Chevrolet Trax

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Chevrolet Trax
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Numero 18
21 Maggio 2013
103 Pagine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Audi RS 6 Avant
Peugeot 2008
La RS6 abbandona il V10
Lamborghini e debutta col nuovo
V8 biturbo 4.0 TFSI da 560 cavalli
Da 15.100 euro il crossover del
Leone si dimostra spazioso e
piacevole da guidare anche
con il piccolo 1.2 VTi da 82 CV
Superstation
A misura di famiglia
Formula 1
La coppia si riforma
Honda e McLaren riformeranno
la coppia vincente del periodo
1988-1992 riunendosi nel 2015
| PROVA SU STRADA |
Chevrolet
Trax
da Pag. 2 a Pag. 19
All’Interno
NEWS: Porsche 911 Turbo | Mercedes Classe S I Volvo V70 Super Polar | In arrivo l’elicottero che fa le multe
Chi vuole i limiti sempre più bassi di CO2 | F1: Mauro Forghieri: la mia vita in Ferrari
PROVA SU STRADA
Chevrolet Trax
SUV compatta
per tutti
La nuova SUV compatta del cravattino condivide
con la cugina Opel Mokka molte soluzioni tecniche pur
vantando uno stile e contenuti tecnologici esclusivi.
Piacevole da guidare costa 19.150 euro
di Emiliano Perucca Orfei
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telefoni o oggetti d’uso quotidiano) che circondano il sistema multimediale MyLink. Proposto anche su Opel Adam con la sigla Intellilink,
il MyLink è un sistema interessante sotto molti
punti di vista - anche economico - perché sfrutta
il potenziale degli smartphone di ultima generazione per gestire la navigazione BringGo (app, 69
euro), la fruizione di contenuti online (webradio
gratuita) o la riproduzione musicale o audiovisiva. Per gli utenti Apple è disponibile addirittura
la ricerca vocale Siri. Il tutto sincronizzando, via
bluteooth, fino a cinque smartphone per volta ed
uno via USB: non manca, ovviamente, anche un
ingresso aux-in riservato a quei lettori MP3 non
dotati di porta USB o Bluetooth.
Interni: gli strumenti sono
“da moto”
Q
uello di dichiarare di essere
stati i primi ad inventare un
qualsiasi segmento è una
moda in uso presso molti
costruttori al lancio di ogni
modello ma effettivamen
te, per Chevrolet, è interes
sante sapere che un primitivissimo concetto di SUV fu lanciato sul mercato
addirittura nel 1935 con la Carryall Suburban.
Non che quello storico modello, che tra le altre
ha il record mondiale di veicolo da più tempo sul
mercato con lo stesso nome, abbia in comune
qualcosa con la nuova Chevrolet Trax, questo è
certo, ma l’impegno del brand americano nella
realizzazione di questo genere di vetture è massimo da sempre e, tanto per Captiva quanto per
la nuova evoluzione del progetto su cui è nata anche Opel Mokka, rappresenta un elemento su cui
poter fare affidamento.
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Gli interni sono sviluppati per coniugare spazio
e versatilità. Otto configurazioni di sedili, fino a
1.370 litri di vano bagagli (356 litri in configurazione 5 posti) e possibilità di trasportare oggetti
lungi 2,3 metri abbattendo progressivamente gli
schienali posteriori (60/40) sono tra gli elementi
chiave di un abitacolo che anche senza MyLink
mette a proprio agio i passeggeri sotto il profilo
tecnologico: la presa 230V (tra le poche sul mercato) per chi siede dietro è di serie così come
sono di serie gli attacchi USB e aux-in con la radio standard.
Tre motori, anche integrale
Tre i motori disponibili, tutti caratterizzati nelle versioni manuali di funzionalità start/stop. Il
turbodiesel è l’ultima evoluzione del quadricilindrico da 1.7 litri utilizzato anche su altri modelli
della gamma Chevy: 130 CV, 300 Nm di coppia
massima, l’unità è abbinabile al cambio automatico a sei marce o alla trazione integrale AWD a
controllo elettronico. Il consumo dichiarato per
la versione manuale a trazione anteriore è di
4,5 litri ogni 100 km mentre l’emissione di CO2
si attesta a 120 g/km. Per gli amanti del 4x4 è
disponibile anche la motorizzazione 1.4 turbo
Sembra la Mokka ma non è...
Pensata per entrare in un segmento passato in
Europa da 130.000 unità a 260.000 unità dal
2008 al 2012, ovvero quello delle SUV di segmento B/C, la nuova Trax è lunga 4,25 metri,
larga 1,78 ed alta 1,67 (passo 2,55). Dimensioni
relativamente compatte, che gli stilisti Chevrolet hanno leggermente rivisto rispetto al quelle
della cugina Mokka per fare posto alla calandra
col cravattino e ad una fiancata profondamente
segnata dai passaruota.
Dentro c’è il MyLink
Anche internamente il progetto Trax dimostra di
seguire una propria filosofia. Alla stregua di altri
modelli Chevrolet, ad esempio, la strumentazione è di tipo motociclistico (con il contagiri analogico e il tachimetro digitale affiancati) mentre
lo stile della plancia è stato rivisto per fare posto a due comode “orecchie” (ideali per riporre
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In tutta sincerità,
per come sarà
utilizzata questa
vettura dalla stragrande
maggioranza dei clienti,
la trazione anteriore
(se gommata
adeguatamente
d’inverno) ha tutta la
motricità che serve
per andare dove si
vuole
benzina da 140 CV e 200 Nm di coppia. In questo caso le due ruote motrici non sono disponibili (così come non è possibile ordinare il cambio
automatico) ma i consumi rimangono contenuti
a 6,5 l/100 km a fronte di un valore di emissione
di CO2 pari a 149 g/km. Alla base della gamma si
posiziona il 1.6 benzina: il quattro cilindri aspirato eroga 116 CV e consuma mediamente 6,5 litri
di verde con una emissione media di 153 g/km.
Sicurezza: ha tutto di serie
In termini di sicurezza Trax è dotata d’assistenza
alla partenza in salita (Hill Start Assist), sistema
di controllo della marcia in discesa (Hill Descent
Control), controllo elettronico della stabilità
(ESC) ed ABS. Nelle dotazioni di sicurezza anche sei airbag, cinture di sicurezza a tre punti di
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ancoraggio per tutti i cinque i posti, attacchi Isofix per l’ancoraggio dei seggiolini per bambini e
pedaliera collassabile.
Gli allestimenti: la base è ricca
La versione d’accesso alla gamma Chevrolet
Trax è la 1.6 in allestimento LS a due ruote motrici (costa 19.150 euro ma può scendere a 16.800
euro a fronte di usato o rottamazione) mentre il
top di gamma, 1.7 diesel LTZ 4x4, costa 26.500
euro. Tutte le Chevrolet Trax vantano già dalla
versione LS i cerchi in lega, i fendinebbia, il climatizzatore, il cruise control, la radio e sensori di
parcheggio posteriori. La intermedia LT aggiunge il MyLink e la retrocamera posteriore mentre
con la LTZ vengono offerti di serie il tetto apribile
e gli interni in pelle.
Dal vivo: com’è fuori
Compatta ma allo stesso tempo rassicurante, la
nuova Chevrolet Trax non è una versione rimarchiata della Opel Mokka. Vero, linea di montaggio (Korea del Sud) e meccanica sono totalmente condivise ma esteticamente sono numerosi i
dettagli che fanno la differenza tra i due modelli:
gruppi ottici, calandra, paraurti, passaruota e
molti altri dettagli sono stati rivisti per adattarsi
al corso stilistico Chevrolet.
Dal vivo: com’è dentro
Come fuori anche dentro l’impostazione è globalmente quella che si ritrova anche su Mokka
pur con numerose differenze per quanto concerne la strumentazione e la dotazione elettronica. Il MyLink, ad esempio, in questo caso è
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Il MyLink è completissimo
Facile da usare il sistema multimediale MyLink
è davvero in grado di fare di tutto e di più grazie al perfetto sfruttamento del potenziale degli
smartphone di ultima generazione. Buono il navigatore BrinGo, che visualizza countdown metro
per metro prima delle svolte, così come è eccellente l’integrazione con il Siri dei sistemi iOS di
ultima generazione. Per stessa ammissione della
vertici Chevrolet il MyLink offre il meglio di sé con
iPhone piuttosto che con piattaforme Android
(comunque compatibili).
Su strada: come si guida
Abbiamo scelto di guidare la 1.7 diesel in versione
LT. Dotata dell’unico motore diesel attualmente
in gamma, questa versione sarà con ogni probabilità quella più apprezzata sul mercato italiano
grazie alla capacità di combinare consumi contenuti e buone prestazioni (0-100 in 9,4 secondi, 188 km/h). Abbinato ad un cambio manuale
non certamente sportivo ma discreto nel funzionamento, il millesette abbinato alla trazione
integrale ha dimostrato una buona propensione
a girare a regimi compresi tra i 1.500 ed i 3.000
giri spingendo con grande agilità anche rapporti
più lunghi di quelli “ideali”.
1.7 diesel: un po’ (troppo) rumoroso
Un motore come sempre piacevole da guidare,
in grado di assicurare medie di 13 km/l senza badare troppo all’utilizzo “eco”, che tra i difetti ha
un’esclusività della Chevrolet alla stregua della
strumentazione di derivazione motociclistica,
che richiama quella proposta su altri modelli
della gamma. Facilmente accessibile, sia davanti che dietro, Trax ospita molto comodamente
quattro persone facendo, all’occorrenza, posto
anche ad una quinta. Le finiture sono appariscenti ma non nascondono alcun tranello: i materiali utilizzati sono di buona qualità, in relazione
al prezzo ed alle caratteristiche della vettura, ed
anche gli assemblaggi sono ben fatti.
Posto guida comodo
ma dietro si vede poco
In linea con le aspettative gli aspetti ergonomici:
il posto guida è ben regolabile, grazie a regolazioni in altezza e profondità di sedile e volante,
e c’è spazio in abbondanza anche per riporre
gli oggetti di tutti i giorni. Un po’ meno ampio il
vano bagagli, che offre uno sviluppo regolare ed
un’altezza di carico non troppo elevata ma una
cubatura (356 litri) non elevatissima. La visibilità
posteriore non è delle migliori: bisogna affidarsi
ai sensori di parcheggio o alla retrocamera.
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però quello di essere particolarmente rumoroso:
un fenomeno che avevamo riscontrato anche su
Opel Mokka e che è tipico di questa combinazione in quanto su altre vetture del Gruppo GM la
stessa motorizzazione suona nell’abitacolo con
timbriche decisamente diverse. Sono esemplari di preserie, assicurano i tecnici Chevrolet, e
quelli che arriveranno in concessionaria avranno
sicuramente degli accorgimenti in merito. Nulla
da dire, invece, sulle motorizzazioni a benzina:
sono silenziosissime. Nel corso del test abbiamo
potuto saggiare anche le qualità della trazione
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integrale lungo un breve percorso offroad: l’intervento delle ruote posteriori quando le anteriori perdono aderenza è rapido e veloce ma in tutta
sincerità, per come sarà utilizzata questa vettura
dalla stragrande maggioranza dei clienti, la trazione anteriore (se gommata adeguatamente
d’inverno) ha tutta la motricità che serve per andare dove si vuole.
Assetto: è morbida ma rolla poco
Motricità assicurata da un assetto morbido ma
non cedevole delle sospensioni - Opel Mokka è
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più rigida - ed un grip assicurato dalla gommatura (Continental) proposta di serie in questo allestimento (18”) in grado di rendere molto sicura la
vettura anche nelle manovre di emergenza. Sotto questo punto di vista va sottolineato anche il
lavoro dello sterzo che è preciso nella risposta e
correttamente supportato da un servosterzonon
troppo leggero.
In conclusione
Lo “sbarco” di Chevrolet nel segmento delle SUV
compatte avviene con un prodotto molto concreto, ricco di contenuti ed allo stesso tempo
piacevole da guidare. Il prezzo d’attacco, soprattutto a fronte di usato o rottamazione, è molto interessante anche se per ottenere da lei il massimo è necessario acquistare il millesette diesel o il
millequattro benzina, che dal canto suo è offerto
nella sola combinazione con la trazione integrale. Prossimamente arriverà anche una versione
a GPL, ormai tradizione nel listino Chevrolet, ma
non prima del 2014.
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PROVA SU STRADA
Peugeot 2008
A misura di
famiglia
In listino a partitre da 15.100 euro il crossover
del Leone si dimostra spazioso e piacevole
da guidare anche con il piccolo 1.2 VTi da 82 CV.
Sottodimensionato il 1.4 HDi,
la gamma diesel si rifà con le
prestazioni ed i consumi
dei 1.6 e-HDi
di Emiliano Perucca Orfei
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P
er i vertici del costruttore francese, la nuova Peugeot 2008
(da 15.100 euro) non è semplicemente la risposta ad un
mercato sempre più alla ricerca di SUV compatte ma il completamento di una famiglia, quella della 208, che
rappresenta un vero e proprio punto di svolta
nel modo di concepire l’automobile da parte del
Leone. Dimensioni compatte (è lunga 4,16 metri,
larga 1,74, alta 1,56, passo 2,54), leggerezza (la
1.2 VTi pesa 1.045 kg), riduzione delle cilindrate
ed interni sviluppati attorno a concetti di spazio
inediti sono infatti nel DNA anche della SUV compatta 2008, che con la versione a cinque porte
della berlina condivide il 67% delle componenti:
parabrezza, porte anteriori, gusci dei retrovisori, ad esempio, sono intercambiabili tra i modelli
come gran parte della plancia e degli interni.
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Family feeling con la 208
Eppure non si direbbe perché lo sviluppo stilistico, seppur ispirato alla 208, ha portato con sé
una mascherina e gruppi ottici dal profilo inedito, modanature in metallo che strizzano l’occhio
all’off-road ed uno sviluppo delle linee posteriori
molto personale e raccordato al volume anteriore attraverso un gradino sul tetto, che da un
lato viene “addolcito” dalle barre portatutto e
dall’altro una curiosa cromatura sopra le porte
posteriori.
Interni spaziosi e tecnologici
Gli interni della Peugeot 2008 sono sostanzialmente identici a quelli della 208. In questo caso
la derivazione è evidente a partire dal volante a
diametro ridotto per arrivare alla strumentazione rialzata. Come per 208 XY anche la più piccola delle SUV del Leone adotta la cornice degli
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Dimensioni
compatte, leggerezza,
riduzione delle
cilindrate ed interni
sviluppati attorno a
concetti di spazio
inediti sono infatti nel
DNA anche della SUV
compatta 2008 che con
la 208 condivide
il 67% delle
componenti
strumenti illuminata d’azzurro mentre come
sugli allestimenti standard il touch screen da 7”
montato a sbalzo è di serie a partire dall’allestimento Active, ovvero quello intermedio.
Track), lo specifico rivestimento dei sedili con
cuciture più evidenti mentre nella zona posteriore del tunnel centrale è stato integrato un vano
portaoggetti con chiusura a serrandina.
C’è (volendo) il tetto in vetro
350 litri di bagagliaio
Tra gli elementi interessanti si fanno notare il tetto in vetro (500 euro, Allure) che si oscura per
mezzo di una tendina ad azionamento elettrico,
il rivestimento del tetto impreziosito da intagli
retroilluminati da una luce bianca (Peugeot Led
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Abbondante lo spazio per i bagagli: già nella 208
questo aspetto non era stato trascurato ma con
la 2008, decisamente più votata all’utilizzo familiare, i tecnici Peugeot hanno voluto dare il massimo sfruttando i 20 cm in più di lunghezza ed i
9,6 d’altezza che la vettura offre. Ora la volumetria è di 350 litri, ampliabile (60/40) fino a 1.194
(22 sotto al pavimento) con un piano di carico
lungo 167 cm, largo 104 e caratterizzato da uno
sviluppo particolarmente piatto e curato: ci sono
due ripostigli laterali con cinghia di contenimento e la rete fermaoggetti.
Tre allestimenti: Access,
Active e Allure
Peugeot 2008 in Italia sarà commercializzata
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nel mese di giugno 2013 e sarà disponibile negli
allestimenti Access (da 15.100 euro), Active (da
16.750 euro) e Allure (da 18.500 euro). Per tutte
sono di serie ABS, ESP, aiuto alla frenata d’emergenza, airbag frontali, laterali e a tendina, barre
al tetto, alzacristalli elettrici anteriori, computer
di bordo sedile posteriore frazionabile, fari diurni a led, cruise control, volante e sedile regolabili
in altezza e profondità. Sulla Active entra nella
dotazione di serie anche il touchscreen da 7”, il
clima manuale ed il volante in pelle mentre sulla
più sofisticata Allure il clima diventa automatico
bizona, i fendinebbia assumono la funzione “cornering” e vengono introdotti elementi utili come
gli alzacristalli elettrici posteriori, i sensori di parcheggio, i sedili sportivi e l’attivazione automatica di fari e tergicristalli.
Cinque motori: due benzina, tre diesel
La gamma motori si compone di tre gasolio e due
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benzina. Gli alimentati a verde sono il tre cilindri
1.2 VTi da 82 CV (disponibile anche con cambio
robotizzato a cinque marce), il quattro cilindri
1.6 VTi da 120 CV mentre i diesel partono dai 68
CV del 1.4 HDi arrivando ai 115 CV dell’e-HDi passando per i 92 CV del 1.6 e-HDi disponibile anche
con cambio robotizzato a sei rapporti. Per tutte,
anche in virtù del peso contenuto (si parte da
1.045 kg della 1.2 VTi per arrivare ai 1.180 della
1.6 e-HDi), i consumi sono contenuti: i motori più
venduti vanno dai 3,8 l/100 km della 92 CV diesel
“automatica” ai 4,9 della tre cilindri benzina da
82 CV manuale mentre per il meno richiesto 1.6
VTi da 120 CV il consumo medio si spinge sino a
5,9 l/100 km.
E’ più alta della 208
La piattaforma, come già detto, è condivisa
con quella della 208 ma per adattare la dinamica della 2008 alla maggior altezza da terra
(+2,5 cm, altezza minima da terra 16,5 cm) in
Peugeot hanno messo a punto una nuova taratura di molle ed ammortizzatori sia per l’avantreno
pseudo-McPherson ed il retrotreno a traversa
deformabile.
Il Grip Control assicura più trazione
Non è disponibile alcuna versione con trazione
integrale ma per i clienti “Allure” chi si ritrovassero di tanto in tanto in situazioni di scarsa aderenza (montagna d’inverno o campagna) è possibile
scegliere il Grip Control (350 euro) abbinato a
pneumatici All Season in regola anche nel periodo invernale. Tramite una specifica manopola è
possibile selezionare diversi programmi di gestione dinamica (ESP, Neve, Sabbia, Furistrada
ed ESP Off), che attraverso specifiche impostazioni del motore e la ripartizione della coppia sulle ruote permette di ottenere migliori prestazioni
in off-road rispetto alle 2008 standard.
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Dal vivo: com’é fuori
In Peugeot sono riusciti nell’impresa di utilizzare il 2/3 della 208 per realizzare una vettura
completamente nuova per la gamma del Leone
ed, all’apparenza, assolutamente inedita anche
nello stile. Ben costruita e curata nel dettaglio,
la 2008 trasmette immediatamente un’idea di
qualità e solidità, entrambe esaltate da elementi
come i fari diurni a led o l’utilizzo delle cromature
che da un lato sottolineano gli aspetti tecnologici
e dall’altro la volontà, già ben espressa con 208,
di non lasciare nulla al caso.
Dal vivo: com’é dentro
Più che fuori la sensazione di aver a che fare con
la 208 viene dagli interni che sono sostanzialmente condivisi. L’accesso a bordo avviene facilmente sia davanti che dietro e la seduta rialzata
di 25 mm dovrebbe consentire una buona lettura
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Bene il 1.2 VTi da 82 CV
Con tutti i motori provati (1.2 VTi 82 CV, 1.6 VTi
120 CV, 1.4 HDi 68 CV e 1.6 e-HDi 92 CV) abbiamo riscontrato una buona silenziosità di marcia
e poche vibrazioni, anche da parte dei motori a
gasolio. Molto interessante il diesel da 92 CV,
ricco di coppia ed abbinabile alla trasmissione
automatica, mentre forse un po’ sottodimensionato il millequattro diesel. Interessante per prestazioni assolute, anche se in Italia verrà scelto
da solamente il 2% dei clienti, il millesei benzina
da 120 CV mentre continua a sorprendere il tre
cilindri da 1.2 litri da 82 CV, cavallo di battaglia
della 208: si tratta di un motore che dà il meglio
di sé se utilizzato sfruttandone la disponibilità di
coppia tra i 2 ed i 3.000 giri, in grado di consumare il giusto (7,2 l/100 km al termine della nostra prova) per una vettura di queste dimensioni
senza farsi mancare un po’ di brio agli alti regimi.
Grip Control: ideale d’inverno
degli strumenti anche a chi, sulla berlina, lamenta una visibilità limitata dal volante. Volante che
anche sulla 2008 recita un ruolo fondamentale
nello sviluppo degli interni. Grazie alla diametro ridotto, infatti, non solo c’è più spazio per le
gambe ma anche “più aria” in senso trasversale,
a tutto vantaggio di una sensazione di spaziosità, di per sé esaltata anche dal tetto rialzato,
non comune in una vetture di questo segmento.
Davvero buona la qualità dei materiali mentre
sorprende la mancanza, anche in via opzionale,
di elementi utili come il bracciolo o le maniglie al
soffitto. Dietro come davanti lo spazio non manca. Grazie alla costruzione sottile dei sedili si va
da un minimo di 11 ad un massimo di 42 cm in
base alla posizione delle poltrone anteriori. C’è
dunque sufficiente spazio per le gambe, anche
per il passeggero centrale, anche senza ricorrere
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al piano di seduta scorrevole che di contro porta
con sé limitazioni nella volumetria del bagagliaio
Il vano bagagli è ben sviluppato
Bagagliaio che vanta un’altezza da terra della soglia molto contenuta, perfetta per un’utilizzatore
di statura media, ed un volume ben sfruttabile
e facilmente ampliabile abbattendo gli schienali
posteriori: non mancano pratici scomparti laterali, la rete al pavimento per trattenere oggetti di
piccole dimensioni mentre tra gli elementi negativi si fa notare l’assenza del sollevamento della
cappelliera all’apertura del portellone.
Utili i sensori posteriori
La visibilità è ottima in quasi tutte le direzioni mentre sulla 3/4 posteriore il disegno
del montante e la ridotta altezza del lunotto
suggeriscono di acquistare, se non proposti di
serie, i sensori di parcheggio (400 euro, in pacchetto con alzacristalli elettrici posteriori e retrovisori ripiegabili elettricamente). Una pacchetto
al quale è possibile implemetare (225 euro) anche quelli anteriori oltre che la funzione di Park
Assist che si è dimostrata molto precisa e facile
da usare..
Come si guida
Su strada la 2008 conferma quanto di buono
aveva già dimostrato la 208. Rispetto alla berlina
c’è un po’ di rollio in più ma in generale, grazie
anche al peso contenuto, si può parlare di una
vettura agile e caratterizzata da una guida divertente, precisa nelle curve e molto sicura nelle situazioni di emergenza grazie ad un buon impianto frenante ed un retrotreno inappuntabile.
Può tornare utile, soprattutto a chi frequenta
spesso zone con terreni a scarsa aderenza, il Grip
Control: disponibile solo su Allure ad un prezzo
tutto sommato contenuto (350 euro), offre attraverso la simulazione del differenziale autobloccante anteriore un miglior comportamento
su fango e neve. Il sistema è facile da utilizzare e
funziona effettivamente molto bene. Non è come
avere una trazione integrale ma è sufficiente per
superare con disinvoltura la stragrande maggioranza delle situazioni stradali con scarso grip.
Di certo un elemento chiave di questo sistema
sono le gomme All Season Goodyear, che offrono maggior grip in ogni situazione e la possibilità
di girare in regola con le ordinanze sulle dotazioni
invernali nei mesi freddi senza compromettere il
comportamento stradale o generare evidenti ripercussioni sui consumi.
In conclusione
In Peugeot Italia piovono ordini per la 2008 a
scatola chiusa tanto da far rivedere al rialzo le
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stime di vendita per questo modello nel corso di
quest’anno oltre che del prossimo. I perchè sono
da ricercare nella bontà del prodotto, nell’interessante prezzo d’accesso alla gamma e nel
successo di questo tipo di vettura nel nostro Paese (e non solo). Le versoni da acquistare sono
indubbiamente quelle dagli allestimenti Active
in sù, dove viene offerto il sistema multimediale con display da 7” di serie, mentre in termini di
motori troviamo ideale per un utilizzo urbano il
1.2 tre cilindri da 82 CV ed il 1.6 e-HDi da 92 CV
per chi sceglierà la 2008 come prima auto.
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Audi RS 6 Avant
Superstation
Il mito si rinnova: la RS6 abbandona il V10
Lamborghini e debutta col nuovo V8 biturbo
4.0 TFSI da 560 cavalli. Consumi inferiori del 30%
e prestazioni mostruose: 305 km/h, 0-100
in 3,9 secondi
di Andrea Perfetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
auto di lusso conciliano tanti caratteri differenti
come questa station “da corsa”. Vanta accelerazione (0-100 in 3,9 secondi) e velocità massima
(250 km/h autolimitati, ma si possono portare
a 280 o 305 con il pacchetto Dynamic plus) degne di una 911 Turbo, ma sa muoversi sorniona
nel traffico ogni giorno o portare l’intera famiglia
con tanto di bagagli e cane in montagna per il
weekend. Il tutto con uno stile solo all’apparenza discreto: gli scarichi ovali, i paraurti sportivi,
i passaruota e i sottoporta allargati, lo spoiler
posteriore e i cerchi da 20 pollici con enormi
pneumatici 275/35 si fanno notare e attirano gli
sguardi. Ai più distratti pensa il sound del V8; è
impossibile non accorgersi del suo arrivo, borbotta, scoppietta e sussulta ai bassi. Ma basta
affondare il piede destro per sentire una sinfonia
unica, risultato del grande lavoro fatto dagli ingegneri tedeschi sul sistema di scarico gestito da
L
a società Audi che sviluppa e produce le auto più sportive del gruppo, la Quattro Gmbh, nel 2013 ha
realizzato una serie strepitosa
di vetture ad alte prestazioni.
Quest’anno Quattro GmbH compie 30 anni e si pone un obiettivo importante:
costruire 15.000 automobili tra R8 e versioni RS.
Numerosi sono i modelli presentati negli ultimi
mesi: RS 5 Cabriolet, RS 6 Avant, RS 7 Sportback
e RS Q3. Le versioni RS, da sempre amate da chi
desidera prestazioni da Lamborghini dentro carrozzerie tutto sommato discrete e amichevoli,
vantano un nutrito numero di estimatori in Europa (in particolare in Germania, Svizzera e Gran
Bretagna); soprattutto vantano potenzialità di
crescita formidabili negli USA, in Cina, in Russia e nel Medio Oriente. Quattro GmbH impiega
175 persone presso la sede di Neckarsulm, dove
si sviluppano i motori RS e vengono apportate
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valvole elettroniche che parzializzano i condotti.
Sapete qual è la ciliegina di questo motore? Il
consumo, che viste le prestazioni ipertrofiche è
davvero senzazionale: il V8 biturbo consuma nel
ciclo combinato 9,8 litri di carburante ogni 100
km.
I suoi numeri danno alla testa
Il motore 4.0 TFSI V8 biturbo a iniezione diretta sviluppa come detto la bellezza di 560 CV tra
5.700 e 6.600 giri, ha una cilindrata di 3.993
cm3. Impressiona anche la coppia di 700 Nm
disponibili fra 1.750 e 5.500 giri. Particolare la
disposizione dei due turbocompressori Twin
Scroll, che sono alloggiati al centro della V di
90 gradi. La RS6 impiega il sistema di gestione
dei cilindri cylinder on demand (COD), che nel
funzionamento a carico parziale disattiva quattro cilindri per ridurre emissioni e consumi; di
importanti modifiche ai telai. In questo stabilimento vengono prodotte la R8, la RS6, la RS5
Cabriolet e la RS7 Sportback. Gli altri modelli
progettati da Quattro Gmbh sono prodotti a Ingolstadt, Martorell (Spagna) e Györ (Ungheria).
Dal 1996 la Quattro GmbH ha prodotto circa
75.500 auto.
La station più veloce del mondo
La RS 6 Avant è la station dei primati. Lo dice in
primis la sua scheda tecnica, che parla di una potenza di 560 CV (412 kW) e una coppia di ben 700
Nm. Il tutto condito dall’abitabilità della pacifica
Audi A6, lunga 4,98 metri e larga 2,09 metri. Il
suo passo misura quasi 3 metri (2,91) e dona uno
spazio interno eccellente sia per le persone che
per i bagagli. Ma crediamo che non sia questo il
maggiore appeal della mostruosa RS, quanto le
sue prestazioni da supercar unite alla superba
tenuta di strada del sistema Quattro. Poche altra
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Prove
Periodico elettronico di informazione motociclistica
fatto diventa un V4, ma il cambio è davvero impercettibile ad andatura costante. I supporti del
motore sono attivi e compensano le vibrazioni
che si creano nel funzionamento a quattro con
impulsi di verso opposto. La tecnologia COD riduce il consumo anche del 12% circa. La RS6
è disponibile solo col cambio tiptronic a otto
rapporti e, ovviamente, con la trazione integrale permanente Quattro. Il differenziale centrale
impiega il software torque vectoring, mentre è
optional il differenziale sportivo che ripartisce le
forze motrici in modo attivo tra le ruote posteriori. La dotazione di serie comprende anche
l’adaptive air suspension RS, vale a dire sospensioni pneumatiche a taratura rigida, ribassate di
25 mm rispetto alla A6 Avant.
drive select, che gestisce anche il differenziale
sportivo e lo sterzo che varia la sua risposta in
base alla velocità. In alternativa all’adaptive air
suspension, la RS6 può essere dotata delle sospensioni sportive tradizionali Dynamic Plus con
il dynamic ride control (DRC). Questa fenomenale supercar offre di serie cerchi da 20 pollici
con pneumatici 275/35 R 20. In alternativa si
possono scegliere cerchi da 21 pollici con gomme 285/30 R 21. Le pinze a sei pistoncini hanno
i dischi dei freni anteriori da 390 millimetri con
disegno wave (già noto nel mondo moto). Audi
propone anche il kit con dischi carboceramici
da 420 mm di diametro per le ruote anteriori. Il
controllo elettronico di stabilità (ESC) è dotato di
modalità sportiva e può essere disattivato.
Sospensioni pneumatiche di serie
Grande ma leggera
La gestione delle sospensioni è integrata nel sistema di controllo della dinamica di guida Audi
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La carrozzeria della RS 6 Avant per il 20% è costruita in alluminio e pesa circa 100 chili meno
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Il motore 4.0 TFSI
V8 biturbo a iniezione
diretta sviluppa
la bellezza di 560 CV
tra 5.700 e 6.600 giri.
Impressiona anche
la coppia di 700 Nm
disponibili fra 1.750 e
5.500 giri
del modello precedente. All’interno le finiture
sposano la qualità eccellente Audi con la caratterizzazione RS. Troviamo quindi le scale della
strumentazione bianche con lancette rosse. Il
volante sportivo RS ha la parte inferiore piatta
mentre i sedili sportivi hanno fianchi pronunciati
e poggiatesta integrati. Il divano posteriore ha
due sedili singoli con poggiatesta integrati, ma è
disponibile anche la soluzione a tre posti. Di serie
troviamo il climatizzatore automatico a quattro
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zone, il sistema di navigazione MMI plus con MMI
touch e l’impianto Audi sound system con dieci
altoparlanti. Tra gli optional ci sono l’head up
display (utilissimo vista la velocità della RS) e i
sistemi di assistenza alla guida (adaptive cruise
control con funzione Stop&Go, assistenza alla
guida notturna).
La prova su strada
Sali a bordo, chiudi la porta e inizi subito a
respirare aria da corsa dentro l’RS6 Avant. Volante piccolo, a base piatta, paddle sempre a
portata di dito indice e un comando del gas
che reagisce con bordate cupe, assordanti dallo scarico. Poi butti l’occhio dietro e scopri che
effettivamente sei al volante di una bella station
premium, con tanto spazio e una qualità dei materiali semplicemente eccezionale. D’altra parte
è un RS: qualità e comfort da berlina, prestazioni
da Lamborghini (giusto per restare in Casa Audi,
che del marchio italiano è proprietaria). Gli interni sono molto belli, caratterizzati da un design
elegante e sportivo. I comandi secondari sono
facilmente utilizzabili e ci piace lo schermo del
navigatore che scompare quando non utilizzato,
contribuendo alla pulizia del cruscotto. Fluida
e confortevole come una normalissima A6, la
RS6 si trasforma quando si imposta la modalità
Dynamic. Lo scarico reagisce con decisi scoppi
in fase di rilascio, le sue valvole si aprono invece
agli alti facendo presagire di cosa è capace il V8
biturbo. La sua progressione toglie il fiato con
tutte le marce e rallenta solo quando si inserisce
l’ottava, volutamente extra long per favorire i
bassi consumi. Nei primi quattro rapporti la RS6
schizza da 2 a 7.000 giri furibonda, la sua progressione è inarrestabile anche ben oltre i 200
orari (in Autobahn siamo arrivati con un lancio
brevissimo a 285 km/h, poi il traffico in lontananza ci ha fatto desistere). I 300 orari sono davve47
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ro alla sua portata. In Dynamic anche l’assetto
è rigido e, aiutato dai grandi pneumatici, regala
una trazione perfetta e livelli di tenuta sul misto
difficilmente eguagliabili persino dalle supercar a
due ruote motrici. Il tiptronic vanta cambi marcia impercettibili in Drive, mentre in manuale è
rapido sia a salire che a scendere; apprezzabile il
fatto che non passi al rapporto superiore quando
si arriva al limitatore. Semplicemente spettacolare la frenata, in special modo se optate per i
freni carboceramici che associano potenza e resistenza come pochi altri impianti. Un difetto? Il
prezzo di 111.800 euro. Sono tanti, ma giustificati
dai contenuti tecnologici, dalle prestazioni e dal
piacere di guida della RS. A ben guardare molti SUV costano anche di più, ma offrono molto,
molto meno.
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BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Audi RS 6 Avant
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disponibili come optional per la 911 Turbo. Gli interni di entrambi i modelli 911 Turbo sono stati
completamente riconfigurati partendo da quelli
della famiglia 911 Carrera. La versione S dispone
di una dotazione particolarmente ricca e offre,
tra gli altri, interni esclusivi nella combinazione
bicolor nero-rosso Carrera, sedili sportivi Plus
con regolazione a 18 vie e pacchetto Memory.
Inoltre, i gusci degli schienali sono rivestiti in pelle con cucitura doppia e rifiniti con vari elementi
in carbon look. Il Bose Sound-System è installato
di serie come nei precedenti modelli mentre su
richiesta è disponibile, per la prima volta, l’impianto Burmester. Come optional sono disponibili anche il sistema adattivo di regolazione della
velocità (ACC) a controllo elettronico tramite
radar e l’indicatore del limite di velocità e di altri
segnali stradali rilevati da telecamera.
520 0 560 CV: basta scegliere
Porsche 911 Turbo e Turbo S
Ecco la nuova generazione
Il cuore pulsante delle due nuove versioni targate
Porsche è il sei cilindri boxer sovralimentato da
3.8 litri ad iniezione diretta. Sulla 911 Turbo questo propulsore è in grado di scaricare al suolo
520 CV, mentre sulla Turbo S il valore di potenza
cresce fino a raggiungere i 560 CV. Il costruttore
tedesco rimane attualmente l’unico ad offrire un
motore alimentato a benzina che prevede un sistema di sovralimentazione con due turbocompressori a geometria variabile (VTG). La potenza
viene trasferita alle quattro ruote motrici attraverso il noto cambio a doppia frizione PDK frazionato a sette rapporti, che ora è abbinato anche
ad un innovativo sistema Start&Stop. Grazie a
queste tecnologie il costruttore può permettersi
di dichiarare un consumo medio dichiarato per
entrambi i modelli pari a 9,7 l/100 km, un risultato inferiore del 16% rispetto alla versione di precedente generazione.
La Turbo è più veloce della Turbo S di
precedente generazione
911 Turbo e Turbo S naturalmente dispongono
della sofisticata trazione integrale PTM a controllo elettronico che ha consentito di migliorare
ulteriormente le prestazioni della vettura rispetto al passato. La 911 Turbo con il pacchetto Sport
Chrono è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h
Il costruttore tedesco ha svelato tutti i dettagli della nuova
Porsche 911 Turbo e Turbo S che si rivelano più potenti e
veloci che in passato ma anche più efficienti
L
a Casa di Zuffenhausen non poteva
scegliere se non l’anno in cui ricorre
il 50 anniversario del suo modello più
celebre per presentare le nuove Porsche 911 Turbo e Turbo S (991), versioni che si
andranno ad affiancare ai già noti modelli Carrera, Carrera S, Carrera 4, Carrera 4S e GT3.
A quarant’anni dalla presentazione del primo
prototipo della 911 Turbo, mostrato al Salone di
Francoforte del 1973, il costruttore tedesco svela
i due nuovi modelli che rappresentano la punta di
diamante della gamma 911.
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Dentro e fuori: cosa cambia
Le nuove versioni sovralimentate si distinguono
anche per una serie di particolari estetici. Nella
nuova generazione 911 Turbo, i tipici passaruota posteriori, particolarmente pronunciati, sono
stati ulteriormente maggiorati di 28 millimetri
rispetto ai modelli 911 Carrera 4. Altri elementi
distintivi sono i cerchi da 20 pollici fucinati in look
bicolor, dotati di serraggio centrale nella 911 Turbo S. La 911 Turbo S spicca anche per i nuovi fari
a LED con luce diurna a 4 led e luci abbaglianti
dinamiche con regolazione tramite telecamera,
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in 3,2 secondi, un risultato sorprendente se paragonato ai 3,3 secondi che impiegava la Turbo
S di precedente generazione. La nuova Turbo S
invece impiega 3,1 secondi per raggiungere nello
scatto da fermo i 100 km/h, mentre entrambi i
modelli possono raggiungere una velocità massima di 318 km/h.
Asse posteriore sterzante attivo
Anche i modelli Turbo e Turbo S dispongono
dell’asse posteriore sterzante attivo già visto sulla GT3 presentata allo scorso Salone di Ginevra.
Il sistema consiste in due attuatori elettromeccanici, impiegati a destra e a sinistra dell’asse
posteriore al posto dei tradizionali bracci trasversali. L’angolo di sterzata delle ruote posteriori può quindi variare in base alla velocità fino
a 2,8 gradi. Fino ai 50 km/h il sistema dirige le
ruote posteriori in direzione contraria a quella
delle ruote anteriori. Ne consegue un allungamento virtuale del passo di 250 mm. La 911 Turbo, quindi, promette di essere estremamente
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maneggevole e di garantire ingressi in curva più
rapidi con sterzate più precise e dinamiche. Secondo il costruttore il sistema ha migliorato anche l’agilità di guida e ha facilitato le manovre di
parcheggio. Oltre gli 80 km/h invece il sistema
dirige le ruote posteriori analogamente a quelle
anteriori. Ciò corrisponde ad un allungamento
virtuale del passo di ben 500 mm, che promette
di conferire alla vettura sportiva grande stabilità,
soprattutto a velocità elevate. Allo stesso tempo
i cambi di direzione sull’asse posteriore dovrebbero risultare più sinceri ed armoniosi.
Aerodinamica attiva
Per i nuovi modelli 911 Turbo, Porsche ha sviluppato per la prima volta un sistema aerodinamico
attivo, composto di un robusto spoiler frontale a 3 posizioni, i cui segmenti possono essere
estratti a comando pneumatico, e uno spoiler
posteriore estraibile con profilo alare regolabile
in 3 posizioni. In questo modo è possibile adeguare l‘aerodinamica della 911 Turbo, in base
alle esigenze di guida, in funzione di un’efficienza ottimale (Posizione Speed) o della massima
dinamica di guida. Nella posizione Performance,
tutti i segmenti dello spoiler frontale sono completamente estratti, generando una notevole
deportanza all’asse anteriore. Analogamente,
l’alettone posteriore raggiunge la posizione di
massima estrazione e massimo angolo d‘inclinazione assicurando anche all’asse posteriore, un
carico aerodinamico più elevato. Il costruttore
tedesco ha dichiarato che solo grazie a questo
sistema il tempo sul giro sulla Nordschleife del
Nürburgring è migliorato di ben due secondi, facendo segnare un tempo sulla Nordschleife inferiore ai 7’30’’.
In Italia da 165.772 euro
I nuovi modelli top di gamma della serie 911 si
possono già ordinare e saranno disponibili alla
fine di settembre 2013. La 911 Turbo viene offerta in Italia (IVA inclusa) a 165.772 euro, la nuova
911 Turbo S a 199.531 euro.
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Nuova Mercedes Classe S
Annunciati i prezzi della nuova serie
Entra nelle concessionarie la nuova Mercedes Classe S, che
viene proposta ad un prezzo d’attacco di 88.500 euro
E’
stato ufficializzato dalla Casa di
Stoccarda il listino prezzi della nuova Mercedes Classe S, che ha nella
giornata di mercoledì 15 maggio
effettuato il suo debutto in società ad Amburgo
presso il centro di consegne Airbus. Proposta a
partire da un prezzo di 88.500 euro nella versione S 350 BlueTec Premium, la nuova Mercedes
Classe S è disponibile in tre diversi livelli di allestimento, ovvero Premium, Maximum ed Edition
1, di cui l’ultimo proposto per il solo primo anno
di commercializzazione. L’allestimento Premium
comprende i rivestimenti in pelle, i cerchi in lega
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a 18 pollici a cinque razze sdoppiate, il Park Assist con telecamera posteriore ed il sistema Comand Online di ultima generazione. Il Maximum
propone invece il Comfort Pack per le sellerie anteriori, l’Intelligent Light System, i cerchi in lega
da 19 pollici ed il Night View Assist Plus, mentre
la Edition 1 offre i rivestimenti in pelle Nappa e il
pacchetto Air Balance. Disponibili in due varianti
di passo, lungo e corto, la nuova Mercedes Classe S propone un listino prezzi ampio e variegato,
che spazia dagli 88.500 euro necessari per l’acquisto della S 350 BlueTec Premium per arrivare
sino ai 122.830 euro della S 500 L Maximum.
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del successo ottenuto con V50 Polar in tempi relativamente recenti. Pertanto, in un contesto di
mercato difficile come quello che conosciamo e
con una crisi che limita le possibilità di accesso
del pubblico al segmento alto di gamma, Volvo
rimane coerente con le scelte fatte in passato in
momenti analoghi. Non andiamo dunque verso
il basso bensì, attraverso l’offerta Polar, proponiamo una vettura di lusso venduta a un prezzo
irripetibile e dunque accessibile ai più, specialmente ai giovani e alle famiglie giovani». I marchi Polar e Super Polar hanno segnato la storia
delle vetture Volvo nel nostro Paese. Questi due
allestimenti infatti nascono rispettivamente nel
1989 e 1990 da un’iniziativa della filiale italiana
al fine di stimolare le vendite delle station wagon
svedesi e attrarre un pubblico più giovane proponendo una vettura nuova allo stesso prezzo
di una vettura d’occasione. Nella proposta Polar
la leva più importante fu certamente quella del
prezzo. Il target era un pubblico più giovane rispetto ai normali acquirenti Volvo, più “sensibili”
al fattore economico. Il successo di Volvo Polar
fu anche testimoniato dal fatto che fu scelta dal
70% dei clienti nel primo anno di vita, con un aumento della percentuale di donne e di professionisti. Vent’anni dopo la prima Polar Volvo Auto
Italia rilanciò la formula della vettura premium
con allestimento essenziale ed efficiente proposta ad un prezzo particolarmente vantaggioso.
Volvo V70 rinnovata
Arrivano le versioni Polar e Super Polar
La Volvo V70, da poco aggiornata con un lieve restyling, verrà
proposta in Italia nelle versioni Polar e Super Polar, che
promettono prezzi particolarmente vantaggiosi a
fronte di un equipaggiamento piuttosto completo
L
a Casa svedese introduce sul mercato
italiano la Volvo V70, da poco aggiornata con un lieve restyling, nei nuovi
allestimenti Polar e Super Polar. Dopo
la V50 Polar lanciata nel 2009 (15.600 unità
vendute in Italia), torna quindi un allestimento
studiato per soddisfare i clienti con un prezzo
particolarmente vantaggioso a fronte di un equipaggiamento piuttosto completo. La dotazione di serie delle Volvo V70 Polar e Super Polar
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comprende il dispositivo City Safety o il sistema
di interfaccia e connettività Sensus Connected
Touch. L’offerta Polar su V70 riguarda le motorizzazioni turbodiesel, dal D2 1.6 ai cinque cilindri
D3, D4 e D5. Le nuove Volvo V70 Polar saranno
contraddistinte dal badge Polar sulla carrozzeria. Michele Crisci, Amministratore Delegato di
Volvo Auto Italia ha dichiarato: «Polar è la migliore incarnazione della filosofia Volvo. Avevamo
già detto che sarebbe tornata, anche alla luce
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Assistenza di Ford Europa - questo segmento ha
raggiunto oggi nuovi livelli di competitività, e la
Fiesta restyling sta conquistando nuove quote di
mercato e nuovi clienti grazie al suo design, alla
tecnologia di cui è dotata e alle grandi qualità di
guida». La quota di Fiesta nel mercato privati nel
segmento di riferimento è cresciuta dell’1,2% a
marzo. Gli ordini sono cresciuti, nel primo quarto
del 2013, dell’8% rispetto al 2012. La rinnovata
Fiesta è disponibile con una gamma di motori a
basse emissioni, come l’EcoBoost 1.0, scelto da
un quarto dei clienti che hanno ordinato una Fiesta quest’anno. La Fiesta restyling è dotata inoltre di tecnologie come il Ford MyKey, che permette ai genitori di configurare alcuni parametri
dell’auto come la velocità massima, e incentivare uno stile di guida più sicuro quando prestano
l’auto ai figli. A bordo della Fiesta è disponibile
il sistema di connettività e comandi vocali Ford
SYNC con Emergency Assistance, che telefona automaticamente al 112 in caso di incidente,
segnalando la posizione dell’auto e parlando 26
lingue in tutta Europa.
Ford Fiesta restyling
E’ la compatta più venduta in Europa
nei primi 3 mesi del 2013
La ristilizzata Ford Fiesta è la compatta più venduta in Europa
sia a marzo che nei primi tre mesi del 2013, ed è la seconda più
venduta in assoluto secondo i dati diffusi da JATO Dynamics
L
a Ford Fiesta restyling è la compatta più
venduta in Europa sia a marzo che nei
primi tre mesi del 2013, ed è la seconda
più venduta in assoluto secondo i dati
diffusi da JATO Dynamics. I clienti europei hanno acquistato le nuove Fiesta al ritmo di una ogni
100 secondi nel primo quarto del 2013, per un totale di 77.800 unità di cui 41.600 nel solo mese di
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marzo. Parcheggiate in fila, queste Fiesta coprirebbero ben 770 giri di pista in un campo d’atletica regolamentare. «Questi numeri dimostrano
con chiarezza che la Fiesta continua con questo
nuovo modello ad avere un appeal straordinario
e sempre crescente sui clienti europei nel segmento delle compatte - ha dichiarato Roelant
de Waard, Vice Presidente Marketing, Vendite e
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funzionamento da 2 unità elettriche, che portano
così la potenza complessiva del sistema a 880
CV di potenza massima. I motori elettrici sono
disposti sull’asse anteriore e su quello posteriore. Il primo eroga 95 Kw di potenza, mentre il secondo ne promette 115.
Le modalità di guida
Porsche 918 Spyder
Ecco i dati ufficiali
Sono stati rilasciati dalla Casa di Stoccarda i dati definitivi della
Porsche 918 Spyder, supercar ibrida da 880 CV che verrà
prodotta in serie limitata
S
ono stati rilasciati dalla Casa di Stoccarda i dati definitivi della Porsche
918 Spyder, supercar ibrida la cui
produzione dovrebbe prendere il via
dalla fine dell’anno in edizione limitata e pensata
per contrastare la McLaren P1 e LaFerrari. Ad alimentare la Porsche 918 Spyder è un’unità ibrida,
il cui propulsore termico è costituito da un V8 da
4.6 litri aspirato in grado di erogare fino a 608 CV
di potenza massima e capace di allungare fino a
9.150 gir/min, il cui sistema di scarichi alti permette di ridurre in maniera sensibile le perdite
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energetiche dovute ai fenomeni di contropressione. Tale soluzione permette inoltre di contenere le temperature nella zona di stoccaggio delle batterie al litio, che vengono ricaricate tramite
un sistema plug-in che si avvale a sua volta di un
caricabatterie da 3,6 Kw collocato a bodo e per la
cui ricarica totale occorrono 4 ore, un lasso temporale che può però scendere fino a 25 minuti
impiegando la Porsche Speed Charging Station.
Il sistema ibrido
Il propulsore termico viene coadiuvato nel
Il pilota può scegliere tra 5 diverse modalità di
guida tramite il manettino posto sul volante, ovvero E-Power; Hybrid; Sport Hybrid; Race Hybrid
e Hot Lap. La prima sfrutta solamente i due propulsori elettrici e permette di scattare verso i 100
km/h con partenza da fermo in meno di 7 secondi e di raggiungere una top speed di 150 km/h,
oltre che di contare su un’autonomia di 30 km.
La seconda sfrutta sia i propulsori elettrici che
l’unità termica facendo in modo che questi si alternino tra loro a seconda della richiesta stabilita
dai sistemi di gestione elettronica, mentre la terza fa sì che il motore endotermico resti sempre in
funzione e coadiuvato nell’erogazione dai motori
elettrici. La quarta permette alle batterie di ricaricarsi grazie al funzionamento del V8, in modo
da poter contare su una spinta supplementare
e la trasmissione viene automaticamente impostata in una modalità di funzionamento più
sportiva, mentre l’ultima, la più sportiva, affianca
la funzione Race Hybrid e sfrutta al massimo la
potenzialità dei motori elettrici.
Weissach Package
Il peso massimo promesso dalla Casa di Zuffenhausen per la Porsche 918 Spyder è di 1.640 kg,
almeno nelle versioni dotate di pacchetto Weissach, che comprende un profilo alare posteriore
dedicato, una livrea storica, un parabrezza con
fibra di carbonio a vista, oltre a numerosi particolari realizzato con lo stesso materiale all’interno dell’abitacolo, i rivestimenti in Alcantara, i
cerchi in lega di magnesio, le cinture di sicurezza
a 6 punti ed una riduzione dei materiali fonoassorbenti per ridurre le masse.
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Attualità
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milioni). Va inoltre valutato seriamente l’inquinamento ambientale prodotto dal frequente ammodernamento dei siti industriali di produzione
delle nuove autovetture. Le auto progettate e
costruite in Europa denunciano già oggi bassissimi livelli di emissioni; le richieste politiche di
Bruxelles risultano immotivate sul piano tecnico
e di difficile attuazione – a costi ragionevoli – per
l’industria. Eppure qualche fornitore tedesco di
tecnologie e di servizi, molto bene introdotto nei
palazzi del potere, preme affinché vengano adottate misure maggiormente restrittive.
I fornitori esterni reputano i livelli fissati per il 2025 facilmente raggiungibili
Limiti sempre più bassi di CO2
Chi realmente li vuole e perché
di Andrea Perfetti | Le normative sulle emissioni costringono
a cambiare auto e moto sempre più spesso, con dubbi benefici
sull’ambiente. Ora anche l’industria dell’auto dice basta.
Ma allora chi li vuole davvero?
L
imiti sempre più bassi CO2: la
verità sulla lobby chi li vuole
imporre
Le normative sulle emissioni e sulla
produzione di CO2 costringono noi cittadini a
cambiare auto e moto sempre più spesso, con
dubbi benefici sull’ambiente. Ora anche l’industria dell’auto, che in principio spingeva, dice
basta. Ma allora chi li vuole davvero? Facciamo
un po’ di chiarezza. Innanzitutto va ribadito che
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le auto e le moto in vendita oggi inquinano poco,
pochissimo. I più grandi progressi sono stati introdotti con l’avvento delle prime automobili rispondenti alla normative più severe in materia di
emissioni inquinanti (in particolare l’Euro 2 del
1995 e l’Euro 3 del 2000). Nel 2014 scatterà la
normativa Euro 6 per le omologazioni di nuovi
modelli, che renderà il livello delle emissioni e
della produzione di CO2 ancora più basso. Ma a
partire dalla fine degli anni ’90 tanto è stato fatto,
al punto che oggi chi studia la qualità dell’aria che
respiriamo afferma con certezza che imputati
dell’inquinamento atmosferico sono in primis le
industrie e il riscaldamento domestico. Ma allora
chi insiste con forza nella Comunità Europea affinché si introducano limiti ancora più restrittivi?
Chi sostiene l’urgenza di arrivare a 95 g di CO2
entro il 2020, a 68g/78g entro il 2025?
Il costo industriale è insostenibile per le
stesse Case automobilistiche
Pare pazzesco, ma non sono le Case automobilistiche a fare pressioni sulla Comunità Europea perché approvi nuovi, ulteriori limiti. Non
sono loro, cioè, a volere che i cittadini cambino
auto sulla spinta di motivazioni ecologiste. Anzi,
l’ACEA (che raggruppa i costruttori europei di
auto) afferma con forza che i nuovi limiti di CO2
danneggiano l’industria del Vecchio Continente,
penalizzata fortemente nel confronto con i rivali americani e asiatici, soggetti a limiti assai più
blandi. Ivan Hodac, segretario generale dell’ACEA, teme l’incremento dei costi di produzione
e quindi dei prezzi finali al consumatore, che potrebbero danneggiare un comparto che oggi dà
lavoro in Europa a milioni di persone (oltre 11,5
Sono i fornitori di tecnologie e servizi all’industria
dell’auto a spingere sull’acceleratore di emissioni sempre più contenute. Fornitori che, guarda
caso, sono proprio tedeschi e godono di grande
credito presso la Commissione Ambiente della
UE. Per comprendere meglio la situazione odierna, vi diamo un elemento che sgombra il campo
dai dubbi: l’azienda tedesca leader in questo settore è convinta che l’obiettivo fissato dall’Unione
Europea per le emissioni e la produzione di CO2
dei veicoli entro il 2020 (pari a 95 grammi di CO2
per km) sia tecnicamente raggiungibile, oltre che
necessario.
Mentre dunque, tramite un comunicato diffuso
nei giorni scorsi, da una parte l’ACEA si mostra
scettica e chiede di modulare diversamente e
in maniera più morbida l’ulteriore abbattimento
delle emissioni e della CO2 (già davvero basse
oggi, ci teniamo a ribadirlo), dall’altra un altro comunicato, quasi contemporaneo della Bosch, il
principale fornitore europeo di sistemi di iniezione (31,1 miliardi di euro il suo fatturato nel 2012),
riconosce vi sia un potenziale tecnico concreto
per ridurre ulteriormente le emissioni e la CO2.
Fondamentale è il lavoro degli organismi sovranazionali deputati a decidere su questa delicata
materia: loro compito dev’essere promuovere
e tutelare il bene della collettività, non di singoli
gruppi di potere economico.
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Attualità
Controlli dal cielo
In arrivo l’elicottero che fa le multe
di Andrea Perfetti | Il Grande Fratello aguzza la vista e ci guarda
dall’alto. Arrivano infatti gli elicotteri capaci di scattare le foto a un
chilometro di distanza. I furbi non hanno scampo. È già in funzione
in Spagna
D
opo il Tutor è l’ora di Pegasus
Così si chiama il nuovo sistema di
rilevazione delle infrazioni stradali
operativo da quest’anno in Spagna.
Il sistema – spiega l’ASAPS – sfrutta un sensore
radar montato direttamente sugli elicotteri ed è
stato realizzato dalla canadese Wescam in collaborazione con il Centro Español de Metrología
(CEM) e la Dirección General de Tráfico (DGT).
Sull’elicottero sono montate due telecamere che
inquadrano il veicolo da sanzionare e la sua targa.
I sensori calcolano la velocità fino a 360 km/h a
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un’altezza di 300 metri dal suolo, fino a un chilometro di distanza dal mezzo. Una volta registrata l’infrazione, questa viene inviata automaticamente al centro elaborazione dati e da qui
al contravventore. In Spagna verrà impiegato in
prevalenza sulle strade statali.
Posto che in Italia la rete autostradale è monitorata in gran parte dal sistema Tutor, anche da noi
potrebbe trovare un utile impiego su questo tipo
di strade, in particolare per sanzionare i comportamenti più pericolosi per la collettività. Ma in
tempi di spending review dubitiamo si trovino i
fondi per alzare in volo gli elicotteri.
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Il rodaggio dei motori
Come e perché
di Massimo Clarke | Una volta era particolarmente critico e andava
effettuato con grande cautela, pena il verificarsi di inconvenienti
anche assai seri. Oggi la situazione è molto migliorata, ma…
P
er quanto gli organi meccanici
possano essere lavorati con
cura, piccole imperfezioni geometriche e superficiali sono
inevitabili. Quando vengono
accoppiati tra loro un componente mobile e uno fisso, ha luogo sempre un
certo assestamento iniziale, che è bene avvenga
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
senza che la velocità relativa e i carichi in gioco
siano elevati. Di qui la usuale raccomandazione,
da parte delle case, di non “tirare” le marce se
non in misura relativamente limitata e di andarci
abbastanza piano con l’acceleratore, nei primi
chilometri di uso del veicolo. Poi, gradualmente
si potranno raggiungere regimi di rotazione più
elevati e si potrà dare più gas e per periodi più
prolungati. In passato il primo periodo di impiego
era piuttosto critico e se non si seguivano con
cura le indicazioni del costruttore del motore si
poteva incappare in conseguenze anche assai
serie. Oggi fortunatamente la situazione è enormemente migliorata e in fondo basta un poco di
attenzione nell’uso del mezzo, seguendo le prescrizioni riportate nel libretto di uso e manutenzione. Insomma, non si guida subito in maniera
normale, ma basta essere più tranquilli… Che un
assestamento debba in ogni caso aver luogo, per
poter ottenere in seguito le migliori prestazioni, è
testimoniato anche dal fatto, in molti casi ben avvertibile, che il motore tende a diventare più
“sciolto” con l’aumentare della percorrenza. In
certi modelli possono essere necessarie varie
migliaia di chilometri prima che il motore sia effettivamente in grado di dare il meglio di sé. Gli
organi meccanici sono progettati ottimizzando
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
presenti su di essi. Uno dei maggiori punti di forza del rivestimento per cilindri al nichel-carburo
di silicio, generalmente indicato come Nikasil, è
costituito proprio dalla rapidità con la quale ha
luogo l’assestamento dei segmenti (le durissime
particelle di carburo di silicio in tale fase svolgono, almeno in buona misura, una vera e propria
azione abrasiva!). E’ anche per questa ragione
che esso è particolarmente apprezzato dai progettisti di motori da competizione e di quelli destinati a mezzi particolarmente sportivi. La situazione è notevolmente diversa nel caso dei cilindri
con canna in ghisa. La soluzione classica prevede una finitura superficiale ottenuta mediante
levigatura con pietre abrasive rotanti e traslanti,
che impartisce alle pareti una topografia costituita da una serie di solchi, di lunghezza e profondità prestabilite, che si incrociano secondo un dato
angolo (il profilo della superficie vede un
le loro geometrie e il loro dimensionamento e
studiando in dettaglio le caratteristiche che le
loro superfici devono possedere. Le lavorazioni,
inoltre, sono eseguite con una precisione di gran
lunga superiore rispetto a quelle che si effettuavano in passato. Tanto la finitura superficiale
quanto le caratteristiche di eventuali riporti sono
spesso studiate anche in funzione del primo periodo di funzionamento, in modo da renderlo
meno critico. Fondamentalmente il rodaggio è
costituito da un processo di usura selettiva e
controllata grazie al quale le superfici antagoniste vengono portate alla coerenza geometrica e
alla microtopografia ottimale. Questo comporta
un attrito molto elevato, durante il primo periodo
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susseguirsi di creste e di valli). Questi solchi assicurano la ritenzione dell’olio e la sua distribuzione su tutta la parete della canna. Le creste vengono asportate durante il rodaggio, grazie alla
azione dei segmenti che strisciano su di esse (e
che subiscono essi pure una certa usura). Da diversi anni a questa parte i principali costruttori
adottano spesso una finitura “a plateau”, nella
quale le creste sono quasi assenti, essendo state
asportate nell’ultima fase della lavorazione. In
questo modo è come se il rodaggio fosse già stato effettuato, in una apprezzabile misura! Se a
ciò si aggiungono, per quanto riguarda i segmenti, lavorazioni più precise e l’impiego di riporti di
nuova generazione, è chiaro che le esigenze a livello di assestamento iniziale di questi componenti nei motori moderni risulta assai ridotto, rispetto al passato. Per completare il quadro, oggi
la geometria delle superfici è studiata (grazie al
di funzionamento, con forte generazione di calore nelle zone interessate. Il rendimento meccanico è basso (ma migliora con il passare dei chilometri, mano a mano che ha luogo
l’assestamento); inoltre il consumo di olio può
essere considerevole e anche quello di carburante tende a risultare maggiore rispetto a quanto
sarà in seguito. La tenuta dei segmenti non è ottimale e di conseguenza il blow-by (trafilamento
gassoso) tende ad essere notevole. Sono le pareti dei cilindri e le superfici di lavoro dei segmenti a essere maggiormente interessate al processo di assestamento, che può svolgersi con
modalità differenti a seconda dei materiali con i
quali sono realizzati tali componenti e dei riporti
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Tecnica
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In passato non era raro
sentir parlare di motori
“nati male” e di
motori “nati bene”,
e in diversi casi
qualcosa di vero
poteva esserci
computer) con maggiore accuratezza e le canne
dei cilindri hanno una superiore rigidezza strutturale, che consente loro di rimanere più vicine
alla perfetta cilindricità in qualunque condizione
di funzionamento. Durante il rodaggio l’attrito in
corrispondenza delle zone di lavoro dei vari componenti e la conseguente generazione di calore
aumentano al crescere della velocità di strisciamento (legata al regime di rotazione) e del carico, ovvero della apertura della valvola del gas (o
della mandata gasolio, nei diesel). È per questa
ragione che nel primo periodo di impiego del veicolo i costruttori di norma raccomandano di non
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dare molto gas e di non raggiungere velocità di
rotazione elevate. Ciò per evitare un attrito tale
da causare temperature locali troppo alte, con
rischio di rottura del velo d’olio in qualche punto
(insomma, usura controllata sì, danneggiamenti
delle superfici no!). D’altro canto si deve tenere
presente che a premere i segmenti contro le pareti del cilindro assai più che la loro elasticità è la
pressione dei gas (che raggiungono le cave del
pistone e li spingono verso l’esterno) e che
quest’ultima è legata al carico motore. Dunque,
se è vero che occorre andarci piano con l’acceleratore, è anche vero che non bisogna esagerare
in tal senso (se i segmenti non premono a dovere
contro la canna, l’assestamento è meno agevole). Pure quello tra le camme e le punterie (o i bilancieri) è un accoppiamento critico, nel primo
periodo di funzionamento del motore, in particolare se le leggi del moto delle valvole sono spinte
e il carico delle molle è elevato. C’è poi da dire
che, in certi casi, occorre fare i conti anche con
un vero e proprio “rodaggio termico”, di breve
durata e da effettuare in più fasi. È per questo
motivo che alcuni specialisti di motori a due tempi fanno funzionare il motore nuovo a moto ferma, con carico variabile, per diversi minuti, spegnendolo, lasciandolo raffreddare e ripetendo
poi l’operazione alcune volte. In passato non era
raro sentir parlare di motori “nati male” e di motori “nati bene”, e in diversi casi qualcosa di vero
poteva esserci. Oggi però, grazie alle migliorate
tecniche costruttive, al superiore controllo di
qualità al quale sono sottoposti i vari componenti e a un più accurato assemblaggio, ciò appartiene al passato. Alcune differenze tra un motore e
l’altro possono esistere in origine, ma sono di
entità talmente modesta da poter essere considerata praticamente trascurabile. Ci possono
però essere esemplari di uno stesso modello con
diversi consumi di olio e con prestazioni leggermente differenti. Ciò accade dopo il termine del
rodaggio e sembra essere legato in buona misura alle modalità con le quali è stato effettuato
quest’ultimo. Non è giusto affermare che un rodaggio “spinto” porti a un motore più “sveglio” e
un rodaggio tranquillo a un motore leggermente
meno brillante, però se le canne sono in ghisa e la
loro finitura originale non è a plateau… Una volta
molti costruttori impiegavano per il rodaggio un
olio differente da quello utilizzato successivamente (proprio per facilitare l’usura selettiva alla
quale era legato l’adattamento dei diversi componenti). Questa pratica sembra però essere caduta in disuso, almeno in larga misura. Al termine del rodaggio si ottengono la migliore tenuta
dei segmenti, una maggiore estensione delle superfici portanti e una forte diminuzione dell’attrito. Di conseguenza si hanno prestazioni più elevate, e il consumo di olio e di carburante
scendono ai valori previsti. Di fondamentale importanza è il primo tagliando, che deve essere
effettuato quando indicato sul libretto di uso e
manutenzione, presso un concessionario della
casa. I primi attimi di funzionamento sono i più
critici per un motore, ma non si deve dimenticare
che in genere si svolgono in fabbrica. Quello che
il proprietario effettua una volta acquistata la
moto non è il primo avviamento! Il periodo iniziale di impiego su strada del mezzo rimane comunque importante. In conclusione, per effettuare
un buon rodaggio basta attenersi alle semplici
indicazioni riportate sul libretto di uso e manutenzione del veicolo. In particolare, è bene evitare di fare funzionare il motore a regime costante
per periodi considerevoli, di mantenerlo in moto
al minimo a lungo e di dare molto gas a basso regime. È consigliabile fare libero uso del cambio e
sfruttare l’azione frenante del motore (entro certi limiti, ovviamente) quando si affrontano le discese o ci si avvicina a un semaforo. Un minimo
di sensibilità, insomma, in genere è più che sufficiente.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Tecnica
Öhlins, due e quattro ruote
Medesima cura per le sospensioni
di Edoardo Licciardello | Il legame fra auto e moto, quando
si parla di sospensioni, è più stretto di quanto si immagina.
E Öhlins è un marchio leader, in entrambi i mondi, quando si
parla di qualità. Per saperne di più abbiamo sentito chi se ne
intende: Giuseppe Andreani
Ö
hlins è un nome che non ha bisogno
di presentazioni: chi ha un interesse, anche casuale, conosce molto
bene le giallone e la reputazione di
qualità pressoché assoluta che si portano dietro.
Allo stesso modo è raro che il nome Andreani non
faccia venire in mente nulla: l’ex crossista - Beppe
ha un passato nel Mondiale, dove ha vinto nove
gare fra 125 e 250 - lavora dal 1988 nel campo
delle sospensioni; dal 2005 è importatore ufficiale del marchio svedese. La sua attività con Öhlins
però non si limita alla sola commercializzazione
dei prodotti, ma anche e soprattutto all’assistenza in pista: Andreani Group segue direttamente
la stragrande maggioranza - per non dire la quasi totalità - delle squadre impegnate in serie e
trofei nazionali, e lavora anche con diversi team
del Mondiale fra Moto3, Moto2 e WSBK. Fanno
eccezione i soli ufficiali, che ricevono assistenza
diretta dalla Casa madre. Non sempre traendone, come ripete spesso ammiccando lo stesso
Beppe, reali benefici. Dal 2006 Andreani Group
ha debuttato anche nel mondo delle quattro
ruote con lo stesso “modello di business”: vendita di sospensioni (per auto da gara ma anche
stradali) ma soprattutto assistenza nelle competizioni. Come nel caso delle moto, le sospensioni vengono vendute già tarate sulle specifiche
del mezzo e del pilota che le richiede, e seguite
per tutta la loro vita attraverso l’assistenza e i
corsi di formazione per tecnici ed appassionati.
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Anche nel campo auto Andreani Group segue
moltissime serie nazionali ed internazionali: dalla
Superstars, in cui assiste poco meno della totalità della griglia, fino agli Sport Prototipi, Italiano
GT, Formula 3 (sospesa nel 2013), fino ad arrivare
ai rallies e ai grandi Raid mondiali, dove gli specialisti dell’azienda pesarese lavorano anche con
i giganteschi camion - gli ammortizzatori, in questo caso, come scherzano i tecnici, somigliano
più a bazooka che non alle unità a cui siamo tradizionalmente abituati. Abbiamo pensato quindi
di chiedere agli specialisti di Andreani Group un
confronto fra le sospensioni per le due e quattro
ruote per soddisfare una nostra curiosità. Le problematiche fra le due sono molto diverse? Cosa
cambia nella tecnologia, nel metodo di lavoro,
nelle soluzioni? Vi anticipiamo una conclusione:
in entrambi i casi il lavoro della sospensione resta lo stesso. L’ammortizzatore deve mantenere
sempre e comunque la ruota attaccata a terra,
per garantire il grip della gomma nonché direzionalità e trazione del mezzo - i tecnici Öhlins
ci scherzano sopra attraverso il loro mantra: un
mezzo ha molta più aderenza quando ha le ruote
per terra che quando le ha per aria. In entrambi i casi, inoltre, sui mezzi da competizione l’assistenza elettronica sulle sospensioni è vietata
in tutte le serie, dunque è il tecnico - con l’aiuto
dell’acquisizione dati - che si occupa di lavorare
sul comportamento di molla ed idraulica per ottenere l’obiettivo di cui sopra.
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Nati dalle corse
Sgombriamo il campo da un altro possibile equivoco: a differenza di molte aziende concorrenti,
Öhlins nasce nelle competizioni e solo successivamente fa derivare gli eventuali prodotti stradali. Un modello di business possibile solo perché
praticamente tutti i piloti, a due e quattro ruote,
pagano prodotto e servizio di assistenza (Öhlins
o Andreani che sia) - ed è questo il motivo per cui,
nonostante la presenza capillare delle sospensioni svedesi in tante formule, raramente ne vedrete
il logo esposto sulle fiancate. La cosa permette
di sviluppare prodotti eccellenti da cui ricavare
gli elementi stradali, o da trasportare così come
sono su auto ipersportive - le Pagani Zonda e
Huayra nonché alcuni modelli Lotus sono solo alcuni degli esempi che possiamo citare. La prima,
macroscopica differenza che emerge dalla nostra
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Tecnica
analisi è la quantità di tipologie. Sulle moto - parliamo di competizioni - si lavora sostanzialmente
con un solo tipo di prodotto, il TTX. In questo tipo
di ammortizzatore l’olio si muove in due condotti
separati nei due versi di compressione ed estensione, evitando di creare depressioni e consentendo al sistema di lavorare con pressione molto
più bassa. Beneficio che si concretizza in una sospensione più reattiva, meno soggetta ad inerzia
ad inizio sollecitazione e più capace di copiare le
minime asperità dell’asfalto. La successiva evoluzione è il TTX-TR, ovvero Through-Rod, capace
di lavorare a pressioni ancora più basse, che al
momento è però riservato alla sola MotoGP e a
qualcuna delle Superbike ufficiali. Questa evoluzione è di derivazione automobilistica, dove però
la varietà è letteralmente spaventosa. F1, DTM, Le
Mans, per non parlare di tutte le specialità minori
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nelle moto principalmente la “colpa” è del
pilota che rispetto all’auto, con il suo stile di guida,
la posizione in sella e il modo di muoversi,
influenza molto di più il comportamento
della ciclistica inserendo un’incognita di
grandezza sostanziale
(e quelle fuoristradistiche) usano prodotti diversi
fra di loro. Solo in pista Andreani “gestisce” due
tipologie di ammortizzatori TTX, una in linea e
una con serbatoio esterno, i TTX-TR, tutti ulteriormente complicati dal numero di “vie”, ovvero
di tarature, possibili per l’idraulica. Ogni formula
infatti può arrivare a regolare anche questo tipo
di aspetti per la singola sospensione (la serie
Grand-Am, per esempio, limita a tre il numero
di tarature possibili per l’idraulica, così come le
auto storiche richiedono fedeltà alle possibilità di
regolazioni dell’epoca), ma al di là di questo spesso sono i costi e le complicazioni - più la sospensione è complicata, più è impegnativa la messa
a punto - il fattore determinante nella scelta di
una tipologia di ammortizzatore. Una volta stabilita la tipologia di base della sospensione è poi il
reparto tecnico di Andreani a creare letteralmente l’ammortizzatore secondo le caratteristiche
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desiderate, grazie ad una ricambistica sconfinata che permette di configurare un corpo base
aggiungendo caratteristiche e regolazioni. Il che,
dicevamo, è un arma a doppio taglio perché con
ogni possibilità di taratura si aumenta esponenzialmente la difficoltà nella messa a punto, dato
che ogni regolazione ha ripercussioni su altri
aspetti. Per un team dotato di personale esperto
(ingegneri di pista, tecnici sospensioni eccetera) il problema non si pone, mentre in strutture
più semplici, dove magari lo stesso pilota non ha
chiarissime le differenze fra alte e basse velocità di risposta dell’ammortizzatore, è necessaria
l’assistenza diretta - e magari la scolarizzazione
- da parte dei tecnici di Andreani. Al contrario,
sulle moto il discorso è spesso molto più aleatorio. Principalmente la “colpa” è del pilota che
rispetto all’auto, con il suo stile di guida, la posizione in sella e il modo di muoversi, influenza il
comportamento della ciclistica inserendo un’incognita di grandezza sostanziale. Dove con le
auto si può ragionare quasi solo con la semplice
consultazione dei dati telemetrici, in moto è quasi necessario ascoltare il pilota. Un altro aspetto
sostanziale è che se entrambi i mezzi attraverso
le sospensioni si trovano a gestire le forze fisiche generate da accelerazione e frenata, l’auto
demanda alle sospensioni anche la gestione del
rollio mentre la moto, inclinandosi, stressa la
componente elastica in maniera completamente diversa in ingresso curva. L’attività sulle moto
dunque prevede una maggior componente di
assistenza – capita più spesso di lavorare con
chiavi e cacciaviti – ma allo stesso tempo quella
relativa alla consulenza è di livello molto elevato.
L’esperienza del tecnico è fondamentale, anche
e soprattutto per risolvere problemi che non trovano risposte “automatiche”, come ad esempio
il famigerato chattering. Un problema innescato
da fattori non dipendenti dalle sospensioni, ma
che un tecnico capace è a volte in grado di annullare o ridurre agendo su queste ultime per evitare
l’insorgere delle temutissime vibrazioni. Una visita come la nostra mette in luce quindi in ugual
misura fattori di identità e di discrasia fra le due e
le quattro ruote, situazione del resto abbastanza
prevedibile anche se, forse, non avremmo saputo
pronosticare con esattezza tali aspetti. L’aspetto
più rilevante ad emergere, però, è la fondamentale importanza di esperienza e competenza di chi
vi segue una volta montate sospensioni in grado di migliorare le prestazioni della vostra auto
o moto. Lo stesso Kenth Öhlin, fondatore della
Casa svedese, sostiene che sia difficilissimo inventarsi qualcosa di realmente nuovo nel campo
degli ammortizzatori a controllo idraulico. Dove
si può fare la differenza, è nel metterli a punto.
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Personaggio
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Mauro Forghieri
La mia vita in Ferrari F1 e non solo
Forghieri con il
motore BMW
per la MotoGP
di Claudio Pavanello | Per 25 anni è stato progettista e direttore
tecnico del Reparto Corse Ferrari, vincendo quattro titoli piloti e sette
costruttori. Poi le F1 Lamborghini, Bugatti e BMW. E la MotoGP BMW,
che rimase un prototipo
P
er chi ha seguito la Formula 1 tra gli
inizi degli anni Sessanta e la fine degli Ottanta il nome di Mauro Forghieri
accende grandi emozioni. Modenese,
78 anni, Forghieri è una figura unica nel panorama mondiale. E’ stato direttore tecnico del Reparto Corse Ferrari dal 1962 al 1987 e progettista
di tutte le vetture da corsa del Cavallino in quel
periodo. Una volta lasciata la Ferrari, Forghieri
ha realizzato l’ottimo 12 cilindri Formula 1 Lamborghini, è stato direttore tecnico Bugatti e, nel
1995, ha fondato con due soci la Oral Engineering. Una società di consulenza che ha realizzato
tra l’altro il 10 cilindri BMW di Formula 1 e il progetto della MotoGp BMW, prima disegnando il
propulsore 1000 cc e poi l’intera moto quando il
regolamento tecnico fissò la cilindrata massima
in 800 cc. Incontriamo Forghieri nella sua bella
casa in provincia di Modena. Il soprannome Furia
e alcune sue dichiarazioni secche e taglienti apparse in questi decenni sulla stampa nazionale
contrastano con la sua reale gentilezza.
aveva con il Commendatore (Enzo Ferrari, nda),
ma lo consideravo un lavoro a termine; allora c’era come direttore tecnico Carlo Chiti e personaggi del calibro di Vittorio Jano, il mitico progettista
dei motori Alfa Romeo da corsa degli anni Venti
e Trenta, Gianpaolo Dallara, Giotto Bizzarrini e lo
sfortunato Giancarlo Bussi (sequestrato ed ucciso dai banditi in Sardegna nel 1978, nda)». «Nel
1961 un gruppo di otto dirigenti, tra cui Chiti, decise di lasciare l’azienda in aperta polemica con
Enzo Ferrari per fondare la ATS (Automobili Turismo e Sport), una nuova Casa automobilistica
che si illudeva di poter sfidare la Ferrari stessa.
Enzo Ferrari mi chiamò nel suo ufficio e a sorpresa mi comunicò, in dialetto modenese come
s’usava parlare tra di noi, che aveva intenzione di
nominarmi responsabile tecnico; avevo 27 anni
e mai mi sarei immaginato una proposta simile.
Ferrari intuì il mio spavento e disse “non preoccuparti, tu fai il tuo lavoro, al resto ci penso io”.
Devo dire che fu di parola, perché in quasi tre decenni mi sostenne sempre».
L’arrivo in Ferrari
Enzo Ferrari
«Ai miei tempi laurearsi era sicurezza di assunzione, basti pensare che quando mi iscrissi all’Università di Bologna, nel 1953, tra tutte le matricole di ingegneria eravamo solo in 600. E c’erano
fantastici professori. La mia ambizione era lavorare nel settore aereonautico, ed in particolare
avevo contatti con la Northrop. Entrai in Ferrari
nel 1959 grazie alla collaborazione che mio papà
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«Ho conosciuto tanti industriali che vivevano
intensamente l’azienda, ma per Ferrari la sua
fabbrica era veramente tutto, e pretendeva dai
più stretti collaboratori una dedizione assoluta.
Se questo bicchiere blu per Ferrari era rosso,
doveva essere rosso anche per noi, non si scappava. Non esistevano sabati, domeniche, ferie o
vigilie di Natale. Una volta che andai in vacanza
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Personaggio
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Forghieri con Jacky
Ickx. A sinistra con
Bandini e Scarfiotti
per qualche giorno a Portofino senza comunicarglielo mandò la Polizia Stradale a rintracciarmi.
Insomma non era facile, ma d’altra parte Ferrari
aveva delle caratteristiche veramente straordinarie, tra le quali la più sorprendente per me era
l’intuito: a volte prendeva delle decisioni che a
noi tutti sembravano insensate e che poi invece
si rivelavano profetiche. Una volta gli chiesi come
faceva, e lui mi rispose che le cose “se le sentiva”. Io diedi tre volte le dimissioni ma, da buon
paterfamilias quale era, seppe sempre trovare
le corde giuste per trattenermi, ed in fondo anche io ero conscio che non me ne sarei mai veramente andato, tanta era la stima che provavo
per lui. Non a caso nei periodi in cui stava male
e non era in grado di guidare l’azienda, sempre
più frequenti con l’avanzare dell’età, nelle riunioni strategiche con gli uomini messi ai vertici da
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Fiat io invariabilmente sostenevo che bisognava
prendere la decisione che Enzo Ferrari avrebbe
preso in quel momento. Me ne andai solo quando
era chiaro che gli rimaneva poco da vivere e non
sarebbe più tornato al timone dell’azienda. Ghidella mi chiese di restare per organizzare il dopo
Ferrari, ma per me il dopo Ferrari non esisteva».
La sfortuna di Chris Amon
«Il nostro pilota di punta in quegli anni era il neozelandese Chris Amon, il migliore collaudatore
con cui abbia mai lavorato. Quando penso a lui
mi convinco che nella vita la fortuna gioca un
ruolo importante, perché aveva tutte le caratteristiche per vincere un campionato, ma era perseguitato dalla malasorte. Ci sono innumerevoli
casi in cui era in testa con margini sensazionali
e gli succedeva qualcosa di incredibile: a quei
tempi montavamo pompe benzina Bendix, affidabilissime, le stesse che equipaggiavano gli
aerei: in Spagna stava dominando quando rimase senza alimentazione; a competizione finita il
nostro capomeccanico raggiunse la monoposto,
diede una piccola martellata alla pompa e questa riprese immediatamente a funzionare. Ricordo lo sguardo di Amon quando vide rientrare la
macchina accesa ai box. In Canada gli si ruppe
il leveraggio della frizione nuova, staccò comunque Jackie Stewart, ma la coppia conica cedette
a pochi giri. Altre volte era un doppiato che gli
lanciava un sasso sul radiatore o la gomma che
si forava senza preavviso. Nonostante avessimo un pilota così veloce, uno dei pochi che era
riuscito a battere Jim Clark nelle formule minori, a vincere gran premi furono sempre i suoi
compagni di squadra, come Jacky Ickx. La cosa
incredibile era che nei test di durata non gli succedeva mai nulla, solo in gara. E questo continuò
anche lasciata la Ferrari purtroppo».
Niki Lauda e il capolavoro 312T
«Niki Lauda è stato forse l’unico pilota ad avvicinarsi ad Amon come sensibilità nel collaudo,
ma ciò accadeva solo quando aveva voglia di
impegnarsi, cosa che a dire il vero non succedeva sempre. I suoi mondiali furono comunque
meritatissimi e lui portò ai massimi livelli la 312,
monoposto di cui sono molto orgoglioso. Questo
orgoglio nasce dal fatto che per quanto riguarda
la Ferrari c’era la convinzione che i motori fossero sempre eccezionali ed i telai scarsi. Questo
non era assolutamente vero, ma trovava spiegazione nel fatto che si sapeva che Enzo Ferrari
aveva il culto del propulsore: non tutti, ma molti
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Con Niki Lauda e
Michele Alboreto
giornalisti, per non irritarlo, lo assecondavano
attribuendo i meriti delle vittorie invariabilmente
al motore, le sconfitte al telaio. Ciò era motivo di
grande frustrazione per i miei telaisti ed aereodinamici; della 312T nessuno poté nascondere
che il 12 cilindri contrapposti veniva valorizzato
da scelte telaistiche originali ed eccellenti. Una
parte del merito per lo sviluppo di questa vettura
oltre a Lauda e Regazzoni va sicuramente anche
a Merzario».
Il grande talento di Gilles Villeneuve
«A un Gran Premio del 1981 Enzo Ferrari mi telefonò dicendo che avrebbe mandato un motore
sperimentale da montare sulla vettura di Villeneuve la domenica mattina. Mi incaricò di dire
a Gilles che l’importante era testarlo in gara,
per saggiarne la resistenza: era schierato tipo in
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quinta fila, e gli ripetei più volte il concetto: “Gilles, siamo indietro, non ci interessa il risultato,
porta il propulsore fino al termine che dobbiamo
capire come va!”. Lui mi rispose certo Mauro,
sicuramente, capisco. Al verde superò subito le
due monoposto davanti a lui, sfiorandole miracolosamente, e poi cercò un impossibile varco
tra quelle successive, decollò sopra le ruote di
un avversario e fini contro i tabelloni della prima
curva. Questo è un aneddoto che ricordo spesso
e che ben esprime il carattere del canadese. Rispetto a Lauda che sostituì, un pilota che affrontava ogni corsa pensando al campionato, Gilles
considerava ogni gara per se stessa. Lui aveva il
piacere fisico della velocità, ed era in questo una
vera forza della natura, capace di regalarci vittorie impossibili come quelle di Monaco e Jarama.
Nell’ambiente della Formula 1 Gilles era un puro,
non ricordo mai nessuno che parlasse male di lui;
con Scheckter furono forse la coppia più affiatata che ebbi, ottime persone, ottimi piloti e molto
amici tra loro. Villeneuve dimostrò questo suo
rispetto rinunciando nel 1979 alle chances che
ancora aveva per il titolo evitando di attaccare
Jody a Monza, nonostante fosse più veloce».
«Arrivammo a Zolder dopo le roventi polemiche
di Imola: Gilles era un pilota sicuramente più
veloce di Pironi, ma in questo caso era stranamente indietro: decise l’azzardo di rientrare con
le gomme da qualifica usate, ed il destino mise
sulla sua strada Jochen Mass. Proprio pochi
giorni fa riflettevo come Mass, un onestissimo
pilota, incise profondamente sul destino della
Ferrari, trovandosi coinvolto sia nell’incidente
a Zolder sia in un episodio altrettanto fortuito
che nel 1976 probabilmente levò il titolo a Lauda,
quando in Canada usci di strada e sulla terra portata in pista Niki perse il controllo della vettura.
La perdita di Gilles fu un enorme tragedia per tutti noi ed anche per Enzo Ferrari che gli era molto
affezionato ricordandogli i piloti della sua epoca
come Nuvolari e Moll. Non ho dubbi che data la
nettissima superiorità della nostra monoposto di
quella stagione Gilles avrebbe vinto agevolmente
il mondiale 1982, così come dopo di lui l’avrebbero fatto anche Pironi e Tambay senza gli infortuni
che li colpirono».
Il carismatico Mario Andretti
«Se devo proprio fare il nome di un pilota cui
sono particolarmente legato tra i tanti, direi Mario Andretti, per il suo carisma, la sua affidabilità e la sua dedizione alla Ferrari. Secondo me è
stato l’ultimo rappresentante di una generazione
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Personaggio
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di piloti che correva indifferentemente su qualsiasi vettura: Formula 1, Indy, Sport Prototipi, Can
Am. Quando, in quel terribile 1982 ci trovammo
alla vigilia di Monza senza un pilota, la decisione
fu spontanea: “Chiamiamo Mario!” Lui prese il
primo aereo dall’America, arrivò con la sua serena professionalità, salì sulla 126C2 e fece subito
la pole position, tra il tripudio generale».
Le BMW di Formula 1 e MotoGP
«La Oral Engineering ha sempre avuto un rapporto molto stretto con la BMW, tanto che fummo
in gran parte noi a sviluppare il loro 10 cilindri di
Formula 1. Quando decisero di realizzare un motore per studiare se e come entrare in MotoGP
fu abbastanza naturale che si rivolgessero a noi,
in quanto pensavano di riutilizzare gran parte
della tecnologia utilizzata per la Formula 1. Personalmente combattei per realizzare un quattro
cilindri, ma non ne vollero sapere e si proseguì
sulla strada del tre in linea, ricavato da una sezione del motore di Formula 1. Poi cambiarono
i regolamenti e la cilindrata fu portata a 800 cc,
ed a questo punto ci chiesero di sviluppare tutta
la moto per disputare il mondiale». «Il prototipo
fece qualche sgambata ma poi il progetto venne
abortito senza essere mai realmente sviluppato
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in pista. La decisone di BMW fu legata al fatto che
non se la sentirono di disputare contemporaneamente il mondiale Superbike e quello MotoGP,
oltre alla Formula 1 che non gli stava dando soddisfazioni. Fu un grande dispiacere per noi e per
tutte le persone di BMW che avevano partecipato al progetto, tanto che proponemmo di fare
debuttare noi come Oral la moto e lasciare che
BMW subentrasse solo in un secondo tempo, ma
non furono d’accordo. Io ho una enorme considerazione per BMW, una azienda dove ci sono dirigenti e persone fantastiche, molto coinvolti nel
loro lavoro; talvolta sono però troppo bruciati dal
desiderio di vincere subito, senza aspettare il necessario rodaggio. Riguardo alla nostra MotoGP,
come propulsore sicuramente eravamo in linea
con i migliori, per quanto riguarda la ciclistica ovviamente c’era moltissimo lavoro da fare. Se ci
sono differenze fra progettare moto e auto? Per
quanto riguarda il motore, è la stessa cosa, forse
nelle moto il cambio ha meno importanza strutturale a causa di forze inerziali diverse e quindi
crea meno problemi. Relativamente al telaio, è
molto più facile e contemporaneamente molto
più difficile per via del minore numero di parametri in gioco. Da spettatore trovo le moto di oggi
molto più divertenti delle auto».
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Honda e McLaren
Torneranno insieme nel 2015
Ritorna il mitico binomio Honda-McLaren. A partire dal 2015
infatti la Casa di Tokyo diverrà fornitrice dei propulsori delle
vetture di Formula 1 della squadra di Woking
R
itorna il mitico binomio HondaMcLaren. A partire dal 2015 infatti
la Casa di Tokyo diverrà fornitrice
dei propulsori delle vetture di F1
della squadra di Woking, che vanterà quindi un
V6 turbo Made in Japan. Il binomio nipponicoinglese segnò un’era nel Campionato Mondiale
di Formula 1, ossia quella compresa tra il 1988 ed
il 1992, vincendo ben quattro titoli mondiali e vedendo al volante delle proprie monoposto piloti
del calibro di Alain Prost ed Ayrton Senna. Martin Whitmarsh, Team Principal della McLaren ha
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dichiarato: «Insieme intraprenderemo un nuovo
ed estremamente eccitante capitolo della storia
della McLaren. Come McLaren, anche Honda è
una società che vanta nel suo DNA l’inclinazione
alle corse automobilistiche. Siamo orgogliosi ed
entusiasti di unire le forze ancora una volta per
conquistare il titolo del mondo in Formula 1. Entrambe le società sono pienamente consapevoli
del fatto che sarà un viaggio molto impegnativo
quello insieme e passeremo i prossimi 18 mesi a
lavorare insieme per assicurare la competitività
in vista del nostro primo gran premio insieme nel
2015». Takanobu Ito, Presidente e CEO di Honda Motor Co. Ltd., ha dichiarato: «Fin dalla sua
istituzione, Honda è stata una società cresciuta
accettando le sfide che le corse offrono. Honda
vanta una lunga storia nello sviluppo delle tecnologie e siamo onorati di poter tornare a competere nella serie automobilistica più prestigiosa
del mondo. I nuovi regolamenti di F1 con la loro
significativa attenzione ambientale ispireranno
un maggior sviluppo delle nostre tecnologie, e
questo è fondamentale per la nostra partecipazione in F1».
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Putin a visitare la città per vedere a che punto
sono i lavori. E qua è scattato l’allarme rosso
perché ci sono tantissimi cantieri aperti e caos
dappertutto. Attorno all’autodromo sono stati
completati gli hotel e i ristoranti mentre per la
pista manca la completa asfaltatura per renderla idonea alla F.1, in città, invece, gli altri impianti sono in fase di rifinitura. Le cose che non
quadrano riguardano i costi, i prezzi degli hotel e
dei ristoranti sono talmente alti che i ricchi locali
preferiscono acquistare ville e casali in Sardegna
o a Viareggio perché costano meno, e lo stesso
dicasi per le tariffe degli hotel.
Ma è sicuro?
Sarà quindi una gara riservata alle elite, gente
che può pagare prezzi che a Montecarlo se li
sognano. E poi c’è il problema della delinquenza. Cittadini italiani, presenti a Sochi per avviare ristoranti e alberghi, hanno raccontato di una
sorta di clima del terrore al calare del sole. In
città non circola nessuno, prendere un taxi può
essere pericoloso, spesso infatti i tassisti sono
incappati in gesti criminali, portano i clienti in
punti desolati e poi li rapinano se non li uccidono
addirittura, quindi nessuna certezza di sicurezza, alcuni agenti di polizia sono stati accusati
di corruzione e complicità, sui documenti di ingresso e sui visti degli stranieri, che non possono
stare più di tre mesi, compaiono spesso indirizzi
fasulli scritti in cirillico per cui non si sa mai dove
rintracciare i visitatori. Il sopralluogo di Putin è
servito per dare delle indicazioni ben precise,
vuole che Sochi sia il biglietto da visita del suo
Governo, una sorta di bengodi dove tutto fila liscio. Per ovviare al traffico bloccato, si è pensato
di allontanare dalla città coloro che non hanno
un reddito minimo o impedire a chi ci va per lavoro di circolare nei giorni degli eventi. Intanto
Tilke gongola, perché gli han dato carta bianca
per fare l’impianto e non ha avuto limiti economici per la sua realizzazione. Per chi dovrà andarci per lavoro, sarà meglio mettere in conto altri
problemi: ci vuole la patente internazionale per
guidare lì e senza garanzie non puoi noleggiare
una vettura, quindi ci sarà da rivolgersi ai tassisti locali con i rischi già citati. Ma Putin vuole un
evento al top, che faccia parlare, quindi per il GP
e le Olimpiadi dovrà essere tutto perfetto. Se non
sarà così, per qualcuno saran dolori.
In Russia tra luci e ombre
di Paolo Ciccarone | Spagna in crisi, di Francia non se ne parla,
Germania alternanza fra Hockenheim e Nurburgring ma fino a
quando? E così la F1 guarda in Russia
S
pagna in crisi, di Francia non se ne
parla, Germania alternanza fra Hockenheim e Nurburgring ma fino a
quando? E così la F1 guarda altrove. In Russia ad esempio, dove a Sochi, sul mar
Nero, han finito di costruire l’ennesima cattedrale progettata da Herman Tilke. L’impianto
doveva essere completato fin dall’anno scorso,
ma poi le autorità locali hanno dato la precedenza agli investimenti per le Olimpiadi e quindi
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la F.1 ha aspettato un po’. Hamilton è stato nel
frattempo a Sochi a visionare l’impianto e Bernie
Ecclestone vuole un secondo GP negli USA, ha
parlato di Long Beach dopo che quello del New
Jersey si è bloccato per una serie di problemi
economici e legali, ed il ritorno a Long Beach a lui
piacerebbe molto!
Una F1 per un pubblico di soli ricchi?
Ma il mese scorso è stato proprio il Presidente
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Manca l’IMU sui motorhome
di Paolo Ciccarone | Dietro ai motor home della F1
si nasconde un vero e proprio mondo parallelo, fatto
di costi stratosferici, alta tecnologia, ma anche cuochi
di altissimo livello
A
Monti e compagnia bella la F1 fa un
baffo. Ci fosse una IMU da pagare per
i motor home presenti nel paddock,
qualcuno sarebbe rovinato. In Spagna
sono arrivati quelli nuovi che seguiranno tutta la
stagione europea e si sono viste alcune novità.
Ferrari: arriva il nuovo motor home
La Ferrari ha presentato il nuovo allestimento
della struttura dedicata alla stampa, che ora è
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altamente hi-tech con tavoli in finto carbonio,
pareti multimediali con schermi picture in picture, iPad sui tavoli per la rassegna stampa e
una dislocazione più razionale degli spazi per le
conferenze stampa. Nessuna novità alla Red Bull
e McLaren mentre Pirelli ha modificato gli spazi
interni. In ogni caso le dimensioni sono rimaste
identiche e senza variazioni rispetto al passato,
sono state solo modifiche di dettaglio, anche
se in alcuni casi, costosi. Quando fu presentato
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il motor home McLaren fu ribattezzato da Flavio Briatore Terminal 5, come il nuovo terminal
dell’aeroporto di Londra, il costo fu di 6 milioni
di euro e sulla falsariga di quello McLaren anche
gli altri team si sono, nel tempo, adeguati. Fatto sta che una struttura per team e ospiti oggi
costa proprio quella cifra se non di più. Di solito
per montarli ci vuole qualche giorno, almeno tre
e questo spiega perché fra un GP e l’altro accade
che siano due le squadre di meccanici al lavoro
con allestimenti diversi. Calcolando le gare extraeuropee in cui il materiale viene spedito per
nave, alla fine della stagione ogni squadra di F.1
ha due motor home per le gare europee e due allestimenti per le extraeuropee oltre a una struttura jolly da usare in alcune occasioni, magari
per i test.
Cifre da capogiro
Il tutto comporta dei costi notevoli, come detto
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dai 6 milioni di euro ai 4 quando va bene, moltiplicato per tutto il materiale, fa un investimento
che arriva a superare i 15 milioni di euro. Il dato
più incredibile è che per spendere meno nei trasporti aerei, le strutture sono ultraleggere e quindi i costi sono più alti rispetto al normale proprio
perché per ogni kg di peso si spendono dai 25 ai
30 euro, ovvero meno peso si spedisce, meno si
spende in trasporti aerei. Alla fine i conti tornano,
di sicuro. A rendere costose queste strutture ci
sono altri particolari. La sezione uffici, ad esempio, comprende connessioni internet e satellitari,
in collegamento diretto con la sede delle squadre, stampanti, computer, televisori ad alta definizione, collegamenti via cavo per le conferenze
stampa e incontri vari. C’è poi la sezione cucine,
con impianti da veri e propri ristoranti viaggianti,
visto che in media ci sono 150 persone al giorno da sfamare fra meccanici e ospiti del team,
stampa compresa.
100.000 euro di costi per ogni GP
E poi una sezione bar con macchinette per il
caffè, bibite e cibarie di vario genere. Quindi oltre al costo di base, ci sono quelli gara per gara
che superano anche i 100 mila euro per il tutto
(catering compreso). In questo caso il personale comprende cuochi, almeno un paio, camerieri
che diventano meccanici per smontare e rimontare la struttura.
In passato qualcuno ha anche ospitato cene di
alto livello, tanto che una sera fu invitato il famoso cuoco 3 stelle Michelin Alain Ducasse che
per la sola presenza prese 20 mila euro per una
cena! Ma in F.1 ci sono anche cuochi che prima
di essere assunti in un top team fecero tre mesi
di tirocinio a Parigi al ristorante di Ducasse perché il team manager della squadra era di bocca
buona. Tanto non pagava mica di tasca propria…
Infine, nota curiosa, il personale che opera nei
motor home ha due tipi di contratto. O è assunto
dal team e prende lo stipendio base da metalmeccanico, oppure fa parte di un catering che
ad ogni persona garantisce le spese di trasporto
e viaggio e una diaria a gara di circa 2.000 euro
lorde.
Tanti i cuochi italiani...
E visto che siamo in argomento, la maggior parte
dei servizi sono gestiti da Karl Heinz, un austriaco che si occupa del catering di alcune squadre,
la FIA ha un servizio proprio di cucina, capeggiato
dal bresciano Felice Guerrini mentre Pirelli e GP
2 fanno capo a Christian Staurenghi, bresciano
anche lui, la Ferrari invece ha un catering gestito
da una società umbra con cuoco italianissimo:
Vincenzo Santangelo, romagnolo doc, che ha al
suo fianco Salvatore Belgiovine, pugliese di origine ma trapiantato a Torino fin da bambino. Si
corre all’inglese, si mangia all’italiana…
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le foto più
belle scattate
a Barcellona
Gli scatti più emozionanti del GP di Spagna 2013,
che ha visto trionfare Alonso seguito da
Raikkonen e Massa
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Redazione
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Grafica
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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