Parla il geriatra. Le vittorie della scienza. I nuovi mali

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Parla il geriatra. Le vittorie della scienza. I nuovi mali
Parla il geriatra. Le vittorie della scienza. I nuovi mali
Aspettativa di vita, malattie di oggi e di domani, consigli per vivere al meglio la terza età. Intervista a Renzo Rozzini,
Responsabile dell’U.O. di Geriatria presso Fondazione Poliambulanza (Brescia)
L’aspettativa di vita si allunga sempre più. I progressi nella medicina sono costanti, i servizi di assistenza sempre più
forti, le malattie degenerative che rendono fragile il corpo umano arrivano sempre più in là con l’età anagrafica.
Se ad influire sulla salute sono una serie di fattori combinati, molto dipende in realtà dal soggetto stesso, dallo stile di
vita adottato e ancor più da un benessere psicologico legato alle relazioni, allo stare insieme e comunicare.
A raccontarlo a OF è il Prof. Renzo Rozzini (foto in basso), Responsabile dell’Unità Operativa di Geriatria e direttore del
Dipartimento ad essa legato presso l’Istituto ospedaliero Fondazione Poliambulanza di Brescia ma anche presidente del
Gruppo di Ricerca Geriatrica locale, segretario Scientifico dell'AICG-Associazione Italiana di Cardiologia Geriatrica,
delegato dell’UEMS-European Union of Medical Specialists e già membro del Consiglio Direttivo della SIGG-Società
Italiana di Gerontologia e Geriatria.
Of: È vero che si potrà vivere in futuro fino a 120-150 anni?
Rozzini: Nel mondo si sono già registrati negli ultimi anni casi di persone che hanno vissuto 120 anni e c’è la potenzialità
che l’organismo possa toccare i 150. Gli ultracentenari censiti all’inizio degli anni Ottanta erano 300, un numero salito
all’1 gennaio 2015 a 19.095 casi.
Of: Un aumento considerevole…
Rozzini: Questo è legato ad una combinazione di fattori favorevoli: nel mondo Occidentale, l’aspetto genetico influisce
per il 30%, quello medico conta il 10%, i fattori ambientali (come l’inquinamento) il 5% e le circostanze sociali (il lavoro
sicuro, l’abitazione riscaldata…) il 15%. Il restante 40% dipende dal comportamento individuale, ovvero se si pratica
attività fisica, si ha una corretta alimentazione, ben la metà è legato al consumo di sigarette: chi fuma vive di media 15
anni in meno. Come sottolineato, tali fattori sono combinati.
Of: Cosa significa in concreto?
Rozzini: Le faccio un esempio: in Afghanistan il tasso di inquinamento è pari a zero ma l’aspettativa di vita è di 45 anni.
Of: L’aumento dell’aspettativa di vita implica il dover vivere più a lungo in situazioni di precarietà fisica?
Rozzini: Direi di no. Un novantenne di oggi è nato a metà degli anni Venti, ha vissuto il periodo fascista e la Seconda
Guerra Mondiale, dunque ha provato sulla propria pelle povertà e disagi. Un settantenne è nato invece a guerra finita,
ha frequentato la scuola media e lavorato in ambienti possiamo supporre sicuri, ha vissuto in una casa riscaldata e
dotata di bagno interno con acqua corrente. I settantenni di oggi stanno bene, viaggiano, si risposano. La vecchiaia è
insomma mediamente molto più sana e i danni ad essa legati si posticipano. È anche vero che i dati a livello mondiale
dicono che invecchia meglio chi è benestante rispetto a chi non lo è: l’aspettativa di vita di chi è povero è inferiore di 4-
5 anni.
Of: Quali sono attualmente le malattie tipiche della terza età e cosa si sta facendo perché facciano meno paura?
Rozzini: L’età avanzata porta con sé malattie cardiovascolari, oncologiche, respiratorie, neurologiche (in particolare
l’Alzheimer) e psichiche (soprattutto la depressione). Parliamo in poche parole di un po’ tutte le malattie degenerative
ma si stanno facendo tantissimi progressi.
Of: Cioè si sta trovando una cura?
Rozzini: In campo cardiovascolare ad esempio è molto efficace la prevenzione e alcune tipologie di malattie non
esistono più. A livello oncologico un tempo si trattavano i tumori che colpiscono diversi organi nello stesso modo, ora è
disponibile una medicina personalizzata che permette di individuare le caratteristiche specifiche della malattia e di
adottare di conseguenza la terapia più adatta, facilitando la guarigione o consentendo un significativo prolungamento
degli anni di vita. D’altro canto, il livello di assistenza complessivo è nettamente migliorato rispetto a un tempo, i servizi
ci sono e il non sentirsi abbandonati allunga l’aspettativa di vita.
Of: Però, se si vive di più, c’è il rischio che si presenteranno anche nuove malattie…
Rozzini: Con il passare del tempo le malattie degenerative debilitano l’organismo e lo rendono più fragile,
maggiormente predisposto alla “rottura”. Questo ha tre risvolti: produce la perdita di autosufficienza, ha un
corrispettivo psichico drammatico (ci si rende conto che si ha più bisogno degli altri e questo porta alla depressione) ed
implica una maggiore predisposizione a nuove malattie, soprattutto di tipo infettivo come polmonite, setticemie, sepsi.
Patologie che in altri momenti della vita sono curabili ma per chi è anziano diventano pericolose in quanto si ha una
minore capacità di recupero, la cosiddetta resilienza è inferiore.
Of: Come si può dunque vivere al meglio la terza età, quindi?
Rozzini: La salute in età avanzata è definita dall’autosufficienza e dall’autonomia. Bisogna ambire a questo e conta
molto lo stile di vita. A partire dall’attività fisica: per invecchiare meglio bastano tre sessioni alla settimana da 25 minuti
di camminata veloce. Passeggiare fa bene sia alle gambe sia alla testa: stimola tutti gli organi di senso.
Of: Poi, cos’altro si può fare per rallentare l’invecchiamento?
Rozzini: Ancora più importante è avere vicino qualcuno, comunicare, creare network. Man mano che l’età avanza
aumenta il tasso di suicidi nell’uomo: negli ultimi 15 anni si è registrato un incremento per tutte le classi di età, con una
riduzione solo dopo i 75 anni in quanto la protezione sociale è migliorata, gli anziani sono maggiormente seguiti. Le
donne hanno un picco tra i 50 e i 60 anni ma in generale i dati sono inferiori in quanto si confrontano di più tra loro,
sono maggiormente sintoniche in merito alle vicende della vita, sono capaci di creare relazioni. Per il soggetto maschile
è più difficile comunicare il disagio, si riscontra una capacità inferiore di fare rete. E il benessere deve essere in primo
luogo psicologico.