono organizzati attorno a un nucleo più o meno definito
e dal quale possono trovarsi più o meno lontani”1.
L’autore evidenzia un’ulteriore problematica nella categorizzazione di genere, che riguarda la
natura sincretica dei siti web; quello sincretico è infatti un testo il cui piano dell’espressione è
costituito da linguaggi differenti. I testi sincretici, secondo la semiotica greimasiana,
coinvolgono “una pluralità di linguaggi costituita da sistemi semiotici articolati su due
sostanze dell’espressione, visiva e sonora ”2.
Come osserva Cosenza: “un testo sincretico organizza linguaggi eterogenei in una strategia di
comunicazione unitaria, cioè presenta marche sintattiche, semantiche, pragmatiche di
coesione e coerenza che rimandano alla stessa istanza di enunciazione”3 .
S’incappa dunque in un problema metodologico: la categorizzazione di genere, non può
basarsi sull’analisi di un unico linguaggio, di un solo codice espressivo: l’attenzione deve
essere posta simultaneamente su diversi livelli, senza però negare, a seconda del caso, una
1
Polidoro P. “Teoria dei generi e siti web”, in Cosenza G. (a cura di)Versus, n. 94-96, gennaio-dicembre 2003,
"Semiotica dei nuovi media", pp. 213-229.
2
Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 131.
3
Ivi p.19.
32
maggiore pertinenza di un livello o di una forma espressiva, e una prevalenza di esso sugli
altri.
Vi sono esempi oltretutto, in cui l’individuazione del genere di riferimento è supportata da più
sostanze dell’espressione e diversi sistemi semiotici che concorrono tutti a un’interpretazione
univoca e coerente.
3.2
Un portale verticale
Rispettando dunque il principio per cui sono molteplici gli elementi e i livelli espressivi da
tenere in considerazione per una classificazione di genere di un sito web, proviamo in questa
sede a dare una definizione soddisfacente del sito di Slow Food International. Come già
accennato nei precedenti capitoli per necessità discorsive ma senza un’adeguata
argomentazione, si può affermare che esso si tratti di un vero e proprio portale. Da un punto di
vista contenutistico e pragmatico, un portale è riconoscibile in base alla presenza di strumenti
di ricerca, canali, risorse di contenuto e di attualità informativa, servizi orientati al
consumatore, strumenti di comunicazione e di utilità personale, sistemi di accesso multicanale
e sistemi di personalizzazione4.
Un altro aspetto riguarda l’interfaccia e le sue componenti plastiche 5 . Molti portali, in
particolar modo quelli dedicati all’informazione, hanno una struttura visiva molto simile a
quella della prima pagina di un quotidiano. La struttura originariamente aveva il fine di
consentire all’utente di fruire più facilmente dei contenuti inseriti in uno schema visivo che
conosceva. Come accade per le pagine dei giornali infatti, sul molti siti web dedicati
principalmente all’informazione e all’organizzazione di contenuti visivi e testuali, sin dalle
origini della programmazione online,sino agli attuali portali in html5, si nota, per esempio, dal
punto di vista eidetico la prevalenza di forme rettilinee e ortogonali (rettangoli, quadrati, ecc.)
e da quello topologico un’organizzazione prettamente rettilinea (basata ossia sulle opposizioni
alto/basso, destra/sinistra)6.
Altre tipologie, o per meglio dire altri generi di sito web, presentano una composizione visiva
in cui prevalgono le categorie topologiche curvilinee, ossia inglobante/inglobato,
4
Calvo M., Frontiere di rete: Internet 2001: cosa c'è di nuovo, Laterza, Roma 2001, p.11.
5
Greimas, A. “Semiotica figurativa e semiotica plastica”, in Fabbri P. e G. Marrone (a cura di), Semiotica in
nuce, Meltemi, 2002, pp.196-210.
6
Ibidem.
33
centrale/periferico, e da un punto di vista eidetico le forme curve e continue7. Sono questi
alcuni siti in Flash8, generalmente di prodotto, come ad esempio molti “automotive web
special”, ossia siti web creati ad hoc per il lancio di una nuova automobile, caratterizzati
generalmente da un’interfaccia grafica molto innovativa e accattivante e da diverse opzioni
interattive mirate al coinvolgimento e all’entertainment. La struttura e la composizione
plastica di questi website, non è vincolata dalla necessità di fornire in maniera chiara,
leggibile, obiettiva e accessibile a chiunque i propri contenuti.
In seguito a questa breve digressione, utile a chiarire con efficacia le differenze su un piano
visivo tra un portale e altri generi di website, si può tentare di dimostrare, partendo dalla
composizione visiva, che il sito web Slow Food International può essere definito un portale, e
più precisamente un portale verticale poiché dedicato a un pubblico specializzato e ad
argomenti non generalisti.
3.3
Analisi visiva dell’homepage
Come prima osservazione si noti come sull’homepage in questione, dal punto di vista eidetico
prevalgano le forme ortogonali e geometriche e da quello topologico l’organizzazione
rettilinea, alla stregua delle pagine dei quotidiani cartacei, scelta che notoriamente favorisce la
semplicità di fruizione dei testi scritti e instilla un senso familiarità strutturale nel “lettore”.
Da un punto di vista cromatico si può notare come lo sfondo della pagina sia bianco, escluse
le due sottili bande grigie laterali che sembrano avere la funzione di incorniciare il testo.
Sulla homepage di Slow Food International, prevalgono in maniera evidente colori molto
saturi: non si notano chiaroscuri, né effetti di profondità e le tinte dominanti sono il grigio, il
rosso, il nero e il bianco.
Procedendo con la segmentazione, si può provare a suddividere la pagina web in diverse
“sezioni”, ossia tre fasce di contenuti che rimediano9 palesemente la struttura dei giornali
cartacei: la prima fascia, quella superiore, consiste in quello che in programmazione e
comunicazione digitale viene chiamato header.
7
Cfr Thürlemann, F., Paul Klee:analyse semiotique de trois peintures, L’age de l’homme, Losanna 1982.
8
Adobe Flash è una piattaforma multimediale utilizzata come linguaggio di programmazione per siti web e
video d’animazione. Cfr www.adobe.com/products/flash.html.
9
Si allude alla “rimediazione”. Cfr Bolter G. D. e R. Grusin, Remediation. Competizione e integrazione tra
media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano 2003.
34
Figura 1. Header del sito web di Slow Food International.
Quest’ultimo è costituito da un rettangolo lungo quanto l’ampiezza del sito: all’estremo
sinistro campeggia il logotipo dell’associazione, ossia la chiocciola rossa di Slow Food, in
una sua rappresentazione inconsueta ed elaborata. Sulla destra dell’header compare un banner
pubblicitario relativo all’evento in corso: esso muta a seconda dell’evento, del salone, del
congresso che merita più urgenza comunicativa. La parte superiore dell’intestazione è
dominata da una sottile fascia nera che costituisce il menù secondario, le cui voci non sono
prioritarie per il reperimento delle informazioni. La parte inferiore dell’header è il menù
principale: l’area di vetrina e collegamento di tutti i contenuti di natura informativa a cui si
vuole conferire più importanza gerarchica: “Home”, “About Us”, “What we do”, “Where we
are”, “What You Can Do”, “Our Events”, “Food for Thought”10.
L’area sottostante il menù, è una zona ibrida tra l’intestazione e l’inizio della sezione dei
contenuti e delle news: consiste infatti in uno slide show, un’alternarsi scandito di immagini
grafiche che riportano diverse testimonianze di sostenitori della causa.
Figura 2. Area mediana del sito web internazionale di Slow Food: slide show fotografico e menù verticale.
A livello gerarchico è l’area della homepage più evidente per dimensioni e topologia, anche
grazie al meccanismo di rotazione in loop che cattura l’occhio dell’utente modello con il
movimento.
10
Cfr www.slowfood.com.
35
Queste produzioni grafiche, diffuse sul sito web internazionale sono di grande rilevanza per
un’analisi degli intenti del sito, e uno studio attento della strategia enunciativa e del contratto
che l’autore modello stipula con l’utente; verranno analizzate come testo autonomo nei
prossimi paragrafi.
A fianco dello slide show, si trova un terzo menù, sviluppato in verticale e sempre
contenuto all’interno di una forma ortogonale, di colore grigio chiaro, a testimoniare il grande
quantitativo di informazioni reperibili tramite e all’interno del sito. Il menù raggruppa i link
ipertestuali che riguardano l’utente come soggetto delle azioni esplicitate: è il menù del
coinvolgimento, che si rivolge direttamente il “lettore modello”, proponendogli in maniera
assertiva alcune attività.
Il suddetto box rettangolare include anche il campo di registrazione alla newsletter, ulteriore
strumento di comunicazione online che con un gesto semplice di compilazione e registrazione
è possibile ricevere sulla propria casella e-mail, selezionando tra sette lingue diverse, quella
desiderata.
Ancora incluso nel menù verticale sulla spalla destra del sito, l’area social media: presente
ormai in un’ampia maggioranza di siti web e portali, quest’area non va confusa con i “pulsanti
social” di condivisione, che permettono agli utenti di condividere singole porzioni di
contenuto sulle proprie pagine online, secondo le regole della piattaforma scelta per lo
sharing. Essa consiste infatti in un elenco di icone riconoscibili come appartenenti ai diversi
media, le quali costituiscono i link ipertestuali alle diverse pagine ufficiali, in questo caso di
Slow Food International.
La scelta di integrare i collegamenti ai social media sul proprio website, è sinonimo di
consapevolezza da parte dell’ emittente della necessità di utilizzare i canali web in maniera
incrociata e sinergica. Il website istituzionale sarà dunque reperibile a partire dai canali social,
e viceversa. Queste icone inoltre contribuiscono a un affermazione ostentata di onnipresenza
da parte dell’autore modello. D’altro canto, che si tratti di un brand o di un movimento
sociale, di un’associazione o di un organo istituzionale, se l’ente non dimostra una presenza
estesa sul web rischia di apparire obsoleto e di essere carente su alcune aree della
conversazione in rete in cui invece altri saranno più efficaci.
Continuando ad analizzare la pagina web in senso orario, si osserva l’estendersi in verticale
di un blocco tematico sempre delimitato da una forma ortogonale. La colonna laterale sinistra
raggruppa diversi banner, ossia riquadri visivamente complessi composti da fotografie ed
elementi grafici che contengono un link ipertestuale ognuno al proprio contenuto di
riferimento. I banner si riferiscono, infatti, a eventi specifici e temporanei, o a sezioni del sito
36
stesso che necessitano una comunicazione più esplicita. Alcuni di questi riquadri si
avvicinano molto alla logica pubblicitaria, adottando immagini d’effetto e un linguaggio
assertivo che invita l’utente “al click immediato”, ossia all’approfondimento.
Procedendo sempre in verso orario, e quindi sulla fascia inferiore della homepage, si incontra
il footer, elemento molto comune nei portali ma anche all’interno di siti web di
intrattenimento e promozione con un assetto non lineare. Il footer, o piede del sito nel caso di
Slow Food, presenta nuovamente tutte le sottosezioni del portale compresi alcuni link a
contenuti esterni, riorganizzandoli per categoria, in una sorta di sommario sempre presente: il
footer infatti non scompare mai, resta fisso e invariato in tutte le pagine interne al sito.
È in questa sezione orizzontale che ci si percepisce e osserva meglio la grande mole di
informazioni contenute all’interno del portale, le quali, spogliate della veste grafica e
organizzate per categorie semplificano la navigazione in caso di smarrimento e la incentivano.
A sottolinearne l’importanza, anche i collegamenti ai social media vengono riproposti nel
footer. Il corpo centrale della pagina, incorniciato dunque in alto dall’header e dallo slide
show fotografico, a destra dal menù verticale e dalla colonna dei banner e in basso dal footer,
è organizzato anch’esso in maniera lineare dal punto di vista topologico.
Figura 3. Corpo centrale dell’homepage sito web internazionale di Slow Food.
È costituito da tre colonne sviluppate in verticale, intitolate rispettivamente “Slow Food is”,
“Focus” e “Slow Stories”. La colonna Focus in realtà è divisa in due parti e ospita nell’area
inferiore un’ulteriore sezione denominata “Slow Themes”. Queste colonne raccolgono i
contenuti principali, le ultime notizie, le informazioni di base sull’Associazione (nuovamente
37
veicolate da banner grafici che fungono da link) e alcuni racconti inerenti al mondo Slow
Food che si collegano stilisticamente all’approccio “storytelling” scelto per le immagini
contenute nello slide show .
Nella seconda colonna compare inoltre una tag cloud (letteralmente “nuvola”), definita come
“una rappresentazione visiva delle etichette (tag) o parole-chiave usate in un sito web”11.
Questa lista può essere rappresentata in ordine alfabetico, o come accade all’interno della
home page qui analizzata, con una disposizione casuale dei termini. La sua caratteristica è
l’attribuzione di un carattere tipografico di dimensioni direttamente proporzionali
all’importanza delle parole. Più è rilevante un termine, ossia più è intensa la sua frequenza di
utilizzo, maggiore sarà la sua dimensione rispetto agli altri rappresentati nella nuvola e si
tratta dunque di un “elenco pesato”.
A un’osservazione più attenta, però, si scopre che la tag cloud sulla homepage di Slow Food
International, è in realtà una lista pesata simulata: la struttura è quella della nuvola, ma i
termini si riferiscono ad alcuni argomenti molto specifici e iniziative che vogliono essere
messi in evidenza.
Dietro a questo stratagemma rappresentativo, è possibile notare una grande consapevolezza
degli strumenti digitali e visivi del web e un tentativo strategico di aggirarli e utilizzarli allo
scopo di mettere sottolineare alcuni temi di punta che non trovano spazio nei menù principali.
Ogni tag è dunque un link a una pagina interna del sito dedicata a un argomento specifico.
Un’ultima fascia, posta sotto le tre colonne centrali, titolata Slow Food Worldwide, ospita un
corpo di testo che approfondisce la diffusione di Slow Food sul piano internazionale, e una
mappa mondiale navigabile, che, una volta cliccata, rimanda alla pagina interna “Where we
are” (raggiungibile anche dal menù principale).
Posto dunque che si tratta di un portale, uno dei pochi generi del web consolidatosi nella
letteratura e forse l’unico a cui è stato attribuito un termine identificativo, il sito di Slow Food
International fa parte di quella categoria di portali verticali, detti vortali, che si distinguono
per la loro opacità:12 la homepage del sito, definibile sicuramente come macrotesto13 , (come
si è potuto notare dalla descrizione visiva) presenta sistemi di cornici che racchiudono i
singoli testi, confinandoli, integrandoli e rendendo in questo modo evidente il meccanismo di
11
Cfr www.it.wikipedia.org/wiki/Tag_cloud.
12
Cfr Marin, L., Della rappresentazione, Meltemi, Roma 2001, pp. 282.
13
Finocchi, R. e M. Romano, “Il web come spazio di pubblicità: analizzare i siti”, in R. Finocchi (a cura di), Il
commercio del senso, linguaggi e forme della pubblicità, Meltemi, Roma 2006, p. 156.
38
enunciazione. L’assenza di trasparenza, dunque, può certamente far ipotizzare una strategia
oggettivante, tipica dei portali d’informazione o istituzionali.
3.4
Analisi del linguaggio verbale utilizzato in homepage
La pagina web è dunque definibile semioticamente come macro-testo, ossia un testo che
ospita e organizza al suo interno numerosi testi di dimensione minore, di natura sintetica, cioè
implica diversi sistemi semiotici e molteplici sostanze dell’espressione.
L’homepage del sito Slow Food International comprende al suo interno testi che afferiscono
alla dimensione visiva e tattile. Questi ultimi coinvolgono le azioni fisiche effettuate
dall’utente per mezzo degli strumenti tecnologici, come la tastiera del computer o il mouse,
per navigare tra i contenuti.
Interpretando i segni verbali, la scelta lessicale, la forma e il tone of voice della pagina web, è
possibile risalire a una strategia enunciativa, e di conseguenza all’utente modello del sito in
base al quale sono stati organizzati i contenuti.
La prima osservazione, indispensabile per un’analisi testuale di questo tipo, riguarda la
lingua: il sito è interamente in inglese, esclusi quei termini in italiano che costituiscono però il
nome di eventi specifici, come ad esempio Terra Madre14. Il sito in realtà non è consultabile
in nessun’altra lingua, poiché cliccando una delle otto voci del menù a tendina “Language”, si
viene in realtà indirizzati ai diversi siti nazionali.
Prendiamo ad esempio in considerazione il menù principale contenuto nell’header: le singole
voci sono costituite da brevi gruppi di due, al massimo tre termini.
Figura 4. Menù principale dell’homepage del sito web internazionale.
La prima voce, “Home”, è comune a molti portali e riporta l’utente all’homepage a partire da
qualunque area del sito egli si trovi; a volte, ma non è questo il caso, non è esplicitata poiché
viene predisposto un link alla homepage, direttamente sul logotipo, solitamente posizionato in
alto a sinistra, per convenzione di lettura.
La seconda voce recita “About Us” e invia l’utente alla pagina che contiene diversi testi
organizzati in un sotto-menù, i quali rispondono alla domanda “Cos’è Slow Food. Nella
14
Cfr www.terramadre.info
39
scelta di questa locuzione si rintraccia già da subito un tone of voice15 colloquiale, quasi
familiare, che accorcia immediatamente le distanze tra l’autore modello e l’utente modello
come si avrà modo di approfondire nel prossimo capitolo, analizzando le strategie enunciative
di Slow Food sul web.
La dimensione associativa, collettiva, elitaria ma allo stesso tempo inclusiva prende il
sopravvento con le altre due voci del menù, “What we do” e “Where we Are” (Cosa facciamo
e Dove siamo). La presenza del soggetto We non deve essere interpretata come una
puntualizzazione premeditata, poiché dipende dalla costruzione grammaticale inglese.
Con la terza voce del menù, “What You Can Do” entra in scena l’utente modello che viene
caldamente invitato ad agire, e indirizzato sulla qualità della sua azione potenziale. Ma
soprattutto a cui viene aperto uno spiraglio inclusivo. I vari gradi di partecipazione possibile
all’attività di Slow Food potranno poi essere visionati nella pagina interna collegata alla voce
del menù. Dalla lettura interpretativa di questi esigui primi elementi è chiaro come la
dimensione associativa sia preponderante e addirittura ostentata.
3.5
Il logo e le scelte cromatiche
Solitamente il logo è costituito dal nome di una realtà commerciale o associativa tradotta in un
lettering e talvolta in un segno grafico riconoscibile e univoco, e rappresenta la massima
espressione visiva di una marca o di un sistema aggregativo16. Nel caso di Slow Food il logo è
formato dal naming, ossia l’espressione verbale identificativa del brand, restituita tramite
l’impiego di uno specifico carattere tipografico, in questo caso Roman Bauer Bodoni, e da un
logotipo, ossia un segno grafico originale che permette un’ associazione diacronica con la
marca. Il logo, o marchio17 è la principale delle isotopie: è l’elemento visivo costante che
comunica appartenenza e porta con sé, come un’etichetta identificativa tutto quel bagaglio
valoriale, quel sistema assiologico costruito nel tempo, dai prodotti di comunicazione, dagli
interventi pubblici e dai commenti esterni, intorno al brand o al soggetto identificato.
Nel caso dei brand e dei movimenti l’attribuzione di un termine identificativo, che diviene
nome proprio ed esclusivo, è imprescindibile per attuare il meccanismo della distinzione da
altri soggetti e per risolvere la problematica della identificazione dell’emittente in un processo
di comunicazione mediata.
15
Testa, A., La parola immaginata, il Saggiatore, Milano 2009, p. 36.
16
Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 84.
17
Ivi, p. 63.
40
I movimenti sociali necessitano di essere riconosciuti tramite un marchio immediato ed
efficace per prendere le distanze dagli antisoggetti ai quali si oppongono apertamente, ma
anche per favorire l’aggregazione e l’inclusione, ossia il senso di appartenenza. E sempre
l’appartenenza è l’obiettivo ultimo della “marchiatura” di un prodotto o un servizio da parte di
una realtà aziendale o commerciale.
Com’è noto i segni grafici, grazie alle loro qualità mimetiche, sono quelli la cui
interpretazione è sicuramente più immediata e accessibile; basti pensare a simboli la cui
rapidità di significazione è di primaria necessità, come ad esempio i segnali stradali grafici e
le indicazioni cromatiche dei semafori.
All’interno del caos segnico che rappresenta il web, o internet18 in generale, può risultare
particolarmente appropriato per un brand, ad esempio, dare ampio risalto sui propri canali a
quel marchio distintivo che è il logotipo, in modo da risolvere rapidamente ogni dubbio
dell’utente sull’istituzionalità dei contenuti.
Analizzando la presenza dell’associazione online, si osserva come il logotipo rappresenti
un segno ridondante e isotopico all’interno di ciascun macrotesto prodotto e gestito da Slow
Food. Il marchio di Slow Food è un segno iconico, dalla forte componente valoriale, che
rappresenta una chiocciola, o lumaca, monocromatica e stilizzata, composta da due parti
distinte19: a sinistra una spirale piena e abbondante in cui le larghe spire lasciano trasparire
una sottile linea di separazione; a destra il collo e il muso dell’animale-ispirazione,
ampiamente stilizzato e palesemente rivolto verso un’audience o un potenziale osservatore.
La direzione dello sguardo, viene identificata come frontale, in maniera marcatamente
faziosa, poiché non vi è nessun indizio, se non il buon senso e l’abitudine instillata nello
spettatore, che indichi che il muso non sia rivolto all’indietro, verso lo sfondo dell’immagine,
ma in avanti verso chi guarda. “ Ecco, noi siamo per la tartaruga, anzi, per la più domestica
lumaca, che abbiamo scelto come segno di questo progetto. È infatti sotto il segno della
lumaca che riconosceremo i cultori della cultura materiale e coloro che amano ancora il
piacere del lento godimento. La lumaca slow”20.
18
Il web è uno dei servizi più utilizzati di Internet. Internet è un’infrastruttura che, basandosi sullo standard ISO
OSI di comunicazione, mette in collegamento reti di computer. Cfr www.iso.org.
19
Marrone G., "Brand on the run: mirada semiótica sobre Slow Food", in Formas de la lentitud I., Tópicos del
Seminario, 26. Puebla Mexico 2001, p. 82.
20
Manifesto dello Slow Food, 1987. Reperibile all’indirizzo www.slowfood.it/9/statuti-e-documenti-ufficiali.
41
Figura 5. Logo ufficiale di Slow Food.
La lumaca si fa simbolo e ambasciatore di concetti e ideali, alcuni di retaggio storico e
scientifico, altri attribuitile dal movimento-marca , ad esempio nelle parole del Manifesto qui
sopra riportate. La lentezza, in una società industrializzata, basata sull’efficienza, sulla
produzione e sul ritmo, a partire dalle catene di montaggio industriale fino al gremito e
frenetico palinsesto dei canali televisivi, rappresenta un controvalore.
Nella narrazione del mondo possibile21 di Slow Food, la lentezza, e quindi per associazione
logica, la chiocciola, è l’oggetto strumentale che porta al piacere e all’apice euforico, in
contrasto con i modelli dominanti di consumo, lavoro, produzione e anche di godimento.
Marrone, in una sua analisi del segno grafico rileva nella lumaca di Slow Food un’allusione
all’emisfero della etnicità, grazie alla spirale, figura comunemente utilizzata in molte culture
africane22. Il legame con l’Africa, e per estensione di significato, con la cultura rurale che
resiste all’urbanizzazione e alla frenesia occidentale, l’attaccamento e la riscoperta della Terra
Madre, rappresentano uno dei temi di approfondimento dell’associazione, ispiratore di
progetti e campagne sociali. Il rimando figurativo a un’enciclopedia di natura tribale,
aggiunge al segno una connotazione mistica, quasi religiosa, che conferisce a Slow Food le
sembianze di un culto pagato, evoluto e organizzato.
Le sembianze di simbolo “religioso” si attutiscono quando si sposta l’attenzione sul secondo
elemento plastico che compone il logotipo, ossia il muso allungato e dissacrante della
chiocciola, che sembra prendere le mosse, a causa dell’asimmetria e dell’interpretazione
caricaturale, dalla tradizione figurativa delle illustrazioni per bambini o del fumetto.
Mistica e intrattenimento, studio e svago, profondità e superficialità, movimento e brand:
sono queste alcune delle coppie termini non in opposizione che convivono nell’idea di Slow
Food, e il cui risultato ne ispira l’attività e la filosofia.
21
Cfr Volli, U., Manuale di semiotica, Laterza, Roma-Bari 2001.
22
Marrone G., Op. cit., p. 78.
42
La spirale che rappresenta iconicamente il guscio della chiocciola, rimanda a un carico di
ingenti dimensioni assimilabile al “bagaglio di conoscenze”, le cui spire si muovono in senso
orario, ciò simboleggia un movimento verso l’interno, verso il punto d’origine: si tratta del
sapere tradizionale, della riscoperta delle radici soffocate dall’evoluzione irrazionale. La
lumaca “slow” trasporta lentamente e con orgoglio il bagaglio di conoscenze, mentre il muso,
posto in una posizione dominante e avanzata, trascina il guscio, guardando vivacemente verso
l’esterno, verso il nuovo e l’altro o probabilmente verso un futuro che occupa la stessa
posizione dell’osservatore a cui la chiocciola si rivolge, ammiccante, come per invitarlo a
partecipare.
Ecco nuovamente una coppia di termini che alludono a due delle esperienze attive del
brand/movimento: la difesa, la protezione delle risorse attuali e del passato, rappresentata
visivamente dal guscio, e la “propositività” inclusiva accennata dal porzione anteriore della
chiocciola.
Il logo di Slow Food è divenuto riconoscibile a livello internazionale e altamente
simbolico. La sua presenza, anche se in diverse declinazioni plastiche, topologiche e
cromatiche, è la costante che contraddistingue tutti i canali ufficiali di Slow Food online.
Dalla pagina web internazionale ai blog di alcune condotte comunali, compare, generalmente
in alto a sinistra, rispettando una delle convenzioni topologiche del web, la chiocciola con le
spire. Composizione plastica della figura, lettering e carattere tipografico del marchio,
rimangono invariati nei diversi siti web e sulle diverse pagine social. Ciò che muta sono le
dimensioni, le scelte cromatiche, il trattamento degli elementi, la posizione dell’elemento
verbale e in alcune situazioni specifiche l’aggiunta di elementi identificativi dell’area
geografica.
Oltre al logotipo, a variare sono anche le giustapposizioni cromatiche di fondali e forme
plastiche che contribuiscono a costruire le diverse pagine online. Entro i confini di un numero
ristretto di colori ufficiali, infatti ogni canale propone diverse combinazioni, tendenzialmente
costanti all’interno di ogni categoria. Se si prende ad esempio in considerazione il caso dei
canali internazionali, il sito web di Slow Food International e il profilo Twitter e il canale
Youtube, si riscontra la ripetizione di uno schema visivo distintivo.
I colori sono limitati al rosso, al nero, diverse tonalità di grigio e il bianco. Queste
combinazioni si ripetono sui diversi media, in aggiunta a un’interessante declinazione plastica
del marchio: il logo istituzionale viene frammentato e le sue due parti, divise, vengono
moltiplicate e restituite in una composizione particolare. Il risultato è la conservazione del
marchio originale, attorno al quale però sono disposti una versione ingrandita e de-opacizzata
43
del guscio a spirale, che tende ad assomigliare a un motivo decorativo, e il muso della
chiocciola, anch’esso di dimensioni incrementate, che dà l’idea di fuoriuscire dalla cornice, e
rivolgersi con ancora più insistenza agli utenti.
Figura 6. Logo sull’homepage del sito di Slow Food International.
Mentre la parte posteriore della lumaca, color grigio chiaro, decora lo sfondo perdendo la sua
funzione iconica, la porzione anteriore del logo, moltiplicata e ingrandita conferma la sua
funzione simbolica.
Sui canali italiani, invece, la restituzione plastica e cromatica, è notevolmente più
istituzionale e fedele alle direttive di un’immagine coordinata riscontrabile sugli innumerevoli
esempi di comunicazione online e offline di Slow Food. Come per le pagine internazionali,
anche in questo caso vi è una coerenza cromatica, che prevede un utilizzo preponderante
dell’arancione, del giallo e del rosso.
Come già specificato precedentemente e come afferma Marrone 23 , il rosso è il colore
attribuito ufficialmente alla chiocciola di Slow Food. Questa può essere declinata
diversamente online a seconda degli ambiti discorsivi, come si può notare osservando la
fascia mediana del sito web italiano24, che riporta in maniera esaustiva e riassuntiva, con un
linguaggio iconico tipico del web, le diverse aree tematiche in cui si adopera l’associazione.
23
Ibidem.
24
Cfr www.slowfood.it.
44
Figura 7. Banner presente sull’homepage del sito di Slow Food Italia.
Strutturato come un periodo a tre verbi giustapposti, il banner interattivo, in cui ogni parola
rappresenta un link ipertestuale, recita: “Slow Food® promuove educa tutela”. Le chiocciole,
di dimensioni ridotte, sembrano fungere da punteggiatura e interpretano le tre diverse nature
attitudinali virando il proprio colore originale prima in giallo, poi in blu e infine in arancione.
Naturalmente, ad attestare il fatto che la scelta di distinzione cromatica non è fine a se stessa,
le pagine interne collegate tramite link ai tre termini, presentano come tinta dominante quella
del rispettivo logo “tematizzato”.
3.6
Un racconto in quattro soggetti
Tra gli innumerevoli testi presenti sui canali online di Slow Food, alcuni spiccano per
originalità e per l’attenzione riposta nelle potenzialità, nel linguaggio e nelle tendenze del
web. Tra questi si selezionano quattro esempi facenti parte di un prodotto multi-soggetto, che
comporta cioè delle costanti visibili in tutte le sue manifestazioni. Si tratta dei banner
fotografici che scorrono nell’area sottostante all’header, sulla homepage del portale
www.slowfood.com, e che allo stesso tempo sono stati pubblicati sulla pagina Facebook
internazionale nel marzo 2011, prima nello spazio della bacheca pubblica, e poi come
immagine di copertina, ossia l’header introdotto sul social media contemporaneamente alla
modalità diario, che permette di pubblicare immagini ampie quanto la pagina stessa.
45
Figura 8. Prima delle 4 immagini del progetto multi-soggetto sulla homepage internazionale di Slow
Food.
Figura 9. Seconda immagine del progetto multi-soggetto. .
Figura 10. Terza immagine del progetto multi-soggetto.
46
Figura11. Terza immagine del progetto multi-soggetto.
I quattro soggetti fanno parte di un medesimo progetto comunicativo, poiché presentano tutti
gli stessi elementi compositivi: un’ immagine fotografica rettangolare, la cui larghezza misura
circa tre volte l’altezza, un soggetto immortalato nell’atto di compiere un’azione legata al
cibo, anche se indirettamente o allusivamente; sull’immagine, all’interno di un rettangolo deopacizzato applicato in post-produzione, un testo verbale di poche righe, contenuto tra due
virgolette colorate e sproporzionate rispetto al carattere.
Per quanto riguarda l’analisi plastica, da un punto di vista eidetico il discorso si fa
complesso: relativamente ai tre elementi grafici che contraddistinguono tutti le immagini ( il
rettangolo de-opacizzato e le due virgolette), dominano le forme geometriche e rettilinee, ma
all’interno delle fotografie (soprattutto le ultime tre immagini), hanno grande rilievo alcuni
oggetti di natura curvilinea, tutti legati al mondo dell’alimentazione: un coperchio25, un
impasto sferico26 e un grande recipiente27 sono al centro dell’azione, direttamente sorretti
dalle mani dei tre diversi soggetti protagonisti.
Si tratta di composizioni dall’altro contenuto narrativo, che riportano infatti un commento o
una citazione rispettivamente di un membro di Slow Food, Carlo Petrini e di un agronomo
senegalese.
La prima fotografia con testo28, in ordine di comparsa, in realtà funge da copertina della
gallery, riportando,al posto di una citazione, una breve descrizione della filosofia di Slow
Food. La fotografia sottostante rappresenta un paesaggio naturale montano e un’immagine
emblematica del tema dell’allevamento e della pastorizia.
25
Cfr Figura 8.
26
Cfr Figura 9.
27
Cfr Figura 10.
28
Cfr Figura 7.
47
Analizzando più approfonditamente questo testo composito e sinestetico, si scopre una
descrizione di Slow Food che si differenzia per la scelta dei termini verbali dagli altri testi
analoghi, riportati sui siti web e sulle pagine social media.
“Slow food is an idea, a way of living, a way of eating”, recita la frase in grassetto
posizionata sul banner che funge da copertina29. L’associazione, frequentemente definita
dall’esterno e dall’interno come “organizzazione” o come “movimento”, o in modalità più
astratta come “nuovo modo di pensare” si identifica per la prima volta in un’“idea”, un
concetto incorporeo e fluido che contiene in sé le accezioni di “ideale”, “intuizione” e
“filosofia”.
La locuzione successiva a quella appena analizzata, esplicita uno dei propositi che spesso
l’opinione pubblica attribuisce all’associazione: “Slow Food è un nuovo modo di vivere”. Il
linguaggio scritto del web spesso presuppone formule brevi e concetti sintetici, soprattutto se
si tratta di un frame contenuto in una galleria a scorrimento continuo, in cui dunque il tempo a
disposizione del lettore è limitato. Slow Food non “propone” o “racconta” un nuovo modo di
vivere, secondo il testo del banner lo incarna completamente e lo sostanzia.
I quattro “capitoli” di questo progetto multimediale, inserito in contesti e media differenti,
come si è già specificato, possono essere analizzati alla stregua di veri e propri testi
pubblicitari, complici della costruzione di un mondo possibile, tramite lo strumento dello
story-telling.
Le tre storie, che dominano da un punto di vista topologico il sito web internazionale,
elementi-vetrina,
per
posizione,
dimensioni
e
composizione,
di
tutta
l’attività
dell’associazione riportano il contributo personale di tre membri della comunità appartenenti a
tre livelli diversi di coinvolgimento: il presidente internazionale Petrini30, il socio Slow Food
e giornalista Gigi Padovani31 e l’agronomo senegalese Madieng Seck32, leader di Slow Food
Lek33.
I messaggi verbali non prevedono dunque l’espediente della testimonianza “dal basso”, tipica
di una strategia enunciativa mirata al coinvolgimento. Danno invece voce a chi conosce
profondamente il progetto, lo ha ideato o ha partecipato attivamente, non in qualità di
semplice socio sostenitore. Le firme dei tre emittenti conferiscono ai messaggi rilasciati una
29
Ibidem.
30
Cfr Figura 9.
31
Cfr Figura 8. Gigi Padovani è un Giornalista e scrittore, primo direttore della rivista “Barolo & Co".
32
Cfr Figura 10.
33
Convivium senegalese denominato Slow Food Lek Mégnef Sénégal, di cui l’agronomo e giornalista Madieng
Seck è il leader.
48
certa autorevolezza e affidabilità. Allo stesso tempo però un particolare corto circuito
interpretativo viene messo in atto dalla giustapposizione contrastante dei firmatari e delle
immagini sottostanti: le tre fotografie, infatti non ritraggono coloro che detengono la paternità
delle citazioni; regalano scenari evocativi, immortalando personaggi che sembrano venire dal
mondo “reale”, o meglio quella che è la visione iconografica del mondo della tradizione
culinaria e dell’allevamento. L’effetto è ingannevole. Ignorando in una fase iniziale la firma,
posta in piccolo sotto il testo, si arriva frettolosamente a dedurre che gli emittenti di quei
messaggi siano effettivamente i soggetti delle foto, ricavando con questo ragionamento
erroneo la sensazione di dialogare con i reali protagonisti delle comunità del cibo, e non con i
soggetti mediatori, ossia i componenti dell’associazione.
3.7
Facebook cover image
Come si è già precedentemente specificato la cover di Facebook consiste nell’immagine posta
al di sopra della “foto profilo”, sotto al menù dedicato alle impostazioni ed è stata introdotta
contemporaneamente al diario. Detenendo una posizione di rilevanza, la copertina in
questione viene impiegata in diverse pagine fan che pubblicizzano un brand, un’ iniziativa o
un servizio, come vetrina per le occasioni straordinarie: eventi, fiere, offerte, promozioni,
news. Questo è l’uso principale che Slow Food, all’interno delle sue molteplici pagine, fa di
questo strumento, ponendo in evidenza ad esempio il Salone del Gusto o Cheese, durante i
giorni della manifestazione.
In altri casi la cover image può servire ad apportare alla pagina informazioni aggiuntive in una
modalità efficace e di impatto, regalando all’utente nuove suggestioni relative
all’immaginario figurativo intorno al soggetto.
Un’immagine particolarmente evocativa ed emblematica, nella sua semplicità, è stata
pubblicata sulla pagina Facebook di Slow Food Italia il 3 Agosto 201234 e impostata come
copertina. A tutti gli effetti si tratta di due immagini giustapposte: a sinistra un rettangolo
dedicato al Salone del Gusto, il cui aspetto grafico è in linea con l’immagine coordinata della
manifestazione, e a destra una composizione di elementi figurativi, plastici e testuali, elegante
ed evocativa.
34
L’immagine, non più impostata come copertina, è reperibile all’interno dell’album “Cover Photos” della
Facebook fan page di Slow Food Italia.
49
Figura 12. Cover image della pagina facebook italiana di Slow Food.
Procedendo con l’analisi, si sceglie di ignorare il messaggio relativo al Salone del Gusto,
considerabile come un testo a parte e non pertinente all’analisi che intendiamo svolgere. Al
centro dell’immagine di destra, sullo sfondo bianco, una figura che riproduce le fattezze di un
adesivo, o di un bollino circolare di colore rosso, ospita al suo interno il logo e la scritta Slow
Food, in questo caso virati in bianco.
La forma viene suddivisa in due parti dalla riproduzione fotografica di un cucchiaio, che
domina in larghezza l’intera composizione. Nella porzione inferiore dell’immagine
rettangolare, una riga di testo, scritto col carattere tipografico ufficiale di Slow Food riporta la
frase: “Iscriviti anche tu su www.slowfood.it”.
Da un punto di vista eidetico, in contrasto con le forme ortogonali e lineari dei portali ufficiali
ma coerentemente alla maggior parte dei prodotti di comunicazione di Slow Food, vi è una
netta preponderanza di linee curve e morbide, in perfetta linea con il logo e con le grazie,
ossia le terminazioni curvilinee, del font selezionato.
La composizione plastica, semplice e costituita da soli quattro elementi, assume una maggiore
profondità visiva e comunica di conseguenza più intensità emotiva grazie ai contrasti tra
ombra e luce e tra bidimensionalità e tridimensionalità.
Tentando di rintracciare una corrispondenza tra l’espressione verbale (il corpo di testo) e il
contenuto., tra la figura del cucchiaio e il brand/movimento Slow Food, si può notare come il
cucchiaio rappresenti il medium per fruire del cibo, raggiungerlo, farlo proprio,
selezionandolo e estrapolandolo dal resto; allo stesso modo Slow Food rappresenta lo
strumento per scegliere, perseguire, ottenere una buona alimentazione, e per estensione uno
stile di vita giusto.
50
Il cucchiaio si estende in tutta la sua luminosa lunghezza e il suo realismo fotografico che ne
fa un utensile vero, tangibile, elegante e prezioso. Slow Food, rappresentata per “delega”35
dal proprio marchio ufficiale, è introdotta nel contesto tramite un elemento ausiliario che ne
rafforza il valore: si tratta di un bollino, segno che iconicamente rappresenta qualità e
certificazione.
Sia il cucchiaio che il logo dell’associazione (e quindi l’associazione stessa) hanno
un’accezione positiva, espressa nel primo caso dalla luminosità e dal luccichio e nel secondo
dall’adesivo, supporto standard, in ambito alimentare, per dimostrare la qualità.
La corrispondenza tra le due formule binarie può dunque essere rappresentata come segue:
Cucchiaio : Cibo :: Slow Food : Pratiche alimentari e di consumo
L’aspetto interessante di questa composizione visiva, risiede però nella totale assenza di due
dei quattro elementi che creano il processo di corrispondenza. La loro esistenza è
semplicemente evocata dai segni presenti, in base alla conoscenza della loro funzione: il
cucchiaio viene utilizzato per fruire del cibo e Slow Food esiste per promuovere buone
pratiche legate a esso.
L’alimentazione è il tema dominante di questa immagine, senza che vi sia una
rappresentazione diretta del cibo, sul piano dell’espressione. Questo concetto è emblematico
dell’attività comunicativa di Slow Food. E’ molto raro che i prodotti di comunicazione visiva
come le copertine dei saggi pubblicati da Slow Food Editore36, i banner e le campagne online,
i manifesti degli eventi o le fotografie pubblicate su Facebook, ritraggano vivande o prodotti.
Generalmente il cibo nell’immaginario di Slow Food è un elemento ausiliario; i veri
protagonisti sono invece gli attori, del mondo dell’alimentazione, gli agronomi, gli enologi, i
produttori, i cuochi, gli individui che custodiscono tradizioni millenarie, e le loro azioni.
E’ dunque la poetica dell’agire, della persecuzione di un obiettivo raggiungibile solo con
un movimento laborioso, che emerge dal cucchiaio luccicante, offerto agli utenti/audience con
lo scopo di invitarli a diventare parte attiva dell’azione.
Il primo gesto attivo, viene suggerito proprio dalla frase scritta nella parte inferiore
dell’immagine analizzata: il tono assertivo è in realtà trasformato in inclusivo e informale
dalla formula “anche tu”. L’invito allude all’iscrizione al sito web, e non semplicemente alla
visita. “Iscrizione”, in questo caso, significa registrazione al servizio di newsletter.
35
Volli U., Semiotica, Op. cit., p. 84.
36
Cfr www.editore.slowfood.it.
51
Nell’ambito della comunicazione web chiedere all’utente di consegnare il proprio indirizzo email comporta per quest’ultimo un grande sforzo, a livello di usabilità, e un’alta
dimostrazione di fedeltà. Slow Food attua una strategia di coinvolgimento, in cui è richiesta
agli utenti una dimostrazione pragmatica del proprio impegno, come si può notare dalle
numerose “richieste” espresse sui diversi canali online tramite banner, post e pulsanti come
“Join us”, “Adopt a project” e “Donate”.
3.8
Prospettive per il futuro
Un territorio ancora inesplorato per quanto riguarda la comunicazione online di Slow Food,
sono i momenti di partecipazione attiva. Una prerogativa dei nuovi media, e in particolare del
web 2.0, è, a questo proposito la possibilità di interazione e la conversione di un modello
broadcasting in uno narrowcasting, o socialcasting37. Grazie a strumenti come i social media
e i forum, tramite ad esempio iniziative di twitting orientate grazie al rilascio di un hashtag, o
a piattaforme di raccolta di materiale user-generated, si apre per le associazioni e brand una
possibilità di coinvolgimento reale e globale. Queste opzioni esplorate solo parzialmente,
potrebbero essere la soluzione per mutare l’accezione prevalentemente passiva della
partecipazione alle attività e al discorso di Slow Food. Un sentore di cambiamento in questa
direzione, deriva dall’apertura di un forum a partecipazione pubblica38 a metà settembre 2012,
in occasione del VI Congresso mondiale di Slow Food 39. In realtà si tratta di diversi
documenti, pubblicati in pagine differenti, in fondo alle quali è possibile rilasciare un
commento e aprire in questo modo una discussione. Le modalità per implementare
quest’approccio sul web sono molteplici, dai sondaggi o polls, ai panel di discussione, alla
creazione di board su Pinterest con lo scopo di raccogliere contenuti pertinenti a una delle
istanze di Slow Food, prodotti e caricati dagli utenti stessi. Per quanto riguarda la gestione
delle pagine sui social media, un’evoluzione proficua, allo scopo di stimolare maggiormente
gli utenti/pubblico e ricevere riscontri interessanti per l’attività associativa, dovrebbe tendere
verso una maggiore interazione, ossia prevedere lo sviluppo di un piano editoriale che non si
limiti alla pubblicazione di notizie e di resoconti, ma che chieda fortemente al pubblico di
37
Bennato D., Socialogia dei media digitali, Editori Laterza, Bari 2011, p. 6.
38
Cfr www.slowfood.it/sloweb/0a5da4a022aa26a4c53a7c35e3bdcb18/sesto-congresso-mondiale-di-slow-food-
torino-2729-ottobre-il-forum-di-discussione.
39
Si terrà a Torino dal 27 al 29 ottobre 2012.
52
partecipare, condividendo i propri contenuti, rispondendo a quesiti, facendosi portatore egli
stesso di nuove istanze.
53
4. Una doppia natura: brand e movimento politico-sociale
4.1
Le strategie enunciative
In base all’analisi effettuata nei precedenti capitoli di alcuni testi significativi ed emblematici
delle strategie comunicative di Slow Food online, e all’individuazione dei testi
all’interno
dei macrotesti, come i siti web ufficiali e le diverse pagine social, è possibile “studiare il
contratto enunciazionale fra l’autore e il lettore modello del sito”1.
Prendendo le mosse dagli studi sulle strategie di enunciazione nella stampa di Veron e
Fischer, è possibile stabilire diversi livelli strategici, di distanza o di complicità, messi in atto
tra l’enunciatore e l’enunciatario2 di un discorso. Le strategie di distanza possono essere di
tipo pedagocico e non-pedagogico. La prima allude a una scelta strategica, secondo la quale
l’enunciatario, si frappone un distacco tra se stesso e l’enunciatore spiegando concetti e
fornendo consigli in modo che egli possa comprenderli e trarne profitto. Il rapporto tra i due
soggetti dell’enunciazione è fortemente gerarchizzato. La distanza non-pedagogica o
istituzionale, invece, prevede l’impiego di affermazioni di natura impersonale che escludono
marche di interpellazione 3, ma includono discorsi oggettivizzati e in terza persona in cui non
vi è una distinzione gerarchica per quanto riguarda le conoscenze. La complicità, invece,
prevede forme interpellative, ad esempio mediante l’uso dei verbi all’imperativo e l’utilizzo
del noi inclusivo che rende il destinatario una sorta di co-enunciatore4.
Grazie a un’applicazione degli studi di Veron e Fischer, all’enunciazione sul web5, è
possibile stabilire il tipo di rapporto che l’enunciatore, dei messaggi veicolati tramite i canali
online di Slow Food, intende stabilire con l’enunciatario, analizzando le strategie di distanza o
di complicità che contraddistinguono il discorso. Secondo l’interpretazione dei concetti di
distanza e di complicità, in relazione ai testi di comunicazione online, si possono prendere in
1
Cosenza G., Semiotica dei nuovi media, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 136.
2
Fabbri P. e G. Marrone (a cura di) Semiotica in nuce, Meltemi, Roma 2001, p.60.
3
Cfr Volli U., Semiotica della Pubblicità, Editori Laterza, Bari 2008, p. 85p. 69.
4
Cfr Fischer S. e Veron E., “Teoria della enunciazione e discorsi sociali”, in Semprini A. (a cura di), Lo
sguardo semiotico, Angeli, Milano 1992, pp. 143-167.
5
“L’enunciazione sul web”, materiali tratti e rielaborati da C. Marmo, “L’instabile costruzione enunciativa
dell’identità aziendale in rete”, in G. Cosenza (a cura di), Semiotica dei nuovi media, numero monografico di
Versus, 94/95/96, pp. 135-147.
54
considerazione alcune categorie strategiche intermedie: la distanza istituzionale, in cui l’
enunciatore è rappresentato da un “noi” esclusivo e si rivolge all’enunciatario in terza
persona, il quale è messo in scena ma non è interpellato, e l’ammiccamento in cui
l’enunciatore esplicita se stesso tramite un pronome interza persona, interpellando
informalmente all’enunciatario (tramite pronomi “tu” e “voi”).
Come si può notare dall’analisi di alcuni testi, è possibile risalire a una strategia
enunciativa che esclude drasticamente una distanza non-pedagogica o istituzionale6. Se si
prendono in considerazione, ad esempio, alcune espressioni del linguaggio verbale contenute
sul sito web di Slow Food Italia7, si può osservare come la strategia in atto tenda apertamente
verso un rapporto di prossimità tra autore e lettore.
Analizzando i termini contenuti all’interno del menù principale, si possono trarre alcune
considerazioni, escludendo i primi due, “home” e “associazione” i quali non implicano
l’impiego di pronomi personali che coinvolgono enunciatore ed enunciatario nel discorso.
Se il testo costituito dalla frase “Cosa facciamo noi” vede l’enunciatore prendere la parola ed
essere interpretato da un “noi” ridondante (poiché compare due volte, nella declinazione del
verbo e al fondo della frase) apparentemente esclusivo, l’enfatizzazione del pronome
personale lascia intendere che vi sarà un “tu” o un “voi”, per contrasto nel testo
immediatamente successivo. E infatti, il testo seguente recita “Cosa puoi fare tu”: la chiamata
in causa del “tu” del destinatario, può far pensare all’impiego di una distanza pedagogica tra
Slow Food e il suo utente modello. In realtà l’enunciatario di questo messaggio è talmente
coinvolto, da far pensare a un rapporto di complicità. Seguendo questo ragionamento, la
strategia enunciativa messa in atto da Slow Food sul menù principale del sito, si situerebbe
sulla linea di confine tra la prossimità (distanza pedagogica) e la complicità : una forma
ideale e più esplicita della voce del menù per rendere più comprensibile questo ragionamento
potrebbe essere la frase: “cosa puoi fare tu per diventare uno di noi”. Grazie a questo
esercizio non ortodosso di esplicitazione della strategia di enunciazione, si possono facilmente
estrapolare alcuni componenti fondamentali che contraddistinguono l’azione comunicativa di
Slow Food: l’educazione (o approccio pedagogico), l’inclusione e lo stimolo ad agire. Slow
Food (il “noi” dell’enunciato) propone all’utente (il “tu” dell’enunciato), di agire per entrare a
fare parte del “noi”. La voce del menù “Cosa puoi fare tu”, infatti rimanda alla sezione del
sito dedicata alle donazioni pecuniarie e al tesseramento, le azioni che in sostanza un utente
deve fare per entrare a far parte del progetto. La componente pedagogica è celata dietro al
6
Ibidem.
7
Cfr www.slowfood.com.
55
verbo della frase “puoi fare”, una prescrizione che è d’uopo eseguire se si desidera essere
inclusi.
È interessante notare come queste tre componenti ritornino sia a livello enunciazionale, sia,
come si è già potuto notare, sul piano dei contenuti proposti dall’associazione: la componente
educativa è motore di tutti i progetti e gli eventi di Slow Food diretti al pubblico, alle scuole e
agli appassionati; a volontà di inclusione è testimoniata dalla trasparenza degli atti
amministrativi ad esempio tramite il canale YouTube e dall’insistente campagna di
tesseramento svolta su tutti i canali dell’associazione, mentre la richiesta d’azione è il punto di
partenza politico e filosofico del brand/movimento.
La strategia enunciativa messa in atto tramite i social media, sebbene non sia costante
all’interno delle singole pagine, né coordinata nel complesso, può essere individuata per
mezzo dell’analisi di un testo emblematico che teoricamente dovrebbe fissare i parametri del
contratto enunciazionale su una pagina Facebook: si tratta, infatti del primo post pubblicato8
sulla pagina internazionale di Slow Food che contiene il messaggio “Welcome to Slow Food
International's official facebook page... keep up with the the network's activities around the
world, join discussion groups and share your own news, campaigns and events” 9.
Il rapporto tra enunciatore ed enunciatario è leggermente differente da quello rilevato sul
menù del sito web internazionale: si tratta infatti di una strategia di ammiccamento10, in cui
l’enunciatario è chiamato in causa informalmente (mediante la seconda persona singolare, o
plurale trattandosi di un messaggio in inglese) dall’enunciatore che mette in scena se stesso, in
terza persona.
La relazione tra enunciatore ed enunciatario della pagina Facebook internazionale denota
qualche grado di distanza in più rispetto alle voci del menù precedentemente analizzate e non
si ritrova solo nel post inaugurale, ma caratterizza un’ampia maggioranza dei contenuti
testuali della pagina: ad esempio il post: “The worldwide Slow Food network celebrates
eating locally on December 10 ... here are photos of events in communities in all corners of
the world. If you would like to add your photos, please send them in an email to
[email protected]”11, in cui l’enunciatario mette in scena se stesso in terza persona
utilizzando la locuzione enfatizzata “The worldwide Slow Food network” e l’enunciatore
viene interpellato direttamente e invitato a prendere parte a un’azione partecipata; e ancora
8
Post pubblicato in data 14 febbraio 2011, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational.
9
Cfr www.facebook.com/slowfoodinternational.
10
Vedi nota 5.
11
Post pubblicato in data 11 dicembre 2001, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational.
56
“You may understand prosciutto, pesto and penne... what about paniscia, kizoa or farecchiata?
The Slow Food Dictionary to Italian Regional Cooking will answer your most obscure food
questions in travels across the country”12 in cui rivela la medesima strategia.
Questo meccanismo enunciativo individuato come ammiccamento è molto frequente
nell’ambito dei messaggi pubblicitari commerciali, in cui il brand si rivolge a un “tu” ideale
in maniera informale, esplicitando se stesso nel discorso, in terza persona singolare, elevando
in questo modo la componente dell’autorevolezza e dell’istituzionalità, ma senza distacco. Si
osservino a questo proposito alcune tipologie di testi esemplari per rappresentare il
comportamento delle marche in rete: “Watch this video to learn how IKEA can help you
create a high quality, stylish kitchen that you can be proud to call the heart of your home”13, è
un post pubblicato sulla pagina Facebook USA di IKEA, in cui la strategia
dell’ammiccamento appena analizzata è assai esplicita, come del resto nell’annuncio già
analizzato “Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua
vita”14, messaggio pubblicato sulla welcome page dello stesso social media.
Sia sulla pagina Facebook internazionale che su quella italiana, e anche per quanto
riguarda i contenuti testuali all’interno dei siti web di Slow Food si riscontra un’alternanza
strategica che oscilla tra l’ammiccamento e la complicità, passando per la distanza
pedagogica. Non vi è traccia dunque di rapporti di distanza indefinita o istituzionale, i quali
non sarebbero efficaci dal punto di vista della tensione al coinvolgimento e alla condivisione
delle istanze con i potenziali soci e gli utenti dei canali di Slow Food.
4.2
La dialettica del coinvolgimento
Come si è già rilevato nei precedenti capitoli, il “coinvolgimento” è una delle tematiche
implicite, preponderanti per quanto riguarda l’attività comunicativa di Slow Food online.
Assecondando la propria natura associativa, infatti, il movimento/brand, esprime sovente sui
diversi canali web la volontà di aggregare al proprio interno nuovi soggetti, che condividono
le istanze e le finalità dei diversi progetti. Prime tra tutte le attività di “coinvolgimento”, le
campagne di tesseramento che ogni anno, tramite strumenti come banner promozionali sui
diversi siti web e post pubblicati sui canali social, invita gli utenti a diventare soci
dell’associazione.
12
Post pubblicato in data 9 aprile 2001, all’indirizzo https://www.facebook.com/slowfoodinternational.
13
Post pubblicato su www.facebook.com/ikeausa il 6 ottobre 2012.
14
Cfr www.facebook.com.
57
Le modalità per associarsi sono molteplici, ma implicano tutte una quota di iscrizione, subito
giustificata in maniera convincente, ad esempio, nel testo della landing page15 del sito web
italiano:
Figura 13: Landing page della sezione Store del sito web di Slow Food
I vantaggi economici e gli “omaggi” per coloro che, di fatto, acquistano la tessera annuale
diventando in questa maniera parte della comunità Slow Food, sono ben esplicitati in questa
pagina web. Le motivazioni di natura politica, che riguardano invece le istanze
dell’associazione e la possibilità per i potenziali soci di portarle avanti, sono evidentemente in
secondo piano e relegate alla voce “Collabori alla salvaguardia di razze animali, varietà
vegetali e prodotti tradizionali in tutto il mondo”16 senza che sia spiegato più nel dettaglio in
che modo questa collaborazione si concretizzerà. La promessa di coinvolgimento è relegata
sulla pagina web italiana, alla partecipazione con ingresso scontato agli eventi e alle principali
kermesse, e all’accesso gratuito a diverse pubblicazioni di Slow Food, tutte attività che
includono una partecipazione passiva degli utenti.
15
Letteralmente dall’inglese, “pagina d’atterraggio”, ossia pagina che compare sporadicamente quando si accede
a un sito, prima di approdare all’homepage e contiene un messaggio straordinario.
16
Testo del banner reperibile all’indirizzo www.store.slowfood.it/landing/20120327/index.php.
58
Sul sito internazionale, nella sezione “Join us”17, e all’interno di alcuni post pubblicati pagina
Facebook di Slow Food International, un peso maggiore sembra essere dato all’aspetto attivo
della realtà associativa, a ciò che contraddistingue Slow Food come movimento:
Figura 14. Immagine tratta dal post del 5 ottobre 2012.
Figura 15. Banner contenuto nella sezione “Join Us” del sito web internazionale.
Il messaggio veicolato nella Figura 14 denota una forte componente ludica18 e inclusiva, e
chiama in causa il concetto di “rivoluzione”, fortemente legato alla comunicazione di
17
Cfr www.slowfood.com/joinus.
18
Cfr Floch J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli, Milano
1992.
59
movimento politico e sociale. La Figura 15, lascia intendere che chi si associa possa
effettivamente contribuire a perorare le cause a cui si fa riferimento: “salvare la cultura del
cibo e la biodiversità. Incoraggiare un nuovo tipo di agricoltura” (tradotto letteralmente dal
testo in lingua inglese). Ma, sia il post testuale che descrive l’immagine pubblicata sulla
pagina Facebook, sia la selezione del proprio Paese sul menù a tendina, consistono in
collegamenti ipertestuali che portano a pagine di contenuto tutt’altro che filosofico e politico,
almeno non direttamente: si tratta appunto dello Store19, ossia il negozio online, in cui è
possibile effettuare ogni tipo d’acquisto, a partire dalla tessera di Slow Food fino alle ultime
guide pubblicate da Slow Food Edizioni e le t-shirt brandizzate, e della sezione (una per ogni
pagina web nazionale) dedicata alle quote di iscrizione20.
La “dialettica del coinvolgimento”, alla stregua di molti brand
che puntano
sull’engagement le loro strategie comunicative, tramite polls21 sui social media, concorsi a
premi e utilizzo di materiale creativo user-generated 22 , per quanto riguarda i canali di
comunicazione web, sembra essere finalizzata non all’effettiva partecipazione dei soci alla
causa promossa, ma a indurre questi ultimi a partecipare agli eventi e accrescere il numero dei
sostenitori. È realmente difficile reperire tramite i mezzi di comunicazione online
dell’associazione, le indicazioni per una partecipazione attiva al progetto. Lo spazio per
questo tipo d’azione, si ritrova in maniera esplicita nella dimensione locale dei Convivia come
chiarifica il testo contenuto in una pagina interna del sito web internazionale dedicata a
elencare i vantaggi riservati agli associati:” Join a local convivium and become involved to
protect and enjoy your culinary heritage and promote good, clean and fair food in your
community.”23
Le Condotte locali sono probabilmente il luogo deputato alla partecipazione diretta al
progetto, anche per quanto riguarda questo caso specifico, però, i termini del coinvolgimento
restano vaghi e il lessico scelto per descriverne gli estremi attinge più alla sfera degli ideali e
della filosofia che a quella dell’azione e del pragmatismo.
Provando ad analizzare il banner qui sopra descritto, utilizzando lo schema narrativo
canonico relativo alla semiotica generativa di Greimas24, si individua immediatamente Slow
19
Cfr www.store.slowfood.it/store_it/welcome.lasso.
20
Ad esempio, per l’Albania www.slowfood.com/joinus/membership/albania.
21
Sondaggi brevi effettuati tramite i social media.
22
Contenuti multimediali generati e condivisi dagli utenti.
23
Cfr www.slowfood.com/international/25/become-a-member.
24
Cfr Greimas A. J., Op. cit.
60
Food come destinante, ossia l’attante che propone l’azione e tramite un meccanismo di
manipolazione, induce il soggetto, l’utente del sito web a stipulare un contratto.
Il contratto in questione riguarda l’impegno da parte del destinante ad affrontare una
performance, per raggiungere ciò che viene individuato come oggetto di valore.
Nel caso delle azioni di coinvolgimento messe in atto da Slow Food sul proprio portale, e
principalmente nel banner appena analizzato, la manipolazione e il contratto proposto
risultano evidenti, e sono esplicitate dal testo verbale il cui incipit è inequivocabile e
perentorio: “Join Slow Food”. Nel testo proposto è chiarificato anche il valore che il soggetto
si deve impegnare a perseguire, e consiste nella possibilità di contribuire a salvare le culture
del cibo e le diversità. L’opponente di questo schema narrativo, non è direttamente chiamato
in causa, ma si presuppone che l’utente/soggetto possieda quel sistema enciclopedico25 di
conoscenze che gli permette di individuarlo: si tratta probabilmente della “fast life” e dei
processi di produzione industriale26, che mettono “in pericolo” gli stessi oggetti che il
destinante si sta proponendo di salvare.
L’aiutante è identificabile, nell’azione narrativa, come Slow Food stessa, il brand/movimento
che attua la manipolazione ma rappresenta l’unico mezzo tramite il quale il “racconto” potrà
avere buon esito. L’azione che l’utente è chiamato a svolgere, come già descritto
precedentemente, consiste nel divenire socio dell’associazione e partecipare a quelle pratiche
sociali da essa proposte. La performance tramite la quale si potrà ottenere una sanzione
positiva, è insita nel gesto stesso di unirsi, in un certo senso “allearsi” con il destinante. Un’
interessante osservazione riguarda l’acquisizione della competenza: il testo analizzato, non
solo rimanda alla sezione del sito dedicata al tesseramento, ma propone allo stesso tempo
all’utente l’acquisto di una serie di pubblicazioni di Slow Food Editore, le quali in un certo
senso coincidono con gli strumenti di sapere necessari per affrontare l’impresa e soprattutto
per raggiungere l’obiettivo.
Estendendo questa struttura narrativa all’attività di Slow Food online, si può arrivare ad
attribuire al brand/movimento Slow Food il ruolo di “committente” e allo stesso tempo
aiutante nell’impresa, all’utente/lettore quello di soggetto; il tentativo di coinvolgimento può
coincidere con il contratto proposto, che porta a ottenere un mondo “buono, pulito e giusto”
(oggetto di valore). La performanza è rintracciabile nella partecipazione, agli eventi e
all’esperienza sociale, e la componente educativa, assai presente in tutta la comunicazione
25
Cfr Cosenza G., Op. cit., p.133.
26
Cfr Capitolo 1.
61
online di Slow Food, allude al sistema di competenze che l’utente deve fare suo, per poter
concludere il suo percorso.
E’ interessante notare come l’associazione ricopra nuovamente due ruoli attanziali: quello di
chi svolge la manipolazione, e quello di chi fornisce l’ausilio, le informazioni e il sapere per
affrontare l’impresa.
4.3
Slow Food e il lessico politico
Ognuno di noi è chiamato a praticare e diffondere un nuovo, più preciso, e al tempo stesso
più diffuso, concetto di qualità alimentare, che si basa su tre requisiti imprescindibili e
interconnessi. Il cibo di qualità deve essere:
Buono. La bontà organolettica, che sensi educati e allenati sanno riconoscere, è il risultato
della competenza di chi produce, della scelta delle materie prime, e di metodi produttivi che
non ne alterino la naturalità;
Pulito. L’ambiente deve essere rispettato e pratiche agricole, zootecniche, di
trasformazione, di commercializzazione e di consumo sostenibili dovrebbero essere prese
in seria considerazione. Tutti i passaggi della filiera agro-alimentare, consumo incluso,
dovrebbero infatti proteggere gli ecosistemi e la biodiversità, tutelando la salute del
consumatore e del produttore;
Giusto. La giustizia sociale va perseguita attraverso la creazione di condizioni di lavoro
rispettose dell’uomo e dei suoi diritti e che generino un’adeguata gratificazione; attraverso
la ricerca di economie globali equilibrate; attraverso la pratica della solidarietà; attraverso il
rispetto delle diversità culturali e delle tradizioni;
La qualità Buona Pulita e Giusta è un impegno per un futuro migliore.
La qualità Buona Pulita e Giusta è un atto di civiltà e uno strumento per migliorare
l’attuale sistema alimentare: tutti possono contribuire con le proprie scelte e i propri
comportamenti individuali27.
Osservando il Manifesto della qualità alimentare secondo Slow Food28, scaricabile a partire
dal sito web italiano, nella sotto-sezione “Filosofia”, si può osservare come scelte lessicali che
il movimento/brand di Petrini adotta per comunicarsi svelino una forte matrice etico-politica e
sociale sapientemente ricercata e attentamente costruita. Nella comunicazione di Slow Food,
ciò che inizialmente potrebbe sembrare immediato, schietto e leggero (in quanto
apparentemente semplice e poco carico di contenuti e significati nascosti), a una analisi più
attenta e vigile, svela quanto poco in realtà ci sia di lasciato al caso.
27
Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf.
28
Ibidem.
62
La stessa espressione «Buono, pulito e giusto», mantra di Petrini e dell’associazione, più volte
da lui stesso spiegato e interpretato come ricerca della qualità in ambito alimentare, nel
rispetto degli equilibri ambientali e della giustizia sociale 29, porta con sé una moltitudine di
collegamenti concettuali più o meno celati. La bontà oltre che alla sua accezione del genuino
e del sano, rimanda in maniera molto forte alla sfera dell’etica, la contrapposizione
buono/cattivo si rifà a un giudizio di valore di tipo emotivo, personale, istintuale e non
razionale, complesso. In ambito gastronomico e di cultura del cibo, il termine “buono” è
infatti frequentemente usato, ma con altre accezioni rispetto a quella che ne da Slow Food che
invece lo carica di valori positivi, benefici e condivisibili, che vanno oltre alla sfera della
produzione e della gastronomia.
Il termine “pulito”, insolito nell’ambito della produzione agro-alimentare, rimanda al concetto
di sostenibilità ambientale e di rispetto della biodiversità e degli ecosistemi naturali. Esso
sembra essere il termine più particolare della locuzione proprio perché se analizzato
singolarmente risulta piuttosto ermetico. È come se aggiungesse una sfumatura ulteriore
rispetto ai temi del rispetto dell’ambiente e della eco-sostenibilità, assai diffusi online, ma
senza un’argomentazione approfondita; “pulito” rimanda immediatamente a una dimensione
intima e non alla pluralità, come invece farebbero i termini più comunemente utilizzati come
ad esempio: “sano, salubre, sostenibile, rispettoso del pianeta”. Questo temine, e il concetto di
“pulizia” più in generale, nel Manifesto della qualità alimentare, sono riferiti, sempre
genericamente e senza un’adeguata spiegazione della scelta lessicale, ai processi di
produzione, trasformazione, commercializzazione e sono volti alla tutela della salute di chi
produce e di chi consuma, degli animali allevati e delle coltivazioni (fauna, flora ed esseri
umani). È significativo, inoltre che il termine scelto richiami, nell’immaginario collettivo,
soprattutto in quello italiano, il tema dell’onestà; pulito è infatti solitamente utilizzato per
connotare positivamente le esperienze politiche e industriali prive di corruzione e i cui
processi e la cui governance sono trasparenti.
Manca invece qualunque riferimento al tema dei rifiuti e delle energie rinnovabili, altro
ambito che si associa comunemente al lemma “pulito”.
Anche il termine “giusto”, per quanto possa risultare di facile e immediata comprensione,
consiste in realtà in un valore relativo, caricato in questa sede di un ampio peso morale.
Analizzando il termine, viene legittimamente da chiedersi, secondo quali criteri si possa
utilizzare la definizione di “giusto”. Il Manifesto parla esplicitamente di “giustizia sociale”30,
29
Petrini C., Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino 2005.
30
Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf
63
collegandosi al tema delle disuguaglianze e del rispetto delle condizioni di lavoro, della
dignità degli individui, dei loro diritti e della loro “gratificazione. La spiegazione del termine
prosegue poi delineando tratti e prospettive prettamente politico-sociali come è infatti il
riferimento alle “economie”, al rispetto delle “diversità culturali” e alla “solidarietà”.
È importantissimo comprendere i significati e gli impliciti rimandi politico-teorici di cui
queste parole sono intrisi proprio per meglio approfondire la natura Slow Food come
movimento. In questo Manifesto e nella maggior parte della comunicazione online
dell’associazione di Petrini, non si rintracciano espliciti riferimenti politici o elementi che
possano far risalire all’attività politica pregressa di Arci (Slow Food nasce infatti nell’ambito
dei circoli di promozione sociale, così come il suo leader carismatico che era un consigliere
comunale) e ai legami del movimento con le realtà politiche esistenti in Italia, comprese
quelle partitiche.
Il “verbo slow” sembra infatti prendere una posizione precisa promuovendo e sposando la
“giustizia sociale” e proponendo un vero e proprio decalogo del modus vivendi secondo Slow
Food.
Nel Manifesto per la qualità alimentare, come, d’altronde sul Manifesto originale di Slow
Food del 198731 vi sono molte spie di un linguaggio ricco di espressioni che sembrano
attingere proprio da un linguaggio politico: si parla di “alleanza delle comunità del cibo”, si
legge: “lo sforzo deve essere comune”, “ognuno di noi è chiamato a praticare e diffondere”32,
il registro in questi casi è sicuramente quello di un movimento, e dell’attivismo a esso
intrinseco, e la comunicazione attinge ai concetti di partecipazione, e coinvolgimento degli
utenti dei vari social e del sito e sulla discesa in campo di Slow Food in difesa dei buoni
principi del cibo e di tutto il corollario di valori ad esso attribuiti: la sostenibilità33, la difesa
della biodiversità e la riscoperta “piacere del cibo e la qualità della vita per gli uomini”34
Per questo motivo i messaggi online sono estremamente semplici e brevi pur veicolando
contenuti impegnativi e che coinvolgono diverse sfere di interesse, così come dimostra la
31
Cfr Capitolo 1.
32
Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf.
33
Cfr intervento di Carlo Pertini “Conversazioni con Carlo Petrini tra saperi, esperienze e design
A cura del Professional Master in Comunicazione per la Sostenibilità IED” reperibile all’indirizzo
www.youtube.com/watch?v=tCaaLAhO4jQ.
34
Cfr www.slowfood.it/3/filosofia.
64
variegata mole di manifesti ad hoc per ogni tematica35, quali: la critica alle attuali economie
capitalistiche, la società industriale che ha perso il contatto con la natura, gli stili di vita
globalizzati che accentuano una socialità sempre più disgregata e l’invito a seguire Slow Food
per il miglioramento della realtà (culto, politica e sociologia si miscelano negli stessi
apparentemente semplici e immediati messaggi): “Se la Fast Life in nome della produttività
ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la
risposta d'avanguardia”36.
4.4
Il cambiamento: Slow Food tra reazione e rivoluzione
Slow Food celebra la natura, il felice ritorno alle origini e ai piaceri primordiali, la
lavorazione sana degli alimenti e più in generale la tradizione; nel farlo si oppone nettamente
all’omologazione dei prodotti e alle pratiche di consumo fast, proponendosi e autoinvestendosi come vigile protettore della tradizione eno-gatronomica stagionale e difensore
dell’identità locale:
Siamo impegnati nella salvaguardia di un cibo tradizionale, sostenibile e di qualità. Per questo
operiamo per tutelare la biodiversità agroalimentare e culturale. Conservando le specificità del
cibo locale e delle tradizioni contadine, i saperi delle comunità possono giocare un ruolo
fondamentale per proteggere gli ecosistemi e per promuovere una produzione sostenibile37.
Gli obiettivi che persegue hanno quindi movenze e fattezze (se non addirittura concettuali,
sicuramente nel linguaggio) di tipo reazionario, non fosse altro che per la scelte lessicali, per
il registro, e per le strategie enunciative utilizzate: basti pensare, come già evidenziato, alle
scelte cromatiche, i termini rassicuranti, e le immagini di serenità che rimandano a una sorta
di Arcadia in cui tutti i processi di produzione si svolgono in armonia con la natura e in
equilibrio tra gli esseri viventi, umani e animali.
Nel perseguire i suoi obiettivi, Slow Food adotta la comunicazione della rivoluzione ossia
del cambiamento innovativo, proponendosi come l’alternativa nuova e come l’unica in grado
di raggiungerli tali traguardi, dimostrando un atteggiamento tipico dei movimenti politici. Si
35
Cfr Manifesto di Slow Food del 1989: www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso; Manifesto per la
qualità alimentare: www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf; Manifesto
Pedagogico: www.cheese.slowfood.it/download/manifesto_pedagogico_slowfood_educazione.pdf.
36
Dal Manifesto ufficiale di Slow Food, www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.
37
Cfr www.slowfood.it/filemanager/SF_ITALIA/pdf/ManifestoBuonoPulitoGiusto.pdf.
65
pensi però ad esempio (ovviamente tenendo conto delle dovute distanze concettuali e
teoriche) al Movimento Futurista; esso muoveva critiche feroci alla cultura contemporanea e
al modo di fare arte, diffondendo forme altamente innovative e un totale rinnovamento delle
pratiche e dei generi letterari, riproponendo però un retroterra culturale e sociale e dei
riferimenti politici assolutamente reazionari, cavalcando – come anche Slow Food sembra
fare – “quel moto di rifiuto dell’esistente che caratterizza le avanguardie”38, un impiego di
forme innovative e rivoluzionarie, per riproporre un sano (“buono, pulito e giusto”) ritorno
alle origini e alla tradizione. Per questo motivo si può sostenere che, da un punto di vista
comunicativo, Slow Food sembri realizzare una “rivoluzione reazionaria”. Emblematica è a
questo proposito l’affermazione da parte di Slow Food, di una presenza forte sul web, ambito
comunicativo emblematico di un’evoluzione tecnologica e linguistica.
preserva e valorizza l'identità storico-culturale di un territorio specifico, cui si lega una
particolare produzione, in particolare attraverso l'istituzione di Presìdi per la difesa della
biodiversità;
sviluppa relazioni, attività e iniziative con e fra le comunità del cibo, formate da tutti i soggetti
che operano nel settore della produzione e della trasformazione del cibo39.
È utile soffermarsi, inoltre, sulla scelta di parlare di “comunità del cibo”, di “identità
storico-culturale di un territorio specifico” e del bucolico nome scelto per i comitati locali
(Convivium): questi termini rimandano a tematiche note non solo agli addetti ai lavori del
campo sociologico e sono concetti che derivano da una precisa e rinnovata cultura che studia
il territorio, lo sviluppo locale, le reti e la felice diffusione del capitale sociale, soprattutto e a
partire da quelle zone del nord Italia ricche di tradizioni ed esperienze da cui (non
casualmente) nasce Slow Food. Slow Food utilizza dunque, sia offline che online, un
linguaggio proprio di un movimento politico e sociale, dai toni reazionari, che esalta cioè
alcuni valori della tradizione e del passato, rivolgendo però la propria speranza verso forme
nuove di pensiero, di fruizione dei prodotti, di considerazione delle risorse e dei saperi: “di
qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti”40.
In questa onnipresente tensione tra azione e rivoluzione, appare coerente la scelta da parte
dell’associazione, di affidare una parte considerevole della propria comunicazione alle
38
D’Orsi, A., Il Futurismo tra cultura e politica: reazione o rivoluzione ?, Salerno, Roma 2009, p. 25.
39
Cfr “Cosa fa Slow Food” all’indirizzo: www.slowfood.it/29/cosa-fa-slow-food.
40
Dal Manifesto ufficiale di Slow Food; www.slowfood.it/associazione_ita/ita/manifesto.lasso.
66
potenzialità e i linguaggi del web, dei nuovi media e delle nuove tecnologie, strumenti
emblematici dell’innovazione in campo comunicativo.
4.5
Una strategia enunciativa mista
Come si è potuto osservare in seguito all’analisi della presenza online di Slow Food, della
scelta dei mezzi e dei linguaggi, di alcuni testi specifici, sul piano del contenuto,
dell’espressione e dell’enunciazione, il “dualismo identitario” dell’associazione è un carattere
distintivo della sua strategia comunicativa sul web.
Come già accennato precedentemente41, la comunicazione di brand e quella di movimento,
nell’ambito del web 2.0 (se si prendono in considerazione brand e movimenti che dimostrano
un’elevata consapevolezza dei nuovi media e dimostrano di avere un piano di comunicazione
organico e strutturato) non si discostano particolarmente per quanto riguarda la scelta dei
canali: se si prende in considerazione il caso di IKEA42 e FIAT43, esempi interessanti della
comunicazione di brand, e Greenpeace44 e il movimento NO TAV45 per quanto riguarda
quella di movimento, si può notare come tutti quanti possiedano un sito web istituzionale.
Inoltre, le piattaforme social sulle quali veicolano i rispettivi contenuti sono le medesime per i
quattro enti: i link alle pagine ufficiali Facebook, Twitter e YouTube, sono presenti sulle
diverse homepage; solo sul sito di Greenpeace compare il collegamento a Pinterest, che come
si è già accennato è una piattaforma di recente diffusione, utilizzata anche dai brand FIAT e
IKEA, ma non ancora collegata ai siti web ufficiali.
Si potrebbe pensare che vi sia un discrimine nell’utilizzo di questi canali, a livello di
contenuti veicolati e strategie comunicative ed enunciative, eppure vi sono in entrambi gli
approcci numerose analogie, che fanno ipotizzare che, nell’ambito dei social media e del web
2.0, vi sia un punto di incontro tra due mondi così distanti e dagli obiettivi così divergenti.
Si prendano in considerazione, un testo emblematico sul web afferente alla realtà commerciale
IKEA: per quanto riguarda il brand, a fianco ai messaggi legati ai prodotti ad esempio sulla
pagina Facebook italiana46, compaiono alcuni contenuti legati a iniziative che sembrano
essere completamente slegate dalla funzione promozionale, in senso stretto.
41
Cfr Capitolo 2.
42
Cfr www.ikea.com.
43
Cfr www.fiat.it.
44
Cfr www.greenpeace.org.
45
Cfr www.notav.info.
46
Cfr www.facebook.com/IKEAItalia.
67
Figura 2. Cover Picture della pagina ufficiale di IKEA Italia.
L’immagine sopra riportata rimanda a un sito web dedicato all’iniziativa47, denominata Spazio
al cambiamento, sul quale è possibile contribuire alla scrittura di un Manifesto usergenerated. Il pay off del progetto: “Il movimento per un cambiamento possibile”48.
Pur non trattandosi di un messaggio pubblicitario, l’immagine, e di conseguenza l’iniziativa
correlata, rappresenta un tentativo di utilizzare le forme partecipative del web, per costruire un
immaginario positivo intorno al brand 49 , e allo stesso tempo coinvolgere gli utenti in
un’attività virtuale.
Tentando di applicare le valorizzazioni pubblicitarie50 di Floch a un progetto comunicativo
di questo tipo, si può notare come
questo sia
contraddistinto essenzialmente da
valorizzazioni immateriali, quali quella utopica e quella ludica “prevalenti sul piano
quantitativo e dell’immagine pubblicitaria”51: non sono presenti, infatti, indicazioni tangibili
relative ai prodotti o ai prezzi di questi ultimi, vi è un netto distacco dal piano delle
valorizzazioni d’uso o critiche che contraddistinguono una comunicazione più razionale.
Si evidenzia però una totale assenza dei prodotti e della rappresentazione di IKEA come
brand. Inoltre il messaggio chiama in causa alcuni termini che sembrano attingere più alla
sfera di movimento, che a quella di marca, come ad esempio “manifesto” e “cambiamento”.
La sensazione è quella di trovarsi di fronte a una fondazione, un’associazione o un
movimento, e non bensì a una marca commerciale multinazionale. Quest’immagine in
particolare è emblematica di come sul web sia frequente rilevare dei “cortocircuiti” a livello di
47
Cfr www.spazioalcambiamento.it/manifesto.
48
Cfr www.spazioalcambiamento.it/iniziativa.
49
Cfr Testa, A., Op. cit., p. 139.
50
Cfr. Floch, J. M., Identità visive: costruire l'identità a partire dai segni, Franco Angeli, Milano 1997.
51
Volli U., Op. cit., p. 43.
68
strategia comunicativa, tra quelli che sono generalmente due approcci quasi antitetici, per
quanto riguarda propositi e finalità: brand e movimenti.
Il caso Slow Food aiuta a evidenziare quanto la compenetrazione di queste due realtà
comunicative apparentemente distanti, sia fruttuosa allo scopo di perseguire quelli che sono i
fini ultimi dell’associazione sul piano comunicativo: la diffusione di un “verbo” a livello
globale, capillare e profondo, il “coinvolgimento” nelle attività come eventi, kermesse e
piccole iniziative a carattere locale e la costruzione di una rete internazionale di appassionati e
addetti ai lavori, che sostengano l’attività economicamente e ideologicamente.
Prendendo le mosse, da un’analisi socio-semiotica di Marrone del primo Manifesto di
Slow Food, si è visto come la doppia accezione di brand e movimento fosse fortemente
presente già agli albori dell’attività della associazione, a causa anche della contrapposizione
esplicita al colossale rappresentante simbolico della “fast life” ossia Mc Donald’s; si è
evidenziato poi come questa doppia tendenza si sia propagata fino a oggi su tutti i mezzi di
comunicazione online dal punto di vista della scelta dei canali, dell’utilizzo del marchio-logo,
della distanza enunciativa di alcuni messaggi.
La stessa natura identitaria di Slow Food è ibrida: da un lato rappresenta e diffonde un
sistema valoriale, in qualche modo antitetico rispetto allo stato delle cose, e dall’altro, si
propone di “vendere” strumenti e momenti di partecipazione pubblica, d’informazione e
intrattenimento, proiettando i valori di cui si fa portavoce, su un sistema di prodotti specifici e
di pratiche. A questa doppia natura si adegua un duplice approccio strategico, che in un
panorama gremito di messaggi e canali ibridati, si dimostra essere un’interpretazione efficace
del progetto comunicativo, il quale risulta quindi organico e coerente in ogni sua espressione,
all’interno del World Wide Web.
69
CONCLUSIONI
La ricerca sulla comunicazione online di Slow Food, basata sui testi e sulle immagini,
costituisce un tentativo, senza alcuna pretesa esaustiva, di proporne una lettura
trasversale. Lo studio svolto sul sito ufficiale, e in particolare sui social media offre
infatti uno spaccato della vita interna all’associazione, delle sue caratteristiche e delle
sue tendenze, oltre a offrire un sintetico quadro di riferimento per un approccio
semiotico dell’associazione di Petrini nell’era del Web 2.0. Si può quindi osservare che
la comunicazione online di Slow Food si rivela coerente al suo interno e sapientemente
costruita, altamente comunicativa e riconoscibile, sia dal punto di vista del linguaggio
sia per ciò che concerne gli elementi visivi; essa riflette in ogni sua “forma e luogo” il
modus agendi e operandi e l’essenza stessa dell’associazione.
In Slow Food si coniugano le caratteristiche dei brand alle tendenze dei movimenti e
si sublimano in uno degli esempi più riusciti e interessanti dal punto di vista semiotico
di strategia comunicativa online. Come evidenziato nell’analisi svolta, il particolare
utilizzo dei social media e del portale ufficiale testimonia quindi la continua
commistione tra brand e movimento politico-sociale, tendenze solo in apparenza
distanti a livello comunicativo e per niente opposte in questo specifico contesto.
La doppia natura identitaria dell’associazione che si evince dalle pratiche messe in atto,
dalle iniziative proposte e dalla rilevanza delle sue attività in ambito internazionale, e si
proietta coerentemente sul complesso dei testi sul web che costruiscono l’immagine di
Slow Food e ne diffondono istanze e filosofia.
L’associazione di Petrini, che articola sapientemente la propria presenza nell’ambito
della comunicazione online, e in particolar modo dei social media, a livello globale,
nazionale e locale, fa propri alcuni linguaggi e determinate strategie enunciative che
l’avvicinano di volta in volta ai due diversi approcci, dimostrando un impianto
comunicativo ibrido, ma sempre coerente a se stesso, che si rivela efficace soprattutto
per quanto riguarda l’aspetto del coinvolgimento.
In una prospettiva di implementazione dell’utilizzo delle piattaforme online da parte
dell’associazione, si prevede la possibilità di una comunicazione maggiormente
partecipata, ossia l’impiego dei social media e degli strumenti del web, al fine di
interpellare
realmente
gli
utenti,
e
costruire
una
rete
internazionale
di
individui, finalmente attivi e protagonisti dei processi e della vita associativa.
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RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento speciale alla mia correlatrice, la Dott.ssa Simona Stano, per la precisione,
la presenza e il supporto. Grazie, grazie Giuli, perché sarei ancora a un anno fa sotto la sabbia,
per la grandezza, l’amore (che non è una torta e non scade) e la ragione. Grazie
Paola&Corrado, per questi anni di entusiasmo e di fiducia, per aver atteso la fine senza
invadenza, e per l’orgoglio indiscriminato. A Plapla e al pendolino. Alla nonna e al nonno che
quest’anno sono passati a trovarmi, un po’ a sorpresa. Grazie a Casa Parma e ai satelliti, per i
pranzi, le notti, i buongiorni. Gre, le tue parole e l’effetto toradol che hanno su di me, Ste, le
mie spalle larghe e i miei piedi saldi, Drillo gancio dei ganci porta-ganci (mi fa fiera più di
tutto farti fiero). Nini e le domande e le orecchie aperte. Patti, i viaggi della speranza e le
seconde possibilità. Uait e Japochino e le digressioni da lavagnetta. Il gruppo vacanze
Foccabbindella, e quel cabbucio coi carciofi.. Pippo, ma dove savei senza di te? D.t.a, l.s.?
Grazie alle Officine Corsare di ieri e di oggi e soprattutto di domani, palestra e campo di
studio, un po’ sogno e un po’occasione. Monlu, Pont Neuf della mia chitarra… Franky e
Giaki per gli inverni e le aste di bestiame. Grazie alle Chicks, sferica certezza. Al Cecio e alle
sue dimostrazioni. Grazie a chi comprende le scelte e dà valore alle priorità, anche dopo un
certo sforzo d’immedesimazione. A chi conosce il bello di mangiare con le mani, e chi sa
perché faccio come faccio o non se lo chiede. Ma grazie soprattutto a chi arriva a cercare il
sale in frigo, sorridendo, senza un’ombra di disapprovazione.
78