I SEGNI AMBIENTALI MINORI DEL PAESAGGIO
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I SEGNI AMBIENTALI MINORI DEL PAESAGGIO
I SEGNI AMBIENTALI MINORI DEL PAESAGGIO MOLISANO: 1. Gli alberi e il paesaggio Il tema degli alberi monumentali è particolarmente affascinante, di preciso rilievo per la storia del nostro territorio e del paesaggio che lo definisce. La Regione per dovere costituzionale è impegnata nella tutela e salvaguardia del paesaggio. L'azione del Servizio Beni Ambientali che da anni si esplica attraverso le forme istituzionali della tutela e della valorizzazione del paesaggio ha voluto cogliere l'occasione per indirizzarsi verso un campo fino ad ora non sufficientemente esplorato come quello del patrimonio arboreo della Regione Molise, sottolineando che le componenti del paesaggio sono varie e molteplici e che il rispetto dell'elemento naturalistico deve essere particolarmente considerato, pur nel rispetto delle legittime esigenze di trasformazione del territorio, perché esso è unico e insostituibile e costituisce spesso l'essenza culturale di un popolo. E' sempre più necessario un intervento di tipo culturale, indirizzato alla sensibilizzazione della collettività sull'importanza della tutela dei lineamenti peculiari del nostro paesaggio in quanto testimonianza di civiltà e di valori aggiunti di rilievo, anche turistico. Per questo motivo la Regione si impegna con azioni di promozione e divulgazione della conoscenza e del significato storico-culturale del patrimonio paesaggistico regionale, per creare una maggiore partecipazione nel conseguimento degli obiettivi di tutela. Guardiaregia - Collemacchia Isernia - Pizzone 2. Muretti con pietra a secco Sono muri bassi di recinzione dei campi, costruiti con pietre di risulta, non cementate con malta ma tenute insieme con gioco di equilibri dall’arte antica dei contadini. La tecnica di disporre i sassi uno sull'altro, senza l'uso della malta (a secco) richiede molta perizia da parte del costruttore e deriva dalla necessità di lasciar defluire l'acqua penetrata nel terreno durante i periodi di pioggia abbondante. In caso contrario il peso del terreno diventerebbe talmente elevato da non poter essere sostenuto, provocando la caduta del muro di sostegno. E' pertanto evidente che la loro manutenzione deve essere continua. Costruire muretti a secco è molto difficile; prima di tutto occorre la materia prima :la pietra ,quindi i”muratori”dovevano trovare dei sassi da spaccare e ,a volte,dovevano trasportarli a spalle anche per centinaia di metri. Per costruire un muretto prima di tutto è necessario fare delle buone fondamenta, poi si procede alla costruzione vera e propria. Prima si usano pietre più grandi e di forma più regolare poi si inseriscono pietre più piccole come spessori o cunei per rendere il muretto più stabile. Inoltre ogni pietra posta nel muro deve toccare con la parte inferire due pietre che stanno di sotto,questo per “legare” i sassi tra di loro perché non c’è cemento. Man mano che la costruzione va avanti bisogna riempire lo spazio che si crea tra il muretto e il terreno della terrazza con pietrisco e terra e poco terriccio, per far penetrare facilmente l’ acqua piovana. Finito il muro, bisogna fare un piccolo muretto interno di circa dieci centimetri rispetto al livello del terreno per evitare che l’ acqua durante le piogge trascini via la terra. La sommità del muretto viene poi livellata con lastre di pietra e terra e su questa passano i sentieri che collegano i terrazzamenti. Schemi a secco: 3. i Mulini Un mulino, dal latino molinum derivante da mola, è uno strumento che produce un lavoro che può essere quello storico di macinare i cereali e produrre farina oppure la produzione di energia. Per estensione il termine designa anche la struttura che ospita la strumentazione del mulino, organizzata in modo funzionale alla produzione tramite l’utilizzo dell’energia dell’acqua che scorre. La storia dei mulini ad acqua è una storia antica che ha inizio con le prime forme di sviluppo dell’arte molitoria. La macinazione meccanica dei cereali costituisce uno dei principali campi di applicazione della tecnica antica, in particolar modo di quel dispositivo fondamentale che è alla base dei più importanti sviluppi tecnologici dell’epoca pre-industriale: la ruota idraulica. Pare che l’impianto dei mulini debba molto, almeno in una prima fase, all’intervento dei signori rurali e degli enti ecclesiastici, a cui si affiancarono in alcune aree, nel ruolo di intermediari, anche i rappresentati del ceto borghese urbano. Nella nostra ricerca ci siamo trovati di fronte a 4 tipologie: • • • • a. mulino lungo un grande corso d’acqua b. mulino su un torrente alimentato da un bacino imbrifero di medie dimensioni c. mulino su un corso d’acqua minore d. mulino alimentato direttamente da una sorgente. Nel primo caso si tratta di mulini che potevano lavorare quasi per tutto l’anno, ma necessitavano di un notevole impegno costruttivo e manutentivo per le grandi opere di presa. Nel secondo si tratta di mulini che potevano operare per buona parte dell’anno, ad eccezione dei periodi di siccità autunnale. Le altre due tipologie comprendono mulini minori la cui costruzione ed attività è strettamente collegata ad esigenze locali, fortemente condizionati dall’andamento stagionale. Nelle tipologie minori il mulino assume l’aspetto di un semplice macchinario al servizio di pochi poderi del medesimo proprietario, affidato ad un mezzadro che divide la propria attività tra le macine ed i campi. La struttura: • • • • L’opera di captazione: La costruzione della chiusa avveniva solitamente sfruttando la preesistenza di rocce che sbarravano naturalmente il torrente. Su esse si fondava un muretto che aveva il compito di deviare le acque nel canale. Il canale(gora): L’accesso dell’acqua al canale di derivazione era regolato da una paratoia a scorrimento verticale, necessaria per difendersi dalle piene. Alcuni mulini avevano altre paratoie di scarico sul canale di derivazione oppure direttamente nel muro del bottaccio. Il canale di derivazione in quest’area è costruito sempre in muratura, e può raggiungere lunghezze ragguardevoli: in tal modo poteva utilizzare un maggior dislivello e rappresentare esso stesso un notevole serbatoio di acqua per la macinazione. Il serbatoio: Il canale terminava nel bottino o colta, un serbatoio in muratura di ampiezza variabile. Nei mulini serviti da un piccolo corso d’acqua le dimensioni di canale e colta determinavano il margine di autonomia operativa del mulino. Il mugnaio conosceva la quantità di granaglie macinabili con una sola "bottacciata", e l’intervallo tra una macinatura e l’altra dipendeva dalle dimensioni e dalla portata stagionale del corso d’acqua. L’abitazione: Spesso i mulini comprendevano anche l’abitazione per la famiglia del mugnaio. In altri casi, soprattutto nei piccoli mulini, il mugnaio era invece un mezzadro che risiedeva nel podere in cui si trovava il mulino, di solito un piccolo appezzamento. La tipologia edilizia variava quindi anche in maniera sensibile: in genere al piano terreno era ricavata una stalla, dove si ricoveravano le bestie dei clienti ed il mulo che quasi tutti i mugnai possedevano ed utilizzavano per il trasporto del grano e della farina, mentre al piano superiore, se presente, era situato l’alloggio. Il principio motore: l’acqua raccolta nel bottino veniva scaricata lungo un condotto (la doccia) ed indirizzata, per mezzo di una canaletta in legno, sulle pale della ruota orizzontale. Quest’ultima girava sospinta da una forza determinata dalla quantità e dalla pressione dell’acqua. I mulini idraulici opposero una strenua resistenza alle innovazioni tecnologiche comparse nei processi di molitura nellla seconda metà del XIX sec. L’ingresso del vapore, come forza motrice, permise l’impianto dei mulini nelle città, indipendentemente dalla disponibilità di salti idraulici: ad essa si accompagnò la diffusione della macinatura a cilindri. Agli inizi del Novecento i mulini si troveranno poi a dover fare i conti con un altro prodotto dell’energia idraulica: l’elettricità. I maggiori rendimenti e la trasportabilità di questa forma di energia finiranno per soppiantarli del tutto, lasciando i loro resti a testimoniare un lungo stadio dell’era pre-tecnologica, che si chiude proprio con lo sviluppo dei motori e delle altre applicazioni dell’elettricità. 4. la Casa rurale Nel territorio molisano predomina la piccola azienda a conduzione familiare: in essa i complessi costruttivi sono di dimensioni piuttosto ridotte e di composizione assai semplice. La casa contadina era ubicata all'esterno del nucleo abitativo principale, oppure nelle contrade che sono appunto nate come somma di case rurali, rivolte verso il podere di pertinenza prospiciente o nelle immediate vicinanze, con le aperture principali rivolte a sud, oppure ad ovest o ad est se condizionate dall'orientamento del terreno a monte. Gli elementi essenziali sono tre : casa d'abitazione, stalla-fienile e spazi liberi. La combinazione dominante è quella più elementare a blocco unico: casa, stalla-fienile, con antistante cortile. La facciata della casa è sempre rivolta verso il cortile. Antistante la casa si trova l’aia, il pozzo e il cortile, dal quale, in alcuni casi, sale la scala di accesso ai piani superiori (per le difficoltà di forare la struttura di copertura del piano terra, spesso costituita da una volta in pietra, essa è collocata preferibilmente all’esterno). I locali della casa erano utilizzati sia per gli uomini sia per gli animali, riuniti sotto lo stesso tetto. I locali del piano terra erano destinati generalmente a stalla, a fienile, a deposito degli attrezzi e delle derrate, a cantina, a legnaia; mentre a fianco della stalla o al primo piano si trovava la cucina con il focolare. Dalla cucina, direttamente o attraverso una scala, si entrava alle stanze da letto. Data l’estrema semplicità della dimora rurale molisana è possibile riscontrare una sostanziale uniformità di caratteri, nei quali però non mancano varianti dovute a fattori come le caratteristiche del sito, l’organizzazione del lavoro agricolo e, soprattutto, il rapporto con il fondo. Certamente esistono differenze non marginali tra la casa d’abitazione stabile e gli alloggi temporanei. Il tipo di edificio più frequente è quello di pendio con l’abitazione sovrapposta o adiacente al rustico, a seconda della pendenza del terreno. Frequentemente il rustico e l’abitazione sono situati su piani sfalsati con ingressi autonomi. La casa è di solito a pianta rettangolare, con tre vani d’abitazione e la stalla. Nei casi più frequenti si accede ad un piano posto alla quota del piano di campagna, diviso in più locali adibiti a cucina e magazzino, mentre il piano superiore è destinato alle camere da letto. L’ingesso è, in prevalenza, a contatto con la scala esterna , che si sviluppa nella parte mediana della costruzione. La cucina è quasi sempre in prossimità dell’ingresso ed in essa grande importanza riveste il focolare. Il carattere di estrema semplicità dell’architettura rurale molisana si riflette in pieno nell’adozione dei materiali da costruzione locali: pietra, legno e terra. Il tetto con struttura di legno ha un manto di copertura in laterizio con doppio strato di coppi. La sporgenza della linea di gronda , ridotta a poche decine di centimetri, è assicurata da lastre di pietra o da romanelle o listelli e tavolati di legno. Le aperture delle porte e delle finestre sono piccole e si allargano a forma d'imbuto verso l'interno attraverso muri piuttosto spessi, mentre davanti alla finestre al piano terra si trovavano sovente delle caratteristiche inferriate di ferro battuto ad evidente scopo di difesa della proprietà. Alcune case appartenenti a proprietari più abbienti, sullo stipite della porta d'ingresso in pietra recavano delle scritte o date o vi erano scolpiti gli stemmi delle famiglie. Dai muretti a secco costruiti con le pietre accumulate dal dissodamento del terreno, “le macere”, i nostri avi iniziarono a costruire rifugi dalle intemperie nei campi, e col tempo tali rifugi si trasformarono in abitazioni dove viveva un’ intera famiglia, le case rurali e le masserie. L’edilizia molisana è molto legata all’ambiente naturale e direttamente collegata all’attività dell’uomo; tale insediamento definito sparso ha caratteristiche e particolarità talvolta differenti ma rintracciando elementi generali troviamo: TIPO UNITARIO CON ELEMENTI SOVRAPPOSTI Questa struttura normalmente è a due piani; al secondo c’è l’abitazione costituita da cucina con ampio focolare e collegata alla camera da letto. Al pian terreno il rustico,con locale adibito a deposito attrezzi,la stalla per bovini e pecore Ha pianta rettangolare con l’ingresso su lato lungo; le canne fumarie sono incassate nelle mura. Il tetto è in embrici poggiati su travi e nel sottotetto si conservano fieno o scorte alimentari . Accanto o addossato alla struttura principale,si possono trovare locali annessi per polli, maiali, rimessa del carro e per macchine agricole. Tale costruzione può avere a) scala interna b) scala esterna c) essere edificata su pendio-tipica collinare e montana che si adatta alla natura del terreno La scala esterna è costruita quasi sempre parallela al lato lungo della casa; ha un’unica rampa e consente l’accesso all’abitazione. Alla sommità della scala può esserci un piccolo ballatoio cinto da un muretto o da ringhiera. Al disotto di tale terrazzina si apre un arco che immette al rustico e costituisce un motivo architettonico di arricchimento rispetto alle semplici strutture. Le case sparse a scala interna prevedono: al pian terreno la cucina ed il magazzino; al secondo piano due camere; l’ingresso posto sotto il comignolo ed incorniciato da uno stipite in pietra; il vano scala al pian terreno,ampio, è preceduto da un ingresso che da accesso sia alla cucina che al magazzino; il tetto è a due spioventi ed il sottotetto utilizzato per le scorte alimentari; i rustici,giustapposti,hanno un tetto diverso da quello dell’abitazione. Anche la casa su pendio ha pianta rettangolare e l’abitazione è posta sopra al rustico; a volte sono riunite in nuclei di tre –quattro case disposte a gradini. Sulla facciata si trovano le finestrelle e i gradini per accedere alla cucina; gli altri lati della casa sono ciechi. Insieme alle case su pendio in zona collinare si ritrovano le CAPANNE DI PAGLIA costruite con pareti a secco o con scheletro di legno rivestiti di pannelli di paglia; non sempre sono legate a funzioni rurali ma rappresentano una probabile forma antica di insediamento temporaneo. Alcune di queste case rurali presentano un tipo di copertura particolare detto a LICIE o LISCE. Sono lastre calcaree di color grigio disposte a squama di pesce; il loro utilizzo è strettamente legato al terreno che presenta vasti affioramenti calcarei; è un tipo di copertura molto pesante pertanto in disuso.( Rilevare la presenza di strutture con questa copertura in un territorio denota povertà e difficoltà di comunicazioni e spostamenti). I CENTRI L’insediamento accentrato si ha in alto,in zone collinari o montane. Hanno l’aspetto di piccoli e grossi borghi rurali legati alla pastorizia,allo sfruttamento del bosco o alle colture di cereali. Le forme e le strutture delle case sono condizionate dalla mancanza di spazio e dalla forma del terreno,pertanto si sviluppano in verticale; verso l’alto sono a due o tre piani,verso il basso scavati nella roccia,si ricavano vani ad uso stalla o cantina. Ciò che caratterizzava questi centri era la mescolanza di uomini ed animali. Nei centri troviamo tipo di casa su pendio con elementi giustapposti, dove il lieve pendio non consente la sovrapposizione dell’abitazione al rustico; sul lato della facciata si trova l’ingresso dell’abitazione a monte ed a valle quella del rustico. L’interno della casa ha due stanze sovrapposte: alla cucina si accede dalla strada ed una scala interna porta alla camera da letto. Il tetto ad uno o a due pioventi ricopre sia l’abitazione sia il rustico. LE DIMORE TEMPORANEE La loro costruzione è dovuta essenzialmente allo sfruttamento dei pascoli montani,quindi da rifugio temporaneo per i pastori. Costruite normalmente con pietra a secco, presenta una pianta circolare o quadrangolare con copertura sempre in pietra trulliforme. Tutte le parti che compongono la facciata di un edificio hanno un nome 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) Grondaia Cornicione(Romanella) Coppo Architrave Stipite Scuretto(anta cieca) Davanzale (soglia) Pannello in ghisa Montante Mensola in ghisa Mazzetta Aggetto Cantone(cantonata) Chiave dell’arco Archivolto Sovrapporta Portone Portale Tipologia di cornicioni 1) Romanella (la più frequente): ottenuta attraverso l’aggetto successivo di coppi.La posa in opera degli stessi avveniva con la parte concava rivolta in basso, o in alto. 2) In pietra ( a semplice gola): ottenuto attraverso la posa in opera di elementi in pietra (o muratura n aggetto intonacata e sagomata) a sostegno dell’ultimo filare di coppi, con la base in leggero aggetto rispetto al muro che la sostiene. 3) Su mensole in pietra a supporto dell’aggetto della cornice di gronda: costituito da elementi lapidei di semplice fattura, sorretti da mensole incastrate nella struttura muraria. 4) Palombelle (o passafuori): erano costruiti da elementi lignei, più o meno lavorati, in aggetto da muro ed a sostegno della cornice e degli ultimi filari di coppi.