Macché caduta! Il nostro Stefano in Olanda è morto per un
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Macché caduta! Il nostro Stefano in Olanda è morto per un
AREA METROPOLITANA I IX Venerdì 10 febbraio 2017 CASO INTERNAZIONALE IL GIALLO DEL GIOVANE EMIGRATO LA VITTIMA ERA DI MOLA «Ce lo stanno ammazzando per una seconda volta. Abbiamo indizi su alcuni extracomunitari». Sos al premier Gentiloni e al ministro Alfano «Macché caduta! Il nostro Stefano in Olanda è morto per un pestaggio» La famiglia: le autorità di quel Paese stanno ignorando i nostri appelli ANTONIO GALIZIA l MOLA DI BARI. «Troppi indizi ci fanno supporre che Stefano non sia morto per una caduta ma per un pestaggio, ma gli inquirenti olandesi continuano ad ignorare le nostre ragioni e non rispondono nemmeno alle richieste della nostra Ambasciata in Olanda, per questo sollecitiamo un intervento del premier Gentiloni e del ministro degli Esteri Alfano sul governo olandese». A tre mesi dalla morte di Stefano Tanzi, il 34enne di Mola trovato in fin di vita, in circostanze fin qui poco chiare, in una strada di Tilburg (a sud dell’Olanda) nella notte tra il 18 e il 19 luglio dello scorso anno, esplode la rabbia dei parenti. Il nuovo, doloroso capitolo della vicenda (approdata anche in Parlamento con una interrogazione all’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni) viene rappresentato in una memoria che i familiari di Stefano hanno inviato all’Ambasciata Italiana a L’Aja, delegata a curare per conto della famiglia i rapporti con la Polizia e la Procura competente. Secondo gli investigatori olandesi, quella notte il giovane emigrato sarebbe caduto sulla strada da un’altezza ragguardevole, ipotizzando in questo modo che qualcuno potesse averlo spinto dal balcone dell’abitazione di una sua amica. Mentre secondo i parenti, che sono entrati in possesso di diversi reperti, Stefano sarebbe stato vittima di un pestaggio da parte di due o più extracomunitari. «Le tesi investigative della Polizia olandese non ci convincono – dice Gianni Tanzi, lo zio di Stefano che segue quotidianamente la vicenda in contatto con l’Ambasciata italiana a l’Aja – così come non ci convincono i continui rinvii, le mancate risposte che la nostra famiglia tramite i diplomatici ha sottoposto agli inquirenti. Un comportamento disdicevole». A che cosa si riferisce in particolare? «I reperti raccolti, la cartella clinica e i video ed i messaggi registrati sul telefonino di mio nipote – spiega Gianni Tanzi – dimostrano che quantomeno gli investigatori avrebbero dovuto trattare il caso con maggiore cautela ed impegno. Qualcuno ci spieghi com’è possibile ritenere che quanto accaduto a Stefano sia dipeso da una caduta avvenuta da rilevante altezza visto che in quella zona di Tilburg la tipologia delle abitazioni presenta altezze irrilevanti. Mentre dimostrano altro i traumi subiti, i segni presenti sul corpo, la cartella clinica dei chirurghi dell’ospedale Saint Elizabeth. Che non si sia trattato di una caduta lo confermano i segni sugli indumenti, in possesso dei genitori e mai esaminati: si evincono segni di trascinamento sulla parte anteriore delle gambe con tracce di erba e terra, si nota l’impronta di scarpe sulle gambe. Sui pantaloni ci sono macchie di sangue. La maglietta è ridotta a brandelli. Sono indizi riconducibili secondo noi ad una violenta aggressione totalmente in contrasto con l’ipotesi della caduta. Bisognerebbe esaminare anche gli effetti personali e il cellulare contenente messaggi, video, foto e conversazioni avvenute con la donna con cui Stefano aveva avuto contatti e alcuni amici. E poi…». E poi? «Gli inquirenti olandesi devono spiegare anche perché nei 40 giorni di permanenza in Olanda al capezzale di Stefano i genitori non sono mai stati ascoltati? Perché non hanno ascoltato i conoscenti di mio nipote, quei pochi amici che aveva frequentato nella sua breve permanenza a Tilburg?». La famiglia Tanzi vuole andare in fondo: «Ci stanno ammazzando Stefano per la seconda volta. Chiediamo a tutti di darci un aiuto. Chiediamo un interessamento all’Ambasciata olandese in Italia, fin qui completamente «È STATO UCCISO» Stefano Tanzi, emigrato da Mola in Olanda, aveva 34 anni assente. Al premier Gentiloni e al suo successore al ministero degli Esterni Angelino Alfano chiediamo di sollecitare il governo olandese perché gli inquirenti collaborino con la nostra ambasciata. Nessuno ci ridarà la serenità e la pace interiore – conclude lo zio del povero Stefano - fino a quando alla luce di quanto accaduto, gli inquirenti operando con la dovuta professionalità, serietà e integrità morale, in cui confidiamo, ci daranno la soddisfazione di conoscere la verità, di vedere assicurati alla giustizia i responsabili della morte prematura e assurda del nostro ragazzo». IL DIBATTITO TAVOLA ROTONDA ALL’ISTITUTO «ELENA DI SAVOIA» CON LA SOTTOSEGRETARIO ALL’ISTRUZIONE, SENATRICE D’ONGHIA IL RECLAMO DECARO: ONERI INGIUSTI PER L’EX PROVINCIA «Per combattere bullismo e mobbing più che condannare bisogna educare» Accademia di Belle arti «Ora paghi il ministero l’affitto in via Re David» VALENTINO SGARAMELLA l Si cresce bulli tra i banchi di scuola o in strada con i propri coetanei ma si diventa stalker o generatori di mobbing domani in ufficio, da adulti. Una società difficile che si trova ad avere problemi nuovi come il cyber bullismo, con tutti i reati connessi ad internet e che utilizzano la rete come palestra che si ritiene sconfinata e perciò impunita. Nell’aula magna dell’istituto Elena di Savoia, si sono date appuntamento le istituzioni per capire cosa fare e parlare di «Bullismo oggi, mobbing domani», organizzato dalla Cisl. La legge sul cyberbullismo è stata approvata pochi giorni fa in Senato. È tor- nata alla Camera in quarta lettura. Il primo testo approvato a palazzo Madama si rivolgeva esclusivamente ai ragazzi in età scolare ed era finalizzato ad ammonire le famiglie ad educare i ragazzi. La legge alla Camera ha subito importanti modifiche accentuando il carattere punitivo dei fenomeni. Il sottosegretario all’Istruzione, sen. Angela D’Onghia: «I ragazzi hanno timore a raccontare le loro storie. Se la legge si sofferma sulle conseguenze penali avranno ancora più paura. All’interno della scuola non dobbiamo condannare ma educare». Occorre aiutare i ragazzi ad affrontare i nuovi mezzi della tecnologia. «Anche noi dobbiamo imparare ad usarli perché siamo novizi – dice D’Onghia - capire quanto male possiamo fare con un solo clic, un mi piace o una condivisione». Poi ha aggiunto: «In questo Paese, più che di circolari c’è bisogno di parlare per tentare di fare meno male possibile ai ragazzi. I bulli di oggi potranno praticare mobbing domani ma anche viceversa». Un’altra questione sollevata dalla senatrice è la rivalutazione dei docenti. «Abbiamo necessità di restituire un ruolo sociale ai nostri docenti. Devono riacquistare autorevolezza, cosa diversa dall’autorità. L’unico che in Giappone non s’inchina dinanzi all’imperatore è il docente perché senza maestro non ci sarebbe un imperatore». Anna Maria Furlan, segretaria confederale Cisl, è intervenu- IL DIBATTITO SU BULLISMO E MOBBING Confronto fra politici insegnanti e esperti di sicurezza con il sindacato Cisl all’Istituto «Elena di Savoia» . ta in videoconferenza: «Siamo per la cultura del rispetto e della dignità della persona ed il lavoro rispetto a questo è stato drammaticamente disperso in Italia. Spesso, alla radice del bullismo c’è il degrado sociale, l’emarginazione e la famiglia e la scuola possono svolgere un ruolo davvero importante». Giuseppe Boccuzzi, segretario provinciale Cisl di Bari: «Il 35% dei lavoratori dichiara di avere subìto almeno una volta un episodio di mobbing o disagio lavorativo. Il 78% dei giovani dichiara che il cyber bullismo è il peggior male del secolo, più della tossicodipendenza, molestie degli adulti, il degrado sociale e la povertà». Il dott. Andrea Carnimeo, della Polizia postale: «Il cyber bullismo colpisce soprattutto l’età compresa tra i 9 ed i 13 anni. Sui gruppi whatsapp o facebook insultare qualcuno o offendere non è più percepito come un crimine». In rete c’è la percezione dell’assenza dei limiti spazio-temporali. «Manca un sentimento di compassione per la vittima, non c’è empatia con la vittima. Posso dirgli ciò che voglio». La dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Anna Camalleri, ha chiarito il senso di una responsabilità civile per il bullismo che comporta una modalità risarcitoria secondo il principio che non bisogna danneggiare nessuno per una causa ingiusta. Nel caso della scuola: «La responsabilità è trasferita in ambito scolastico perché i genitori affidano il minore ad un ambiente di apprendimento. La responsabilità investe dirigente scolastico, docente e personale non docente». l Il sindaco Antonio Decaro, nella Commissione Istruzione dell’Anci (l’Associazione nazionale dei Comuni) alla presenza della ministra dell’Istruzione università e ricerca Valeria Fedeli, ha chiesto di velocizzare le procedure di rimborso per gli istituti superiori accademici, tra cui l’Accademia delle Belle arti di cui la Città metropolitana - ha detto - «si fa impropriamente carico». Attualmente, infatti, l’ex Provincia continua a pagare il fitto di 320mila euro annui per l’immobile di via Re David, in attesa che il Governo provveda a stanziare i fondi dei rimborsi dovuti. Come la Gazzetta ha segnalato da tempo, l’affitto più alto d’Italia. La Città metropolitana, d’intesa con il Ministero, ha già avviato inoltre un percorso con i dirigenti e gli studenti dell’Accademia per realizzare la sede dell’istituzione scolastica nell’area della ex Caserma Rossani. Ad og- DECARO Col ministro in Commissione gi - rende noto il Comune - si stanno valutando gli impatti e le caratteristiche dello studio di prefattibilità dell’intervento, che sarà finanziato dal Patto per la città metropolitana per un importo pari a circa 18 milioni di euro. «Alla ministra abbiamo chiesto solo quello che spetta alle Città metropolitane di tutta Italia per far fronte all’istruzione superiore dei nostri ragazzi - spiega Decaro -. Anche a Bari la ex Provincia continua a svolgere funzioni non proprie, per di più senza disporre dei fondi necessari». La ministra ha assicurato che l’Afam, il settore del Miur che si occupa di alta formazione artistica, musicale e coreutica, «sta conducendo una ricognizione generale di tutti gli istituti analoghi sul territorio nazionale per individuare criteri omogenei con cui assegnare i fondi necessari nel più breve tempo possibile».